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The Hateful Eight: cast e colonna sonora del film di Quentin Tarantino

Da sempre grande estimatore del genere western, il regista e sceneggiatore Quentin Tarantino non si accontentò di averlo esplorato con Django Unchained, ma decise di realizzare una seconda opera ambientata in quell’epoca. Questa è The Hateful Eight (qui la recensione), film uscito in sala nel 2015 e ambientato nell’America seguente la violenta guerra civile. Ad oggi si tratta del lungometraggio più lungo del regista, come anche uno dei suoi più ambiziosi. La storia è quella di otto personaggi rinchiusi in una baita mentre fuori imperversa il gelo, ma qualcuno di loro non è chi dice di essere. Tra thriller, western e commedia nera prende vita un racconto che parla in primo luogo degli Stati Uniti, di quelli che furono e di quelli che sono oggi.

Tarantino annunciò di star lavorando ad un secondo western già nel 2013, ma in quello stesso anno abbandonò il progetto. Il regista scoprì infatti che la sceneggiatura scritta era stata diffusa in rete, rovinando così mesi di lavoro. In seguito, però, Tarantino decise di riscrivere due nuove versioni della storia, cambiando il finale e di fatto dando nuova vita al progetto. Data l’occasione di girare un nuovo western, il regista decise di utilizzare la pellicola 70mm, un formato particolarmente ampio, caduto in disuso ma tipico di questo genere. Per poter essere pienamente soddisfatto, però, egli decise di avvalersi di un elemento che gli era sfuggito nel suo precedente western: la colonna sonora interamente firmata da Ennio Morricone.

Con tutti questi elementi, a cui si aggiunge un grande cast di interpreti, The Hateful Eight fu pronto per arrivare in sala. Qui incassò però appena 151 milioni di dollari a fronte di un budget di 44. Per il regista si trattò di uno scottante insuccesso, dovuto in particolare anche ad una serie di controversie legate a tematiche razziali e di misoginia. Il film venne infatti pesantemente boicottato da parte delle forze dell’ordine, contro le quali Tarantino si era recentemente scagliato. Ciò non tolse tuttavia al film di essere indicato come una delle opere più affascinanti della sua filmografia, ricca di sottotesti e temi ancora oggi attuali. In vista di una riscoperta del titolo, può essere utile conoscere alcune curiosità ad esso legate, dal suo cast alla colonna sonora.

The Hateful Eight: la trama del film

Il film si apre nel gelido paesaggio del Wyoming, dove una carrozza si fa strada tra la neve prima che la bufera diventi più minacciosa. A bordo di questa vi sono il cacciatore di taglie John Ruth, la fuorilegge condannata a morte Daisy Domergue, il maggiore Marquis Warren, ex soldato ora divenuto a sua volta cacciatore di taglie, e il neo eletto sindaco di Red Rocks Chris Mannix. Il loro viaggio verso la città è però interrotto dal peggiorare del tempo, costringendoli a soggiornare presso l’emporio di Minnie. Qui, tuttavia, al posto dell’amichevole proprietaria si imbattono in altri quattro uomini. Questi sono il messicano Bob, il boia Oswaldo Mobray, il cowboy Joe Gace e il generale confederato Sandford Smithers. Costretti a questa scomoda convivenza, Warren e Ruth capiranno ben presto che qualcuno dei presenti non è chi dice di essere.

The Hateful Eight cast

The Hateful Eight: il cast del film

Parlando del cast del film, Tarantino ha dichiarato che non vi sarebbero stati interpreti più importanti di altri. Egli scelse attori che potessero formare un unico gruppo omogeneo, ognuno con lo stesso potenziale degli altri. Ad interpretare il protagonista principale, Marquis Warren, vi è l’attore Samuel L. Jackson, ricorrente nei film di Tarantino. Pur essendo alla loro sesta collaborazione, per Jackson si è trattato del primo ruolo da protagonista in un film del regista. Accanto a lui vi è Kurt Russell, nei panni di John Ruth “Il Boia”. Vero elemento di novità è l’attrice Jennifer Jason Leigh scelta per il ruolo di Daisy Domergue. Il regista la scelse dopo aver visto numerosi film da lei interpretati, rimanendone affascinato. La performance dell’attrice venne poi giudicata come una delle migliori del film, permettendole di ottenere la sua prima nomination al premio Oscar come attrice non protagonista.

L’attore Walton Goggins, tra i cattivi del precedente Django Unchained, è qui lo sceriffo Chris Mannix, tra i pochi personaggi positivi del film. Si ritrovano poi noti collaboratori di Tarantino come Tim Roth nei panni di Oswaldo Mobray, e Michael Madsen in quelli di Joe Gace. Entrambi erano stati tra i protagonisti del primo film del regista, Le iene. Roth venne qui chiamato a sostituire Christoph Waltz, che era stato considerato per il ruolo ma che non poté infine prendere parte al progetto a causa di altri impegni. Channing Tatum, anche lui alla sua prima collaborazione con il regista, interpreta Jody Domergue, fratello di Daisy. L’attore messicano candidato all’Oscar Demian Bichir è invece l’interprete di Bob “Il Messicano”. Nel ruolo del vecchio generale Sanford Smithers vi è invece l’attore Bruce Dern, celebre per il film Nebraska.

The Hateful Eight: la colonna sonora, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Tarantino definì Ennio Morricone il suo compositore preferito di sempre, sopra anche a nomi come Mozart, Bach e Beethoven. Non sorprende allora che chiese a gran voce al maestro di realizzare per lui la colonna sonora del film. Morricone tornò così a comporre musiche originali per un film western a distanza di 35 anni dall’ultima volta. Composta da ben 28 tracce, questa si è affermata come una delle più belle e avvincenti dell’anno, portando il maestro a vincere il suo primo premio Oscar alla miglior colonna sonora (quello precedentemente ottenuto era alla carriera). In particolare, l’Overture è definita come una delle composizioni per il cinema più importanti degli ultimi decenni. Per l’occasione, inoltre, Morricone ha riutilizzato anche alcuni brani rimasti inutilizzati dal film La cosa.

Gli appassionati del film possono fruirne grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. The Hateful Eight è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision, Now TV e Rai Play. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di lunedì 7 novembre alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

The Hateful Eight: anche a Roma in 70mm, ecco come prenotare

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Anche Roma potrà godere dei 70 mm di The Hateful Eight. Ecco i dettagli e il comunicato stampa relativo alle proiezioni speciali previste nella Capitale per il nuovo film di Quentin Tarantino che concorre agli Oscar per la migliore attrice non protagonista, Jennifer Jason Leigh, la migliore fotografia, Robert Richardson, e la migliore colonna sonora, Ennio Morricone.

Di seguito i dettagli:

QUENTIN TARANTINO A CINECITTA’ PER L’ANTEPRIMA EVENTO DEL SUO FILM “THE HATEFUL EIGHT”

LA VERSIONE INTEGRALE IN 70 MM AL TEATRO 5, APERTO AL PUBBLICO PER TUTTO IL MESE DI FEBBRAIO

Si svolgerà il 28 Gennaio a Cinecittà Studios, nel mitico Teatro 5, regno di Federico Fellini, l’anteprima italiana di THE HATEFUL EIGHT, il nuovo ed attesissimo film di Quentin Tarantino, che sarà a Roma con il neo vincitore del Golden Globe, del Critic’s Choice Award e candidato all’Oscar per la colonna sonora del film, Ennio Morricone, accompagnato dagli interpreti Kurt Russell e Michael Madsen e il produttore Harvey Weinstein.
Il film evento ha infatti ricevuto tre nomination all’Oscar nelle categorie: Migliore attrice non protagonista (Jennifer Jason Leigh), Migliore Colonna Sonora Originale (Ennio Morricone) e Miglior Fotografia (Robert Richardson).

THE HATEFUL EIGHT, un’esclusiva per l’Italia Leone Film Group in collaborazione con Rai Cinema, arriva nella versione 70 mm da 188 minuti già vista in America: rispetto alla versione in digitale, che sarà nelle sale italiane a partire dal 4 febbraio distribuito da 01 Distribution, sarà proiettata una versione che contiene 3.48 minuti di overture del Maestro Morricone e un intervallo di 12 minuti, come ai tempi del grande cinema di Ben Hur.

La serata, caratterizzata dal numero 8 (otto i personaggi per l’ottavo film del regista di Pulp Fiction), vedrà la partecipazione di 888 invitati, così come ha voluto Tarantino. Il Teatro 5 sarà suddiviso in due parti uguali: nella zona dedicata alla proiezione, gli scenografi di Cinecittà, sotto la guida di Tonino Zera, hanno realizzato una grande platea a perimetro rettangolare con una struttura a gradinata, rispettando una curva di visibilità ottimale da ogni punto di osservazione e rivestita in moquette di colore nero, dove saranno posizionate le 888 sedute realizzate mediante poltrone classiche di tipo cinematografico, un mega-schermo di 21,00 mt x 8,00 metri atto a valorizzare in ampiezza, profondità, definizione e spettacolarità dell’immagine le potenzialità tecniche del 70mm.

In corrispondenza del percorso d’ingresso degli spettatori sarà realizzata una grande scenografia innevata, con riferimenti espliciti e spettacolari alla trama del film in modo da far vivere al pubblico tutte le suggestioni non solo virtuali ma anche reali del racconto di Tarantino. Al centro vi sarà la locanda, dove tutto accade. Sono infatti otto i maledetti protagonisti di questa storia, ambientata qualche anno dopo la Guerra civile, che a causa di una bufera di neve dovranno sostare nello stesso rifugio. Otto viaggiatori sconosciuti e poco raccomandabili, che si renderanno ben presto conto di quanto sarà difficile per ognuno di loro raggiungere la meta…

Grazie a 01Distribution, distribuzione italiana del film, la programmazione in 70 mm del Teatro 5 proseguirà per il pubblico per l’intero mese di Febbraio (fino al 28), dando il via alla rassegna del “Cinecittà Winter Film Show”, iniziativa di Cinecittà Studios e Cinecittà si Mostra che nasce come un omaggio al cinema di Quentin Tarantino e Sergio Leone e che vedrà ripetersi ogni anno con anteprime e retrospettive dedicate al grande Cinema. Cinecittà Studios sarà il luogo di riferimento del centro-sud Italia per chi vuole immergersi nell’esperienza della visione integrale nel formato voluto da Quentin Tarantino per il suo ultimo lavoro. Le altre sale in Italia equipaggiate con tecnologie ad hoc per la proiezione in pellicola 70 mm sono la Multisala Arcadia di Melzo (Mi) e il Cinema Lumierè di Bologna.

“Il Winter Film Show è un’ulteriore iniziativa che valorizza il patrimonio di spazi, strutture e competenze di Cinecittà, rendendo omaggio ai maestri del Cinema, a cominciare da Sergio Leone cui abbiamo dedicato una sezione della mostra ‘Girando a Cinecittà’ – spiega l’ad di Cinecittà Studios Giuseppe Basso. Grazie alla disponibilità della Leone Film Group e di 01 Distribuition possiamo celebrare Tarantino nel migliore dei modi e condividere con il grande pubblico questa magia che vivremo nel Teatro 5 che, dal 5 Febbraio, si arricchirà di ulteriori proiezioni nella  più piccola Sala Fellini. Ai più importanti successi di Tarantino si aggiungerà una scelta dei western di Sergio Leone, riferimento fondamentale per il cineasta statunitense”.

PROGRAMMAZIONE THE HATEFUL EIGHT – CINECITTA’ STUDIOS

Luogo: Cinecittà Studios – Via Tuscolana 1055

Parcheggio sotterraneo su complanare direzione Anagnina 1,50 euro

Metro A fermata Cinecittà

Orari Spettacoli

The Hateful Eight – dal 29 Gennaio 2016
Teatro 5: capienza 888 posti (proiezione in 70 mm) – biglietto: 15,00 euro www.ticketone.it

·       Proiezioni dal Lunedì al Venerdì:

o   ore 16:00 – doppiato in italiano

o   ore 20:00 – doppiato in italiano

·       Proiezioni Sabato e Domenica:

o   ore 10:30 – in lingua originale sottotitolato in italiano

o   ore 16:00 – doppiato in italiano

o   ore 20:00 – doppiato in italiano

Rassegna Leone e Tarantino – inizio: 5 Febbraio 2016 ore 20:00
Sala Fellini: capienza 150 posti – Biglietto: 8,00 euro, prevendite su www.ticketone.it

·       Proiezioni dal Lunedì al Venerdì:

o   ore 14:00 – doppiato in italiano

o   ore 17:00 – doppiato in italiano

o   ore 20:00 – doppiato in italiano

·       Proiezioni Sabato e Domenica:

o   ore 10:30 – doppiato in italiano

o   ore 14:00 – doppiato in italiano

o   ore 17:00 – doppiato in italiano

o   ore 20:00 – doppiato in italiano

Riduzioni Speciali Cinecittà si Mostra per chi acquista i biglietti delle proiezioni:

Mostra: 5 euro anziché 10,00
Visite guidate: 10,00 euro anziché 20,00
Biglietteria: Via Tuscolana 1055
Prevendite: www.Ticketone.it

Per chi acquista il biglietto delle proiezioni sarà possibile avere riduzioni sulle visite guidate e sull’ingresso ai percorsi espositivi di Cinecittà si Mostra, l’iniziativa culturale che, dal 2011, permette al pubblico di visitare gli Studios e di immergersi nel mondo della creazione cinematografica.

