E’ arrivato il gran giorno al
Festival di Cannes 2015 di Macbeth,
il film con protagonista Michael Fassbender e
Marion Cotillard e adattamento Shakespeariano diretto
dall’australiano Justin Kurzel.
L’adattamento cinematografico
dell’opera shakespeariana è presentata come “una rivisitazione
di ciò che il periodo di guerra doveva essere stato per uno dei più
famosi e interessanti personaggi di Shakespeare, una storia di
passione e ambizione ambientata in una Scozia devastata dalla
guerra medievale”.Il regista, che ha
condotto una ricerca approfondita sul periodo in cui sono
ambientati i fatti e sulla brutalità dei combattimenti, ha
affermato: “Mi ricorda molto il Western. E un peaesaggio e
un’atmosfera molto più pericolosi di quanto abbia mai visto nei
precedenti adattamenti di Macbeth”.
L’australiano Justin
Kurzel ha d’altra parte già dato prova della sua bravura
nella rappresentazione di paesaggi desolati e cupi nel suo –
pluripremiato – Snowtown.
Accanto a
Fassbender (Macbeth, generale dell’esercito di
Duncan) e Marion Cotillard (Lady Macbeth), nel
cast anche Paddy Considine (Banquo), Sean
Harris (Macduff), e David Thewlis
(Duncan). Macbeth verrà presentato in anteprima a
Cannes il prossimo mese.
Secondo giorno al
Festival
di Cannes 2015, ed è subito Italia con il grande
giorno di Matteo Garrone e Il
Racconto dei Racconti, il film che vede protagonisti
Salma Hayek, Vincent Cassell.
Ambientato in diverse
regioni d’Italia, tra paesaggi misteriosi e luoghi tuttora segreti,
il film – girato in inglese – si avvale di un cast
internazionale: SALMA HAYEK, VINCENT
CASSEL, TOBY JONES e JOHN C.
REILLY, con SHIRLEY HENDERSON, HAYLEY
CARMICHAEL, BEBE CAVE, STACY
MARTIN, CHRISTIAN LEES, JONAH
LEES, GUILLAUME DELAUNAY, con la partecipazione
di ALBA ROHRWACHER e MASSIMO
CECCHERINI.
«Ho scelto di avvicinarmi al
mondo di Basile – spiega Garrone – perché ho
ritrovato nelle sue fiabe quella commistione fra reale e fantastico
che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica. Le storie
raccontate ne “Il racconto dei
racconti” descrivono un mondo in cui sono riassunti gli
opposti della vita: l’ordinario e lo straordinario, il magico e il
quotidiano, il regale e lo scurrile, il terribile e il
soave».
La sceneggiatura del film è firmata
dallo stesso MATTEO GARRONE con EDOARDO
ALBINATI, UGO CHITI e MASSIMO
GAUDIOSO; la fotografia è di PETER SUSCHITZKY,
storico collaboratore di David Cronenberg, le musiche del premio
Oscar ALEXANDRE DESPLAT (alla sua seconda
collaborazione con Garrone dopo Reality), il montaggio
di MARCO SPOLETINI, le scenografie di DIMITRI
CAPUANI e i costumi di MASSIMO CANTINI
PARRINI.
IL RACCONTO DEI
RACCONTI è prodotto da MATTEO
GARRONE, JEREMY
THOMAS, JEAN e ANNE-LAURE LABADIE: una
co-produzione ARCHIMEDE e LE PACTE,
con RAI CINEMA, e con RECORDED PICTURES,
con il sostegno del MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ
CULTURALI E DEL TURISMO – DIREZIONE GENERALE CINEMA e
di EURIMAGES, APULIA FILM
COMMISSION e REGIONE LAZIO – FONDO REGIONALE PER
L’AUDIOVISIVO, in associazione con, ai sensi delle norme sul
tax credit, GAMENET, BANCA POPOLARE DI VICENZA,
MORATO PANE, AMER, GRUPPO BARLETTA, CINEFINANCE. Executive
Producers: ALESSIO LAZZARESCHI, PETER
WATSON, NICKI HATTINGH,ANNE
SHEEHAN, SHERYL CROWN.
Al Festival
di Cannes 2015, oggi lunedì 18 maggio è il gran giorno della
Pixar e del nuovo film Inside Out, che si
spera riporti l’animazione ai livelli alti dell’ultimo grande film,
Up.
Intatto vi segnaliamo le foto di
ieri per coloro che hanno person il red carpet di ieri:
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Premiere Carol – Festival di Cannes 2015
Tra i film più attesi ovviamente
troviamo la coppia Sorrentino e Garrone che hanno
sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui hanno
partecipato.
Tra i francesi invece
troviamo madame Isabelle Huppert che
combatterà se stessa nei film del
connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
E’ il gran giorno di
Carol, l’atteso film di di Todd
Haynes, che vede protagoniste l’attrice premio Oscar
Cate Blanchett e l’attrice Rooney
Mara. Proiettato ieri sera alla stampa internazionale, il
film è stato accolto con un’ovazione unanime.
Carol è stato pubblicato nel 1952.
Al centro della vicenda, ambientata nella New York degli anni
Cinquanta, c’è l’amore fa una ragazza di diciannove anni che lavora
in un grande magazzino e una bellissima donna fortemente in crisi
con il marito.
TUTTE LE FOTO DAL FESTIVAL:
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Tra i film più attesi
ovviamente troviamo la coppia Sorrentino e Garrone
che hanno sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui
hanno partecipato.
Tra i francesi invece
troviamo madame Isabelle Huppert che
combatterà se stessa nei film del
connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
Ieri l’esordio alla regia di
Natalie Portman, A Tale of Love and
Darkness, oggi Carol,
applauditissimo, di Todd Haynes con Cate
Blanchett e Rooney Mara. Ecco tutte le
immagini di una nuova giornata al Festival
di Cannes 2015.
Tra i film più attesi ovviamente
troviamo la coppia Sorrentino e Garrone che hanno
sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui hanno
partecipato.
Tra i francesi invece
troviamo madame Isabelle Huppert che
combatterà se stessa nei film del
connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
Dopo aver raccolto gli applausi e
le copioselacrime in proiezione stampa, Nanni Moretti, con i suoi due protagonisti
Margherita Buy e John Turturro,
si sono prestati agli obbiettivi dei fotografi, portando con
orgoglio al Festival
di Cannes 2015 il secondo film italiano in concorso,
Mia Madre.
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Tra i film più attesi ovviamente
troviamo la coppia Sorrentino e Garrone che hanno
sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui hanno
partecipato. Tra i francesi invece troviamo madame
Isabelle Huppert che combatterà se stessa nei film
del connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
Dopo le favole di Matteo
Garrone, che hanno lasciato la stampa internazionale
piuttosto fredda, Cannes 2015 cambia volto e
accoglie trionfante Nanni Moretti, secondo italiano in concorso al
Festival. La proiezione di Mia
Madre è stata un vero tripudio di applausi e
soprattutto pianti sinceri. Il comparto emozionale e sensibile del
film convive però anche con una grande parentesi ironica, per non
dire comica. Il personaggio di John Turturro è
completamente fuori ogni schema, ridicolo, il perfetto
bilanciamento fra Margherita (Margherita Buy, presente anch’essa
oggi sulla Croisette), la regista spaesata, e Giovanni (Nanni
Moretti), il fratello cinico e arreso all’evidenza. “I miei film
hanno sempre entrambi gli aspetti, si ride e si piange, ci sono
momenti dolorosi ma anche divertenti, è così, non è una strategia
studiata, è il modo di raccontare la vita, le persone” ha detto il
regista.
