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Lee Pace: 10 cose che non sai sull’attore

Lee Pace: 10 cose che non sai sull’attore

Grazie alla sua partecipazione a grandi blockbuster, l’attore Lee Pace ha negli anni guadagnato notorietà presso il grande pubblico. Alcuni dei suoi personaggi sono infatti divenuti iconici, permettendogli di ricevere apprezzamenti e riconoscimenti. Dotato di buona versatilità, l’attore si è distinto anche per progetti più indipendenti, dove ha potuto sfoggiare ulteriormente le proprie doti da interprete. Ecco 10 cose che non sai di Lee Pace.

Parte delle cose che non sai di Lee Pace

Lee Pace: i suoi film

1. Ha recitato in celebri blockbuster. Dopo aver debuttato al cinema con il film Soldier’s Girl (2003), l’attore recita in film come La contessa bianca (2005), The Fall (2006), Infamous – Una pessima reputazione (2006), The Good Shepherd – L’ombra del potere (2006), Possession (2009), A Single Man (2009), Sansone (2010) e The Twilight Saga: Breaking Dawn – Parte 2 (2012), con cui ottiene maggior notorietà. Nello stesso anno recita anche in Lincoln e nel film Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, dove ricopre il ruolo di Thranduil, che riprenderà poi nei sequel Lo Hobbit – La desolazione di Smaug (2013) e Lo Hobbit – La battaglia delle cinque armate (2014). Nel 2014 è anche il villain del film Guardiani della Galassia, mentre negli anni successivi recita in The Program (2015), Il libro di Henry (2017) e Driven – Il caso DeLorean (2018).

2. Ha preso parte a produzioni televisive. Nel corso della sua carriera l’attore si è distinto anche per la partecipazione a note serie televisive americane. Dopo aver recitato in un episodio di Law & Order: Unità Speciale (2002), Pace recita in Wonderfalls (2004) e in Pushing Daisies (2007-2009), nel ruolo di Ned. Diventa poi celebre grazie al ruolo di Joe MacMillan nella serie Halt and Catch Fire (2014-2017), mentre prossimamente è atteso nella serie Foundation.

3. Ha partecipato al doppiaggio di un celebre film. Nel 2019 l’attore presta la voce al personaggio di Keisuke Suga per il doppiaggio inglese del film d’animazione giapponese Weathering with You, incentrato su di uno studente delle superiori in fuga e la sua relazione con una misteriosa ragazza dotata del potere di fermare la pioggia.

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Lee Pace è su Instagram

4. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram con un proprio profilo, seguito da 215 mila persone. All’interno di questo l’attore è solito condividere curiosità quotidiane con i propri fan, come anche immagini scattate in momenti di svago o ritraenti i luoghi visitati dall’attore. Non mancano anche immagini e video promozionali dei suoi progetti da attore.

Lee Pace è Thranduil

5. Si è allenato molto per il ruolo. Nella trilogia dedicata a Lo Hobbit, l’attore dà vita al personaggio di Thranduil, Re degli Elfi Silvani. Nel ricoprire il ruolo, Pace ha dichiarato di essersi allenato duramente per le scene di combattimento, avendo così la possibilità di eseguire personalmente tali scene senza la necessità di uno stuntman.

Parte delle cose che non sai di Lee Pace

6. Ha soffiato il ruolo ad un altro attore. Originariamente per il ruolo del Re Thranduil si era pensato all’attore Doug Jones, celebre per i suoi ruoli in Il labirinto del fauno e La forma dell’acqua. Tuttavia il regista Peter Jackson affidò il personaggio a Pace poiché lo ammirava come interprete sin dal film The Fall.

Lee Pace in Guardiani della Galassia

7. Aveva fatto il provino per un altro ruolo. Nel film dedicato ai Guardiani della Galassia l’attore dà vita al personaggio di Ronan l’Accusatore, celebre villain che opera per conto di Thanos. Originariamente però, l’attore aveva sostenuto il provino per la parte di Starlord, poi andata all’attore Chris Pratt.

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8. Ha paragonato il personaggio ad un noto terrorista. L’attore ha affermato di essersi particolarmente divertito a interpretare Ronan, poiché la sua natura malvagia gli permetteva di sperimentare e di liberarsi di ogni remora. Pace ha inoltre paragonato il personaggio al terrorista Osama Bin Laden, affermando che anche Ronan è una sorta di fanatico religioso.

Lee Pace in The Witcher?

9. Non ha recitato nella serie Netflix. Alcuni fan hanno notato un volto familiare nella serie The Witcher, ipotizzando che l’attore avesse inaspettatamente ricoperto un ruolo. Tuttavia la notizia è stata in seguito smentita, e Pace ha affermato di non aver preso parte alla serie Netflix. Pertanto quella dei fan si è rivelata una semplice svista.

Lee Pace: età e altezza

10. Lee Pace è nato a Chickasha, in Oklahoma, Stati Uniti, il 25 marzo 1979. L’attore è alto complessivamente 196 centimetri.

Fonte: IMDb

Lee Pace in Lincoln

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L’atteso progetto di Steven Spielberg dedicato al presidente degli Sati Uniti Lincoln si accresce di un altro nome che prenderà parte alle riprese: si tratta di Lee Pace.

Lee Pace e Michael Rooker parlano di Guardians of the Galaxy

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Dopo aver interpretato il Re degli Elfi, Thranduil, nella trilogia dedicata a l’Hobbit, l’attore Lee Pace confessa in un’intervista alla rivista SciFiNow quanto sia divertente per lui calarsi in un ruolo completamente diverso per Guardians of the Galaxy, il futuro film di casa Marvel.

A lui infatti l’arduo compito di dare un volto al principale antagonista dei Guardiani, Ronan, malvagio leader dei Kree e luogotenente di Thanos. “I due personaggi non potrebbero essere più diversi!”, Ha dichiarato. “[Ronan] è una vera bestia, uno psicopatico. Mi sto divertendo moltissimo ad interpretarlo.”

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A schierarsi con entusiasmo dalla parte dei cattivi anche Michael Rooker: tra i primi ad essere scritturato per il film, l’attore è il perfido cacciatore Yondu Udonta. Amico di lunga data del regista James Gunn, non ha sul perchè abbia scelto proprio lui per quel ruolo: “[James] ama torturarmi e conciarmi in modo strano. Ai registi piace sempre dire agli attori quello che devono fare e lui adora comandarmi, ecco perchè mi ha assunto!”

LA POSSIBILE TRAMA.

Guardians of the Galaxy è atteso negli USA il 1 Agosto del 2014 in 3D. Tutte le news sul film nella nostra scheda: Guardians of the GalaxyNel cast del film ci sono  , Benicio Del Toro e Vin Diesel.

Il film è attualmente in pre produzione nel Regno Unito e dovrebbe arrivare al cinema il primo agosto 2014. I Guardiani della Galassia (Guardians of the Galaxy) sono un gruppo di personaggi dei fumetti Marvel Comics, creato da Arnold Drake (testi) e Gene Colan (disegni). La prima apparizione avviene in Marvel Super-Heroes (seconda serie) n. 18 (gennaio 1969).

Tutte le foto dal set del film:

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Fonte: CBM

Lee Miller: trailer dell’atteso e intenso biopic con Kate Winslet

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Al cinema dal 13 marzo con Vertice360, Lee Miller, biopic diretto da Ellen Kuras, vede protagonista assoluta Kate Winslet. Ecco il trailer ufficiale. Gli orrori della prima e della seconda guerra mondiale sono fin troppo familiari, grazie ai film e ai programmi televisivi che affrontano l’argomento a testa alta. In queste narrazioni, è chiaro che molte persone hanno avuto un ruolo nel rendere il mondo consapevole di ciò che stava accadendo, mentre altre hanno sacrificato tutto per fermarli. La pluripremiata attrice Kate Winslet interpreta Elizabeth ‘Lee’ Miller in Lee Miller, un film biografico in uscita sulla famosa fotografa della Seconda Guerra Mondiale. Miller lotta contro ogni previsione e lascia il suo lavoro relativamente comodo a Vogue per recarsi in prima linea e mostrare al mondo esterno le atrocità che stanno accadendo.

Il film è diretto da Ellen Kuras ed è basato su una sceneggiatura di Liz Hannah, John Collee e Marion Hume. Oltre alla Winslet, Lee è interpretato da Marion Cotillard nel ruolo di Solange d’Ayen, Andrea Riseborough nel ruolo di Audrey Withers, Andy Samberg nel ruolo di David Scherman, Noemie Merlant nel ruolo di Nusch Eluard, Josh O’Connor nel ruolo di Antony Penrose e Alexander Skarsgård nel ruolo di Roland Penrose. Il film è il debutto alla regia di Kuras e il progetto di passione della Winslet. “Lee era una donna che ha vissuto la sua vita alle sue condizioni e ha pagato un prezzo emotivo terribile per tutto questo. Volevo raccontare la storia di una donna di mezza età, piena di difetti, che è andata in guerra e l’ha documentata”, ha dichiarato la Winslet a Vogue.

Lee Miller: recensione del film con Kate Winslet

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Lee Miller: recensione del film con Kate Winslet

Il 13 marzo arriva nelle sale Lee Miller, il film dedicato alla straordinaria fotografa americana interpretata da Kate Winslet, qui anche in veste di produttrice. Per la sua performance intensa e coinvolgente, l’attrice ha ottenuto una candidatura ai Golden Globes come Miglior Attrice drammatica (il premio è andato poi a Fernanda Torres). Diretto da Ellen Kuras, alla sua prima regia cinematografica dopo una lunga carriera come direttrice della fotografia, il film trae ispirazione dall’opera Le molte vite di Lee Miller di Antony Penrose, figlio della fotografa e del surrealista Roland Penrose.