Per usufruire al meglio dell’offerta si consiglia di pre-acquistare i biglietti su Ticketone.it
Consultare gli orari previsti per le visite  guidate e per la chiusura della biglietteria sul sito: www.cinecittasimostra.it

The Hateful Eight: al via le prevendite del film di Quentin Tarantino

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In occasione del nuovo attesissimo ottavo film di Quentin Tarantino è stata avviata un’attività promozionale grazie alla collaborazione di Radio Deejay in qualità di Media Partner, del circuito TicketOne per la prevendita dei biglietti e di una serie di Partner in tutta Italia.

Con l’acquisto della prevendita, e del relativo biglietto, 01 Distribution mette a disposizione di tutti gli utenti una serie di premi pensati in collaborazione con importanti Partner quali Ticketone, Den, The Old Wild West, Game Stop, Deezer, Cowboys, Esemplare.

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Partecipare è semplicissimo: Basta acquistare la prevendita del biglietto di THE HATEFUL EIGHT sul circuito TicketOne o sul portale dell’iniziativa, andare su www.vincithehateful8.it e inserire nome, cognome, indirizzo mail e codice del biglietto. A seguito della registrazione sono previsti premi e sconti immediati per acquisti online e offline presso Old Wild West, Den Store, Game Stop e Deezer. Al termine dell’attività è prevista un’estrazione finale volta a decretare il vincitore di alcuni premi esclusivi come una vacanza in ranch per 8 persone promosse da Cowboys e 10 capispalla firmati Esemplare.

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L’attività di comunicazione è volta a supportare il ritorno sul grande schermo di Quentin Tarantino con il suo ottavo film, THE HATEFUL EIGHT, la nuova produzione che si propone come un ritorno al genere western dopo Django Unchained. Qualche anno dopo la fine della guerra civile, una diligenza è costretta a fermarsi nel cuore del Wyoming a causa di una tempesta di neve. Il cacciatore di taglie John Ruth e la sua prigioniera Daisy Domergue sono attesi nella città di Red Rock dove Ruth, noto da quelle parti come “Il Boia”, porterà la donna dinanzi alla giustizia, riscuotendo una taglia di 10.000 dollari. Lungo la strada incrociano due uomini che si uniscono a loro. Ma la tempesta infuria ed i quattro saranno costretti a fermarsi per cercare rifugio presso un emporio dove ad accoglierli troveranno altri quattro sconosciuti. Gli otto viaggiatori bloccati dalla neve si rendono presto conto che forse qualcuno non è chi dice di essere e che, probabilmente, non sarà facile per nessuno raggiungere Red Rock.

Gli otto maledetti protagonisti sono: Kurt Russell (John Ruth), Jennifer Jason Leigh (Daisy Domergue); Tim Roth (Oswaldo Mobray); Samuel L. Jackson (il Maggiore Marquis Warren); Michael Madsen (Il Mandriano); Walton Goggins (lo Sceriffo Chris Mannix); Bruce Dern (il Generale Sanford Smithers); Demian Bichir (Bob).

The Hateful Eight è un’esclusiva per l’Italia Leone Film Group in collaborazione con Rai Cinema e sarà distribuito nella sale italiane da 01 Distribution dal 4 febbraio.

The Hateful Eight: a Tarantino venne proposto di far uscire il film sugli iPhone

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In una recente intervista con il Wall Street Journal (via Uproxx), Jess Shell, amministratore delegato della NBCUniversal, ha svelato un dettaglio inedito e assolutamente divertente a proposito di The Hateful Eight, l’ottavo film di Quentin Tarantino uscito nelle sale di tutto il mondo nel 2015.

Nel corso dell’intervista Shell ha raccontato di un incontro con Tarantino prima dell’uscita del film, per discutere appunto i dettagli della distribuzione. All’epoca il regista aveva già spiegato di essere intenzionato a far uscire il suo film nel formato Ultra Panavision 70mm, inutilizzato da circa cinquant’anni. Tarantino, grande estimatore e sostenitore della pellicola e dell’esperienza cinematografica da sempre, voleva che il 70mm servisse non soltanto ad evidenziare i paesaggi, quindi i luoghi dell’azione, ma anche a mettere in risalto le performance degli attori.

Durante l’incontro tra Shell e Tarantino, subito dopo che il regista espresse le proprie volontà, sottolineando che i cinema in cui sarebbe stato programmato The Hateful Eight in 70mm dovevano essere attrezzato con proiettori speciali, l’amministratore esclamò: “E se facessimo uscire il film, in esclusiva, direttamente sugli iPhone?”. A quel punto, senza mostrare il ben che minimo turbamento, Tarantino esclamò un semplice – ed ironico – “Fantastico!” e abbandonò il meeting.

Non sappiamo cosa abbia spinto Jess Shell a rivelare l’aneddoto, ma è palese dalle sue dichiarazioni quanto Tarantino disapprovasse l’idea. Anche se The Hateful Eight non è stato accolto all’unanimità né dalla critica né dal pubblico, è innegabile quanto una release destinata ai dispositivi mobile avrebbe tolto gran parte del fascino ad un film concepito proprio per essere goduto sul grande schermo, privando lo spettatore di quell’esperienza cinematografica fortemente voluta da Tarantino.

The Hateful Eight: a Natale nei cinema Usa

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The Hateful Eight: a Natale nei cinema Usa

The Hateful Eight arriverà nei cinema Usa per un’uscita limitata a partire dal 25 dicembre 2015. Ad annunciarlo è la Weinstein Company. Il film verrà poi normalmente distribuito a partire dall’8 gennaio.

Il film verrà proiettato in 70mm e a questo scopo, Quentin Tarantino sta facendo reinstallare dei proiettori che supportano il formato, con lenti anamorfiche in 50 cinema di tutto il mondo.

Fonte: CS

The Hateful Eight: a Jennifer Jason Leigh il Capri Art Award

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A Jennifer Jason Leigh, per il ruolo della fuggitiva Daisy Domerque, unico personaggio femminile nel film The Hateful Eight di Quentin Tarantino, è stato attribuito il Capri Art Award come miglior attrice non protagonista della XX edizione di ‘Capri Hollywood’. Lo annuncia il produttore dell’International Film Festival Pascal Vicedomini.

“Siamo felici di onorare a Capri questa grande attrice -dice Vicedomini- che nel film di Tarantino interpreta un personaggio molto potente, per il quale ha già ricevuto la nomination al Golden Globes. Nonostante i tanti impegni di promozione del film, uscito negli Usa il giorno di Natale, con anteprime in 70mm che hanno avuto grande successo, Jennifer Jason Leigh, unica donna dello straordinario cast, ritirerà il premio domani a Capri, interrompendo il tour promozionale americano del film per volontà di Tarantino e del produttore Harvey Weinstein, che dimostra di ritenere strategico il nostro festival in vista della stagione degli awards, e che ringraziamo”.

Fonte: ADNKronos

The Hateful Eight, incassi: grande successo per l’apertura in Italia

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È uscito ieri in 600 copie  totalizzando un incasso di 466.000,00 euro di box office con una media per copia di 831,00 e 68.900 presenze la versione digitale del film, confermando l’ottima performance già ottenuta della pre-release del 29 gennaio nel formato 70mm.

“Siamo veramente felici per la straordinaria apertura di The Hateful Eight – dichiara Luigi Lonigro Direttore di 01 Distribution – È la migliore apertura per un film di Tarantino uscito di giovedì. La media copia è veramente importante ed anche la durata del film accresce questo valore. Continuano inoltre a performare molto bene le 3 sale che proiettano il film in 70mm che hanno ampiamente superato nei primi 7 giorni di programmazione 150.000 euro di Box Office. È un successo che condividiamo con Andrea e Raffaella Leone, nostri partner nell’acquisto e la distribuzione di questo meraviglioso film”.

The Hateful Eight ha ricevuto tre nomination agli Academy Awards: per la migliore colonna sonora è candidato il Maestro Ennio Morricone, mentre Jennifer Jason Leigh ha ricevuto la nomination per la Migliore attrice non protagonista e Robert Richardson per la Migliore fotografia.

The Hateful Eight è un’esclusiva per l’Italia Leone Film Group in collaborazione con Rai Cinema.

The Hateful Eight, incassi: grande risultato delle copie 70 mm

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The Hateful Eight, incassi: grande risultato delle copie 70 mm

E’ uscito venerdì 29 in una pre-release in 70mm in tre schermi ed è già un successo l’attesissimo The Hateful Eight, il thriller western di Quentin Tarantino che ha scelto per il suo film un “glorioso” formato panoramico ormai dimenticato: una variante del 70mm chiamata Ultra Panavision 70, che amplia ancor di più l’immagine sullo schermo.

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“Il film ha ottenuto in soli 3 giorni di programmazione un incasso di € 107.828 con una media per copia di € 35.942 ed un totale di 9.239 presenze – ha comunicato Luigi Lonigro, Direttore di 01 Distribution. Un risultato straordinario per il quale desidero ringraziare quegli esercenti che hanno permesso al pubblico, per la prima volta in Italia, di godere del fascino del cinema di altri tempi nello splendore del formato 70mm e che ci hanno consentito di esaudire il desiderio del regista che con questa scelta tecnica ha voluto celebrare il grande cinema sul grande schermo.”

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Sono soltanto tre infatti le sale italiane tecnicamente attrezzate per questo tipo di proiezione: il Cinema ARCADIA di Melzo, il Cinema Lumière della Cineteca di Bologna ed il Teatro 5 di Cinecittà Studios a Roma che, per la prima volta nella storia, è stato trasformato in una sala cinematografica in occasione della Première del film. Allestito con una scenografia che ne evocava le nevose atmosfere, il 28 gennaio il Teatro 5 ha infatti celebrato la prima italiana con 888 invitati che hanno assistito al film insieme a Quentin Tarantino, Kurt Russel, Michael Madsen e al Maestro Ennio Morricone.

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“Una grande soddisfazione per Cinecittà, per gli amici di Rai Cinema/01 Distribution e di Leone Film Group. I numerosi spettatori che hanno affollato il Teatro  5 in tutti gli spettacoli, compreso quello del mattino in versione originale, evidenziano il grande amore che il pubblico italiano ha per il Cinema con la “C” maiuscola. Un segnale incoraggiante che giunge anche nelle stesse ore in cui il governo si sta occupando di riorganizzare il sistema con una legge importante che segnerà un cambiamento epocale”, ha sottolineato Giuseppe Basso, Amministratore Delegato di Cinecittà Studios, che in tre giorni ha raggiunto le 3.328 presenze ed un incasso di €49.680,00.

Un grande risultato anche per Piero Fumagalli, proprietario del Cinema ARCADIA di Melzo che ha totalizzato € 38.210,00 con 3.827 ingressi: “Siamo felici di presentare il film nel formato Ultra Panavision 70MM. Da sempre in ARCADIA ci impegniamo per offrire la migliore esperienza cinematografica possibile, il grande Cinema sul nuovissimo grande schermo di 30 metri di base e nuovo impianto audio Meyer Sound – Dolby Atmos. Siamo contenti che il pubblico abbia risposto in modo così eclatante e abbia apprezzato l’unicità della proiezione in 70MM. Abbiamo accolto circa 4.000 spettatori provenienti da tutta Italia e dall’estero nel primo weekend  e le prevendite per i prossimi giorni sono oltre 7.000 biglietti”.