Scrivere e gestire un
film nel quale il personaggio principale è un regista può essere
davvero complicato, ogni parola che esce dalla sua bocca può essere
fraintesa e spacciata per vera. Ciò che dice il personaggio
Margherita sul cinema è ciò che direbbe Nanni Moretti? “Io sono un
po’ come lei, quando dico delle cose in realtà sto pensando ad
altro. Anche adesso. Cos’è il cinema? Penso che sia fare
buoni film, possibilmente innovativi, che non siano film
che mentre li vediamo ci facciano dire ‘ma questo l’ho visto
trecento volte, carino ma l’ho visto tante volte’. Questo è il
compito del cinema. Per fare buoni film non ci sono argomenti
privilegiati, argomenti di Serie A o Serie B, qualsiasi argomento
può portare a un brutto film o a un bel film. Se vi state chiedendo
quanto ci sia di me nel personaggio di Margherita, beh, c’è molto.
Eppure non ho mai pensato che il protagonista potesse essere
maschile, ho sempre pensato dall’inizio a una donna, fin
dall’inizio ho pensato a Margherita Buy. Giovanni invece è la
persona che io vorrei essere, anche Margherita vorrebbe essere
Giovanni.”
Mia Madre
racconta una vicenda personale del regista, con un finale
proiettato ‘al futuro’ nonostante gli eventi, eppure qualcuno è
riuscito a vederci un auspicio anche per il cinema italiano: “Non
so come sarà il futuro del cinema italiano. Sono felice che ci
siano tre film italiani in questo concorso ma si tratta ancora di
singoli registi, singoli produttori, non tanto di un clima intorno
al nostro cinema che è invece sempre molto distratto. C’è sempre
un’attenzione distratta verso il cinema, sia come fenomeno
industriale che artistico.”
La bellezza del film
risiede anche nel modo in cui il regista riesce a creare diversi
livelli di realtà, non si capisce se molte scene siano sogni oppure
momenti di verità: “Non credo ci sia confusione fra realtà e
immaginazione. Durante la sceneggiatura e le riprese abbiamo
lavorato molto a questo intreccio di vari livelli della narrazione,
c’è la realtà, poi ci sono i sogni, i ricordi, le fantasie. Il
tempo del film è il tempo dello stato emotivo di Margherita, in cui
tutto ha la stessa urgenza: la preoccupazione per la madre, il
dolore, i problemi con la figlia, sul lavoro, ma ci sono i suoi
ricordi, le sue emozioni. Se alle volte lo spettatore vedendo una
scena non si rende conto se è sogno o realtà, questo mi fa piacere
perché il film è costruito molto su questi vari livelli.”
Michelangelo
Antonioni si nascondeva sempre dietro un personaggio
femminile, Nanni Moretti si nasconde dietro Margherita? “Non ho mai
pensato a me come protagonista, ho sempre pensato a Margherita Buy
e mi interessava dargli quel nervosismo, quel senso di
inadeguatezza che spesso do ai personaggi maschili dei miei film.
Mi sembrava interessante dare queste caratteristiche a un
personaggio femminile. Non è un personaggio accogliente, invece sta
sempre altrove rispetto a dove si trova, è un personaggio che fa
fatica.”
In Italia la critica,
come tradizione, si è molto divisa sul film, all’estero potrebbe
andare in modo diverso? Penso che i francesi, i giornalisti
internazionali vedano un mio film senza interferenze. Vedono
soltanto un mio film e basta, non ci sono altri fattori come
pensare al mio personaggio pubblico, alle mie posizioni politiche,
al perché concedo poche interviste o quanto sia caldo o freddo
verso i giornalisti. In Italia ci sono più elementi, qui si vede un
mio film e basta.”
Uno dei migliori dialoghi del film
riguarda Stanley Kubrick, che rapporto ha Nanni
Moretti con Kubrick? Ho un rapporto normale come qualsiasi altro
spettatore, anzi approfitto per ricordare che alle volte John
Turturro ha aggiunto cose sue al personaggio. Ha letto la
sceneggiatura, ha capito il personaggio e ha aggiunto delle cose e
alcune sono rimaste nel film. Volevo che ci fosse questo accenno a
un gigante del cinema, era bello che fosse raccontato da lui.”
Matteo Garrone e il
cast de Il Racconto
dei Racconti sono sbarcati al Festival
di Cannes 2015, dopo la presentazione alla stampa
internazionale di ieri sera. Il primo film italiano in concorso è
stato caratterizzato da una proiezione colma di tensione e
silenzioso nervosismo, con una reazione piuttosto glaciale durante
i titoli di coda. Atmosfera totalmente differente questa mattina in
conferenza stampa, durante la quale regista e attori sono stati
finalmente acclamati come meritavano. Come molti già sapranno,
Il Racconto dei Racconti rappresenta una
svolta nella produzione garroniana, è un prodotto interamente
fantasy ispirato ad un lavoro di Giambattista
Basile del ‘600, interamente scritto in dialetto
napoletano strettissimo. Un dialetto che gli stessi napoletani di
oggi hanno dimenticato: “Il libro è scritto in una lingua così
arcaica che anche in italiano avremmo dovuto tradurre il tutto in
un linguaggio più moderno. Scrivere tutto in inglese dunque è stato
naturale e per nulla forzato. Abbiamo scelto questa lingua
certamente per raggiungere un pubblico ampio, ma anche perché
Basile ricorda un deforme Shakespeare. In ogni caso non abbiamo
tradito l’anima dei racconti, abbiamo girato tutto in Italia con
una troupe in gran parte italiana, quindi siamo rimasti saldamente
attaccati alle radici dell’opera.”
Ad ascoltare le
parole del regista, girare in Italia è stato davvero fondamentale.
Garrone, prima di essere un regista, ama ricordare di essere un
pittore, dunque di avere un legame estremamente particolare con le
immagini e i colori. “Non c’è un genere migliore del fantasy per
legare le parole alle immagini, nei lavori precedenti
partivo dalla realtà per tramutarla in qualcosa di fantastico,
questa volta ho voluto fare il percorso inverso. Sono
stati tre anni di lavorazione intensi durante i quali sono stato
molto aiutato dagli attori stessi. La sceneggiatura è stata scritta
da quattro uomini ma il prodotto finale è un lavoro tutto al
femminile, grazie alle attrici che hanno aggiunto sfumature e
dettagli alle interpretazioni.”
Attori che ancora adesso portano
negli occhi una scintilla particolare per l’intero progetto, che a
quanto pare non è stato particolarmente difficile da preparare: “Il
mio personaggio è una teenager con tutti i bisogni e i desideri del
caso, ha voglia di libertà, dunque mi sono ritrovata moltissimo in
lei” ha detto Bebe Cave. Della stessa opinione
Toby Jones, Vincent Cassell e Salma
Hayek: “Non è stato difficile capire le ossessioni del mio
personaggio, molte donne soffrono non potendo avere figli, è stato
naturale.” Salma Hayek che nel
film deve divorare un intero cuore di drago e correre con pesanti
vestiti barocchi: “Mangiare il cuore è stato tremendo, aveva un
sapore terribile e avevo quasi voglia di vomitare dopo ogni morso.
Matteo ha voluto che il cuore di scena fosse ricreato in maniera
perfetta, in ogni sua parte o elemento, così ti ritrovavi davvero a
inghiottire un’arteria o una valvola che aveva il sapore di
pasta o di chissà cos’altro. È stato davvero terribile. Anche
correre da una parte all’altra delle sale del castello è stato
difficile con i vestiti di scena. Per Matteo era facile dire ‘Ok
riprendiamo da questo punto’ ma per me significava percorrere tutto
il perimetro da capo, 45 minuti di corsa con lo strascico del
vestito. Una volta sono quasi svenuta, mi hanno preso tre omoni, è
stato davvero imbarazzante. Nel mentre Matteo gridava ‘La luceeee’
e il costumista ‘Il costumeeee’, a pensarci adesso è stata una
scena piuttosto comica.”
