Screen
Junkies ha pubblicato il trailer divertente trailer onesto
di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, il
film di Mel Stuart con protagonista lo
straordinario Gene Wilder.
Il film è ispirato ad un romanzo di
Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato, nuovamente
portato sullo schermo nel 2005 da Tim Burton ne La
fabbrica di cioccolato, con Johnny Depp nel ruolo
già ricoperto da Gene Wilder.
Con il passare degli anni,
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato ha
acquisito nuova popolarità e un particolare status di “cult movie”
per diverse generazioni, grazie in larga parte ai ripetuti passaggi
televisivi (specialmente sotto le festività natalizie) di cui è
stato fatto oggetto nel corso degli anni. Nella classifica dei
migliori 50 cult movies stilata nel 2003 dalla rivista statunitense
Entertainment Weekly, il film viene piazzato alla
posizione numero 25.
Celebre per il suo
Prima della pioggia, Leone d’Oro alla 51ª
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il regista
macedone Micho
Manchevski presenta ora alla Festa del Cinema
di Roma il suo nuovo film, intitolato
Willow. Girato tra la Macedonia del Nord
e l’Ungheria, la pellicola è suddivisa in tre storie, ognuna delle
quali con protagonista una donna. Tre storie agrodolci che
esplorano i temi dell’amore, della fiducia e della maternità.
La prima di queste è ambientata nel
Medioevo, dove un’anziana donna si offre di aiutare una giovane
coppia che non riesce a concepire. In cambio chiederà tuttavia il
loro primogenito. Nelle due storie successive, ambientate in epoca
contemporanea, si affronteranno invece le questioni riguardanti la
fecondazione assistita e l’interruzione della gravidanza, il tutto
attraverso gli occhi di due sorelle.
Willow, il desiderio di
maternità
“Willow” è il termine inglese per
la pianta salice, il cui significato più comune è quello di dolore
e lacrime. Non a caso, dunque, è un elemento così ricorrente
all’interno del film. Questo attraversa le storie messe in scena
nel film, le congiunge spazialmente e tematicamente. E numerosi
oltre a questo sono i richiami presenti tra i tre episodi, oggetti
o avvenimenti che ritornano e si ripresentano sotto differenti
declinazioni, ma tutti mirati a narrare della medisima cosa, ovvero
del desiderio di maternità, di come questo germogli e si sviluppi,
di cosa renda davvero “madri”.
Si parte da un primo episodio
ambientato in un indefinito periodo medievale, dove si parla di
maledizioni, rituali da eseguire e forte devozione nel divino. Un
episodio visivamente affascinante, che cattura inizialmente per i
suoi spazi e per i sentimenti primordiali che animano i personaggi,
capaci di macchiarsi di terribili peccati pur di preservare ciò
amano. Da qui si viene bruscamente catapultati per le strade di una
città di oggi, dove quei peccati sembrano ricadere sui discendenti
di chi li ha commessi. Sono cambiati i tempi, ma il desiderio di
maternità rimane invariato, costretto tuttavia ad affrontare nuove
sfide.
Ed è finalmente qui, con il secondo
e terzo episodio che il regista può spalancare le porte allo
spettatore, permettendogli di entrare nel suo mondo. Di scontrarsi
con le vite apparentemente normali di due donne, le quali portano
tuttavia su di loro i segni di quell’antico peccato, costrette a
vivere le incertezze date dal complesso mondo della fertilità
oggi.
Il regista cerca allora di
raffigurare nella maniera più semplice e fedele possibile i drammi
di chi si trova a vivere una tale situazione, e lo fa mettendosi al
servizio della storia, senza forzare la mano dell’autore ma
lasciando che siano i personaggi a lasciar trasparire la storia. Il
risultato è uno struggente ritratto che scava alle radici del
desiderio di essere madre, portando alla luce una verità
rintracciabile anche nel tematicamente simile Un affare di
famiglia, il film del regista giapponese
Hirokazu Kore’eda vincitore della Palma d’Oro al
Festival di Cannes 2018.
Willow: cosa fa di una donna una
madre?
Pur trattando temi attuali come la
fecondazione assistita, l’aborto, l’adozione e quant’altro sia
legato al fragile mondo della maternità, il film si concede il
piacere di non apportare un giudizio morale a tutto ciò. Al
contrario sempre più appare chiaro quello che sembra essere il
cuore del film, racchiuso nell’ultimo breve ma intenso episodio del
film. Il regista compie un lungo percorso per arrivarvi, talvolta
rischiando di depistare lo spettatore, ma arriva infine a porre,
senza pronunciarla esplicitamente, la domanda su cosa faccia di una
donna una madre. È sufficiente avere un figlio per diventare tale?
La risposta sembrerebbe negativa, ed è tutt’altro che scontata.
Quella che appare come l’unica vera
madre del film è anche l’unica che non lo è di sangue. L’essere
madre allora sembra derivare non esclusivamente dall’atto di
generare, ma anche dal rapporto che si costruisce con il proprio
figlio. Dal dolore e dagli affanni, dalle preoccupazioni e dai
sacrifici che si compiono in suo nome. È proprio per questo che nel
chiudersi con un campo e controcampo del sorriso reciproco di madre
e figlio, il film trova un suo compimento naturale, ed emotivamente
toccante.
Non ci sarà una seconda stagione di
Willow, la serie originale live-action di
Disney+ basata sul film fantasy del
1988 diretto da Ron Howard. La notizia arriva due
mesi dopo che la prima stagione di otto episodi, che era un sequel
del film originale, si è conclusa sulla piattaforma di
streaming.
La serie non ha avuto l’impatto
culturale che ha invece avuto all’epoca dell’uscita il film
originale ma è stato ben accolto dalla critica, ottenendo un 83% su
Rotten Tomatoes. Anche se la serie non continuerà, Willow rimane un IP importante nella libreria
di Lucasfilm, quindi potrebbe essere rivisitato in futuro.
La notizia arriva mentre Lucasfilm
ha rivalutato la sua lista di film, prendendosi del tempo per
identificare il prossimo film del franchise di Star
Wars. Nel frattempo, la società ha costruito una
considerevole impronta televisiva con Star
Wars su Disney+ grazie a serie come il successo
live-action The Mandalorian e le imminenti
Ahsoka, Acolyte e Skeleton Crew,
oltre ai programmi animati.
La cancellazione arriva anche a
seguito di un maggiore controllo da parte delle società di media,
tra cui Disney, che hanno frenato la spesa per i contenuti in
streaming in cerca di redditività.
Willow ha introdotto nuovi personaggi ed è
stato ambientato in un mondo in cui prosperano brownies, stregoni,
troll e altre creature mistiche. Un improbabile gruppo di eroi
parte per una pericolosa ricerca in luoghi lontani dalla loro casa,
dove devono affrontare i loro demoni interiori e unirsi per salvare
il loro mondo.
Ellie Bamber, Ruby Cruz,
Erin Kellyman, Amer Chadha-Patel e Tony
Revolori hanno recitato al fianco di Warwick Davis, che ha ripreso il ruolo di
Willow Ufgood. Jonathan Kasdan ha scritto il pilot
ed è stato co-showrunner insieme a Wendy Mericle;
Howard e lo scrittore Bob Dolman. Kathleen
Kennedy e Michelle Rejwan sono state
anche produttrici esecutive.
In una recente intervista con
Deadline, Jonathan Kasdan ha spiegato come
Star Wars: Episode VII – Il Risveglio della
Forza abbia influenzato la serie sequel di
Willow. Lo showrunner ha ammesso che attraverso il suo
legame con il film di Star
Wars – un film a cui suo padre Lawrence Kasdan
ha contribuito come sceneggiatore – ha imparato il valore degli
effetti pratici durante la creazione di immagini fantastiche per lo
spettacolo.
“Il
Risveglio della Forza ha avuto una grande influenza su
questo show perché è stata un’esperienza così formativa sia per
Michelle [Rejwan] che per me in termini di capire cosa funziona e
cosa no e quanto vuoi provare a portare avanti le cose e quanto
vuoi dare alle persone ciò che si aspettano. Ci sono stati giorni
in cui avevamo 30 troll completamente protesizzati… Sembrava che la
dichiarazione d’intenti fosse: come rendere tutto il più reale
possibile? E come ti facciamo porre la domanda, cosa hanno fatto
veramente e cosa è digitale?”
Il risultato, in
Willow, è davvero sorprendente. La serie è disponibile
su Disney+, con un nuovo episodio a
settimana.
In occasione dei 35 anni di Willow, FUNKO Pop! ha
realizzato una serie di statuine dedicate ai personaggio del film
di Ron Howard. Le nuove figure presentano il trio
principale incaricato di salvare la piccola Elora Danan dal
malvagio Bavmorda, più uno degli scagnozzi della strega
cattiva.
La prima delle figure è il film di
Willow Ufgood, interpretato da Warwick Davis, con lo stregone Nelwyn che
culla la piccola Elora tra le braccia. Poi arriva Sorsha
(interpretata da Joanne Whalley), la figlia di
Bavmorda diventata brava grazie all’amore di Madmartigan. Viene
fornita completa della sua armatura da caccia e della sua spada, e
la collezione presenta anche una variante dell’inseguimento della
principessa nel suo elmo da guerriero.
