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Daddy’s Home: Mark Wahlberg si unisce a Will Ferrell

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Daddy’s Home: Mark Wahlberg si unisce a Will Ferrell

Il cast di Daddy’s Home si arricchisce di un’altra stella dopo Vince Vaughn e il confermatissimo Will Ferrell infatti la produzione ha offerto un ruolo anche a Mark Wahlberg per formare la coppia che Adam McKay (che in questo film figura come produttore e sceneggiatore) creò per Poliziotti di Riserva.

Precedentemente il film doveva essere diretto da Ethan Cohen ma ora sono in trattative Sean Anders e John Morris (entrambi sceneggiatori di Come ti Spaccio la Famiglia).
La storia, scritta a otto mani da Mckay, Cohen, Brian Burns e Chris Henchy, racconta di un dirigente radiofonico che si sforza di esser il miglior patrigno possibile per i figli di sua moglie, ma quando il vero padre dei bambini arriverà a fargli visita sorgeranno inevitabili complicazioni.

Fonte: CS.net

Dadapolis: recensione del docufilm di Carlo Luglio e Fabio Gargano

Dadapolis è stato presentato in anteprima durante la Mostra internazionale del cinema di Venezia nella Giornate degli Autori. Questo documentario di Carlo Luglio e Fabio Gargano è in grado di rappresentare quanto Napoli sia cambiata nel bene ma anche nel male. All’interno di questo docufilm si può notare volti noti di scrittori, cantanti, attori e registi napoletani che sono stati chiamati per raccontare, anche in modo differente attraverso l’arte e la musica, la loro città.

Cosa racconta Dadapolis

Questo documentario è liberamente ispirato all’omonima antologia Dadapolis: Caleidoscopio napoletano di Fabrizio Raimondino e Andreas Friedrich Muller del 1989. Dadapolis è diviso in precise parti che sono scandite da quattro macro temi fondamentali che si racchiudono nei quattro elementi naturali: fuoco, terra, acqua ed aria.

Napoli tra fuoco, terra, acqua ed aria

Dadapolis
Dadapolis – una foto dal film

Il primo è il fuoco che viene associato alla creazione della città e le sue trasformazioni ovviamente anche accennando il Vesuvio. Una sagoma identificatoria di Napoli, fonte d’ispirazione come una presenza che inquieta e rassicura come un presagio da sempre per i napoletani. Qui però non ci sofferma tanto sul vulcano ma sulle rive, dove un gruppo di conoscenti composto d’artisti, di tutti i generi e provenienze culturali, si ritrova ed espone i pensieri liberi e non scanditi da un copione. Le spiagge di Napoli sono da sempre il confine permeabile ad ogni sorta di passaggio, dalla Sirena Partenope disperata per non aver ammaliato Ulisse fino alle portaerei degli alleati americani.

Il documentario nella seconda sezione, quella della terra, affronta la creatività e il mercato  nel mondo dell’arte. Si parla di quella contemporanea fatta d’installazione, ma anche dei giovani street artist che stanno cercando un loro posto, con opere che cadono subito all’occhio sui muri abbandonati della città ma anche su vecchi pescherecci al molo. In questa parte appare anche lo psicanalista Guelfo Margherita, che induce un gruppo di ragazzi e ragazze a riflettere sulla riconoscibilità di alcuni valori ad esempio come la libertà nella produzione artistica.

La terza è quella dedicata all’acqua che rappresenta morte e rinascita di Napoli. L’elemento acquatico però è in qualche modo il fil rouge del documentario stesso. Il mare è da sempre presente fin dalla prima scena c’è per i momenti a riva, nel porto, sulle barche e nelle sirene che vengono continuamente citate anche perché Partenope è la dea protettrice della città, come quella omonima del film di Paolo Sorrentino. Dadapolis si conclude con l’aria, con la mobilità, l’immigrazione e uno sguardo al futuro che come dicono tutti i vari interlocutori è molto incerto.

Dadapolis
Dadapolis

Dadapolis un docufilm non per tutti

Napoli in questo documentario viene raccontata in modo schietto, tante volte i vari artisti affrontano il problema, sottinteso, di quello che si sta trasformando nel cosiddetto luogo di turismo che pensa, come qualsiasi località in Italia, a guadagnare e perdendo la sua essenza. La città partenopea in questi anni sta vivendo una rinascita, basta solo pensare a quanti film o serie televisive sono ambientate lì, ma diventando però tutta stereotipata perché in qualche modo il visitatore, soprattutto quello straniero, vuole e cerca questo.

Dadapolis si rivela un documentario che è riuscito a metà se si vuole pensare ad un pubblico generalista anche perché la modalità si raccontare è molto sperimentale. Interessanti le vedute dall’alto per ammirare la parte più costiera ma non si va mai all’interno, questa si vede che è una scelta specifica per non togliere l’interesse a quello che dicono i vari artisti. Per concludere, visto anche il titolo che cita il movimento dadaista, forse i due registi avrebbero dovuto più concentrarsi sull’aspetto dell’arte che rimane quello più interessante nell’insieme dei vari discorsi.

Dad’s Army: trailer del film con Toby Jones

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Ecco il trailer di Dad’s Army, film tratto dall’omonima serie televisiva inglese in onda sulla BBC dal 1968 al 1977.

https://youtu.be/Ahbkq6dln58

Oliver Parker è alla regia del remake della celebre sit-com creata da Jimmy Perry-David Croft, che vede trai protagonisti un gruppo di attori di prim’ordine: Toby Jones (Captain George Mainwaring), Bill Nighy (Sergeant Arthur Wilson), Michael Gambon (Private Godfrey), Tom Courtenay (Corporal Jones), Bill Paterson (Private Frazer), Daniel Mays (Private Walker) e Blake Harrison (Private Pike). Con loro anche Sarah Lancashire, Alison Steadman e Mark Gatiss.

Il film racconterà l’incontro tra la Home Guard e una giornalista, interpretata da Catherine Zeta-Jones, che cercherà d documentare il loro lavoro.

Dad’s Army: nuova foto con Toby Jones e Bill Nighy

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Ecco una nuova foto di Dad’s Army, film tratto dall’omonima serie televisiva inglese in onda sulla BBC dal 1968 al 1977. Nell’immagine possiamo vedere tutto lo schieramento di protagonisti:

GUARDA IL TRAILER DEL FILM

Dad's ArmyOliver Parker è alla regia del remake della celebre sit-com creata da Jimmy Perry-David Croft, che vede trai protagonisti un gruppo di attori di prim’ordine: Toby Jones (Captain George Mainwaring), Bill Nighy (Sergeant Arthur Wilson), Michael Gambon (Private Godfrey), Tom Courtenay (Corporal Jones), Bill Paterson (Private Frazer), Daniel Mays (Private Walker) e Blake Harrison (Private Pike). Con loro anche Sarah Lancashire, Alison Steadman e Mark Gatiss.

Il film racconterà l’incontro tra la Home Guard e una giornalista, interpretata da Catherine Zeta-Jones, che cercherà d documentare il loro lavoro.

Dacre Montgomery: film e curiosità sull’attore australiano

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Dacre Montgomery: film e curiosità sull’attore australiano

Dacre Montgomery fa il suo debutto a Hollywood con il film Power Rangers. Ha ottenuto il ruolo mentre frequentava l’ultimo mese del corso triennale alla Western Australia Academy of Performing Arts (che ha avuto tra i suoi alunni Hugh Jackman).

Dacre Montgomery, biografia

Montgomery viene da Perth, in Australia, e rappresenta una seconda generazione di professionisti poiché sua madre è aiuto regista (originaria del Canada) e suo padre è un tecnico del suono neozelandese. Ha cominciato a pensare di voler far l’attore a nove anni mentre frequentava la Bayswater Primary School.

Dopo essersi diplomato al corso specialistico d’arte alla Mt. Lawley Senior High School, Montgomery ha trascorso l’anno successivo in Canada prima di essere ammesso alla Western Australia Academy of Performing Arts. Prima di frequentare la prestigiosa accademia ha fatto il suo debutto professionale recitando nel ruolo di un teenager nel corto “Bertrand the Terrible” (2010) e nella puntata pilota di una tv locale, “Family Tree” (2011).

Dacre Montgomery film Power RangersDacre Montgomery, filmografia

Recentemente è apparso sul grande schermo nella commedia “Tre uomini e una bara”, il sequel del 2011 del film di Stephan ElliottTre uomini e una pecora”, seguito dal ruolo di coprotagonista nel thriller “Safe Neighborhood”, con Patrick Warburton, Virginia Madsen ed Ed Oxenbould.

Dacre Montgomery: 10 cose che non sai sull’attore

Dacre Montgomery: 10 cose che non sai sull’attore

Promettente interprete, Dacre Montgomery si è ad oggi distinto tanto al cinema quanto in televisione, prendendo parte a titoli dal grande successo di pubblico. In particolare, è noto per il suo ruolo nella serie Stranger Things, dove si è affermato come uno dei personaggi principali, nonché uno tra i più iconici.

Ecco 10 cose che non sai su Dacre Montgomery.

Dacre Montgomery fidanzata

Dacre Montgomery: i suoi film e le serie TV

10. Ha recitato in un noto reboot cinematografico. L’attore ha compiuto il suo debutto cinematografico con l’horror Meglio stare attenti (2016), per poi ottenere il ruolo del protagonista nella commedia Tre uomini e una bara (2017). La grande notorietà arriva poi con il film Power Rangers (2017), reboot dei precedenti lungometraggi dedicati ai noti personaggi. Qui ricopre il ruolo di Jason, alias Red Ranger, recitando accanto agli attori Bryan Cranston, Becky G, Naomi Scott ed Elizabeth Banks.

9. Ha partecipato ad una nota serie TV. Nel 2017 l’attore viene scelto per interpretare il ruolo del violento e imprevedibile Billy Hargrove nella serie Netflix Stranger Things, comparendo a partire dalla seconda stagione. Grazie a tale ruolo, l’attore ha la possibilità di recitare accanto agli attori Winona Ryder, David Harbour, Finn Wolfhard e Millie Bobby Brown.

8. Ha scritto, diretto e prodotto un cortometraggio. Nel 2020 Montgomery debutta alla regia del cortometraggio In Vitro, da lui anche scritto. Questo narra la storia di Amanda, una donna che crea una realtà idilliaca in cui il suo bambino non è frutto di uno stupro. A recitare nel ruolo della protagonista è l’attrice Naomi Scott, con cui Montgomery aveva collaborato nel film Power Rangers.

Dacre Montgomery è su Instagram

7. Ha un account personale. L’attore è presente sul social network Instagram con un profilo seguito da 6,5 milioni di persone. All’interno di questo, Montgomery è solito pubblicare fotografie di varia natura, portando avanti alcuni suoi progetti artistici. In particolare, è solito promuovere i titoli in cui recita, come anche immagini dagli eventi di gala a cui prende parte.

Dacre Montgomery: chi è la sua fidanzata

6. Ha una relazione con una modella. L’attore è da qualche anno impegnato sentimentalmente con la modella australiana Liv Pollock. I due sono molto riservati circa la propria vita sentimentale, non rilasciando nessun dettaglio a riguardo. Hanno inoltre dichiarato come la crescente notorietà di entrambi non abbia influito sul loro rapporto, il quale rimane lontano dagli eccessi della mondanità.

Dacre Montgomery Stranger Things

Dacre Montgomery in Stranger Things

5. Ha dovuto trovare il modo di fingere tensione verso una sua collega. Nella celebre serie Netflix, l’attore ricopre il ruolo di Bill Hargrove, fratellastro maggiore di Max Mayfield, interpretata da Sadie Sink. I due attori nella realtà hanno un ottimo rapporto, e perciò gli è stato difficile dar vita alla tensione presente tra i rispettivi due personaggi. Per ottenerla hanno dovuto lavorare a lungo affinché risultasse credibile.

4. Il suo personaggio non era inizialmente previsto. L’idea iniziale degli autori della serie era che una delle nemesi umane fosse il personaggio di Steve. Tuttavia, dato l’apprezzamento del pubblico nei suoi confronti, questi venne fatto diventare un buono. Per sopperire a tale mancanza, allora, fu introdotto il personaggio di Bill, per il quale Montgomery era un perfetto candidato.

Dacre Montgomery: il suo fisico

3. Ha dovuto perdere massa muscolare per il ruolo in Stranger Things. Al momento di assumere il ruolo, Montgomery aveva da poco terminato di prendere parte al film Power Rangers, per il quale aveva costruito un fisico particolarmente scolpito. Per assumere i panni di Bill, invece, decise di perdere molta della massa muscolare acquisita, poiché riteneva che non sarebbe stata in linea con il personaggio.

Dacre Montgomery in Power Rangers

2. Il suo personaggio doveva avere risvolti più romantici. Montgomery ha dichiarato che tra il suo personaggio e quello di Kimberly, interpretato dall’attrice Naomi Scott, doveva inizialmente esserci una storia d’amore molto più approfondita. Si decise però di non utilizzarla subito, lasciando aperto il futuro sentimentale dei personaggi in vista dei sequel.

Dacre Montgomery: età e altezza

1. Dacre Montgomery è nato a Perth, in Australia, il 22 novembre 1994. L’attore è alto complessivamente 178 centimetri.

Fonte: IMDb

Daaaaaali!, recensione del film di Quentin Dupieux #Venezia80

Daaaaaali!, recensione del film di Quentin Dupieux #Venezia80

Un regista che definiremmo “surrealista” come Quentin Dupieux, paradossalmente, firma con Daaaaaali! il suo film più riflessivo, seppur stravagante dal punto di vista formale e narrativo. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, Daaaaaali! è un “non-film” sul padre del surrealismo Salvador Dalí, in cui l’impossibilità di raccontare la vita dell’artista si fonde perfettamente con la tendenza di Dupieux a sminuzzare il racconto cinematografico, a rielaborarne le forme e sregolarlo. Nel cast, Anaïs Demoustier, Gilles Lellouche, Édouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï, Didier Flamand, Romain Duris.

Daaaaaali!: un’intervista impossibile

Nel corso di Daaaaaali! seguiamo una giornalista senza nome (interpretata da Anaïs Demoustier) che vuole intervistare quest’artista poliedrico, con l’intenzione di girare un film sulla sua vita e le sue idee. Tuttavia, ogni incontro, ogni tentativo di far parlare il maestro si rivela inutile: scappa l’artista e scappa anche il film, proponendosi come un loop infinito, una caccia al tesoro senza meta che dà le vertigini: Dalí è ovunque e in nessun luogo. Il film di Quentin Dupieux è un racconto che indaga la figura di Dalì più che altro come genio della comunicazione, oltre il Dalì artista, rifacendosi direttamente al modo in cui egli cercava costantemente di sfuggire alla sua immagine giocando con essa.

