Cina, anni ’60. Lu Yanshi
(Chen Daoming) è un professore da anni confinato
nei campi di prigionia e rieducazione del nord, la sua colpa essere
un oppositore politico. Riuscito ad evadere tenterà di rivedere
l’amata moglie Feng Wanyu (Gong Li) ma per colpa
di Dan Dan (Zhang Huiwen), una figlia ambiziosa e
fedelissima al partito, i due non potranno ritrovarsi e Lu viene
nuovamente arrestato. Passano alcuni anni, la Rivoluzione Culturale
di Mao sta per volgere al termine, Lu viene riabilitato e può
tornare a casa dall’amata Feng. La donna però non riconosce il
marito.
Dopo un decennio speso a dirigere e
produrre prodotti di cassetta, Zhang Yimou, uno
dei registi più importanti e famosi al mondo, torna all’antico,
torna alle storie da raccontare. Appartenente a pieno titolo alla
scuola della cosìdetta “quinta generazione”, a cui fanno parte i
più stimati e influenti registi cinesi, Yimou in questo film,
poetico e romantico, mette da parte effetti speciali, combattimenti
e samurai volanti, per farci vivere una storia d’amore tormentata,
sfortunata e carica di malinconia.
Il volto dei due sfortunati amanti è
quello di due icone del cinema cinese, Chen
Daoming e Gong Li attrice di fama
mondiale e molto apprezzata sia in Europa che a Hollywood.
Due attori straordinari che
interpretano ruoli diufficili e complessi reggendo di fatto, tutto
il film sulle proprie spalle; soprattutto Feng, il personaggio
interpretato da Gong Li, è un banco di prova
durissimo, un esame che l’attrice supera magistralmente. Feng è una
donna prima decisa e determinata poi, in seguito alla malattia,
sperduta e stralunata e qui la Li mostra tutta la sua eccezionale
bravura.
Decisamente encomiabile
anche l’interpretazione di Chen Daoming, capace per tutto il film
di affrontare la sequela di stati d’animo diversi quanto intensi
racchiusi nel suo personaggio, quello di un uomo prima braccato e
poi, una volta libero, disperato nel non riuscire a farsi
riconoscere dalla donna amata. Tra questi due mostri sacri del
cinema cinese, si fa notare per fascino e bravura la giovanissima
Zhang Huiwen.
Lettere di uno
sconosciuto è un film di grande delicatezza, di
grande intensità emotiva e che sa trasmettere emozioni coinvolgendo
e commuovendo; l’unica critica che ci sentiamo di fare riguarda la
marginalità in cui rimane l’interessantissimo contesto storico e
culturale, quello della Cina maoista, che forse avrebbe meritato
maggiore approfondimento. Perchè Li ha scontato quasi venti anni di
prigionia? Cosa pensa, da intellettuale, della cosidetta
Rivoluzione Culturale di Mao? Perchè non dedicare qualche sequenza
anche a questi aspetti di inetersse politico e storico? Il dubbio
che un film troppo impegnato avrebbe incontrato l’ostracismo delle
attuali autorità cinesi viene e sorge spontaneo. Accontentiamoci di
una bella storia d’amore senza velleità storico-ideologiche, quello
che, in genere, interessa di più.