Più facile l’approccio di
John C. Reilly: “Perché ho accettato il film? Non
scherziamo, Matteo Garrone gira un film fantasy in Italia? Ma
ditemi subito come parteciparvi!! Sono fortunato ad essere
qui.” Ma qual è lo scopo che Garrone si è prefissato? “Raccontare
come il desiderio portato all’estremo generi conflitti, direi che
questo è l’elemento principale dell’opera. Volevo anche che
tutto sembrasse reale e allo stesso tempo artefatto, ritornare alle
origini del cinema sorprendendo il pubblico con elementi e scene al
confine fra il vero e l’irreale. Per fare questo abbiamo scelto una
strada artigianale per tutti gli aspetti del film, anzi posso dire
che ‘artigianale’ è la parola chiave de
Il Racconto dei Racconti. Ci sono molti
effetti visivi, ma anche in questo aspetto c’è stato un forte
supporto di bozzetti e materiali esistenti sul set, non c’è nulla
ricreato da zero su computer.” Effetti ricreati per l’occasione dal
talento di Leonardo Cruciano, che è riuscito a
dare una forma alle paure di Garrone: le metamorfosi e l’aspetto
del corpo, completamente mutevole. L’appuntamento è per questa
sera, quando i mostri garroniani sconvolgeranno (si spera in bene)
la proiezione ufficiale.
Alla premiere di
Macbeth i più belli erano loro,
Marion Cotillard e Michael
Fassbender, padroni della scena dentro e fuori dallo
schermo. Con gli attori anche il regista Justin
Kurzel.
Tra i film più attesi ovviamente
troviamo la coppia Sorrentino e Garrone che hanno
sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui hanno
partecipato. Tra i francesi invece troviamo madame
Isabelle Huppert che combatterà se stessa nei film
del connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
Anche il Festival
di Cannes 2015 è arrivato al termine, un’edizione
numero 68 ricca di ovazioni, lacrime e applausi. Molti di questi
tutti per l’ultimo film in concorso, l’attesissimo Macbeth di Justin
Kurzel con Michael Fassbender e Marion
Cotillard. Nonostante negli spazi del Palais des Festivals
ci sia molta meno gente rispetto alla prima settimana, poiché molti
sono già ripartiti verso casa, l’atmosfera della sala conferenze è
assolutamente calorosa e ricca di tensione, esattamente come
durante la proiezione del film. Un lavoro impressionante a livello
visivo e fedele al testo shakespiriano, girato in Scozia fra
panorami mozzafiato non sempre di facile accesso. Quale sarà stato
l’aspetto più difficile da affrontare per il regista e i due
interpreti? Il primo punta il dito ovviamente contro i luoghi,
freddi e impervi.
Discorso differente per i secondi:
“Il linguaggio, l’approccio alla lingua originale del testo
shakespiriano è stato l’aspetto più ostico della
produzione” ha detto Fassbender. Anche la Cotillard, oggi
pettinata come una sfinge, concorda con il suo partner sullo
schermo: “Certamente il linguaggio è stata la cosa più difficile
del film, a maggior ragione per me che sono francese. Inoltre
bisognava dare al testo un accento particolare per rendergli
omaggio come meritava, è stata una grande sfida. Ho sempre sognato
di fare Macbeth a teatro nella mia lingua, ma avere questa
occasione di affrontare l’inglese classico non potevo farmela
sfuggire. Justin del resto ci ha aiutati molto, ci ha diretto con
intimità e ci ha fatto immedesimare alla perfezione nei personaggi
con il testo alla mano.”
Un linguaggio che racconta
personaggi violenti, spietati, come ci si prepara a un progetto del
genere, così solenne? “Recitare è il nostro mestiere – ha detto
Marion – passiamo tantissimo tempo sui set e siamo sempre
supportati da qualcuno a noi caro, riuscendo a superare le
difficoltà quotidiane. Questa volta me la sono cavata da sola,
senza nessuno accanto, per sentire nel profondo il personaggio. Ho
sofferto ma era necessario per comprendere le caratteristiche di
ciò che andavo a fare.” “Io ho studiato il testo due volte a scuola
– ha aggiunto Michael – si tratta di un personaggio complesso
quello di re Macbeth. Non si tratta solo di uccidere molte persone,
devi combattere con le tue stesse mani. Devi brandire la
tua spada e rompere le ossa ai nemici, spaccare i crani, tagliare
gole, è questo l’aspetto più spaventoso di un lavoro del
genere. Mi sono preparato pensando a tutte le atrocità
contemporanee, alle guerre in medio oriente. Poi concentrandomi sul
lavoro una volta sul set, il miglior modo per contenere i nervi”
Nonostante l’inglese proprio di Shakespeare, Kurzel ha confermato
che il film è già stato venduto in tutto il mondo anche grazie alle
spettacolari immagini che completano le parole, raccontando con
loro. “Parole, immagini e musica danzano insieme, era proprio
quello che volevamo fare, dare un altissimo senso cinematico al
progetto.”
Sulla carta, un nuovo adattamento
cinematografico di Macbeth può spaventare il pubblico per molti
versi, ma stiamo parlando di una storia appartenente al passato o
vi è al suo interno un’atroce attualità? Secondo Fassbender si
tratta della seconda opzione: “È un racconto classico, è ovvio, ma
narra di un tiranno assetato di potere che a causa dell’ambizione
perde tutto, un figlio, una moglie, dunque è un testo sulla
perdita. Mette in discussione i rapporti di coppia e la
lucidità mentale, è assolutamente attuale.” “Esatto – ha
aggiunto Kurzel – è interessante vedere le reazioni umane di fronte
all’ambizione e la perdita di qualcosa a noi caro. La disperazione
ti avvolge e opprime, hai bisogno di colmare i tuoi vuoti con
qualsiasi cosa. È un concetto che si può ritrovare tranquillamente
anche nella vita di tutti i giorni, oggi.”
Oltre la tecnica, anche parole
dolci e di stima da parte di Michael Fassbender rivolte a Marion
Cotillard: “È la migliore nel settore, sul set ha portato
grazia e talento, la cosa più sorprendente è che riesce ad essere
incredibilmente umana. C’è molta umanità in Lady Macbeth e
Marion ti ascolta tantissimo, è molto generosa e materna, è stato
facile e meraviglioso lavorare con lei.” Si vola verso la fine,
abbiamo sentito parlare della Scozia come un luogo incantato,
magico, sempre accarezzato dal vento e freddo, ma qual è il
migliore ricordo di questa terra selvaggia? L’attore irlandese non
ha dubbi: “Che domande, il whisky.”
Sarà il film
francese La Tête haute
di Emmanuelle Bercot ad aprire il
Festival
di Cannes 2015, arrivato alla sua 68° edizione.
Nel cast il nuovo volto Rod Paradot,
affiancato da Catherine Deneuve
e Benoît Magimel.
La pellicolala difficile esistenza
di un giovane delinquente di nome Malony, una
testa calda che un giudice minorile e un educatore tentano
faticosamente di riportare sulla retta via. La
Bercot è la seconda regista donna a inaugurare il
Festival di Cannes. La prima fu Diane Kurys nel
1987 con Un homme amoureux.
Prodotto da Les Films du Kiosque,
La Tête haute è distribuito mercoledì 13 maggio nelle sale
francesi da Wild Bunch. Le vendite internazionali sono guidate da
Elle Driver.
