Home Blog Pagina 87

Winona Ryder canta per Frankenweenie!

winona-ryder-stranger-things

Frankenweenie, lungometraggio di Tim Burton in arrivo ad ottobre negli Usa, vanta nomi di spicco anche per quanto riguarda la colonna sonora, Winona Ryder infatti canterà una delle tracce dell’album intitolato “Frankenweenie Unleashed!”. Quest’ultimo, che contiene 14 tracce ispirate al film e che uscirà il 25 settembre, ha visto anche la partecipazione di Robert Smith dei The Cure e Karen O degli Yeah Yeah Yeah. Frankenweenie, una commovente favola su un ragazzo ed il suo cane, arriverà nelle sale italiane il 18 gennaio 2013.

 

 
 

Winning Time: L’ascesa della dinastia dei Lakers, la recensione

Winning Time: L'ascesa della dinastia dei Lakers

Dal 2 giugno su Sky, arriva Winning Time: L’ascesa della dinastia dei Lakers. Il basket è probabilmente, tra gli sport maggiormente seguiti in tutto il mondo, quello che ha avuto più difficoltà a essere “trasportato” sul grande o piccolo schermo. A pensarci bene soltanto He Got Game di Spike Lee è un film sul basket totalmente riuscito, e anche questo adopera la palla a spicchi e i canestri per mettere al centro della storia non la competizione ma il rapporto conflittuale tra un padre e suo figlio.

Winning Time, come nasce un mito

Winning Time: L’ascesa della dinastia dei Lakers, la serie sulla nascita della grande dinastia cestistica dei Los Angeles Lakers degli anni ‘80, ha imparato talmente bene la lezione che di parquet e di basket giocato lo spettatore ne vede davvero poco, almeno nelle prime puntate. Lo show capitanato da Adam McKay sceglie infatti di raccontare lo stile di vita, le idee e le decisioni che portarono alla creazione di una squadra senza eguali. Insomma, lo show targato HBO nella prima parte tende maggiormente a restituire il ritratto sfolgorante di un’epoca che raccontare una storia sportiva.

E questo in fondo va anche bene, perché McKay e tutti quelli che hanno partecipato al progetto lo fanno con enorme lucidità e più di un pizzico di astuzia. L’assunto principale su cui Winning Time si poggia – giustamente, aggiungiamo noi – è che dietro quel fenomeno chiamato Los Angeles Lakers c’erano uomini con il loro genio ma anche con i propri difetti, debolezze e demoni personali. E così l’artefice primario Jerry Buzz (John C. Reilly) viene rappresentato nel pilot come un playboy incallito che non esita a tradire, mentire, rigirare le carte in tavola seguendo sempre il suo istinto geniale. Il solito ritratto del giocatore d’azzardo che dovresti odiare ma che alla fine non puoi non amare. McKay adopera il suo solito stile comico-documentaristico (personaggi che parlano in camera, didascalie sfrontate, montaggio sincopato) per confezionare un primo episodio frizzante e ottimamente orchestrato, impregnato di quella frivola gioiosa libertà che era alla base del progetto Lakers di Buzz.

A livello emotivo la serie entra però nel vivo grazie al secondo episodio in cui protagonista è il coach ed ex-leggenda del parquet Jerry West (Jason Clarke), un uomo ossessionato dall’idea della sconfitta, dal terrore di non essere all’altezza del compito più importante, ovvero quello della vittoria dell’anello. Un personaggio tragico nella grandezza del suo carattere autodistruttivo, che rende la seconda puntata di un livello emotivo superiore alla precedente. Lo stesso vale quando nella quarta puntata la scena è dominata da Jack McKinney (Tracy Letts), nuovo allenatore della squadra che, dopo essere stato assistente per fin troppi anni, vede finalmente avverarsi la possibilità di sviluppare i suoi schemi di gioco innovativi. Insomma, Winning Time nei suoi primi episodi è un alternarsi di personaggi quasi comici con altri decisamente più corposi, il cui tono leggero ad essere onesti non sempre rende giustizia. Rimangono infatti troppo in superficie, se non addirittura vagamente parodiate, le figure di Magic Johnson (Quincy Isaiah) e in particolar modo Pat Riley (Adrien Brody), le quali speriamo trovino la loro dimensione nelle puntate successive.

Winning Time è uno spaccato d’epoca

Tratto dal libro Showtime di Jeff Pearlman, Winning Time in realtà lo adopera soltanto come base per mettere in scena alcune vicende, stravolgendone in larga parte il tono della narrazione. I creator Max Borenstein e Jim Hetch drammatizzano le vicende dei vari personaggi con sottotrame proprio non presenti nel testo originale, e viene lecito chiedersi se la fonte primaria per tali avvenimenti non sia stata proprio Jeannie Buzz, figlia di Jerry e attuale proprietario dei Los Angeles Lakers. Poco importa, in quanto il risultato non cambia poi di molto: Winning Time è molto divertente da gustare come spaccato d’epoca, una commedia do costume che mostra come un grande miracolo sportivo come quella strada sia nato per mano di una serie di figure contraddittorie e tra loro difficilmente amalgamabili: ma lo sport spesso fa miracoli, si sa…

Vedendo le varie puntate si ha l’impressione che se non proprio tutti, sicuramente la maggior parte degli artisti che hanno partecipato al progetto Winning Time siano tifosi dei Lakers, e questo non davvero non guasta. Lo è di sicuro Jonah Hill, che ha diretto il secondo episodio. Tra gli altri nomi famosi che vedrete nello show meritano citazione anche la due volte premio Oscar Sally Field, Jason Segel, Gaby Hoffman, Rob Morgan.

 
 

Winning Time Season 2, parlano gli esecutori

Winning Time: L'ascesa della dinastia dei Lakers

Dopo il notevole successo della prima stagione, Winning Time torna con i nuovi episodi della seconda dedicati alla dinastia dei grandi Los Angeles Lakers degli anni ‘80. Lo show che vede coinvolto Adam McKay come produttore esecutivo si concentra stavolta sulla stagione che portò o gialloviola a scontrarsi finalmente con i rivali storici Boston Celtics nelle NBA Finals del 1984, una delle serie più ricordate della storia del basket NBA.

Il primo episodio di Winning Time stagione 2 si apre con una delle sequenze più forti e spettacolari viste di recente: “Tutti gli amanti di questo sport ricordano quel famoso 27 maggio 1984 – spiega la regista dell’episodio e produttrice esecutiva Salli Richardson-Whitfield – Sono molto fiera di come abbiamo iniziato la seconda stagione, dopo aver fatto il pitch iniziale di come volevo girare la sequenza ho avuto un team di professionisti encomiabili che ha messo in scena magnificamente la mia idea. L’energia che abbiamo sprigionato è notevole, col mio partner in crime Tood Banhazi, direttore della fotografia e regista del terzo episodio, abbiamo fatto un gran lavoro.”” Volevamo farne un action-movie – conferma proprio Banhazi – un film di zombie in cui i giocatori dei Lakers vengono inseguiti dai mostri assetati di vendetta appena escono dal campo da gioco. Per questa sequenza ci siamo davvero spinti al limite, sconfinando idealmente nell’horror.”

Una delle chiavi del successo di Winning Time sta nella notevole ricostruzione d’epoca fatta dalla costumista Emma Potter e dal set designer Richard Toyon, il quale ha dichiarato: “Sono dovuto partire dall’idea di dover costruire, non ricreare un universo. Questo mi ha aiutato a lavorare cercando una coerenza interna non soltanto al mio lavoro, ma anche nella coordinazione con Emma. Nella seconda stagione poi esploriamo maggiormente il lato privato dei protagonisti, soprattutto di Jerry Buss. La ricostruzione della sua abitazione, la famosa villa che Douglas Fairbanks regalò a Mary Pickford, ci ha impegnato moltissimo.” “Anche a livello di costumi Jerry ha rappresentato una nuova sfida – commenta Emma Potter – perché appunto ne scopriamo una seconda versione: oltre alla solita pubblica, altisonante, con le camicie sbottonate e gli abiti sportivi costosissimi, nei nuovi episodi esploriamo anche la dimensione privata dall’imprenditore, il suo lato casalingo in cui può in qualche modo abbassare la guardia, soprattutto adesso che ha un interesse sentimentale. Ecco quindi le tute in poliestere, abiti più confortevoli e capaci di esplicitare l’aspetto nascosto del personaggio. Jeanie Buss vedendo le nuove puntate ci ha scritto dicendo di sentirsi più vicina a suo padre, di averlo rivisto negli episodi. È stata una bella soddisfazione.”

