Ecco il primo sguardo a
Special Ops: Lioness, il thriller di spionaggio
che verrà trasmesso in streaming su Paramount+ dal creatore di YellowstoneTaylor Sheridan.
Lioness è basato su un vero programma della CIA e seguirà Cruz
Manuelos (Laysla De Oliveira), un giovane marine
che viene reclutato per unirsi al Lioness Engagement Team della CIA
nel tentativo di abbattere un’organizzazione terroristica
dall’interno.
De Oliveira è affiancata da star di
primo livello: Zoe Saldaña, reduce dal successo di
Avatar: la via dell’acqua e ora in sala con
Guardiani della Galassia Vol.
3, appare come Joe, il capo stazione del programma che
ha il compito di addestrare, gestire, e alla guida della sua
squadra d’élite di agenti sotto copertura. La vincitrice dell’Oscar
Nicole Kidman è stata inizialmente assegnata
alla produzione esecutiva, ma l’attrice apparirà anche sullo
schermo.
Dopo aver visto per anni e anni
personaggi maschili più anziani portare avanti relazioni
sentimentali con donne che hanno la metà dei loro anni, il 2024 è
finalmente l’anno in cui le cose cambiano. Dopo il successo di
The Idea of You di Prime Video, Netflix ha in cantiere una storia simile con
A Family Affair di
Nicole Kidman,
Zac Efron e Joey King. Il film potrebbe essere
facilmente visto come un racconto di formazione per una moltitudine
di generazioni diverse, in quanto i tre membri principali del cast
provano tutti i dolori della crescita della vita quando sboccia una
storia d’amore inaspettata. Oggi è disponibile il primo trailer
dell’attesissimo film pieno di star, che vede anche l’iconica
Kathy Bates in un ruolo di supporto.
Zara King è bloccata in una
situazione da incubo nel trailer ufficiale di A Family
Affair, dopo che il suo arrogante capo star del cinema
Chris (Zac
Efron) decide di intraprendere una relazione
sentimentale con sua madre (Nicole
Kidman). Sebbene lo conosca come una diva immatura e
presuntuosa, Zara non riesce a convincere la madre a buttarsi a
capofitto in questa relazione. Trovando scintille in un luogo
inaspettato, il personaggio della Kidman si innamora rapidamente
della celebrità e vede un uomo diverso da quello descritto dalla
figlia. Preoccupata che Chris possa ferire la sua genitrice e
migliore amica, Zara inizia a vedere sua madre sotto una luce
completamente diversa e cerca di accettare la felicità di sua
madre, anche se con l’uomo che lei odia di più al mondo.
A Family Affair, la trama e il
cast
Il film è l’ultimo nato dalla penna
del regista Richard LaGravenese, che in passato ha diretto progetti
come l’adattamento cinematografico del musical di successo
The Last Five Years, P.S. I Love You e Freedom
Writers. Sebbene LaGravenese abbia una serie di crediti
acclamati dalla critica per la scrittura, ha passato la penna a
Carrie Solomon, che fa il suo debutto nella scrittura di
lungometraggi con Un affare di famiglia, dopo aver lavorato in
precedenza nella stanza degli autori per The Good
Fight della Paramount+. Mentre The Idea of You, diretto da
Anne Hathaway e Nicholas Galitzine, era nato come una
fan-fiction (si dice su Harry Styles) di Robinne Lee, A Family Affair
affronta la storia d’amore tra due generazioni da una prospettiva
diversa. Tuttavia, entrambi gli uomini occupano posizioni di
potere, visto che Galitzine ha interpretato una pop star molto
famosa ed Efron un noto attore.
Come abbiamo detto in apertura, il
team di casting di Un affare di famiglia non ha perso occasione per
portare con sé i più grandi nomi del settore. Il resto del cast è
composto dalla leggendaria Shirley MacLaine (Magnolie d’acciaio) e
da Liza Koshy (Players).
Messo in stand-by Selma, film
dedicato alle lotte per i diritti civili degli anni ’60, il regista
di Precious Lee Daniels si sta dedicando a tempo pieno a The
Paperboy, thriller che vedrà protagonisti Zac Efron, Nicole Kidman
e Matthew McConaughey tra gli altri. Scritto da Pete Dexter, che ha adattato per il grande schermo un suo
romanzo del 1995, The Paperboy vedrà McConaughey nei panni di un
giornalista che indaga sul caso di un condannato a morte (John
Cusack), possibile vittima di un errore giudiziario; ad aiutarlo
nelle indagini sarà il fratello (Zac Efron), che si innamorerà di
una donna (Nicole Kidman), la quale a sua volta è coinvolta in una
relazione col detenuto di cui sopra.
Il risultato, prevedibilmente, sarà
un’intricata storia a base di sesso, violenza e decisioni
sbagliate. Al momento non vi è ancora una data precisa per
l’uscita del film, prevista comunque entro il 2012.
La terza stagione di “Big
Little Lies” sta procedendo bene. “Ci stiamo
lavorando“, ha detto Nicole Kidman a Variety domenica sera alla
prima newyorkese della sua nuova serie “Expats“.
Nicole Kidman ha detto che lei e Reese Witherspoon “si mandano messaggi ogni
giorno” sulla terza stagione di Big Little Lies. “C’è una linea temporale
e la stiamo realizzando“. Quando le è stato chiesto di fornire
ulteriori dettagli, ha riso. “Non possiamo dire altro“, ha
detto la Kidman. “Dobbiamo iniziare a tenere la bocca chiusa…
Dobbiamo abbottonarla””.
Una reunion di “Big
Little Lies” ha suscitato ulteriore scalpore quando il
presidente/CEO di HBO e Max content Casey Bloys ha confermato a
Variety di aver sentito “parlare un po’ dell’idea“. Bloys
ha detto a Michael Schneider di Variety che Nicole Kidman e Reese Witherspoon sono state in contatto con
l’autrice di “Big
Little Lies” Liane Moriarty e si aspetta che venga
coinvolto anche David E. Kelley.
Cos’è Expats?
“Expats” è una serie limitata in sei parti per
Amazon Prime Video. Diretta da Lulu Wang
e basata sul romanzo best-seller “The Expatriates” di Janice Y. K.
Lee, la serie è interpretata da Nicole Kidmaninsieme a Sarayu Blue,
Ji-young Yoo, Brian Tee e Jack Huston. La sceneggiatura è
incentrata sulle donne che vivono a Hong Kong nel
2014, le cui vite si incrociano dopo un’improvvisa tragedia
familiare.
“Sono così fortunata ad avere l’opportunità di poter
sostenere questo tipo di registi“, ha dichiarato la Kidman a
Variety. “Sono così felice che mi sia stata data la possibilità
di farlo e di poterlo condividere“.
“Il suo ruolo di produttrice è così diverso da quello di un
attore”, ha detto Wang a proposito della Kidman. “Come produttore
parliamo di un quadro generale del cast, del programma e della
visione complessiva. E come attore, non vuole sapere nulla di
queste cose… Vuole essere plasmata dal regista. Come attrice arriva
sul set completamente aperta e pronta ad affrontare qualsiasi
viaggio lei e io decidiamo di fare quel giorno“. Expats debutterà il 26 gennaio su Prime
Video.
In attesa di vederle insieme
nell’attesa serie targata HBO dal titolo Big Little
Lies, arriva la notizia di un nuovo progetto che
vedrà presto collaborare di nuovo insieme i premi Oscar
Nicole Kidman (Mouling Rouge!, The
Hours) e Reese Witherspoon
(Quando l’amore brucia l’anima,
Wild).