Ci troviamo davanti a un non-film su Dalí per un uomo che non avrebbe mai voluto e non è mai stato possibile incasellare: Dalí come un’utopia scomparsa, sia come uomo che come artista, appartenente a un modo in cui l’arte occupa una posizone centrale, gli artisti sono sulle pagine dei giornali e in televisione. Non hanno paura di essere provocatori, assurdi, anche imbarazzanti. Tuttavia, l’arte è scomparsa dalla nostra vita moderna e Dalí rimane un ricordo del subconscio potenziato. È stato uno dei primi artisti ad assumere e promuovere la sua libertà come forma d’arte. C’è una sorta di sincerità nella sua follia, Dalì non rispetta nessuna regola, cerca, inventa, a volte fallisce, ma sempre in maniera inedita: un modus operandi che rispecchia in qualche modo anche quello di Dupieux, che cerca di avvicinarsi a questo aspetto di laboratorio nel suo personale parco giochi cinematografico. Evocando Dalí, Dupieux si è concesso il diritto di lasciare che l’inconscio prendesse il controllo della scrittura. Daaaaaali! è un film molto scritto, molto strutturato ma libero dalla necessità di “raccontare“: un film che si metamorfizza, in cui l’immagine racconta la storia.

Jonathan Cohen come Dalì nel film Daaaaaali! (2023)

Si può ancora parlare di surrealismo?

La giornalista senza nome (Anaïs Demoustier) si definisce normale, abbastanza noiosa, eppure sarà l’interlocutrice di una figura straordinaria che, vessandola e sminuendo il suo lavoro, la porrà sul gradino dell’attenzione, qualcosa a cui non era mai stata abituata. Dalìmuore di sete“, sete di vita e sete egocentrica di un artista vanesio oltre ogni limite. Si fa attendere, ci mette ore a percorre il corridoio dell’hotel in cui verrà intervistato dal personaggio della Demoustier, perché la sua figura non si adatta a nessun tempo e luogo in cui siano presenti altre persone.

Quello di Quentin Dupieux è un Salvador Dalì mutaforma, che non sopporta che gli venga fatto perdere tempo, lo stesso concetto su cui ha plasmato gran parte delle sue opere più conosciute. A un certo punto farà tutto al contrario, andrà avanti e indietro nel tempo per cercare di trattenere la sua immagine, fermarla nel tempo, come la firma con cui si appropria di un dipinto non suo pensando che basti a identificarla per sempre come “un Dalì“.

Emerge l’idea che il surrealismo non abbia più significato nel mondo attuale: all’epoca di Dalí era una battaglia, un desiderio di cambiare il mondo, un modo di guardarlo in modo diverso. Oggi, il termine “surreale” si è sostituito o amalgamato a tanti altri per definire qualcosa di fuori dagli schemi o che fatichiamo a comprendere. Daaaaaali! è un gioco, un esperimento, un tentativo di fare cinema in modo diverso, un modo di evocare Dalí e rifiutarsi di prendere le cose troppo sul serio, nel tentativo di proporre l’arte nel suo aspetto più fisico e irrazionale.

Da’Vine Joy Randolph protagonista di Eternity, nuova rom-com di A24

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Fresca di una vittoria all’Oscar nel 2023 in The Holdovers – lezioni di vita, Da’Vine Joy Randolph si è unita al cast della prossima commedia romantica A24, Eternity. Randolph si unisce alla star di Top Gun: Maverick Miles Teller e alla veterana della Marvel Elizabeth Olsen nel cast. Anche Callum Turner, visto in Masters of the Air di Apple TV+ con Barry Keoghan e Austin Butler, sarà il protagonista, e David Freyne, che in precedenza ha diretto Dating Amber and The Curse, dirigerà il film.

I dettagli della trama del film sono tenuti segreti, ma secondo quanto riferito è descritto come una commedia romantica in cui i personaggi devono decidere con chi vogliono trascorrere l’eternità. Patrick Cunnane ha scritto la sceneggiatura di Eternity dopo aver precedentemente fatto il suo debutto come scrittore nella serie TV Netflix Designated Survivor. Trevor e Tim White produrranno il film per Star Thrower Entertainment, e le star Teller e Olsen fungeranno anche da produttori esecutivi di Eternity. Il film non ha ancora una data di uscita ufficiale, ma la produzione inizierà quest’estate.

The Holdovers lezioni di vita recensioneSono stati anni importanti per la Randolph, che è stata recentemente nominata e ha vinto il suo primo Oscar per la sua interpretazione di Mary Lamb in The Holdovers – lezioni di vita, la commedia natalizia interpretata anche da Paul Giamatti e Dominic Sessa. È apparsa anche con una forte interpretazione nel docudrama Netflix Rustin al fianco di Colman Domingo, anche lui nominato agli Oscar l’ultimo anno (ha però perso in favore di Robert Downey Jr.).

Ha anche interpretato un ruolo ricorrente nel ruolo della detective Donna Williams nella serie TV Only Murders in the Building, che tornerà con la quarta stagione entro la fine dell’anno. I fan possono anche sentire la sua voce nel film d’animazione del 2022 Il gatto con gli stivali: L’ultimo desiderio, che è stato nominato all’Oscar come miglior film d’animazione. Si conferma che Da’Vine Joy Randolph apparirà accanto a Mark Strong e Omar Sy in Shadow Force, il thriller d’azione di prossima uscita dello scrittore/regista Joe Carnahan (Smokin Aces, Copshop, Narc).

Da Welcome to People a People Like Us: cambio titolo per il nuovo film con Chris Pine

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Cambio di titolo per il nuovo film con il sempre più gettonato Chris Pine; inizialmente conosciuto come Welcome to People, è stato ora

Da Venezia a Toronto, ecco i film che potremo rivedere agli Oscar

Mentre si chiude il sipario sul Toronto Film Festival, che ha visto trionfare la commedia Green Book con Viggo Mortensen e Mahershala Ali), e resta l’eco di una meravigliosa edizione della Mostra del cinema di Venezia (dove a regnare sono stati Roma di Alfonso Cuaron e La Favorita di Yorgos Lanthimos), è già tempo di bilanci per quanto riguarda l’imminente stagione dei premi.

Quali saranno i titoli che rivedremo sicuramente agli Oscar? Quali otterranno più nomination? Di seguito i nostri quindici candidati:

A Star Is born

A Star Is Born Bradley Cooper

In questa nuova versione di una tormentata storia d’amore, Bradley Cooper interpreta il musicista di successo Jackson Maine, che scopre la squattrinata artista Ally (Lady Gaga) e si innamora di lei. Ally ha da poco chiuso in un cassetto il suo sogno di diventare una grande cantante, fino a quando Jack la convince a tornare sotto i riflettori. Ma mentre la carriera di Ally inizia a spiccare il volo, il lato privato della loro relazione perde colpi a causa della battaglia che Jack conduce contro i suoi demoni interiori.

Presentato in anteprima mondiale, fuori Concorso, alla 75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, A Star Is Born segna il debutto dietro la macchina da presa per Bradley Cooper, protagonista sullo schermo insieme a Lady Gaga in quello che è il terzo rifacimento del classico hollywoodiano. Un dramma ambientato nel mondo della musica che, per caratteristiche e sofferte prove d’attore ha già prenotato un biglietto per la stagione dei premi.

Quasi certe le candidature per i due interpreti (ma è probabile che si spingerà più per Cooper) e per almeno un brano originale della colonna sonora, a cui ha lavorato la stessa Gaga insieme ad un ricco team di musicisti. Non è esclusa una nomination al regista.

First Man

First Man

Dopo il successo di La La Land, vincitore di sei premi Oscar, Damien Chazelle e Ryan Gosling tornano a lavorare insieme in First Man, film che segue l’avvincente storia della prima missione della NASA sulla luna, focalizzandosi sulla figura di Neil Armostrong e sui dieci anni che precedono la storica missione dell’Apollo 11. Resoconto intimo e viscerale raccontato dal punto di vista di Armstrong, basato sul libro di James R. Hansen, la pellicola esplora i sacrifici e il costo – per Armstrong, per la sua famiglia e per l’intera nazione stessa – di una delle missioni più pericolose della storia.

Titolo d’apertura della 75a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, First Man segna il ritorno alla regia del giovane premio Oscar Damien Chazelle sullo scivoloso terreno del biopic americano. Prova superata, se pensiamo a come riesce a divincolarsi dai tradizionali schemi del genere, che senza dubbio meriterà di stare sotto i riflettori della award season. Possibili nomination per il protagonista maschile e per la protagonista femminile (Claire Foy), colonna sonora originale (Justin Hurwitz, Oscar per La La Land), regia, sceneggiatura non originale, montaggio ed effetti speciali.

Vox Lux

Vox Lux - Natalie Portman

Dopo il folgorante esordio con L’infanzia di un capo (The Childhood of a Leader), Brady Corbet torna dietro la macchina da presa con Vox Lux, il film che segue da vicino l’ascesa della popstar Celeste dalle ceneri di un’immensa tragedia nazionale a superstar americana. La storia abbraccia un arco di tempo di diciotto anni che va dal 1999 al 2017, delineando alcuni importanti momenti culturali attraverso lo sguardo della protagonista.

Vincitore nella sezione Orizzonti con il suo primo lungometraggio nel 2015, Brady Corbet è tornato a Venezia quest’anno ma in concorso ufficiale con Vox Lux, lucida e originale analisi politica del XI secolo scandita attraverso uno sguardo sulla società dello spettacolo e dei suoi falsi miti. Protagonista assoluta Natalie Portman, autrice di una performance che frutterà almeno una nomination agli Oscar (forse l’unica ipotizzabile), anche se meriterebbe attenzione pure la giovanissima Raffey Cassidy (che interpreta la versione giovane della Portman).

Beautiful Boy

beautiful boy

Basato sui libri “Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction” di David Sheff e “Tweak: Growing Up on Methamphetamine” di suo figlio Nic Sheff, Beautiful Boy porta al cinema la vera storia un ragazzo tossicodipendente che attraversa un viaggio di recupero insieme alla sua famiglia, percorso non privo di difficoltà e contraddizioni.

Presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival 2018, Beautiful Boy segna il ritorno sul grande schermo della rivelazione dello scorso anno, Timothée Chalamet (protagonista di Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino), in una pellicola che ha tutte le carte in regola per la prossima stagione dei premi.

Scritto da Luke Davies (Lion) e diretto dal belga Felix Van Groeningen (sua la regia di Alabama Monroe), Beautiful Boy vede nel cast anche Steve Carell. Possibili nomination ai due attori, sceneggiatura e regia.

Colette

colette

Dopo aver sposato uno scrittore parigino di successo noto come Willy, Sidonie-Gabrielle Colette si trasferisce dalla provincia rurale dove è nata e cresciutoa nello splendore intellettuale e artistico di Parigi. Presto, Willy convince Colette a farle da ghostwriter, e la ragazza scrive un romanzo semi autobiografico su una intelligente e sfacciata ragazza di campagna di come Claudine, che divene vendutissimo e chiacchieratissimo. Dopo quel successo, Colette e Willy diventano il centro delle attenzioni parigine, e le loro avventure ispirano numerosi altri romanzi di Claudine. La battaglia di Colette per la proprietà intellettuale delle sue opere e contro gli stereotipi di genere la portano a superare i legacci della società, a rivoluzionare la letteratura, la moda e le espressioni sessuali.

Passato a gennaio al Sundance Film Festival e poi presentato a Toronto, Colette è il nuovo film del regista di Still AliceWash Westmoreland e vede protagonista Keira Knightley nei panni della scrittrice teatrale Sidonie-Gabrielle Colette vissuta a cavallo tra 800 e 900, donna libera, anticonformista ed emancipata, che sfidò le convenzioni e le restrizioni morali dell’epoca, contribuendo a rompere alcuni tabù femminili.

Secondo i commenti che arrivano dall’America, l’attrice potrebbe ottenere la sua terza nomination agli Oscar (dopo Orgoglio e Pregiudizio e The Imitation Game), e le tematiche del film sulla corrente del nuovo “risveglio femminile” a Hollywood potrebbero favorire la corsa ai premi di Colette. Vi ricordiamo che grazie a Westmoreland, Julianne Moore vinse l’Oscar come miglior protagonista per Still Alice.

If Beale Street Could Talk

If Beale Street Could Talk

If Beale Street Could Talk, tratto dal romanzo omonimo di James Baldwin, racconta la relazione tra una ragazza di diciannove anni di nome Tish, il cui vero nome è Clementine, e uno scultore di ventidue anni di nome Fonny, il cui vero nome è Alonzo. I due si fidanzano e successivamente lei rimane incinta, ma quando Fonny viene ingiustamente accusato di aver stuprato una donna portoricana, verranno alla luce questioni di razzismo da parte di un poliziotto…

C’erano molte aspettative per il ritorno sulle scene di Barry Jenkins, regista di Moonlight (che due anni fa strappò l’Oscar del Miglior Film a La La Land), e a sentire le prime recensioni che arrivano da Toronto le promesse sono state mantenute.

Lo rivedremo alla stagione dei premi? A questo punto sembra scontato. Più sicure le nomination a Jenkins (regia e sceneggiatura) che quelle agli attori Kiki Layne Stephan James.

Widows

widows

Quattro donne che non hanno nulla in comunque, tranne un debito lasciato loro dalle attività criminali dei loro defunti mariti, si ritrovano a Chicago: Veronica, Alice, Linda e Belle, prenderanno in mano il loro destino per costruirsi un nuovo futuro.

Cinque anni  12 anni schiavo (con cui vinse l’Oscar per il Miglior Film) Steve McQueen torna alla regia con Widows traducendo sul grande schermo la sceneggiatura di Gyllian Flinn (Gone GirlDark Places), a sua volta ispirata alla serie televisiva Le vedove.

Presentato in anteprima al Toronto Film Festival, il nuovo lavoro del regista americano vede nel cast Viola DavisMichelle RodriguezElizabeth DebickiColin Farrell e Liam Neeson e si candida ad un ruolo da protagonista per la prossima stagione dei premi. Nomination già in tasca per le attrici (la Davis su tutte), ma avrà le sue chance anche McQueen.