E con 2.084 presenze e € 19.938,00 in 3 giorni, anche Gian Luca Farinelli, direttore della Fondazione Cineteca di Bologna, ha espresso il suo entusiasmo: “The Hateful Eight è nella storia del cinema come Avatar al contrario. Il film di Cameron annunciava la fine del mondo della pellicola, il film di Tarantino annuncia che quel mondo, secondo uno dei grandi creatori contemporanei, invece non è affatto finito. Era naturale che di fronte al nuovo film di un paladino della pellicola come Quentin Tarantino, la Cineteca di Bologna facesse ogni sforzo per compiere un capolavoro della visione: regalare agli occhi dello spettatore lo spettacolo di un film girato e proiettato in 70mm. C’è un pubblico più vivo che mai che ha accolto con entusiasmo questa occasione unica: un pubblico anche di giovanissimi, appassionato e attento di fronte a questo spettacolo sontuoso. Grazie a 01 Distribution e a Leone Film Group che hanno creduto in questa sfida che pareva impossibile!”

The Hateful Eight ha ricevuto tre nomination agli Oscar: è infatti candidato per la Migliore attrice non protagonista, Jennifer Jason Leigh, per la Migliore fotografia, con Robert Richardson, e per la Miglior colonna sonora per la quale il Maestro Morricone, tornato dopo ben 27 anni a comporre per un western, ha già conquistato il Golden Globe ed il Critics Choice Award.

The Hateful Eight è un’esclusiva per l’Italia Leone Film Group in collaborazione con Rai Cinema e sarà distribuito in 600 sale italiane da 01 Distribution nella classica versione digitale dal 4 febbraio 2016.

The Hateful Eight primo poster del prossimo film di Quentin Tarantino

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Ecco il primo poster di The Hateful Eight, il tormentato progetto di Quentin Tarantino che, a quanto dichiarato dal regista al Comic Con e a quanto appare sul poster in edicola su Empire, arriverà al cinema durante il prossimo anno.The Hateful Eight

Michael Madsen, Bruce DernTim Roth, Walton Goggins, Amber TamblynJames RemarZoe Bell e Samuel L. Jackson hanno partecipato alla lettura a teatro dello script ed è quindi probabile che faranno anche parte del cast del film.

Fonte: Empire

The Hateful Eight in rete: accusato il produttore di Point Break

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The Hateful Eight in rete: accusato il produttore di Point Break

Le ricerche dell’FBI riguardo al recente leak in rete di The Hateful Eight, nuovo film di Quentin Tarantino, hanno condotto gli investigatori fino al CEO di Alcon Entertainment, nonchè produttore del nuovo Point Break,  Andrew Kosove, il quale ha affermato di non aver mai visto il filmato in questione.

La copia di Hateful Eight che è stata inviata a me e ad Alcon Entertainment non è mai passata per le mie mani, nè tantomeno l’ho mai commissionata – ha dichiarato Kosove – Collaborando con l’FBI, spero riusciremo a chiarire meglio cosa è successo. La pirateria è un danno a tutta la nostra industria e come cineasta non tollero un atto illegale e deplorevole come questo.

Diversi organi d’informazione Lunedì hanno notato come oltre a The Hateful Eight anche The Revenant fosse già disponibile in rete, così come altri film in corsa per gli Oscar. Non appena questi film sono apparsi sui siti di condivisione online, l’FBI è riuscita a ricondurre la fonte di tutti questi file alla copia DVD di Kosovo, nonostante il gruppo pirata Hive CM8 abbia poi rivendicato il leak.

Primo DVDScreener di quaranta. Li faremo tutti, uno dopo l’altro partendo dai più attesi, gli altri seguiranno successivamente.” ha dichiarato il gruppo di pirati dell’Internet dopo la release online di Hateful Eight.

Fonte

The Hateful Eight il nuovo film di Quentin Tarantino

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The Hateful Eight il nuovo film di Quentin Tarantino

Il nuovo progetto di Quentin Tarantino si intitolerà The Hateful Eight, un western per il quale il regista vorrebbe Christoph Waltz e Bruce Dern. Dopo il successo di Django Unchained dello scorso anno, Quentin Tarantino non ha alcuna intenzione di abbandonare il western. Si tratta  di uno dei suoi generi preferiti (Sergio Leone è per lui un’ispirazione), e già lo scorso novembre il regista aveva lasciato intendere che gli sarebbe piaciuto dirigere un nuovo film di questo genere. Oggi THR conferma che Tarantino ha a tutti gli effetti terminato la sceneggiatura del suo nuovo progetto.

Intitolato The Hateful Eight (Gli Odiosi Otto), il film dovrebbe entrare in produzione in estate. Ma nel frattempo l’attenzione si concentra sul cast e Tarantino sembra avere le idee molto chiare. Pare che una parte sia stata scritta per Christoph Waltz, grande collaboratore di Tarantino che ha conquistato due Oscar come Migliore Attore Non Protagonista per Bastardi Senza Gloria e Django Unchained. Inoltre Tarantino vorrebbe nel cast anche il veterano Bruce Dern, che vedremo a breve nel suo acclamato ruolo in Nebraska di Alexander Payne, e che aveva un piccolo ruolo in Django Unchained.

The Hateful Eight e i 70mm: fra mito e illusione

The Hateful Eight e i 70mm: fra mito e illusione

Con l’arrivo nelle sale italiane (il 4 febbraio) dell’ottavo film di Quentin Tarantino, che abbiamo recensito in anteprima, non si fa altro che parlare – talvolta anche in modo ossessivo – di 70mm. Una cifra, una lunghezza, per molti un simbolo e un emblema, ma di cosa parliamo esattamente? Con 70mm intendiamo la larghezza di una particolare pellicola, grande il doppio rispetto alla classica da 35mm, capace di avere una definizione maggiore e una migliore qualità sonora. Proprio in virtù di quest’ultima caratteristica, il reale spazio dedicato al frame video è di 65mm, con i restanti 5mm interamente riservati a quattro piste sonore, necessarie a fornire 6 canali audio.

Anche quando la colonna sonora, nelle versioni più moderne, è staccata dalla pellicola, lo spazio dedicato all’immagine rimane di 65mm per problemi di formato e compatibilità. Un sistema molto simile al più complesso IMAX, con il quale si possono creare fraintendimenti poiché stampato sempre su pellicola 70mm ma dal funzionamento del tutto diverso. Il 70mm classico, proprio quello usato per The Hateful Eight, viaggia in verticale come una normale pellicola 35mm e il frame equivale a 4 perforazioni; l’IMAX, girato e proiettato su macchine decisamente più ingombranti e complesse, scorre in orizzontale e il frame è grande ben 15 perforazioni, dunque parliamo di un sistema capace di fornire una qualità dell’immagine estremamente superiore. Ma è soltanto la qualità che determina la scelta di un formato anziché un altro? Perché il regista di Pulp Fiction e de Le Iene si è affidato a questa tecnologia per girare il suo nuovo film nel 2016?

hateful-eight-cinematography-robert-richardsonIn realtà in questa domanda se ne celano implicitamente due, ovvero: 1. Perché si è affidato a questa tecnologia? 2. Perché nel 2016? Rispondere alla prima è abbastanza semplice, con motivi legati a doppio filo alle caratteristiche ricordate appena sopra. Avere un’immagine sei volte più definita del 35mm ti permette di girare panoramiche precise, scene d’insieme più dettagliate, proprio per questo la MGM ha scelto di girare Ben-Hur in questo gigantesco formato widescreen. Era appena il 1959 e i 70mm erano quasi fantascienza, non a caso lo stesso regista William Wyler era fortemente contrario: “Puoi riempire l’inquadratura di elementi, niente resta fuori, ma allo stesso tempo puoi ritrovarti con enormi spazi vuoti. Attorno agli attori hai altre mille comparse che invece non hanno nulla da fare, si uccide la curiosità dello spettatore.” Un paradosso in piena regola, poiché molti registi hanno optato negli anni successivi per i gloriosi 70mm per gli stessi motivi che Wyler criticava.

West Side StoryBasti citare West Side Story del 1961, vincitore di ben 10 premi Oscar fra cui la migliore fotografia a Daniel L. Fapp: il formato largo e dettagliato del Super Panavision 70 era stato la chiave vincente per raccontare le battaglie fra gang nelle strade di Manhattan. Medesimo discorso per Lawrence d’Arabia nel 1962, Cleopatra nel 1963, My Fair Lady nel 1964, ma soprattutto 2001: Odissea nello Spazio nel 1968. Il film di Stanley Kubrick è probabilmente l’opera che più ha glorificato la pellicola 70mm, affidata non solo alla tecnologia Super Panavision 70 ma anche al metodo Todd-AO, al Superpanorama 70 per le riprese “spaziali” e al 70mm Cinerama per la proiezione, all’epoca tecniche d’assoluta avanguardia. La qualità dei frame impressi combinata agli avanzati effetti visivi, che valsero la vittoria dell’unico premio Oscar del film (!), ha creato un prodotto credibile e mozzafiato ancora oggi, una sfida impossibile con gli standard del 35mm. L’approccio al formato più dettagliato era dunque una necessità.

ShanghaiDayPassato però il 1970, visti i costi spropositati del 70mm e l’impronta sempre più industriale di Hollywood, il glorioso formato ha perso del tutto il suo appeal, per essere omaggiato solo negli anni ’90 e negli anni ’10 del 2000 (è strano leggerlo eh…). Sono Paul Thomas Anderson con The Master e appunto Tarantino a rispolverarlo, ma soprattutto il documentarista Ron Fricke. Assistere alla proiezione di Baraka (1992) e Samsara (2011), costati al suo autore 25 anni di riprese, è un’esperienza che ogni appassionato d’immagine dovrebbe provare. Tutto questo però ci porta a rispondere alla seconda domanda ancora in sospeso: è necessario, nel 2016, rispolverare il vecchio 70mm? Probabilmente stiamo per dare una grande delusione a molti appassionati, per la felicità invece del maestro William Friedkin che odia la pellicola con tutte le sue forze. Il digitale si trova in uno stato ormai talmente avanzato che la vecchia cara pellicola può servire soltanto a colmare l’ego dei nostalgici più incalliti, esattamente come Tarantino.

Stanley KubrickPensare oggi che l’Ultra Panavision 70 sia l’unico mezzo in grado di regalare poetici effetti di luce (strettamente correlati agli obiettivi in uso), di ingrandire la profondità di campo (sempre legata alle lenti) o godere di velocità di ripresa particolari è in realtà un’illusione, ancor peggio se attraversiamo lo spinoso campo della qualità e della risoluzione. Da sempre la pellicola, oltre a soffrire dal lato produttivo di evidenti problemi logistici come la grandezza delle attrezzature, l’inconveniente della stampa ecc., è stato un mezzo molto irrequieto e instabile.

Ogni stampa si poteva e si può definire ancora unica, è raro trovarne identiche per quanto riguarda le caratteristiche tonali, inoltre gran parte dell’esperienza finale dipende dal proiettore in uso, è dunque estremamente facile incappare in proiezioni terrificanti. Polvere, peli e affini, macchie, sfocature e sgranature, sottotitoli malamente sovraimpressi, tutti elementi che hanno fatto la storia del cinema certo, ma che per l’appunto appartengono al passato. Al di là del clamore mediatico, del fattore nostalgia e dell’emozione “dell’analogico”, restano ben pochi motivi per continuare a lavorare con pellicola di grande formato, se si esclude l’incredibile tecnologia IMAX ovviamente. Stiamo però parlando di mera tecnica, con l’unico scopo di far chiarezza e non – come potrebbe sembrare – di sconfessare e sconsacrare. In fondo, come dicono in molti, la pellicola è morta, lunga vita alla pellicola, e così sia.

The Hateful Eight distribuito in Italia da Rai Cinema

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The Hateful Eight distribuito in Italia da Rai Cinema

Per la prima volta nella storia della distribuzione italiana sarà Rai Cinema a portare nel cinema italiani un film di Quentin Tarantino. Accadrà nelle prime settimane del 2016 con The Hateful Eight, prossimo film del regista che negli States uscirà il giorno di Natale.

L’accordo è stato raggiunto al Festival di Cannes con la Leone Media Group, che co-distribuisce il film.

  1. Fonte: CS
  2. Fonte: Variety

The Hateful Eigh: dettagli dallo script online di Quentin Tarantino

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The Hateful Eigh-Quentin TarantinoE’ diventato ormai un caso l’ex film di Quentin TarantinoThe Hateful Eigh. Come molti di voi sapranno il regista aveva segnalato il titolo del suo prossimo film, però poi ha annunciato a sorpresa che non lo avrebbe girato per via della pubblicazione in rete della sceneggiatura. Ebbene, oggi da Deadline arrivano i primi dettagli di questa sceneggiatura che Tarantino reputa ormai “sputtanata” e che ha deciso di non girare.