Le due attrici infatti si
occuperanno di portare sul grande schermo, grazie alle loro case di
produzione Pacific Standard e Blossom Films, il
romanzo Truly Madly Guilty scritto
dall’australiana Liane Moriarty. Si tratta della
stessa autrice che ha firmato Big Little Lies, opera alla
base della serie sopracitata che vedrà recitare insieme la Kidman e
la Witherspoon.
Truly Madly
Guilty pone al centro del racconto le relazioni e i
rapporti umani, quindi l’amore, l’amicizia, il matrimonio, il
diventare genitori, e racconta la storia di sei adulti e tre
bambini lungo il corso di un solo weekend.
In attesa di ulteriori dettagli sul
progetto, ricordiamo che Big Little Lies
è una comedy serie basta sul romanzo di Liane Moriarty e
scritta da David E. Kelley (Ally McBeal) ed è prodotta
tra gli altri anche da Nicole Kidman e Reese
Witherspoon. Lo show sarà composto da 8 episodi e andrà in
onda sul network americano HBO. Gli episodi sono diretti
da Jean-Marc Vallée, acclamato regista di
Dallas Buyers Club.
Vi mostriamo un nuovo spot
de Il Segreto Dei Suoi Occhi, distribuito da
GoodFilms ed in uscita in anteprima mondiale il prossimo 12
Novembre. Si tratta del remake dell’omonimo capolavoro “Il
segreto dei suoi occhi” premio Oscar per il Miglior Film Straniero
nel 2010, e vede la regia di Billy
Ray con Nicole
Kidman, Julia
Roberts e Chiwetel
Ejiofor nel cast.
Sinossi: L’ex
agente dell’FBI Ray
è ossessionato dall’omicidio della figlia della sua partner e
grande amica Cobb. Marzin, il sospettato arrestato per l’omicidio,
viene liberato a causa del suo ruolo chiave come informatore e dei
discutibili mezzi usati per ottenere la sua confessione. Dopo 12
anni l’omicidio è ancora insoluto e Ray è costretto a confrontarsi
con il suo passato e, in particolare, con l’agente con cui aveva
condotto le indagini, Claire, con la quale è rimasta in sospeso una
storia d’amore. Più Ray si avvicina alla soluzione del caso più la
verità è scioccante.
Era il 1996 quando uscì al cinema
Ritratto di signora (The Portrait of a Lady), film che
segnò la prima (e fino ad ora unica) collaborazione tra i premi
Oscar Jane Campion (Lezioni di piano) e
Nicole Kidman (The Hours). Adesso, a
distanza di ben 19 anni, Indiewire ci informa che la regista e
l’attrice torneranno presto a lavorare insieme.
A rivelarlo è stata la stessa
Kidman in occasione del Diane Rehn Show: il progetto che vedrà
riunite la regista e l’attrice sarà, con molta probabilità,
l’adattamento cinematografico del romanzo “The
Flamethrowers” scritto da Rachel
Kushner (edito in Italia col titolo “I
lanciafiamme”). La storia del libro è ambientata alla fine
degli anni Settanta tra New York e il Lago di Como, ed ha come
protagonista un personaggio femminile di nome Reno alle prese con
l’impegno politico e le sue vocazioni artistiche.
Ricordiamo che prossimamente
vedremo Nicole Kidman sul grande schermo in
Strangerland e in Queen of
the Desert (anche se al momento non sappiamo quando
questi film usciranno in Italia). Tra le altre pellicole in
cantiere che vedranno la Kidman nel cast, anche Secret
in Their Eyes con Julia Roberts e Chiwitel Ejiofor, e
Genius con Colin Firth e Jude Law.
Nicole Kidman e
Ewan McGregor sono i protagonisti di una delle
nuove puntate di Actors on Actors, il talk show di
Variety che vede
protagonisti, ogni volta, una coppia di attori. I due interpreti
hanno ricordato con piacere il periodo in cui hanno condiviso il
set di Baz Luhrmann per Moulin
Rouge!.
Tra party, prove di canto e ballo,
cibo deliziosi, i due attori si sono lasciati andare anche a
ricordi di feste alcoliche a base di assenzio, chiaramente per
entrare meglio nei personaggi!
Ecco la puntata completa:
Moulin Rouge! è un
film musical del 2001 del regista Baz Luhrmann,
ispirato all’opera La traviata di Giuseppe
Verdi. La pellicola è considerata atipica nel suo genere
perché i brani cantati non sono opere originali, ma rivisitazioni
di alcuni dei brani storici della musica pop interpretati dal cast;
in particolare i due attori protagonisti Nicole
Kidman e Ewan McGregor stupirono il
pubblico con le loro doti canore non essendo dei cantanti
professionisti.
Nella storia sono presenti
personaggi sia di fantasia sia realmente esistiti: fra questi vi è
il pittore Henri de Toulouse-Lautrec (interpretato da John
Leguizamo), uno dei massimi esponenti dello spirito
bohémien, racchiudibile nelle quattro parole chiave del
lungometraggio Libertà – Bellezza – Verità – Amore, ed il musicista
Erik Satie (Matthew Whittet), che stando alle
cronache dell’epoca era ancor più eccentrico e stralunato di come
mostrato nel film. Moulin Rouge! è noto per
mescolare la spettacolarità scenica ad un certo surrealismo, in
linea con lo spirito della Parigi dell’epoca; dal punto di vista
visivo, predominano i colori caldi, il rosso su tutti, alternati a
toni cupi e freddi nelle scene drammatiche di maggior tensione.
La sua uscita è stata considerata la
“rinascita” del musical, un genere cinematografico che per molti
anni era stato disertato dal cinema live action e tenuto in vita
solo dai classici Disney d’animazione e il film è stato vincitore
di due premi Oscar nel 2002, per la migliore scenografia e i
migliori costumi, vincendo due statuette sulle otto nomination
avute. È stato presentato in concorso al 54º Festival
di Cannes
Protagoniste di How to talk
to girls at parties, Elle Fanning e
Nicole Kidman hanno sfilato
sulla Montées des Marches a Cannes
70 per presentare il film di John Cameron
Mitchell. Ecco gli scatti, tra sorrisi, complicità e
paillettes: [nggallery id=3131]
Presente alla premiere del film
c’era anche Neil Gaiman, scrittore e autore
dell’omonimo romanzo su cui è stato basato il film.
I premi Oscar Nicole Kidman e Colin
Firth sono impegnati sul nuovo set scozzese, più precisamente ad
Edimburgo, per girare il film The Railway Man. Lo script è
un
Continuano le riprese per Nicole Kidman e Clive Owen, del film
della HBO Hemingway & Gellhorn. In rete sono state diffuse nuove
foto che questa volta ritraggono un insolito Clive Owen con i baffi
e un basco.
A24ha vinto la guerra per accaparrarsi i
diritti di adattamento del prossimo romanzo di Margo’s Got
Money Troubles scritto da Rufi Thorpe, con il creatore di
Big Little LiesDavid E.
Kelley in trattative per co-scrivere
l’adattamento televisivo. Nicole
Kidmane Dakota
Fanning sono legate alla produzione
esecutiva attraverso le rispettive società di produzione,
secondoThe Hollywood
Reporter, quello che viene descritto come il
wrestling che incontra OnlyFans.