Roma

Roma

Raccontando i suoi ricordi, Alfonso Cuaron torna al cinema (e su Netflix) con Roma, definito dallo stesso regista “il più autobiografico che potessi realizzare”. Il film è infatti basato sulla ricostruzione dei suoi ricordi d’infanzia a Città del Messico, con la famiglia, la domestica, e sullo sfondo il Paese in tumulto. Tre storie in una che raccontano di fratture: Cleo, la domestica, che resta incinta e abbandonata dall’uomo al quale si è concessa; la padrona, donna dell’alta borghesia apparentemente eccentrica che si trova a dover badare a quattro figli dopo l’abbandono del marito; il Paese che affronta le rivolte interne, in quegli anni ’70 che furono uno dei periodi più bui della storia del Messico.

Vincitore del Leone d’oro come Miglior Film alla 75a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Roma è il nuovo lavoro di Alfonso Cuaron, girato in bianco e nero con attori poco noti (alcuni esordienti). Volendo essere oggettivi, meriterebbe riconoscimenti a valanga: regia, sceneggiatura, fotografia, interpreti, ogni categoria può conquistare almeno una nomination. E per un titolo Netflix, forse, sarebbe un record.

The Sisters Brothers

Il film racconta di Charlie ed Eli Sisters, due fratelli che vivono in un mondo selvaggio e ostile. Hanno le mani sporche di sangue: sangue di criminali, ma anche di innocenti. Non hanno scrupoli a uccidere. È il loro lavoro. Charlie, il fratello più giovane, è nato per uccidere. Eli, invece, sogna una vita normale. Il Commodoro li ingaggia per scovare un uomo e ucciderlo. Comincia così una spietata caccia dall’Oregon alla California: un viaggio iniziatico che metterà alla prova l’insano legame tra i due fratelli. Un sentiero che condurrà alla loro umanità?

Presentato in concorso a Venezia 75, The Sisters Brothers, è il primo lavoro in lingua inglese del regista Jaques Audiard, strana commistione di genere western e commedia che vede protagonisti Joaquin Phoenix, John C. Reilly, Jake Gyllenhaal e Riz Ahmed.

Dal Lido Audiard porta con sé il Leone d’Oro alla regia (e chissà se non lo rivedremo agli Oscar nella stessa categoria) e il plauso della critica; di certo uno degli attori – più probabile Reilly o Phoenix – potrebbe essere candidato, ma attenzione agli splendidi costumi di Milena Canonero e alle musiche originali di Alexandre Desplat (due personaggi che con l’Academy hanno un felice rapporto).

Green Book

green book

Quando Tony Lip (Viggo Mortensen), un buttafuori di un quartiere italo-americano nel Bronx, viene ingaggiato per guidare l’auto del Dottor Don Shirley (Mahershala Ali), un pianista nero di fama mondiale, da Manhattan a Deep South, deve affidarsi a “The Green Book”, una guida per trovare le pochissime strutture all’epoca sicure per gli afro-americani. Di fronte al razzismo e al pericolo, i due sono costretti a mettere da parte le differenze per sopravvivere e proseguire nel viaggio di una vita.

Fresco trionfatore al Toronto Film Festival, dove ha conquistato il premio del pubblico, Green Book è il classico titolo che potrebbe – a sorpresa – riservarsi il suo spazio sotto i riflettori durante la stagione dei premi. D’altronde in un’edizione della rassegna canadese in cui chiunque avrebbe scommesso sulla vittoria del drammatico A Star Is born, il film di Peter Farrelly rappresenta la novità di cui preoccuparsi.Tematica sociale e attori in stato di grazia (Viggo Mortensen e il premio Oscar Mahershala Ali) gli assicureranno qualche nomination.

Boy Erased

boy erased

Tratto dalle memorie di Garrard Conley, Boy Erased racconta la storia di Jared, figlio di un pastore battista di una piccola città americana, e del suo coming out con i genitori quando ha 19 anni. Il ragazzo si troverà quindi di fronte ad un ultimatum: partecipare ad un programma di “conversione” oppure essere permanentemente esiliato ed evitato dalla sua famiglia, dai suoi amici e dalla sua fede.

Insieme a Timothée Chalamet, Lucas Hedges è l’altra grande promessa del cinema americano, visto negli ultimi in alcune delle pellicole più acclamate e premiate (Lady Bird, Manchester by the sea, Tre Manifesti a Ebbing, Missouri) e adesso protagonista del film che segna la seconda regia di Joel Edgerton.

Le recensioni della critica americana non sono state proprio entusiasmanti, tuttavia un’eventuale nomination agli attori (tra cui Nicole Kidman nel ruolo della madre del protagonista) non sarebbe così impensabile.

Wildlife

wildlife

Il quattordicenne Joe Brinson è testimone del naufragio del matrimonio dei suoi genitori, Jeanette e Jerry, una casalinga e un giocatore di golf, in una cittadina del Montana degli anni ’60. Sul vicino confine canadese infuria un incontrollato incendio boschivo e Jerry decide di unirsi ai volontari per fronteggiare il fuoco, lasciando da soli moglie e figlio. Joe si vede improvvisamente costretto a diventare adulto per aiutare la madre, che nel frattempo ha trovato l’amore tra le braccia di un altro uomo.

Questa potrebbe essere la vera sorpresa della prossima Award Season, il puntuale underdog dei premi americani: debutto alla regia di Paul Dano, Wildlife è stato presentato con successo a Cannes nella sezione Semaine de la Critique e vede protagonisti due ispiratissimi Carey Mulligan e Jake Gyllenhaal. Nomination in arrivo per gli attori e per la sceneggiatura, firmata dallo stesso Dano e dalla sua compagna Zoe Kazan? Noi ci scommettiamo.

La Favorita

Mentre imperversa la guerra con la Francia, la fragile e instabile Regina Anna (Olivia Colman) siede sul trono inglese ma il regno è di fatto governato da una persona a lei vicina, Lady Sarah (Rachel Weisz). Quando a corte arriva Lady Abigail (Emma Stone), le due sfrutteranno la situazione politica per diventare la favorita della Regina.

Presentato in concorso alla 75a Mostra d’arte cinematografica di Venezia, La Favorita di Yorgos Lanthimos ha ottenuto già due importanti riconoscimenti al Lido (Miglior Attrice e Leone d’Argento) e si prepara a interpretare un ruolo da protagonista nella award season in qualsiasi categoria.

Qualche previsione: la Colman e la Stone candidate come attrice protagonista e non, Lanthimos per la regia, costumi, scenografia, sceneggiatura e fotografia.

The Front Runner

Basato su All the Truth is Out: The Week Politics Went Tabloid scritto da Matt Baie, The Front Runner racconta l’ascesa del politico Gary Hart, dai suoi giorni da senatore del Colorado fino alla sua candidatura con i Democratici nel 1988 quando venne considerato un aspirante alla Casa Bianca con lo stile di Kennedy. La sua corsa si interruppe quando arrivò alla ribalta la notizia di una relazione di Hart con la modella Donna Rice. Questo scandalo lasciò spazio a Michael Dukakis che però si frantumò contro la corsa presidenziale di George H. W. Bush. In molti si sono chiesti in che modo sarebbe cambiata la storia americana se Hart avesse concorso contro Bush.

Ben accolto dalla critica presente al Toronto Film Festival, The Front Runner è il nuovo lavoro di Jason Reitman e vede protagonista Hugh Jackman nei panni di Hart. Otto anni fa, con Tra le nuvole, Reitman riuscì ad ottenere ben sei nomination agli Oscar (tra cui regia, attori, sceneggiatura) e non è detto che non possa ripetersi anche quest’anno. Le premesse ci sono e già si parla di un ottimo Jackman protagonista.

At Eternity’s Gate

Ispirato dai dipinti di Vincent Van Gogh, dagli eventi della sua vita realmente accaduti, da dicerie e scene completamente inventate, At Eternity’s Gate porta sul grande schermo la violenza e le tragedie sofferte dal pittore nella sua esistenza.

In concorso ufficiale a Venezia 75, At Eternity’s Gate segna il ritorno dietro la macchina da presa del regista e pittore Julian Schnabel e vede protagonista Willem Dafoe insieme a Rupert Friend, Oscar Isaac, Mads Mikkelsen, Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner e Niels Arestrup.

Dafoe, fresco vincitore del Leone d’Oro come miglior attore, dovrebbe ottenere una candidatura senza problemi, mentre resta più complicato il percorso del film durante la stagione dei premi. Qualcosa potrebbe ottenere il reparto creativo (costumi, scenografia).

Da vampiro teenager a personaggio di Cronenberg: Robert Pattinson

Robert Pattinson nasce a Londra il 13 maggio del 1986. Vista la sua passione per la recitazione decide di entrare nella Barnes Theatre Company, una compagnia teatrale amatoriale situata nei sobborghi londinesi. Dopo aver fatto la cosiddetta gavetta nel backstage del teatro, finalmente gli viene affidato un ruolo principale nella produzione di Tess of the D’Ubervilles.

Qui viene notato da un agente che gli propone un contratto per ruoli più professionali. Partecipa nel 2004 come ruolo secondario nel film tv L’anello dei Nibelunghi ed è inserito nel cast di Vanity Fair – La fiera della vanità diretto da Mira Nair, ma le sue scene vengono tagliate nella versione finale.

Nel 2005 il grande salto con il film Harry Potter e il Calice di Fuoco dove interpreta Cedric Diggory; grazie a questa interpretazione Robert viene inserito nella lista del Times Online come una delle stelle del futuro e viene definito addirittura il prossimo Jude Law.

Alla carriera di attore accosta quella di modello, posando per diverse riviste in collezioni di alta moda. Nel 2008 interpreta il ruolo del vampiro Edward Cullen in Twilight diretto da Catherine Hardwicke, basato sul fortunato romanzo di Stephenie Meyer. Da questa prima collaborazione con il franchise nato dalla penna della Meyer, arriva un periodo fortunatissimo per il giovane Robert, che interpreterà il vampiro Edward per tutta la saga, fino alla conclusione, prevista per il prossimo novembre. Sul set conosce la sua co-protagonista Kristen Stewart, e questo incontro farà gran parte del suo attuale successo dal momento che il gossip si scatenerà continuamente sul genere di relazione che intercorre trai due anche fuori dal set.

Tra una puntata e l’altra della saga di TwilightRobert  Pattinson cerca di dedicarsi ad altro, con scarso successo di critica purtroppo: nel 2010 è in Remember Me e nel 2011 è in Come l’acqua per gli elefanti. Entrambi i film si considerano sconfitti da critiche negative, ma agli occhi delle sue fan, Robert  Pattinson vince sempre. Il 2012 è l’anno di Bel Ami, probabilmente la peggiore performance della sua carriera, anche se realizzata accanto ad attrici di prim’ordine, come Kristin Scott Thomas e Uma Thurman.

Ma a quanto pare la fortuna gli arride, e ora, finalmente, Robert ha la possibilità di far vedere quanto vale: sarà il protagonista di Cosmopolis, di David Cronemberg, forse come successe a Di Caprio nel dopo-Titanic, qualcosa in lui cambierà.

Da vampira a sposa: il cinema per Kirsten Dunst

Da vampira a sposa: il cinema per Kirsten Dunst

Occhi da adulta in un volto da bambina Kirsten Dunst, prigioniera nel corpo immortale in cui due vampiri, in preda ad istinti paterni non meglio identificati, l’hanno costretta: Claudia, la piccola vampira insinuante, bellissima e tragica, ruba la scena a Tom Cruise e Brad Pitt nel film gotico Intervista col vampiro, diretto da Neil Jordan, dal romanzo omonimo di Anne Rice, prima saga vampirica dell’era contemporanea.

L’anno era il 1993, Kirsten Dunst, la bambina che dava volto ed anima a Claudia aveva appena dieci anni, e poteva diventare forse una delle tante meteore ragazzine: ma non era questo il suo destino, e del resto lo si poteva presagire vedendo la sua Claudia, un personaggio che non si dimentica.

Nei suoi anni da bambina Kirsten, che ha debuttato comunque nel 1989 come figlia di Tom Hanks ne Il falò delle vanità, è anche Amy March, la più pestifera delle quattro sorelle, nel Piccole donne del 1994, appare in serie televisive come Star Trek the next generation e soprattutto Er, dove intepreta la prostituta bambina Charlie, e in Jumaji al fianco di Robin Williams.

Nel 1999 rifiuta il ruolo di Angela in American Beauty ritenendolo troppo scabroso, e preferisce lavorare con l’amica Sofia Coppola ne Il giardino delle vergini suicide, storia comunque non facile e rassicurante di morte e amore, sogni e incubi. Negli anni successivi, però, Kirsten sembra preferire un cinema più leggero: oltre che la fidanzata di Spiderman Tobey Maguire nei film della trilogia, appare in uno dei tanti sequel de Il corvo, nelle commedie Bella da morire e Ragazze nel pallone, ma riesce anche ad essere Betty, la conservatrice ma pronta a ricredersi grazie ad un’insegnante illuminata e ad un paio di batoste in Mona Lisa smile, e a doppiare la streghetta Kiki in Kiki’s delivery service di Hayao Miyazaki.

Alcuni problemi personali di depressione e qualche vicissitudine sentimentale le fanno allentare il ritmo dei film, ma poi appare in un ruolo secondario in Se mi lasci ti cancello, accanto a Jim Carrey e Kate Winslet, è la fidanzata di Orlando Bloom in Elizabethtown e soprattutto ritrova l’amica Sofia Coppola per Marie Antoinette, ritratto in chiave rock dell’ultima regina di Francia.

Da vampira a sposa: il cinema per Kirsten Dunst

Negli ultimi anni è la timida ma grintosa giornalista Alison in Star System, accanto a Simon Pegg e Gillian Anderson e una giovane moglie dei primi anni Ottanta che scompare misteriosamente in Love & Secrets, che uscirà in Italia solo a giugno, due anni dopo l’uscita statunitense.

Ma è Melancholia di Lars von Trier che permette a Kirsten di fare il salto definitivo: nel 2011, per il ruolo di Justine, giovane donna che avrebbe tutto, si ammala di depressione salvo poi diventare il punto ferma per la sua famiglia mentre il mondo sta finendo per l’impatto con il pianeta Melancholia, Kirsten Dunst vince l’ambito premio per la migliore interpretazione femminile al festival di Cannes.

Prossimamente, oltre che finalmente in Love & Secrets, la vedremo nel fantascientifico Upside down, ma soprattutto nell’attesissimo On the road, dal romanzo di Jack Kerouac, accanto a Sam Riley, Garret Hedlund e Kristen Stewart, uno dei film più atteso del festival di Cannes, che l’anno scorso l’ha incoronata.