Il film ripercorre la vita di Miller, una donna che ha rifiutato ogni etichetta: da modella di successo a fotografa d’avanguardia, fino a diventare corrispondente di guerra per Vogue durante la Seconda Guerra Mondiale. Unica fotografa donna a documentare la liberazione dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald, ha lasciato un segno indelebile nella storia con le sue immagini di straordinaria potenza. Intorno a Winslet, ruota un cast di supporto che vanta nomi del calibro di Alexander Skarsgård, Marion Cotillard, Andrea Riseborough, Josh O’Connor, Noémie Merlant ma anche Andy Samberg alla sua prima performance drammatica (molto riuscita).

Kate Winslet e Andy Samberg in Lee Miller (film, 2024)

La trama di Lee Miller

La narrazione inizia nel 1977 con un’intervista tra Lee e un giovane giornalista (Josh O’Connor), che desidera conoscere la verità dietro le sue fotografie. O almeno è quello che sembra all’inizio del film. Questo espediente narrativo introduce la lunga retrospettiva sulla vita della Miller, dal suo lavoro come modella e artista surrealista fino alla sua esperienza sul fronte di guerra. Tuttavia, il film fatica a mantenere un equilibrio tra il ritratto intimo della protagonista e la sua carriera professionale, risultando a tratti distaccato. Il finale si apre all’emozionante rivelazione della vera identità di quel giornalista, offrendo un interessante omaggio a quello che è veramente successo dopo la morte di Lee, tuttavia è troppo tardi per sentire anche il pur minimo gancio emotivo con i protagonisti.

Kate Winslet regala una delle sue interpretazioni più intense, riuscendo a restituire la determinazione e il coraggio di Miller. Tuttavia, la sceneggiatura non offre un ritratto completamente sfaccettato del personaggio e il film si concentra più sul suo lavoro come fotografa di guerra, lasciando in secondo piano la sua vita personale e le sue fragilità. Le relazioni con il partner Roland Penrose (Alexander Skarsgård), l’amicizia con David Scherman (Andy Samberg) e il rapporto con la direttrice di Vogue Audrey Withers (Andrea Riseborough) vengono accennate senza un vero approfondimento, facendo sì che molti personaggi appaiano come semplici comparse o sponde su cui Lee rimbalza.

Kate Winslet e Andy Samberg in Lee Miller (film, 2024)

Regia realistica e fotografia spenta

Dal punto di vista registico, Kuras adotta un approccio visivo potente, sfruttando il contrasto cromatico tra il mondo vibrante e saturo del pre-guerra e le tonalità spente e cupe del periodo bellico. La scelta di integrare le fotografie reali di Miller nel film conferisce autenticità alla narrazione, restituendo con forza il peso delle immagini chela donna ha catturato e consegnato alla Storia.

Uno degli aspetti più riusciti del film è la capacità di mostrare la Miller come una testimone della storia, capace di cogliere dettagli che i suoi colleghi uomini spesso trascuravano. La sua sensibilità nel ritrarre la sofferenza e l’umanità dietro il conflitto è un elemento centrale del film, ben interpretato da Winslet. Tuttavia, il film manca di quel pathos che avrebbe potuto renderlo memorabile, risultando a tratti troppo schematico, un biopic che non sfrutta le potenzialità del materiale originale.

Un biopic innocuo anche se visivamente affascinante

Nel complesso, Lee Miller è un’opera visivamente affascinante e impreziosita da una grande interpretazione di Kate Winslet, ma che non riesce a scavare a fondo nella complessità della sua protagonista risultando quindi innocuo. Il film si limita a raccontare la sua carriera senza esplorare appieno le sue contraddizioni e le sue battaglie interiori, rendendo il racconto più informativo che emozionale.

Lee Miller: la storia vera dietro al film con Kate Winslet

Lee Miller: la storia vera dietro al film con Kate Winslet

In Lee Miller di Ellen Kuras, Kate Winslet interpreta la fotografa di guerra che dà il titolo al film e che è passata alla storia come una delle più importanti figure del settore, una donna libera e determinata. Ma quanto c’è di vero nel film?

La storia vera di Lee Miller

Quando Antony Penrose era un ragazzino nell’Inghilterra del dopoguerra, sapeva che sua madre, Lee Miller, era una fotografa. Gli insegnò a usare la sua macchina fotografica Rolleiflex squadrata e lui la accompagnò quando visitò e fotografò altri artisti della sua cerchia, tra cui Pablo Picasso, Joan Miró e Man Ray. Ma c’erano delle lacune nella conoscenza di Penrose. Non ha mai saputo, ad esempio, che Miller era una leggendaria corrispondente di guerra per Vogue che era stata in prima linea durante la seconda guerra mondiale e aveva scattato alcune delle immagini più significative del conflitto.

Semplicemente, Lee non parlava mai di quel periodo della sua vita. Poco dopo la morte della madre nel 1977, Penrose e sua moglie, Suzanna, accolsero una figlia, Ami. Salirono nella soffitta di Miller e aprirono scatole chiuse da tempo per cercare foto di Penrose da bambino da confrontare con quelle del loro neonato. Invece di trovare foto del piccolo Anthony, inciamparono in una pila di pagine sottili contenenti un manoscritto intitolato “The Siege of St. Malo”.

Il “resoconto incredibilmente ravvicinato e personale di una battaglia orribile”, dice Penrose. “Aveva guardato i ragazzi, con cui aveva scherzato per qualche ora prima, essere falciati dal fuoco delle mitragliatrici”. Chiese a suo padre, l’artista e collezionista d’arte Roland Penrose, se l’autore di quello scritto fosse davvero lei. Roland ridacchiò e diede a suo figlio una copia dell’articolo di un vecchio numero di Vogue. Penrose aveva molto da imparare sulle molte vite di sua madre.

Le vite di Lee Miller

Anthony Penrose ha poi dedicato gran parte della sua vita adulta a custodire la straordinaria eredità di sua madre. È l’autore di una biografia del 1985, The Lives of Lee Miller, e il co-direttore (con la figlia, Ami Bouhassane) dei Lee Miller Archives, con sede nell’ex fattoria e casa della fotografa nell’East Sussex, in Inghilterra. L’ultimo tentativo di preservarne l’eredità è Lee Miller, il biopic con Kate Winslet nel ruolo del titolo, e basato proprio sul libro di Penrose.

Il film attinge al materiale conservato nei Lee Miller Archives, che hanno dato a Kuras un accesso senza precedenti ai documenti. In Lee Miller, Penrose, interpretato da Josh O’Connor di The Crown, si siede con la madre anziana e scontrosa per registrare una testimonianza e un flashback della sua vita, concentrandosi principalmente sugli anni della guerra. I ricordi sono in netto contrasto tra loro: in un primo momento, si rilassa con artisti nel sud della Francia prima della guerra. In un altro, scatta fotografie nelle città distrutte d’Europa sotto assedio.

Nella vita reale, Miller non ha mai parlato di quegli anni con Penrose. È più facile comprendere il suo silenzio a posteriori. “C’era una naturale modestia, una naturale umiltà”, dice Penrose. “Ma penso anche che ciò che nessuno di noi capì all’epoca era che soffriva acutamente di disturbo da stress post-traumatico”.

Afflitto da problemi di finanziamento e produzione, il film è stato in lavorazione per più di otto anni. A un certo punto, Winslet, che ha sostenuto la storia e coprodotto il film, ha pagato personalmente gli stipendi dell’intero cast e della troupe per due settimane quando i finanziamenti si sono bloccati. Lee Miller, nelle sale italiane dal 13 marzo con Vertice360, affronta l’eredità della donna, non solo come modella e musa, ma come partecipante attiva nei momenti decisivi del XX secolo; un’artista coraggiosa; e un essere umano imperfetto. Le molte vite di Miller hanno bisogno di pochi abbellimenti.

Modella, artista, musa

Nel 1927, il magnate delle riviste Condé Montrose Nast tirò fuori dal traffico di Manhattan una ragazza diciannovenne di Poughkeepsie, New York, e la trascinò nel mondo dell’alta moda. Da lì le cose si mossero rapidamente. Un disegno di Miller apparve sulla copertina del 15 marzo 1927 di una delle riviste di punta di Nast, Vogue. Con un cappello a cloche viola, uno sfondo urbano scuro oscurato dai suoi occhi azzurri e un ciondolo di perle al collo, Miller era ufficialmente una modella di New York City. Ma partì per Parigi solo due anni dopo, non soddisfatta di essere solo un’immagine statica sulle copertine delle riviste e nelle pubblicità di Kotex.

Elesse Man Ray, il fotografo dadaista e surrealista, a suo mentore e lavorarono insieme per sviluppare la tecnica della solarizzazione, in cui il tono di un’istantanea viene invertito. I due divennero anche amanti e, insieme, svolazzarono tra i circoli surrealisti dell’Europa tra le due guerre e di New York. Miller interpretò la protagonista femminile, una statua di marmo senza braccia, in The Blood of a Poet, un film d’avanguardia di Jean Cocteau. Le sue labbra e i suoi occhi divennero pezzi iconici dell’arte surrealista. Nel 1934, Miller sposò un uomo d’affari egiziano di nome Aziz Eloui Bey e si trasferì al Cairo, dove continuò a fotografare senza le pressioni finanziarie della sua precedente carriera. Ma l’elegante vita domestica la lasciò irrequieta, così tornò a rimbalzare in Europa—Parigi, i Balcani, l’Inghilterra rurale—questa volta con il padre di Penrose, Roland.

