Winona Ryder – La
teenager alienata, la classica “ragazza della porta accanto”, e
infine la donna fragile, tormentata, soggetta a continue crisi
depressive, attacchi di panico e, non ultimo, manie cleptomani.
Sono molte le immagini che hanno
accompagnato la vita e la carriera di Winona Ryder, oggi di
nuovo sotto i riflettori grazie al suo prossimo doppiaggio nel
remake animato del celebre
Frankenweenie di
Tim Burton, in cui presterà la voce a Elsa Van
Helsing.
Winona Laura
Horowitz nasce il 29 ottobre del 1971 in una piccola città
del Minnesota, da cui prende il nome. Il padre, Michael Horowitz, è
un russo di origine ebraica, ateo, mentre la madre Cynthia Istas ha
origini romene e professa la religione buddista. Con la famiglia e
il fratellino Yuri, la piccola Winona Ryder si
sposta da uno stato all’altro a bordo dell’autobus psichedelico
ribattezzato “Veronica” dai genitori, entrambi hippies e attivisti
politici vicini alla beat generation.
A causa della sua abitudine di
indossare abiti maschili, vive un’infanzia difficile alla Petaluma
Kenilwoth Jr. High School, la scuola californiana che frequenta:
costantemente presa di mira dagli altri studenti, all’età di 12
anni sarà brutalmente picchiata da due coetanei che la scambiano
per un ragazzo dai modi effeminati. L’episodio la porterà a
lasciare la scuola e a terminare gli studi privatamente.
Winona Ryder: vizi e virtù di
un’attrice tormentata
Ma nel frattempo la giovane
Winona Ryder ha già maturato l’amore per il cinema
e il desiderio di diventare attrice, ispirata dalle proiezioni che
gli Horowitz erano soliti organizzare nel loro fienile. I genitori
non perdono tempo e assecondano la verve artistica della figlia,
iscrivendola nel 1983 all’American Conservatory Theatre di San
Francisco.
È qui che viene notata dalla famosa
agente Deborah Lucchesi, grazie alla quale Winona
Ryder otterrà il suo primo ruolo cinematografico nella
commedia di David Seltzer “Lucas” (1986), accanto a
Charlie Sheen. In questa circostanza, decide di cambiare il
suo cognome adottando lo pseudonimo di Ryder, in omaggio al
cantante rock Mitch Ryder, molto amato dal padre.
Passeranno solo due anni prima che
Winona Ryder venga chiamata dal cineasta più
controverso di Hollywood, l’allora esordiente
Tim Burton, il quale nel 1988 la sceglie per il suo
Beetlejuice – Spiritello Porcello, affidandole il
ruolo della ragazzina gotica e depressa Lydia Deetz, che trova
conforto nel parlare con una novella coppia di sposi appena passati
a miglior vita. Un’interpretazione che, insieme al successivo
Schegge di follia di Michael Lehman, farà
parlare del lato dark e ribelle della giovane e talentuosa
attrice.
La collaborazione con Burton
riprenderà nel 1990, quando vestirà i panni della dolce e
biondissima Kim nella favola noir Edward Mani di
Forbice. Qui la 19enne originaria del Minnesota (che per
l’occasione vinse il premio “miglior attrice straniera” al Jordi
Awards 1992), offrì il commovente ritratto di una teenager che,
unica all’interno della gretta società in cui vive, saprà accettare
e persino amare lo strano quanto gentile Edward.
Un ruolo fortunato per
Winona Ryder, a giudicare dalla love-story
nata sul set con l’affascinante protagonista
Johnny Deep e, ovviamente, dal successo di botteghino e
di critica che il film si portò (meritatamente) a casa. Intanto
l’attenzione dei media nei suoi confronti continua a crescere, in
parte per la relazione con Deep, in parte per le doti attoriali
dell’attrice, ancora una volta messe in luce da
Sirene (1990), il film di Richard Benjamin che
le valse la nomination al Golden Globe 1991 come miglior attrice
non protagonista.
Ma se la carriera
della graziosa brunetta inizia a decollare proprio in questi anni,
lo stesso non si può dire per la sua vita personale: prova ne è la
rinuncia al ruolo di Mary Corleone ne Il Padrino – parte
III, causa una fortissima influenza probabilmente dovuta
allo stress lavorativo e alle crisi depressive cui la Ryder inizia
ad essere soggetta. Poco male – Francis Ford Coppola la
richiamerà per il suo
Dracula di Bram Stoker nel 1992, consacrandola
così come nuova diva dello schermo americano.