Uno degli aspetti fondamentali per la riuscita di Winning Time era ovviamente quello di riproporre scene di famosi match di basket nel modo più spettacolare e insieme accurato. Di questo si è occupato il Basketball Producer Idan Ranvin: “Volevamo evitare una ricostruzione effettiva del gioco, per quello gli spettatori possono andare su Youtube e vedere i vecchi filmati. Abbiamo preferito concentrarci su quello che non si vede, sugli sguardi tra avversari acerrimi come Magic e Larry Bird. Le sensazioni, le tensioni, i duelli fisici e psicologici che si combattono durante una partita di basket, questo regala al pubblico Winning Time. Altro aspetto fondamentale per la riuscita era far muovere gli attori col linguaggio del corpo che sul parquet possedevano gli atleti che interpretano. Quincy Isaiah per esempio ha un passato di atleta al college che ne ha sviluppato un tipo di fisico e di qualità in grado di esprimere potenza. Abbiamo dovuto rimodellare il suo modo di essere atleta, renderlo più sfumato ed elegante, fare in modo che possedesse quelle qualità cestistiche che gli permettessero anche di improvvisare durante le riprese. Col modo di giocare iconico che Magic Johnson possedeva, ogni  movimento doveva sembrare autentico, e allo stesso tempo efficace per essere filmato, cinematico. Una volta lette le sceneggiature, siamo andati in palestra per ricostruire i momenti richiesti dei vari match, cercando di anticipare da che angolazione sarebbero state girate.”

Winning Time possiede poi una colonna sonora d’epoca in grado di coprire ogni genere di musica prodotta in quel periodo. La selezione principale è opera del Music Supervisor Gabe Hilfer: “Noi del dipartimento musica abbiamo avuto la fortuna di vedere il girato, la sua forza propositiva grezza, quasi corrosiva: abbiamo subito capito che dovevamo puntare in alto, adoperare il meglio della musica anni ‘80. Per la scena iniziale del primo episodio ad esempio Prince è stata immediatamente la prima opzione, la sua musica si sposava perfettamente con le immagini e il montaggio. Non voglio spoilerare altre grandi canzoni che abbiamo inserito nel corso delle nuove puntate ma voglio citare una scelta controcorrente per il gran finale: abbiamo ottenuto una canzone dei Led Zeppelin che non credo sia mai stata adoperata in nessuna serie o film, si tratta di un gioiello di musica raro e potentissimo, perfetto per costruire un grande spettacolo. Sono davvero entusiasta sia della scelta che dell’uso che ne abbiamo fatto. Sono un band notoriamente restia a far adoperare la propria musica in qualsiasi tipo di show. Avere Prince all’inizio e i Led Zeppelin alla fine è una specie di grande cerchio di musica che si chiude.”

L’ultima parola su Winning Time spetta infine a Kevin Messick, uno degli Executive Producer dello show: “Posso assicurare che non era assolutamente facile realizzare una serie in costume sul basketball, su giocatori iconici come Johnson, Bird, Kareem. Rendere credibile questo sport sul piccolo schermo è stato uno sforzo enorme, anche produttivo. Voglio rendere il doveroso tributo alla nostra casting director Francine Maisler, che ha messo insieme un cast incredibile di attori da Oscar con altri alla prima vera grande esperienza mainstream. Penso che se non avessi scovato Quincy non avremmo potuto fare lo show. È un attore e un uomo speciale, ha incarnato perfettamente lo spirito e l’anima nascosta di Magic Johnson.”

 
 

Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers, trailer della nuova stagione in arrivo su SKY

Winning Time - L'ascesa della dinastia dei Lakers

I Lakers hanno fatto sognare milioni di tifosi, grazie a una storia fatta di gesta (sportive e non), di grandi rivalità, di competizioni ai massimi livelli e ambizione: torna per la seconda stagione la serie targata HBO che racconta il magico decennio in cui i Los Angeles Lakers entrarono nella leggenda del basket mondiale. Il nuovo capitolo di Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers, la serie Sky Exclusive di cui oggi viene rilasciato il trailer ufficiale, è in arrivo dal 28 agosto in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW.

Ideata e prodotta, fra gli altri, da Adam McKay (Don’t Look Up, Succession), la serie esplora la vita professionale e personale dei Los Angeles Lakers, questa volta nel periodo appena successivo alle finali del 1980 e del 1984, raccontando la grande rivalità che c’era a quel tempo sia tra squadre (Lakers VS Celtics) sia tra giocatori (Magic Johnson VS Larry Bird).

https://www.youtube.com/watch?v=4plZL3ZmXM4&pp=ygUxV2lubmluZyBUaW1lIC0gTCdhc2Nlc2EgZGVsbGEgZGluYXN0aWEgZGVpIExha2Vycw%3D%3D

Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers, trama e cast

Ricchissimo il cast dei nuovi sette episodi: John C. Reilly nei panni del proprietario della squadra, Jerry Buss; Quincy Isaiah, Solomon Hughes e Sean Patrick Small in quelli, rispettivamente, di Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar e Larry Bird; Jason Clarke a interpretare il campione NBA e dirigente dei Lakers Jerry West; Jason Segel (How I Met Your Mother) nei panni di Paul Westhead, professore di lettere trasformatosi in assistente coach della squadra; Adrien Brody interpreta il coach Pat Riley; Michael Chiklis nei panni del coach dei Boston Celtics Red Auerbach.

Nel cast anche Gaby Hoffmann, Hadley Robinson, DeVaughn Nixon, Tamera Tomakili, Brett Cullen, Stephen Adly Guirgis, Spencer Garrett, Molly Gordon, Joey Brooks, Delante Desouza, Jimel Atkins, Austin Aaron, McCabe Slye, Thomas Mann, Gillian Jacobs, Rob Morgan.

Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers è tratta dal libro Showtime: Magic, Kareem, Riley, and the Los Angeles Lakers Dynasty of the 1980s dello scrittore sportivo Jeff Pearlman. Produttori esecutivi Adam McKay e Kevin Messick per Hyperobject Industries; showrunner, produttore esecutivo, scrittore e co-creatore Max Borenstein; produttore esecutivo Scott Stephens; produttore esecutivo, scrittore e co-creatore Jim Hecht; produttore esecutivo e scrittore Rodney Barnes; produttore esecutivo e regista degli episodi 1, 6 e 7 Salli Richardson-Whitfield; produttore esecutivo Jason Shuman.

 
 

Winnie the Pooh: recensione del film

Winnie the Pooh

Arriva al cinema la seconda avventura di Winnie the Pooh targata Disney. Inventato da A. A. Milne nel 1926  e già portato sullo schermo da Walt Disney in persona nel 1977, ora Winnie ricompare in compagnia dei suoi amici Tigro, Tappo, Pimpi, Kangu, Ro e Ih-Oh, nella più classica tecnica di animazione Disney.

In Winnie the Pooh, nella quale compare anche Mr Pixar Jhon Lasseter in veste di produttore esecutivo, Pooh dovrà aiutare Ih- Oh a trovare la sua coda smarrita, ma poi la sua attenzione verrà indirizzata sulla ricerca del suo amico, il bambino Christopher Robin, rapito da un tremendo mostro, e pensare che Pooh era uscito di casa solo per cercare del miele. Non c’è nulla da fare, Winnie the Pooh è un tenero orsetto che piacerà quasi per forza ai più piccoli, le sue avventure sono tremendamente banali ma viste attraverso i suoi occhi, e quelli di Christopher Robin, diventano imprese epiche che solo lui, improbabile ed affamato eroe può compiere.

Proprio il bambino è l’artefice delle loro avventure, lui che immagina questo fantastico Bosco dei 100 Acri, ideale ‘set’ della vicenda, e ancora lui che da un’anima ad ogni cosa, da un peluche ad un palloncino rosso (Palloncino appunto), e non riesce ad immaginare altro come grande nefandezza che un mostro può compiere se non quella di bucare i calzini. Un’immagine di purezza e bellezza che sembra del tutto inattuale, ma che casa Disney, nonostante l’impero digitale che ci circonda, non esita a raccontarci, probabilmente senza farsi troppi conti in tasca, e regalando ai piccoli un po’ di magia della vecchia animazione, ed ai grandi un film dal sapore dell’infanzia.

 
 

Winnie the Pooh: La Disney sviluppa il remake in live-action

Winnie the PoohLa Disney continua a pianificare remake in live-action dal suo storico repertorio e oggi Deadline rivela che lo studios sta sviluppando una nuova versione di Winnie the Pooh proprio in live-action, e a quanto pare il film dovrebbe raccontare la storia di un adulto Christopher Robin che fa ritorno al Hundred Acre Woods.

La Disney ha inoltre ingaggiato il regista Alex Ross Perry (Listen Up Philip) per scrivere il film e dirigerlo. Dunque questo film si aggiunge ai già annunciati e in lavorazione, Il libro della giungla di Jon Favreau in arrivo ad 15 aprile 2016, La bella e la bestia (17 marzo 2017) e, attualmente, senza una data di uscita, Dumbo di Tim Burton e Mulan.