C’erano quattro francesi, tre
italiani e due americani… Quello che potrebbe essere l’inizio
di una comune, quanto scontata, barzelletta spiega in realtà chi
vedremo darsi battaglia al Festival
di Cannes 2015, dal 13 al 24 maggio prossimi. Nella
cornice suggestiva e nostalgica del cinema UGC
Normandie a Parigi, situato lungo gli affollati e
trafficati Champs Élysées, questa mattina il presidente
Pierre Lescure e il delegato generale
Thierry Frémaux hanno presentato la selezione
ufficiale della 68esima edizione. Una selezione che conferma molte
delle voci circolate nelle ultime settimane e supera, sulla carta,
il programma di “basso profilo” con il quale ci siamo confrontati
lo scorso anno. Una delle poche sorprese arriva dal film d’apertura
fuori concorso, che a scapito della tradizione non porta con se
eccessivo glamour e paillettes. A dare il via alla kermesse sarà
infatti Emmanuelle Bercot, l’attrice e regista
francese già autrice de Gli Infedeli, Elle s’en va,
Polisse (anche se di quest’ultimo firmataria solo della
sceneggiatura).
Nella storia del Festival di Cannes
mai nessuna regista donna aveva avuto l’onore di inaugurare
l’evento, quest’anno accade per la prima volta. Il suo film
La Tête Haute racconta la vita di un
giovane delinquente, Malony, dall’infanzia all’età adulta. Sempre
fuori dalla competizione risalta il nome di Natalie
Portman nell’inedita veste di regista, pronta a presentare
al mondo l’impegnato A Tale of Love and Darkness (Racconto
d’Amore e Tenebra), e Asif Kapadia con
Amy, un ritratto interamente dedicato alla cantante –
prematuramente scomparsa – Amy Winehouse. Tanta
attesa anche per Woody Allen e il suo Irrational Man, forte di due
protagonisti stellari quali Emma Stone e
Joaquin Phoenix, George Miller e
il cast di Mad Max: Fury Road, ovvero Tom
Hardy e Charlize Theron, e il nuovo film
della Pixar, Inside Out, che fra mille
colori ci porta a scoprire le emozioni umane.
Le notizie migliori per l’Italia
riguardano però la sezione più importante: la competizione. Ben tre
italiani, come accennavamo sopra, saranno in lizza per l’ambita
Palma d’Oro, Nanni Moretti con Mia Madre, Matteo
Garrone con Il Racconto dei Racconti e
Paolo Sorrentino con Youth – La Giovinezza. Tre grandi
autori del nostro panorama attuale insieme sulla Croisette, un
evento che non accadeva dal 1994, anno in cui lo stesso Moretti con
Caro Diario fronteggiava Mario Brenta, Aurelio Grimaldi e
Giuseppe Tornatore. Una grandissima rivincita per il nostro cinema
troppo spesso assente nelle ultime competizioni internazionali, la
speranza è che anche la risposta del pubblico in sala sia
altrettanto incoraggiante. La competitiva Francia risponde
all’agguerrito trio italiano con Jacques Audiard e
il suo Deephan, dopo Un Sapore di Ruggine e Ossa
del 2012, la talentuosa Valérie Donzelli con
Marguerite e Julien, Stéphane Brizé con
La Loi du Marché, Denis Villeneuve con
Sicario.
Presenza di peso quella di
Todd Haynes, che in compagnia di Rooney
Mara e Cate Blanchett concorre con
Carol, spunta invece un po’ a sorpresa – poiché la sua
uscita era prevista solo in autunno – il Macbeth di Justin
Kurzel, che ha per protagonisti Michael
Fassbender e Marion Cotillard. Altro
gradito ritorno quello di Gus Van Sant, che con
The Sea of Trees riprova a vincere la palma dorata dopo il
trionfo di Elephant. Da tenere d’occhio Jia
Zhang-Ke, in concorso con Shan He Gu Ren, Joachim
Trier, Yorgos Lanthimos, Maïwenn. Per tutti i titoli in dettaglio
vi rimandiamo al nostro articolo riassuntivo, una lista
ancora in divenire vista la mancanza di almeno quattro titoli che
saranno annunciati nelle prossime settimane. A decidere vincitori e
vinti la giuria presieduta dai registi americani
Joel e Ethan Coen, che Pierre
Lescure e Thierry Frémaux hanno omaggiato proiettando il corto
World Cinema, dalla raccolta Chacun Son Cinéma.
Come recita l’ultimo pannello di una conferenza stampa condotta nel
segno della tranquillità e della pacatezza, l’appuntamento è per
mercoledì 13 maggio, dieci giorni per sconvolgere il
mondo.
Ultimo giorno di Festival
di Cannes 2015 e ultimo film in concorso presentato. Si tratta
di Macbeth di Justin
Kurzel con Marion Cotillard e
Michael Fassbender.
Tra i film più attesi ovviamente
troviamo la coppia Sorrentino e Garrone che hanno
sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui hanno
partecipato.
Tra i francesi invece
troviamo madame Isabelle Huppert che
combatterà se stessa nei film del
connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
Ecco tutti i vincitori della sezione
collaterale del Festival
di Cannes 2015, Un Certain Regard. Quest’anno
la giuria presieduta da Isabella Rossellini ha
assegnato il premio principale all’Islanda con
Hrutar di Grímur
Hákonarson.
Ecco tutti i premi:
UN CERTAIN REGARD AWARD
HRÚTAR (Béliers / Rams) by Grímur
Hákonarson
* * *
JURY PRIZE
ZVIZDAN (Soleil de plomb / The High
Sun) by Dalibor Matanić
* * *
BEST DIRECTOR PRIZE
Kiyoshi Kurosawa for KISHIBE NO TABI
(Vers l’autre rive / Journey to the Shore)
* * *
UN CERTAIN TALENT PRIZE
COMOARA (Le Trésor / Treasure) by
Corneliu Porumboiu
* * *
PROMISING FUTURE PRIZE
MASAAN by Neeraj Ghaywan
Ex aequo
NAHID by Ida Panahandeh
Un Certain Regard (letteralmente “un
certo sguardo”) è una sezione della selezione ufficiale del
Festival di Cannes, fondata da Gilles Jacob nel 1978 per riunire
tre sezioni fuori concorso create nel 1975 dal precedente delegato
generale Maurice Bessy, Les yeux fertiles, L’air du
temps e Le passé
composé.
Pubblicato il poster ufficiale della
68esima edizione del Festival
di Cannes di quest’anno, che si terrà dal 13 al
24 maggio 2015.
L’attrice svedese Ingrid
Bergman è la protagonista assoluta del poster, realizzato,
grazie a una foto di David Seymour, co-fondatore di Magnum
Agency, da Hervé Chigioni, che ha creato anche il
bellissimo manifesto del Festival dello scorso anno, con
protagonista Marcello Mastroianni.
Chigioni ha anche prodotto una breve
versione animata del poster, con un remix del tema musicale del
Festival, “Il carnevale degli animali” di Camille Saint-Saëns,
arrangiato da due musicisti svedesi, Patrik Andersson e
Andreas Söderström.
Il 6 maggio 1527 uno spietato
Carlo V a capo di 12000 mercenari
Lanzichenecchi, anch’essi piuttosto arrabbiati,
mettono a ferro e fuoco Roma per piegare il codardo
Francesco I Re di Francia. Un assedio di
dimensioni bibliche come non si vedeva dai tempi di
Nerone secoli e secoli prima. Maggio 2015, il
potente Thierry Fremaux I, appena salito al trono
del regno di Cannes dopo l’abdicazione di Gilles Jacob Il
Supremo, vendica il suo Impero preparando – in territorio
francese – una trappola ai danni dello Stato di Roma, proprio nel
suo momento più florido e rinascimentale. Accompagnato dal fido
Pierre Lescure detto Il Calvo, si organizza un
Festival del cinema lungo la costa cosiddetta “azzurra” laddove
vengono invitati i tre più importanti colonnelli della penisola
italica: Garrone il Barbaro, Moretti il Pignolo, Sorrentino
il Masaniello.