Per i fan che hanno subito il
fascino dello spadaccino Madmartigan (Val Kilmer),
anche lui fa parte della collezione, nella sua famosa armatura
d’oro del finale del film, così come la sua iconica spada. A
completare le figure c’è l’incombente generale Kael, braccio destro
di Bavmorda, minaccioso nella sua armatura e nell’elmo a forma di
teschio.
Il 26 maggio è
stato rilasciato il primo trailer di Willow, la
serie prodotta dalla Lucasfilme
basata sull’omonimo
film del 1988 di Ron Howard (Solo,
Pavarotti).
In attesa dell’uscita delle otto puntate su Disney+ –
prevista a partire dal 30 novembre – vediamo le
principali curiosità suscitate dal teaser dello show.
Una nuova ricerca
In una scena del trailer,
vediamo un gruppo di eroi che guardano il mare in una giornata
burrascosa. Appare chiaro fin da subito che il
mago Willow dovrà affrontare una nuova missione,
probabilmente in nuovi luoghi e accanto a nuovi personaggi.
I nuovi arrivati sono
Graydon (Tony
Revolori), Boorman (Amar
Chadha-Patel), Dove (Ellie
Bamber), Kit (Ruby
Cruz) e Jade (Erin
Kellyman). Nel trailer di Willow, sembra
esserci EloraDanan, anche se non è stata
nominata ancora nessuna attrice per il ruolo. Non mancano però i
personaggi già noti: primo fra tutti, il protagonista sarà
interpretato come nel film originale da Warwick Davis.
Rovine sconosciute
Il gruppo che vediamo nel
trailer di Willow arriva di fronte alle rovine di
quella che dev’essere stata una grande città. Due statue fanno da
guardia alle porte di questo luogo che sembra estendersi per
chilometri. Per ora è difficile comprendere di che città potrebbe
trattarsi, ma forse le tracce di questo luogo si trovano nella
trilogia scritta da George Lucas e Chris
Claremont.
Cronache della guerra
dell’ombra è una serie di romanzi ambientata quindici anni
dopo il film di Ron Howard. Nella storia, un
misterioso evento distrugge la maggior parte del mondo, tra cui la
città di Tir Asleen. Se i libri sono l’ispirazione
della serie, la città vista nel trailer potrebbe essere
proprio Tir Asleen.
Un Willow potenziato
Nel film originale,
Willow Ufgood (Warwick
Davis) è inizialmente un contadino che aspira a
diventare mago ma che non crede di averne le potenzialità. Nel
corso del lungometraggio, Willow impara a conoscere il
mondo magico e a gestire i poteri.
Diversamente, già dal trailer della
serie conosciamo un Ufgood skillato. Willow
cammina con un possente bastone di legno che ha una gemma verde
incandescente incastonata nella parte superiore. Inoltre, lo
stregone utilizza l’arma abilmente in un duello con un nemico
sconosciuto.
Il ritorno di Sorsha
Stando al trailer,
Willow Ufgood non sarà l’unico personaggio del film
originale a tornare per la serie. Joanne
Whalley riprenderà il ruolo di Sorsha e
sembra che sarà la regina del restaurato regno di Tir
Asleen.
Nel film, Sorsha si
presenta inizialmente come un guerriero spietato che dà la caccia a
Willow, per poi rivoltarsi contro la
madre Bavmorda. Sorsha cambia
atteggiamento dopo essersi innamorata di
Madmarigan (Val
Kilmer), il guerriero che aiuta Willow
ed Elora Danan nel loro viaggio.
Sorsha sfodera di nuovo la
spada
Ciò che rende
Sorsha un grande personaggio nel film fantasy originale è
la sua spada. Questa abilità di Sorsha la eleva in
cima alle file dell’esercito di Bavmord e le permette
l’accesso alla classe dei migliori guerrieri del suo mondo.
Stando al trailer di
Willow, il personaggio continuerà ad usare l’arma
anche nella serie. Non a caso, una rapida inquadratura del video
mostra Sorsha mentre disegna una spada in quello che
potrebbe essere il suo palazzo.
La principessa guerriera
Sembra che sia la
principessa Kit (Ruby Cruz) a muovere il
gruppo di personaggi principali per la ricerca di suo fratello dopo
che il ragazzo è stato rapito.
Kit appare più volte nel
teaser di Willow, ha in mano una spada e combatte
contro nemici sconosciuti e mascherati. Qual è la storia del
personaggio? Se Kit è una principessa, potrebbe essere
figlia della regina Sorsha. Inoltre, visto che
Sorsha e Madmartigan hanno adottato Elora
Danan, potrebbe trattarsi della stessa persona, magari
chiamata nella serie con uno pseudonimo.
Dov’è Elora Danan?
Ci sono nel trailer di
Willow alcuni indizi che suggeriscono che
Elora e Kit non sono la stessa persona. Prima di
tutto, nel film Elora ha i capelli rossi e ricci, tratto
distintivo che manca a Kit. Inoltre, il film è uscito
più di trent’anni fa e la stessa quantità di tempo sembra essere
passata all’interno della storia. Elora dovrebbe quindi
avere trent’anni nella serie, un’età certamente maggiore a quella
che dimostra Kit. Viene da chiedersi: che fine ha
fatto Elora da adulta?
Elora è il nemico in
Willow?
In un punto del trailer,
Willow e il team si trovano costretti ad affrontare una
misteriosa minaccia dotata di una bacchetta simile a quella di
Raziel. Data l’assenza di Elora per tutto il
resto del video, forse è lei il cattivo che si vede?
Elora ha giocato un ruolo
principalmente eroico e positivo nel film originale, ma la serie
potrebbe allontanarsi in modo significativo dalle aspettative dei
fan. Lo show Disney+ potrebbe rivelare che
Elora crescendo è diventata una potente maga
come Bavmorda, una delle streghe più potenti mai viste al
cinema.
In ogni caso, il produttore
esecutivo e scrittore Jonathan Kasdan ha dichiarato che lo ”lo
spirito di Madmartigan è vivo’‘ anche nello show. Va detto che
l’assenza potrebbe anche essere determinata dalla storia della
serie, aprendo la possibilità per un ritorno di
Madmartigan nella seconda stagione.
Se ne è parlato per
decenni (dal 2005 circolano voci di un sequel) e adesso, in forma
di serie tv per Disney+, arriva Willow, che
riporta al pubblico affezionato e a potenziali nuovi fan le
avventure dello stregone con il volto di Warwick Davis. A promuovere l’idea dello show
alle alte sfere Disney è stato Jonathan Kasdan,
che infatti compare in veste di ideatore e sceneggiatore dello
show, dopo che, sul set di Solo: A Star Wars Story, aveva bombardato
Davis con domande, suggestioni e idee per quella che poi sarebbe
diventato questo nuovo ciclo di 8 episodi che riprende la storia
del film, raccontandoci le sorti di Elora Danan, la bambina, ora
giovane donna, destinata a diventare imperatrice di tutta
Andowyne.
Willow, la trama
Come ci aveva già
suggerito il finale del film del 1988, Elora cresce sotto falso
nome alla corte di Madmartigan e Sorsha, sovrani di Tir Asleen.
Sorsha, rimasta senza il suo Madmartigan, deve fare i conti con due
figli gemelli che proprio non ne vogliono sapere nulla di
abbracciar eil loro destino di futuri regnanti. La tempestosa Kit
preferisce tirare di scherma con la sua amica Jade, aspirante
guardia di palazzo, mentre l’affascinante Airk è molto più preso
dalle fanciulle che dal suo ruolo di futuro re. Quando però le
forze del male si risvegliano e rapiscono Airk, una strampalata
compagnia viene incaricata di liberare il principe, purché si
avvalga dell’aiuto dello stregone
Willow.
Riesumare un franchise
Sembrava complicato
riportare in vita un franchise sepolto da così tanto tempo. Certo,
sepolto per modo di dire, dal momento che il film di Ron
Howard è un cult al pari di Labirynth e La storia fantastica, ma la macchina
produttiva Disney+ è riuscita a far
gemmare l’unica PI Lucasfilm che non fosse gravata
dalla “maledizione” che invece sembra pesare su Star
Wars (che non riesce a trovare una strada dopo la
conclusione, molto criticata, della terza trilogia).
Il pretesto narrativo è
semplice, lo sviluppo estremamente canonico, ma anche un grande
classico come Willow si aggiorna ai tempi,
concentrandosi principalmente sulle individualità e sui caratteri
dei singoli personaggi. Se già il film originale vantava una
inclusività inedita per l’epoca, il ventaglio della
rappresentazione in Willow – la serie si
moltiplica e offre la possibilità di raccontare molti più punti di
vista, anche perché “la compagnia” di eroi chiamarti all’azione è
più numerosa rispetto all’armata di due, formata da Davis e
Val Kilmer nel film del 1988.