Ma Kirsten Dunst non ha intenzione di restare con le mani in mano e adagiarsi sugli allori, e nei prossimi due anni ha in progetto ed è coinvolta in vari film che non lasceranno a bocca asciutta i suoi fan, molti e molte cresciuti con lei.

Da Ursula a Eva, passando per Michelle: 10 Bond Girl da ricordare

Sono come la Delorean per Doc e Marty, come Sam per Frodo, come Chewbacca per Han Solo. Sono le Bond Girl, stereotipo femminile evolutosi con il tempo che ha contribuito al successo cinematografico dell’agente 007, James Bond, oltre a lanciare la carriera di tante attrici giovani e avvenenti.

In attesa di vedere il azione in Spectre Léa Seydoux e la prima Bond Woman della storia del franchise, Monica Bellucci, ecco 10 indimenticabili Bond Girl:

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E secondo voi? Qual è la migliore Bond Girl della storia?

Da Un chien andalou a Porcile: i film più strani mai realizzati

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Da Un chien andalou a Porcile: i film più strani mai realizzati

In un mondo cinematografico di remake, sequel, prequel e reboot, sembra strano davvero pensare a qualche idea originale. Ma se ci guardiamo bene intorno scopriamo che dietro alle industrie di Hollywood, dietro i grossi budget e agli autori universalmente riconosciuti, c’è una nutritissima fauna di personaggi che attraverso il cinema esprimono le loro più profonde ossessioni, i propri turbamenti e le proprie paure, dando vita a prodotto cinematografici di grandissimo valore artistico e sperimentale. Qualche volta però, proprio gli stessi autori realizzano dei film che lo spettatore medio non può che definire strani. Ecco alcuni trai i film più strani e particolari mai realizzati:

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Un chien andalou i film più straniLeggi anche: 50 grandi film venuti fuori da progetti rischiosi

Hollywood Costume: 150 costumi in mostra [Foto]

I 50 indimenticabili nudi cinematografici [FOTO]

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50 grandi coppie attori-registi [foto]

Da Topolino a Judy: lo stereotipo animalesco alla Disney

Da Topolino a Judy: lo stereotipo animalesco alla Disney

Topolino, Bugs Bunny, Picchiarello e Spongebob hanno tutti qualcosa in comune: sono “funny animals”. Con questo termine nel mondo dell’animazione e dei comics si indicano gli animali antropomorfi, ovvero personaggi che, pur mantenendo indubbiamente caratteristiche animali evidenti e riconoscibili (la coda, le orecchie, il becco) sono allo stesso tempo un “doppio” dell’essere umano. I funny animals camminano su due zampe, parlano, spesso vivono in città e case in tutto e per tutto simili alle nostre, indossano vestiti, guidano l’automobile e utilizzano il cellulare.

Non è difficile capire come mai questa tipologia di cartoon abbia avuto così tanta fortuna. Innanzitutto, i funny animals sono, molto banalmente, più semplici da disegnare e da animare rispetto a una figura umana realistica. Non a caso, infatti, per la sua prima serie di cortometraggi, le Alice Comedies, la Disney si trovò costretta a utilizzare un’attrice in carne e ossa per la parte della bambina protagonista, Alice, mentre i suoi amici animali potevano essere tranquillamente disegnati e animati con foglio e matita. Questo tipo di personaggi si prestava inoltre moltissimo alla comicità fisica, basata sulle leggi della slapstick. In un’epoca in cui non esisteva ancora il sonoro sincronizzato era impossibile far ridere gli spettatori attraverso le battute, e dunque era particolarmente importante lavorare con forme semplici che potessero deformarsi, schiacciarsi e allungarsi all’occorrenza per creare ilarità nel pubblico. E ancora, non bisogna dimenticare che il mondo animale è protagonista di favole e leggende fin dall’antichità. Lo spettatore tende ad associare ogni animale ad alcune particolari caratteristiche, che in animazione possono essere esagerate per ottenere effetti comici oppure per evidenziare alcuni tratti della personalità. L’animazione è spesso una questione di silhouette, ovvero di “forma”: a colpo d’occhio lo spettatore deve essere in grado di decifrare il ruolo del personaggio che si trova sullo schermo. È un eroe? Un cattivo? Una spalla comica? Una principessa? È chiaro che un rinoceronte antropomorfo grande e grosso sarà probabilmente un personaggio tosto, forse un bullo, mentre non diremmo mai lo stesso guardando il canarino Titti.

Alice Comedies

GUARDA – Disney: i protagonisti animali reinventati come essere umani [fan-art]

Ma i funny animals hanno anche un altro grande punto di forza: la loro doppia natura che li rende allo stesso tempo animali e umani, e tuttavia mai completamente l’uno o l’altro. Questa loro natura di “ibridi” permette molta libertà e li rende perfetti per la satira o, talvolta, per trasmettere messaggi politici che sarebbero troppo pericolosi se venissero dalla bocca di un essere umano. Negli stessi anni in cui George Orwell pubblicava il capolavoro La fattoria degli animali, anche i personaggi Disney provavano a combattere le dittature con la satira. Paperino si rivelò l’attore ideale: lo ricordiamo specialmente nel geniale cortometraggio Premio Oscar Der Fuehrer’s Face, in cui il povero papero sogna di essere un operaio in una fabbrica nella Germania nazista (chiamata Nutziland). Che effetto avrebbe fatto il corto, se al posto di Paperino ci fosse stato un personaggio umano?

Col tempo i funny animals si sono molto distaccati dai loro scopi primari: superati tutti i problemi legati alla realizzazione materiale dell’animazione, la Disney ha potuto fare della categoria una vera e propria tradizione parallela a quella delle grandi fiabe (i cosiddetti princess movies che sono forse il filone con cui il grande pubblico tende a identificare maggiormente la Casa di Topolino). Ovviamente è nei cortometraggi che si hanno i primi gioiellini con protagonisti degli animali: il più noto è probabilmente I Tre Porcellini, che all’epoca divenne un vero e proprio fenomeno grazie al brano “Who’s afraid of the big bad wolf?”. Uno dei miei preferiti in assoluto è però Woodland Cafè, una geniale parodia dell’America degli anni ’30 e del mondo dei cafè e dei pub, con le loro danze sfrenate a ritmo della musica jazz.

Der Fuehrer’s Face

https://www.youtube.com/watch?v=PeC6GBnFebs

Il capolavoro Disney con un cast completamente composto da animali antropomorfi è sicuramente Robin Hood. L’intuizione di portare sul grande schermo la leggenda del ladro che rubava ai ricchi per donare ai poveri utilizzando solo un cast animale fu a dir poco brillante: oggi Robin, Little John, il Principe Giovanni e tutti gli altri sono entrati nell’immaginario collettivo, grazie alla loro straordinaria caratterizzazione. Anche qui, le caratteristiche ma soprattutto gli stereotipi associati agli animali si sono rivelati indispensabili per far breccia nei cuori degli spettatori. E così, l’astuto Robin Hood non poteva che essere una volpe, il suo compare Little John è un orso amichevole e bonaccione, mentre Re Riccardo è ovviamente un maestoso leone.

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Di prossima uscita, anche il nuovo Classico Disney Zootropolis riprende questa grande tradizione del mondo dei funny animals e si diverte a giocare con gli stereotipi e i pregiudizi. Ormai l’abbiamo capito: non è solo un tema sociale e culturale importante da trattare, non è solo una morale, ma è anche in qualche modo la decostruzione di un intero genere dell’animazione che si basa sul presupposto che lo spettatore sappia già con sicurezza cosa aspettarsi da un determinato tipo di personaggio. Zootropolis prende questo principio e lo rovescia grazie al personaggio di Judy Hopps, “tenera” coniglietta che in realtà vuole essere una poliziotta ed è convinta che tutti possano diventare ciò che vogliono. Il film, insomma, promette di reinventare il genere “animalesco” esattamente come ha fatto Frozen per il princess movie. Per scoprire se l’obiettivo è stato raggiunto o no non ci resta che aspettare il 18 febbraio.

Da Tobey Maguire a Tom Holland, com’è cambiato lo Spider-Man del grande schermo

Esattamente 54 anni fa, il personaggio dell’Uomo Ragno appariva per la prima volta nelle tavole del fumetto Amazing Fantasy, battezzato dalla penna Stan Lee e dai disegni di Steve Ditko. Fu chiaro fin da subito che le azioni di Peter Parker avrebbero incontrato per lo più il favore e la curiosità di un pubblico giovane, pre-adolescente o in piena fase di crescita, rappresentando una vera e propria “rivoluzione” nell’universo cartaceo della Marvel. Ubriachi di super uomini dotati di super poteri (e di una sconsiderata sicurezza di sé), i ragazzi avevano finalmente trovato il loro punto di riferimento fumettistico, in fuga dalle regole di infallibilità e vicino in un modo inedito ai bisogni e ai desideri generazionali: come tutti i teenagers, Peter interpreta la matrice di una fase particolare della vita, ovvero l’inadeguatezza di stare al mondo e la ricerca di un’identità, tema che nei fumetti ha subito un’evoluzione temporale dalla classica serie di Spider-Man alla moderna Ultimate.

Il cinema è ancora un potente mezzo di comunicazione di massa che cambia nel tempo e insieme agli spettatori, e a fronte di questi cambiamenti, ha saputo offrire storie e personaggi aderenti alla società corrente. Ora, prendiamo in esame uno dei fenomeni più significativi dell’ultimo decennio (e oltre): l’avvento dei cinecomic nell’intrattenimento cinematografico. La violenta irruzione di questi prodotti nel mercato è riuscita a proporci ben tre versioni di Spider-Man spalmate dal 2002 ad oggi, una manovra che viene denominata “reboot”, “riavvio”; iniziata con la trilogia di Sam Raimi, la fortuna di Peter Parker nelle sale passa dallo sviluppo di un personaggio arrivando alla sua completa affermazione, in un percorso dai volti diversissimi che, in un modo o nell’altro, dicono molto della nostra storia e del nostro gusto.

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È il 1999. Intenzionata a realizzare il primo lungometraggio dedicato all’Uomo Ragno, la Sony assume Raimi alla regia dopo che James Cameron e David Fincher avevano presentato alla casa di produzione dei possibili script, giudicati poi infattibili. Nello sguardo stralunato di Tobey Maguire c’è l’imbarazzo dell’esordiente che debutta in un’arena rumorosa; timido, discreto ed eccessivamente sfortunato, il Peter del film sembra perfettamente inserito nel periodo storico in cui fa la sua comparsa, una fase che segnerà l’anima del popolo americano. New York, ancora traumatizzata dagli attentati dell’11 settembre, fa da sfondo a svariate pellicole che escono in sala nel 2002 (La 25° ora, Gangs of New York), tra cui anche Spider-Man. Potrebbe apparire un dettaglio insignificante, eppure quell’evento risvegliò una coscienza che chiamava a gran voce dei salvatori, supereroi dei quali adesso abbiamo un’indigestione legata all’eccessiva quantità ma che allora, nel pieno dello sconforto, rappresentavano l’unica via di svago. Raimi non solo ebbe la grazie e l’intelligenza di presentare il personaggio, addirittura lo permeò di una profonda umanità che spesso ricerchiamo nei film più intimi e che il regista ha distillato nel primo e nei successivi due titoli da lui diretti.

Peter Parker cambia identità nel 2010, quando la Columbia Pictures ordina una nuova versione nel reboot che Marc Webb avrebbe diretto in seguito; all’epoca il regista era conosciuto dal pubblico per la commedia romantica indipendente 500 Giorni Insieme, un genere che difficilmente si adattava, almeno sulla carta, agli scopi del blockbuster ma che, col senno di poi, è diventato il tratto distintivo di The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2. Ancora una volta, il senso del realismo imprime una forza notevole sul profilo del personaggio: appariva piuttosto verosimile che nel 2012 Peter, a cui dava forma e cuore Andrew Garfield, fosse un ragazzino molto più consapevole di se stesso. Nerd, non sfigato, studioso, non secchione, tratteggia benissimo il carattere della generazione a cui si riferisce, quella che oggi non ha timore di mostrare al mondo le proprie stranezze ricavandone si insuccessi ma anche piccole vittorie personali (come per Peter Parker la conquista del suo grande amore Gwen Stacy). In un periodo storico di stallo politico e culturale, l’idea di Webb di trasferire l’universo Marvel sul pianeta del cinema indie è stata quanto mai significativa, per molti vincente, per gli incassi meno; rimane la certezza che questo Spider-Man abbia costruito le basi per il futuro e sia servito da trampolino di lancio per il nuovo “bimbo ragno” di Tom Holland che conoscerete in Captain America: Civil War.

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Sono lontani i tempi della chiamata alle armi, del senso “politico” e delle ragioni che spingono il cinema di intrattenimento ad affidarsi agli uomini con i superpoteri. Ormai la sequenza ininterrotta che produce cinecomics ha un po’ messo in disparte la bellezza e la nobiltà della fonte (il fumetto) creando una serie di cloni senz’anima indistinguibili se non grazie a dettagli che sfumano nel marasma del botteghino. Le regole del mercato hanno stabilito quindi che dovesse comparire sullo schermo un terzo Spider-Man nel domani imprenditoriale dei Marvel Studios (visto che il precedente aveva fallito le sue occasioni), invertendo quella rotta verso nuovi lidi condivisa da Raimi e Webb. Atteso nel 2017, Homecoming palesa fin dal titolo il ritorno del personaggio a una dimensione infantile, ovvero il nido che protegge i cuccioli prima del loro avvento nel mondo; per questo la scelta di Tom Holland (classe 1996, il più giovane dei tre attori che hanno vestito il costume) è così appropriata e calzante da scacciare ogni dubbio circa le possibilità di successo. In Civil War, Peter Parker è la quintessenza del nerd contemporaneo, logorroico, fastidiosamente comico. La funzione di “giullare” condensa i caratteri di una generazione teen agli antipodi di quella inquadrata dal film del 2002, marchiata da una forte self-confidence e pronta a condividere la scena degli adulti da protagonista, sulla pista da ballo e non incollato a una parete. La cultura americana è cambiata, la società con essa, e di pari passo, anche un ragazzo in calzamaglia rossa e blu.

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Da Stand by Me a Moonlight: 10 coming of age da vedere

Da Stand by Me a Moonlight: 10 coming of age da vedere

Il genere coming-of-age è tanto popolare nella letteratura quanto al cinema. La narrativa di formazione (per dirla in italiano!) segue un personaggio principale – in genere un bambino o un’adolescente – che deve scendere a patti con l’arrivo dell’età adulta o con alcuni aspetti più specifici del processo di crescita. Per quanto riguarda la letteratura, il romanzo cardine del genere è indubbiamente “Il giovane Holden” di J.D. Salinger, mentre per il cinema, non si può non pensare ai classici degli anni ’80 The Breakfast Clube Sixteen Candles.