La guerra surreale di Lee Miller

Dopo aver concluso il suo primo matrimonio in termini amichevoli, Miller si stabilì con Roland in Inghilterra, arrivando più o meno all’epoca dello scoppio della seconda guerra mondiale. Nonostante il vuoto nel suo curriculum, Miller fece di nuovo domanda a Vogue, che la assunse come fotografa per sostituire gli uomini che ora combattevano in guerra. Il normale lavoro di moda riprese, presumibilmente una felice distrazione dalla cupezza del tempo di guerra, ma lasciò Miller insoddisfatta mentre le bombe tedesche cadevano sulla città intorno a lei. Sempre testarda, prese in mano la situazione, elaborando le sue straordinarie foto della Londra dilaniata dalla guerra negli uffici di Vogue e contribuendo con 22 immagini a Grim Glory, un libro sul Blitz.

Miller fu accreditata come fotografa dall’esercito americano nel 1942, ma si occupò principalmente del lavoro delle donne, non del combattimento. Fino all’assedio di St. Malo, una città costiera in Francia, nel 1944, si è limitata a scene con infermiere in una base a Oxford, in Inghilterra. Tuttavia, è riuscita a reinventare queste fotografie attraverso una lente surrealista: in un’istantanea, ad esempio, ha catturato un’infermiera che puliva guanti di gomma, che sporgevano dagli stendini come decine di mani senza corpo. “Ho spesso detto che ritengo che l’unica formazione significativa per essere un corrispondente di guerra sia prima di tutto essere un surrealista, perché allora niente è troppo insolito”, afferma Penrose.

Quando i redattori di Vogue hanno assegnato a Miller il compito di coprire la liberazione di St. Malo, hanno dato per scontato che la città fosse già stata liberata dagli Alleati. Ma i combattimenti erano appena iniziati. Sebbene non fosse accreditata per coprire i combattimenti, Miller era l’unica reporter incastrata con le truppe. Si è rifiutata di non coprire la storia. L’articolo che Miller scrisse in seguito per Vogue (lo stesso scoperto da Penrose nella soffitta di sua madre circa tre decenni dopo) è un resoconto vivido, franco e soggettivo dell’assedio, dai rumori degli spari alle lunghe attese nelle retrovie.

L’eredità di Lee Miller

Gli orrori della guerra in Europa continuarono, e così fece il lavoro di Miller per documentarli per i posteri. Lei e il suo caro compagno David E. Scherman, corrispondente della rivista Life, furono tra i primi membri della stampa a entrare nel campo di concentramento di Dachau appena liberato il 30 aprile 1945. Le scene che videro lì sfidavano la realtà. Insieme alle sue foto e all’articolo, Miller inviò al suo editore a Londra un telegramma: “TI IMPLORO DI CREDERE CHE QUESTO È VERO”. Vogue pubblicò le sue foto del campo, accostate alla banalità della vita tedesca nei villaggi vicini, e intitolò la diffusione “Believe It“.

Più tardi, il 30 aprile, Miller e Scherman andarono a Monaco e si accamparono nel vecchio appartamento di Adolf Hitler, che era stato trasformato in una base dell’esercito americano. Esaminarono le sue cose, che sembravano spaventosamente normali, e lei posò nella vasca da bagno di Hitler lo stesso giorno in cui il dittatore morì suicida dall’altra parte del paese, a Berlino.

Dopo la guerra, Miller lottò per trovare il suo posto nel mondo delle riviste e dell’arte in tempo di pace. Cercò di diventare fotografa dello staff di Vogue. Nel 1956 abbandonò definitivamente il giornalismo, decidendo invece di formarsi come cuoca gourmet e pubblicare ricette. Ma Miller continuò a lottare con la sua salute mentale. Penrose, nato nel 1947, descrive sua madre durante questo periodo come “alcolizzata” e “depressa”. Avevano una relazione “piuttosto terribile”. Fu allevato prevalentemente da una babysitter. Poi, all’inizio degli anni ’70, Penrose escogitò un piano per guidare in giro per il mondo in una Land Rover con suo cugino e un amico del villaggio vicino. Mentre si preparavano, ricorda, sua madre “divenne una persona diversa”, incoraggiata dalla prospettiva dell’avventura, e offrì ai ragazzi consigli pratici.

Quando Penrose tornò in Inghilterra, lui e sua madre divennero intimi come “due vecchi amici” per gli ultimi anni della sua vita. Ma Miller non raccontò ancora a Penrose della guerra. Quelle storie erano ancora un fascio di traumi, fotografie e pagine di manoscritti che lei portava con sé e lasciava in scatole intatte nella sua soffitta. Fu solo dopo la morte di Miller che Penrose scoprì e iniziò a condividere la sua straordinaria storia con il mondo.

Senza il suo lavoro, Miller sarebbe stata ricordata solo come musa e modella. Le sue molte altre vite non avrebbero mai ispirato gli altri.

Fonte

Lee Miller: la spiegazione del finale. Cosa succede alla protagonista?

La parte migliore del biopic Lee Miller è senza dubbio l’interpretazione di Kate Winslet, estremamente convincente e degna di lode. Adattato dalla biografia di Anthony Penrose intitolata The Lives of Lee Miller, il film racconta alcune parti della vita avventurosa di Lee Miller, che passò dall’essere modella a fotografa quando l’Europa fu devastata dalla seconda guerra mondiale. Nel complesso, il film è sicuramente interessante da guardare, soprattutto per coloro che hanno un minimo di interesse per la storia, ma di cosa parla il film?

Lee Miller inizia con un’inquadratura di una donna che corre per le strade di una città europea colpita dalla guerra intorno al 1945, con una macchina fotografica appesa al collo. Mentre individua un soggetto interessante, uno stivale da soldato che giace sulla strada con una serie di proiettili che ne fuoriescono, e ne scatta una foto, si verifica un’esplosione molto vicina, che la fa sbalzare all’indietro e la ricopre di polvere e fumo. Mentre il film si sposta in avanti di molti anni, fino al 1977, vediamo la stessa donna, Lee Miller, da anziana, che si versa un drink nella sua casa in Inghilterra. Viene intervistata da un giovane, ma Lee è chiaramente un po’ riluttante a rispondere alle sue domande, soprattutto perché trova tali interviste inutili.

Crede fermamente che le interviste siano solo una forma più gentile di interrogatorio e apparentemente non desidera rivelare troppo sulla sua vita e sulle sue opere. Il giovane intervistatore inizia con il piede sbagliato, insinuando che Lee avesse fatto cose nella sua vita solo per fama e riconoscimento, ipotesi che lei rifiuta con fermezza. Tuttavia, mentre la donna inizia gradualmente a parlare con il suo intervistatore, diventa lentamente evidente che la sua vita è stata piena di avventure pericolose e dimostrazioni di spavalderia che meritano sicuramente di essere documentate.

Veniamo riportati di nuovo al passato, nel 1938, questa volta attraverso la narrazione di Lee, mentre descrive la sua vita spensierata all’epoca. Dopo aver lavorato come modella e musa per vari fotografi, tra cui Man Ray, Lee era in vacanza a Mougins, in Francia, quando incontrò per la prima volta un inglese di nome Roland Penrose. L’ascesa di Adolf Hitler era già oggetto di discussione all’epoca, ma nessuno degli artisti conoscenti di Lee poteva prevedere cosa sarebbe successo nei mesi successivi. Mentre Lee e Roland iniziavano una vorticosa storia d’amore, Hitler ottenne il potere in Europa e mosse guerra al resto del continente.

Kate Winslet e Marion Cotillard in Lee Miller (film, 2024)

Fu sia per allontanarsi da Parigi, che stava diventando un focolaio di instabilità politica, sia per andare a vivere con Roland, che Lee si trasferì a Londra. Era sempre stata interessata alla fotografia e ora che meno persone la volevano come soggetto delle loro fotografie, poiché le donne trentenni erano già considerate troppo vecchie per fare le modelle, mostrò interesse nel perseguire l’arte dall’altro lato della macchina fotografica. Così, Lee incontrò una giornalista di nome Audrey Withers e iniziò a lavorare per la rivista Vogue England. Con il cambiamento dei tempi, Vogue, che era stata una rivista di moda, voleva raccontare anche storie dal fronte di guerra e Lee si candidò per fotografare gli eventi, senza sapere che quelle esperienze le avrebbero cambiato la vita per sempre.

Quali furono le prime esperienze di Lee Miller come fotografa di guerra?

La carriera di fotografa di Lee Miller iniziò scattando scene dalle strade di Londra in rapido cambiamento, dove sempre più uomini venivano inviati a combattere nel conflitto globale. Come la maggior parte delle persone, anche lei era scioccata e arrabbiata per la situazione che si stava sviluppando in Europa e Lee era determinata a fare qualcosa al riguardo. Molti dei suoi amici intimi erano bloccati a Parigi, che era già stata invasa e occupata dai nazisti, e questo la lasciò in uno stato di ansia impotente. La prima interazione diretta di Lee con individui legati alla guerra fu quando fotografò le donne che prestavano servizio nell’Auxiliary Territorial Service, o ATS, che era fondamentalmente il ramo femminile dell’esercito britannico all’epoca. Alla fine iniziò a fare richieste per essere inviata sul campo di battaglia per riferire sulla situazione e, sebbene Audrey Withers continuasse a ricordarle le regole e le convenzioni, Lee non si arrese. Dopo alcuni tentativi, Vogue le disse che la Gran Bretagna aveva regole severe sul non inviare nessuna giornalista donna al fronte di guerra, rovinando temporaneamente i suoi piani.