 
 

Winnie the Pooh: in arrivo il live action Disney

Winnie-The-Pooh-live-actionLa Disney non si ferma più. Anche l’orsetto Winnie the Pooh sarà protagonista di un film live action ispirato all’universo creato da A.A. Milne. La compagnia ha, infatti, incaricato Alex Ross Perry, autore e regista dell’indipendente Listen Up Philip (presentato con successo al Sundance) di sviluppare la sceneggiatura. La storia dovrebbe essere incentrata sul personaggio di Christopher Robin adulto, di ritorno nel Bosco dei Cento Acri.

Le avventure di Winnie the Pooh (1977) e Winnie the Pooh – Nuove avventure nel Bosco dei 100 Acri (2011) sono rispettivamente il 22° e il 51° classico Disney in base al canone ufficiale, ma l’orsetto amante del miele e gli altri personaggi animali hanno divertito generazioni anche con diversi prodotti per l’home video.

CÈ il secondo progetto di recupero del “repertorio” Disney affidato a un regista indipendente. Al lavoro sul remake di Elliott il drago invisibile, le cui riprese sono appena iniziate in Nuova Zelanda per una release prevista per il 2016, c’è David Lowery (regista di Ain’t Them Bodies Saints), responsabile anche dello script. Solo pochi giorni fa è stato annunciato il live action di Mulan, che andrà ad arricchire l’ormai prolifico filone delle rivisitazioni Disney, di cui faranno parte anche il Dumbo di Tim Burton, Il libro della giungla di Jon Favreau e La bella e la bestia di Bill Condon con Emma Watson, Dan Stevens e Luke Evans.

Fonte: Deadline

 
 

Winnie the Pooh: il live-action Disney ha un regista

winnie the pooh

Sulla scia di Cenerentola, Il Libro della Giungla e del prossimo La Bella e la Bestia, la Disney è a lavoro su un nuovo adattamento in live-action, quello di Winnie the Pooh.

Marc Foster dirigerà il live action su Winnie the Pooh

Al timore del film è stato chiamato Marc Foster, stando a quanto dichiara THR, già regista di Monster’s Ball e World War Z. Il regista è anche colui che ha firmato Neverland – un sogno per la vita, film con protagonisti Johnny Depp e Kate Winslet che ha raccontato le origini letterarie di Peter Pan attraverso la storia del suo autore, J.M. Barry. Il film, un racconto profondamente commovente e trascinante, conquistò pubblico e critica e anche 7 nomination agli Oscar.

Per quanto possa sembrare complicata l’idea di un live action su Winnie the Pooh, considerato che i protagonisti sono giocattoli animati, il film avrà un orientamento ben preciso, ovvero si focalizzerà su un aduito Christopher Robin e si intitolerà proprio Robin. La storia sarà quella di un uomo che pone il lavoro davanti alla moglie e alla figlia, che ha abbandonato la sua immaginazione e le tante avventure con Winnie e i suoi amici nel Bosco dei Cento Acri.

Oltre a La Bella e la Bestia, il cui trailer ha infranto i record di visualizzazioni su Youtube nelle prime 24 ore, la Disney ha in programma altri live action tra cui quello de La Sirenetta, di Mulan, de Il Re Leone e di Dumbo.

Il biopic sullo scrittore di Winnie the Pooh

Al momento è in produzione anche un biopic sullo scrittore che ha inventato Winnie the Pooh, A.A. Milne, dal titolo Goodbye Christopher Robin in cui compariranno come protagonisti Domnhall Gleeson e Margot Robbie nei panni dei coniugi Milne.

Fonte: ScreenRant

 
 

Winnie the Pooh bandito in Polonia, ecco perchè

Winnie the PoohLa città di Tuszyn, in Polonia, ha bandito il personaggio della Disney Winnie the Pooh perchè rappresenta un chiaro esempio di ‘mancata definizione sessuale e propensione alla nudità’. Sarebbe a dire che l’orsacchiotto immaginario goloso di miele non è chiaramente maschio o femmina e non porta i pantaloni.

Ufficialmente l’orsetto è stato definito di “dubbia sessualità” e di andare in giro “vestito inappropriatamente” per essere un riferimento per i più piccoli, tanto da essere definito “mezzo nudo“.

Il problema con l’orsetto è che non ha un abbigliamento completo. È mezzo nudo, cosa che per i bambini è completamente inappropriata.” ha dichiarato uno dei partecipanti al cincilio cittadino.

Un’altra dichiarazione ufficiale riporta: “Winnie the Pooh non indossa mutande perchè non ha sesso. È un ermafrodito.”

Ancora, Hanna Jachimska, cittadina di Tuszyn, ha criticato addirittura l’autore e ideatore di Winnie the Pooh, A.A. Milne, per aver “tagliato i testicoli all’orso a causa dei suoiproblemi con la sessualità“.

Adesso, il grande problema dei cittadini di Tuszyn sarà trovare un personaggio per sostituire le immagini di Winnie al parco giochi per bambini. Sicuramente Paperino, in quanto privo di pantaloni, non verrà preso in considerazione!

Fonte: CT

 
 

Windows: anche Robert Duvall per Steve McQueen

Robert Duvall

Anche la leggenda Robert Duvall è entrata a far parte del cast di Windows, film che segna il ritorno alla regista di Steve McQueen dopo l’Oscar per 12 Anni Schiavo.

Duvall si unisce a un cast di stelle, già composto da Viola Davis, Colin Farrell, Michelle Rodriguez, Liam Neeson e Cynthia Erivo.

Il progetto nasce dall’adattamento dell’omonima miniserie britannica del 1983. A firmare la sceneggiatura con McQueen c’è Gillian Flynn che ricordiamo per aver scritto il romanzo e la sceneggiatura di Gone Girl – L’Amore Bugiardo diretto da David Fincher.

In Windows, tre donne decidono di rilevare l’attività criminale dei loro defunti mariti, rapinatori a cui l’ultimo colpo è andato decisamente male.

Fonte: Variety

 
 

Wind River: la spiegazione del finale, chi ha ucciso Natalie?

Wind River spiegazione finale

Taylor Sheridan potrebbe essere conosciuto soprattutto per Yellowstone, ma si è fatto un nome con le sue brillanti sceneggiature di Sicario e Hell or High Water, e ha dimostrato di essere un regista con il suo debutto alla regia nel 2017, Wind River. Come molti progetti di Sheridan, Wind River mescolava l’attualità politica con un elemento di mistero neo-noir, in modo da essere allo stesso tempo molto divertente e sorprendentemente riflessivo. Sebbene il mistero che Sheridan presenta in Wind River sia un mistero, le sue motivazioni più serie per il film sono evidenti dalle statistiche sui crimini reali che incorpora alla fine.

Di cosa parla Wind River di Taylor Sheridan?

Wind River è un giallo ambientato nella riserva indiana Wind River del Wyoming. Dopo che il corpo dell’adolescente indigena Natalie Hanson (Kelsey Asbille) viene ritrovato congelato in mezzo alla natura selvaggia, l’FBI invia l’agente Jane Banner (Elizabeth Olsen) per scoprire il colpevole della sua morte. L’unico problema è che l’area della riserva è enorme e solo pochi agenti delle forze dell’ordine sono in grado di pattugliarla. Sarebbe quasi impossibile per un’estranea come Jane fare una ricerca adeguata da sola, quindi decide di lavorare con l’agente locale del Servizio Pesca e Fauna Selvatica Cory Lambert (Jeremy Renner). Lambert è un esperto segugio e ha vissuto nella riserva per tutta la vita; tuttavia, le motivazioni che lo spingono a seguire il caso sono più personali di quanto Jane non creda inizialmente.

Lambert è un amico intimo del padre di Natalie, Martin (Gil Birmingham), e promette all’uomo in lutto che troverà giustizia per l’omicidio della figlia. Sebbene l’empatia di Lambert nei confronti di Martin sia in qualche modo intrinseca, gli viene anche ricordata una tragedia simile nella sua vita. Anche la figlia di Lambert è stata uccisa solo pochi anni prima; forse, aiutare Jane a risolvere l’omicidio di Natalie gli permetterà di superare il dolore che prova per aver deluso sua figlia. Lambert e Jane sono vigili nella loro ricerca, ma il giovane agente dell’FBI comincia a rendersi conto che i problemi della riserva sono più complessi di alcuni omicidi irrisolti; si tratta di una crisi che minaccia la vita di innumerevoli donne indigene la cui morte non è mai stata indagata adeguatamente dalle autorità legali.

Durante la ricerca di indizi su Natalie, Lambert e Jane scoprono il cadavere in decomposizione del fidanzato più anziano di Natalie, Matt (Jon Bernthal). Matt lavorava come guardia di sicurezza presso un sito di trivellazione locale e, sebbene fosse molto più vecchio di Natalie, non sembra essere responsabile del suo omicidio. Tuttavia, questo non impedisce a Lambert e Jane di recarsi dall’ex datore di lavoro di Matt per cercare ulteriori indizi. Questo li porta a un confronto con gli amici di Matt, tra cui il suo inquietante collega Pete Mickens (James Jordan). Quando i colleghi di Matt chiariscono che non hanno intenzione di andare giù senza combattere, Jane e Lambert devono difendersi usando la forza letale.