Ecco di seguito 10 film appartenenti al genere coming-of-age movie che forse non avete visto e che dovete assolutamente recuperare:

Noi siamo infinito

noi siamo infinito

Noi siamo infinito è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Stephen Chbosky, che del film è anche regista e sceneggiatore. La storia segue il personaggio di Charlie, una matricola che cerca di comprendere se stesso in relazione alla vita e agli altri.

Il film, che segue Charlie durante il suo primo anno di liceo, affronta con profonda delicatezza il tema degli abusi e delle malattie mentali, nonostante queste non vengano mai esplicitamente mostrate. Nel cast anche Emma Watson e Ezra Miller.

Lady Bird

Lady Bird, esordio alla regia di Greta Gerwig, racconta la storia di una ragazza di nome Christine McPherson, soprannominata – appunto – Lady Bird. Vive con la sua famiglia a Sacramento, ma sta cercando di essere ammessa in almeno una delle numerose università al di fuori della California, dove sente possano esserci per lei maggiori opportunità.

Christine un rapporto decisamente teso con sua madre ed il suo comportamento mette quasi sempre a dura prova le sue relazioni con gli amici, con le suore della scuola cattolica che frequenta e con i diversi fidanzati che ha. Nel corso del film, vediamo Lady Bird, interpretata da Saoirse Ronan, imparare di più su se stessa, sulla sua famiglia e sul concetto di gratitudine. 

Le donne vere hanno le curve

Le donne vere hanno le curve con America Ferrara (qui al suo esordio cinematografico), racconta la storia di Ana Garcia, un’adolescente messicana che vive nella zona ad est di Los Angeles. Mentre la ragazza frequenta la Beverly Hills High School, dove si distingue come un’ottima studentessa, lavora in condizioni di degrado e sfruttamento presso la sartoria di sua sorella affiancata da sua madre, che considera tale impiego la massima vocazione per la sua figlia minore.

Ana deve tentare di equilibrare la visione tradizionale femminile di sua madre con la sua e, al contempo, accettare la propria immagine corporea e sperimentare una nuova storia d’amore. Un film d’emancipazione che potrebbe certamente ispirare tutti coloro che non sentono di soddisfare gli ormai sempre più insostenibili standard di bellezza imposti dalla società odierna.

La ragazza delle balene

La ragazza delle balene racconta la storia di Paikea, figlia unica del leader del suo villaggio Maori. Le tradizioni della tribù impongono che il figlio primogenito del leader cavalchi sulla schiena di una balena per ereditare il ruolo del padre. Paikea ebbe un fratello gemello, che morì insieme alla madre durante il parto. La ragazza viene lasciata crescere da suo nonno, convinta che non spetti a lei diventare il nuovo leader della tribù.

Paikea si impegnerà con tutte le sue forze per dimostrare di essere degna di guidare il suo villaggio e che non dovrebbe essere trattata con condiscendenza per il semplice fatto di essere se stessa. Diretto da Niki Caro, regista dell’atteso live action di Mulan

Come l’acqua per il cioccolato

Come l’acqua per il cioccolato è un film del messicano Alfonso Arau, basato sull’omonimo romanzo. Segue la storia di Tita, il membro più giovane della sua famiglia. Dalla morte di suo padre, Tita è stata scelta per prendersi cura di sua madre e non si è ancora sposata, secondo quanto avrebbe invece voluto la tradizione.

Nonostante non sia in grado di sposarsi, si innamora di due uomini diversi e incoraggia la nipote – che è anche la figlia di uno dei suoi amanti – a non seguire le tradizioni familiari. Il film usa il realismo magico e la passione per la cucina come espedienti narrativi. La trama alza costantemente la posta in gioco, con Tita, personaggio con il quale è impossibile non identificarsi, liberarsi dagli elevanti e insostenibili standard della sua famiglia.

Stand by Me

Stand By Me racconta il bellissimo viaggio di Gordie e di tre suoi amici mentre si avventurano alla ricerca del corpo di Ray Brower, un ragazzo del posto. Durante il viaggio, i ragazzi dovranno fare i conti con loro stessi e con le loro vite, rapportandosi con l’età adulta, lo spauracchio della morte e le loro figure genitoriali, emotivamente assenti. Tutti questi eventi vengono narrati dalla versione adulta di Gordie, che adesso è uno scrittore affermato.

Considerato un classico da pubblico e critica, è anche un must per i tutti i fan di Stephen King (che ha scritto il racconto su cui si basa il film), oltre ad essere un piccolo gioiello della cinematografica anni ’80 che semplicemente non si può non conoscere.

La rivincita delle sfigate

La rivincita delle sfigate, esordio alla regia di Olivia Wilde, segue la storia di due migliori amiche, Molly e Amy, la sera prima del giorno del diploma. Hanno trascorso gli anni del liceo pensando solo allo studio (nella speranza di essere ammesse al college) e senza mai divertirsi. L’ultimo giorno di scuola decidono di andare ad una festa per cercare di non rimpiangere troppo quegli anni che non ritorneranno più.

A metà tra commedia e dramma, siamo di fronte ad uno dei migliori coming-of-age degli ultimi anni, adatto tanto ad un pubblico di adolescenti che di adulti.

Il coraggio della verità

Ne Il coraggio della verità viene messa in luce la violenza gratuita della polizia americana e le relazioni spesso tese che esistono tra la comunità afroamericana e l’autorità. Inoltre, il film di George Tillman Jr. prova a sviscerare anche cosa vuol dire essere adolescente di colore vittima di un’oppressione sistemica che però sceglie di combattere.

Nel film, Starr assiste all’omicidio di un suo caro amico per mano di un poliziotto: l’episodio la spinge a reagire e a far sentire la sua voce all’interno della comunità. Imparerà non solo che persona è e che tipo di persona vuole diventare, ma inizierà anche ad accettare l’inevitabile responsabilità che comporta il diventare adulti.

Eighth Grade

eighth gradeEighth Grade segue la storia di Kayla, uno studentessa di terza media che si prepara a frequentare il suo primo anno di liceo. Il film si svolge durante la sua ultima settimana alle medie e racconta dei suoi tentativi di adattarsi e di farsi accettare dai suoi coetanei in vista del cambiamento di scuola, dando attraverso i social un’immagine di sé che in realtà non corrisponde alla realtà.

Durante il film, Kayla acquista grande consapevolezza di sé, comprende che è proprio la sua autenticità a renderla unica, migliora i rapporti con suo padre e riesce anche a farsi degli amici che la apprezzano per quella che realmente è. 

Moonlight

Moonlight di Barry Jenkins, premiato con l’Oscar al miglior film, racconta la vita di Chirone attraverso tre fasi: infanzia, adolescenza ed età adulta. Durante queste fasi, il ragazzo lotta contro sé stesso e contro la sua sessualità, è vittima di bullismo ed è trascurato dai non solo dai suoi amici, ma anche dalla sua famiglia. Durante tutto il film incontrerà alcune figure chiave che avranno un ruolo fondamentale nel suo percorso di crescita. 

Un film scritto benissimo e girato magnificamente. Gli elementi della storia, la fotografia e la regia di Jenkins conferiscono il giusto carico emotivo al film, rispecchiando a pieno le malinconiche e spesso tragiche esperienze di Chirone durante tutta la sua vita.

Fonte: ScreenRant

Da Spider-Man a Madame Web: tutti i film Marvel della Sony classificati secondo Rotten Tomatoes

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Che lo si ami o lo si odi, Rotten Tomatoes è oggi più importante che mai quando si tratta di decidere se gli spettatori decidono di vedere gli ultimi film in uscita sul grande schermo (almeno negli USA), e non è raro che gli studios vantino i punteggi con lo stesso orgoglio delle stelle.

Nel corso degli anni, il franchise dell’Uomo Ragno è stato un vero e proprio viaggio. Il film del 2002 ha cambiato le carte in tavola per il genere, e quello che è seguito è stato un viaggio sorprendente e a volte deludente per il Folletto della Rete. Naturalmente, l’universo continua dei film Marvel della Sony ad espandersi ed è per questo che abbiamo incluso Venom, Venom: La furia di Carnage, Morbius e il recente Madame Web.

Dopo che Spider-Man: No Way Home ha sconvolto i fan, l’anno scorso siamo tornati nel Multiverso con Spider-Man: Across the Spider-Verse. Il suo predecessore, Spider-Man: Into the Spider-Verse, ha vinto un Oscar e il seguito probabilmente farà lo stesso il mese prossimo.

Non abbiamo aggiunto le apparizioni di Spidey in Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, ma troverete gli altri film della Sony/Marvel Studios, i loro punteggi e la nostra opinione su di essi. Per dare un’occhiata a questa rubrica, non dovete fare altro che cliccare sul pulsante “Avanti” qui sotto.

Madame Web

madame web cast Film di febbraio
Dakota Johnson, Sydney Sweeney, Celeste O’Connor e Isabela Merced in Madame Web.

Score: 14% Rotten or Fresh? Rotten

Consenso della critica: TBC

Sarebbe improprio parlare di delusione, mentre ci si accinge a scrivere la recensione di Madame Web, dal momento che le aspettative degli spettatori, in generale, non erano altissime. C’era però tanta curiosità, dal momento che il film si preannunciava insolito anche per il genere cinefumettistico che ormai vanta una grande varietà di declinazioni. E in effetti il film prende una strada mai battuta prima, raccontando la storia di una giovane veggente che intraprende un viaggio personale alla scoperta di sé, mentre trova lungo il suo cammino una serie di figure che la completeranno, formando con lei una sorellanza di reiette che trovano il loro senso di esistere nella comunione reciproca. La recensione completa qui.

Morbius

Morbius

Score: 15% Rotten or Fresh? Rotten

Consenso della critica: Maledetto per gli effetti poco ispirati, le interpretazioni rozze e una storia al limite del nonsense, questo squallido pasticcio è un tentativo di realizzare Morbius in vena.

La faccenda, purtroppo, è molto semplice. Jared Leto ha un suo apporto ai personaggi che incarna che è estremamente definito e, per così dire, accurato. Sarebbe stato un dottor Morbius senza sbavature se fosse stato guidato a dovere, ma così non è stato. Il flusso della personalità del film gli viene lasciata follemente in mano, concedendo ai suoi lunghi ciuffi corvini, e alla sua svenente asessualità, di prendere delle vie che né si compiono – figuriamoci – né si definiscono. Come se attirasse l’attenzione su di sé promettendo fascino a palate, per poi girarsi sui tacchi e andarsene. Morbius non è un film fatto male, è solo inconsistente. La recensione completa qui.

Venom

Venom cinecomic

Score: 30% Rotten or Fresh? Rotten

Consenso della critica: Il primo film standalone di Venom si rivela simile al personaggio dei fumetti in tutti i modi sbagliati: caotico, rumoroso e con un disperato bisogno di un legame più forte con Spider-Man.

“… l’ammasso informe del simbionte, una poltiglia che fatica a prendere forma ma che riesce, in un modo misterioso, ad attirare lo sguardo.La recensione completa qui.

The Amazing Spider-Man 2

The Amazing Spider-Man film 2012

Score: 51% Rotten or Fresh? Rotten

Consenso della critica: Sebbene il cast sia eccezionale e gli effetti speciali siano di prim’ordine, l’ultimo capitolo della saga di Spidey soffre di una narrazione poco focalizzata e di una sovrabbondanza di personaggi.

The Amazing Spider-Man 2 è un buon prodotto di intrattenimento che indulgendo eccessivamente, e con toni oltremodo edulcorati, nella storia d’amore perde tutto il potenziale disturbante della storia potente e importante che si è deciso di raccontare. La recensione completa qui.

Venom: La furia Carnage

Venom: La furia Carnage

Score: 57% Rotten or Fresh? Rotten

Consenso della critica: Sequel mirato ai fan della strana chimica di coppia dell’originale, Venom: Let There Be Carnage abbraccia con entusiasmo il lato più sciocco del franchise.

Distorsioni nel tono e una sceneggiatura sciatta mettono in film in scia con quello che era stato il primo capitolo del 2018. La recensione completa qui.

Spider-Man 3

Bryce Dallas Howard Spider-Man 3

Score: 63% Rotten or Fresh? Fresh

Consenso della critica: Anche se ci sono più personaggi e trame, e le sequenze d’azione continuano a stupire, Spider-Man 3 non è tuttavia così raffinato come i primi due. La recensione completa qui.

The Amazing Spider-Man

The Amazing Spider-Man film 2012 recensione

Score: 71% Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Un cast ben scelto e una regia sicura permettono a The Amazing Spider-Man di emozionare, nonostante la rivisitazione di molti degli stessi punti della trama di Spider-Man del 2002.

The Amazing Spider-Man era un film del quale non si sentiva necessità, essendo un reboot così vicino all’originale, tuttavia può essere una rilettura interessante che, una volta messa in carburazione, potrà far meglio per i sequel (non ufficiali ma facilmente intuibili) a venire. La recensione completa qui.

Spider-Man

Spider-Man 2 film sam raimi

Score: 90% Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Spider-Man non solo offre una buona dose di divertimento a colpi di ragnatela, ma ha anche un cuore, grazie al fascino combinato del regista Sam Raimi e della star Tobey Maguire. La recensione completa qui.

Spider-Man: Far From Home

Spider-Man: Far From Home

Score: 90% Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Una miscela imprevedibile di romanticismo adolescenziale e azione supereroistica, Spider-Man: Far from Home getta con stile le basi per la prossima era del MCU.

Tutto è orchestrato alla perfezione, tra colonna sonora divertente e nostalgica, un’amore adolescenziale degno delle migliori teen-comedy, effetti speciali notevoli (c’è una sequenza in particolare che confonderà la mente e vi farà venire un ansia pazzesca!) e nuovi scenari che non sono i grattacieli di New York ma cattedrali e turisti.  La recensione completa qui.

Spider-Man: Homecoming

Spider-Man: Homecoming Tom Holland
Foto di Chuck Zlotnick – © 2017 CTMG, Inc. © Marvel Studios

Score: 92% Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Spider-Man: Homecoming fa tutto quello che può fare un secondo reboot, offrendo un’avventura colorata e divertente che si inserisce perfettamente nel vasto MCU senza impantanarsi nella costruzione di un franchise.

Spider-Man: No Way Home rappresenta un cambiamento, è proprio vero che non c’è strada del ritorno a casa e che ora Peter è diventato grande, che ha preso la sua prima vera decisione da Spider-Man e ha abbracciato a pieno le sue responsabilità.  La recensione completa qui.