Leggi anche: Quentin Tarantino abbandona The Hateful Eight

Le prime info riguardano il formato che il regista avrebbe utilizzato, ovvero il 70mm. Infatti da una delle descrizioni di una scena lo sceneggiatore sottolinea la volontà di girare gran parte delle scene in formato panoramico o IMAX. Ma non è tutto, infatti nello script si invece l’intenzione del regista di girare numerosissime scene spettacolari in cinemascope, tecnica particolare di ripresa panoramica molto costosa.

Secondo chi ha letto lo script il film avrebbe raccontato la storia di due cacciatori di taglie Samuel L. Jackson e Michael Madsen (con ogni probabilità) e il loro ritorno a casa, in una città chiamata Red Rock, a riscuotere le taglie. I due sulla strada di casa avrebbero incontrato un sudista ed insieme ad un prigioniero si rifugiano in una merceria per ripararsi da una tempesta. Ma in questa merceria trovano un quartetto con accapo un generale sudista, che altri non è che un boia. I tre arriveranno allo scontro con la banda. La pellicola è descritto un western d’insieme con personaggi molto importanti sia per  Madsen che per Bruce Dern.

Intanto, la polemica non accenna a placarsi e Deadline riporta che ha ricevuto una lettera di risposta al commento di Tarantino da parte dell’agenzia Kismet Talent, quella che cura gli interessi di Michael Madsen nel quale si evince che loro non hanno mai ricevuto lo script in questione. Ora se lo stesso Tarantino ha rivelato di averlo dato solo a tre attori, Madsen, Roth e Dern, e lo stesso Tarantino ha scagionato da subito Roth, rimane l’agenzia di Dern quella più indiziata a questo punto.

Con tutto il dovuto rispetto per Tarantino, ma a noi sembra che il suo atteggiamento sia un po’ troppo da prima donna, o ancora peggio da zitella isterica.

 

The Hate U Give: recensione del film di George Tillman Jr. #Romaff13

The Hate U Give del regista George Tillman Jr. presentato alla Festa del Cinema di Roma, ci dipinge in modo chiaro e fresco il quadro attuale, senza mezzi termini e in modo potente. E per farlo sceglie la giusta “voce”: quella di Starr, sedicenne di Garden Heights in Georgia, eroina dell’omonimo libro scritto da Angie Thomas, uscito solo due anni fa e nato proprio sotto l’ombrell del movimento Black Lives Matter.

The Hate U Give, la trama

Trayvon Martin 17 anni, Jordan Edwards 15 Anni, Michael Brown 18 Anni, Oscar Grant 22 anni, Philando Castile 32 Anni: sono solo alcuni nomi di ragazzi uccisi dalla polizia americana negli ultimi anni. Non sono nomi di personaggi inventati, avevano una vita, una famiglia, erano persone prima di tutto. La loro colpa? Il colore della loro pelle. Sentiamo queste news in modo distratto alla TV o Qui in Italia quasi non arrivano, così che questa realtà sembra così lontana da noi. Eppure, per la maggior parte dei ragazzi afroamericani, è la quotidianità.

The Hate U Give, il film

Starr (Amanda Stenberg) è una ragazza come tante, ama le sue scarpe da ginnastica, l’hip-hop anni ’90 e il Principe di Bel Air. Ha una bella famiglia, due genitori che si amano e due fratelli che le vogliono bene. Ma Starr ha anche una doppia vita: quando è a casa, nella sua comunità, tra la gente che l’ha vista crescere, è quella di sempre. Sa come comportarsi, conosce bene chi gestisce la gang locale perché suo padre ne faceva parte e sa badare a se stessa. Ma quando è a scuola, una privata dall’altra parte della città, diventa una versione “più bianca” di se: cerca di non usare lo slang, evita i conflitti e riga dritto, per non essere identificata come una del ghetto. Ma la particolarità di Starr è che è entrambe queste versioni di sé e capisce e conosce entrambi i mondi. Una sera per caso incontra il suo amico di infanzia Khalil (Algee Smith) e in una escalation di eventi diventa unica testimone della morte dell’amico per mano di un poliziotto. Da questo punto il film poteva prendere le direzioni più disparate, concentrarsi sugli eventi o sui perché, come in Fruitvale Station, film di debutto di Ryan Coogler del 2014 che raccontava la vera storia di Oscar Grant. Ma The Hate U Give trova la sua forza nel punto di vista che ci offre sulla tragedia: quello di Starr.

Una ragazza giovane, intelligente, che si fa domande, che non ci sta alle ingiustizie ma allo stesso tempo non sa cosa fare, che non è invincibile, che non ha sempre ragione e che non giudica le cose a priori. La perfetta performance di Amandla Stenberg poi aiuta molto,  rieuscendi a veicolare tutte le emozioni della protagonista attraverso sguardi e primi piani che a volte fanno davvero tanto male, soprattutto se ci si ferma a pensare che tutto questo non sia finzione.

George Tillman Jr. trova la Giusta lente sotto la quale sviluppare questa storia in modo da farla diventare perfetta per il pubblico più giovane: sceglie un linguaggio visivo accattivante, degli attori idoli dei teenager ( KJ Apa star di Riverdale e Sabrina Carpenter direttamente da Disney Channel), riferimenti di pop-culture tra una battuta e l’altra e una colonna sonora che spazia da Kendrick Lamar a Tupac. E il titolo del film proviene proprio da un idea di Tupac, che negli anni 90 coniò il termine THUG LIFE:  non è nulla di gangster ma semplicemente l’acronimo della frase “The Hate U Give Little Infants F—s Everybody” ovvero che quello dell’odio è un circolo vizioso, l’odio genera odio e se noi mostriamo ai bambini l’odio loro impareranno solo ad odiare e non amare. Spesso si dice che un film è “necessario” e The Hate U Give era proprio il film necessario in questo preciso momento storico, in particolare in America.

Forse non era il prodotto giusto per un circuito da festival: troppo “pop”, “poco artistico” magari… Ma questo non è di certo un film da “critici”. È un film fatto per le persone, fatto per i ragazzi, protagonisti assoluti e involontari di questa tragedia. E l’importante è che The Hate U Give trovi la giusta collocazione anche nelle sale italiane perché è una di quelle storie raccontate così bene e in modo così  forte e diretto da entrarti dentro e non uscirne più.

The Harder They Fall: trailer del film Western Netflix

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The Harder They Fall: trailer del film Western Netflix

Guarda il trailer ufficiale di The Harder They Fall, l’attesto western originale Netflix in arrivo quest’anno. In questo western, il fuorilegge Nat Love (Jonathan Majors) viene a sapere che il suo nemico Rufus Buck (Idris Elba) sta per essere rilasciato di prigione e riunisce la gang per rintracciarlo e vendicarsi.

Diretto da Jeymes Samuel con la sceneggiatura di Samuel e Boaz Yakin e prodotto da Shawn Carter, James Lassiter, Lawrence Bender e Jeymes Samuel, The Harder They Fall vanta una colonna sonora irresistibile e un cast stellare mozzafiato, in cui brillano Jonathan Majors, Zazie Beetz, Delroy Lindo, LaKeith Stanfield, Danielle Deadwyler, Edi Gathegi, R.J. Cyler, Damon Wayans Jr., Deon Cole, Regina King Idris Elba. Mai come in questo caso, la vendetta è un piatto da servire freddo!

The Harder They Fall: teaser del western Netflix con Idris Elba

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The Harder They Fall: teaser del western Netflix con Idris Elba

Netflix ha diffuso il teaser trailer di The Harder They Fall, l’attesto western originale Netflix in arrivo quest’anno. In questo western, il fuorilegge Nat Love (Jonathan Majors) viene a sapere che il suo nemico Rufus Buck (Idris Elba) sta per essere rilasciato di prigione e riunisce la gang per rintracciarlo e vendicarsi.

Diretto da Jeymes Samuel con la sceneggiatura di Samuel e Boaz Yakin e prodotto da Shawn Carter, James Lassiter, Lawrence Bender e Jeymes Samuel, The Harder They Fall vanta una colonna sonora irresistibile e un cast stellare mozzafiato, in cui brillano Jonathan Majors, Zazie Beetz, Delroy Lindo, LaKeith Stanfield, Danielle Deadwyler, Edi Gathegi, R.J. Cyler, Damon Wayans Jr., Deon Cole, Regina King e Idris Elba. Mai come in questo caso, la vendetta è un piatto da servire freddo!

The harder they fall, recensione del film con Regina King

The harder they fall, recensione del film con Regina King

Disponibile su Netflix dal 3 Novembre, The Harder They Fall costituisce il debutto alla regia di Jeymes Samuel, cantautore e musicista britannico. Western dalle tinte tarantiniane e inserito in un’ottica del sempre più imperante revisionismo storico, presenta un cast ottimamente assemblato, in cui figurano Jonathan Majors, Idris Elba, Zazie Beetz, Regina King, Delroy Lindo, Lakeith Stanfield, RJ Cyler, Danielle Deadwyler, Edi Gathegi e Deon Cole.

The Harder They Fall: revisionismo delle leggende del vecchio West

Quando il fuorilegge Nat Love viene a sapere dell’uscita di prigione del nemico Rufus Buck, riunisce la sua gang per rintracciarlo e vendicarsi. Ad affiancarlo in questo western tanto innovativo quanto fedele alla tradizione sono l’ex amata Stagecoach Mary, i suoi fidati bracci destri (l’irascibile Bill Pickett e il lesto Jim Beckwourth) e un avversario trasformato inaspettatamente in alleato. Da parte sua, Rufus Buck ha una temibile banda che non accetta sconfitte e include la traditrice Trudy Smith e Cherokee Bill.

La presenza di personaggi afroamericani in storyline western è stata normalmente per lo più giustificata dai richiami alla piaga dello schiavismo, seppur si sappia con accuratezza che di cow-boy africani ce ne furono eccome: ecco infatti che Samuel si focalizza in The Harder They Fall sulle vicende di uno dei più celebri eroi afroamericani del West, Nat Love, cowboy americano ed ex schiavo nel periodo successivo alla guerra civile americana, le cui imprese lo hanno reso uno degli eroi più famosi del Vecchio West.

Samuel rinfresca i familiari tropi western, le situazioni e i dialoghi tipici del genere con un senso dell’umorismo tagliente e una sensibilità attuale. The Harder They Fall mette sotto i riflettori le leggende nere del vecchio West: non solo quella di Buck e Love, ma anche le storie di Sally, Picket, Beckwourth e Cherokee Bill. La narrazione delle loro gesta si serve di pezzi hip hop, reggae e funk alimentato da ottoni per conferire al film un’energia galoppante, trainata da un Samuel impegnato pedissequamente in ogni aspetto dello spettacolo western, dagli aspetti tecnici fino agli accattivanti costumi.

The Harder They Fall riuscirà a distinguersi all’interno di un genere affollato, grazie alla miscela di musica innovativa ed elementi visivi che in qualche modo riescono a far sentire il film sorprendentemente fresco e allo stesso tempo appropriato al tono dell’epoca. La colonna sonora del film, che ondeggia tra gli spirituals dell’epoca della schiavitù e il moderno e potente hip-hop, trascinandoci più a fondo nel suo grintoso mondo di pistoleri e fuorilegge, e la direzione stilistica precisa di Samuel riempiono ogni scena di simbolismo e inquadrature memorabili e fortemente stilizzate.

Come regista, Jeymes Samuel si preoccupa innanzitutto di rendere giustizia a queste figure della vita reale e di dare vita alle loro personalità con una variazione moderna. Oltre a spingere a riconoscere l’esistenza di queste personalità, The Harder They Fall prende meno la via della serietà, giocando piuttosto con violenza e sequenze truculente. È un rappresentazione di orgogliosa cultura pop nera che si eleva con tecnica registica, recitazione magnetica e schizzi di sangue tarantiniani, che entusiasmeranno il pubblico. I fondamenti sono così ben eseguiti che l’intreccio narrativo risulta anche un po’ emotivo durante il suo climax.

The Harder They Fall

The Harder They Fall: un cast di tutto punto

The Harder They Fall trabocca di personaggi e colpi di scena piuttosto memorabili nel corso dei suoi 137 minuti di durata. Major si conferma tra i nuovi protagonisti più accattivanti di Hollywood e The Harder They Fall ne è la prova definitiva, dopo la ottima prestazione in Lovecraft Country della HBO. Questa performance si aggiunge al suo crescente curriculum, regalandoci una prestazione ottimale nel ruolo di Nat, un fuorilegge che ruba ai fuorilegge, mascherato da un sorriso che nasconde la sua rabbia interiore e la ricerca di vendetta contro Buck. Come gli dice Mary, “Finché quell’uomo respira, il tuo spirito sarà maledetto e selvaggio come non mai“.