Cosa sapere sull’adattamento
televisivo di Margo’s Got Money Troubles
Margo’s Got Money
Troubles, che debutterà nel giugno 2024, è incentrato su
Margo Millet, figlia di una cameriera di Hooters e di un ex
wrestler professionista che, dopo aver avuto una relazione con il
suo professore di inglese al terzo anno di università, rimane
incinta e ricorre a OnlyFans per sbarcare il lunario. Dopo essersi
riavvicinata al padre, che le impartisce alcuni insegnamenti
appresi sul ring del wrestling, Margo diventa un successo
inarrestabile su OnlyFans.
Matthew
Tinker sarà il produttore esecutivo per David E.
Kelley Productions insieme a Elle
Fanning, Dakota Fanning, Brittany
Kahan Ward (Lewellen Pictures), Kidman (Blossom Pictures) e Per
Saari con l’autore Thorpe per A24.
A24 ha recentemente acquisito
i diritti di diversi progetti di alto profilo, tra cui
un adattamento in serie TV delle memorie di
Paris Hilton. Kidman e Kelley,
ovviamente, hanno già lavorato insieme in Nine Perfect Strangers di Hulu,
Love and Death di Max, Big
Little Lies e The Undoing della HBO.
In occasione dei 20 anni dall’uscita
di Moulin Rouge!, Nicole Kidman,
che a quel film deve la sua prima nomination agli Oscar e il
successo planetario che l’ha resa finalmente una star in tutto il
mondo (e non più solo “la moglie di Tom Cruise”), ha celebrato
l’uscita del film del regista australiano Baz
Luhrman con dei post nostalgici su
Instagram, commentando ammirata e grata anche le fan art del
film che i fan le hanno inviato.
Moulin Rouge! è
un film del 2001 diretto da Baz Luhrmann. Il
soggetto è ispirato all’opera La traviata di Giuseppe
Verdi. La pellicola è considerata un musical atipico
perché i brani cantati non sono opere originali, ma rivisitazioni
di alcuni dei brani storici della musica pop interpretati dal cast;
in particolare i due attori protagonisti Nicole Kidman e Ewan McGregor stupirono il pubblico con le
loro doti canore non essendo dei cantanti professionisti.
Nella storia sono presenti
personaggi sia di fantasia sia realmente esistiti: fra questi vi è
il pittore Henri de Toulouse-Lautrec (interpretato
da John Leguizamo), uno dei massimi esponenti
dello spirito bohémien, racchiudibile nelle quattro parole chiave
del lungometraggio Libertà – Bellezza – Verità – Amore, ed il
musicista Erik Satie (Matthew
Whittet), che stando alle cronache dell’epoca era ancor
più eccentrico e stralunato di come mostrato nel film.
Moulin Rouge! è noto per mescolare la
spettacolarità scenica ad un certo surrealismo, in linea con lo
spirito della Parigi dell’epoca; dal punto di vista visivo,
predominano i colori caldi, il rosso su tutti, alternati a toni
cupi e freddi nelle scene drammatiche di maggior tensione.
La sua uscita è stata
considerata la “rinascita” del musical, un genere cinematografico
che per molti anni era stato disertato dal cinema live action e
tenuto in vita solo dai classici Disney d’animazione e il film è
stato vincitore di due premi Oscar nel 2002, per la migliore
scenografia e i migliori costumi, vincendo due statuette sulle otto
nomination avute. È stato presentato in concorso al 54º Festival
di Cannes.
Su Baby
Girl, la regista Halina Reijn ha
dichiarato: “Abbiamo tutti una piccola scatola nera piena di
fantasie proibite che potremmo non confessare mai a nessuno. Sono
affascinata dalla dualità della natura umana e questo film è un
tentativo di far luce, senza giudicare, sulle forze contrapposte
che compongono le nostre personalità. Per me il femminismo è la
libertà di studiare la vulnerabilità, l’amore, la vergogna, la
rabbia e la bestia interiore di una donna. Invecchiare significa
affrontare l’infinità del tutto. Nella mezza età non possiamo più
nasconderci e siamo costrette ad affrontare i nostri demoni; più
reprimiamo la nostra ombra, più pericoloso e dirompente può
diventare il nostro comportamento. La relazione al centro di
Babygirl consente a Romy e Samuel di mettere in scena la loro
confusione riguardo a potere, genere, età, gerarchia e istinto
animale. Nonostante i tabù, la gioia di quell’esplorazione è
liberatoria e persino curativa.”
La trama di Baby Girl
Nel film Una potente amministratrice
delegata mette a repentaglio la carriera e la famiglia quando
inizia una torrida relazione con un suo stagista molto più
giovane.
Scoperta in seguito ad un provino
televisivo, l’attrice Nicole Grimaudo è oggi
un’apprezzata interprete di cinema e teatro, distintasi grazie a
ruoli e generi spesso diversi tra loro. Tra le sue collaborazioni,
si annoverano in particolare quelle avute con importanti registi o
autori, esperienze dalla quali ha dimostrato di aver appreso molto,
maturando come interprete. Oggi, attiva prevalentemente in
televisione, continua a regalare interpretazioni degne di nota.
Ecco 10 cose che non sai di
Nicole Grimaudo.
Nicole Grimaudo: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi. L’attrice debutta al cinema con il film
Tu ridi (1998), diretto da Paolo e
Vittorio Taviani. Negli anni successivi, si
afferma grazie alle sue partecipazioni a Jolly Blu (1998),
Ferdinando e Carolina (1999), Liberi (2003),
Perdutoamor (2003), Un giorno perfetto (2008), di
Ferzan
Özpetek, Baarìa
(2009), Mine vaganti
(2010), con Riccardo
Scamarcio, Baciato dalla
fortuna (2011), Workers – Pronti a tutto (2012),
con Francesco
Pannofino, All’ultima spiaggia (2012),
Buongiorno
papà (2013), di Edoardo
Leo con Raoul
Bova, e Le leggi del
desiderio (2015).
9. È nota per i suoi ruoli
televisivi. Particolarmente nota per i ruoli interpretati
in televisione, l’attrice debutta sul grande schermo con il film
Sorellina e il principe del sogno (1996), per poi recitare
nella miniserie Racket (1997) e nei film Ultimo
(1998), L’amore oltre la vita (1999). A consacrarla sono
però le serie Questa casa non è un albergo (2000), Il
bello delle donne (2001), Giulio Cesare (2002), e
R.I.S. – Delitti imperfetti (2005-2006), dove interpreta
il tenente Anna Giordano. Negli anni successivi ha poi recitato in
Il mostro di Firenze (2009), Medicina generale
(2007-2010), con Marco
Giallini, Dov’è mia figlia (2011),
Immaturi – La serie (2018), con Ricky
Memphis, Nero a metà (2019), Ognuno è
perfetto (2019) e Passeggeri notturni (2020), con
Claudio
Gioè.
8. Ha recitato a teatro per
un noto regista. Attiva anche a teatro, l’attrice si è
resa inizialmente nota per aver recitato nello spettacolo Il
giardino dei ciliegi, di Anton Cechov, diretto da
Gabriele Lavia. La Grimaudo vanta poi la
collaborazione con il celebre regista premio Oscar Roman
Polánski, il quale la scelse per recitare nel suo
spettacolo Amadeus, basato sulla pièce teatrale di Peter
Shaffer. L’attrice recitò per questa sia nel debutto del 1999 sia
in alcune repliche del 2001.