Poiché Lee era in realtà una cittadina americana, tornò rapidamente negli Stati Uniti e fece domanda per lo stesso ruolo presso la rivista Vogue nel paese. Poiché gli Stati Uniti non avevano regole per quanto riguarda le giornaliste donne, le fu permesso di andare in Francia e fotografare la situazione lì, dando finalmente inizio alla carriera di Lee come fotografa di guerra. Sulla base di quanto mostrato nel film, l’argomento più importante nelle sue opere era la condizione delle donne in guerra, e le sue migliori fotografie riguardavano senza dubbio le donne sul campo di battaglia. A partire dagli operai dell’ATS schierati per controllare i riflettori utilizzati per tracciare i bombardieri tedeschi che attaccavano l’Inghilterra dall’alto, fino ai numerosi piloti e dottori che Lee fotografò durante il suo periodo sul campo di battaglia, la condizione delle donne era il suo soggetto preferito. Come donna che viveva e lavorava negli anni ’40, la stessa Lee Miller dovette affrontare molto sessismo e un generale disprezzo da parte degli uomini.

Kate Winslet e Andy Samberg in Lee Miller (film, 2024)

Come ha fatto Lee a scoprire gli orrori dei campi di concentramento?

Mentre Lee lavorava come fotografa di guerra, si imbatté in un altro fotoreporter di nome David E. Scherman, un giornalista che lavorava per la rivista “Life”. Sebbene ammettesse di aver trovato molto difficile lavorare con gli altri, Lee non dovette fare quasi nessuno sforzo per diventare amica di David e i due continuarono ad accompagnarsi a vicenda sul campo set ogni volta che potevano. Dopo la liberazione di Parigi, incontrò una vecchia amica, Solange d’Ayen, e apprese che suo marito, Jean, era stato portato via dai nazisti e da allora non c’era più traccia di lui. All’epoca, il mondo esterno non aveva idea del tipo di atrocità a cui migliaia di persone erano state sottoposte per mano dei nazisti all’interno di campi costruiti appositamente per torturare e uccidere. Mentre parlava con più persone, Lee si rese conto che centinaia e migliaia di persone erano improvvisamente scomparse da varie parti del continente e nessuno sapeva cosa fosse successo loro.

Cercò persino di convincere Audrey Withers a occuparsi della questione come approfondimento di Vogue, ma quest’ultima non poteva farci quasi nulla. Alla fine, quando i nazisti iniziarono a perdere la guerra, la stampa venne a conoscenza di vari treni che erano stati utilizzati dai nazisti per trasportare orde di prigionieri in diverse parti d’Europa, e poi Lee e David furono lasciati entrare in un campo di concentramento subito dopo la sua liberazione. Nonostante l’estremo costo fisico e mentale dell’esperienza, i fotografi scattarono immagini delle pile di cadaveri trovati all’interno dei campi e anche delle carrozze dei treni. Le foto di Lee divennero alcuni dei primi scatti pubblicati a livello mondiale per informare le persone dell’orribile genocidio che i nazisti avevano segretamente compiuto. Questa esperienza ebbe sicuramente un impatto negativo duraturo sulla mente di Lee, e lo shock e lo stress che affrontò durante il suo periodo come fotografa di guerra continuarono a perseguitarla. Più avanti nella vita dovette persino ricorrere all’alcol e alla droga, una dipendenza iniziata quando lavorava, e che è anche accennata nel film.

Kate Winslet in Lee Miller (film, 2024)

Cosa rivelò Lee Miller del suo passato?

Nel finale di Lee Miller, la protagonista del titolo rivela finalmente qualcosa di personale alla sua cara amica Audrey dopo che questa si è infuriata con Vogue per non aver pubblicato gran parte del suo lavoro. Mentre ha un crollo emotivo, Lee rivela di essere stata violentata da un amico di suo padre quando era adolescente e che l’orribile esperienza ha continuato a perseguitarla fino ad oggi. Infatti, questo è il motivo per cui Lee è vista essere estremamente protettiva nei confronti di qualsiasi donna che ritiene in pericolo, a partire da quando vede un giovane soldato britannico che si impone a una donna francese dopo la liberazione di Parigi. È sempre rimasta consapevole del fatto che essere una donna in tempo di guerra era ancora più difficile, poiché non solo doveva temere gli avversari sul campo di battaglia, ma anche rimanere cauta con gli uomini e la società in generale.

Cosa significa l’ultima scena del film?

Nel finale di Lee Miller, il film ci riporta alla scena del 1977, dove un giovane uomo intervista Lee. Dopo aver sentito parlare della vita incredibilmente avventurosa e della carriera appassionata della donna, l’uomo stranamente cambia argomento di discussione e passa alla maternità, e Lee ammette di non essere riuscita a essere una brava madre. Viene poi rivelato che il giovane uomo che la intervista è suo figlio, Anthony Penrose. Alcune scene dopo, viene persino chiarito che la sessione di interviste non era reale, ma solo qualcosa inventato dall’immaginazione di Anthony, che aveva trovato foto e scritti di sua madre e aveva creato un dialogo immaginario con lei a riguardo.

In realtà, sebbene Lee Miller abbia vissuto con suo marito e suo figlio fino alla sua morte nel 1977, non aveva mai parlato ad Anthony della sua professione di fotografa di guerra. Anche se suo figlio sapeva cosa faceva da giovane, non aveva sicuramente idea della vasta portata della spavalderia e dell’esperienza lavorativa di sua madre. Fu solo dopo la sua morte che trovò fotografie scattate da lei e alcuni appunti che aveva scritto, dai quali ebbe modo di apprendere un lato completamente nuovo dell’identità di sua madre. Alla fine, Anthony Penrose non solo scrisse una biografia dettagliata sulla vita e le opere di Lee, ma la onorò anche nel miglior modo possibile diventando lui stesso un fotografo.

Lee Miller: ecco il principale motivo per vedere il film con Kate Winslet

Al cinema dal 13 marzo con Vertice360, Lee, biopic di Lee Miller diretto da Ellen Kuras, vede protagonista assoluta Kate Winslet. E c’è qualcosa che Winslet non è in grado di fare? A parte un paio di passi falsi che possono capitare in una carriera lunga e ricca, è il tipo di attrice che rappresenta quasi una garanzia e che attira a sé immediatamente l’attenzione del pubblico.

La sua presenza fa sempre la differenza, e Lee, un progetto di passione in lavorazione da tempo, non fa eccezione e offre all’attrice già premio Oscar un tipo di ruolo audace che in passato le ha fatto vincere il plauso di pubblico e critica.

Kate Winslet interpreta la fotografa Lee Miller, che si è scattata una foto nella vasca da bagno di Hitler lo stesso giorno in cui il dittatore si è sparato nel suo bunker. La storia comincia con Lee, ex modella che vive una vita di lusso con il suo amante artista Roland Penrose (Alexander Skarsgård) prima di diventare corrispondente di guerra durante la seconda guerra mondiale e una fotografa molto celebrata per la rivista Vogue. Mentre viaggia attraverso la Germania dilaniata dalla guerra, Miller lavora al fianco del giornalista ebreo newyorkese David Scherman (Andy Samberg) che la aiuta a catturare le atrocità che si verificano nella Germania nazista. Mentre l’audace fotografa inizialmente lotta per far conoscere le sue immagini al mondo a causa della politica ostinata degli Stati Uniti, le immagini che cattura diventano presto alcune delle fotografie più riconoscibili e inquietanti della seconda guerra mondiale, mettendo in guardia il mondo sulle ingiustizie che si stavano perpetrando nella Germania nazista. Kate Winslet, Andy Samberg e Alexander Skarsgård non sono le uniche star di Lee.

Kate Winslet guida il cast di Lee

Basta dare un’occhiata al cast e si scopre che Lee è pieno di altri talenti di alto livello, tra cui Marion Cotillard nel ruolo di Solange d’Ayen, amica di lunga data di Miller e direttrice della rivista Vogue francese, Andrea Riseborough nel ruolo di Audrey Withers, direttrice della rivista Vogue britannica, Josh O’Connor nel ruolo del fotografo britannico Antony Penrose e Noémie Merlant nel ruolo della modella Nusch Éluard. Un corollario di grandi artisti che mettono sempre al centro, la protagonista. Anche quando il film la vede indossare un trucco pesante per permetterle di interpretare una Lee più anziana, Winslet comanda ancora lo schermo e si mimetizza completamente con la famosa fotografa.

Sebbene questo avrebbe potuto essere un ruolo più convenzionale per Kate Winslet, si impegna completamente nella parte e fa il possibile affinché la sua interpretazione risulti accurata. L’inclusione di Samberg in Lee è probabilmente quella che coglierà di sorpresa la maggior parte delle persone, poiché l’attore non ha mai interpretato un ruolo completamente drammatico come questo. Incredibilmente, offre quella che potrebbe essere una performance ancora più notevole persino di Winslet ed è al centro di uno degli unici momenti emotivamente risonanti del film.