Natalie riceve giustizia in Wind River?

wind river elizabeth olsen

Mentre lo stallo tra Lambert, Jane e i colleghi di Matt è il culmine dell’azione di Wind River, Sheridan utilizza una sequenza di flashback per rivelare i dettagli della morte di Natalie. Dopo una discussione con Matt, Natalie era tornata nella sua roulotte. Questo purtroppo ha attirato l’attenzione degli altri colleghi di Matt, tra cui Pete. Ubriachi e pronti alla violenza, Pete e gli altri trivellatori hanno violentato Natalie prima di picchiare Matt a morte. Natalie era riuscita a fuggire, ma non era in grado di farlo per molto tempo. Natalie ha tentato di attraversare la gelida natura selvaggia da sola, finendo per morire congelata prima che le autorità potessero trovarla.

Lambert, Jane e il capo tribù locale Ben Shoyo (Graham Greene) guidano le loro forze in uno scontro a fuoco con i colleghi di Matt, compreso il suo capo Curtis (Hugh Dillon). L’ingaggio non è privo di conseguenze: Shoyo e molti dei suoi uomini vengono uccisi. Tuttavia, Lambert riesce a salvare Jane all’ultimo minuto, eliminando senza pietà i restanti scagnozzi di Curtis. Pete rimane l’unico sopravvissuto del gruppo e, da codardo qual è, tenta di fuggire nella natura. Intuendo un’opportunità, Lambert lo segue per fare un po’ di giustizia di frontiera.

Lambert segue Pete nella natura selvaggia e lo costringe a sopravvivere nello stesso modo in cui è sopravvissuta Natalie: in mezzo al freddo e con solo abiti leggeri per proteggersi. Lambert osserva che questo è il modo in cui Natalie e sua figlia sono state uccise e che Pete non possiede la stessa forza d’animo che avevano loro. Pete fa un tentativo di contrattare per la propria vita, ma non è interessato a Lambert. Anche se Lambert è soddisfatto che la morte di Natalie sia stata risolta, questo non rende la situazione meno cupa. Il film è chiuso da una struggente scena finale in cui Lambert e Martin piangono insieme. Entrambi gli uomini possono aver trovato giustizia alla fine, ma vivranno il resto della loro vita senza i figli a cui tenevano di più.

Wind River è basato su una storia vera?

Wind River basato su una storia vera

Sheridan utilizza questo momento per accennare ad alcuni dei temi più importanti del film. Sebbene la storia di Wind River sia originale, è ispirata a una crisi reale che non ha ricevuto l’attenzione necessaria. In una scheda del titolo viene rivelato che le donne native americane scomparse sono l’unico gruppo demografico che non viene registrato nei registri ufficiali. Il numero di donne native americane scomparse non è noto, ma la crisi è diventata particolarmente pericolosa nei siti delle riserve come quella del Wyoming, che sono poco protetti dalla polizia e dagli ufficiali della difesa federale.

Wind River è uno dei film più cupi di Sheridan, ma anche uno dei suoi più importanti. Il film ha dimostrato che, oltre a creare un mistero avvincente, Sheridan poteva usare il suo potere di narratore per sensibilizzare su una crisi in corso che colpiva in modo sproporzionato una popolazione selezionata. A volte può non essere facile da guardare, ma Wind River è una visione assolutamente indispensabile sia per i fan di Sheridan che per i detrattori.

Wind River è disponibile sulle seguenti piattaforme:

 
 

Wind River: Jeremy Renner nel nuovo poster

i segreti di wind river

È stato presentato al Festival di Cannes 2017 nella sezione Un Certain Regard, Wind River, il nuovo film di Taylor Sheridan con protagonisti Elizabeth Olsen e Jeremy Renner. Proprio quest’ultimo è protagonista del poster del film che potete vedere di seguito:

Completano il cast di Wind River anche Jon Bernthal (Sicario), Graham Greene (Thunderheart), Julia Jones (Twilight) e Gil Birmingham (The Lone Ranger). Nel film Wind River, la Olsen interpreterà un giovane agente dell’FBI che fa squadra con un veterano, Renner, per investigare su un omicidio.

Harvey Weinstein ha dichiarato: “Siamo eccitati all’idea di lavorare di nuovo con Jeremy Renner, questa volta di fronte alla MDP con Elizabeth Olsen e l’intero cast del debutto alla regia di Taylor”. Elizabeth Olsen e Jeremy Renner hanno già lavorato insieme in Avengers Age of Ultron e in Captain America Civil War, film del franchise Marvel in cui interpretano Occhio di Falco e Scarlet Witch. I due torneranno nei rispettivi ruoli in Avengers Infinity War.

 
 

Win or Lose: trailer della nuova serie d’animazione Pixar

Pete Docter dei Pixar Animation Studios ha presentato le novità dello studio di produzione nel corso del D23 a Anaheim. Il premio Oscar ha rivelato la data ufficiale di lancio della prima serie originale Pixar Win or Lose, che debutterà in esclusiva su Disney+ a dicembre 2024.

Diretta e scritta da Carrie Hobson e Michael Yates, che sono anche i produttori esecutivi, e prodotta da David Lally, la nuova serie rivela come ci si sente nei panni di otto diversi personaggi – dei ragazzi insicuri, i loro genitori iperprotettivi, persino un arbitro innamorato – mentre si preparano per una partita del campionato di softball. Will Forte presta la sua voce all’allenatore nella versione originale.

Win or Lose, il trailer

 
 

Win or Lose: ecco quando uscirà la serie Pixar

Win or Lose
Win or Lose

La nuova serie originale Win or Lose segue le storie intrecciate di diversi personaggi che si preparano alla grande partita del campionato di softball. Otto episodi, ognuno dei quali segue un nuovo personaggio, saranno disponibili su Disney+ a partire dal 19 febbraio 2025.

Win or Lose mostra come ci si sente a stare nei panni di otto diversi personaggi nella settimana che precede la grande partita – dei ragazzi insicuri, i loro genitori iperprotettivi, persino un arbitro innamorato – con prospettive incredibilmente divertenti, molto emozionanti e animate in modo unico. Con la voce, nella versione originale, di Will Forte nel ruolo dell’allenatore, Win or Lose vede Carrie Hobson e Michael Yates nel ruolo di registi, sceneggiatori e produttori esecutivi mentre David Lally è il produttore.

Guarda il trailer di Win or Lose, la nuova serie d’animazione Pixar

 
 

Win or Lose, recensione della serie Pixar

La Pixar ha sempre saputo costruire storie uniche partendo da idee semplici ma affascinanti: e se i giocattoli fossero vivi? E se le emozioni avessero una loro personalità? E se i supereroi fossero anche genitori? Con Win or Lose, la chiarezza dei concept storici della casa di produzione viene meno, e le intenzioni non sono immediatamente chiare.

La serie segue una struttura “a punti di vista”, raccontando l’arco di tempo di una stessa settimana attraverso il punto di vista di più personaggi che, alla fine di ogni episodio, si ritrovano alla stessa partita di softball. Ogni episodio offre uno sguardo unico su un protagonista, personalizzando lo stile d’animazione e le metafore visive per rappresentare il suo mondo interiore.

Al centro di Win or Lose troviamo Laurie (Rosie Foss), figlia dell’allenatore, viene sopraffatta dall’ansia, rappresentata da una gigantesca macchia di sudore che la segue. Frank (Josh Thomson), l’arbitro della partita, utilizza la sua attrezzatura come una corazza emotiva per proteggersi dal dolore di una recente rottura. Rochelle (Milan Elizabeth Ray) si sente costretta a crescere troppo in fretta, e la sua percezione cambia radicalmente quando vediamo la storia dal punto di vista di sua madre, Vanessa (Rosa Salazar), per i primi quattro episodi.

A quale pubblico è rivolta Win or Lose?

Questo approccio narrativo solleva anche una questione fondamentale: a chi è destinata la serie? Alcuni elementi possono risultare troppo infantili per gli adulti, mentre altri potrebbero risultare complessi per i bambini. L’equilibrio tra leggerezza e profondità a volte si perde, rendendo l’esperienza altalenante. Tuttavia, man mano che la serie procede, il quadro generale diventa più chiaro e coinvolgente, migliorando episodio dopo episodio.

Dal punto di vista tecnico, la Pixar mantiene la sua eccellenza nell’animazione. Le metafore visive utilizzate per mettere in scena le emozioni si inserisce in quel percorso, per chi scrive problematico, che prosegue ormai da diverso tempo e che ha l’effetto di una ridondante esigenza di spiegare il contesto, quello che succede e quello che si vede, aggirando proprio la metafora narrativa più raffinata, sfidante per lo spettatore. La struttura episodica fa sì che ogni puntata si concluda con un cliffhanger, rendendo la visione frammentata se non affrontata come un’unica maratona.