Spider-Man 2

Spider-Man 2 di Sam Raimi film 2004

Score: 93% Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Con un cattivo divertente e un’attenzione emotiva più profonda, è un sequel agile che migliora l’originale.

Spider-Man: No Way Home

Spider-Man No Way Home The More Fun Stuff

Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Un sequel di Spider-Man più grande e più audace, No Way Home espande la portata e la posta in gioco del franchise senza perdere di vista il suo umorismo e il suo cuore.

Consenso della critica: Un sequel di Spider-Man più grande e più audace, No Way Home espande la portata e la posta in gioco del franchise senza perdere di vista il suo umorismo e il suo cuore. Spider-Man: No Way Home rappresenta un cambiamento, è proprio vero che non c’è strada del ritorno a casa e che ora Peter è diventato grande, che ha preso la sua prima vera decisione da Spider-Man e ha abbracciato a pieno le sue responsabilità.  La recensione completa qui.

Spider-Man: Across the Spider-Verse

Spider-Man: Across the Spider-Verse

Score: 95% Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Visivamente abbagliante e ricco d’azione come il suo predecessore, Spider-Man: Across the Spider-Verse emoziona dall’inizio alla fine.

Spider-Man: Across the Spider-Verse si addentra nel caos del Multiverso, sfruttando l’occasione per dar sfogo ad una maggior varietà nelle tecniche d’animazione, nei colori e negli scenari. Il risultato è un film visivamente travolgente, che riempie gli occhi senza dimenticare di fare lo stesso con il cuore. Perché la tecnica non prende mai il sopravvento sulle emozioni, le quali vengono qui evocate grazie ad un’attenta costruzione di ogni elemento della storia e dei personaggi.  La recensione completa qui.

Spider-Man: un nuovo universo

Spider-Man: Un Nuovo Universo

Score: 97% Rotten or Fresh? Certified Fresh

Consenso della critica: Spider-Man: Into the Spider-Verse abbina una narrazione audace a un’animazione sorprendente per un’avventura puramente piacevole con cuore, umorismo e tanta azione da supereroe.

Il film comprende in sé grande divertimento ma anche toni ben più drammatici e riflessivi, che rendono Spider-Man: Un nuovo universo un film per tutti, in grado di parlare a grandi e piccoli, di divertire, emozionare e stupire costantemente. La recensione completa qui.

Da Roma a San Francisco: incontro con Daniele Luchetti

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Il NICE (New Italian Cinema Event) torna negli Stati Uniti. Il festival, fondato a Firenze nel 1991, era nato con l’idea di promuovere il nuovo cinema italiano all’estero, obiettivo che svolge eccellentemente da 21 edizioni. Inauguratosi all’Anthology Film Archives-Courthouse Theatre a New York il 10 novembre, si è trasferito a San Francisco al Landmark Embarcadero Center Cinema, il 13 novembre.

Da rockstar ad assassino – Il caso Cantat: la storia vera dietro al documentario di Netflix

Dal punto di vista professionale, Bertrand Cantat ha segnatola scena musicale francese e internazionale insieme al suo gruppo Noir Désir, di cui era frontman. Il suo nome però è rimasto legato al feroce delitto che ha commesso nel 2003. Il documentario di Netflix è in questi giorni in Top 10 sulla piattaforma e racconta questa storia tragica e scioccante. Ecco la storia vera dietro Da rockstar ad assassino – Il caso Cantat.

Bertrand Cantat e Marie Trintignant

L’evento che ha segnato per sempre la vita di Bertrand Cantat (e non solo la sua) si verificò nel luglio del 2003. Durante una notte a Vilnius, in Lituania, la sua relazione con l’attrice Marie Trintignant – figlia del celebre attore Jean-Louis Trintignant – culminò in una tragedia irreparabile. Nel corso di un violento litigio all’interno di una stanza d’albergo, Cantat aggredì la donna con estrema brutalità, provocandole lesioni gravi, tra cui una frattura del setto nasale, gravi danni interni e un esteso edema cerebrale. Queste ferite la portarono rapidamente a uno stato di coma. Nonostante la gravità delle sue condizioni, il cantante non richiese immediatamente soccorso, lasciando trascorrere del tempo prezioso senza intervenire.

Nel cuore della notte, Cantat contattò Vincent Trintignant, fratello di Marie, confessandogli di averla colpita. I racconti su quanto accaduto successivamente divergono, ma è certo che Vincent, resosi conto della gravità della situazione solo al mattino, chiamò i soccorsi e la sorella fu trasferita d’urgenza all’ospedale universitario di Vilnius. Nel disperato tentativo di sottrarsi alle conseguenze, Cantat tentò di togliersi la vita ingerendo una combinazione di farmaci sedativi e antidepressivi. Nonostante i tentativi dei medici, Marie Trintignant fu trasportata in Francia, dove morì a causa delle complicazioni legate alle ferite subite.

Le indagini, condotte con la collaborazione delle autorità francesi e lituane, portarono alla luce prove mediche che confermarono la compatibilità tra le dichiarazioni di Cantat e le lesioni riscontrate nell’autopsia. I referti medici evidenziarono chiaramente la violenza dell’aggressione subita dalla donna. Il processo, celebrato a Vilnius nel marzo del 2004, si concluse con la condanna di Cantat a otto anni di reclusione per “omicidio commesso con intento indiretto e indeterminato”, un capo d’imputazione che non riconosceva l’intenzionalità diretta di uccidere, ma sanciva la responsabilità per condotta violenta e negligente che aveva portato alla morte della vittima.

L’opinione pubblica rimase profondamente scossa dalla vicenda, e il caso generò accesi dibattiti per anni. La pena, le successive misure di controllo e il possibile reinserimento sociale e artistico di Cantat divisero la popolazione. Nonostante la scarcerazione anticipata nel 2007 per buona condotta, il peso della tragedia di Vilnius continuò a incombere su ogni apparizione pubblica e sulla carriera del cantante. Numerosi commentatori hanno sottolineato come questo tragico episodio abbia rappresentato uno spartiacque nella vita di Cantat, ma anche nel dibattito sulla violenza di genere e sui diritti umani nel panorama culturale e mediatico europeo.

Bertrand Cantat e il suicidio della moglie

Come se la sua esistenza non fosse già segnata da tragedie, un altro drammatico evento sconvolse la vita di Bertrand Cantat. L’artista conobbe Krisztina Rády al Sziget Festival di Budapest nel 1993, e insieme ebbero due figli, Milo e Alice. Nonostante la separazione avvenuta nel 2003, la donna rimase al fianco di Cantat durante il processo per l’omicidio di Marie Trintignant e, dopo il suo rilascio, i due tornarono a vivere insieme. Tuttavia, il 10 gennaio 2010, Krisztina Rády si tolse la vita impiccandosi nella loro abitazione a Bordeaux mentre Cantat dormiva.

L’autopsia confermò il suicidio, senza evidenziare segni di violenza fisica da parte del cantante. Tuttavia, negli anni successivi, emersero accuse e controversie su presunti comportamenti violenti da parte di Cantat nei confronti della donna. Nonostante ciò, le indagini non trovarono prove che collegassero direttamente le sue azioni al tragico gesto di Krisztina Rády.

Da Paul Walker a Marilyn Monroe: gli attori morti durante le riprese

Tra qualche giorno arriverà al cinema Fast and Furious 7, film che sappiamo aver avuto una lavorazione travagliata perchè nel mezzo delle riprese ci ha lasciati, in un tragico incidente, Paul Walker.

L’attore però non è stato l’unico, nel corso degli anni, a lasciare incompiuto un film, e purtroppo si ricordano diversi suoi colleghi che durante le riprese di un film, una serie tv o una sit-com ci hanno tragicamente lasciati per sempre.

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Tutte queste dipartite sono state, a modo loro, tragiche. Ci sono stati i brutti incidenti sul set, come nel celeberrimo e triste caso di Brandon Lee, oppure gli incidenti nella vita reale, come per Walker. Poi ci sono state le tragiche fatalità della vita, come per Philip Seymour Hoffman o Heath Ledger, e alcuni di questi casi restano ancora nell’ombra, come la morte di Marilyn Monroe, per sempre giovane, per sempre simbolo di bellezza in ogni tempo, per sempre tristemente trappata alla vita.

Da oggi The Fall in dvd!

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Da oggi The Fall in dvd!

Da oggi The Fall, l’acclamato film di Tarsem Singh, è disponibile in dvd e Blu-Ray nel nostro Paese. Un’attesa lunga più di tre anni, ma finalmente giunta al termine…

Dopo una limitata release lo scorso settembre, la Eagle Pictures distribuisce da oggi The Fall in dvd e Blu-Ray. Di certo è un peccato che questo piccolo cult non sia arrivato sul grande schermo in Italia ma, considerando il suo stato di pellicola dispersa degli ultimi tre anni, che ha gradualmente conquistato il pubblico grazie al passaparola, è già tanto che alla fine qualcuno abbia deciso di distribuirlo.

La versione homevideo contiene il film in lingua originale e doppiato in italiano. Tuttavia, vi raccomandiamo indubbiamente la versione originale, visto che è di facile comprensione e consente di apprezzare pienamente le interpretazioni degli attori (in particolare della dolce protagonista, Alexandria).

Per saperne di più su The Fall, vi ricordo la nostra analisi.

Buona visione!

Da oggi a Roma le riprese di Third Person, prossimo film di Paul Haggis

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17 ottobre 2012 – Moviemax Media Group annuncia l’inizio delle riprese del film “Third Person”, film acquisito dal gruppo durante l’ultimo Festival di Toronto.

Da me o da te: tutto quello che c’è da sapere sul film con Reese Witherspoon

Celebre per film come La rivincita delle bionde, Tutta colpa dell’amore e Se solo fosse vero, l’attrice premio Oscar Reese Witherspoon si è affermata come una delle regine della commendia romantica statunitense. Certo, ha poi nel corso della sua carriera recitato anche in film di ben altro genere, ma è al film di stampo sentimentale che è ora tornata con Da me o da te (qui la recensione), che segna il suo ritorno come protagonista di un lungometraggio a qualche anno di distanza dall’ultimo. Disponibile su Netflix dal 10 febbraio, è infatti questa una piacevole commedia che gioca sullo scambio come elemento di partenza per risvolti romantici.

Il film è scritto da Aline Brosh McKenna, sceneggiatrice nota per film come Il diavolo veste Prada, 27 volte in bianco e La mia vita è uno zoo, che debutta con Da me o da te anche alla regia. Questa sua opera prima, per via della distanza che intercorre tra i due protagonisti, è stata da alcuni paragonata ad un classico della commedia romantica come L’amore non va in vacanza, interpretata da Kate Winslet e Cameron Diaz. Le somiglianze si limitano però appunto allo scambio di vita tra i protagonisti, i quali devono però confrontarsi primariamente l’uno con la quotidianità dell’altro.

Tra rimorsi, vecchi sentimenti mai del tutto dimenticati, desideri di successo personale e nuove riscoperte, il film esplora dunque il tema delle relazioni da un punto di vista diverso dal solito. Attualmente al primo posto dei film più visti su Netflix in Italia, Da me o da te sembra dunque aver trovato ed appassionato il proprio pubblico di riferimento. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori.

La trama di Da me o da te

Protagonisti del film sono Debbie e Peter, conosciutisi durante una notte passata insieme, sono due ventenni di Los Angeles, i cui obiettivi sono rispettivamente diventare una redattrice e un affermato scrittore. Vent’anni dopo, durante i quali sono rimasti grandi amici, tuttavia, le cose sono molto cambiate: Debbie è divorziata e ha un figlio di 13 anni di nome Jack pieno di allergie e senza amici, mentre Peter ha un ottimo lavoro ed è un incallito donnaiolo. Inoltre, lui si è trasferito a New York, in quanto è rimasto troppo amareggiato dopo la gravidanza di Debbie (essendone innamorato senza mai averlo rivelato), inventandosi la scusa di essersene andato per i terremoti.

Quando però Debbie deve recarsi a New York per svolgere un esame in modo da ottenere una promozione, Peter si offre di recarsi da lei a Los Angeles per fare da babysitter al figlio. Perciò i due amici si trasferiscono ciascuno nella casa dell’altra. Peter inizia così ad instaurare un rapporto con Jack, il quale soffre molto l’assenza di un padre nella sua vita. Debbie, al contrario, conosce l’affascinante scrittore Theo, con il quale inizia a frequentarsi mentre è a New York. La lontananza e il trovarsi a confronto l’uno con la quotidianità dell’altro, però, farà riscoprire ad entrambi molto del loro rapporto, riportando alla luce sentimenti e desideri.

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Da me o da te: il cast del film

Ad interpretare Debbie vi è dunque l’attrice Reese Witherspoon, che torna con questo film a recitare in un lungometraggio a cinque anni dal fantasy Nelle pieghe del tempo. Negli ultimi anni l’attrice si è infatti dedicata principalmente a serie televisive come Big Little Lies, The Morning Show e Tanti piccoli fuochi. Affascinata dal progetto, la Whiterspoon ha deciso non solo di recitarvi ma anche di produrlo con la sua società Hello Sunshine. Accanto a lei, nel ruolo di Peter, si può invece ritrovare l’attore Ashton Kutcher, a sua volta celebre per commedie romantiche come Oggi sposi… niente sesso, Indovina chi e Amici, amanti e….

Anche lui assente da diversi anni dal cinema, ha affermato di aver deciso di recitare in Da me o da te per poter lavorare con la Witherspoon, attrice verso la quale nutre una forte ammirazione. I due hanno raccontato di aver sviluppato un ottimo legame sul set, cosa che li ha aiutati a rendere più vero anche il rapporto tra i loro due personaggi. Ad interpretare Jack, il figlio di Debbie, vi è il giovane Wesley Kimmel, mentre Jesse Williams, noto soprattutto per il ruolo del Dr. Jackson Avery nella serie Grey’s Anatomy, interpreta l’affascinante scrittore Theo. Sono poi presenti anche gli attori Zoe Chao nei panni di Minka, Tig Notaro in quelli di Alicia e Steve Zahn nel ruolo di Zen.

Il trailer di Da me o da te e dove vedere il film in streaming

Come anticipato, è possibile fruire di Da me o da te grazie alla sua presenza nel catologo di Netflix. Per vederlo, basterà sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri prodotti presenti nel catalogo.