Senza dubbio, Lee Miller è una delle fotografe più affascinanti ad aver mai scattato una foto. È una delle persone più leggendarie ad aver mai impugnato una macchina fotografica. Anche il personaggio di Kirsten Dunst in Civil War, ha attinto molto da Miller tanto che nel film viene anche citata per il fatto che portano lo stesso nome.

Quando si sceglie un’attrice venerata come Kate Winslet per questo tipo di ruolo, sai già che l’attrice offrirà una performance eccellente, e alla fine è lei il vero motivo per cui vale la pena vedere il film diretto da Ellen Kuras.

Lee Jung-jae, star di SQUID GAME sarebbe in trattativa per un ruolo nel MCU

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Dopo i ruoli di spicco in Squid Game di Netflix e The Acolyte di Disney+, l’attore sudcoreano Lee Jung-jae potrebbe entrare a far parte del Marvel Cinematic Universe. Secondo lo scooper MTTSH, Jung-jae è in trattative per un ruolo non rivelato nel MCU.

Non abbiamo dettagli su chi potrebbe interpretare, ma è probabile che non si tratti di un eroe o di un cattivo specifico. È risaputo che Kevin Feige si rivolge ad attori con cui desidera lavorare senza avere in mente un personaggio in particolare, ed è anche possibile che a Jung-jae sia stata data la possibilità di scegliere tra diversi ruoli.

In realtà non è la prima volta che si vocifera di un ruolo Marvel per l’attore, visto che l’anno scorso si era parlato di lui in trattative per interpretare Mr. Negative in SSU della Sony (ovviamente non se ne fece nulla).

The Acolyte si è rivelato uno degli show di Star Wars della Lucasfilm che ha suscitato più divisioni, ma la maggior parte dei fan è probabilmente d’accordo sul fatto che il Maestro Jedi Sol di Jung-jae sia stato un personaggio di spicco.

Parlando con Vanity Fair della seconda stagione di Squid Game – attualmente in streaming – Jung-jae ha riflettuto sul contraccolpo che la serie ha ricevuto da alcuni fan, con alcuni membri del cast che sono stati oggetto di abusi razzisti, omofobi e misogini online.

I miei sentimenti sono stati feriti ”, ha ammesso. “Soprattutto per Leslye Headland, che deve aver sofferto molto. Posso solo avere fede che il razzismo finirà un giorno, anche se sarà difficile”.

Lee ha aggiunto di essere ottimista sul fatto che gli spettatori rivedranno L’Accolito più avanti nel tempo, e potrebbero ottenere un nuovo apprezzamento per il racconto ambientato nell’Era dell’Alta Repubblica. “Per alcuni lavori ci vuole tempo per ottenere una certa presa, e io spero vivamente che alla gente piaccia con il passare del tempo”.

Sol è stato ucciso nel finale, e probabilmente non sarebbe tornato per una seconda stagione, ma ci sono stati molti fili della trama e archi di personaggi lasciati in sospeso, tra cui la tanto discussa introduzione di Darth Plagueis nel live-action.

In The Acolyte, un’indagine su una scioccante serie di crimini mette un rispettato Maestro Jedi (Lee Jung-jae) contro una pericolosa guerriera del suo passato (Amandla Stenberg). Man mano che emergono nuovi indizi, i due si inoltrano in un sentiero oscuro dove forze sinistre rivelano che tutto non è come sembra.

La serie è interpretata da Amandla Stenberg, Lee Jung-jae, Manny Jacinto, Dafne Keen, Charlie Barnett, Jodie Turner-Smith, Rebecca Henderson, Dean-Charles Chapman, Joonas Suotamo e Carrie-Anne Moss.

Leslye Headland ha creato la serie, basata su Star Wars di George Lucas, e funge da produttore esecutivo insieme a Kathleen Kennedy, Simon Emanuel, Jeff F. King e Jason Micallef. Charmaine DeGraté e Kor Adana sono i produttori esecutivi. Rayne Roberts, Damian Anderson, Eileen Shim e Rob Bredow sono i produttori.

Headland ha diretto anche gli episodi iniziali (Eps. 101 e 102). I registi Kogonada (episodi 103 e 107), Alex Garcia Lopez (episodi 104 e 105) e Hanelle Culpepper (episodi 106 e 108) completano la regia della serie.

FOTO DI COPERTINA: Lee Jung-jae alla première della seconda stagione di “Squid Game” di Netflix. Foto di imagepressagency via Depositphotos.com

Lee Daniels per il biopic sul comico Richard Pryor

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Richard PryorIl suo The Butler ha diviso la critica, ma non per questo Lee Daniels si è fatto scoraggiare. Il regista di Precious ha infatti in cantiere molti progetti, alcuni dei quali legati ai biopic. Infatti oltre al confermato film sulla vita di Janis Joplin, sembra che ora Daniels possa essere interessato anche ad un film su Richard Pryor, il famoso comico statunitense scomparso nel 2005.

Il progetto, in cantiere da molto tempo, sembra aver coinvolto in veste di produttore anche Forest Whitaker, mentre il giovane Michael B. Jordan sarebbe in trattative per il ruolo da protagonista.

Il film, gestito dalla The Weinstein Company, si concentrerà sulla prima parte della vita e della carriera di Richard Pryor.

Fonte: C

Lee Daniels per il biopic su Janis Joplin?

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Lee Daniels si sta specializzando in biografie: dopo Selma, dedicato alla lotta per i diritti civili degli afroamericani e il prossimo The Butler incentrato sulla storia di un maggiordomo che servì per decenni alla Casa Bianca, il regista è già all’opera sul film dedicato all’uccisione di Martin Luther King, protagonista Hugh Jackman. Evidentemente però Daniels non sembra averne ancora abbastanza di dedicarsi a personaggi realmente esistiti: eccolo quindi entrare in trattative per dirigere Get it while you can, film dedicato a Janis Joplin, stella di prima grandezza della musica degli anni ’60.

L’idea del film risale ormai a parecchi anni fa – se ne parla infatti almeno dal 2004 – e attorno ad esso è circolata una lunga lista di nomi per registi, sceneggiatori e soprattutto possibili interpreti, tra le quali Catherine Hardwicke e Renee Zellweger, ma la scelta definitiva sembra ora essere caduta su Amy Adams. La sceneggiatura è stata curata da Ron Terry, assieme alla moglie Theresa Kounin-Terry. Le riprese, ammesso che Lee Daniels abbracci definitivamente il progetto, dovrebbero cominciare a inizio 2013. C’è peraltro da aggiungere che in cantiere vi è un altro film dedicato alla Joplin, intepretato dalla stella di Broadway Nina Arianda per la regia di Sean Durkin.

Fonte: Empire

Led Zeppelin Londra 2007: lo storico concerto arriva sul grande schermo


Nexo Digital e Warner Music Italy hanno adattato per il grande schermo Celebration Day, storico tributo che i Led Zeppelin dedicarono all’amico Ahmert Ertegun.

Lebron James sarà protagonista in una commedia con Kevin Hart

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Lebron James sarà protagonista in una commedia con Kevin Hart

lebron-jamesSi chiama Ballers il film che vedrà il ritorno di una All-Star NBA sul grande schermo,questa volta però non sarà Micahel Jordan o Shaquille O’Neal ma bensì il più forte giocatore di Basket del momento: Lebron James,stella dei Miami Heat e bi-campione in carica della lega.
Con James ci sarà anche l’attore comico Kevin Hart a formare una coppia che per fisicità ricorda molto quella De Vito-Schwarzenegger in I Gemelli.
Secondo i primi dettagli,James interpreterà una sorta di se stesso intento a giocare a basket,mentre Hart sarà il fratello minore ,costantemente invidioso del primogenito e in cerca di un riscatto che non lo tenga nell’ombra del suo familiare.
Per la sceneggiatura si parla di Lowell Ganz e Babaloo Mandel(già autori di alcune commedie per ragazzi),con la collaborazione dello stesso Hart.
Si sa inoltre che il film verrà girato quasi interamente in estate 2014,causa impegni sportivi di Lebron.

 

Lebron James avrà un film sulla sua carriera pre-NBA prodotto da Universal

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lebron-jamesUniversal Pictures sta per definire un accordo per acquistare i diritti di un progetto cinematografico sulla carriera scolastica dell stella NBA Lebron James, in quella che pare essere una vera e propria guerra di offerte tra diversi studios.
A produrre il film ci sarà acnhe Terence Winter (fresco nominato all’Oscar per la sceneggiatura di The Wolf of Wall Street) che ha in cantiere questo progetto da diverso tempo e avrebbe già avviato i contati con Lebron.
La storia sarà basata anche sul documentario del 2008 More Than a Game, che ha seguito James nella sua carriera da giocatore ma anche la sua vita fuori dalle arene, dove il l’ala dei Miami Heat ha vissuto momenti difficili.

 

Fonte: Variety

Lebowski Drive: folle mix tra Mullholland Drive e Il Grande Lebowski

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Lebowski Drive

Esistono oggigiorno davvero pochi cineasti il cui lavoro non si stato influenzato in qualche modo dal cinema di David Lynch. Anche i fratelli Coen non farebbero eccezione con il loro tocco surreale e il loro humor, secondo quanto riporta IndieWire e secondo gli user di Vimeo Jae e Gail, i quali hanno ricostruito in un video le similarità tra il film cult sullo scambio di identità Il Grande Lebowski e l’altrettanto famoso capolavoro lynchano Mullholland Drive, il quale intreccia insieme le due complicate identità delle protagoniste femminili in un sottile gioco di specchi.