Win or Lose
Win or Lose

L’arrivo di Win or Lose su Disney+ si inserisce in un momento in cui la Pixar sta ancora cercando di definire il proprio ruolo nella serialità televisiva. Con precedenti esperimenti come Dreams Production, lo studio ha trovato modi interessanti per espandere i suoi universi, ma senza mai raggiungere la stessa rilevanza dei suoi film. In questo contesto, Win or Lose rappresenta un passo avanti, dimostrando che la serialità può offrire opportunità narrative che un film non permetterebbe.

Win or Lose tratta temi complessi

Uno dei punti di forza della serie è proprio la sua capacità di trattare temi complessi in modo accessibile: le pressioni genitoriali, gli appuntamenti online, la gestione dei social media, le difficoltà finanziarie e le sfide della moralità quotidiana. Nonostante qualche incertezza, questi elementi conferiscono a Win or Lose una profondità inaspettata, rendendola un passatempo per molti versi “impegnato”.

Win or Lose non è un trionfo assoluto, ma nemmeno un fallimento. È una serie con momenti di grande impatto emotivo. La Pixar potrebbe non aver ancora trovato la formula perfetta per la tv a episodi, ma questo esperimento è sicuramente un passo nella giusta direzione.

 
 

Wimbledon 2014 Finale: parata di star per Federer Vs Novak

Si è svolta ieri la finale del prestigioso torneo di Tennis, Wimbledon 2014, e per celebrare lo scontro tra due campionissimi come Roger FedererNovak Djokovic, sugli spalti si è vista una parata di star: Hugh Jackman, Chris Hemsworth, Kate Middleton,  Principe William, Samuel L. Jackson, David Beckhamn.

Il Torneo di Wimbledon 2014 è stata la 128ª edizione dei Championships, torneo di tennis giocato sull’erba e terza prova stagionale dello Slam per il2014; si è disputata tra il 23 giugno e il 6 luglio 2014 sui 19 campi dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, comprendendo per la categoriaSeniors i tornei di singolare maschile e femminile, e di doppio maschile, femminile e misto. I campioni in carica dei singolari maschile e femminile erano rispettivamente Andy Murray e Marion Bartoli, anche se quest’ultima non ha difeso il titolo in quanto si è ritirata nel corso del 2013.

 
 

Wim Wenders, quando il cinema diventa poesia

Wim Wenders nasce a Dusseldorf il 14 agosto 1945; il suo primo nome fu quasi una forzatura in quanto Wim, nome scelto dalla madre di origine olandese, era considerato dalle autorità…poco tedesco.

Sin da bambino mostra un particolare interesse per la fotografia: a sette anni scatta le prime foto e a dodici ha già una propria camera oscura, a diciassette la prima Leica.

Wim Wenders, biografia

Figlio di un medico anche Wim Wenders inizia gli studi in medicina per poi spostare i suoi interessi di studente verso la filosofia prima e la pittura poi; sarà proprio l’arte che lo porterà a  Parigi dove, nel quartiere di Montparnasse, lavorerà come incisore presso lo studio dell’artista statunitense John Friedlander.

Nella capitale francese Wim Wenders inizierà ad approcciarsi con trasporto e passione verso il cinema, l’arte che lo renderà celebre. Inizia a frequentare corsi presso l’Institute des hautes etudès cinèmatographiques ( IDHEC) e trascorre intere giornate a visionare film al Cinèmatheque dove è capace di vedere anche cinque film di seguito, con particolare attenzione verso i classici tedeschi.

Nel 1967 torna in Germania dove si iscrive presso l’Accademia del cinema di Monaco, ormai ha ben chiaro in testa quale strada percorrere. I primi cortometraggi arrivano per l’appunto tra il 1967 e il 1970: Scenari è il primo lavoro del ’67 mentre Alabama 2000 anni luce del ’69 segna l’inizio della collaborazione con Robbie Muller per quanto concerne la fotografia. Questi primi corti rivelano una forte influenza della “Nouvelle Vague” francese e del “New American Cinema” nello stile di Wahrol in cui si susseguono lunghe scene prive di eventi significativi e con una narrazione aperta.

Wim Wenders, quando il cinema diventa poesia

Ma Wim Wenders è sopratutto sempre più convinto di voler perseguire un prototipo di cinema nuovo, indipendente e libero dalle convenzioni tradizionali; così decide di unirsi ad un gruppo di 15 registi e sceneggiatori tedeschi con i quali fonda nel 1971 la Film Verlag der Autoren, con lo scopo di autogestire produzione, diritti e distribuzione dei propri films.

Wim Wenders, film e filmografia

Il primo lungometraggio è datato 1970, Estate in città, seguito da La paura del portiere prima del calcio di rigore, 1971, primo film sceneggiato in collaborazione con Peter Handke con cui lavorerà anche in seguito. A inizio anni ’70 Wim Wenders dirigerà tre lungometraggi accomunati dalla tematica del viaggio che li porterà ad essere riconosciuti come “la trilogia della strada”: Alice nella città, 1973, ancora oggi considerato uno dei suoi lavori migliori, Falso movimento e Nel corso del tempo film per il quale Wim Wenders otterrà i primi riconoscimenti internazionali. Nel 1975 Wim Wenders, oltre a fondare la casa di produzione “Road Movies”, dirige L’amico americano film tratto dal romanzo di Patricia Highsmith “Ripley’s Game”. Il film, che vede come interpreti protagonisti Dennis Hooper e Bruno Ganz, può essere associato alla “trilogia della strada” in considerazione di tematiche comuni quali il misurarsi con il grande cambiamento sociale in atto nel suo paese oltre ad uno spiccato amore verso la musica rock.

Con L’amico americano Wim Wenders vede accresciuta la sua fama negli Stati Uniti, tanto che il film attirerà l’attenzione persino di Francis Ford Coppola il quale vorrà essere coinvolto nella co-produzione. Nel 1982 Wim Wenders gira Lo stato delle cose un film maturato dopo la difficile lavorazione di un progetto precedente incentrato sul giallista americano Dashiell Hammet; il film illustra con spietata schiettezza le difficoltà nel fare cinema a cui il regista dedica un’amara riflessione. Lo stato delle cose avrà un grande successo di pubblico e critica tanto da vincere il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Gli anni ’80 non hanno finito di serbare importanti riconoscimenti per il regista tedesco, infatti con Paris Texas del 1985, arriva anche la Palma d’oro al Festival di Cannes. Il film, scritto in collaborazione con Sam Shepard, è ambientato nel deserto americano dove un uomo apparentemente senza memoria cerca un collegamento con il suo passato.

Solo due anni dopo Wim Wenders presenta quello che, probabilmente, è uno dei suoi lavori più famosi, celebrati e commoventi: Il cielo sopra Berlino. Per la sceneggiatura si torna alla collaborazione con Peter Handke mentre per il ruolo principale, l’angelo che rinuncia alla sua immortalità per amore di una donna, riecco Bruno Ganz. Il film vincerà, sempre a Cannes, il premio per la migliore regia. Gli anni ’90 si aprono con la realizzazione di un progetto a cui Wenders lavorava da diversi anni, Fino alla fine del mondo, 1990, un film dal budget molto alto, circa venti milioni di dollari, e girato in quattro continenti. In questo ambizioso romanzo fantascientifico riaffiora per l’ennesima volta il tema del viaggio e dell’amore, in questo caso inseriti in un contesto di progresso tecnologico. La meravigliosa colonna sonora impreziosita da pezzi degli U2, dei REM, dei Talking Heads, Lou Reed e Nick Cave, conferma il ruolo fondamentale della musica nei film del regista tedesco. Per rispettare contratti e accordi presi con la società di distribuzione al film Wenders dovrà apportare numerosi tagli.

Il 1993 è l’anno di Così lontano, così vicino! Sequel de Il cielo sopra Berlino. Nel cast ritroviamo Bruno Ganz, Peter Falk e Otto Sander già protagonisti nel film precedente; la storia è questa volta ambientata nella Germania unificata e ha ancora nella figura dell’angelo il suo protagonista principale. Nel corso del decennio Wenders si fa notare anche per una collaborazione con il maestro italiano Michelangelo Antonioni, con cui dirige nel 1995 Al di là delle nuvole, e per sedere a capo dell’European Film Academy di cui ancora oggi è presidente.

Nel decennio che apre al nuovo millennio Wim Wenders esordisce con uno dei suoi lavori migliori e più apprezzati: Buena Vista Social Club. Il film è un documentario intenso ed emozionante in cui il regista esprime tutto il suo legame con la musica e l’importanza che essa ha sempre ricoperto nella sua vita artistica. Il film è un viaggio alla riscoperta della musica cubana attraverso l’incontro con personaggi del calibro di Ry Cooder, Ibrahim Ferrer, Ruben Gonzales e Company Segundo di cui il regista stila un affettuoso ritratto. Il film sarà anche candidato all’Oscar. Nel 2000, solo un anno dopo, Wim Wenders decide di lavorare sulla sceneggiatura tragicomica scritta e ideata da Bono Vox, cantante e leader degli U2; il film, che ha per protagonisti Milla Jovovich e Mel Gibson, è Million Dollar Hotel, una storia di amore, tradimento e amicizia incondizionati. Vincerà l’Orso d’oro al Festival di Berlino.