Nicole Grimaudo: il fidanzato e il
figlio
7. È molto
riservata. L’attrice ha in più occasioni fatto sapere di
essere particolarmente intenzionata a mantenere un netto distacco
tra la propria vita lavorativa e quella privata. Di lei, al di
fuori delle scene, si sa infatti molto poco. Solo di recente ha
rivelato il nome del compagno, Francesco, il quale lavora come
giornalista per la Rai. Dalla loro relazione è poi nato Pietro, nel
2014. Per tale occasione, l’attrice prese una pausa dai set di
circa due anni, per potersi così dedicare esclusivamente alla
famiglia.
Nicole Grimaudo non è su
Instagram
6. Non possiede un profilo
personale. Tenendo fede al suo principio di riservatezza,
l’attrice ha affermato di non possedere un profilo personale sul
social network Instagram. Sembra infatti non essere attratta dal
funzionamento della piattaforma, la quale inevitabilmente rischia
di esporre la propria vita ad un ampio numero di persone. Senza
l’utilizzo di questa, l’attrice riesce più facilmente a conciliare
il desiderio di mantenere una vita privata lontana dai
riflettori.
Nicole Grimaudo in Mine
vaganti
5. Ha sostituito un’altra
attrice. Nel film Mine vaganti, del 2010,
l’attrice ricopre il ruolo di Alba Brunetti, una delle protagoniste
principali. Originariamente, tuttavia, il ruolo era stato affidato
all’attrice Alba Rohrwacher, la quale dovette però
rinunciare per via di altri impegni precedentemente presi. Furono
dunque prese in considerazioni altre attrici come Cristiana
Capotondi e Micaela Ramazzotti, ma la
scelta ricadde infine sulla Grimaudo, che aveva già lavorato con il
regista turco nel suo precedente film.
4. Ha vinto un prestigioso
premio. Il ruolo di Ambra si è rivelato particolarmente
importante per l’attrice, poiché le ha permesso di affermarsi
ulteriormente a livello nazionale arrivando a vincere diversi premi
per la sua interpretazione. In particolare, le venne conferito
dalla stampa internazionale il prestigioso Globo d’Oro come miglior
attrice rivelazione. Fu l’unica del ricco cast a ricevere tale
premio.
Nicole Grimaudo in Non è la
Rai
3. Sostenne un provino per
caso. All’età di 15 anni l’attrice si ritrova a Roma per
fare visita alle sorelle, le quali frequentavano l’Università lì.
Girando per la capitale, la madre decide di accompagnarla ad un
provino per il programma Non è la Rai, al quale la
Grimaudo decise di partecipare desiderosa di vedere Cinecittà. Il
provino andò poi particolarmente bene, e così la giovane si ritrovò
a partecipare al programma, diventando una delle ragazze più amate
di questo. In diverse occasioni, ebbe anche l’occasione di condurre
diverse puntate di questo.
2. Ha dovuto imparare a
rimanere “con i piedi per terra”. Grazie al successo
derivato da Non è la Rai, l’attrice divenne in breve tempo
una vera e propria celebrità, con numerosi fan al suo seguito. Per
lei, all’epoca giovanissima, fu un’esperienza unica e allo stesso
tempo travolgente. La Grimaudo ha in particolare ricordato
l’episodio di un ragazzo che si tatuò il suo nome sulla fronte. Una
fama come questa poteva essere pericolosa, ma come affermato
dall’attrice, grazie al supporto della famiglia ha potuto viverla
mantenendo i piedi per terra.
Nicole Grimaudo: età e
altezza
1. Nicole Grimaudo è nata a
Caltagirone, in Sicilia, Italia, il 22 aprile del 1980.
L’attrice è alta complessivamente 170 centimetri.
Joel Schumacher, che ha già diretto
Nicolas Cage in 8 millimetri, collaborerà di nuovo con il
protagonista di Ghost Rider questa volta in coppia con
l’australiana Nicole Kidman.
Erano i primi anni ’90 quando
Lars Von Trier, Thomas Vinterberg e un’altra manciata
di registi danesi formularono le basi per la famosa scuola Dogma
95: cinema verità, ad ogni costo, cercando assolutamente di
eliminare dalle pellicole ogni scena superflua tipo quelle di
violenza estetizzanti, e per questo, la damnatio memoriae dei
generi.
Questa sembrava la tendenza
dominante del cinema scandinavo, un cinema da sempre attento alla
psicologia dei suoi personaggi e al peso delle parole, ma
soprattutto dei silenzi, dei “non detti” carichi di significato,
dai tempi di Sjostrom passando per il maestro
Bergman. Poi, tutto cambiò improvvisamente.
A portare una vera e propria
rivoluzione cinefila (e cinematografica) fu un allora ventenne
cresciuto tra l’Europa e l’America, New York precisamente: un
figlio del mondo pronto a riscrivere le regole del genere (e dei
generi) con la sua visione estetizzante, feticistica, quasi
pornografica della violenza e delle immagini.
Stiamo parlando di Nicolas
Winding Refn, classe 1970, vero e proprio enfant prodige che
nel 1996 scrive e dirige il suo primo film facendo breccia nel
mondo della celluloide: Pusher è la storia (scandita
in base ai giorni della settimana) della “tranquilla” routine di un
piccolo spacciatore di Copenaghen, Frank, che crede di potersi
arricchire facilmente ed in poco tempo comprando dell’eroina dal
terribile trafficante serbo Milo.
Film cupo, al limite del realismo
(ben lontano quindi dalla violenza estetizzante e coreografica di
Drive e Solo Dio Perdona Only God
Forgives) Refn racconta con sguardo fisso e sadico uno
spaccato di vita borderline mostrando un interesse non trascurabile
per le cronache del “sottobosco” danese e per i personaggi che si
muovono al suo interno, piccoli spacciatori, poliziotti, pericolosi
boss, prostitute e debitori, un grande circo pulp dove la forza sta
proprio nell’impatto visivo, nella capacità di raccontare una
storia con economia di mezzi ma regalando un grande impatto
visivo.
Alcune sequenze, poi, sono un
saggio di cinema: la scena della tortura di un debitore dello
spacciatore (ripreso tutto con la camera a mano in un lungo piano
sequenza intriso di luci ed ombre espressionistiche) hanno mostrato
la qualità registica- e il talento- di questo giovanissimo
cineasta.
La sua seconda regia arriva a
distanza di pochi anni, nel 1999, quando dirige
Bleeder, cronaca di due tristi storie d’amore legate
tra loro da esili fili narrativi. Si raccontano, infatti, le
vicende di due coppie: Louise e Leo, dove entrambi sono
insoddisfatti delle proprie vite ma la scoperta di aspettare un
figlio getta lui nel caos spingendolo fino alla violenza cieca e
incorrendo nell’inevitabile vendetta del fratello della moglie;
l’altra, invece, è la coppia costituita dal commesso di una
videoteca, Lenny, timidissimo ed introverso, e dalla cameriera Lea.
Il personaggio di Lenny rappresenta un omaggio cinefilo di
Nicolas Winding Refn al cinema in generale ma, soprattutto,
al cinema che ama, consacrandolo grazie ad una lunga sequenza tra
le file degli scaffali ingombri di dvd; un sentito omaggio meta
cinematografico al credo di una vita, alle fonti- e ai maestri- che
hanno spinto Refn a seguire questa strada. Se in
Pusher era la vita dei bassifondi di Copenaghen ad
essere raccontata, qui sono storie “di ordinaria follia” ambientate
in una periferia degradata, dove la violenza e la tenerezza sono
strettamente connesse tra loro, dove l’amore e la morte (Eros e
Thanatos) sono due facce della stessa medaglia.