Meno epicità e più
introspezione
Questo significa che la
storia nel complesso perde di epicità, ma che si arricchisce di
introspezione e probabilmente parla meglio all’oggi e a ciò che
interessa adesso alle giovani generazioni, le quali dovrebbero
essere il principale pubblico dello show, dal momento che la storia
è comunque un’avventura di formazione. Certo, c’è grande rispetto e
fedeltà verso ciò che è stato e anche la giusta quantità di
riferimenti; molti luoghi sono gli stessi e la storia è chiaramente
un sequel diretto.Per cui i fan hardcore che hanno superato i 40,
saranno appagati.
Continuità visiva tra
vecchio e nuovo
Dal punto di vista
formale, si è optato per l’utilizzo di effetti speciali e visivi
che apparissero in continuità con il film. Chiaramente si vede che
gli anni sono passati e che l’aspetto della serie è moderno
rispetto a
Willow 1988, ma è innegabile una rassicurante affinità
visiva trai due prodotti.
Oltre al ritrovato
Warwick Davis che sembra maturato dentro al
costume dello stregone, il cast di giovani interpreti rivela una
ricerca davvero intelligente nello scovare visi particolari con
tratti riconoscibili. Erin Kellyman, già vista in
The Falcon and the Winter Soldier, è forse
l’esempio migliore di questa caratterizzazione somatica degli
interpreti che riporta un quadro vivace dei partecipanti alla
quest eroica. Naturalmente ci sono interpreti più e meno
in parte, tuttavia l’impressione generale è che il tono
squisitamente favolistico della storia sia in grado di far
perdonare qualche ingenuità interpretativa.
Willow è l’iconico Warwick
Davis
Chi invece sembra non
perdere neanche un colpo è l’iconico Warwick Davis, che con
Lucasfilm ha costruito gran parte della sua
carriera e che è, a oggi, uno dei volti più riconoscibili per gli
spettatori nerd di vecchia e nuova generazione. Il suo
Willow è esattamente quello di 34 anni fa, forse
leggermente attempato e con molta esperienza in più, soprattutto in
fatto di magia, ma ha sempre lo stesso cuore grande e lo stesso
sfrenato desiderio di compiere il bene. E forse è questo l’elemento
di maggiore pregio di tutta l’operazione.
Figlio d’arte e già
sceneggiatore di Solo: A Star Wars Story,Jonathan Kasdan si fa carico di
riportare in auge, dopo diversi decenni, uno dei marchi più cari
alla Lucasfilm, quello di Willow, film del 1988
con Warwick Davis
che adesso diventa una serie omonima, che dà seguito ai fatti
raccontati in quella rocambolesca avventura.
In occasione della
conferenza stampa mondiale di presentazione della serie,
disponibile su Disney+ a partire dal 30 novembre,
Kasdan in persona ha parlato del progetto che ha visto di nuovo
coinvolto nell’iconico ruolo Davis. “C’era da tanto tempo tra
me, Ron (Howard, regista del film, ndr) e Warwick l’impulso di
continuare questa storia e tornare in questo mondo. Io ci sono
arrivato come fan, loro invece c’erano già dentro entrambi come
creatori, e hanno trovato un campione in me. Ho continuato a
lottare e sperare che avremmo avuto la possibilità di tornare in
quel mondo, e il mio asso nella manica era ovviamente Warwick che
aveva detto che sarebbe tornato e che sarebbe stato così attraente
che l’America – e il mondo – sarebbero caduti in ginocchio ai suoi
piedi. Penso che tutti lo abbiano capito, e tutti lo abbiano
apprezzato, che c’era qualcosa di veramente speciale
nell’opportunità di riportare questo personaggio sullo
schermo.”
Come ogni franchise che
ha radici profonde nel cuore dei fan e che viene riproposto anche
ad un pubblico moderno, la via giusta dovrebbe essere quella di
riuscire a tenersi in equilibrio tra ciò che i fan di lunga data si
aspettano e quello che invece vuole il pubblico nuovo e che esige
la storia. “Quella è la sfida – ha spiegato
Jonathan Kasdan – sempre, con ogni episodio
che stai attraversando il confine, tra renderlo familiare e
soddisfare ciò che i fan si aspettano dal marchio “Willow”, e poi
provare a spingerlo avanti e raccontare una storia sorprendente e
inaspettata. E sai, la grande arma che avevamo con noi era Warwick,
che ha dato credibilità alla serie, e nel momento in cui lo vedi
sullo schermo, improvvisamente credi che questi altri sei ragazzini
possano in qualche modo inserirsi in quel mondo, e abitarlo
davvero. E lo hanno fatto in modo così bello e con tanto gusto ed
entusiasmo. E sono stati così bravi a farlo che la serie è davvero
sia un omaggio al film che una progressione naturale della sua
storia.”
Willow, il ritorno di Warwick
Davis
Ma, come ha detto
Kasdan, non ci sarebbe stata una serie sequel del film senza Willow
in persona, quel Warwick Davis a cui tanto deve la comunità
cinematografica nerd, lui che in tanti anni di carriera ha portato
sullo schermo tantissimi personaggi fantastici, spaziando trai
franchise e nell’immaginazione dei fan. Secondo Davis, la serie
arriva al termine di un lunghissimo periodo di proposte e
incertezze: “Per anni se ne è parlato, non da fonti ufficiali,
ma tra i fan. Mi hanno costantemente interpellato, chiedendomi
quando si sarebbe realizzato un sequel del film. Ed è una domanda a
cui non avrei mai potuto rispondere. Fino a quando non ho
incontrato Jon Kasdan, che ho capito essere anche lui un fan del
film. Eravamo sul set di Solo, e c’era questa persona che non
smetterà di parlare di Willow, e io pensavo che avremmo dovuto
occuparci di raccontare questa storia di Star
Wars, no? Ma lui insisteva, è stato davvero il catalizzatore
del progetto. In termini di sviluppo, non ci sono voluti molti
anni. Prima che me ne rendessi conto ero seduto sul set, in Galles,
per il primo giorno di riprese. Ancora una volta sembra “Willow”,
ma una versione leggermente più vecchia, più matura e più bella.
Più sexy.”
“E’ stato
interessato tornare in quel mondo, per me è stato bellissimo ogni
volta che il mio personaggio faceva riferimento agli avvenimenti
del film, è stato un modo davvero divertente di guardare indietro,
e certamente penso che i fan si divertiranno. Ma siamo tornati
anche in quei luoghi e ambienti in cui eravamo già stati per il
film. In particolare, Nockmaar era uno di quei posti particolari,
che mi ha sempre dato i brividi. Sai, eccomi lì in piedi o seduto
da qualche parte in cui Bavmorda si sarebbe seduta, e sentivo
ancora la sua presenza in quel posto. Questo ti mostra quanto fosse
potente il film, e quelle ambientazioni, e anche la performance di
Jean Marsh.”
Oltre al ritorno di
Willow,
delle location e dei posti incredibili che avevano già reso
emozionante il film, la serie si arricchisce di tanti volti nuovi,
come quello marcato e intenso di Amar
Chadha-Patel, che interpreta Boorman, o dei giovani
Dempsey Bryk eRuby Cruz, che
danno vita ai gemelli Kit e Airk, eredi al regno di Tir Asleen, o
ancora dell’intensa Erin Kellyman, irresistibile
volto di cinema e televisione che dà vita a Jade, coraggiosa
guerriera con un sogno. Del cast fa parte anche Tony
Revoloni, che abbiamo visto nel ruolo di Flash Thompson
negli
Spider-Man con Tom Holland e che qui offre una performance
per sottrazione che davvero dà giustizia alla sua fisicità così
particolare e memorabile. Tra tutti loro spicca la delicata Dove,
interpretata da Ellie Bamber, che per quanto
apparentemente fanciulla indifesa e impacciata, riserverà molte
sorprese al gruppo di avventurieri che si imbarca per una missione
importantissima (e che non riveliamo per non fare spoiler!).
L’appuntamento con
Willow –
la serie, è su Disney+ a partire dal 30
novembre, giusto in tempo per le vacanza di natale in famiglia, per
godersi questa nuova avventura del grande mago Willow
Ufgood.
Cast: Warwick
Davies, Val Kilmer, Joanne Whalley, Jeam Marsh
Trama: Il nano
contadino Willow lascia le sue abituali occupazioni per aiutare la
piccola Elora, abbandonata sulle rive di un fiume a
riconquistare il trono usurpatole dalla strega Bavmorda, ricevendo
l’aiuto di un variegato gruppo di compagni di strada.
Analisi: Concepito
da George Lucas fin dai primi anni ’70, questo
tipico esempio di fantasy pre-Signore degli Anelli trova finalmente
la realizzazione nella seconda metà degli anni ’80; impegnato nella
parte produttiva (assieme Joe Johnston e
Nigel Wooll), Lucas ne affida la direzione a
Ron Howard, qui alla sua terza regia dopo i
successi di Splash e
Cocoon. Il film mescola
la consueta ispirazione tolkeniana ad elementi favolistico –
biblici (con echi che vanno da Biancaneve a Mosè).