Nel 1993 la Ryder vedrà realizzarsi
un suo grande sogno, scelta dal suo regista prediletto
Martin Scorsese per recitare ne L’età
dell’innocenza (per il quale fu nominata agli Oscar 1994)
insieme a star del calibro di Michelle Pfeifffer e
Daniel Day-Lewis. Purtroppo, a tanto successo nel campo
cinematografico corrisposero i primi fallimenti sentimentali: dopo
4 anni il suo fidanzamento con Johnny Deep giunge al
termine, e gli attacchi d’ansia – misti ad insonnia – inizieranno
ad essere sempre più frequenti, tamponati con alcool e farmaci
(nonché dalle telefonate notturne con il collega e amico Al
Pacino).
La situazione si ristabilisce un
anno dopo, quando la Ryder conosce il musicista grunge Dave
Pirner, leader della band Soul Asylum, con cui intrattenne una
relazione sino al 1997. In quegli anni spingerà il regista
Gillian Armstrong a dirigere il remake di Piccole
Donne (1994), che l’attrice dedicherà alla piccola Polly
Klaas, sua compaesana rapita e brutalmente uccisa da un
maniaco.
Qui la Ryder interpreta – e lo fa
magistralmente – Jo, il maschiaccio di casa March con una passione
sfrenata per la lettura e il desiderio di diventare, un giorno, una
scrittrice famosa. Con la sua naturale simpatia, il suo charme e la
sua auto-ironia, Winona ritrae al meglio la giovane eroina della
Alcott, mettendo in luce l’umanità e la profonda contemporaneità
del personaggio (cosa che non era riuscita a fare a suo tempo
June Allyson, nel film del ’49 diretto da Mervyn
LeRoy). Non a caso, Piccole donne diede alla
Ryder la seconda nomination ai Premi Oscar del 1995 come miglior
attrice protagonista.
Dopo la parentesi
di alcuni film di medio successo come l’inusuale Gli anni dei
ricordi di Jocelyn Moorhouse (1995), il discusso
Ragazze interrotte e il melò drammatico Autumn
in New York a fianco di Richard Gere, la carriera
della Ryder subirà un crollo improvviso quando, nel 2001, viene
sorpresa a rubare nei grandi magazzini Saks Fifth Avenue di Beverly
Hills. Nella borsa le furono trovati capi d’abbigliamento per il
valore di 4mila e rotti dollari, insieme a numerosi analgesici
senza prescrizione. Per questo, la diva fu condannata a tre anni di
libertà vigilata, al pagamento di circa 10.000 dollari di multe,
840 ore di volontariato e a sottoporsi a consulenza psichiatrica –
il tutto, alla fine di un lungo processo-show ripreso costantemente
dalle telecamere americane.
Un duro colpo per la Ryder,
costretta ad ammettere al mondo intero la sua cleptomania, e ad
affrontare seriamente le crisi depressive cui era soggetta.
L’episodio la farà stare per un po’ lontana dalla macchina da presa
– sino al 2006, quando ricompare nel film digitale presentato a
Cannes A Scanner Darkly, e in The Darwin
Awards di Finn Taylor, commedia proiettata al
Sundance Film Festival di Robert Redford.
Dopo la partecipazione allo
Star Trek di J.J. Abrams (2009)
e la prova del Cigno Nero nel 2010, la Ryder sembra
ormai essere tornata in carreggiata, sia sul grande schermo che
nella vita personale. Dopo l’infelice rottura con Matt
Damon, che la lasciò nel 2000 poco dopo aver deciso di
sposarla, l’attrice si riprese tra le braccia di Page
Hamilton, e successivamente con il regista esordiente
Henry-Alex Rubin.
Una “creatura affascinante”,
Winona, timida di fronte ai riflettori dei media ma al tempo stesso
sfrontata e sicura delle proprie idee, da sempre considerata un po’
border-line per la sua volontà-capacità di interpretare personaggi
femminili fuori dal comune, attratti dal “diverso” e spesso
emotivamente fragili. Una diva sui generis, spaventata dal contatto
ossessivo ricercato dai fan, acquafobica in seguito ad un’incidente
per il quale rischiò di affogare da bambina. Dopo più di vent’anni,
questa strana perla di Hollywood torna a collaborare con uno dei
suoi primi ed antichi maestri, Tim Burton, entrando
nuovamente a far parte del suo fantastico ed inquietante mondo con
Frankenweenie.
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