Il risultato è appunto Lebowski Drive, un qualcosa di davvero assurdo, un mix tra il comico e il decisamente perturbante. Qui di seguito il video in questione:

Fonte: Indiewire

Leatherface: tutto quello che c’è da sapere sul film horror

Leatherface: tutto quello che c’è da sapere sul film horror

Il genere horror ha in più occasioni regalato al cinema personaggi entrati da subito nell’immaginario collettivo. Tra i più noti si citano il Michael Myers della saga di Halloween, il Freddy Krueger protagonista dei vari Nightmare e Jason Voorhees, appartenente alla serie di film di Venerdì 13. Oltre a loro, un altro dei più temuti e spaventosi mostri del horror è Leatherface, apparso per la prima volta nel film del 1974 Non aprite quella porta. Ancora oggi a lui vengono dedicati nuovi film, come l’imminente titolo distribuito da Netflix, o il film del 2017 Leatherface (qui la recensione), il quale si configura come vera e propria origin story del personaggio.

Ottavo film della saga, questo è stato diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury, a partire da una sceneggiatura di Seth M. Sherwood. Si tratta di un prequel del film diretto da Tobe Hooper nel 1974, che va ad indagare le origini del mostro antagonista e che si configura come un’opera accessibile anche a quanti non avevano visto neanche un film della serie. Allo stesso tempo, questo nuovo film reinventa il personaggio e la sua storia aggiornandolo secondo i canoni odierni, così da renderlo ben più spaventoso e violento rispetto ai precedenti film della saga. Accolto da opinioni contrastanti, Leatherface è stato in realtà molto apprezzato dai fan della saga.

Questi lodavano in particolare di essere tornati ad un livello di violenza particolarmente elevato, dopo che il precedente Non aprite quella porta 3D aveva deluso sotto questo punto di vista. Per gli amanti della saga e del cinea horror in generale, si tratta di godibile titolo da non perdere. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla vera storia del personaggio. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Leatherface: la vera storia dietro al personaggio

Non tutti sanno che, come anche per altri celebri serial killer del cinema horror, il personaggio di Leatherface si rifà ad una storia vera e alla persona di Ed Gein, un crudele assassino del Wisconsin. Nato il 27 agosto del 1906, egli è responsabile della morte di almeno due donne e di aver occultato (si stima) circa una ventina di tombe, commettendo su di esse degli atti di necrofilia e di squartamento. Il killer è noto anche per la sua usanza di arredare la propria abitazione con pelle e ossa umane, ricavate dai corpi profanati al cimeto. La caratteristica tale per cui Gein è identificabile come la fonte di ispirazione per Leatherface, è però il fatto di essersi costruito della maschere per il viso con la pelle umana delle sue vittime.

Il personaggio di Leatherface ricorda dunque molto Ed Gein, anche per il rapporto morboso che entrambi avevano nei confronti della madre. Il personaggio cinematografico ha però una propria identità, che gli permette di discostarsi dalla vera storia e personalità dell’assassino. Leatherface è un uomo nato con il volto sfigurato, con un ritardo mentale e che crede di essere costantemente minacciato dal tutto il mondo esterno alla sua famiglia. Nel corso della saga il vero nome del personaggio cambia in più occasioni, passando ad esempio da Thomas Hewitt a Jedidiah Sawyer. Questi cresce all’interno di un mattatoio e, quando questo chiude, la sua follia prende pieno possesso della persona, dando sfogo alla terribile sequela di brutali omicidi che gli si vede compiere.

Leatherface storia vera

Leatherface: la trama del film e il cast del film

Il film, dunque, racconta la storia di un ragazzino di nome Jedidiah “Jed” Sawyer, che abita in una fattoria insieme ai genitori Drayton e Verna. Proprio questi due si rivelano essere tutt’altro che amorevoli, ma vantano invece una natura omicida particolarmente raccapricciante e pericolosa. Per spingere anche Jed a diventare un folle assassino, i due attirano un giorno nel loro fienile la giovane Betty Hartman, che viene poi brutalmente uccisa. Il padre della ragazza, il Texar Ranger Hal Hartman decide di  vendicarsi prendendo in consegna Jed per portarlo in un riformatorio minorile. Tutto precipita quando Verna, che rivuole suo figlio, fa irruzione nell’istituto provocando una ribellione che sfocerà nell’orrore.

Ad interpretare Jed vi sono due attori, Boris Kabakchiev per la versione da bambino del personaggio e Sam Strike per quella da adulto. Quest’ultimo, per risultare più convincente nel ruolo, acquisì una notevole massa muscolare. Nel ruolo della madre Verna vi è invece l’attrice Lily Taylor, vista anche in film come Nemico pubblico e Maze Runner – La fuga. Il padre Drayton, invece, è interpretato da Dimo Alexiev, mentre Dejean Angelov è Nubbins Sawyer, fratello maggiore di Jed. Ultimo membro della famiglia è il nonno, interpretato da Velizar Peev. Dei protagonisti fanno poi parte anche l’attrice Vanessa Grasse, nel ruolo dell’infermiera Elizabeth e Stephen Dorff in quelli del ranger Hal Hartman.

Leatherface: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Leatherface grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 11 febbraio alle ore 21:15 sul canale Italia 2.

Fonte: IMDb

 

Leatherface: trailer italiano ufficiale con Lili Taylor

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Leatherface: trailer italiano ufficiale con Lili Taylor

Guarda il trailer ufficiale di Leatherface, il nuovo film horror diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury e con protagonisti Lili Taylor e Stephen Dorff.

Leatherface è l’horror che racconta le origini di una delle figure più terrificanti del cinema, Leatherface appunto o, come meglio lo conosce il pubblico italiano, Faccia di cuoio, protagonista sadico e crudele della saga cinematografica cult Non aprite quella porta.

Nel 1974 l’uscita di Non aprite quella porta, un horror autoprodotto da un allora sconosciuto Tobe Hooper, provocò un profondo turbamento nel pubblico di tutto il mondo. La storia prendeva spunto dalla figura del serial killer Ed Gein che uccideva le sue vittime e poi riutilizzava la loro pelle per creare svariati oggetti e indumenti tra cui una maschera. Il film ha fatto epoca ridefinendo il concetto di terrore ed è stato così significativo nel suo genere che dopo più di quarant’anni è ancora considerato uno dei film horror più celebri e discussi, ispirando poi un’intera generazione di filmmaker.

Leatherface

Leatherface non è un remake o un rehash di Non aprite quella porta ma è una storia originale, un altro tipo di racconto horror, che indaga sull’origine della saga e scava alle radici della nascita del suo iconografico personaggio con una narrazione quasi lirica.

Il film, molto crudo e violento, vuole raccontare attraverso sfumature viscerali, una componente emotiva appassionante, una dimensione di rapporti complessa e forte, le implicazioni psicologiche che hanno portato un ragazzo particolarmente fragile a compiere atti di efferata brutalità diventando il mostro che tutti noi conosciamo.

Leatherface, che vede il coinvolgimento diretto di Hooper in qualità di produttore esecutivo, è diretto da un duo di registi francesi composto da Alexandre Bustillo e Julien Maury che hanno ottenuto un notevole successo di critica con l’horror Inside. Il cast è formato da un gruppo di giovani talenti tra cui Finn Jones, il Loras Tyrell de Il Trono di Spade, e guidato da due attori di grande esperienza e notorietà come Lili Taylor (Maze Runner: La Fuga) e Stephen Dorff (Somewhere).

Leatherface trama

Quattro adolescenti violenti, scappati da un ospedale psichiatrico, rapiscono una giovane infermiera e la portano con loro in un viaggio all’inferno inseguiti da un poliziotto altrettanto squilibrato in cerca di vendetta. Uno dei ragazzi è destinato a vivere eventi tragici e una serie di orrori che distruggeranno la sua mente per sempre trasformandolo in un mostro noto come Leatherface, o Faccia di cuoio.

Leatherface: recensione del film con Lily Taylor

Leatherface: recensione del film con Lily Taylor

A meno di un mese dalla scomparsa del compianto regista Tobe Hooper, creatore dell’intero universo orrorifico di Non Aprite Quella Porta, esce l’ultimo capitolo della saga: Leatherface.

Sebbene Hooper abbia fatto in tempo ad esserne produttore esecutivo, il film si distacca di molto da quello che fu il capostipite nel 1974. La regia viene affidata ad Alexandre Bustillo e Julien Maury, che prendono la decisione – a conti fatti azzardata – di risalire alle origini del mito di “Faccia di Cuoio” (in inglese Leatherface). Il film cerca di spiegare come questo assassino così feroce sia diventato tale, partendo da un’infanzia traumatizzata da una famiglia folle e dalla seguente reclusione in un centro psichiatrico minorile.

Negli anni ’70, Tobe Hooper aveva creato un  microuniverso che funzionava perfettamente. La storia prendeva spunto da fatti realmente accaduti, e cioè dall’arresto di Ed Gein, maniaco omicida del Texas che aveva fatto stragi di vittime e ne aveva utilizzato la pelle per conciare elementi di arredo della sua casa o per farne maschere da indossare. Quello che fu rivoluzionario all’epoca, fu l’uso del genere mockumentary – oggi così inflazionato – che Hooper usò per rendere tutto più credibile e che è stato ripreso solo nel remake del 2003 (l’unico riuscito dell’intera saga).