Fonte: IMDb, Variety

Da me o da te: la recensione della commedia romantica con Reese Witherspoon e Ashton Kutcher

New York e Los Angeles due mondi opposti così come Peter e Debbie i protagonisti di Da me o da te. In questa nuova commedia romantica che Netflix porta sulla piattaforma giusto in tempo per San Valentino Reese Witherspoon e Ashton Kutcher sono i protagonisti. Il film del 2023 diretto da Aline Brosh McKenna vede nel cast oltre a Reese Witherspoon e Ashton Kutcher anche Jesse Williams, Steve Zahn, Tig Notaro, Zoë Chao, Griffin Matthews, Wesley Kimmel, Rachel Bloom, Vella Lovell e Shiri Appleby. Se volete guardare una commedia romantica sulle note di L’amore non va in vacanza, allora dal 10 febbraio Da me o da te arriva su Netflix.

Da me o da te, la recensione

Debbie (Reese Witherspoon) e Peter (Ashton Kutcher) sono migliori amici e totalmente agli antipodi. Lei adora fare la solita routine con il figlio a Los Angeles, lui vive di cambiamenti a New York. Quando si scambiano casa e vita per una settimana, scoprono che ciò che pensano di volere potrebbe non corrispondere a ciò di cui hanno realmente bisogno. Da me o da te ci porta quelle atmosfere da commedia romantica come quelle di una volta. I sentimenti sono messi in primo piano solo che ancora gli stessi protagonisti non lo sanno. Viviamo di ricordi che fanno capolino dalla nostra mente come un cimelio prezioso che pensavamo di aver perso e invece è sempre stato davanti ai nostri occhi.

Debbie è meticolosa ma allo stesso tempo disordinata, è una donna che ha dovuto mettere da parte se stessa e reinventarsi per cercare stabilità. Lo spazio di cui si circonda è colorato e variopinto così come i vestiti che indossa e che stonano non appena mette piede a New York. Peter, invece, rifugia da questa stabilità a causa di un passato che lo tormenta. Chiuso in quel loft asettico di New York – in palette con i toni del grigio e del blu – sembra che nella sua vita sia invincibile. Da me o da te è infatti un film di contrasti soprattutto di colori dove ci rendiamo conto che New York è una piccola prigione, senza colori dove è difficile trovare stabilità. Ma è anche un film di seconde possibilità.

Da me o da te recensione

Cambio vita

Debbie ha sempre sognato un futuro nel mondo dell’editoria, sognava di diventare una ambiziosa caporedattrice ma ha smesso di credere nei suoi sogni. Questa sua disillusione le ha fatto cambiare strada prendendo una scelta più pratica che le permettesse di crescere suo figlio. La sua routine da mamma single è molto rigida, dettata dalle problematiche del figlio. Ma la sempre adorabile Reese Witherspoon porta in scena il lato più difficile della maternità in Da me o da te proiettando sul figlio tutte le sue paure e insicurezze, costringendolo quasi a vivere come in una bolla. Mentre Debbie si destreggia tra la vita di mamma single e la sua carriera di contabile. Peter, invece, vive nella Grande Mela e lavora come dirigente di marketing con l’aspirazione di diventare uno scrittore di successo. Vive in modo veloce e libero. La sua vita quotidiana non ha una routine.

La commedia romantica prende una piega inaspettata quando Debbie e Peter si scambiano casa e vita per una settimana. Scopriranno un lato diverso del proprio carattere e soprattutto si renderanno conto di non conoscere così bene l’altra persona come credevano. Una vita fatta di telefonate e di non detti è questo quello che si lasciano alle spalle Dabbie e Peter in Da me o da te. Entrambi hanno dei motivi valiti per fuggire dalle proprie responsabilità e crearsi, anche solo per una settimana, un piccolo posto nel mondo. Debbie scopre una città ricca di possibilità ma che stona con il suo modo di essere così colorato, Peter invece riscopre la sua Los Angeles che ha abbandonato per paura di soffrire troppo per amore. Così si regalano questa seconda opportunità e mentre imparano cose dell’altro che non avevano mai immaginato il loro legame si rafforza.

E dopo che succede?

Aline Brosh McKenna fa il debutto alla regia per Da me o da te, ma il suo coinvolgimento nelle commedie romantiche non è nuovo. Ha scritto classici come Il diavolo veste Prada e 27 volte in bianco. Ha anche co-creato Crazy Ex-Girlfriend con la sua amica Rachel Bloom, che appare nel film. Per questo film si è ispirata alla sua vita. L’idea originale le è venuta quando si è recata a New York per lavoro e ha alloggiato nell’appartamento di un amico scapolo. L’esperienza le ha fatto pensare a cosa sarebbe successo se si fossero scambiati le vite.

Da me o da te fa pensare alle seconde possibilità, alle occasioni mancate. Quante volte durante il film fa eco la domanda: “E dopo che succede?” come se da un momento all’altro il sipario dovesse chiudersi e comparire la frase “E vissero per sempre felici e contenti”. Il film fa pensare che ci sia un’altra strada per una vita migliore, nonostante le difficoltà anche dopo una certa età si può raggiungere il lieto fine. Questo mix di speranza e pazzia che accompagna la crescita di un nuovo sogno personale e intimo rende Da me o da te il connubio perfetto di tante commedie romantiche del passato. L’amore non va in vacanza e Harry ti presento Sally sono sicuramente i punti di riferimento, ma nel film Netflix viene data la spinta in più su temi e disillusioni che accompagnano la vita della generazione Z, descritta con il personaggio di Wesley Kimmel.

E dopo che succede? E vissero per sempre felici e contenti”.

Da Marilyn a Beyoncé: i modelli curvy dello spettacolo

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Da Marilyn a Beyoncé: i modelli curvy dello spettacolo

Donne formose gioite! Da qualche tempo a questa parte sembrano essere tornate di moda le curve, e non solo quelle che si affrontano su ruote, ma anche quelle pericolose e sensuali delle donne. Jennifer Lopez, Beyoncé sono solo due esempi celebri di bellissime donne con tanti argomenti che, mantenedo alto lo standard di fascino e femminilità, hanno riportato in auge le taglie abbondanti, così come era una volta, quando il modello di femminilità per eccellenza era tale Marilyn Monroe, taglia 46.

Da Longlegs a It Follows, Maika Monroe è la moderna “final girl” di cui abbiamo bisogno

Final Girl, letteralmente “L’ultima ragazza”. Questo termine, coniato da Carol J. Glover nel suo libro del 1992 Men, Women, and Chainsaws: Gender in the Modern Horror Film, si riferisce al tropo, visto prevalentemente nei film slasher, che vede l’eroe e colei che sconfigge il cattivo come una ragazza timida, intelligente e buona a cui viene risparmiata la vita perché non fa sesso e non si droga come i suoi amici. La ragazza finale è stata vista ovunque alla fine degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80, prima di essere risuscitata nella seconda metà degli anni ’90. Le tre più popolari sono probabilmente Jamie Lee Curtis nel ruolo di Laurie Strode in Halloween del 1978, Heather Langenkamp nel ruolo di Nancy Thompson in A Nightmare on Elm Street del 1984 e Neve Campbell nel ruolo di Sidney Prescott in Scream del 1996. Il tropo dell’ultima ragazza ha dominato talmente tanto i film horror degli anni ’80 che alla fine del decennio il pubblico si era stufato di questa formula banale. Scream è riuscito a riportarlo in auge solo grazie al suo approccio metaforico che cercava di esaminare i tropi di questo tipo di film.

Dopo Scream c’è stata una seconda vita per i film slasher con film come So cosa hai fatto l’estate scorsa e Urban Legend, ma si è rapidamente esaurita. Per un po’ di tempo, l’horror è diventato di nuovo stantio e, quando è tornato, è stato per film pieni di sangue come Saw o film di possessione e case infestate come Insidious o The Conjuring. Poi, nel 2014, è arrivata Maika Monroe e l’attrice è diventata una ragazza definitiva per le generazioni Millennial e Gen Z, con una grande differenza rispetto alla maggior parte dei film precedenti. 10 anni dopo, la Monroe è ancora una delle migliori final girl di Hollywood. Se volete una prova di ciò, non guardate oltre il successo horror di quest’estate, Longlegs.

The Guest ha mostrato per la prima volta come potrebbe essere una nuova final girl

Maika Monroe in The Guest
Foto di Ursula Coyote – © 2014 Picturehouse. All Rights Reserved.

Prima è arrivato The Guest. Si tratta di un thriller, ma con molti elementi horror, diretto da Adam Wingard, reduce dal successo a sorpresa di You’re Next nel 2011. Il film, interpretato da Dan Stevens, che stava vivendo un momento di gloria grazie al suo ruolo da star in Downton Abbey, racconta la storia di un veterano dell’esercito della guerra in Afghanistan, David Collins, che si presenta a casa della famiglia di un soldato ucciso, sostenendo di essere suo amico. La madre e il padre del soldato caduto accolgono David, ma quando le persone iniziano a morire, la figlia Anna (Monroe) crede che David sia il responsabile.

Si capisce, attraverso le battute familiari, che Anna è destinata a diventare una final girl, ma non è una ragazza tradizionale. Ha un fidanzato che nasconde ai genitori, va alle feste e si droga. È un personaggio basato su come sono molti adolescenti reali, non solo attualmente, ma anche decenni fa. L’unica differenza è che decenni fa Hollywood pensava che i suoi eroi, soprattutto quelli femminili, dovessero essere innocenti. Il pubblico di oggi desidera vere ragazze definitive, con tutti i loro difetti.

Ciò che rende The Guest particolarmente inquietante è che, mentre nel momento culminante i genitori di Anna sono morti e lei sta lottando per la sua vita, David è tranquillo e fa battute. Anna spara a David, ma in pura tradizione slasher, lui scappa e lo si vede allontanarsi nell’ultima inquadratura. Se da un lato è la comicità eccentrica che ha aiutato The Guest a distinguersi da film simili, dall’altro ha fatto sì che la Monroe venisse vista come una potenziale nuova scream queen.

It Follows ha cambiato il modo in cui guardiamo i personaggi femminili nei film horror

it follows Maika Monroe

Più tardi, nel 2014, la Monroe è stata la protagonista dell‘innovativo It Follows, scritto e diretto da David Robert Mitchell. Come The Guest, It Follows è in parte uno slasher simile a Halloween, ma con una dose di qualcosa di più simile a A Nightmare on Elm Street, pur essendo completamente originale. La trama segue un gruppo di amici adolescenti sulle tracce di una forza invisibile che si trasmette attraverso il sesso. C’è un punto di vista intelligente sul fatto che il sesso può uccidere. Nei film slasher tradizionali, era un tropo che portava all’uccisione, ma qui sarà letteralmente la ragione della vostra morte.

Monroe interpreta Jay, che non è il tipico stereotipo di ragazza del college. Vive a Detroit, suo padre è morto, sua madre è un’alcolizzata (questo aspetto è accennato piuttosto che giocato in modo melodrammatico) e Jay frequenta un community college. Anche se si può vedere che lei lotta tranquillamente, questa lotta non rappresenta il suo personaggio. È ancora una persona, a cui piacciono i ragazzi, si eccita agli appuntamenti e fa persino sesso sul sedile posteriore di un’auto al primo appuntamento. Non vedreste mai Laurie Strode fare una cosa del genere. Questo è ciò che rende Jay così reale e relazionabile, perché non è un personaggio stereotipato. È una giovane donna che non rientra in nessun archetipo idealizzato di ciò che una giovane donna dovrebbe essere.

Dopo aver fatto sesso con il suo nuovo ragazzo, Hugh (Jake Weary), lui le rivela di averle trasmesso un’entità sessualmente trasmissibile che la ucciderà se non la trasmetterà a qualcun altro attraverso il sesso. Si tratta di un caso estremamente raro di un film horror che ci dice che il sesso può salvarci – ma si richiama comunque a vecchie storie dell’orrore, poiché il sesso è il modo in cui Jay si mette in pericolo in primo luogo.

It Follows ritrae la complessità del sesso in tutte le sue forme, presentandolo come una sorta di punizione e come una grazia salvifica. Anche Jay, o una qualsiasi delle donne della storia, non sono soggetti esclusivamente a questo: ogni personaggio rischia di essere preso di mira dall’entità, basta che faccia sesso. Jay fa sesso con più personaggi nel film (anche se alcuni sono suggeriti fuori dallo schermo) e questo non definisce la sua persona. It Follows, e Maika Monroe sovvertono le aspettative della brava ragazza finale, che di solito veniva definita in base alla sua verginità o meno.

Sono le sottigliezze che rendono Maika Monroe la perfetta final girl Gen Z

Mentre il film è stato lodato per la sua premessa intelligente, per l’emozionante colonna sonora di sintetizzatori e per le domande che crea nel corso del film, la Monroe ha ricevuto alcune critiche da parte di coloro che ritenevano che non fosse abbastanza emotiva. Per essere una final girl, non ha urlato abbastanza, non si è fatta prendere dal panico. Non ha sorriso e riso costantemente nelle scene iniziali come avrebbe fatto qualche scrittore maschio degli anni Ottanta.

Al contrario, nel primo atto c’è una tranquillità in lei che possiamo percepire senza che ci venga spiegata o esagerata. Borbotta. Sembra stanca. È una ragazzina che cerca di sopravvivere alla vita. Questo non significa che quando accadono momenti terribili, il suo personaggio non reagisca. Lo fa di sicuro. Non avremmo paura del mostro invisibile se lei non lo fosse. Piange, urla, si fa prendere dal panico e corre per salvarsi, ma senza esagerare e quando lo fa, lo fa con una certa stanchezza, come se avesse già abbastanza da fare nella sua vita, e ora deve anche affrontare un demone sessuale che la perseguita.

La stanchezza e la sensazione di essere sopraffatti che vivono le generazioni di oggi sono avvertite anche da Jay e dai suoi amici. Non c’è una grande ed eroica ultima battaglia in cui una forte Jay distrugge il cattivo. Al contrario, non sanno cosa fare. Sono solo adolescenti. Il piano migliore che riescono a escogitare è quello di attirare l’entità in una piscina, farle seguire una Jay spaventata nell’acqua, poi lanciarle addosso tostapane e asciugacapelli collegati, sperando che rimanga fulminata. È un piano sciocco, ma realistico, perché cosa fareste voi se foste al loro posto?

Villains ha preso il tropo della final girl e l’ha stravolto

Villains film

Cinque anni dopo, Monroe sarebbe diventata un’altra final girl atipica in Villains, iniziando proprio come tale, il cattivo. Insieme a Bill Skarsgård, i due attori interpretano una giovane coppia di nome Mickey e Jules che ha appena rapinato una stazione di servizio. Fuggono in quella che pensano essere una casa abbandonata, ma nel seminterrato trovano una bambina legata. Vogliono salvarla, ma poi arrivano i proprietari della casa (Jeffrey Donovan e Kyra Sedgwick) e Mickey e Jules devono lottare non solo per la vita della bambina, ma anche per la loro.