Elba è sicuramente in grado di interpretare il suo opposto, portando la sua usuale ferocia teatrale ma anche conferendo al suo cattivo una senile, persino saggia pensosità. Anche il cast di supporto intorno al duo di duellanti è solido, specialmente King come antagonista senza fronzoli con un iconico cappello a bombetta; Stanfield che dà al western la canaglia più imprevedibile e particolare dai tempi del Doc Holliday di Val Kilmer in Tombstone; e Lindo che interpreta Reeves, lo sceriffo degli Stati Uniti che in alcuni frangenti può essere considerato un’ispirazione per il Lone Ranger.

Tra il resto della banda di Nat, Zazie Beetz si getta nel ruolo dell’ex amante di Nat, Stagecoach Mary, e mantiene il personaggio prominente e convincente nonostante un arco che la mette in disparte per gran parte della storia. RJ Cyler e Edi Gathegi ritraggono rispettivamente il presuntuoso esperto di tiro al volo Bill Pickett e il tiratore scelto Jim Beckwourth, e le scene che gli vengono concesse – sia insieme che individualmente – aiutano a rilassare l’atmosfera di un film meticolosamente realizzato e attentamente strutturato con alcuni scambi di dialogo veramente divertenti.

“L’infida” Trudy Smith è il tipo di killer freddo e calcolatore che un attore può divertirsi a interpretare, e l’attrice di Watchmen Regina King lo fa chiaramente. Anche stando accanto allo spietato e aspirante signore del crimine di Elba, la King rende chiaro in ogni momento che è lei la persona più pericolosa nella stanza – uomo o donna – in più di un’occasione, e vende efficacemente questa minaccia più e più volte nel corso del film.

D’altra parte, la performance del candidato all’Oscar Lakeith Stanfield rende l’imprevedibile pistolero Cherokee Bill uno dei personaggi più imperscrutabili del film, con una morale confusa, abilità letali e una linea di dialogo brillantemente proclamata. Le sue motivazioni sono tanto confuse quanto lo è l’impressione che lo spettatore ha del personaggio e l’affezione nei suoi confronti oscilla tra il voler vedere un futuro intero film sul suo personaggio e il volerlo vedere sconfitto quanto prima.

Dato che Jeymes Samuel sembra amorevolmente attratto dal genere western, speriamo che gli vengano concesse ulteriore possibilità per illuminare il panorama Netflix e intrattenerci con altre storie dinamiche di fuorilegge non celebrati, che meritano di essere raccontate.

The Happy Prince: Rupert Everett a Roma presenta il suo film sull’ultimo Oscar Wilde

Conferenza stampa affollatissima alla Casa del Cinema per Rupert Everett, a Roma per presentare The Happy Prince, suo primo lavoro da regista, su Oscar Wilde ed in particolare sugli ultimi anni della vita dello scrittore irlandese, ormai lontano dai fasti che lo avevano reso icona dell’Estetismo, che Everett, anche protagonista, mostra in maniera inedita. Il film, frutto di una gestazione lunga dieci anni, è prodotto da Maze Pictures, Entre Chien et Loup e dall’italiana Palomar e sarà in sala dal 12 aprile.

Come nasce l’avventura produttiva del film?

Carlo Degli Esposti [Palomar ndr.]: “Quando ci è capitata l’occasione di poter partecipare alla compagine produttiva di questo film, non abbiamo avuto dubbi nell’aderire. […] Da qui è nata un’amicizia e stima professionale che è andata oltre questo lavoro. […] Rupert sarà un inquisitore ne Il nome della rosa, che stiamo girando in questo momento a Cinecittà”.

Lei è quasi scomparso dalle scene dopo il suo coming out. Nei titoli di coda del film si legge che la figura di Wilde è stata riabilitata solo nel 2017. Quanto c’è di autobiografico in questo lavoro?

Everett: “Se lavori in un mondo come quello del cinema, che è aggressivamente eterosessuale, devi in un certo senso negoziare, se sei gay. Prima o poi finisci per scontrarti con un muro. Forse non ora, le cose stanno cambiando, ma prima, negli anni ’80 e ’90, non era facile. In questo senso Wilde per me è sempre stato una fonte di ispirazione. Ricordo che, quando ero un giovane adulto a metà anni ’70 a Londra, essere omosessuali era diventato legale solo da poco, dal 1968. Quindi, noi tutti avevamo la sensazione di seguire le orme di Oscar Wilde”.

Ha pensato subito di interpretare lei il personaggio di Wilde?

Everett: “Sì, stavo cercando di continuare a lavorare e vivere nel mondo del cinema. Quindi ho pensato che il modo migliore per farlo fosse quello di scrivere per me stesso un ottimo ruolo”.

Come mai avete trattato la seconda parte della vita?

Everett: “Trovo che quest’ultima parte della storia sia estremamente romantica, come lo è l’ultimo decennio dell’Ottocento. Amo la Belle Époque. Un periodo in cui Wilde, questo vagabondo della letteratura, insieme a Verlaine, due grandi geni, sono stati sottoposti a ostracismo dalla società, trasformati in relitti lungo i boulevard, che andavano a pietire, in cerca di qualcuno che gli offrisse qualcosa da bere”.

The Happy PrinceWilde ha pagato in quanto omosessuale, ma anche perché irlandese, fuori dall’establishment inglese che dileggiava?

Everett: “Certo, spesso si dimentica che Wilde non era inglese e guardava all’establishment inglese con uno sguardo da straniero.[…] È stato pericoloso prendere in giro la grandeur e Wilde ha pagato per questo. Penso però che si sia tirato addosso da solo lo scandalo e la tragedia. È stato lui a portare in tribunale Lord Queensberry, non viceversa [Wilde era stato tacciato di sodomia da Queensberry, padre dell’amato Lord Alfred Douglas. Perciò Wilde gli aveva fatto causa ndr.] . Penso che l’establishment lo avrebbe accettato, se non avesse fatto questo gesto. Inoltre, penso che essendo una grandissima star, non avesse più consapevolezza di quello che era realmente il mondo. Pensava che il mondo fosse realizzato e costruito per lui. Non è che gli inglesi stessero lì ad aspettare il momento per dargli addosso. Certo, una volta avviato lo scandalo, hanno cercato di continuare a distruggerlo, ma è stato innanzitutto lui che ha distrutto sé stesso”.

Qual è stato il suo approccio registico?

Everett: “Per quel che riguarda i movimenti di macchina, volevo che il film fosse un mix tra Visconti e le riprese fatte con la telecamera a circuito chiuso. Volevo la ricchezza di un film, estremamente progettato, ma allo stesso tempo lo stile della camera a spalla, della ripresa naturalistica”.

Visconti, con Morte a Venezia è stato, quindi, un suo riferimento?

Everett: “Certo, ho pensato a Tadzio per tracciare il personaggio di Bosie. Considero Morte a Venezia uno dei miei film favoriti in assoluto, adoro Visconti. Il mio viaggio nel cinema italiano è cominciato con Zeffirelli, l’assistente di Visconti: a scuola abbiamo guardato Romeo e Giulietta e Fratello sole e sorella luna, certo più commerciali, ma che hanno l’intensità e l’estetica dettagliata dei film di Visconti. Il cinema italiano è stato molto importante […]. È molto più concentrato sul design e sui costumi di qualsiasi altra cinematografia. In questo film ho avuto importantissimi collaboratori, come Maurizio Millenotti e Gianni Casalnuovo ai costumi”.

In alcuni momenti del film c’è un’identificazione tra Wilde e il Cristo, è frutto di reminiscenze personali?

Everett: “Wilde ha flirtato molto con la Chiesa cattolica nella sua vita. […] Nessuno sa perché non sia fuggito per evitare la prigione, avrebbe potuto farlo. Penso che l’unica risposta sia che lui abbia visto nel carcere un’opportunità, come quella di Cristo: se ci fosse andato e si fosse sacrificato, avrebbe potuto in un certo senso rinascere. La sua idea di Cristo, come si legge nel De Profundis, è molto sorprendente e interessante […]. Anche io sono cresciuto nella Chiesa cattolica, quindi è qualcosa di molto importante anche per me”.

Quale messaggio ancora valido può dare oggi Wilde alle persone LGBT?

Everett: “La storia di quest’uomo, che viene distrutto solo per il fatto di essere omosessuale, è qualcosa con cui purtroppo ancora oggi ci si può identificare […].  Questo può accadere ancora oggi in Russia, Giamaica, India, Cina. Ma quel che è peggio è che succede in Gran Bretagna con l’avvento di Ukip, in Italia con la Lega. L’atteggiamento omofobo sta diventando sempre più diffuso, estremamente preoccupante e pericoloso. […] Dobbiamo continuare a vigilare e a essere attivi”.

The Happy Prince: il trailer italiano del film di e con Rupert Everett

The Happy Prince: il trailer italiano del film di e con Rupert Everett

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Vision Distribution ha diffuso il trailer di The Happy Prince – L’Ultimo ritratto di Oscar Wilde, diretto e interpretato da Rupert Everett. A completare il cast ci sono Colin Firth, Edwin Thomas, Colin Morgan, Emily Watson, Tom Wilkinson, Miranda Richardson, Beatrice Dalle e John Standing.

The Happy Prince è una produzione Palomar, Maxe Pictures, Entre Chien Et Loup, in co-produzione con Cine Plus Filmproduktion, Tele Munchen Gruppe, Proximus, RTBF, in associazione con BBC Films, Lions Gate UK, Movie Managment Corporation, Daryl Prince Production, Zielke, Strat & Go International e Raindog Films.

The Happy Prince sarà distribuito da Vision Distribution a partire dal 12 aprile.

Nella stanza di una modesta pensione di Parigi, Oscar Wilde (Rupert Everett) trascorre gli ultimi giorni della sua vita e come in un vivido sogno i ricordi del suo passato riaffiorano, trasportandolo in altre epoche e in altri luoghi.

Non era lui un tempo l’uomo più famoso di Londra? L’artista idolatrato da quella società che l’ha poi crocifisso?

Oggi Wilde ripensa con malinconia alle passioni che l’hanno travolto e con tenerezza al suo incessante bisogno di amare incondizionatamente.

Rivive la sua fatale relazione con Lord Alfred Douglas (Colin Morgan) e le sue fughe attraverso l’Europa, ma anche il grande rimorso nei confronti della moglie Constance (Emily Watson) per aver gettato lei e i loro figli nello scandalo per l’ingiusta condanna della sua omosessualità.

Ad accompagnarlo in questo ultimo viaggio solo l’amore e la dedizione di Robbie Ross (Edwin Thomas), che gli resta accanto fino alla fine nel vano tentativo di salvarlo da sè stesso e l’ affetto del suo più caro amico Reggie Turner (Colin Firth).

The Happy Prince è un inedito ritratto del lato più intimo di un genio che visse e morì per amore.

The Happy Prince: Hugh Dancy nel cast

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Dalla televisione al cinema, da Hannibal ad Oscar Wilde, questo il percorso di Hugh Dancy che è entrato ufficialmente a far parte del cast di The Happy Prince, pellicola scritta, interpretata e diretta da Rupert Everett che sancirà l’esordio dell’attore dietro la macchina da presa.

The Happy Prince non sarà un semplice adattamento cinematografico della vita dello scrittore irlandese, bensì avrà luogo in un periodo turbolento della sua esistenza. La pellicola, le cui atmosfere saranno rilassate, affronterà gli ultimi giorni di vita dello scrittore, analizzandoli con una leggera ironia, mostrandoci come sarà l’uomo stesso ad analizzare i propri fallimenti con un occhio abbastanza autoironico.

Nel cast insieme a Rupert Everett Hugh Dancy figurano anche Colin FirthEmily Watson e Tom Wilkinson. La produzione del film (in preparazione dal 2012) avrà luogo il prossimo ottobre e le riprese avranno luogo in Italia, Belgio, Francia ed in Inghilterra.

Fonte: Empire Online

The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde: recensione del film

The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde è una coproduzione tra Germania, Francia e Italia (Palomar) a dar vita, dopo dieci anni di gestazione, al primo film da regista di Rupert Everett, attore britannico di cinema e teatro legato a doppio filo alla figura di Oscar Wilde. Dopo aver preso parte a Un marito ideale e L’importanza di chiamarsi Earnest, tratti dalle omonime commedie wildiane, e dopo aver vestito i panni di Wilde in teatro per The Judas Kiss di David Hare, Everett realizza il sogno di dirigere un film tutto suo sulla figura dell’intellettuale e drammaturgo irlandese, senza rinunciare a interpretarlo nuovamente. The Happy Prince arriva in sala in Italia dal 12 aprile.