I tre, come da copione, presentano
i loro doni alla folla giunta ad ammirarli da tutto il mondo,
raccogliendo onori e applausi. Onori ben più pesanti dei rivali
francesi, piuttosto arresi all’evidenza ma ugualmente fieri. Si
assiste a una vera sfida, di arti e sete pregiate, solo con
l’arrivo delle delegazioni asiatiche rappresentate dall’imperatore
Hou Hsiao Hsien, solenne e statuario come
tradizione. Si passano undici giorni di banchetti, champagne a
fiumi, risate cordiali e sfilate carnevalesche su tappeti rossi
come il sangue, probabilmente un indizio dell’epilogo tragico che
andiamo a raccontare. Al pari del feroce Red
Wedding durante la Guerra dei Cinque Re, perpetrato
dal voltagabbana Lord Walder Frey intento a
sterminare il casato degli Stark, la sera del 24 maggio gli
italiani e la quasi totalità dei guerrieri cinesi vengono
sbeffeggiati e ignorati. Ad essere incoronati proprio i tronfi
francesi, felici e appagati nonostante l’incomprensione generale
dei regni locali e d’oltremare.
Incomprensione è proprio
la parola adatta. Mettendo da parte per un attimo gli scherzi, il
risveglio dopo la premiazione del Festival
di Cannes 2015 è amaro e confuso. Ci dividiamo fra
complottisti (“È tutto soldi e politica!!”), fra sportivi (“Hanno
giocato tutti bene, qualcuno doveva vincere”) e indignati (“È una
vergogna!!”), ma a perdere è probabilmente il cinema stesso e la
sua credibilità. Ma cos’è successo esattamente? A vedere il palmarés, è incredibile
vedere come i francesi – nonostante c’entrino relativamente poco,
poiché i premi vengono assegnati da una giuria internazionale –
siano riusciti a girare la frittata a loro piacimento, celebrando
un trionfo che nei fatti non gli appartiene per niente. Almeno
quest’anno, perché tutti conosciamo la grande qualità
dell’industria cinematografia transalpina nel generale.
Nel particolare, negli ultimi
dodici giorni sulla Croisette, ha invece stentato a brillare,
presentando film poco incisivi che verranno
dimenticati facilmente. Fra questi anche la tanto acclamata
Palma d’Oro Dheepan, del buon
Jacques Audiard, che in passato ha vinto molto
meno (o niente) presentando prodotti migliori. Si narra
epicamente la storia di un immigrato dello Sri Lanka che, una
volta arrivato in una banlieue parigina, mette a ferro e fuoco una
piazza dello spaccio. Da solo. In un progetto che parte con
sfumature sociali e finisce per imitare
Rambo, dedicando i suoi ultimissimi
frames al cliché della quiete dopo la tempesta, fra riflessi di
sole e arcobaleni. Poco carattere, poco impatto, persino l’impegno
civile si perde nel calderone, allora perché? Domanda
senza risposta numero 1.
Guardiamo ora al premio per la
miglior sceneggiatura. L’ha spuntata Michel Franco
con il suo Chronic, probabilmente il
film peggio scritto di tutta Cannes 2015. Per novanta minuti si è
costretti a guardare un infermiere (un grande Tim
Roth, su questo nessun dubbio) che assiste a domicilio i
suoi pazienti in fase terminale. Nessuno scossone, solo tanto
voyeurismo, nulla a che fare con quel (vero) capolavoro
chiamato How To Die In
Oregon che affronta i medesimi temi. Non solo:
per rendere accattivante le poche righe di copione vengono aggiunti
elementi da noir, poiché in alcuni momenti sembra che il
protagonista pratichi dello stalking in modo quasi del tutto
ingiustificato, e un finale che meno originale non si può. Dopo
oltre cento anni di cinema, ci sono almeno tre cose quasi sempre
presenti in ogni film contemporaneo e di cui non ne possiamo
davvero più: le scene in discoteca con solo musica assordante, la
malattia come fulcro della storia, gli incidenti stradali come
twist principali. Franco riesce a inserirne almeno due, in questo
Festival è riuscito a fare peggio solo Gus Van
Sant con The Sea of
Trees, da molti considerato il peggior film
dell’edizione. Quali sono le basi, dunque, per un premio così
prestigioso? Domanda senza risposta numero 2.
Il vero, autentico capolavoro del
cerimoniale riguarda poi chi ha scelto di premiare insieme
Emmanuelle Bercot e Rooney Mara.
L’attrice americana era data come favorita, la sua celebrazione è
assolutamente meritata ma non solo. Nelle ore
precedenti all’incoronazione si sperava segretamente in una
doppietta con la sua partner (in senso letterale…) sullo schermo,
Cate Blanchett. Insieme rendono potente un film
dall’ossatura solida, da sentire sulla pelle, Carol
di Todd Haynes. La doppietta è arrivata sul serio,
ma con l’attrice protagonista di Mon
Roi di Maïwenn, un’opera di
media fattura piaciuta quasi ed esclusivamente alla stampa
francese, perfetta nel fare squadra sempre e comunque. Attrice e
regista che inoltre ha inaugurato proprio Cannes 2015 presentando
fuori concorso La Téte
Haute, ricordiamolo. La povera Rooney non è
tornata a ritirare il premio, così che nel quadro perfetto e
patinato dei giornali potesse esserci soltanto il terzetto delle
meraviglie, tutto francofono, immolato al trionfo (il povero
Vincent Lindon è forse il solo a meritare cotanto
sfarzo). A far rabbia, più che i premi stessi, sono però gli
assenti. Dei tre italiani, nel loro anno di grazia acclamati dal
pubblico in sala e dalla stampa internazionale, non è rimasto
nulla. Svaniti i 17 minuti di applausi a Youth
di Paolo Sorrentino, scomparsi tutti i propositi
di palma venuti sottobanco (ma neanche troppo, visti i voti dei
Daily) per Nanni Moretti e a
Mia
Madre, ogni cosa dissolta nel nulla. Stessa sorte
per Mountains May
Depart di Jia Zhangke e i suoi
attori. Anche i contentini dati al maestro Hou Hsiao Hsien e
László Nemes (premio alla regia e Grand Prix
Speciale della Giuria) suonano quasi come una beffa, un “Ok
mettetevi lì nell’angolo che qualcuno verrà a chiamarvi prima o
poi, non sappiamo quando, prima ci sono i premi di peso, quelli
indimenticabili”. Che poi siamo davvero sicuri che siano i premi, a
restare? Domanda senza risposta numero 3. Del
resto non sappiamo neppure se ci si nota di più andando ad
un Festival restando in disparte o non andando affatto.
Oggi è soprattutto il grande giorno
di Carol, il film diretto da da
Todd Haynes, basato sul romanzo
Carol di Patricia
Highsmith e che vede protagonisti l’attrice premio Oscar
Cate Blanchett e l’attrice Rooney
Mara.
Carol è stato pubblicato nel 1952.
Al centro della vicenda, ambientata nella New York degli anni
Cinquanta, c’è l’amore fa una ragazza di diciannove anni che lavora
in un grande magazzino e una bellissima donna fortemente in crisi
con il marito.
TUTTE LE FOTO DAL FESTIVAL:
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Tra i film più attesi
ovviamente troviamo la coppia Sorrentino e Garrone
che hanno sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui
hanno partecipato.
Tra i francesi invece
troviamo madame Isabelle Huppert che
combatterà se stessa nei film del
connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
Il
Festival
di Cannes ha annunciato chi presiederà da Presidente
la giuria dell’edizione numero 68 e per la prima volta nella storia
della kermesse saranno due, ovvero: i Fratelli
Coen.