È un’impresa rara trasformare un cattivo in un eroe nel corso dello stesso film, ma qui funziona, grazie alla presenza e all’abilità recitativa della Monroe. C’è una fragilità nei suoi lineamenti che ci fa fare il tifo per lei, a prescindere dal personaggio iniziale. Se il tropo della final girl deve essere portato avanti con successo nell’era della Gen Z, la strada da percorrere è quella di un’eroina stratificata e realistica, che rifiuta gli ideali della “brava ragazza”; e Maika Monroe ha già dimostrato come farlo.

Longlegs dimostra che Maika Monroe è qui per restare

Maika Monroe in Longlegs (2024)
Frame dal prologo di Longlegs – Credits: NEON

Nel 2022, Maika Monroe ha recitato in Watcher della scrittrice e regista Chloe Okuno. Sebbene si tratti di un film minore che ha fatto il giro del mondo in streaming piuttosto che al cinema, è un film che richiede di essere visto. In Watcher la Monroe interpreta Julia, un’americana che vive a Bucarest, dove il marito Francis (Karl Glusman) si è trasferito per lavoro.

Julia non conosce nessuno e non parla la stessa lingua di tutti gli altri, e non possiamo fare a meno di provare pena per lei. Non è solo la trama a suscitare questa emozione, ma anche lo sguardo di Julia. Maika Monroe sembra sempre avere questa capacità naturale di trasmettere una profonda tristezza sul suo volto. Sarà anche una giovane donna bellissima, ma c’è anche qualcosa di imbarazzante in lei, come se non si sentisse a proprio agio nella sua pelle.

Questo la rende un’attrice ideale per interpretare un personaggio vulnerabile, come Julia è sicuramente in Watcher, dove è perseguitata da un uomo inquietante dall’altra parte della strada di nome Daniel (Burn Gorman), che potrebbe essere un serial killer. Watcher è volutamente frustrante, perché nessuno crede a Julia che qualcuno le stia dando la caccia. Viene costantemente trattata come una donna stressata e paranoica da tutti i suoi conoscenti, compreso il suo stesso coniuge.

Questo la rende un bersaglio debole per Daniel, che può gettare benzina sulle sue accuse e allo stesso tempo pedinarla all’aperto. In una scena, arriva persino a portare con sé una borsa con dentro una testa umana decapitata, perché chi crederà a questa giovane donna americana isterica? Julia combatte per la sua vita da sola, ma non importa se vince o perde la battaglia contro il suo aggressore maschio, una parte di lei è già stata sconfitta per sempre dal fatto di non essere veramente vista. Julia è davvero la ragazza finale, tutta sola.

Watcher è un film più tranquillo, fino al suo finale strampalato, ma non si può dire lo stesso di Longlegs. L’incubo creato da Osgood Perkins è diventato un fenomeno già prima della sua uscita, grazie alla brillante campagna di marketing che ha coinvolto Nicolas Cage nei panni del protagonista, un serial killer selvaggio e scatenato. Queste aspettative mettono sotto pressione la Monroe, che è la vera star di Longlegs perché Cage è presente solo in una manciata di scene. A lei spetta il compito di portare avanti la narrazione, che sarebbe potuta crollare con un’attrice meno brava.

La Monroe interpreta Lee Harker, un’agente dell’FBI a caccia dello squilibrato serial killer “Longlegs”, ma questo non è un clone de Il silenzio degli innocenti e la Monroe non cerca di replicare la Clarice Starling di Jodie Foster. Entrambe possono essere donne forti e indipendenti con un trauma passato, ma la Monroe lo interpreta in modo diverso. In quasi tutte le scene, Harker si mostra sicura di sé e coraggiosa, ma allo stesso tempo sembra distrutta e spaventata.

Non parla molto, e quando lo fa la sua voce è spenta dal dolore che porta con sé, e l’espressione del suo viso cambia raramente. Dietro i suoi occhi si cela un mistero, intrigante quanto chi sia Longlegs e come uccida. Questo la rende la migliore controparte possibile: un assassino che esteriorizza la sua follia in modo spaventoso, che si scontra con una donna che interiorizza le sue forze e debolezze, portando a uno scontro terrificante nella loro unica scena insieme.

Per decenni, il tropo della final girl ha avuto le sue regole su come l’eroina avrebbe dovuto comportarsi. Maika Monroe, con la sua giovinezza, il suo bell’aspetto e i suoi capelli spesso biondi, potrebbe sembrare una final girl stereotipata, ma non lo è mai stata. I suoi personaggi hanno molto di più che essere delle semplici vergini intelligenti, santarelline e timide che non sono capaci di nulla finché non vengono spinte al limite. La Monroe interpreta ragazze finali che sono state spinte al limite molto prima di conoscerle. C’è una tristezza in loro, e un potere che aspetta di essere scatenato sulla povera entità o sul selvaggio serial killer che commette l’errore di inseguirla.

Da Loki a Darth Vader: le migliori redenzioni dei villain

Da Loki a Darth Vader: le migliori redenzioni dei villain

I villain, quelli veramente malvagi e spietati, possono essere molto divertenti da guardare sul grande schermo, e spesso il pubblico finisce col preferire loro all’eroe di turno. Tuttavia, è altrettanto interessante e soddisfacente assistere alla redenzione del cattivo di una determinata storia. Il cinema ci insegna che anche le menti più diaboliche possono essere riportate sulla retta via e, in certi casi, dimostrare di possedere un lato “eroico”.

Affinché un cattivo e, soprattutto, un suo eventuale riscatto funzioni, la credibilità è il requisito primario da soddisfare, soprattutto in termini di motivazioni del personaggio. Ecco di seguito le 10 migliori redenzioni dei villain nei film:

Squalo (Moonraker – Operazione spazio)

Squalo è uno dei nemici più memorabili della saga di James Bond: questo è sicuramente dovuto, almeno in parte, alla sua redenzione. Il personaggio ha debuttato per la prima volta ne La spia che mi amava in qualità di villain dai denti d’acciaio che ha il compito di uccidere 007. In Moonraker – Operazione spazio, Squalo cambia idea quando trova l’amore: si rende conto, infatti, che lui e Dolly rischieranno di finire uccisi per mano del suo capo Hugo Drax. Per questo motivo, Squalo decide di aiutare Bond e combattere al suo fianco per sconfiggere il principale antagonista.

Scarlet Witch (Avengers: Age Of Ultron)

Wanda Maximoff, meglio conosciuta come Scarlet Witch, è stata sia una villain che un’eroina nei fumetti Marvel, e Avengers: Age of Ultron ha dato proprio vita a questa sua doppia natura. Wanda e suo fratello Pietro incolpano Tony Stark per essersi dedicato in passato alla produzione di armi e si uniscono a Ultron per cercare di ucciderlo. Alla fine, però, Wanda capisce che i veri piani di Ultron prevedono in realtà lo sterminio di tutta l’umanità. Convince quindi suo fratello ad unirsi ai Vendicatori e, anche dopo la sua morte, porta avanti il suo nuovo percorso eroico, diventando infine uno dei membri dei Vendicatori più potenti. 

Nux (Mad Mad: Fury Road)

In Mad Max: Fury Road, Nux è un fedele seguace di Immortan Joe e uno dei suoi stimati Figli di Guerra. Il giovane non vuole altro che compiacere il tirannico signore e guadagnarsi una morte leggendaria. Per raggiungere tale obiettivo, tenta di impedire a Furiosa di fuggire con le mogli dell’ex colonnello. Dopo essersi pentito per le sue azioni, Nux cerca una nuova strada per raggiungere la gloria. Si unisce così alla missione di Furiosa per salvare le mogli e, alla fine, si sacrifica per abbattere il convoglio di Immortan Joe.

Dottor Octopus (Spider-Man 2)

Otto Octavius non è mai stato veramente un uomo cattivo, ma soltanto un uomo corrotto. Durante un esperimento votato alla creazione di una nuova fonte di energia, qualcosa va storto e il Dottore rimane prigioniero dei quattro tentacoli meccanici del suo esoscheletro. Dopo aver derubato le banche, tentato di uccidere varie persone e aver distrutto un treno di New York City, Otto continua a portare avanti le sue ricerche. Ma dopo che Spider-Man lo convince che i suoi piani distruggeranno la città, alla fine di Spider-Man 2 Otto si sacrifica per eliminare una volta per tutte il macchinario. 

T-Rex (Jurassic Park)

Il T-Rex di Jurassic Park è una creatura terrificante che cerca di divorare i nostri eroi per quasi tutta la durata del film. La scena in cui il T-Rex invade la strada e attacca le jeep mostra quanto sia formidabile e al tempo stesso pericolosissimo questo mostro preistorico. Tuttavia, l’obiettivo del T-Rex è semplicemente quello di nutrirsi; alla fine, aiuterà a salvare la situazione. Quando gli eroi vengono messi alle strette da due restanti Velociraptor, il T-Rex si abbatte su di loro e li uccide, permettendo agli eroi di fuggire.

Roy Batty (Blade Runner)

Blade Runner di Ridley Scott immagina un mondo in cui degli androidi (chiamati replicanti) dalle stesse sembianze dell’uomo, vengono utilizzati come forza-lavoro nelle colonie-extraterrestri. Non sorprende, dunque, che alcuni di loro si ribellino e vengano inseguiti dalle autorità. Tuttavia, un ribelle, Roy Batty, si rivela un essere molto più complesso di quanto possa sembra. Batty cerca vendetta contro il suo creatore ed è disposto a uccidere chiunque si metta sulla sua strada. Quando Deckard lo rintraccia, Roy lo assale brutalmente. Ma quando Batty vede Deckard in fin di vita, prova simpatia per lui e lo salva prima di morire.

Loki (Thor: Ragnarok)

Loki è uno dei cattivi più efficaci del MCU. In effetti, è stato il primo cattivo ad affrontare l’intera squadra dei Vendicatori. Cerca di uccidere suo fratello diverse volte, attacca New York City con un esercito ed, generalmente, è sempre molto dispettoso. Tuttavia, in Thor: Ragnarok vediamo Loki che inizia a cercare di liberarsi dal suo “ingombrante” passato. Comincia a vedere Thor come il suo vero fratello e torna ad Asgard per aiutare a salvare la situazione. Questo arco narrativo termina in maniera eroico in Avengers: Infinity War, quando Loki cerca di salvare il Dio del Tuono da Thanos e muore. 

Severus Piton (Harry Potter)

Severus Piton è decisamente un personaggio interessante. Per gran parte della serie, è stato semplicemente un’incombente minaccia per Harry Potter e i suoi amici, poiché era chiaro che al professore non importava affatto del mago. Assume i contorni di un vero villain quando uccide Silente e si unisce a Voldemort. Tuttavia, le vere intenzioni di Piton verranno presto rivelate e diventa chiaro che, in realtà, non è mai stato cattivo. È stato Silente a chiedere a Piton di ucciderlo: la preoccupazione principale di Severus è sempre stata quella di proteggere Harry a causa del suo amore nascosto per la madre. 

T-800 (Terminator 2 – Il giorno del giudizio)

Il primo film della serie Terminator ha creato uno dei cattivi più formidabili di tutti i tempi. Quindi, è stata decisamente un’impresa per il sequel trasformarlo in uno degli eroi più amati di sempre. Terminator 2 – Il giorno del giudizio introduce nuovamente il T-800 come un cyborg riprogrammato dagli umani per salvare John Connor. È adesso diventato un protettore e col tempo diventa persino una figura paterna per John, sacrificando alla fine la sua vita per impedire che il “Giorno del Giudizio” si compia.

Darth Vader (Star Wars – Il ritorno dello Jedi)

Darth Vader potrebbe essere tranquillamente il villain film più iconico mai creato. Viene presentato come il Signore Oscuro che uccide Obi-Wan. Viene poi rivelato che si tratta del padre di Luke, oltre che del responsabile del congelamento di Han Solo. Ma il suo arco termina in modo epico ne Il ritorno dello Jedi. Vader riesce a portare Luke all’Imperatore e tenta di condurlo al Lato Oscuro. Tuttavia, Luke si rivela troppo forte per cedervi, così l’Imperatore cerca di ucciderlo. Dopo aver capito che suo figlio potrebbe morire, Vader scaglia Palpatine nel reattore della Morte Nera e viene ferito a morte.

Fonte: Screen Rant

Da Locke a La Famiglia: quando il film è minimalista [FOTO]

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Da Locke a La Famiglia: quando il film è minimalista [FOTO]

In occasione della prossima uscita di Locke, film capolavoro che vede protagonista uno straordinario Tom Hardy, ecco un elenco di film minimalisti, ovvero che fanno dell’unità di luogo il loro punto forte: [nggallery id=589]

Per unità di luogo si intende ovviamente il fatto che gli eventi del film vengono raccontati in uno spazio univoco, che può essere un appartamento, come nel caso di Carnage di Roman Polanski, o in quello de La Famiglia, il bellissimo film di Ettore Scola.

LockeQuesta unità spaziale si può ridurre all’osso, in uno spazio ancora più piccolo di un appartamento o di un stanza. Iin questi casi i risultati sono davvero interessanti come nel caso di Buried – Sepolto, in cui il protagonista Ryan Reynolds è per tutta la durata del film chiuso in una bara, oppure Devil, di M. Night Shyamalan, completamente ambientato in un’ascensore, o infine, è sempre questo il caso di Locke, in cui Tom Hardy tiene altissima la tensione per i 90 minuti di film soltanto parlando al telefono con personaggi che non vedremo mai. In questi casi, è normale che il film faccia molto affidamento non solo sui dialoghi e la sceneggiatura nel suo insieme, ma anche sui protagonisti (o protagonista).

Ed è sempre in questi casi che vengono fuori i grandi attori; questa definizione è senza dubbio la più adatta per definire il talento straordinario di un attore quale è Tom Hardy.

Da Leonardo DiCaprio a Claire Danes: ecco le migliori “facce da lacrime” al cinema

Un bravo attore è in grado, all’occorrenza, di commuoversi davanti alla telecamera, di riuscire a entrare così profondamente in sintonia con il personaggio da sentire gli stessi sentimenti che sente e quindi avere le stesse reazioni.

Ma non serve essere un bravo attore per avere una grandiosa smorfia “da pianto”. Ecco di seguito alcune delle migliori “facce da lacrime” al cinema:

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