Il primo approccio di “conquista”
del mercato americano da parte di Refn risale al 2003, quando firma
la regia del surreale Fear X: “surreale” nel senso
propriamente “surrealista” del termine, poiché confeziona una
pellicola dal gusto lynchiano sospesa tra luoghi e non luoghi,
situazioni oniriche e dinamiche che inscenano il processo paranoico
critico tipico del sogno.
Harry (interpretato da un
magistrale John Turturro) è il guardiano di un centro
commerciale ossessionato dalla morte tragica della moglie. Vittima
dei suoi rimorsi, continua a visionare incessantemente le
registrazioni di sorveglianza del negozio dove è stata uccisa alla
continua ricerca del suo assassino. E proprio questo desiderio di
vendetta lo condurrà in un viaggio spaventoso e terrificante al
confine della realtà.
Refn mette in scena tutto il suo
“onirismo” visivo, la maestria tecnica, la perizia fotografica
confezionando un prodotto pregevole che rielabora temi e atmosfere
tipiche dei film di Lynch senza cadere però nella copia conferme,
nella sbiadita imitazione dell’originale. Il cineasta danese riesce
a “dare corpo” alle ombre inquietanti del suo protagonista, ma il
pubblico non lo premia comunque: il film è un flop al botteghino e,
per risollevare la sua “drammatica” situazione finanziaria, accetta
di girare un episodio della serie tv inglese incentrata
sull’improvvisata detective Miss Marple.
Solo otto anni dopo l’uscita del
primo elemento di una futura trilogia, quindi nel 2004, Refn
aggiunge finalmente un altro tassello a questo ambizioso progetto:
Pusher II- Sangue sulle mie mani si concentra
stavolta su un altro personaggio comprimario del primo film,
l’inquietante Tonny (interpretato da uno straordinario Mads
Mikkelsen, vero feticcio nelle mani di Refn) il quale, uscito
di prigione, ritorna prepotentemente alla propria vita, ma non è
così semplice: nessuno lo rispetta ed è oggetto di scherno da parte
di tutti, dai suoi scagnozzi a suo padre (pericoloso boss di
Copenaghen con il quale ha contratto un ingente debito) fino alla
scoperta spiazzante di una paternità inaspettata e casuale grazie
ad una prostituta.
Questo seguito, realizzato con
fondi economici più sostanziosi rispetto al primo capitolo, va
oltre le classificazioni strette e categoriche del “film di
genere”: oltre il gangster movie, in realtà mette in scena
dinamiche drammatiche, problemi esistenziali e dilemmi etici sullo
sfondo di un mondo lurido, sordido e lercio come quello della
Copenaghen dei bassifondi malavitosi, una sorta di “girone
dantesco” dove i protagonisti si agitano simili ad anime dannate
senza tregua né speranza. Per realizzare quest’opera Refn attinge a
tutto il suo universo cinefilo, quello che ha sempre amato,
rielaborandolo personalmente alla luce di una sua personale poetica
delle emozioni.
Finalmente dobbiamo arrivare al
2005 per vedere completata la trilogia di Pusher:
con il terzo capitolo, intitolato L’angelo
della morte, Refn concentra il suo occhio indagatore sul
temibile personaggio del boss serbo Milo, regalandoci un film
intriso di violenza, malessere e angoscia: una definitiva discesa
negli inferi, fino al girone più in basso piuttosto che una
redenzione, dove il malessere psicologico della vita familiare del
boss (la festa della figlia) si riflette nella furia iraconda della
sua logica criminale (il conflitto con le altre gang nascenti).
Nell’universo creato da Refn e dominato da “l’etica dei ladri” non
valgono più logiche di vittima e carnefice: tutti sono colpevoli,
nessuno è innocente. La violenza domina e regola un mondo a sua
volta amministrato da leggi arcaiche e recondite, un universo
infernale e dantesco che scandaglia, sempre più a fondo, le ombre e
i drammi chiaroscurali dell’animo umano.
La trilogia di Pusher
getta uno sguardo decisamente post-moderno, innovativo, sul genere
lontano dal sarcasmo e dall’ironia nera delle opere pulp
tarantiniane rispolverando, anzi, una tradizione ben più antica che
vede in William Shakespeare u illustre predecessore, con le
sue storie “nere” a base di drammi umani, psicologici e storici
capaci, però, di sorprendere con inaspettati quanto necessari
picchi di inevitabile violenza visiva.
Dopo la prima trilogia,
dal sapore shakespeariano, legata a temi quali la famiglia, la
paternità, il potere, l’ascesa e la caduta, Nicolas Winding
Refn si prepara ad affrontare alle soglie del 2009 una nuova
impresa, stavolta concentrandosi su una nuova figura in
particolare, eredità di un universo cinefilo più vicino al western
ma anche al noir: l’eroe taciturno, schivo, dalla morale ambigua,
un personaggio solitario simile ai tanti incarnati da Clint Eastwood nella “trilogia del
dollaro” firmata Leone: protagonisti laconici costretti dagli
eventi ad agire per cambiare i loro destini, mentre su di loro
aleggia un clima di morte e vendetta.
Ma prima di calarsi in questa nuova
avventura, Refn realizza una piccola perla che è
Bronson (2008) un presunto biopic sul criminale
inglese Michael Peterson, detto Charles Bronson per
gli “amici”, il più celebre detenuto inglese della storia
condannato prima a sette anni per rapina, divenuti in seguito
trentaquattro di cui trenta scontati in isolamento, fino alla
condanna definitiva all’ergastolo. Un biopic sui generis perché
sfugge ad ogni intento morale o di denuncia: l’interesse di Refn
non è quello di mostrare al mondo le condizioni delle carceri né
tantomeno raccontare la storia- con rassicurante morale- di un uomo
che si è perso lungo la via della perdizione: Bronson è un attore,
un istrione egocentrico conciato come un clown grottesco, una
maschera inquietante che racconta ad un pubblico incredulo la
propria storia di “ordinaria follia”, attraverso una lucida ironia
e con una parlantina logorroica inarrestabile con la quale ci
trascina nel suo mondo come un attore consumato sul palcoscenico,
dove però stavolta le luci della ribalta sono quelle della prigione
e la violenza l’unica forma possibile di comunicazione e di
scambio.
Nel 2009 Refn mette nuovamente le
mani su un suo progetto ben lontano dal concetto di “film su
commissione” e regala ad una platea di cinefili appassionati
Valhalla Rising-Regno di Sangue, un film criptico ed
oscuro, per molti ancora un’incognita indecifrabile, per alcuni un
puro esempio di “cinefilia autoreferenziale” da parte del regista
danese, sicuramente un’operazione coraggiosa e rischiosa. Refn
accentua il suo linguaggio estetizzante, la violenza trasuda da
ogni inquadratura e le parole si riducono sempre di più lasciando
spazio a teutonici silenzi. Il risultato? Quasi un incontro tra
Bergman ed Herzog (sotto mescalina, come hanno commentato alcuni);
i simbolismi sono innumerevoli e coglierli tutti diventa una sfida;
l’aspetto religioso sembra essere il motivo dominante (come si
deduce anche dai titoli scelti per suddividere la pellicola in
capitoli, à-la-Tarantino): rappresentare lo scontro tra il culto
pagano degli antenati nord europei e il cristianesimo eccessivo e
dogmatico, velato di fanatismo, dei crociati. Il protagonista, One
Eye, eroe muto ma dalle straordinarie facoltà (forse rappresenta
Odino stesso, capo degli Dei da un occhio solo che tutto vede)
scampa a una condizione di schiavitù per imbarcarsi insieme ad un
gruppo di crociati alla ricerca della terra santa. Ma ciò che
troveranno, dopo aver attraversato una sorta di limbo infernale
avvolto nella nebbia aleggiante intorno alle acque dello Stige,
sarà una terra ricoperta da una natura ostile pronta a sopraffarli,
o saranno loro stessi a sopraffarsi da soli perché incapaci di
conservare un rapporto autentico con le radici, con un mondo
primordiale?