Il ruolo del
protagonista è affidato a Warwick Davies, volto
notissimo agli appassionati del genere, ai tempi reduce da
Labyrinth e che in seguito avrebbe
interpretato la serie di Leprechaun per poi avere il ruolo
fisso del Professor Filtwick nella saga di Harry
Potter. Il resto del cast principale vede la presenza
di Val Kilmer (in un periodo abbastanza complicato
della carriera, dopo il successo di Top
Gun e prima del controverso biopic dedicato da
Oliver Stone ai Doors di qualche anno dopo), nel
ruolo di Madmartigan, il classico lestofante che dapprima agisce
per puro opportunismo, per poi dedicarsi pienamente alla causa;
Joanne Whalley, voto noto del cinema degli anni
’80 (che di Kilmer sarebbe in seguito diventata la moglie) è la
figlia della strega che si schiererà contro la madre, anche mossa
dall’amore per Madmartigan; Jeanne Marsh è la
cattiva della situazione, attrice conosciuta soprattutto agli
spettatori della tv britannica.
Più che all’abilità della regia (per
Howard si tratta di un passo indietro rispetto alle precedenti
prove) o alla perizia degli interpreti,
Willow è affidato soprattutto alla
potenza degli effetti speciali, a cura naturalmente della
Industrial Light & Magic, che lanciano definitivamente la
tecnica del morphing, fino ad allora solo sperimentata solo
in modo occasionale. Il resto è affidato a panoramiche ed
ambientazioni riprese su e giù per il globo, dall’Inghilterra alla
Cina, passando per la Nuova Zelanda, in un’altra anticipazione del
Signore degli Anelli.
Critica divisa, ma per lo più
tiepida, pubblico più convinto, che sancisce il successo al
botteghino (ma il film ha goduto di buona longevità anche sul
mercato dell’home video), ma l’esito resta comunque al di sotto
delle aspettative: si voleva un blockbuster all’altezza di altri
giganti lucasiani, si ottiene un film che subisce la concorrenza di
Crocodile Dundee II, Rambo III e
Big, e che perde la corsa all’Oscar per
il sonoro e gli effetti visivi contro il caterpillar
Roger Rabbitt.
Warwick Davis è il volto del franchise di
Willow, iniziato
nel 1988 con il film fantasy di Ron Howard e
proseguito con la
serie sequel di Disney+ nel 2022. La
Disney ha
cancellato la serie televisiva dopo solo una stagione di otto
episodi, e poi ha ritirato lo show dalla piattaforma per misure di
riduzione dei costi. Davis ha ora chiamato in causa la Disney via X
(ex Twitter), chiedendo allo studio di rispondere ai molti fan che
si chiedono perché non possono più guardare la serie in
streaming.
“Incontro quotidianamente
persone adorabili che sono fan di ‘Willow’, e che sono il motivo
per cui è stata realizzata la serie Disney+”, ha scritto su X Warwick Davis. “Per favore dimmi [Walt
Disney Company], cosa devo dire a questi abbonati quando chiedono
perché non possono più guardare la serie? #imbarazzante.”
Willow è stato uno
dei quasi 50 titoli che
Disney+ ha ritirato dalla sua libreria di streaming a maggio.
Altri titoli includevano la serie The Mysterious Benedict
Society e il film The One and Only Ivan.
La CFO della Disney, Christine McCarthy, ha
spiegato che la Disney si aspettava di effettuare una svalutazione
nel trimestre di giugno di 1,5-1,8 miliardi di dollari rimuovendo i
contenuti dalle sue piattaforme di streaming. Svalutando il valore
dei contenuti, la Disney può rimuoverlo dal suo bilancio e ridurre
le tasse.
La serie Willow ha
ricevuto recensioni per lo più positive dalla critica, con la prima
(e unica) stagione che ha ottenuto un punteggio di approvazione
critica dell’83% su Rotten Tomatoes.
Il regista Wes Anderson sta
mettendo insieme un cast d’eccezione per il suo prossimo film,
intitolato Moon Rise Kingdom: Bruce Willis, Edward Norton, Tilda
Swinton e Bill Murray sono in trattative
Bruce Willis parteciperà al film di
fantascienza e paradossi temporali Looper, interpretando una
versione più anziana del protagonista, Joseph Gordon-Levitt (500
days of Summer, Inception).
In seguito alla
recente scomparsa di Leonard Nimoy, il web e la
comunità fantascientifica si sta mobilitando per unirsi nel
cordoglio di uno dei personaggi più iconici dello spazio
moderno.
Non si fa attendere a lungo il
ricordo del Capitano Kirk, William Shatner, che
per anni ha condiviso “la plancia” con Nimoy e che grazie alla
serie tv di Star Trek hanno potuto
lanciare le rispettive carriere artistiche.
“L’ho amato come un fratello.
Noi tutti perdiamo il suo umorismo, il suo talento e la sua
capacità di amare ” ha dichiarato Shatner in una
dichiarazione alla JustJared.com.
William e Leonard hanno continuato a
promuovere la serie nel corso degli anni, frequentando numerosi
convegni e celebrazioni del franchise sempre insieme.
William Shatner,
l’originale Capitano James T. Kirk di Star Trek ha solo grandi
elogi per Chris Pine e Paul Wesley, che
hanno assunto il ruolo di Kirk nel film di JJ
Abrams e Star Trek: Strange New
Worlds. Shatner rimane
incredibilmente prolifico anche se si avvicina al suo 93esimo
compleanno, e gli oltre 70 anni di carriera nel mondo
dell’intrattenimento sono raccontati nel nuovo affascinante
documentario, William Shatner: You Can Call Me
Bill. Diretto da Alexandre O. Philippe
(The People Vs. George Lucas), il film ovviamente,
approfondisce i suoi pensieri e sentimenti riguardo al Capitano
Kirk, il suo ruolo più famoso.
In un’intervista esclusiva con
Screen Rant per promuovere
You Can Call Me Bill e le sue proiezioni a partire
dal 20 marzo, a William Shatner è stato chiesto
cosa pensasse di Chris Pine e Paul Wesley, i
suoi successori nel ruolo di James T. Kirk. “Sono
meravigliosi. Vorrei solo avere un bell’aspetto come loro, e quelli
del loro genere, come attori. Sono entrambi meravigliosi.” ha
detto.
William Shatner si
è unito al cast di Masters of the Universe:
Revolution, il prossimo seguito di Revelation di Netflix.
Sequel spirituale di He-Man and the Masters of the
Universe, Masters of the Universe:
Revelation di Kevin Smith è arrivato sul servizio di
streaming lo scorso anno suscitando molto clamore e dibattito.
La serie animata è stata
distribuita in due parti. Smith ha preso la controversa decisione
di concentrarsi maggiormente sul personaggio di Teela piuttosto che
su He-Man, il che ha suscitato una grande reazione da parte di una
certa parte della fan base di Masters of the
Universe. Tuttavia, Revelation ha comunque ottenuto
recensioni positive.
In Masters of the Universe:
Revelation, Teela corre contro il tempo per prevenire
l’imminente distruzione dell’universo mentre cerca di svelare il
mistero dietro la scomparsa della Spada del Potere. Con il
progredire della serie, i segreti del Castello di Grayskull vengono
rivelati e il finale si conclude con un climax emozionante che vede
Motherboard, un membro dell’Orda di She-Ra, assimilare Skeletor.
Una seconda stagione sembrava molto probabile, ma è stato
confermato che questa adotterà un approccio leggermente diverso.
Smith e il suo team creativo torneranno per la serie sequel
Masters of the Universe: Revolution, che riporterà
l’attenzione sulla battaglia tra He-Man e Skeletor.
Durante il Masters of the
Universe 40th Anniversary Panel al Comic-Con di San Diego,
a cui ha partecipato Screen Rant, è stato annunciato
che William Shatner si è unito al cast di Masters
of the Universe: Revolution. Non sono stati forniti ulteriori
dettagli sul ruolo del vincitore dell’Emmy, né è stato confermato
se Shatner sarebbe apparso come un personaggio regolare della serie
o in un ruolo ricorrente.
L’attore William
Shatner ci va giù pesante nel commentare la notizia che
J.J. Abrams oltre a dirigere la saga
di Star Trek, si appresti a ridare vita anche a
Star Wars – Episodio 7.
Si è spento a 89 anni lo scrittore e
sceneggiatore William Peter Blatty, autore del
romanzo da cui lui stesso ha tratto la sceneggiatura de
L’Esorcista, film culto diretto da William
Friedkin.
Ed è proprio il regista ad
annunciare su Twitter la perdita dell’amico e collega,
avvenuta il 12 gennaio.
William Peter Blatty, dear friend and
brother who created The Exorcist passed away yesterday
Blatty era nato il
7 gennaio del 1928, aveva appena spento le 89 candeline, ed era
figlio di immigrati libanesi.
Oltre a
L’Esorcista, che rimane la sua opera migliore, sia
per la letteratura che per la scrittura per il cinema,
William Peter Blatty ha scritto 12 romanzi, 4
libri e 12 sceneggiature, due delle quali dirette proprio da lui.