Tralasciando il processo, la condanna per omosessualità e il carcere, The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde racconta gli ultimi tre anni di vita di Wilde (Rupert Everett). Uscito di prigione, arriva in Italia e poi a Parigi, dove trascorre gli ultimi mesi  malato – otite e, forse, sifilide – in povertà. Ormai vicino alla fine dirà, con uno dei suoi proverbiali aforismi: “Sto morendo al di sopra delle mie possibilità”. Non rinuncia però ad essere affabulatore e intrattenitore, né a uno stile di vita libero e gaudente. Accanto a lui restano solo l’amico Reggie Turner (Colin Firth) e Robbie Ross (Edwin Thomas), che lo ama e lo aiuterà fino all’ultimo. Mentre Lord Alfred Douglas (Colin Morgan), amore da sempre tormentato di Wilde, dopo aver riavvicinato lo scrittore e condiviso con lui il soggiorno a Napoli, si allontanerà di nuovo. Lontani ormai anche i fasti di un tempo, Wilde rivede come in sogno brevi immagini della sua vita precedente: il successo, la tranquillità familiare con la moglie Constance (Emily Watson) e i figli, prima che lo scandalo e la condanna travolgessero tutto.

The Happy Prince – L'ultimo ritratto di Oscar WildRitraendo Wilde sfigurato dalla malattia e dagli stenti – il regista si sofferma sul volto, sottolineando ogni dettaglio –  derelitto e ramingo per le strade d’Europa, Everett lo mostra e al tempo stesso lo impersona da attore, come non lo si è mai visto. Punta a colpire lo spettatore, anche esasperando alcuni aspetti. La fascinazione romantica per l’artista bohémien coesiste così col suo opposto, un’estetica del brutto che dà il senso della degradazione, ben oltre la malinconica decadenza, ma rischia di portare lo spettatore a respingere questa figura più che ad amarla, proprio come fecero molti suoi contemporanei. A questo tipo di estetica si affiancano reminiscenze di quella viscontiana, in particolare di Morte a Venezia – il personaggio di Douglas, che ha il volto efebico di Colin Morgan,  è dichiaratamente ispirato a Tadzio.

Una scelta radicale dunque, da leggere nell’ottica della metafora che percorre tutto il film. Concentrandosi sulle conseguenze della gogna subita e sull’accanimento verso Wilde, non solo punito per la sua omosessualità, ma allontanato e umiliato, Everett crea un’evidente identificazione con il Cristo, sottolineata da eloquenti sequenze, e porta avanti così la sua battaglia di libertà contro l’omofobia. The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde, favola wildiana leitmotiv del lavoro, si fa allegoria della parabola esistenziale di Wilde stesso, che generosamente mette a disposizione degli altri ciò che ha – denaro, genio e bontà d’animo –  per essere poi disprezzato e il suo cuore spezzato, come quello del principe, gettato metaforicamente nell’immondizia. Al principe della favola il Paradiso, a Wilde la gloria immortale della sua opera.

The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde: Rupert Everett a Roma presenta il suo film sull’ultimo Oscar Wilde

Il regista, però, vuole mostrarci anche le conseguenze degli errori di un personaggio che a causa della fama aveva forse perso il contatto con la realtà.

Pur essendo un’opera sentita, il film resta però un mix di opposti che non trovano la giusta armonizzazione, con una performance attoriale di Everett spesso sopra le righe, estrema sia nel registro più veemente, che in quello più intimista e malinconico, che lascia tra l’altro poco spazio a comprimari di indiscusso livello come Colin Firth ed Emily Watson. Di fonte a ciò, lo spettatore facilmente prende le distanze, anziché immedesimarsi nella vicenda umana. Più che aggiungere qualcosa sulla figura di Wilde, sulla sua avventura di uomo e intellettuale, peraltro già efficacemente restituita da Wilde di Brian Gilbert (1997), il film è l’occasione per il regista di esprimersi contro l’omofobia e contro tutte le discriminazioni, riguardo al desiderio di essere amati e avere successo, e sui pericoli dell’ottenerlo.

The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde, trailer

The hanging sun: recensione del film con Alessandro Borghi

The hanging sun: recensione del film con Alessandro Borghi

Il compito di chiudere la 79ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia spetta a The hanging sun – Il sole di mezzanotte, opera prima del fotografo Francesco Carrozzini. Il film è una produzione italo-britannica ma è tratto dal thriller dello scrittore norvegese Jo Nesbø (Sole di mezzanotte). Questa commistione non può che aggiungere valore ad un film multiculturale e originale: un noir tenebroso che però si muove nella luce perenne dell’estremo nord.

The hanging sun è una produzione CattleyaGroenlandia e Sky Studios e uscirà nelle sale in esclusiva il 12, 13 e 14 settembre. Sarà poi disponibile in streaming su Sky e Nowtv.

The hanging sun: la trama

John (Alessandro Borghi) sceglie di abbandonare la vita criminale, l’unica a cui suo padre l’ha abituato, e ricominciare da capo. Nell’attesa dei documenti necessari, per sfuggire al padre e al fratello malavitosi, John si nasconde in un villaggio nell’estremo nord della Norvegia. Nella gelidità totale del luogo e dei personaggi, l’uomo viene accolto da Caleb, un ragazzino caloroso, e dalla madre Lea (Jessica Brown Findlay), una donna vittima di violenza che ha da poco perso il marito in mare. Tra sospetti, segreti inconfessabili e padri ingombranti, JohnLea si scoprono anime affini che cercano, coi propri mezzi, di farsi giustizia da sole.

Alessandro Borghi (Napoli velata, Suburra, Diavoli) torna a interpretare un personaggio tenebroso e antieroico, desideroso di redenzione. Ad affiancarlo c’è l’attrice britannica dal volto impavido Jessica Brown Findlay (Downtown Abbey).

Ambientazioni gelide per spiriti glaciali

The Hanging Sun è un film ombroso, nelle immagini come nei temi. Riprendendo fedelmente il romanzo di Nesbø, il lungometraggio è ambientato nel nord della Norvegia, in quelle zone contraddittorie in cui il sole, pur non scendendo mai oltre l’orizzonte, non riesce a dare calore. I colori freddi degli interni, i paesaggi boschivi, il mare scuro del nord, tutto trasmette il tono emotivo della storia: un thriller fatto di personaggi pragmatici e bigotti. Questo vale solo per chi sta sullo sfondo: i protagonisti del film sono invece profondi, introspettivi, tentano di distaccarsi dal contesto. Nonostante tutto però, John, Lea e Caleb sono influenzati dal mondo attorno a loro: conoscono solo la realtà in cui sono cresciuti e faticano a prenderne le distanze.

Il tema del conflitto

Un tema essenziale del film è la conflittualità, prima tra tutte quella tra padri e figli. C’è un conflitto di intenti tra John e il padre, se così può essere definito, ma anche il genitore di Lea è una figura ingombrante. L’uomo è il pastore del villaggio che, a suon di colpe e divieti, detta leggi spirituali agli abitanti. Entrambe le figure paterne si sentono in diritto di manipolare la vita dei figli e di scegliere al posto loro. Entrambi i padri sono accecati dalla fede (in Dio come nella criminalità) e nessuno dei due agisce pensando al bene dei figli.

La speranza muove l’azione

The Hanging Sun - Sole di mezzanotteIn generale, il film non è troppo opprimente. La produzione italo-britannica, mescolata alla storia nordica di base e al cast multiculturale, rendono The hanging sun un film bilanciato. Il dramma  è moderato dall’azione e la tossicità dei rapporti è contrapposta alla speranza di un futuro migliore.

Man mano che il film procede, la speranza s’insinua prepotentemente nell’azione. Prendendo le distanze dai padri, John Lea cercano di farsi giustizia da soli. I due personaggi rappresentano il punto di rottura tra l’ordine del passato e quello del presente: da un lato sono figli oppressi dai padri, dall’altro sono figure genitoriali nei confronti del piccolo Caleb. Con The hanging sun, vengono infatti esplorati i pensieri e le preoccupazioni tipiche dei giovani adulti che si trovano ad affrontare il passaggio dalla figura di figlio a quella di genitore. In questa fase, l’uomo percepisce sia l’eredità, in tutti i sensi, lasciata da chi l’ha cresciuto, sia la possibilità di essere genitori migliori.

The hanging sun non è solo thriller

Seppur in termini estremi, il lungometraggio parla quindi di un archetipo essenziale per l’uomo. L’originalità di The hanging sun sta proprio nel modo spettacolare in cui affronta temi comuni: conflitti ordinari ma portati all’estremo. Per questo motivo, il film è più che un thriller: è anche un percorso introspettivo, ma soprattutto, è una storia d’amore. Il romanticismo in The hanging sun è sottile e accennato, ma addolcisce una storia di per sé molto dura. Il risultato è un film sorprendente e davvero godibile.

The Hanging Sun: prime foto dal set del film Sky Original

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The Hanging Sun: prime foto dal set del film Sky Original

Sono in corso in Norvegia, tra Alesund e Fosnavag, le riprese del nuovo film Sky OriginalThe Hanging Sun, una coproduzione italo-britannica targata Sky, Cattleya e Groenlandia.

Diretto da Francesco Carrozzini e sceneggiato da Stefano Bises, il film è un thriller noir tratto dal romanzo “Sole di mezzanotte” di Jo Nesbø. La fotografia è di Nicolaj Bruel (Dogman, Pinocchio).

Nel cast, assieme ai già annunciati Alessandro Borghi (Sulla mia pelle, Diavoli, Il Primo Re, Suburra) nel ruolo di John, il protagonista, Jessica Brown Findlay (Brave New World, Harlots, Hamlet) nel ruolo di Lea e Sam Spruell (Small Axe: MangroveOutlaw King – Il re fuorileggeBiancaneve e il cacciatore) nei panni dei due gemelli Aaron e Nicolas, vengono annunciati oggi Fred Schmidt (Attacco al Potere 3, Brimstone, Mission: Impossible – Falloutnel ruolo di Michael, il fratello di John e il piccolo Raphael Vicas (Grantchester), nel ruolo di Caleb, figlio di Lea.  Con loro Peter Mullan (Riff-Raff – Meglio Perderli che Trovarli, Braveheart- Cuore Impavido, My Name is Joe) nei panni di Dad, il padre di John e Charles Dance (Mank, Godsford Park, Il Trono di Spade, The Imitation Game, The Crown) che interpreta Jacob, padre di Lea.

The Hanging Sun è un thriller noir ambientato tra le atmosfere rarefatte dell’estate norvegese dove il sole non tramonta mai, la vita e la morte si intrecciano, presente e passato si sovrappongono.

John (Alessandro Borghi) è in fuga. Ha tradito un potente boss criminale. Suo padre Dad (Peter Mullan). Per mettersi al riparo da lui e da suo fratello (Fred Schmidt), John punta verso l’estremo Nord, e trova riparo nel fitto della foresta, vicina a un villaggio isolato dell’estremo Nord, dove domina la religione, il sole non tramonta mai e le persone sembrano appartenere a un’altra epoca. Tra lui e il suo destino ci sono solo Lea (Jessica Brown Findlay), una donna in difficoltà ma dalla grande forza, e suo figlio Caleb (Raphael Vicas) un bambino curioso e dal cuore puro. Mentre il sole di mezzanotte confonde realtà e immaginazione, John dovrà affrontare il tragico passato che lo tormenta. Anche Lea ha i suoi demoni: la morte in mare del suo violento marito Aaron (Sam Spruell), e il sospetto da parte del villaggio che potrebbe essere stata lei a provocare quell’incidente.

The Hanging Sun arriverà prossimamente al cinema e poi disponibile in prima assoluta su Sky e NOW in Italia, Regno Unito, Irlanda, Germania e Austria. Il distributore internazionale del film è NBCUniversal Global Distribution per conto di Sky Studios.

The Hanging Sun: il nuovo film Sky Original tratto dal romanzo di Jo Nesbø

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Sky annuncia un nuovo film Sky Original, The Hanging Sun, un progetto internazionale prodotto da Sky con Cattleya e Groenlandia. La regia è di Francesco Carrozzini (Franca: Chaos and Creation, 1937, Wierszalin), regista nominato agli Emmy e fotografo di fama internazionale. Scritto da Stefano Bises (Gomorra, The New Pope), il film è tratto dal romanzo “Sole di mezzanotte” di Jo Nesbø. Le riprese della coproduzione italo-britannica inizieranno a settembre in Norvegia, tra Oslo e Alesund. La fotografia è di Nicolaj Bruel (Dogman, Pinocchio).