La pellicola, anche se complessa e
non riuscita al 100%, getta comunque uno sguardo epico su una
mitologia lontana e arcaica, avvolta da un sapore mitico e da una
paura ancestrale ed indecifrabile.
Nel 2011, alle soglie dei quaranta
anni, riprende il suo lavoro sulla trilogia ideale degli eroi
silenziosi e ci regala il suo capolavoro, un ottimo compromesso
commerciale aurorale con un film “su commissione” che non ha amato
dall’inizio, ma che gli ha donato la fama internazionale e un’ampia
porzione di pubblico: rielaborando insieme allo sceneggiatore
Hossein Amini e ad altri la trama di un romanzo noir di
James Sallis realizza Drive, un film atipico,
un concentrato shakerato della sua poetica estetica e cinefila, un
western metropolitano che riscrive le regole del genere noir ed
attinge a piene mani dall’estetica retrò anni ’80 (soprattutto a
livello musicale, con eccezionali esempi di synth-pop) e dai film
cult di genere anni ’70 come il famoso Drive di
Walter Hill o l’angeriano Scorpion Rising. Il
film ottiene la Palma d’Oro al 64esimo Festival
di Cannes per la miglior regia, con tanto di “benedizione” da
parte di Robert – Taxy Driver – DeNiro e la definitiva
consacrazione per Nicolas Winding Refn dopo una ventennale
carriera.
La storia è quella di uno stuntman
part-time, dal passato misterioso e senza nome (interpretato da uno
straordinario Ryan Gosling che riduce al minimo i movimenti
facciali come un perfetto giocatore di poker, regalandoci una
performance e un’ottima prova d’attore) che arrotonda i propri
guadagni lavorando nell’officina del suo mentore Shannon, ex
stuntman ora invalido, e facendo l’autista per colpi, rapine e
furti d’ogni genere. Freddo, controllato e impassibile non vuole
sapere niente: lui guida e basta (come dichiara all’inizio del
film). Ma le cose si complicano quando si innamora della sua vicina
di casa, Irene, giovane madre con un marito in carcere che si
ritrova coinvolto in un brutto giro e Driver, pur di difenderla,
mette a repentaglio tutto sé stesso.
I primi minuti sono un vero e
proprio saggio di cinema: Refn riprende un adrenalinico
inseguimento in auto ma dall’interno dell’auto stessa (cosa mai
fatta prima) creando un climax di tensione e azione mai visti
prima. I titoli di testa flou (in fucsia), la colonna sonora
ricercata ma retrò (la bellissima “Real Hero” e lo score di
Cliff Martinez), l’estetica noir ricercata che immortala una
LA dal sapore lynchiano e un protagonista da antologia che rimane
sempre con lo stesso giubbotto argentato con scorpione dall’inizio
alla fine del film, creano un gioiello della moderna cinematografia
riscrivendo le regole di un genere e creando una nuova mitologia,
con al centro un anti-eroe metropolitano, un “cavaliere elettrico”
romantico ma pronto ad abbandonarsi a repentini quanto
incontenibili scatti d’ira, un personaggio dotato di una morale
ambigua contrassegnata da luci ed ombre (come la scena
dell’ascensore ben esplicita).
Cavalcando l’onda del successo di
Drive (un successo quasi “non voluto” da Refn) il
regista, finalmente balzato agli onori della cronaca, si è potuto
dedicare al suo ultimo progetto, un’idea più in linea con la sua
“poetica visionaria” e cinematografica, un lavoro che apre uno
scenario sulle prossime opere che realizzerà in futuro (tipo un
remake di Barbarella o un adattamento di una serie a
fumetti firmata Moebius- Jodorowski): un film dal carattere
orientaleggiante, un altro western in salsa muai-thai, Solo
Dio Perdona Only God Forgives, un’altra storia dal
carattere epico e incalzante, un’altra discesa negli inferi senza
redenzione ma con un tocco più personale e surreale, cedendo a
quell’iperrealismo violento e visivo degno del miglior Alejandro
Jodorowski (a cui è dedicato il film); anche in questa
pellicola ritroviamo Ryan Gosling litico protagonista
laconico dall’espressione fissa e dallo sguardo perso che si cala
nei panni di Julian, un ragazzo americano trasferitosi a Bangkok
per gestire un losco traffico di stupefacenti che fanno capo alla
terribile madre interpretata da una camaleontica Kristin Scott
Thomas; qui nella città asiatica gestisce un club di thai boxe
insieme al fratello Billy, pervertito ben avviato sulla strada per
l’inferno, che commette un delitto orribile: uccide e sevizia una
prostituta minorenne, scatenando la terribile vendetta del padre, e
proprio in questo contesto entra in scena- forse- il vero
protagonista del film, un poliziotto (interpretato dalla scoperta
thailandese Vithaya Pansringarm) super-partes in grado di
giudicare le colpe di tutti, in grado di perdonare o vendicare… un
terribile Deus-ex
Machina che tutto vede e tutto sa.
Nato dopo un periodo di
riflessione esistenziale e di rabbia nei confronti di Dio stesso
(Refn dixit, NdA) il film alterna solito montaggio frammentato e
caotico, le analessi e le prolessi temporali ad una fotografia
mozzafiato quasi esclusivamente notturna (com’era già accaduto in
Drive, del resto) e colonna sonora epica che evoca le
atmosfere degli spaghetti western di Sergio Leone e dialoghi
stringati e lapidari, come se il solito Bergman incontrasse
stavolta John Woo.
La vendetta aleggia sulle teste dei
protagonisti al quale non si può scappare, come una sorta di debito
inestinguibile; a Dio è lasciato il perdono, agli uomini solo la
vendetta che passa attraverso la violenza.
E stranamente, proprio il concetto
di “violenza” attraversa l’opera di Nicolas Winding Refn: si
definisce un “pornografo” perché nei suoi film ama rappresentare
tutto senza sconti, senza censure, non nascondendo un piacere
latente e sadico nell’assistere a scatti di rabbia cieca ben
lontani dalla sua natura nella vita di tutti i giorni; e proprio
per questo si definisce pure un feticista, uno a cui piace vedere
integralmente ciò che in realtà non farebbe mai, traendone
piacere.
E forse è proprio per questo che
oltre vent’anni fa fu definito un enfant prodige venuto dal nord e
che oggi, invece, è uno dei registi più promettenti, innovativi ed
originali del nuovo millennio.
Intervistato dal The Guardian
Nicolas Winding Refn è entrato nel merito di uno
degli argomenti più dibattuti degli ultimi mesi: Netflix sta uccidendo il cinema? I servizi
di streaming diminuiranno il numero di ingressi in sala? Cosa è
considerabile cinema, e cosa no?
“Il cinema è morto. E ora è
risorto. Il film si aggrappa ai nostri piedi mentre avanziamo. Il
modo migliore per andare avanti è seppellire il passato. Questo non
significa che debba essere dimenticato“, ha dichiarato il
regista, pronto a lanciare online la sua piattaforma streaming
byNWR.com dove saranno presto disponibili
gratuitamente classici b-movies.