Nel corso dell’ultimo decennio, il lavoro di maggior rilievo è sicuramente Palermo Shooting, 2008, in cui il regista riprende il tema a lui tanto caro del viaggio, della ricerca di sé e la scoperta delle diversità. Il film, che ha come protagonista Dennis Hooper, è ambientato in Sicilia e narra la storia di un uomo tedesco di mezza età il quale per rompere con un passato che vuole dimenticare in preda ad una crisi esistenziale, si recherà in Italia e più precisamente a Palermo. In questa realtà tanto diversa dalla sua avrà modo di conoscere una giovane donna e di vivere una vita completamente nuova. Anche qui la musica, la musica intesa come elemento chiave della sceneggiatura e che si esprime attraverso le note di famosi cantanti come Lou Reed e Patti Smith. Wim Wenders insegna cinema alla Scuola di Belle Arti di Amburgo dal 2003, ha ricevuto dottorati onorari vari tra cui quello della Sorbonne di Parigi e dal 2006 è il primo cineasta ad essere insignito dall’Ordine “Puor le Mèrite” per la Scienza e l’Arte. Attualmente ha una sua casa di produzione, la “Neue Road Movies”.

L’ultimissimo lavoro del grande regista tedesco è Pina. Balliamo, balliamo altrimenti siamo perduti. Il film-documentario, attualmente nelle sale, è il compimento di un lungo progetto artistico che Wenders ha potuto realizzare, purtroppo, solo un anno dopo la morte dell’amica e grande coreografa Pina Baush, figura centrale del film stesso. Per poter presentarci al meglio l’arte e la poetica che sprigionano gli spettacoli della Baush, Wenders ha fatto ricorso alla tecnologia 3D, unico modo, secondo il regista, di coinvolgere lo spettatore con la magia del teatro danzante, un modo per creare un contatto di grande intensità. Pina è il primo caso di tecnologia tridimensionale applicata ad un film d’autore, l’ennesima riprova che lo spirito pionieristico e sperimentale di Wim Wenders non si è certo esaurito con il passare degli anni e questo, se permettete, è da considerarsi una fortuna.

 
 

Wim Wenders e Werner Herzog infiammano Berlino!

wim wenders

Il Festival di Berlino è iniziato da un po’ di giorni, ma fino ad ora nulla di rilevante era accaduto. Sino a che due vecchie volpi come  Wim Wenders e Werner Herzog non sono arrivati con le loro opere.

Nella giornata di ieri hanno presentato due documentari, ed entrambi in 3D. Il primo si intitola Pina, che il Berlino ha dedicato all’amica Pina Bausch, una delle più importanti coreografe della Storia recente, nome di punta di quel teatro-danza che, a partire dagli anni Settanta, ha rivoluzionato la concezione della danza contemporanea; il secondo è Cave of the Forgotten Dreams, film che partendo sulle  caverna nel sud della Francia dove, nel 1994, sono state scoperte le più antiche pitture ruperstri mai pervenute, prosegue il modello che Herzog sta portando avanti con sempre maggiore coerenza. A quanto pare entrambi i film sono di altissimo livello.

 
 

Wim Wenders America: la mostra fotografica a Varese del regista tedesco

Si chiama Wim Wenders. America la mostra fotografica composta da trentaquattro opere realizzate dal regista e fotografo Wim Wenders tra la fine degli anni Settanta e il 2003, opere che rendono omaggio all’amico Dennis Hopper e all’artista Edwars Hopper. L’evento sarà aperto dal 16 gennaio al 29 marzo 2015 villa e Collezione Panza, a Varese

Gli scatti di Wenders, realizzati interamente negli Stati Uniti, immortalano ambienti, paesaggi, architetture, strade con uno sguardo personale e talmente acuto da riuscire a cogliere, con profondità, la maestosità della natura e l’enorme potenza sprigionata dalla luce. Ogni opera, riesce a cogliere, quindi, il suo personale punto di vista sull’America e la sua cultura. Maestro del Nuovo Cinema Tedesco, quest’anno Wenders verrà premiato con l’Orso d’Oro per settant’anni di carriera durante il Festival Internazionale del Cinema di Berlino. Inoltre ha appena ricevuto la nomination all’Oscar per “Il sale della terra”.

Lo stesso regista ha commentato la mostra: “I paesaggi danno forma alle nostre vite, formano il nostro carattere, definiscono la nostra condizione umana e se sei attento acuisci la tua sensibilità nei loro confronti, scopri che hanno storie da raccontare e che sono molto più che semplici luoghi. L’allestimento segue un percorso alla scoperta della personale lettura dell’America di Wim Wenders. L’intera mostra è un omaggio all’amico Dennis Hopper (1936-2010) e a Edward Hopper (1882-1967), suo riferimento artistico. Il negozio vuoto di Las Vegas in Entire Family, il Drive – in a Marfa, il supermarket di Safeway in Texas, l’architettura avveniristica del palazzo di Houston in Entrance, e tanti altri scatti cercano di immortalare un’umanità transitata altrove, sottraendola allo scorrere del tempo; mentre in Cowboy Bar, esposto per la prima volta, in Western World Development e in Near Four Corners, risulta evidente la funzione letteraria e narrativa dell’immagine. Il percorso si conclude nelle Scuderie di Villa Panza con l’opera in cinque ‘atti’ New York, November 8, 2001 dedicata a Ground Zero: una preghiera forte e commovente che cond

“Wim Wenders. America”, mostra a cura di Anna Bernardini, Direttore di Villa e Collezione Panza, racconta lo sguardo acuto e profondo del noto regista e fotografo tedesco, teso alla contemplazione dell’immensità della natura e alla potenza della luce. Ambienti, paesaggi, architetture, strade: è l’occhio europeo che incontra, sente, vede e registra la cultura americana. Così come Giuseppe Panza di Biumo, a partire dagli anni Cinquanta, ha visitato, percepito e compreso lo spirito americano attraverso l’arte realizzando la sua collezione.
 
 

Wim Wenders a Roma per il suo «Il volo»

“Il volo” è l’ultimo film di Wim Wenders, nel quale mette in scena alcune delle realtà dei paesi della Calabria simbolo di accoglienza ed integrazione sociale.

 

 
 

Wilson: Judy Greer raggiunge Woody Harrelson

judygreerSono cominciate da poco le riprese di Wilson, adattamento cinematografico diretto da Craig Johnson della famosa graphic novel omonima di Daniel Clowes. Arriva oggi da THR la novità che Judy Greer, sul grande schermo in questi giorni in Jurassic World, si è aggiunta al cast già formato da Woody Harrelson e Laura Dern.

Harrelson interpreta il misantropo protagonista che fa un ultimo sforzo per riallacciare i rapporti con la sua tossicodipendente ex-moglie, interpretata da Laura Dern, e con la figlia teenager, che non ha mai incontrato.

Non si hanno ancora dettagli sul ruolo della Greer. Clowes si è occupato anche della sceneggiatura del film, prodotto da Alexander Payne, Sam Raimi e Josh Donen.

Fonte: THR

 
 

Willy Wonka: un film potrebbe esplorarne le origini

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato

Produttore di Harry Potter e di Animali Fantastici e Dove Trovarli, David Heyman potrebbe avere in cantiere un nuovo importante progetto legato al mondo del fantastico: un film su Willy Wonka.

Parlando con /Film, Heyman ha raccontato qualche nuovo dettaglio sul progetto, spiegando che non sarà l’ennesimo film sulla Fabbrica di Cioccolato: “Non è un remake. Ne hanno fatti due molto diversi. Potrebbe essere una storia d’origine. Siamo nelle primissime fasi a lavoro con lo sceneggiatore, Simon Rich, il che è magnifico. Sono un grande fan di Roald Dahl. Ho cercato di lavorare per moltissimo tempo su materiale di Dahl, ma molto spesso tutto era già opzionato. Quindi, quando mi è stato suggerito questo tipo di progetto, non ci ho nemmeno pensato e ho detto sì (…) Si tratta di una sfida, perché non abbiamo libri su cui basarci ma solo il personaggio. Ma credo che ci siano tanti suggerimenti e dettagli che ci spiegano chi fosse e come era stata la sua infanzia o adolescenza. Quindi esploreremo questo.”

Le origini di Willy Wonka

Il personaggio è stato interpretato da Gene Wilder e da Johnny Depp, e proprio il secondo, con la regia di Tim Burton, ha tracciato un abbozzo di quella che poteva essere stata la vita di Willy Wonka prima di aprire la sua fabbrica. Non sappiamo se il progetto partirà dal presupposto immaginato da Burton.

Voi che ne pensate?