Il lavoro con L’Esorcista gli ha fatto conquistare
un premio Oscar per la migliore sceneggiatura adattata e il suo
primo Golden Globes per la sceneggiatura, mentre
il secondo è arrivato con La Nona Configurazione,
adattamento dal suo stesso romanzo Twinkle, Twinkle, “Killer”
Kane.
Ha continuato a scrivere fino alla
fine dei suoi giorni.
Lo sceneggiatore Premio Oscar per The
Departed William Monahan ha rilasciato alcune dichiarazioni a
Collider in merito al suo lavoro in Sin City 2 di Robert
Rodriguez.
William Hurt,
l’attore Premio Oscar per “Il bacio della donna ragno” è
morto domenica per cause naturali. Aveva 71 anni. La morte di Hurt
è stata confermata a Variety dal suo amico, Gerry
Byrne.
Suo figlio Will ha dichiarato in
una dichiarazione: “È con grande tristezza che la famiglia Hurt
piange la scomparsa di William Hurt, amato padre e attore vincitore
di un Oscar, il 13 marzo 2022, una settimana prima del suo 72esimo
compleanno. È morto serenamente, in famiglia, per cause
naturali”.
Hurt è stato nominato per quattro
Oscar nel corso della sua lunga carriera, ottenendo due nomination
come miglior attore per ” Broadcast News ” e “Children of a Lesser
God” e una nomination ce non protagonista per meno di 10 minuti
sullo schermo in “A History of Violenza.” È stato uno degli artisti
più acclamati degli anni ’80, diventando una sorta di sex symbol
cerebrale e una star del cinema indipendente. Hurt in seguito ha
continuato a regalare notevoli interpretazioni negli anni ’90 e ha
alternato ruoli con successo progetti per il grande schermo e la
televisione, ottenendo nomination agli Emmy per il suo lavoro come
informatore in “Damages” e per la sua interpretazione del
Segretario al Tesoro Henry Paulson in “Too Big to Fail”.
Più recentemente, Hurt è diventato
famoso tra le giovani generazioni di amanti del cinema con il suo
ritratto del generale Thaddeus Ross nel 2008 “L’incredibile Hulk”.
In seguito ha ripreso il ruolo in “Captain
America: Civil War” e “Avengers:
Infinity War“, “Avengers:
Endgame” e “Black Widow”.
Affermatosi come uno dei più
interessanti interpreti degli anni Ottanta, William
Hurt ha guadagnato celebrità ruolo dopo ruolo, arrivando
ad ottenere alcuni dei più prestigiosi riconoscimenti
dell’industria statunitense. Negli anni non ha mai smesso di
prendere parte a quelli che si sono rivelati grandi successi
cinematografici, mettendo continuamente in mostra la sua duttilità
d’interprete. Ecco 10 cose che non sai di William
Hurt.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
William Hurt: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attore debutta al cinema nel 1980 con il
film Stati di allucinazione, con cui ottiene una prima
notorietà. Si afferma poi come interprete grazie a pellicole come
Brivido caldo (1981), Il grande freddo (1983),
Il bacio della donna ragno (1985), Dentro la
notizia (1987) e Alice (1990). Successivamente recita
anche in La peste (1992), Jane Eyre (1996),
Dark City (1998), Sunshine (1999), A.I. –
Intelligenza artificiale (2001), Ipotesi di reato
(2002), A History of Violence (2005), con Viggo
Mortensen, Syriana (2005), Into the
Wild (2007), di Sean
Penn, L’incredibile Hulk (2008), Robin Hood
(2010), Captain America:
Civil War (2016), con Chris
Evans e Robert Downey
Jr., Avenger: Infinity
War (2018), Avengers:
Endgame (2019) e Black
Widow (2020), con Scarlett
Johansson.
9. Ha preso parte a
produzioni televisive. Nel corso della sua carriera Hurt
non ha mancato di recitare anche per il piccolo schermo, comparendo
ad esempio in film come Varian Fry – Un eroe dimenticato
(2001) e Too Big to Fail – Il crollo dei giganti (2011),
con anche l’attore Paul
Giamatti. Negli ultimi anni ha invece recitato nelle
serie Frankenstein (2004), Incubi e deliri
(2006), Damages (2009), Moby Dick (2011),
Bonnie & Clyde (2013), Humans (2015),
Golia (2016) e Beowulf: Return to the Shieldlands
(2016).
8. È stato più volte
nominato all’Oscar. Ad oggi Hurt vanta ben quattro
nomination al premio Oscar. Alla sua prima candidatura, nel 1986,
ha vinto il prestigioso premio come miglior attore per Il bacio
della donna ragno. Viene nominato nella medesima categoria
anche nel 1987 per Figlio di un dio minore, e nel 1988 per
Dentro la notizia. Nel 2006 viene invece nominato come
miglior attore non protagonista per A History of
Violence.
William Hurt: i figli
dell’attore
7. Ha avuto diversi figli da
più relazioni. L’attore diventa padre per la prima volta
nel 1982, quando dà alla luce un bambino dalla relazione avuta con
la sceneggiatrice Sandra Jennings. Successivamente, dal matrimonio
con Heidi Henderson, diventa padre di altri due figli, nati
rispettivamente nel 1989 e nel 1991. Nel 1994 nasce l’ultima
figlia, avuta dalla sua relazione con l’attrice Sandrine Bonnaire,
conosciuta sul set del film La peste.
William Hurt: il suo 2019
6. Ha recitato in diversi
film. Il 2019 è stato un anno particolarmente ricco per
l’attore. Non solo questi è apparso sul grande schermo nuovamente
nei panni del Generale Ross in Avengers:
Endgame, ma ha anche preso parte alle riprese del film
Black
Widow, con Scarlett Johansson, dove
comparirà nuovamente nei panni del personaggio.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
William Hurt in L’incredibile
Hulk
5. Ha interpretato un
celebre personaggio. L’attore diventa noto all’interno del
Marvel Cinematic Universe per aver
dato vita al Generale Ross, uno dei principali opponenti di Bruce
Banner e Hulk. Originariamente l’attore Sam
Elliott chiese di poter ricoprire nuovamente il ruolo,
avendolo interpretato nell’Hulk del 2003, ma la produzione
preferì assegnarlo ad un nuovo volto, scegliendo quello di
Hurt.
4. Si è ispirato ad un
celebre personaggio della letteratura. Per dar vita al suo
Generale Ross, l’attore ha affermato di essersi ispirato al celebre
capitano Achab, che nel romanzo Moby Dick dà la caccia
alla celebre balena bianca. Per Hurt, Ross dà vita allo stesso modo
ad un’ossessiva caccia al celebre gigante verde.
3. È l’unico attore del film
ad aver ripreso il suo ruolo. Del cast del film, composto
tra gli altri dall’attore Edward
Norton, Hurt è l’unico che avrebbe ripreso il proprio
ruolo anche per successivi film Marvel. È infatti poi ricomparso in
Captain America: Civil War, in Avengers: Infinity
War e Avengers: Endgame.
William Hurt in Avengers
2. I registi lo hanno voluto
nel film. Dopo essere comparso in L’incredibile
Hulk, Hurt torna a vestire i panni del Generale Ross soltanto
dopo diversi anni. I registi Anthony e Joe Russo
hanno infatti espresso il desiderio di poter includere l’attore nei
film Marvel da loro diretti, poiché pensavano che il personaggio
fosse stato ingiustamente dimenticato.
William Hurt: età e altezza
1. William Hurt è nato a
Washington, Stati Uniti, il 20 marzo 1950. L’attore è alto
complessivamente 188 centimetri.
Il regista William
Friedkin, meglio conosciuto per il suo premio Oscar
Il braccio violento della legge e per il
blockbuster L’Esorcista, è morto lunedì a Los
Angeles. Aveva 87 anni. La sua dipartita è stata
confermata dal preside della Chapman University Stephen
Galloway, un amico della moglie di Friedkin,
Sherry Lansing. Il suo ultimo film, The
Caine Mutiny Court-Martial, con Kiefer
Sutherland, sarà presentato in anteprima al
Festival di Venezia.
Insieme a Peter
Bogdanovich, Francis Ford Coppola e
Hal Ashby, Friedkin è arrivato al successo negli
anni ’70, parte di una nuova generazione di registi vivaci e
audaci. Combinando la sua esperienza in televisione, in particolare
nei documentari, con uno stile di montaggio all’avanguardia,
Friedkin ha dato nuova vitalità ai generi horror e thriller
poliziesco.
Dopo il trionfo critico di
Il braccio violento della legge, che gli valse
l’Oscar alla regia, è arrivato L’Esorcista del
1973, che ha incassato l’incredibile cifra di 500 milioni di
dollari in tutto il mondo e, insieme a Il Padrino,
ha dato inizio all’era dei successi cinematografici. Adattato dal
romanzo di William Peter Blatty sulla possessione demoniaca di una
ragazzina, L’Esorcista era un thriller fortemente
stilizzato, che ha influenzato tanto il genere horror quanto il
film precedente ha fatto con il genere poliziesco.
Nato a Chicago, Friedkin ha
frequentato la Senn High School, dove non era uno studente modello,
ma ha cercato di sviluppare la sua abilità nel basket a livello
professionale. Dal momento che non è mai cresciuto più di un metro
e ottanta, tuttavia, ha cambiato il suo percorso professionale in
giornalismo.