Nicolas Winding Refn su cinema e
piattaforme streaming
Il rapporto di Refn con le nuove
realtà di fruizione cinematografica è stato inaugurato dalla
collaborazione con Amazon Prime che ha prodotto e distribuirà la
sua serie Too Old To Die Young.
“Discutere ancora è un
atteggiamento retrogrado, che fa molto anni
duemila. È come essere in una
cattedrale dove leggi il primo testamento, studi le sacre scritture
per arrivare al secondo testamento“, ha detto Refn.
“Eccoci al secondo giorno dell’anno
Zero. L’unica cosa da sapere è che lo schermo del cinema e lo
schermo di un cellulare possono coesistere. Uno non è meglio
dell’altro. Sono coesistenti.“
Oggi a Cannes è il giorno di
Nicolas Winding Refn e del suo The
Neon Demon. Il regista, ieri sera, ha partecipato
alla proiezione di Terrore dallo Spazio
Profondo, film di Mario Bava
restaurato in occasione della 69esima edizione del Festival
francese. Durante la conferenza stampa del suo film in Concorso,
Refn si è sbilanciato parecchio in merito al film, dichiarando
addirittura che Ridley Scott, per il suo
leggendario Alien, avrebbe “rubato” dal
nostro Bava.
Ecco cosa ha dichiarato:
“Abbiamo le prove che Ridley Scott e Dan O’Bannon hanno copiato
Alien dall’opera di Mario Bava! (…)Terrore nello Spazio è un grande film, melodrammatico,
operistico, campy, con grandi musiche, costumi in pelle, navi
spaziali e stravaganti dialoghi in italiano senza senso. Dico
questo con il massimo rispetto per Alien. Penso sia meraviglioso:
tutti rubano da tutti, e Alien è un altro capolavoro, meritevole di
aver definito il genere raggiungendo un’elevata qualità
artistica (…) Credo non ci sia nulla di più meraviglioso
che vedere finalmente Mario Bava nello stesso, esclusivo club di
Cannes tra i registi più famosi di tutti i tempi. Dovrebbe essere
insieme a loro. Ma l’ironia risiede proprio in questo, perché
Terrore nello Spazio o altri film di Bava non credo abbiamo
ottenuto il successo che meritavano“.
The Neon
Demon con Elle Fanning, Keanu Reeves,
Christina Hendricks, Jena Malone e Abbey
Lee arriverà nei cinema italiani il prossimo 8 giugno.
Il regista
di Drive e The
Neon Demon Nicolas Winding
Refn si è sempre dimostrato attento alla
produzione Warner di
derivazione DC Comics, proponendosi in
passato alla regia di Wonder Woman, ipotesi non andata
poi a buon fine. Ebbene recentemente il cineasta ha cambiato
obiettivo dichiarandosi apertamente intenzionato a portare al
cinema uno standalone dedicato ad un’altra
eroina DC: Batgirl.
Ecco le dichiarazioni
di Refn: “Mi piacerebbe tanto girarne
uno, sarebbe un grande divertimento. Non so quando accadrà,
apprezzo molto la mia libertà creativa, ma allo stesso tempo mi
piacerebbe dirigere uno di questi film Hollywoodiani che costano
tutti quei soldi, pieni di persone che vanno avanti e indietro con
i loro cellulari e la follia che ne deriva.”
Analizzando, in seguito, le
possibilità rimastegli:
“Cosa resta? Sai cosa mi
piacerebbe fare? Un grosso film su Batgirl, lasciamo che la Warner
cominci a lavorarci su.”
Nonostante
lo scrittore / regista Nicolas Winding Refn ha
trascorso la maggior parte della sua carriera a fare film basati
sui suoi propri scrip, questo non è un fatto esclusivo. Infatti
dal
London Evening Standard apprendiamo la notizia che
Polly Stenham, una drammaturga britannica, è stata
incaricata di scrivere la sceneggiatura per il prossimo lavoro di
Refn , un horror tutto al femminile, che si intitolerà
I Walk With The Dead .
Sembrerebbe che almeno una parte del motivo per cui il regista ha
ingaggiato una scrittrice è a causa della sua difficoltà personale
di scrivere in merito a dei personaggi femminili. LaStenham ha detto al giornale:
Ha un sacco di impedimenti nel fare film che alcune persone pensano
essere violentemente misogini.
Allora mi si avvicinò con l’idea di fare qualcosa di
diverso.
Come sottolinea il giornale, Refn ha già parlato
di questa zona debolein
passato ed ha citato le stesse parole del regista
:
Ho sempre avuto voglia di fare film di donne ma finisce sempre per
essere di uomini.Forse perché
non so come scrivere di loro.
Riguardo ad
ulteriori dettagli sulla
trama,
la Stenham rimane a denti stretti, ma ha chiarito
che
in termini di violenza e thriller psicologico l’intenzione è quella
di avere di tutto un po’. Anche se Refn ha altri
lavori in cantiere, I Walk With The Dead
potrebbe finire per essere la sua prossima fatica da
regista.
Il regista ha rivelato all’inizio di questo mese che il suo remake
di La fuga di Logan è ormai naufragato,
in modo che potrebbe finire per essere un buco nel calendario del
regista che il film horror potrebbe riempire.
Dopo
Drive, il successo di Nicolas
Winding Refn è aumentato esponenzialmente, tanto da creare
l’anno scorso a Cannes più attesa dei Coen o di
Alexander Payne con il suo Solo Dio
Perdona. Durante un’intervista con Jack Giroux,
editor di Film School Rejects, il regista danese svela qual’è
il film più dark della storia del cinema secondo la sua
visione:
D: Ti Vedremo mai fare un musical?
R: Mi piacerebbe fare un musical un giorno, ma forse voglio fare
prima una commedia romantica.
D: Beh, se dirigessi una commedia romantica sarebbe alquanto
inaspettato, ma faresti mai qualcosa del genere per sovvertire le
attese?
R: Per me il film più dark partorito dall’umanità è
Pretty Woman.
D: Davvero?
R: Pensaci bene, amico.
D: Si, magari c’è una sottotraccia dark, ma perché sei convinto
di ciò?
R: Perché se levi di torno tutto lo champagne è un film folle!
Sono riusciti a riempirlo di bollicine e a venderlo a milioni di
persone come se fosse una favoletta. E’ una delle truffe
hollywoodiane che preferisco.
D: Pensi sia stata una mossa intenzionale?
R: Non lo so, ma personalmente non penso neanche di essere così
tanto “oscuro” da fare qualcosa del genere.
L’annuncio ufficiale arriva dopo il
Festival
di Cannes, dove Nicolas Winding Refn ha
presentato in concorso il suo ultimo film, The Neon
Demon. Il regista danese si occuperà di produrre il
remake di Cosa avete fatto a Solange?, il
giallo del 1972 diretto da Massimo Dallamano e
prodotto da Fulvio Lucisano.
Refn collaborerà di nuovo con
Lucisano, con cui lavora già da molti anni e che ha curato la
distribuzione di tutti i suoi film in Italia.
Il regista di
Drive ha presentato durante il Festival
la versione restaurata di Terrore nello
spazio, prodotta proprio da Lucisano, e a seguito
dell’evento ha annunciato ufficialmente il suo coinvolgimento nel
progetto.