I due registi e sceneggiatori
americano ritorneranno dunque al Festival da giurati dopo il
Grand
Prixdel 2013 di A proposito di
Davis e la Palma d’Oro del 1991 Barton Fink – È
successo a Hollywood.
Manca molto poco all’annuncio del
programma ufficiale del Festival
di Cannes 2015 e da un po’ di tempo è partito il toto
programma. Chi presenterà il suo film sulla croisette? Quali
saranno le attese pellicole che concorreranno per la Palma d’Oro
2015?
Ecco di seguito alcune proposte:
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Tra i titoli papabili di quest’anno,
oltre ai grnadi nomi del cinema come Woody Allen,Terrence Malick o il giovane ma affermato
Jeff Nichols, ci sono anche tre italiani:
Matteo Garrone, Paolo Sorrentino e Luca
Guadagnino. Chi di questi verrà effettivamente chiamato a
Cannes 2015? Quali sono le vostre previsioni per quest’anno?
E’ stato proiettato alla stampa
accreditata al Festival
di Cannes 2014, Valley of
Love, il film di Guillaume
Nicloux e con protagonisti Gérard Depardieu e
Isabelle Huppert.
Scritta da Guillaume Nicloux, la
sceneggiatura è centrata su Isabelle e Gérard che hanno perso il
figlio sei mesi prima. Quest’ultimo ha lasciato loro una lettera in
cui dà appuntamento ai suoi genitori nella Valle della Morte, nel
cuore degli Stati Uniti. Malgrado l’assurdità della situazione,
padre e madre decidono di andarci e di aspettarlo…
Prodotto da Sylvie
Pialat e Benoît Quainon per Les Films du
Worso, e da Cyril Colbeau-Justin e
Jean-Baptiste-Dupont per LGM Cinéma, The
Valley of Love è coprodotto da DD Productions, France 3 Cinéma
e i belgi di Scope Pictures. Pre-acquistato da Canal+, il film è
anche sostenuto dall’anticipo sugli incassi del CNC e dalle
Sofica Soficinéma, Cinémage, Cofinova e Palatine
Etoile. Le riprese termineranno il 27 settembre. La distribuzione
in Francia e le vendite internazionali saranno guidate da Le
Pacte.
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Tra i film più attesi
ovviamente troviamo la coppia Sorrentino e Garrone
che hanno sempre vinto un premio nelle ultime due edizioni in cui
hanno partecipato.
Tra i francesi invece
troviamo madame Isabelle Huppert che
combatterà se stessa nei film del
connazionale Guillaume Nicloux
(Valley of Love) e del norvegese
Joachim Trier (Louder than
Bombs). E sempre dalla Francia arriva
Marion Cotillard trasformata di Lady Macbeth
(Macbeth di Justin Kurzel),
Emmanuelle Bercot (Mon roi di
Maiwenn) che aprirà da anche regista fuori concorso
il festival e la giovane Anaïs Demoustier, attesa
nel film di Valerie Donzelli, Marguerite et
Julien.
Fredda accoglienza per il film d’apertura del
Festival di Cannes
2015, La Tête
haute di Emmanuelle Bercot
conRod Paradot,
affiancato da Catherine Deneuve
e Benoît Magimel.
La pellicola francese infatti, non ha riscosso molti applausi
dalla critiche che l’ha visto stamattina. Rimanete sintonizzati con
noi per la recensione.
Sarà il film
francese La Tête haute
di Emmanuelle Bercot ad aprire il
Festival
di Cannes 2015, arrivato alla sua 68° edizione.
Nel cast il nuovo volto Rod Paradot,
affiancato da Catherine Deneuve
e Benoît Magimel.
La pellicolala difficile esistenza
di un giovane delinquente di nome Malony, una
testa calda che un giudice minorile e un educatore tentano
faticosamente di riportare sulla retta via. La
Bercot è la seconda regista donna a inaugurare il
Festival di Cannes. La prima fu Diane Kurys nel
1987 con Un homme amoureux.
Prodotto da Les Films du Kiosque,
La Tête haute è distribuito mercoledì 13 maggio nelle sale
francesi da Wild Bunch. Le vendite internazionali sono guidate da
Elle Driver.
“Non siamo mai state pagate
proporzionalmente e questa situazione deve cambiare”. Ecco
cosa ha detto Frances McDormand durante uno dei
panel Women in Motion organizzati durante il
Festival
di Cannes da The Hollywood Reporter. L’attrice premio
Oscar ha parlato, fra le varie cose, di due temi molto dibattuti in
questi giorni sulla croisette: il sessismo a Hollywood e l’obbligo
di indossare tacchi alti sul tappeto rosso. McDormand ha spiegato
che le donne hanno sempre dovuto lavorare più duramente e con
maggiore dedizione rispetto ai colleghi uomini: “Proprio
come Ginger Rogers sapeva che con
Fred Astaire doveva fare gli stessi passi ma
all’indietro e in tacchi”.
La star ha sottolineato che
frequenta Cannes da oltre 30 anni ed è sempe stato obbligatorio
indossare un certo tipo di calzature: “Sono una persona che
indossa più spesso scarpe comode, ma penso che siano convinti che
avere delle calzature basse conduca alla rovina e si finirà per
indossare sneakers sul red carpet. Ma sappiamo tutti che Roger
Vivier realizza delle ballerine molto, molto più eleganti di alcune
di queste scarpe che le donne indossano ora”.
Ritornando ad argomenti più seri,
si è poi parlato del temine femminismo e del suo significato.
L’attrice ha affermato che solo una volta ha ricevuto un compenso
giusto, anche se minore di un uomo del suo stesso livello, e questo
è avvenuto in occasione di Transformers
3: “Ho lavorato molto duramente per quei soldi e
sono molto orgogliosa del mio lavoro. Sono felice di aver
realizzato quel film e sono orgogliosa che finalmente sono stata
pagata quello che mi hanno detto di valere nell’industria
cinematografica. Ma quello non è niente. È comunque un decimo di
quello che guadagnano gli uomini della mia età, con la mia
esperienza, e la mia reputazione. Non siamo mai state pagate
proporzionalmente e questa situazione deve cambiare”.
Terzo giorno al
Festival
di Cannes 2015 e in serata la stampa
internazionale ha visto The Sea of
Trees di Gus Van
Sant, il film con protagonista il premio
OscarMatthew
McConaughey e Naomi Watts. Purtroppo però il film ha avuto una brutta accoglienza
dato che fischi buu si sono levati assordanti nella sala. Da quanto
apprendiamo dal nostro inviato, un film con troppi cliché e a
tratti melenso. Vi invitiamo a rimanere sintonizzati con
Cinefilos per la recensione.
The Sea of Trees
Basato su di una sceneggiatura
scritta da Chris
Spalding, Sea of
Treesvedrà protagonisti un
americano (Matthew McConaughey) ed un giapponese
(Ken Watanabe), uno strano duo che, conosciutosi
in Giappone nella cosiddetta “Foresta dei Suicidi”, deciderà di non
commettere l’insano gesto avviando un percorso riflessivo sulla
vita.
Il film è attualmente in
post-produzione e sarà distribuito nel 2015, ma non ha ancora una
data precisa sul calendario delle uscite.
Dopo la proiezione mattutina per la
stampa, arriva puntuale la conferenza stampa de La Tête
Haute (per saperne di più ne parliamo nella nostra recensione). In una
sala piena di sguardi curiosi, Emmanuelle Bercot fa il suo ingresso
trionfale insieme al suo ragazzo prodigio Rod Paradot,
Benoît Magimel, la sempre meravigliosa Catherine
Deneuve, Sara Forestier e in fundus i
produttori Denis Pineau-Valencienne e François Kraus. Questa sera
saranno protagonisti di una serata storica, poiché per la prima
volta nella storia una regista donna inaugura il Festival del
Cinema più importante e imponente del mondo: “Non ci trovo nulla di
strano – ha commentato la Bercot – forse in altri
paesi sarebbe una scelta stramba ma in Francia la donna è integrata
benissimo nell’ambiente cinematografico. Non solo, ci sono molti
posti prestigiosi – solitamente in mano agli uomini – affidati a
delle donne nel mondo del lavoro, nella stessa competizione di
questo Festival ci sono due donne registe. Certo, siamo in
minoranza, ma è una questione di statistica, niente di
scandaloso.”