 
 

Willy Wonka: Tom Holland e Timothée Chalamet in lizza per il prequel

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato

La Warner Bros. sarebbe molto vicina alla scelta dell’attore che interpreterà il giovane Willy Wonka nell’annunciato prequel de La fabbrica di cioccolato. Il film, in lavorazione ormai da parecchio tempo, racconterà la storia dei primi anni del famoso produttore di dolciumi, divenuto celebre non soltanto grazie al romanzo di Roald Dahl, ma anche grazie all’interpretazione di Gene Wilder nel film del 1971.

Al momento la data di uscita del prequel è stata fissata per il 17 marzo 2023. Il film, il cui titolo dovrebbe essere semplicemente Wonka, sarà diretto da Paul King e prodotto da David Heyman, che avevano già lavorato insieme per l’acclamato Paddington. Ora, secondo quanto riportato da Collider, pare che siano due gli attori in lista per ottenere l’iconica parte: stiamo parlando di Tom Holland, il ben noto Spider-Man del MCU, e di Timothée Chalamet, protagonista di Chiamami col tuo nome e dell’attesissimo Dune

In passato l’iconico ruolo di Willy Wonka è stato interpretato anche da Johnny Depp nel remake del classico degli anni ’70 ad opera di Tim Burton. Come specificato dalla fonte, a nessuno dei due attori è stato ancora offerto ufficialmente il ruolo, ma pare che la Warner Bros. sia fortemente interessata ad uno dei due.

La “problematica” eredità di Willy Wonka

Indipendentemente da chi finirà per interpretare il mitico pasticcere, la Warner dovrà fare i conti con la complita eredità razziale legata alla storia de La fabbrica di cioccolato. Al centro di quest’eredità si trovano i famosissimi Oompa-Loompa che lavorano nella fabbrica di Wonka, descritti nelle prime edizioni del libro di Dahl come “pigmei africani” che Wonka “scoprì” e portò a lavorare nella sua fabbrica. Anche quando questo linguaggio direttamente colonialista venne modificato, il problema degli Oompa Loompas rimase ugualmente, portando avanti tradizioni altamente problematiche di imperialismo e caricatura razzista.

In passato Ryan Gosling aveva espresso interesse nei confronti del ruolo di Willy Wonka, mentre all’inizio, quando il progetto era ancora in uno stato embrionale, si era parlato di Ezra Miller e di Donald Glover come possibile candidati al ruolo.

 
 

Willy Wonka: Ezra Miller, Ryan Gosling e Donald Glover nella shortlist

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato

Si torna a parlare dello spin off su Willy Wonka, film che si concentrerà esclusivamente sul proprietario della Fabbrica di Cioccolato, reso celebre da Gene Wilder e poi da Johnny Depp.

Tramite Collider, sappiamo che il progetto continua la fase di sviluppo e si stanno facendo i primi nomi relativi all’interprete principale, tanto che esiste già una short list di nomi papabili per la Warner Bros.

Trai nomi celebri presenti nella lista, riconosciamo Ryan Gosling, che già in passato aveva detto di essere interessato al ruolo; Ezra Miller, noto al grande pubblico per il ruolo di Flash in Justice League; Donald Glover, al momento in sala nei panni del giovane Lando in Solo: A Star Wars Story.

Willy Wonka è stato originariamente interpretato da Gene Wilder nel 1971. Successivamente Johnny Depp ne ha vestito i panni in Charlie e la Fabbrica di Cioccolato, film del 2005 diretto da Tim Burton. Il reboot di Burton ricevette opinioni contrastanti ma nel 2016 Warner. ha annunciato lo spin-off su Willy Wonka.

In quanto alla trama, Warner sta mantenendo il più assoluto segreto sul prequel ma è probabile che si tratterà di una origin story. Il film verrà prodotto da David Heyman (Animali Fantastici e Dove Trovarli) e scritto da Simon Rich (Pets – Vita da Animali).

 
 

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: tutte le curiosità sul film

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato libro

Tutti conoscono il film del 2005 La fabbrica di cioccolato, diretto da Tim Burton e con Johnny Depp nei panni dell’iconico Willy Wonka, proprietario della stravagante fabbrica di cioccolato del titolo. Le generazioni di spettatori più giovani probabilmente non sanno però che già nel 1971 era stato portato sul grande schermo un adattamento del celebre romanzo omonimo di Roald Dahl. Con il titolo Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, questo presenta grossomodo la medesima vicenda, seppur con alcune significative differenze. Diretto da Mel Stuart e interpretato dall’attore Gene Wilder, il film è oggi considerato un vero e proprio cult.

A far scoprire il romanzo di Dahl a Stuart fu sua figlia, che avendo appena letto il libro gli chiese di farne un film. Ben presto, il racconto divenne oggetti di forte interesse, presentandosi sulla carta come un film adatto alle famiglie sulla scia di titoli come Il mago di Oz e Mary Poppins. La sceneggiatura che ne venne scritta, firmata da David Seltzer, lasciò però particolarmente scontento proprio Dahl, il quale affermò che questo adattamento aveva completamente perso di vista il cuore narrativo del racconto, dando inoltre maggior enfasi a Wonka piuttosto che a Charlie, il vero protagonista del romanzo.

Distintosi per dei buoni incassi e per una nomination agli Oscar per la miglior colonna sonora, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato è ad ogni modo divenuto un classico del cinema fantastico, guadagnando sempre più popolarità anche a distanza di tempo dalla sua uscita. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: la trama e il cast del film

Protagonista del film è il giovane Charlie Bucket, il quale vive in estrema povertà insieme ai genitori e ai quattro nonni. La sua vita cambia improvvisamente quando trova uno dei cinque biglietti d’oro che permettono ad altrettanti fortunati di fare una visita nella misteriosa fabbrica di cioccolato di proprietà dell’ancor più misterioso Willy Wonka. Accompagnato dal nonno Joe, Charlie ha così modo di conoscere tanto gli altri bambini vincitori quanto una realtà imprevedibile, che si svelerà sempre più ai suoi occhi come l’inizio di qualcosa di magico nella sua vita.

Come anticipato, ad interpretare Willy Wonka vi è l’attore Gene Wilder, celebre anche per il film Frankenstein Junior. Questi accettò la parte solo a condizione che la prima apparizione di Wonka sullo schermo lo avesse visto uscire dalla fabbrica zoppicando claudicante con un bastone, per poi perderlo lungo il tragitto, e fare una capriola rivelando di essere sanissimo. Tale sua volontà è stata poi esaudita e questo è proprio il modo in cui Wonka compare per la prima volta nel film. L’attore, inoltre, contribuì a definire il look del personaggio, in particolar modo per quanto riguarda l’abbigliamento.

Accanto a lui, nei panni del giovane Charlie Bucket, vi è Peter Ostrum. Per lui si trattò del primo film come attore e rimase anche l’unico, in quanto in seguito Ostrum decise di abbandonare la recitazione per diventare un veterinario. L’attore premio Oscar Jack Albertson interpreta il ruolo del nonno Joe, mentre gli attori Julie Dawn Cole, Denise Nickerson, Paris Themmen e Michael Bollner interpretano rispettivamente Verusca Salt, Violet Beauregarde, Mike Travis e Augustus Gloop, gli altri bambini vincitori del concorso. Questi ultimi e Ostrum hanno dichiarato di essere rimasti in contatto dopo il film e ancora oggi partecipano insieme ad occasioni dedicate a questo.

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato film

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: le differenze tra il libro e il film

Un romanzo come quello di Dahl era particolarmente complesso da adattare, in particolare per la grande quantità di ambienti e situazioni bizzarre. Si dovette pertanto ricorre ad una serie di modifiche, che trasformarono però il racconto a tal punto da non renderlo gradito allo scrittore. La prima sostanziale differenza è quella di aver reso Willy Wonka il protagonista, riportandolo come tale già nel titolo del film. Oltre ciò, differenze si possono ritrovare nella descrizione della famiglia di Charlie. Nel film questa è infatti molto meno povera rispetto a quanto riportato nel libro. Un elemento che il film amplifica rispetto al libro è inoltre quello delle canzoni.

Nel libro queste vengono eseguite solo dagli Oompa Loompa, mentre nel film vi sono diversi personaggi che si esibiscono nel canto. Anche gli stessi Oompa Lumpa sono stati raffigurati in modo diverso rispetto al libro. In questo, sono personaggi grandi come bambole e continuamente intenti a ridere. Nel film sono invece di dimensioni maggiori e si caratterizzano per la pelle arancione e i capelli verdi. In ultimo, il personaggio di Wonka acquista nel film dei connotati molto più inquietanti e da sociopatico. Di conseguenza, molte situazioni nel corso del film acquistano un tono più cupo.

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Now e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 10 giugno alle ore 21:10 sul canale TwentySeven.