Leatherface dal suo canto non brilla affatto per originalità. Sebbene cerchi di discostarsi dai film che lo precedono, finisce invece per amalgamarsi alla massa non tanto dell’universo-Non Aprite Quella Porta, quanto dei più banali film horror di sempre. In un melting pot di luoghi comuni come il manicomio, l’elettroshock, la necrofilia, ecc ecc, la trama di Leatherface cerca – invano – di sorprendere lo spettatore, enucleando diligentemente tutti quei simboli che sono diventati negli anni l’emblema della saga: la sega elettrica, la pelle ricucita, i riti animisti. Un’opera che sa di fan-service, dove il sangue scorre a fiumi sin dal primo frame ma che non si preoccupa di avere un senso o di appassionare veramente lo spettatore.

Leatherface: poster del prequel di Non aprite quella porta

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Leatherface: poster del prequel di Non aprite quella porta

Ecco il primo inquietante poster di Leatherface, film prequel di Non Aprite quella Porta con protagonista, come da titolo, colui che sarebbe diventato il temibile Faccia di Cuoio negli anni dell’adolescenza.Leatherface poster

La storia parte con il giovane protagonista, interpretato da Sam Strike, rinchiuso in una struttura psichiatrica.

Con il leggendario film di Tobe Hooper, tre sequel, un remake, un prequel al remake e un sequel diretto ambientato nei nostri giorni, questo sarà l’ottavo film del fortunato franchise.

Diretto dal francese Julian Maury, Leatherface uscirà negli USA nel 2016 e avrà trai protagonisti Stephen Dorff, Vanessa Grasse, Sam StrikeLili Taylor.

Fonte: CS

Leatherface: in arrivo un nuovo film, ecco il protagonista

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Leatherface: in arrivo un nuovo film, ecco il protagonista

Sam StrikeI rumors che volevamo il giovane Sam Strike nuovo Spider-Man sono stati zittiti sul nascere. L’attore in effetti è alle prese con un ruolo iconico nella storia del cinema, ma molto diverso da quello dell’Uomo Ragno. Il protagonista della soap opera inglese Eastenders sarà un giovane Leatherface negli anni della sua adolescenza.

Il nuovo progetto che avrà come protagonista il maniaco omicida di Non aprite quella porta sarà infatti un prequel, oltre che un racconto inedito delle sevizie che il futuro assassino seriale ha subito in giovane età.

Sicuramente non avevamo necessità di un tale progetto, ma tra sequel, reboot e simili, un pequel del genere completerà la mitologia cinematografica di questo iconico villain.

Fonte: CBM

Leatherface: il trailer vietato sulle origini di Faccia di Cuoio

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Leatherface: il trailer vietato sulle origini di Faccia di Cuoio

BD Horror Trailers and Clips ha distribuito il primo trailer di Leatherface, il prequel di Non aprite quella porta che racconta le origini del celebre villain Faccia di Cuoio.

Ecco il trailer vietato di Leatherface

Leatherface sarà distribuito in alcuni cinema americani e in Video On Demand il 20 ottobre del 2017. La storia parte con il giovane protagonista, interpretato da Sam Strike, rinchiuso in una struttura psichiatrica. Con il leggendario film di Tobe Hooper, tre sequel, un remake, un prequel al remake e un sequel diretto ambientato nei nostri giorni, questo sarà l’ottavo film del fortunato franchise.

Leatherface: il trailer green band italiano

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Leatherface: il trailer green band italiano

La M2Picture ha diffuso un nuovo green band trailer Leatherface, il film horror appartenente al franchise di Non aprite quella porta, diretto da  Alexandre Bustillo Julien Maury. Nel cast Stephen Dorff, Lili Taylor, Sam Strike e Finn Jones.

Leatherface è l’horror che racconta le origini di una delle figure più terrificanti del cinema, Leatherface appunto o, come meglio lo conosce il pubblico italiano, Faccia di cuoio, protagonista sadico e crudele della saga cinematografica cult Non aprite quella porta.

Leatherface non è un remake o un rehash di Non aprite quella porta ma è una storia originale, un altro tipo di racconto horror, che indaga sull’origine della saga e scava alle radici della nascita del suo iconografico personaggio con una narrazione quasi lirica.

Il film, molto crudo e violento, vuole raccontare attraverso sfumature viscerali, una componente emotiva appassionante, una dimensione di rapporti complessa e forte, le implicazioni psicologiche che hanno portato un ragazzo particolarmente fragile a compiere atti di efferata brutalità diventando il mostro che tutti noi conosciamo.

Leatherface, che vede il coinvolgimento diretto di Hooper in qualità di produttore esecutivo, è diretto da un duo di registi francesi composto da Alexandre Bustillo e Julien Maury che hanno ottenuto un notevole successo di critica con l’horror Inside. Il cast è formato da un gruppo di giovani talenti tra cui Finn Jones, il Loras Tyrell de Il Trono di Spade, e guidato da due attori di grande esperienza e notorietà come Lili Taylor (Maze Runner: La Fuga) e Stephen Dorff (Somewhere).

Leatherface trama

Quattro adolescenti violenti, scappati da un ospedale psichiatrico, rapiscono una giovane infermiera e la portano con loro in un viaggio all’inferno inseguiti da un poliziotto altrettanto squilibrato in cerca di vendetta. Uno dei ragazzi è destinato a vivere eventi tragici e una serie di orrori che distruggeranno la sua mente per sempre trasformandolo in un mostro noto come Leatherface, o Faccia di cuoio.

Leatherface: il poster del film sulle origini di Faccia di Cuoio

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Leatherface: il poster del film sulle origini di Faccia di Cuoio

Ecco l’inquietante poster di Leatherface, il film che va a indagare le origini di uno dei più famosi mostri del cinema horror: Faccia di Cuoio. Abbiamo incontrato per la prima volta il villain in Non Aprite quella Porta, e adesso scopriamo come il terribile mostro è venuto alla luce.

Leatherface: il trailer vietato sulle origini di Faccia di Cuoio

Il film sarà distribuito in alcuni cinema americani e in Video On Demand il 20 ottobre del 2017.

La storia parte con il giovane protagonista, interpretato da Sam Strike, rinchiuso in una struttura psichiatrica.

Con il leggendario film di Tobe Hooper, tre sequel, un remake, un prequel al remake e un sequel diretto ambientato nei nostri giorni, questo sarà l’ottavo film del fortunato franchise.

Fonte

Leatherface: due registi per il prequel di Non Aprite Quella Porta

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LeatherfaceA mesi di distanza dall’annuncio ufficiale di Leatherface, prequel dell’ormai film culto Non Aprite Quella Porta, sono finalmente stati sciolti gli indugi circa chi si occuperà della regia del film.

A scavare a ritroso partendo dalla pellicola diretta da Tobe Hooper, sarà il duo di registi composto da Julian Maury ed Alexandre Bustillo, oramai ufficializzati a capo del progetto.

Al loro fianco ci sarà lo sceneggiatore Seth M. Sherwood che, ormai da tempo, è alle prese con lo script della pellicola.

Secondo le ultime indiscrezioni, la pellicola ci condurrà nell’adolescenza di Faccia di Cuoio, periodo in cui il pericoloso killer sarà ospite di un manicomio da cui, in compagnia di un gruppo di pazienti, evaderà portando scompiglio per le strade.

Prodotto dalla Millennium EntertainmentLeatherface avrà il difficile compito di riportare la serie alle origini a distanza di oltre 40 anni dal suo debutto al cinema ed in seguito ad una lunga serie di deludenti sequel e remake.

Fonte: Coming Soon

Leatherface: arriva il primo poster ufficiale

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Leatherface: arriva il primo poster ufficiale

Oramai si sa, quando il cinema non riesce più a proiettare le proprie storie in avanti decide di compiere un passo a ritroso e tornare alle origini. Questo regola, spesso e volentieri, è stata abbracciata dal genere horror che, forse più di ogni altro, ha approfondito le origini dei mostri che ha contribuito a creare. Ultimo film pronto ad inserirsi in questo filone è Leatherface, prequel della serie Non Aprite Quella Porta, attualmente in lavorazione.

Proprio a tenere alta l’attenzione nei confronti di una serie che ormai da tempo aveva perso il proprio appeal arriva un primo poster ufficiale del progetto diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury.

Leatherface Poster

Prodotto dalla Millennium EntertainmentLeatherface si baserà su di una sceneggiatura di Seth Sherwood ed avrà il difficile compito di riportare la serie alle origini a distanza di oltre 40 anni dal suo debutto al cinema ed in seguito ad una lunga serie di deludenti sequel e remake.

Fotne: Comic Book Movie

Leatherface: anche il trailer green band è spaventoso

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Leatherface: anche il trailer green band è spaventoso

Ecco il trailer green band di Leatherface il film horror appartenente al franchise di Non aprite quella porta, diretto da  Alexandre Bustillo Julien Maury. Nel cast Stephen Dorff, Lili Taylor, Sam Strike e Finn Jones.

 

Guarda il trailer ufficiale di Leatherface, il nuovo film horror diretto da Alexandre Bustillo e Julien Maury e con protagonisti Lili Taylor e Stephen Dorff.

Leatherface è l’horror che racconta le origini di una delle figure più terrificanti del cinema, Leatherface appunto o, come meglio lo conosce il pubblico italiano, Faccia di cuoio, protagonista sadico e crudele della saga cinematografica cult Non aprite quella porta.

Leatherface non è un remake o un rehash di Non aprite quella porta ma è una storia originale, un altro tipo di racconto horror, che indaga sull’origine della saga e scava alle radici della nascita del suo iconografico personaggio con una narrazione quasi lirica.