Una scelta che ha creato
nell’ambiente molta sorpresa, lontani infatti dalla tradizione, che
vede grandi produzioni (spesso anche holliwoodiane) dare inizio
alla kermesse, questa volta si è optato per un prodotto impegnato,
duro emotivamente, che porterà il pubblico all’interno di istituti
correttivi e aule di tribunale. Catherine Deneuve
veste i difficili panni di un giudice, per lei un ruolo piuttosto
insolito: “Ho assistito a molte udienze per prepararmi al meglio,
le avevo sempre viste in televisione o raccontate sui giornali ma
assistere dal vivo è stato incredibile. Il mestiere del giudice è
molto più brutale di quanto immaginassi. Bisogna avere la vocazione
per farlo, molti ragazzi sono davvero aggressivi come il ragazzo
del film, non è affatto facile.” Durezza che traspare completamente
dai tratti severi del suo personaggio, simbolo di saggezza che
muove i fili della giustizia. Ago della bilancia di una
sceneggiatura a tratti difficile per gli stomaci più sensibili:
“Quando ho letto la sceneggiatura ho pianto, regala davvero una
speranza a chi guarda. Una speranza oltre la violenza, con
l’aiuto dell’amore” ha commentato Sara Forestier.
Del resto stiamo parlando di un
film estremamente emotivo, che a molta stampa ha ricordato
I 400 Colpi di François Truffaut: “Non ho
pensato esplicitamente al film di Truffaut per questo progetto,
avevo piuttosto voglia di fare film luminoso, di creare un
contrasto fra la luce degli scenari e l’animo, la vita del
personaggio.” Ma quanto c’è di vero, nel film, quanto possiamo
ritrovarci la società di oggi? “Ovviamente è un film di finzione,
la storia non si ispira a un personaggio esistente, però dentro c’è
tantissima ricerca documentaria, il racconto si avvicina davvero
molto alla realtà.” Ci si avvicina anche grazie alla splendida
interpretazione di Rod Paradot: “La cosa più
difficile è stata lavorare con attori così talentuosi, ma
soprattutto impersonare Malony, sono davvero lontano da lui e c’è
voluto davvero tanto lavoro. Sono fiero di me quando riguardo il
film, ma sto attento a tenere ‘la testa alta’, potrei sentire
freddo.”
E il terzo giorno arrivò
Woody Allen. Il regista di
Manhattan ha portato sulla Croisette il
suo nuovo Irrational
Man, una commedia con sfumature noir che ha messo
d’accordo positivamente quasi tutta la stampa internazionale. Con
lui una dei protagonisti del film, una incantevole Emma
Stone in un abitino nero piuttosto generoso che poco ha
lasciato all’immaginazione, alzando notevolmente la temperatura
della sala conferenze del Festival
di Cannes. L’incontro è uno di quelli imperdibili, poiché Allen
– nonostante i suoi 79 anni – ha ancora uno spirito e una grinta da
fare invidia, ha infatti trasformato il tutto in un cabaret con
tanto di fragorose risate – quasi continue – dei fortunati
giornalisti riusciti a entrare. Per farvi entrare nel mood vi
riproponiamo la prima domanda con tanto di risposta a tema: “Signor
Allen, ha spesso scritto e girato film in cui i personaggi uccidono
qualcuno. Lei ha mai pensato di uccidere?” “Certo, anche mentre
stava parlando…”. Primo Levi, campi di concentramento e Kant a
parte, è stata una continua risata.
“Ho scritto Irrational
Man perché arriva sempre il punto in cui si pensa
‘cavolo, che succederebbe se prendessi questa decisione?’, tutti
facciamo scelte. Ovviamente è meglio fare scelte giuste, il
protagonista del film fa una scelta irrazionale ma in fondo è tutto
relativo, anche molte cose che scegliamo di fare nella vita reale
non hanno molto senso. Le persone sono sempre alla ricerca di
qualcosa che dia un significato alla loro vita, i religiosi per
esempio. Fanno scelte irrazionali per assicurarsi un posto in
paradiso, non meno folli della scelta di Abe nel film. Io la vedo
così.” (risate) Un Allen estremamente ironico e convinto, che ha
considerato il tema del suo nuovo lavoro come un’idea banale
in realtà, che si può trovare su qualsiasi giornale di cronaca: “Se
leggete un giornale certamente trovate ogni tipo di nefandezza,
coppie che si tradiscono, gente che si uccide, è assolutamente
normale. Tutta la più grande letteratura è così, Anna
Karenina, Guerra e Pace, e la gente ama
sentire e vedere queste cose al cinema come a teatro. Siamo oltre
Shakespeare.”
Difficile dargli torto, del resto
chi meglio di lui conosce quello che il pubblico vuole dopo decenni
di grandissima carriera. Ma si impara ancora dal proprio lavoro,
dopo così tanto tempo? “Non impari tante cose girando film. O
meglio, impari tantissimo durante i primi due, tre film al massimo,
giusto le cose tecniche basilari, il resto si impara in modo
naturale vivendo e non c’è nulla e nessuno che può insegnarti. È
anche per questo che non rivedo mai i miei film, sono certo che ora
troverei solo gli errori, vedrei solo le cose che potrei
migliorare. Charlie Chaplin studiava tutto quello
che girava, a volte cambiava, ricominciava, allora era più semplice
rimettere su un set e avere gli attori, adesso costerebbe troppo
quindi neanche ci penso. Però sono sicuro che rigirerei tutto,
avendo gli stessi attori e le stesse location. Tornando alla
domanda principale: si impara dalla vita, fondamentalmente, che è
piena di lezioni. Basta un attimo per trovarsi faccia a faccia con
la morte, basta poco per farci cambiare abitudini di vita.”
Non solo cinema però, come molti di
voi sapranno Woody Allen ha anche firmato con
Amazon per una nuova serie TV, come procedono i
lavori? “Non ne ho la minima idea, non so cosa sto facendo, è stata
davvero una leggerezza impegnarmi con loro. Pensavo fosse facile
come girare un film, invece qui si hanno ore e ore da scrivere e
girare. Non è un’ora e mezza..! Sono davvero perduto, sarà un
grande imbarazzo quando uscirà.” (ancora risate generali) Se il
piccolo schermo mette così in difficoltà il regista, come se la
caverà mai con le grandi domande della vita? “Rispondo facendo
film. Viviamo in un universo random vivendo una vita random, tutti
moriremo prima o poi e ogni cosa che abbiamo fatto scomparirà. È
successo a Beethoven, a Shakespeare, capiterà a tutti. L’unico modo
per non pensarci è distrarsi; la gente si distrae con le partite di
baseball, con gli stessi film, io per distrarmi li scrivo e li giro
continuamente. Non importa se faccio brutti film, è importante
distrarsi. Così non penso a quando morirò, a quando sarò vecchio e
decrepito in un futuro molto lontano.” (fischi e applausi)
Signor Allen, nonostante tutto è
diventato il regista che voleva diventare? “No, volevo diventare un
regista serio, il mio mito è Ingmar Bergman. Però la comicità è
arrivata come un dono e ho dovuto adattarmi, mi hanno sempre pagato
per questo, non mi avrebbero dato un centesimo per scrivere roba
seria. Devo essere divertente e va bene così.” Touché.