Il regista che aveva passato anni a
lavorare nella forma del documentario è apparso in molti di essi su
film e registi nel corso degli anni. E’ stato sposato con la
giornalista Kelly Lange e le attrici
Lesley-Anne Down e Jeanne Moreau.
Lascia la quarta moglie Lansing e due figli.
Damien Chazelle ha
reso omaggio al defunto William Friedkin in un commovente discorso al
Festival del cinema di Venezia, dove l’ultimo film di Friedkin,
The Caine Mutiny Court-Trial, è stato presentato
in anteprima fuori concorso tra calorosi applausi.
Friedkin, morto il 7 agosto a Los
Angeles all’età di 87 anni, aveva completato il film, che vede
Kiefer Sutherland nei panni del tenente comandante
Queeg, sotto processo per ammutinamento per aver usurpato il
comando di una nave dopo che le azioni del comandante di diritto
erano state ritenute pericolose per la nave e per il suo
equipaggio.
“Quando ho sentito per la prima
volta il nome Billy Friedkin ero un bambino, e il nome stesso mi ha
riempito di paura”, ha detto Chazelle, che presiede la giuria
di Venezia
80. “Probabilmente avevo in mente L’Esorcista. Non
avevo ancora visto il film, ma avevo visto le lettere scritte con
quel carattere e il suono della parola “Fried-kin” sembrava
suggerirmi i recessi più oscuri e proibiti dell’immaginazione. Il
genere di cose che ispirano incubi per il resto della tua
vita”, ha aggiunto Chazelle.
“Quindi per me William Friedkin
significava paura. Ma oggi penso al suo nome, e penso all’amore.
Penso all’amore per il cinema, all’amore per tutta l’arte e alla
visione di come le arti possano intersecarsi e informarsi a
vicenda. Una visione del cinema non separata, ma indissolubilmente
legata alla musica, alla letteratura, alla pittura. Ovviamente
all’opera”, ha sottolineato Chazelle. “Penso alla
gentilezza e alla generosità che mi ha mostrato quando avevo
iniziato a lavorare come regista”, ha continuato
Damien Chazelle raccontando che quando aveva
appena realizzato il suo film del 2014, Whiplash,
Friedkin lo ha invitato a casa sua.
“E non dimenticherò mai
l’esperienza di scoprire che un uomo responsabile di film che mi
hanno dato un pugno nello stomaco così spietato, come “Sorcerer”,
“French Connection”, “Cruising” e “Killer Joe”, era di persona così
affettuoso, così accogliente, così dolce, umile, amorevole.
Conoscere Billy e trascorrere del tempo con lui e Sherry [Lansing]
è stato uno dei più grandi onori della mia vita” ha continuato
il regista.
“Era impavido in ogni senso
della parola. Nei suoi film si ha la sensazione di un regista e dei
suoi personaggi che si spingono oltre i confini di ciò che è
possibile e alla fine li superano.“
L’ultimo film di William Friedkin della Republic Pictures
è basato sull’opera teatrale vincitrice del Premio Pulitzer di
Hermon Wouk. La storia è stata precedentemente
adattata per lo schermo in un film del 1954 di Edward
Dmytryk con Humphrey Bogart nel ruolo di
Queeg e in un film per la TV del 1988 diretto da Robert
Altman.
The Caine Mutiny
Court-Martial, distribuito da Paramount Global Content
Distribution, uscirà su Paramount+ questo autunno in tutti i
mercati internazionali in cui il servizio di streaming è attivo e
verrà trasmesso su Showtime negli Stati Uniti. Non sarà distribuito
nelle sale.
La star de L’esorcistaEllen Burstyn
rende omaggio a William Friedkin, definendo il
defunto regista “intelligente, senza paura e di grande
talento“. Basato su un romanzo di William Peter
Blatty, L’esorcista del 1973 ha
terrorizzato il pubblico come mai prima di allora, diventando un
successo mondiale, stabilendo uno standard per i film horror di
Hollywood che probabilmente non è mai stato eguagliato.
Alla guida del cast di L’esorcista nel ruolo di Chris MacNeil,
Ellen Burstyn ha offerto una performance
straziante e ha ricevuto una nomination all’Oscar come migliore
attrice. Quest’anno, Burstyn torna nel franchise per la prima volta
dopo decenni, riprendendo il ruolo di MacNeil in The Exorcist: Believer di David Gordon
Green.
Mentre il franchise si prepara a
tornare sugli schermi, è arrivata la triste notizia della
scomparsa di William Friedkin, regista del
film originale. Alla morte del regista, Burstyn ha affidato a
Deadline un ricordo e un omaggio al grande regista:
“Il mio amico Bill Friedkin era
un originale, intelligente, colto, senza paura e di grande talento.
Sul set, sapeva cosa voleva, avrebbe fatto di tutto per ottenerlo
ma era in grado di lasciarlo andare se vedeva accadere qualcosa di
meglio. Era senza dubbio un genio”.
Appena dopo The French
Connection (Il Braccio Violento della Legge,
1971) e il famosissimo The Exorcist
(L’Esorcista, 1973), William Friedkin
regalava al pubblico nel 1977 Sorcerer,
in Italia conosciuto con il nome Il Salario della Paura.
Da sempre considerato come uno dei suoi film minori, ma soltanto
perché all’epoca non fece tremare il botteghino, attraverso le sue
sfumature noir e con un’impronta da puro cinema d’avventura
racconta il viaggio di quattro uomini alla ricerca della
redenzione. Quattro anime in pena relegate in un oscuro e
puzzolente purgatorio chiamato Porvenir, un lurido villaggio
dell’America Centrale, il quale offre loro una possibilità di
riscatto: trasportare per 281 miglia (452 chilometri) lungo la
foresta selvaggia casse di dinamite impregnate di nitroglicerina,
dunque pronte ad esplodere alla minima vibrazione. Un inferno fatto
di fango e pioggia battente, di sacrificio e ponti pericolanti, di
criminali armati, di fato e di fortuna. A 38 anni di distanza
dall’uscita, lo Champs Elysées Film
Festival (dal 10 al 16 giugno) celebra il
regista americano dedicandogli un’intera retrospettiva e iniziando
proprio con la proiezione di Sorcerer, in
versione digitale e restaurata.
Il giovane festival nato del 2012
per volere di Sophie Dulac, che coinvolge i cinema
di una delle strade più suggestive del pianeta (gli Champs
Elysées di Parigi per l’appunto), celebra la cinematografia
franco-americana per un’intera settimana, ripescando film iconici
dal recente passato ma anche proponendo anteprime di prossima
uscita. Presidente di questa edizione 2015 l’attore Jeremy
Irons, che incontreremo il 15 giugno per un’interessante
Masterclass. Nel frattempo a irrompere nella sala 1 dell’UGC George
V, dando ufficialmente il via alle danze, è proprio William
Friedkin, che introduce Sorcerer
con la verve che da sempre lo contraddistingue: “Sono contento che
siate qui stasera, state per vedere un film al quale sono
incredibilmente legato e che mi rappresenta meglio di qualsiasi
altra mia opera. So che dovrei vederlo con voi ma l’ho visto tante
di quelle volte… In fase di montaggio all’epoca dell’uscita, poi in
sala, adesso per la restaurazione… Dunque me ne andrò a cena, se
qualcuno vuole i miei posti lì in quinta fila si senta libero di
occuparli. Poi però torno, potrete rivolgermi tutte le domande che
vorrete, purché non siano sporche.” Come dire, ottant’anni e
sentirsi ancora un ragazzino dentro, nello spirito, in barba al
corpo che purtroppo rende difficile anche salire pochi scalini.
Dunque abbiamo scoperto che
Il Salario della Paura rispecchia alla
perfezione l’anima di Friedkin, ma com’è possibile visto che si
tratta di un film in cui si ammazza per avarizia, si rapina, si
spara… “È vero ma non sono questi elementi che mi rappresentano in
modo materiale, sono le intenzioni. Stiamo parlando di un film
sulla vita e sul caos che la regola, perché è il fato che decide il
suo corso, noi non abbiamo controllo. È questo aspetto che mi
affascina. L’Esorcista affronta il mistero della fede mentre questo
è sul mistero del destino.” Effettivamente di caos all’interno di
Sorcerer ce n’è in quantità, i
protagonisti vengono messi davvero a dura prova dalla natura e
dagli eventi, e come ben potete immaginare all’epoca non esisteva
la grafica computerizzata, ogni cosa mostrata è stata creata
davveroe Friedkin ama sottolinearlo spesso: “Probabilmente è stato
il film più difficile da girare dopo The French
Connection. Un’inquadratura alla volta, una
lavorazione lentissima a causa delle pessime condizioni in cui si
girava. Per la scena del ponte eravamo costantemente sommersi
dall’acqua, per giorni interi è venuta giù per davvero
con la violenza che avete visto, per altri l’abbiamo ricreata
pescando l’acqua del fiume, ma eravamo sempre zuppi. Quasi tutta la
truppe si è ammalata, io stesso qualche settimana dopo la fine
delle riprese mi sono beccato la malaria perdendo
parecchi chili (“Tredici chili” grida dalla platea la moglie
Sherry Lansing, ex presidente della
Paramount). Molta gente mi chiede ‘Ma perché hai
continuato imperterrito, potevi abbandonare tutto’ ma beh, io
fondamentalmente sono pazzo.” Del resto è quel che diceva Beckett:
“Lasciatemi citare un poeta che amo alla follia, Samuel Beckett – a
proposito, se qualcuno non lo conosce può uscire adesso da quella
dannata porta. Lui diceva ‘Non posso andare avanti. Ci andrò’, io
sono esattamente così.”