Il film, molto crudo e violento, vuole raccontare attraverso sfumature viscerali, una componente emotiva appassionante, una dimensione di rapporti complessa e forte, le implicazioni psicologiche che hanno portato un ragazzo particolarmente fragile a compiere atti di efferata brutalità diventando il mostro che tutti noi conosciamo.

Leatherface, che vede il coinvolgimento diretto di Hooper in qualità di produttore esecutivo, è diretto da un duo di registi francesi composto da Alexandre Bustillo e Julien Maury che hanno ottenuto un notevole successo di critica con l’horror Inside. Il cast è formato da un gruppo di giovani talenti tra cui Finn Jones, il Loras Tyrell de Il Trono di Spade, e guidato da due attori di grande esperienza e notorietà come Lili Taylor (Maze Runner: La Fuga) e Stephen Dorff (Somewhere).

Leatherface trama

Quattro adolescenti violenti, scappati da un ospedale psichiatrico, rapiscono una giovane infermiera e la portano con loro in un viaggio all’inferno inseguiti da un poliziotto altrettanto squilibrato in cerca di vendetta. Uno dei ragazzi è destinato a vivere eventi tragici e una serie di orrori che distruggeranno la sua mente per sempre trasformandolo in un mostro noto come Leatherface, o Faccia di cuoio.

Leatherface sarà il titolo del prequel di Non Aprite quella Porta

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LeatherfaceÈ ancora senza data di uscita ma con uno sceneggiatore già a bordo il prequel di Non Aprite Quella Porta intitolato ufficialmente Leatherface.
Seth M. Sherwood è stato ingaggiato per scrivere il film che per ora ha una trama segreta ma sappiamo si aggirerà nei primi anni 70 e probabilmente indagherà sulla nascita del mostro Leatherface.
Alexandra Daddario potrebbe avere una parte nel film data il ruolo di cugina che aveva nell’altro film della serie, uscito lo scorso anno, Non Aprite Quella Porta 3D.
Christa Cammpbell e Lati Grobman saranno i produttori esecutivi, due persone che hanno sempre lottato per questo franchise e che per sicuramente metteranno tutto l’impegno possibile per creare un buon film per i fan della serie.

Nel frattempo se siete dei fan nostalgici del primo capolavoro di Tobe Hooper potete gustarvi il trailer per il restauro del film in 4k cliccando su questo link

Fonte: The Wrap

Leatherface ritorna al cinema il 14 Settembre

Leatherface ritorna al cinema il 14 Settembre

Leatherface è l’horror che racconta le origini di una delle figure più terrificanti del cinema, Leatherface appunto o, come meglio lo conosce il pubblico italiano, Faccia di cuoio, protagonista sadico e crudele della saga cinematografica cult Non aprite quella porta.

Nel 1974 l’uscita di Non aprite quella porta, un horror autoprodotto da un allora sconosciuto Tobe Hooper, provocò un profondo turbamento nel pubblico di tutto il mondo. La storia prendeva spunto dalla figura del serial killer Ed Gein che uccideva le sue vittime e poi riutilizzava la loro pelle per creare svariati oggetti e indumenti tra cui una maschera. Il film ha fatto epoca ridefinendo il concetto di terrore ed è stato così significativo nel suo genere che dopo più di quarant’anni è ancora considerato uno dei film horror più celebri e discussi, ispirando poi un’intera generazione di filmmaker.

Leatherface non è un remake o un rehash di Non aprite quella porta ma è una storia originale, un altro tipo di racconto horror, che indaga sull’origine della saga e scava alle radici della nascita del suo iconografico personaggio con una narrazione quasi lirica.

Il film, molto crudo e violento, vuole raccontare attraverso sfumature viscerali, una componente emotiva appassionante, una dimensione di rapporti complessa e forte, le implicazioni psicologiche che hanno portato un ragazzo particolarmente fragile a compiere atti di efferata brutalità diventando il mostro che tutti noi conosciamo.

Leatherface, che vede il coinvolgimento diretto di Hooper in qualità di produttore esecutivo, è diretto da un duo di registi francesi composto da Alexandre Bustillo e Julien Maury che hanno ottenuto un notevole successo di critica con l’horror Inside. Il cast è formato da un gruppo di giovani talenti tra cui Finn Jones, il Loras Tyrell de Il Trono di Spade, e guidato da due attori di grande esperienza e notorietà come Lili Taylor (Maze Runner: La Fuga) e Stephen Dorff (Somewhere).

Leatherface trama

Quattro adolescenti violenti, scappati da un ospedale psichiatrico, rapiscono una giovane infermiera e la portano con loro in un viaggio all’inferno inseguiti da un poliziotto altrettanto squilibrato in cerca di vendetta. Uno dei ragazzi è destinato a vivere eventi tragici e una serie di orrori che distruggeranno la sua mente per sempre trasformandolo in un mostro noto come Leatherface, o Faccia di cuoio.

Lean On Pete: recensione del film di Andrew Haigh #Venezia74

Lean On Pete: recensione del film di Andrew Haigh #Venezia74

La vicinanza della famiglia e delle persone care è quello che ci permette di andare avanti e sopportare tutte le ingiustizie e le difficoltà della vita. Ma poter contare sull’appoggio degli altri è un lusso che alcuni non possono permettersi, ragazzi come Charlie, il piccolo grande protagonista di Lean On Pete, ultima fatica cinematografica di Andrew Haigh.

Tratto dal romanzo di Willy Vlautin dal titolo La ballata di Charley Thompson, il film racconta la storia di Charlie, un ragazzino di appena quindici anni che, dopo essere stato abbandonato dalla madre, ora vive con il padre, Ray, un don giovanni e fannullone seppur molto affettuoso nei confronti del figlio. Con entrambe le figure genitoriali quasi totalmente assenti, Charlie impara presto a cavarsela da solo e a sopravvivere lavorando per i poche decine di dollari. Ma tutto nella sua vita grazie all’incontro con un allenatore di cavalli da corsa senza scrupoli e il suo primo e unico amico, un puledro zoppo di nome Lean On Pete.

Lean On Pete - Andrew Haigh

Dopo aver stregato nel 2011 il pubblico del Festival di Roma con il suo delicatissimo Weekend e più di recente quello del Sundance con 45 Years, il regista britannico porta nuovamente sul grande schermo un dramma familiare. Attraverso la straordinaria amicizia tra un cavallo e un ragazzino, il film ci accompagna per mano in un viaggio di crescita e formazione che pochi saranno in grado di dimenticare.

Lean On Pete – la recensione

Trasferitosi nei sobborghi di Portland con il padre, Charlie (Charlie Plummer) inizia a muovere i primi passi nella sua nuova vita. Dopo aver lasciato i suoi vecchi amici, la sua scuola e la squadra di football, il quindicenne è in attesa di riempire quel vuoto che sente correndo per le strade di quella città ancora sconosciuta. Con il padre troppo impegnato a sedurre le donne che a prendersi cura di lui, Charlie trova rifugio in un nuovo e sconosciuto lavoro; l’incontro casuale con Del Montgomery (Steve Buscemi) lo trascina nel mondo sporco e corrotto delle corse equine. E’ così che Charlie incontra il giovane e non troppo promettente Lean On Pete, un cavallo con un difetto ad una zampa che, in breve tempo, diventerà il suo migliore amico.

Lean On Pete - Andrew Haigh

Ancora una volta Andrew Haigh dà sfoggio della sua incredibile sensibilità servendoci un road trip, quasi un film di formazione, dallo stile molto pulito ed essenziale ma che colpisce lo spettatore come un fiume in piena. Grazie infatti all’interpretazione di Charlie Plummer, un ragazzino dotato di un talento quasi imbarazzante per la recitazione, e alla storia così intima e coinvolgente, non c’è bisogno di nessun inutile abbellimento. Così come nel romanzo anche la versione cinematografica di Charlie, stanco di subire le angherie del destino, si rifiuta di lasciar andare il suo prezioso amico a quattro zampe e si mette in marcia da solo, come un moderno Huckleberry Finn alla volta di quello che spera possa essere un futuro migliore. Durante questo suo viaggio attraverso l’America più selvaggia e inospitale, il dolce Pete diventa il confidente del nostro protagonista che, pur essendo un ragazzino dall’aspetto stoico e incapace di lasciarsi andare a inutili sentimentalismi, riesce a liberarsi di alcuni dei suoi demoni grazie all’affetto silenzioso del suo gigante quadrupede.

Lean On Pete - Andrew Haigh

Ma se a incantare è la bravura di Haigh nel trattare i sentimenti e le relazioni umane, il suo Lean On Pete presenta non pochi difetti soprattutto al livello narrativo. Dopo una lunga introduzione che termina con la partenza di Charlie, la storia, fino a quel momento molto scorrevole, subisce una repentina trasformazione. Il ritmo sostenuto della prima parte del film rallenta e anche gli intrecci narrativi sembrano gestiti dal regista in maniera assai superficiale; il protagonista durante il suo folle viaggio si trova a dover affrontare molte situazioni differenti e potenzialmente problematiche che si risolvono sempre in modo fortuito e approssimativo con Charlie che scappa e passa alla prossima avventura. Nonostante quindi non si possa definire uno dei migliori lavori del regista inglese, grazie alla sua incredibile delicatezza, Lean On Pete riuscirà a conquistare anche il più duro degli spettatori che finirà per sciogliersi in una valle di lacrime.

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