Primo lungometraggio
della trilogia dei cannibali diretta da Ruggero
Deodato, diventata poi un vero e proprio
cult, Ultimo mondo
cannibale (1977), il primo cannibal-movie della
storia, è in concorso a Venezia Classic in una straordinaria
versione restaurata in
4k da Minerva Pictures in
collaborazione con Midnight Factory. Con la
supervisione di Lamberto Bava, all’epoca suo aiuto
regista, è un doveroso omaggio ad un autentico maestro del cinema
di genere, scomparso nel dicembre dello scorso anno.
Regista, sceneggiatore e produttore
cinematografico Nicolas Winding Refn è
annoverato insieme a Lars von Trier e Thomas Vinterberg come uno
degli autori più significativi del cinema danese e i suoi film sono
stati proiettati e apprezzati in tutto il mondo. Ha vinto
il Prix de la mise en scène per il film
Drivealla
64ª edizione del Festival di
Cannes.
PROIEZIONE ORE 23.55 – SALA GIARDINO sarà presente, ad
introdurre il film, il regista NICOLAS WINDING REFN esperto e
amante della cinematografia di Ruggero Deodato terrà anche una
La
trama
Dalle Filippine, un aereo privato
con un gruppo di ricercatori si dirige verso le isole Mindanao,
dove lo attende un altro gruppo che sta conducendo delle ricerche
commissionate dalla Compagnia Petrolifera Americana. Il silenzio
della radio del campo denuncia una tragedia destinata a continuare:
tutti i predecessori sono stati uccisi e mangiati dai cannibali
della foresta. Robert Harper e Rolf, unici superstiti, si perdono
nel labirinto della vegetazione; poi si separano a causa di un
naufragio tra le rapide di un corso d’acqua. Harper, fatto
prigioniero dai cannibali, riesce a fuggire insieme a Palun, una
ragazza che lo ha avvicinato amichevolmente. Ricongiunti con Rolf
cercano disperatamente di fuggire.
In attesa di vedere The Neon
Demon, il regista Nicolas
Winding Refn (Drive, Solo Dio perdona) ha
rivelato che, quasi sicuramente, porterà sul grande schermo
una sorta di sequel della sua pellicola del 2009 Valhalla
Rising Regno di sangue.
Si tratta di The
Avenging Silence, uno spy thriller ambientata a Tokyo
con al centro un protagonista maschile che ricorderà molto i
personaggi dei vecchi film di Refn, tra cui – ovviamente – lo
stesso One-Eye del sopracitato Valhall Rising. Ma non
solo: come ha dichiarato lo stesso regista in una recente
intervista, questo protagonista prenderà molto anche dal pilota di
Drive e da Julian di Solo Dio perdona (entrambi
interpretati da Ryan Gosling), personaggi che
secondo Refn si assomigliano tutti tra di loro.
In attesa di ulteriori dettagli, vi
ricordiamo che TheNeonDemon, scritto da CliffMartinezePhilippeLeSourd, è un horror ambientato a
Los Angeles e incentrato sulla bellezza pericolosa. La protagonista
sarà la giovane Elle Fanning
(Maleficent).
Nicolas Winding Refn,
cineasta danese vincitore del premio per la Miglior regia al
Festival
di Cannes del 2011 con “Drive”, Mercoledì 9 marzo
accompagnato dalla moglieLiv Corfixen, incontrarà il pubblico in
una a masterclass organizzata all’Auditorium del
Maxxi.
L’incontro a cura di Mario Sesti (Fondazione Cinema per Roma)
seguirà alla proiezione del documentario “My Life Directed By
Nicolas Winding Refn”, realizzato da Liv Corfixen e distribuito
in Italia da Fulvio e Federica Lucisano per Italian
International Film, società controllata di Lucisano Media
Group, primo player integrato del settore audiovisivo nazionale.
L’edizione italiana del documentario approderà prossimamente in tv
su Sky Cinema e Sky Arte, che ne hanno acquistato i
diritti da Italian International Film.
La
proiezione dell’opera, si terràa
partire dalle 15 presso l’Auditorium del Maxxi di
Roma, seguita alle 16 dalla
masterclass della stessa Liv Corfixen e di Nicolas Winding
Refn.L’evento è a ingresso libero fino
a esaurimento dei posti disponibili in sala, e si collocanell’ambito di
CityFest, il contenitore di intrattenimento e cultura della
Fondazione Cinema per Roma.
Diretto
da Liv Corfixen, “My Life Directed by Nicolas Winding Refn” è un
documentario che racconta un momento particolare della vita di suo
marito e il suo tentativo di conciliare una carriera in rapida
ascesa come regista di fama internazionale con il suo ruolo di uomo
e di padre. Corfixen segue Refn con la sua macchina da presa mentre
l’intera famiglia si trasferisce a Bangkok con lui per sei mesi,
per accompagnarlo durante la produzione del lungometraggio “Solo
Dio perdona” (2013), distribuito in Italia da IIF così come “Drive”
(2011) e la prossima opera dell’artista danese, “The Neon
Demon”.
Riprendendo il lavoro e la vita di Refn nel corso della
lavorazione del film, fino alla premiere mondiale al Festival di
Cannes, il documentario di Corfixen rivela come non sia un compito
facile dirigere una grande produzione internazionale continuando a
occuparsi del benessere della propria famiglia, del cast e degli
ospiti in visita da Hollywood.
“Siamo felici di ospitare a Roma Liv Corfixen e Nicolas
Winding Refn”, ha commentato Federica Lucisano,
Amministratore delegato di Lucisano Media Group. “Il
documentario di Liv è un omaggio all’impegno creativo di Nicolas e
siamo quindi orgogliosi di condividerlo con i suoi fan italiani. La
distribuzione in Italia di quest’opera rafforza il nostro legame
con un regista in cui crediamo fin dai tempi del suo primo grande
successo, ‘Drive’, e in cui continuiamo a credere anche in vista
dell’uscita della sua prossima opera, ‘The Neon Demon’.‘My Life
Directed by Nicolas Winding Refn’ rappresenta un dietro le quinte
non solo di una grande opera cinematografica come ‘Solo Dio
Perdona’, ma anche il ritratto di uno dei registi più talentuosi
del nostro tempo e un grande atto d’amore da parte di una donna
verso il proprio uomo e la propria famiglia. Liv è una donna di
grande talento che reinterpreta perfettamente in chiave moderna
l’adagio secondo il quale accanto ad un grande uomo c’è sempre una
grande donna”.
Il regista Nicolas
Winding Refn, in questi giorni illustre componente della
giuria del Festival
di Cannes 2014, è in trattative con la
Sony Pictures per dirigere il
film The Bringing. La
pellicola è un horror soprannaturale basato su una sceneggiatura
scritta da Brandon e Phillip Murphy.
La storia è liberamente ispirata
alla misteriosa morte di Eliza Lam. Il corpo di La è stato
rinvenuto in una acquedotto sul tetto del Cecil Hotel a Los
Angeles, nel frebbraio del 2013. Successivamente sono stati poi
rilasciati dei video dalle telecamere di sicurezza che mostrano la
defunta Lam interagire con un’entità apparentemente invisibile.
Anche se la sceneggiatura sembra che non si concentrerà sul
personaggio di Lam, è ambientata nello stesso albergo e segue un
uomo indagato di una morte simile molto misteriosa.
A produrre il film ci sarà il
produttore di The Amazing Spider-Man 2Matt Tolmach, accanto Daniela
Cretu a della First Born Films.
Nicolas Winding Refn recentemente ha diretto il
film Solo dio perdona con protagonista
Ryan Gosling.