Una testardaggine che ha creato un
mito in carne ossa, autore di una filmografia iconica capace
di restare ben salda nella memoria degli spettatori, ma c’è
qualche autore al quale Friedkin si è ispirato? “Sicuramente
Orson Welles ma anche i registi della Nuovelle
Vague francese: Jean Pierre Melville, Jean-Luc Godard,
Henri-Georges Clouzot, Alain Resnais, ovviamente
François Truffaut e molti altri. Questi
grandissimi artisti mi hanno anche insegnato quanto è importante
che sia il pubblico a dare un significato al finale di ogni film.
Prendete ad esempio Citizen Kane – sempre
a proposito, se qualcuno non ha visto Citizen Kane può
andare al diavolo subito – ha un finale assolutamente poetico e
intimo, ci fa capire quanto era importante per il protagonista
l’infanzia perduta, elemento nel quale ognuno di noi può rivedere
pezzi della sua vita e dare interpretazioni. Oppure prendete il
finale de I Quattrocento Colpi di
Truffaut, un solo frame cristallizzato che lascia allo spettatore
il merito di completare la storia.” Ma torniamo a
Sorcerer: in apertura abbiamo parlato di
una copia restaurata e digitalizzata ad opera di un talentuoso
studio di Marsiglia, davvero ben fatta e ripulita al meglio, ma
cosa pensa il regista di queste nuove tecnologie? Sente la mancanza
della pellicola? “Il 35mm non mi manca per niente, sono felice sia
finito il suo tempo. Invece amo alla follia le nuove camere
digitali, che infatti ho usato per Killer
Joe. Sono immediate, ti permettono di vedere subito
quello che hai girato, se la luce è a posto, se i fuochi e i colori
sono corretti. Al tempo di Sorcerer bisognava aspettare
settimane prima di vedere i risultati, addirittura in quel caso
dovevamo mandare le pellicole in Messico poiché non esistevano
laboratori nella Repubblica Dominicana. Cosa succedeva se dopo due
settimane ti ritornava fra le mani del materiale sbagliato, fuori
fuoco e con la luce sballata? Dovevi rigirare tutto di nuovo,
un’autentica follia.”
“Con il digitale è anche più facile
post-produrre e ottenere il risultato sperato, sei sicuro che ogni
copia in uscita sia uguale all’altra. Con il 35mm era un sogno, le
copie variavano a seconda dello sviluppo e il 90% usciva con colori
sbagliati, purtroppo finivano in sala così. Inoltre ad ogni
proiezione si raccoglievano polvere e graffi, tutti elementi che
finivano sullo schermo rovinando tutto. Molti appassionati hanno
sempre pensato che quella sporcizia fosse voluta, ma non era così.
All’uscita del Blu-ray di The French
Connection abbiamo ricevuto centinaia di lamentele a
causa della pulizia del film. La gente invocava i graffi e la
sporcizia che noi avevamo ‘irrispettosamente tolto’ ma ecco, quegli
elementi di disturbo non facevano parte dell’opera originale.
Sinceramente non vedevo l’ora di sbarazzarmene. Se qualcuno vi dice
con nostalgia che il 35mm era la sola forma di cinema pura, beh sta
dicendo una grande stronzata.” Lunga vita alla pulizia digitale
dunque, sarà forse il caso di restaurare e ripulire anche altre sue
vecchie pellicole signor Friedkin? “Santo cielo, non posso passare
la vita a restaurare vecchi film, voglio farne di
nuovi.” Proprio le parole che volevamo sentire.
Giravano da settimane rumour
intorno ad una delle figure più emblematiche ed importanti
dell’universo delle Tartarughe Ninja e sul nome di
colui che avrebbe dovuto interpretarlo nel film. Parliamo del
villain per eccellenza, Shredder.
Finalmente le riserve sono state
sciolte e l’attore che interpreterà il nemico giurato delle quattro
tartarughe è stato rivelato. William Fichtner è
l’attore designato. A confermarlo è stato lui stesso attraverso
un’intervista all’Huffington Post Canada. Queste le sue parole:
Interpreto Shredder. E’ una
figata. Una di quelle cose che quando mi vengono proposte non
accetto subito, preferisco pensarci su un poco. Poi ho detto: “Beh,
ok. Questo sì che mi sembra un bel viaggio da intraprendere” Sono
molto felice che abbia funzionato tutto, è una cosa
bella.
Riguardo al personaggio di Shredder
sembrà che sarà molto diverso da tutte le interpretazioni
realizzate fin’ora, sia in campo fumettistico, sia in campo
cinematografico.
Tartarughe Ninja, il film
Nel
cast Tartarughe
Ninja sono presenti:
Megan Fox, Alan Ritchson, Will Arnett,
Whoopi Goldberg, William Fichtner, Noel
Fisher, Danny Woodburn, Jeremy Howard, Mos
Def e Pete
Ploszek.
La trama del film: La città ha
bisogno di eroi. L’oscurità è calata su New York City quando
Shredder e il suo diabolico Clan del Piede hanno preso il controllo
su tutto, dalla polizia alla politica. Il futuro è buio, o almeno
lo sarà fino a che quattro improbabili ed emarginati fratelli
usciranno dalle fognature per scoprire il loro destino come
Tartarughe Ninja. Le Tartarughe dovranno lavorare senza paura con
la reporter April e il suo fantastico cameraman Vern Fenwick per
salvare la città e svelare il piano diabolico di Shredder.Tartarughe
Ninja sarà distribuito nelle sale
cinematografiche degli Stati Uniti a partire dall’8 agosto 2014
mentre in quelle italiane a cominciare dal 18 settembre dello
stesso anno.
Buone nuove dal mondo delle
Tartarughe Ninja. È proprio di oggi infatti la notizia secondo cui
anche William Fichtner sarebbe entrato ufficialmente a far
parte del cast del nuovo film Teenage Mutant Ninja
Turtles affianco a Megan Fox, in un ruolo ancora non
ben specificato. Molte sono le congetture che già si sono fatte sul
nuovo personaggio che Fichtner dovrà incanrare, e già si fanno i
nomi di alcune colonne portanti delle serie, da Casey Jones al
famoso Krang.
Il film Le Tartarughe
Ninja vede nel suo cast Megan Fox (April
O’Neil), Alan Ritchson (Raffaello), Noel
Fisher (Michelangelo), Jeremy
Howard (Donatello), Pete
Ploszek (Leonardo) e Danny Woodburn (Maestro
Splinter). In attesa dell’usicta della pellicola, programmata per
il 15 agosto del 2014, presto rivedremo Fichtner sul grande schermo
quest’anno in The Lone Ranger, in uscita americana 9 agosto, e in
Elysium, il 20 settembre.
La prima parte di questa video
intervista riguarda la serie Crossing
Lines interpretata per l’appunto da William
Fichtner, ma attorno al minuto 12:00 l’attenzione si
sposta sul suo lavoro nell’imminente reboot prodotto
da Michael BayTeenage Mutant
Ninja Turtles, in cui interpreta Eric Sachs, meglio
noto come l’emblematico Shredder. Egli ribadisce alcune delle cose
che aveva gìà detto in precedenza circa le Tartarughe ed aggiunge
anche che il tono di questo film sarà molto meno caricaturale di
quanto previsto. Dice anche che Shredder ha alcuni legami con le
tartarughe che di sicuro non ci si aspetta.
Fichtner aggiunge inoltre che rimane in attesa di
assistere a dei prossimi sequel della pellicola, dato il
fatto che ha firmato un accordo per tre film.
Di seguito la video intervista a
William Fichtner:
La pellicola, prodotta
da Michael Bay, è attesa nelle sale dal
6 Giugno 2014 negli USA e vede protagonisti Alan
Ritchson, Pete Ploszek, Jeremy
Howard e Noel Fisher, che
daranno il volte alle tartarughe
ninja,interpretando
rispettivamente Raffaello, Leonardo, Donatello e Michelangelo.
I quattro avranno l’arduo compito di lavorare in motion capture. La
bella Megan Fox invece interpreterà
April O’Neil. Splinter avrà il volto di Danny
Woodburn. Tutte le info utili nella nostra
scheda: Teenage Mutant Ninja Turtles.