Ecco il palmarès della 68esima
edizione del Festival
di Cannes. L’adizione di quest’anno ha sulla montèe de
Marches una buona qualità e forse qualche delusione, ma nel
complesso, grazie anche alla classica massiccia presenza di star,
Cannes 2015 sarà una delle edizione “buone” della kermesse. Davvero
peccato per gli italiani in Concorso con tre ottimi film,che
tornano in patria a bocca asciutta.
Ecco i vincitori:
La Palma d’oro: Dheepan di
Jacques Audiard
Il Grand Prix Speciale della Giuria: Saul
Fia di Làszlò Nemes
Il Prix d’interprétation masculine: Vincent Lindon
per La Loi du Marché
Il Prix d’interprétation féminine: ex aequoRooney
Mara per Carol e
Emmanuelle Bercot per Mon Roi
Il Prix de la mise en scène: Hou Hsiao-Hsien per
The Assassin
Il Prix du scénario: Chronic di
Michel Franco
Il Premio della giuria: The Lobster di
Yorgos
Lanthimos
La Caméra d’or (opera prima): La Tierras y la Sombras
E’ stato proiettato questa mattina
alla stampa internazionale al Festival
di Cannes 2015Sicario,
il nuovo atteso film di Denis Villeneuve, con
protagonisti Emily Blunt, Benicio del Toro e Josh
Brolin. Da quanto apprendiamo l’accoglienza è stata
contrastante dato che ci sono stati da una parte applausi e
dall’altra buu.
Rimanete sintonizzati con noi per
la recensione del film. Sicario
è scritta da Taylor Sheridan ed è ambientato nelle
pericolose aree di confine tra gli Stati Uniti e il Messico esposte
ai traffici internazionali di droga. Al centro ci sarà
l’idealistica agente dell’Fbi
incarnata da Emily Blunt, ingaggiata da una task
force del governo formata da Del Toro e
Brolin, per sgominare un boss messicano del
cartello della droga.
Carol,
Inside Out,
Sicario, Amy e
Son of Saul. Variety si è divertito a
segnalare cinque titoli presentati nel corso del Festival
di Cannes 2015 che punteranno quasi sicuramente ai prossimi
Oscar. La Croisette, si sa, è un’eccellente vetrina e, come
dimostra l’esempio di Foxcatcher, può
essere un buon punto di partenza per la stagione dei premi che
animerà l’autunno caldo del cinema.
Variety segnala
innanzitutto Carol di Todd
Haynes come uno dei frontrunner degli Academy Awards, in
uscita a dicembre negli Usa. È il melodramma firmato dal regista di
Io non sono qui uno dei titoli più
agguerriti con cui Harvey Weinstein può sbaragliare la concorrenza,
portando alla nomination non solo il film, il regista, ma anche la
sceneggiatrice Phyllis Nagy (che ha adattato
l’omonimo romanzo di Patricia Highsmith) e
soprattutto le eccellenti interpreti: Cate
Blanchett (sarebbe la settima nomina con 2 vittorie
all’attivo) e Rooney Mara, che potrebbe però
essere inserita nella corsa per la migliore attrice non
protagonista. Oscar buzz anche per Emily Blunt,
che potrebbe arrivare a conquistare finalmente una nomination come
miglior attrice protagonista grazie al ruolo di agente
dell’FBI nel
solido Sicario di
Denis Villeneuve, nelle sale americane
a settembre.
Onori e gloria per
Inside Out della Disney Pixar che,
secondo Variety, mira alla nomination come miglior film dopo quella
ottenuta anni fa per Up. Un traguardo
assolutamente alla portata, soprattutto se i posti disponibili
saranno sempre più di 5. I documentari dedicati ai personaggi
famosi non sembrano mai convincere appieno l’Academy, ma il
progetto di Asif Kapadia su Amy
Winehouse potrebbe riuscire nell’impresa. Molto probabile
anche l’inserimento nella categoria del miglior film straniero
dell’acclamato Son of Saul, primo sforzo alla regia di
Laszlo Nemes, dramma sull’Olocausto acquisito
dalla Sony Pictures Classics.
Ieri 14 maggio il Festival
di Cannes 2015 ha ufficialmente aperto i battenti, e
lo ha fatto simbolicamente con una donna (per la prima
volta nella sua storia) e un film decisamente impegnato, lontano
dagli sfarzi della tradizione. La mancanza del grande titolo
hollywoodiano e glamour si è fatta sentire, ma giusto per poche
ore. Oggi a precipitare sul Festival come una bomba termonucleare è
Mad Max Fury Road del maestro
George Miller, che riprende il franchise dopo
trent’anni. Con lui sulla Croisette anche i protagonisti
Tom Hardy, l’ultraterrena Charlize
Theron e Nicholas Hoult.
“Non avevo intenzione di realizzare
un nuovo film di Mad Max, però l’idea si è
insinuata nella mia testa, si è imposta e ora eccoci qui” ha
esordito Miller. “Più che di un vero e proprio film possiamo
parlare di una Graphic Novel, perché quasi non esiste una
sceneggiatura, ci sono invece oltre 5000 storyboards. Storyboards
che raccontano le scene, che dicono dove le macchine devono girare
e dove deve stare la camera per filmare. È un processo piuttosto
atipico per girare un film ma è necessario. Anche perché tutto è
girato con macchine vere e attori veri in mezzo al deserto, nel
quale siamo rimasti sette mesi.” Il processo sarà anche strambo, ma
sullo schermo funziona in modo davvero clamoroso, un’autentica
esplosione dinamica che rende Mad Max Fury
Road un action movie imperdibile per gli amanti del
genere. Certo resta il dubbio su dove collocare il film all’interno
della serie, non è chiaro se sia un reboot, un sequel o chissà
cos’altro, almeno finché non lo si chiede al regista: “Direi che si
tratta semplicemente di un episodio della saga, non ci sono
obbligazioni temporali”. Dunque questione chiusa.
Un ruolo fondamentale nel film è
giocato anche dalla colonna sonora: “Molti film d’azione possono
essere definiti ‘musica visuale’, poiché la musica è così connessa
con le immagini che si fondono in una cosa sola. È logico anche
trovare su uno dei truck del film un chitarrista supportato da una
barriera di amplificatori alle spalle. C’è sempre della musica in
guerra, serve per fomentare la battaglia ma non solo, la chitarra
del musicista è in realtà anche un’arma, un lanciafiamme, è un
personaggio che cresce durante il film.” Il chitarrista metallaro
che guida i compagni alla battaglia è solo uno degli elementi del
film, del quale esistono 400 ore di materiale girato..! Ogni setup
aveva dalle 3 alle 15 camere, ci sono voluti due anni di riprese,
dieci ore al giorno per sei giorni a settimana, non contiamo
neppure le settimane passate in studio di montaggio, è stato
difficile far entrare tutto in due ore soltanto” ha raccontato la
moglie del regista, presente in conferenza stampa.
Ma come hanno reagito i
protagonisti alla visione del film finito? “È stato spettacolare
vedere tutti quei mezzi in azione” ha detto Tom
Hardy, “George è un maestro assoluto del genere, la mia
reazione è stata ‘Oh mio Dio’, non riuscivo a pensare ad altro”.
Non troppo distante la reazione di Charlize
Theron: “Mi ha letteralmente spazzato via, ero in un
teatro al buio e non riuscivo a realizzare che fossi proprio io
sullo schermo, così diversa, hanno fatto un lavoro di
post-produzione incredibile.”
Vedremo presto un nuovo capitolo?
Purtroppo no, almeno per ora: “Immaginate di aver partorito un
neonato piuttosto grosso, diciamo che non mi sono ancora ripreso
del tutto, ho bisogno di tempo.” Speriamo che Miller cambi
idea..!