Nel cast Alessandro Borghi (Sulla mia pelle, Diavoli, Il Primo Re, Suburra)Jessica Brown Findlay (Brave New World, Harlots, Hamlet), Sam Spruell (Small Axe: Mangrove, Outlaw King – Il re fuorilegge, Biancaneve e il cacciatore).

The Hanging Sun è un thriller noir ambientato tra le atmosfere rarefatte dell’estate norvegese dove il sole non tramonta mai, la vita e la morte si intrecciano, presente e passato si sovrappongono.

The Hanging Sun, la trama

John (Alessandro Borghi) è in fuga. Trova riparo nel fitto della foresta, vicina a un villaggio isolato dell’estremo Nord, dove domina la religione, il sole non tramonta mai e le persone sembrano appartenere a un’altra epoca. Tra lui e il suo destino ci sono solo Lea (Jessica Brown Findlay), una donna in difficoltà ma dalla grande forza, e suo figlio Caleb, un bambino curioso e dal cuore puro. Mentre il sole di mezzanotte confonde realtà e immaginazione, John dovrà affrontare il tragico passato che lo tormenta.

Il regista Francesco Carrozzini ha dichiarato: “Il mio primo film è un sogno che si avvera. Il viaggio per arrivarci è stato lungo, ma sono stato accompagnato da un meraviglioso gruppo di creativi che amano il cinema quanto lo amo io”.

Antonella d’Errico, Executive Vice President Programming Sky Italia ha dichiarato “Siamo felici di annunciare The Hanging Sun, un film Sky Original internazionale.  È un progetto in cui convivono tutti quegli elementi che  definiscono la qualità e l’originalità delle nostre produzioni: la matrice letteraria di Jo Nesbø, uno tra gli autori contemporanei più apprezzati al mondo, una storia di grande presa capace di parlare a un pubblico globale, la sinergia con partner consolidati come Cattleya e Groenlandia, il talento brillante e creativo di Francesco Carrozzini, di Stefano Bises, e un cast eccellente, in cui siamo particolarmente felici di ritrovare un interprete straordinario come Alessandro Borghi. Un nuovo racconto targato Sky nel segno dell’originalità e dell’eccellenza”. 

Riccardo Tozzi, Fondatore e Co-CEO di Cattleya, ha commentato: “The Hanging Sun è un progetto in cui crediamo moltissimo. Uno Sky Original internazionale, tratto dal romanzo noir di un autore del calibro di Jo Nesbø, che segna l’esordio al cinema di un giovane regista appassionato e dalla grande sensibilità estetica. È un film di genere ma, come piace a noi, parla di qualcosa che riguarda tutti: la paternità, e specificamente la paternità sbagliata. Grazie a queste premesse e al dialogo sempre aperto e creativo con i team di Groenlandia e Sky, crediamo di poter proporre al pubblico una storia intrigante e di grande valore produttivo.”

Matteo Rovere, CEO di Groenlandia ha dichiarato: “The Hanging Sun è un progetto che ci ha entusiasmato da subito, e rappresenta tutto ciò che ci piace fare con Groenlandia: una storia di genere con una componente autoriale forte, sostenuta da una grande produzione internazionale tratta dal bestseller di uno scrittore formidabile, e caratterizzata da sentimenti forti e profondamente umani. Avremo un cast unico, con un’equipe europea di grandissimi talenti, guidati da un regista visionario, che speriamo possa parlare agli spettatori di tutto il mondo. In più, la sinergia ormai consolidata tra Sky, Cattleya e Groenlandia è ulteriore motivo di soddisfazione, e ci dà la sicurezza di poter portare al pubblico un film capace di intrattenere, emozionare e affrontare argomenti molto vicini al sentire contemporaneo”.

The Hanging Sun arriverà prossimamente al cinema e poi disponibile in prima assoluta su Sky e NOW. Il distributore internazionale del film è NBCUniversal Global Distribution per conto di Sky Studios.

 

The Hanging Sun – Sole di mezzanotte sarà il Film di chiusura di Venezia79

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The Hanging Sun – Sole di mezzanotte, film diretto da Francesco Carrozzini, sarà il Film di chiusura, Fuori Concorso, della 79ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Tratto dal romanzo “Sole di mezzanotte” di Jo Nesbø, è un thriller noir ambientato tra le atmosfere rarefatte dell’estate norvegese, dove il sole non tramonta mai.  Scritto da Stefano Bises, è interpretato da Alessandro Borghi, Jessica Brown Findlay, Sam Spruell, Frederick Schmidt, Raphael Vicas, con Peter Mullan e Charles Dance.  La fotografia è di Nicolaj Bruel (DFF).

The Hanging Sun – Sole di mezzanotte  – targato Sky Original – è una coproduzione italo-britannica, prodotta da Cattleya – parte di ITV Studios -, Groenlandia e Sky. Il distributore internazionale è NBCUniversal Global Distribution per conto di Sky Studios. Il distributore cinematografico italiano è Vision Distribution.

La trama di The Hanging Sun – Sole di mezzanotte

John (Alessandro Borghi) è in fuga. Trova riparo nel fitto della foresta, vicina a un villaggio isolato dell’estremo Nord, dove domina la religione, il sole non tramonta mai e le persone sembrano appartenere a un’altra epoca. Tra lui e il suo destino ci sono solo Lea (Jessica Brown Findlay), una donna in difficoltà ma dalla grande forza, e suo figlio Caleb, un bambino curioso e dal cuore puro. Mentre il sole di mezzanotte confonde realtà e immaginazione, John dovrà affrontare il tragico passato che lo tormenta.

The Hanging Sun – Sole di mezzanotte un film Sky Original prodotto da Cattleya – parte di ITV Studios -, Groenlandia e Sky. Dal 12 settembre al cinema e prossimamente disponibile in esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW.

 

The Handmaid’s Tale – Stagione 6: teaser trailer della sesta stagione svela l’esercito di ancelle di June e la ribellione di Gilead

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È stato presentato il trailer ufficiale della sesta stagione di The Handmaid’s Tale. Basata sul romanzo distopico di Margaret Atwood, la serie di successo di Hulu è stata un dramma avvincente e politico fin dal suo debutto nel 2017. The Handmaid’s Tale – Stagione 6 segue June (Elisabeth Moss) mentre resiste all’oppressivo regime di Gilead, una società totalitaria del prossimo futuro che schiavizza le donne come ancelle partorienti. In cinque stagioni, la serie ha ricevuto 15 Emmy Awards. Per il suo capitolo finale, la sesta stagione di The Handmaid’s Tale è prevista per l’8 aprile.

Ora, Hulu ha rilasciato un nuovo trailer di The Handmaid’s Tale – Stagione 6, che mostra June che prepara il suo esercito di ancelle per la guerra contro Gilead. A un certo punto, June dichiara: “Il vestito è diventato la nostra uniforme. E siamo diventate un esercito”, mentre le vittime velate del regime diventano la sua più grande minaccia. Insieme agli scorci di Moira (Samira Wiley), Luke (O-T Fagbenle) e Nick (Max Minghella), il trailer anticipa la resa dei conti quando la lotta per la libertà raggiunge il suo apice. Guardate il video qui sotto:

Cosa significa il trailer della sesta stagione di The Handmaid’s Tale

Con l’esercito di ancelle di June che sta formando una vera e propria ribellione, il capitolo finale di The Handmaid’s Tale è impostato su una guerra che va oltre i loro piccoli atti di sfida. Dopo un culmine di sofferenza e pianificazione, June e i suoi alleati sembrano pronti a portare la loro lotta direttamente alla leadership di Gilead. Il finale della quinta stagione di Handmaid’s Tale ha portato June e Serena (Yvonne Strahovski) insieme sullo stesso treno in partenza da Toronto, suggerendo l’inizio di un’improbabile alleanza.

15 anni dopo gli eventi dello show originale, il seguito della serie dovrebbe concentrarsi su un altro gruppo di donne di Gilead, con Ann Dowd che riprenderà il suo ruolo di zia Lydia. Aggiornamenti significativi su The Testaments potrebbero arrivare solo dopo la conclusione della sesta stagione, rendendo il 2026 un anno importante per il futuro dell’universo di The Handmaid’s Tale.

The Handmaid’s Tale – Stagione 6: il final trailer della serie!

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The Handmaid’s Tale – Stagione 6: il final trailer della serie!

Hulu ha rilasciato il trailer definitivo della sesta e ultima stagione di The Handmaid’s Tale, che anticipa ciò che June Osborne (Elisabeth Moss) deve ancora affrontare prima che le luci si spengano su questo dramma distopico. La stagione debutterà l’8 aprile con i primi tre episodi. La serie ha ormai adeguatamente preparato gli spettatori a una rivoluzione e in questa stagione essa non è più una promessa, ma una realtà.

Nel trailer, June è in giro con Luke (O-T Fagbenle) in direzione di Gilead, il che porta a molte domande. Come e dove si sono riuniti dopo che June e sua figlia sono partite su un treno dal Canada mentre la polizia arrestava Luke? June è visibilmente combattuta tra i due amori della sua vita: Luke e Nick (Max Minghella), il quale continua a rischiare tutto per salvarla, a prescindere dalle conseguenze.

Poi c’è la grande rivelazione: Serena (Yvonne Strahovski) non solo ha ritrovato la strada per Gilead, ma sta anche percorrendo la navata di una chiesa indossando un abito azzurro, mentre le ancelle la circondano. Chi è il suo sposo? Più avanti nel trailer, si scopre che è il nuovo personaggio di Josh Charles quando porta la sua nuova sposa oltre la soglia della loro nuova casa. Ad ogni modo, una volta scoppiata la guerra, le ancelle si dimostreranno armate e disposte a uccidere chiunque ostacoli la loro libertà.

Quello che sappiamo su The Handmaid’s Tale – Stagione 6

Hulu ha fissato la data della première della sesta e ultima stagione di The Handmaid’s Tale per l’8 aprile, con i primi tre episodi. I successivi seguiranno ogni martedì fino al finale del 27 maggio.

Nella stagione finale, lo spirito inflessibile e la determinazione di June (Elisabeth Moss) la riportano nella lotta per distruggere Gilead. Luke e Moira si uniscono alla resistenza. Serena cerca di riformare Gilead, mentre il Comandante Lawrence e la zia Lydia fanno i conti con ciò che hanno provocato e Nick affronta una difficile prova di carattere. Questo capitolo finale del viaggio di June sottolinea l’importanza della speranza, del coraggio, della solidarietà e della resilienza nella ricerca della giustizia e della libertà.

La sesta stagione è interpretata da Elisabeth MossYvonne StrahovskiBradley Whitford, Max Minghella, Ann Dowd, O.T. Fagbenle, Samira Wiley, Madeline Brewer, Amanda Brugel, Sam Jaeger, Ever Carradine e Josh Charles.

La serie è prodotta da MGM Television. La sesta stagione è prodotta da Bruce Miller, Warren Littlefield, Eric Tuchman, Yahlin Chang, Elisabeth Moss, Sheila Hockin, John Weber, Frank Siracusa, Steve Stark, Kim Todd, Daniel Wilson e Fran Sears. La serie è distribuita a livello internazionale da Amazon MGM Studios Distribution.

The Handmaid’s Tale, la spiegazione del finale della serie: “Il mio nome è Offred”

La serie The Handmaid’s Tale di Hulu è giunta al termine, ed ecco tutto quello che succede nel finale, spiegato. Tutte e sei le stagioni di The Handmaid’s Tale hanno portato a questo momento, con il finale che ha molte trame da concludere. L’episodio non solo doveva fornire una conclusione soddisfacente per l’arco narrativo del personaggio di June, ma doveva anche offrire un senso di definitività senza abbattere Gilead e preparando al contempo il terreno per The Testaments. Fortunatamente, il finale riesce nell’intento, con molti momenti che richiedono qualche spiegazione.

The Handmaid’s Tale, stagione 6, episodio 9, ha avuto un finale scioccante, con Mayday che è riuscita a far esplodere un aereo pieno di Comandanti. L’aereo trasportava Nick, Wharton e Lawrence, il che significa che l’attacco ha spazzato via la maggior parte dei leader di Boston. Come spiega June all’inizio del finale, questo attacco ha permesso agli Stati Uniti di riconquistare Boston, estendendo il territorio degli Stati Uniti. Tuttavia, il caos dell’attacco ha lasciato tutti dispersi, con il finale che segue June e Mayday mentre cercano le persone scomparse e si preparano per il futuro.