Fonte: IMDb, Looper

 
 

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: reunion del cast dopo 44 anni

Dopo ben 44 anni al Today Show della NBC c’è stata la reunion del cast di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, il film culto del 1971 con protagonista Gene Wilder. Ecco tutto il cast, compreso i cinque vincitori del biglietto d’ro e uno degli Oompa Loompa riuniti per l’occasione:

 
 

Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato: in arrivo il prequel

Wonka

A circa due mesi dalla scomparsa di Gene Wilder, indimenticabile interprete – tra gli altri – di Willy Wonka e la Fabbrica di Ciccolato, arriva la notizia che la Warner Bros. è al lavoro su un prequel dedicato al personaggio nato dalla penna di Roald Dahl.

Il film non sarà un nuovo adattamento del romanzo uscito nel 1964 o del suo seguito Il grande ascensore di cristallo, né una storia di origini, ma racconterà bensì un’avventura vissuta da Willy Wonka in età giovanile. Nel nuovo film non saranno neanche presenti personaggi storici come Charlie Bucket, che probabilmente appariranno in altri film se si deciderà di dare il via ad un vero e proprio franchise. La nuova pellicola Wonka sarà prodotta da  David Heyman (la saga di Harry Potter), mentre la sceneggiatura porterà la firma di Simon Rich.

Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato: reunion del cast dopo 44 anni

La fabbrica di cioccolato è tra i più famosi libri per ragazzi scritti da Roald Dahl. Il racconto è ispirato alla giovinezza di Dahl: quando frequentava la Repton School, la famosa ditta produttrice di cioccolato Cadbury spediva ai collegiali delle scatole piene di nuovi tipi di dolci e un foglietto per votare. I dolci preferiti venivano quindi immessi nel mercato.

Da questa storia sono stati tratti due film: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato di Mel Stuart e La fabbrica di cioccolato di Tim Burton.

Fonte: CS

 
 

Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: il trailer onesto

Screen Junkies ha pubblicato il trailer divertente trailer onesto di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, il film di Mel Stuart con protagonista lo straordinario Gene Wilder.

Il film è ispirato ad un romanzo di Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, nuovamente portato sullo schermo nel 2005 da Tim Burton ne La fabbrica di cioccolato, con Johnny Depp nel ruolo già ricoperto da Gene Wilder.

Con il passare degli anni, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato ha acquisito nuova popolarità e un particolare status di “cult movie” per diverse generazioni, grazie in larga parte ai ripetuti passaggi televisivi (specialmente sotto le festività natalizie) di cui è stato fatto oggetto nel corso degli anni. Nella classifica dei migliori 50 cult movies stilata nel 2003 dalla rivista statunitense Entertainment Weekly, il film viene piazzato alla posizione numero 25.

 
 

Willow: recensione del film di Milcho Manchevski #RomaFF14

willow-recensione

Celebre per il suo Prima della pioggia, Leone d’Oro alla 51ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il regista macedone Micho Manchevski presenta ora alla Festa del Cinema di Roma il suo nuovo film, intitolato Willow. Girato tra la Macedonia del Nord e l’Ungheria, la pellicola è suddivisa in tre storie, ognuna delle quali con protagonista una donna. Tre storie agrodolci che esplorano i temi dell’amore, della fiducia e della maternità.

La prima di queste è ambientata nel Medioevo, dove un’anziana donna si offre di aiutare una giovane coppia che non riesce a concepire. In cambio chiederà tuttavia il loro primogenito. Nelle due storie successive, ambientate in epoca contemporanea, si affronteranno invece le questioni riguardanti la fecondazione assistita e l’interruzione della gravidanza, il tutto attraverso gli occhi di due sorelle.

Willow, il desiderio di maternità

“Willow” è il termine inglese per la pianta salice, il cui significato più comune è quello di dolore e lacrime. Non a caso, dunque, è un elemento così ricorrente all’interno del film. Questo attraversa le storie messe in scena nel film, le congiunge spazialmente e tematicamente. E numerosi oltre a questo sono i richiami presenti tra i tre episodi, oggetti o avvenimenti che ritornano e si ripresentano sotto differenti declinazioni, ma tutti mirati a narrare della medisima cosa, ovvero del desiderio di maternità, di come questo germogli e si sviluppi, di cosa renda davvero “madri”.

Si parte da un primo episodio ambientato in un indefinito periodo medievale, dove si parla di maledizioni, rituali da eseguire e forte devozione nel divino. Un episodio visivamente affascinante, che cattura inizialmente per i suoi spazi e per i sentimenti primordiali che animano i personaggi, capaci di macchiarsi di terribili peccati pur di preservare ciò amano. Da qui si viene bruscamente catapultati per le strade di una città di oggi, dove quei peccati sembrano ricadere sui discendenti di chi li ha commessi. Sono cambiati i tempi, ma il desiderio di maternità rimane invariato, costretto tuttavia ad affrontare nuove sfide.

Ed è finalmente qui, con il secondo e terzo episodio che il regista può spalancare le porte allo spettatore, permettendogli di entrare nel suo mondo. Di scontrarsi con le vite apparentemente normali di due donne, le quali portano tuttavia su di loro i segni di quell’antico peccato, costrette a vivere le incertezze date dal complesso mondo della fertilità oggi.

Il regista cerca allora di raffigurare nella maniera più semplice e fedele possibile i drammi di chi si trova a vivere una tale situazione, e lo fa mettendosi al servizio della storia, senza forzare la mano dell’autore ma lasciando che siano i personaggi a lasciar trasparire la storia. Il risultato è uno struggente ritratto che scava alle radici del desiderio di essere madre, portando alla luce una verità rintracciabile anche nel tematicamente simile Un affare di famiglia, il film del regista giapponese Hirokazu Kore’eda vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2018.

willow-film

Willow: cosa fa di una donna una madre?

Pur trattando temi attuali come la fecondazione assistita, l’aborto, l’adozione e quant’altro sia legato al fragile mondo della maternità, il film si concede il piacere di non apportare un giudizio morale a tutto ciò. Al contrario sempre più appare chiaro quello che sembra essere il cuore del film, racchiuso nell’ultimo breve ma intenso episodio del film. Il regista compie un lungo percorso per arrivarvi, talvolta rischiando di depistare lo spettatore, ma arriva infine a porre, senza pronunciarla esplicitamente, la domanda su cosa faccia di una donna una madre. È sufficiente avere un figlio per diventare tale? La risposta sembrerebbe negativa, ed è tutt’altro che scontata.

Quella che appare come l’unica vera madre del film è anche l’unica che non lo è di sangue. L’essere madre allora sembra derivare non esclusivamente dall’atto di generare, ma anche dal rapporto che si costruisce con il proprio figlio. Dal dolore e dagli affanni, dalle preoccupazioni e dai sacrifici che si compiono in suo nome. È proprio per questo che nel chiudersi con un campo e controcampo del sorriso reciproco di madre e figlio, il film trova un suo compimento naturale, ed emotivamente toccante.

 
 

Willow: la serie Lucasfilm cancellata dopo una sola stagione

Warwick Davis Willow recensione

Non ci sarà una seconda stagione di Willow, la serie originale live-action di Disney+ basata sul film fantasy del 1988 diretto da Ron Howard. La notizia arriva due mesi dopo che la prima stagione di otto episodi, che era un sequel del film originale, si è conclusa sulla piattaforma di streaming.

La serie non ha avuto l’impatto culturale che ha invece avuto all’epoca dell’uscita il film originale ma è stato ben accolto dalla critica, ottenendo un 83% su Rotten Tomatoes. Anche se la serie non continuerà, Willow rimane un IP importante nella libreria di Lucasfilm, quindi potrebbe essere rivisitato in futuro.

La notizia arriva mentre Lucasfilm ha rivalutato la sua lista di film, prendendosi del tempo per identificare il prossimo film del franchise di Star Wars. Nel frattempo, la società ha costruito una considerevole impronta televisiva con Star Wars su Disney+ grazie a serie come il successo live-action The Mandalorian e le imminenti Ahsoka, Acolyte e Skeleton Crew, oltre ai programmi animati.

La cancellazione arriva anche a seguito di un maggiore controllo da parte delle società di media, tra cui Disney, che hanno frenato la spesa per i contenuti in streaming in cerca di redditività.

Willow ha introdotto nuovi personaggi ed è stato ambientato in un mondo in cui prosperano brownies, stregoni, troll e altre creature mistiche. Un improbabile gruppo di eroi parte per una pericolosa ricerca in luoghi lontani dalla loro casa, dove devono affrontare i loro demoni interiori e unirsi per salvare il loro mondo.

Ellie Bamber, Ruby Cruz, Erin Kellyman, Amer Chadha-Patel e Tony Revolori hanno recitato al fianco di Warwick Davis, che ha ripreso il ruolo di Willow Ufgood. Jonathan Kasdan ha scritto il pilot ed è stato co-showrunner insieme a Wendy Mericle; Howard e lo scrittore Bob Dolman. Kathleen Kennedy e Michelle Rejwan sono state anche produttrici esecutive.