L’erede al trono d’Inghilterra, il
principe William e la Duchessa di Cambridge
Kate Middleton hanno partecipato all’apertura dei
Warner Bros Studios a Londra quest’oggi dove
sia il principe William che il fratello
sono rimasti ammaliati dai gioielli di famiglia Warner
Bros, ovvero il costume dell’ultimo Batman di Christopher Nolan e il suo
batpod. Il principe ha anche assaggiato la sella del batpod ed è
sembrato molto entusiasta della moto, il tutto sotto gli occhi
divertiti della Duchessa.
Ecco le foto della visita ai
Warner Bros Studios: Vi ricordiamo che il prossimo
film della Warner Bros sarà
L’uomo d’Acciaio che uscirà negli USA il
14 giugno 2013 e nel cast oltre ai già citati Hanry
Cavill eRussell
Crowe ci sono
anche AmyAdams, Diane
Lane, Kevin Costner,Laurence Fishburne, Michael
Shannon. L’uomo
d’Acciaio è diretto da Zack
Snyder. Tutte le info utili nella nostra Scheda
Film: L’uomo d’Acciaio. Tutte le news nel
nostro speciale: Superman: Man of steel
Willem Dafoe è uno
degli attori più prolifici della storia del cinema. Conosciuto per
la sua versatilità e per il suo inconfondibile viso, lotta per far
sì che i film indipendenti possano godere di una più ampia
distribuzione.
Dafoe ha lavorato con registi del
calibro di Martin Scorsese, David Lynch, Oliver Stone,
Kathryn Bigelow e Wes Anderson, dando
vita a tanti diversi personaggi a cui, l’attore americano, è
riuscito a dare profondità.
Willem Dafoe: moglie
Willem Dafoe è sposato da diversi
anni con una regista romana, Giada Colagrande. I
due, che non hanno figli, hanno 20 anni di differenza e si sono
sposati il 25 marzo del 2005, circa un anno dopo essersi
conosciuti. Giada e Willem si sono incontrati a Roma all’inizio del
2004, sembra dopo la proiezione di un cortometraggio di Giada
(alcuni dicono dopo la premere de Le avventure acquatiche di
Steve Zissou).
Da quel momento i due hanno iniziato
a scoprire di avere gli stessi interessi e di completarsi a
vicenda. La loro vita è davvero molto privata e si sa ben poco di
loro, tranne il fatto che si sono sposati con una cerimonia molto
intima, giusto qualche persona.
Entrambi collaborano ai propri
progetti e, dal 2005 in poi, Dafoe ha partecipato a quasi tutti
quelli realizzati dalla moglie. È comparso nei suoi film Before
it Had a Name (2005), Una donna – A Woman (2010),
Bob Wilson’s Life & Death of Marina Abramovic (2012) e
Padre (2016), mentre la moglie è apparsa nel film Pasolini (2014) di Abel Ferrara.
Willem Dafoe: Joker
Dafoe sarebbe potuto essere
Joker. Dafoe è uno degli attori più apprezzati dell’industria
cinematografica e lo era anche alla fine degli anni ’80. Qualche
mese fa, l’attore ha dichiarato che avrebbe potuto interpretare il
Joker nel Batman di Tim Burton del 1989.
Alla fine è stato Jack
Nicholson a passare alla storia, ma Dafoe era stata una
delle scelte. In origine, Tim Burton ed i suoi collaboratori
avevano ristretto la cerchia intorno ai vari attori che avrebbe
potuto interpretare il Joker: la rosa includeva Tim Curry,
James Woods e John Lithgow.
Per diversi motivi, di lavoro o
personali, nessuno di loro ha dato disponibilità. Dafoe venne
contattato dallo sceneggiatore del film Sam Hamm:
tuttavia, non gli venne mai formulata un’offerta definitiva, andata
poi a Nicholson. Per Hamm e per un nutrito gruppo di fan, Dafoe
sarebbe stato fisicamente perfetto per il ruolo e non è escluso che
possa prenderne parte in futuro.
Willem Dafoe: Pasolini
Nel 2014 venne presentato alla
Mostra del Cinema di Venezia il film Pasolini, di Abel
Ferrara. Più che un lungometraggio, il film è una sfida: quella di
raccontare le ultime ore di vita di Pier Paolo
Pasolini senza cadere nella retorica e senza creare
polemiche sterili.
Vedere Dafoe nei panni del regista e
poeta italiano è abbastanza sconvolgente: una somiglianza fisica
pazzesca, per non parlare delle sua capacità di dare vita a un
personaggio tutt’altro che semplice. Il lavoro di Dafoe non si è
basato sull’imitazione: piuttosto, l’attore ha cercato di incarnare
le sue azioni e riflessioni degli ultimi momenti della sua vita,
dei sentimenti da lui provati, delle mille idee che aveva in
mente.
Insieme a Dafoe, nel film appaiono
anche Riccardo Scamarcio nei panni di
Ninetto Davoli e il vero Davoli nei panni di
Eduardo de Filippo.
Willem Dafoe: Spider-Man
Uscito nel 2002, Willem Dafoe prese
parte un anno prima alle riprese di Spider-Man,
il primo film della trilogia di Sam Raimi. Dopo
qualche controversia e cambi tra registi e sceneggiatori, per il
ruolo del villain venne scelto il Goblin, l’alter
ego di Norman Osborn, il padre del migliore amico di
Spider-Man.
Ingaggiato nel novembre del 2000,
Dafoe venne scelto dopo il rifiuto di Nicolas Cage, Jim
Carrey e John Malkovich alla parte. Per
poter dare un maggior realismo al personaggio, Dafoe si impose con
la produzione, rifiutando determinatamente di farsi sostituire
dagli stuntman durante le scene più pericolose, perché non sarebbe
stato naturale.
Recentemente, l’attore ha ammesso
che il personaggio del Goblin ha aiutato la sua carriera: abituato
a far parte di un certo tipo di film indipendenti, che non hanno
ampia distribuzione, un film popolare e dall’ottima fattura aiuta a
dimostrare al mondo che si è ancora presenti nell’industria
cinematografica.
Willem Dafoe: filmografia
Willem Dafoe è un
attore molto prolifico: in quasi 40 anni di carriera, ha girato
circa due film l’anno, tra corti e lungometraggi blockbuster,
autoriali e indipendenti. Il suo primissimo ruolo, dopo essere
stato licenziato da Michael Cimino in I
cancelli del cielo, risale a The Loveless (1982)
di Kathryn
Bigelow e Monty Montgomery.
Nella sua filmografia si annoverano
film come Miriam si sveglia a mezzanotte (1983),
Vivere e morire a Los Angeles (1985), Platoon
(1986) di Oliver Stone, Nato il quattro luglio
(1989), Cuore Selvaggio (1990) di David Lynch, Lo spacciatore (1992) di
Paul Schrader, Così lontano così
vicino (1993), Il paziente inglese (1996) ed eXistenZ (1999)
di David Cronenberg. Gli anni Duemila sono
costellati da titoli come American Psycho (2000), Spider-Man (2002), C’era
una volta in Messico (2003), Le avventure acquatiche di
Steve Zissou (2004), The Aviator (2004), Inside
Man (2006), Antichrist (2009), My Son, My Son,
What Have Ye Done (2009). E, ancora, Nynphomaniac –
Vol. 1 e
2 (2013), La spia – A Most Wanted Man (2014),
Grand Budapest Hotel (2014), Colpa delle stelle (2014), The Great Wall (2016), Assassinio sull’Orient Express (2017), Aquaman (2018) e Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità (2017).
Ecco la nostra intervista
a Willem
Dafoe, l’attore che interpreta
il Professor Albin Eberhart Von
Franz in Nosferatu,
di Robert Eggers, che racconta di nuovo la
fiaba oscura del Conte Orlock, come aveva
fatto Murnau prima di lui, nel 1922,
e Werner Herzog dopo, nel 1979.
Tutto quello che sappiamo
su Nosferatu
Nosferatu è
interpretato da Bill
Skarsgård, che sostituisce il trucco da clown di
Pennywise con le zanne affilate del Conte Orlock, nonché
da Nicholas
Hoult, Aaron
Taylor-Johnson, Emma
Corrin e Lily-Rose
Depp. Il film riunisce inoltre Eggers
con Willem
Dafoe, che ha interpretato in modo memorabile un ex
marinaio irascibile in The
Lighthouse e che è apparso anche nel precedente film
del regista, The
Northman. L’epopea vichinga vedeva protagonista il
fratello di Skarsgård, Alexander
Skarsgård, nel ruolo di un guerriero norreno con una massa
grassa impressionante e addominali formidabilmente cesellati.
Nosferatu è
basato sul capolavoro espressionista tedesco del 1922 diretto
da F. W. Murnau – la realizzazione di
quel film ha ispirato il film del 2000, completamente
fittizio, L’ombra del vampiro, che ha visto
protagonista Dafoe, candidato all’Oscar, nel ruolo di un
succhiasangue realmente esistito, arruolato per interpretare il
ruolo di Orlock. Qui l’attore interpreta invece un assassino di
vampiri. Nosferatu è stato anche rifatto
nel 1979 da Werner
Herzog come Nosferatu il vampiro, con
il suo frequente collaboratore Klaus
Kinski. Nosferatu arriverà
al cinema a partire
dal 1gennaio.