Perché The Handmaid’s Tale finisce con June che registra la sua storia e come questo si collega al primo episodio

La scena finale di The Handmaid’s Tale ci riporta all’inizio, con June che torna a casa dei Waterford. Sale al piano di sopra e vede la sua camera da letto, così come la scritta sul muro che ha dato inizio al viaggio di June: “Nolite te bastardes carborundorum.” Vede anche delle visioni di Hannah, che le ricordano per chi sta combattendo. Dopo aver sistemato la stanza, June inizia a registrare la sua storia, presumibilmente scrivendo la sua versione del romanzo The Handmaid’s Tale.

Il ritorno alla prigione del primo episodio permette agli spettatori di vedere quanto June abbia fatto strada, essendo ora una veterana esperta nella lotta contro Gilead piuttosto che una docile Ancella. Tuttavia, permette anche agli spettatori di vedere quanto poco sia stato fatto. Dopo sei stagioni di combattimenti, gli Stati Uniti hanno appena conquistato Boston, che rappresenta l’unico vero guadagno territoriale ottenuto nel corso della serie. Se gli Stati Uniti vogliono riconquistare tutto il Gilead, ci vorrà molto tempo, e June sta registrando il suo viaggio per documentare questa guerra.

Perché June non ha potuto ricongiungersi con Hannah nel finale della serie

june The Handmaid's Tale

Purtroppo, June non è riuscita a trovare Hannah nel finale della serie The Handmaid’s Tale per due motivi. Il motivo narrativo è che Hannah è intrappolata in una zona di Gilead troppo lontana per essere raggiunta dagli Stati Uniti. June inizialmente crede che Hannah si trovi in Colorado e, sebbene durante l’episodio scopra che si è avvicinata di 2.000 miglia, è ancora troppo lontana. Il motivo reale è che Hulu sta realizzando una serie sequel intitolata The Testaments. Nel romanzo di Margaret Atwood, Hannah è ancora a Gilead a questo punto, il che significa che deve rimanere lì durante il finale.

Yahlin Chang, uno degli showrunner di The Handmaid’s Tale, ha discusso delle difficoltà di questa scelta in un’intervista con LA Times. Ha spiegato che avevano “le mani legate per quanto riguarda il salvataggio di Hannah da parte di June. Tuttavia, Chang e il co-showrunner Eric Tuchman ritenevano che “l’idea che lei raccontasse la storia a Hannah fosse semplicemente troppo emozionante”, spiegando perché la serie è finita in questo modo. Anche se June non è riuscita a ricongiungersi con Hannah, è in grado di aiutarla raccontandole la sua storia, cosa che potrebbe ripagarla in The Testaments. Ecco il commento completo di Chang:

Inizialmente, Bruce l’aveva immaginata come la penultima scena, ma è diventata la scena finale perché mi è sembrato chiaro, almeno nella mia testa, che June stava raccontando la storia a Hannah e per Hannah, e che tutta la serie che abbiamo visto era in realtà la sua storia raccontata a Hannah. Dato che purtroppo avevamo le mani legate e non potevamo riunire June e Hannah a causa di “The Testaments”, cosa che ci ha creato molte difficoltà – almeno a me, parlando per me stesso – non poter dare al pubblico ciò che voleva o ciò che volevo io, l’idea che lei raccontasse la storia a Hannah era semplicemente troppo coinvolgente dal punto di vista emotivo. Non credo che Bruce fosse così preoccupato di non vedere Hannah. C’è tutto un sequel incentrato su Hannah. E anche Lizzie ha avuto un ruolo importante in questo; ha influenzato la scrittura di questa scena tra June e Holly [la madre di June, interpretata da Cherry Jones], che si è evoluta in una scena in cui Holly dice: “Questa storia è per le persone che hanno perso, che non hanno riavuto i loro figli; questa è per loro”.

Perché June perdona Serena Joy e il parallelo tra loro

The Handmaid's Tale - Stagione 6 episodio 9

Serena Joy è una delle principali antagoniste delle prime stagioni di The Handmaid’s Tale, motivo per cui è così sorprendente che June la perdoni nell’episodio finale. Mentre Serena Joy e suo figlio salgono su un autobus diretto a un campo profughi, Serena chiede scusa a June per tutto quello che le ha fatto mentre era a Gilead. June dice che perdona Serena, un gesto significativo considerando gli orrori che Serena le ha fatto subire. Tuttavia, questo dimostra che June riconosce che i sistemi oppressivi possono trasformare persone altrimenti buone in mostri, e che Serena potrebbe non essere stata così se non fosse stato per Fred Waterford e Gilead.

In un ironico colpo di scena, il finale di Serena Joy in The Handmaid’s Tale è parallelo all’inizio di June. Nel campo profughi, Serena non ha quasi nulla. Dorme su una branda con pochissimi effetti personali, lontana anni luce dalla sua vita da moglie dell’Alto Comandante di Gilead. Un operatore del campo profughi dice addirittura a Serena che suo figlio non può restare lì, minacciando il suo rapporto con Noah. Serena Joy si trova in una brutta situazione, ma grazie al suo percorso di redenzione, è una persona molto migliore.

Il ritorno di Emily in The Handmaid’s Tale, stagione 6, episodio 10

emily The Handmaid's Tale

Il momento più scioccante del finale di The Handmaid’s Tale è il ritorno di Emily, interpretata da Alexis Bledel. Nell’episodio, Emily trova June mentre vaga per le strade della Boston appena liberata. June è estasiata, ed Emily le spiega che ha passato gli ultimi anni a lottare dall’interno. Sebbene fosse riuscita a mantenere i contatti con suo figlio e sua moglie, Emily era sotto copertura come Martha e lavorava con un comandante che simpatizzava per la causa. Sebbene questa storia non sia stata raccontata sullo schermo, finalmente spiega dove è stata in tutti questi anni.

Alexis Bledel ha lasciato The Handmaid’s Tale dopo la quarta stagione, risultando completamente assente dalla quinta stagione nonostante fosse una delle protagoniste delle stagioni precedenti. La scelta di lasciare la serie è stata di Bledel, che ha deciso di allontanarsi completamente da Hollywood per alcuni anni. Emily era fuggita in Canada nella terza stagione e, mentre era ancora lì nella quarta, nella quinta stagione hanno dovuto trovare un modo per eliminarla dalla serie. Quindi, è stato spiegato che Emily era tornata a Gilead, ed è appena ricomparsa.

Perché Luke e June si separano e si riuniranno?

jordana-blake hannah in june The Handmaid's Tale - Stagione 6

Si rivedranno

Il triangolo amoroso tra June, Luke e Nick sembrava essersi risolto nella sesta stagione di The Handmaid’s Tale, nell’episodio 9, quando June ha permesso a Nick di morire. Tuttavia, questa supposizione era errata. June e Luke hanno una conversazione emotiva nel finale della serie, in cui spiegano che la loro lotta contro Gilead li ha semplicemente allontanati. La loro passione per la distruzione di Gilead ha superato il loro amore reciproco, e sanno che non potranno avere una relazione normale fino al ritorno di Hannah.

Tuttavia, entrambi i personaggi riconoscono che si rivedranno quando arriveranno lì. Sembra che si aspettino di stare di nuovo insieme un giorno, forse dopo gli eventi di The Testaments. Potrebbe volerci un po’ di tempo, ma il finale non è sicuramente l’ultima volta che June e Luke si vedranno.

L’importanza del ricongiungimento di Janine con sua figlia

Nel finale, zia Lydia porta Janine al confine e la consegna agli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la vedova del comandante Lawrence arriva con loro e consegna anche la figlia di Janine. Trovare sua figlia è stato l’obiettivo principale di Janine nelle ultime stagioni e, anche se June non si è ricongiunta con sua figlia, è bello vedere almeno un personaggio di The Handmaid’s Tale vincere. Questo fa anche capire che zia Lydia sta lavorando a pieno regime per gli Stati Uniti e Mayday, portando avanti la sua storia in The Testaments.

Come il finale di The Handmaid’s Tale si confronta con il libro

L’adattamento di Hulu va molto oltre il romanzo originale di Margaret Atwood, con la maggior parte del materiale originale trattato nella prima stagione della serie. Pertanto, le due versioni di The Handmaid’s Tale hanno un finale incredibilmente diverso, con il libro che termina quando June viene portata via dagli Occhi, senza sapere se è stata arrestata o se Nick la sta aiutando a fuggire. Tuttavia, il libro contiene anche una scena in un futuro lontano in cui uno storico rivela che June ha registrato la sua storia su una serie di audiocassette, parallelamente alla registrazione della storia da parte di June alla fine della serie.

Cosa succede dopo The Handmaid’s Tale

C’è ancora molto da raccontare nel mondo di The Handmaid’s Tale, con la serie sequel The Testaments che non avrà luogo fino a oltre un decennio dopo. Gli Stati Uniti continuano a combattere Gilead durante questi anni. Purtroppo, non riescono a sconfiggere Gilead e la battaglia continua fino all’età adulta di Hannah. Hannah dimentica il suo passato come figlia di June, mantiene il nome Agnes e diventa una zia. Continua la sua vita a Gilead fino a quando incontra la sua sorellastra, Nicole.

Nicole cresce sotto la cura dei genitori adottivi, il che significa che June e Holly l’hanno abbandonata ad un certo punto. Diventa un’attivista contro Gilead, anche se da piccola ha cambiato il suo nome in Daisy, quindi non sa di essere la famosa Baby Nicole che è stata portata fuori da Gilead. Nel frattempo, zia Lydia è diventata una talpa per Mayday e continua a far uscire informazioni da Gilead. Scrive anche un manifesto contro Gilead, che diventa incredibilmente popolare nel Paese.

Il vero significato del finale di The Handmaid’s Tale

Il finale di The Handmaid’s Tale non vede June vincere, ma le fa capire l’importanza di lottare per coloro che devono ancora nascere. Emily lo fa notare a June, spiegandole che lei combatte per proteggere Oliver e le bambine in Canada. Tuello sottolinea questo punto, spiegando che lui combatte contro Gilead affinché suo figlio non debba farlo. Questo permette a June di capire che deve continuare a lottare per Nicole e Hannah, nella speranza che un giorno il mondo sia un posto migliore per loro.

Il tema drammatico centrale del finale di The Handmaid’s Tale è che la battaglia contro il fascismo e l’oppressione non potrà mai essere vinta definitivamente. Dobbiamo invece combatterla costantemente, tenendola sotto controllo affinché non riesca a strappare il potere dove può.

Anche se tutto Gilead venisse riconquistato, ci sarebbero ancora fascisti che portano avanti l’ideologia di Gilead, e contro di loro bisognerebbe continuare a combattere. Perché, come spiega June in The Handmaid’s Tale, “Combattere potrebbe non darci tutto, ma non abbiamo scelta, perché è proprio il non combattere che ci ha portato a Gilead. E Gilead non ha bisogno di essere sconfitto, ha bisogno di essere distrutto.”

The Handmaid’s Tale 6 aggiunge la star di The Good Place agli episodi finali

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Una star di The Good Place è stata ufficialmente scritturata per la sesta stagione di The Handmaid’s TaleThe Handmaid’s Tale, basato sull’omonimo romanzo di Margaret Atwood, si svolge in una società totalitaria governata da un regime fondamentalista e segue Offred, alias June Osbourne, una delle donne fertili rimaste costrette alla servitù, mentre lotta per sopravvivere e ritrovare la figlia che le è stata tolta. La prima parte della sesta stagione di The Handmaid’s Tale è prevista per l’8 aprile 2025, mentre il finale andrà in onda il 27 maggio.

La Carden, nota per i suoi ruoli in The Good Place e Nobody Wants This, apparirà come guest-star nei prossimi episodi.

Cosa significa questo per la stagione finale di The Handmaid’s Tale

Al contrario, Carden potrebbe semplicemente espandere i suoi orizzonti avventurandosi in un ruolo diverso. In ogni caso, la partecipazione di Carden, insieme a Elisabeth Moss e ad altri personaggi fissi della serie, potrebbe offrire qualcosa di nuovo allo show, pur mantenendo il dramma che ha caratterizzato le stagioni precedenti.

Con l’ultimo episodio dello show in onda nel 2022, la sesta stagione continuerà a esplorare i temi del potere, del controllo e della resistenza, con il ruolo di Carden che contribuirà alla lotta in corso per la liberazione. Sebbene non siano ancora stati rivelati dettagli specifici sulla trama, la sua partecipazione a The Handmaid’s Tale suggerisce l’introduzione di nuovi personaggi che potrebbero sfidare o aiutare June e i suoi alleati.