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Star Wars Gli Ultimi Jedi: nuovi scatti di Luke e Snoke

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Star Wars Gli Ultimi Jedi: nuovi scatti di Luke e Snoke

Arrivano tre foto inedite dall’atteso Star Wars Gli Ultimi Jedi, il sequel del film di successo di JJ Abrams che sarà diretto da Rian Johnson. Nelle nuove immagini Luke, il Leader Supremo Snoke e Finn Rose

La sinossi: “In Star Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema USA il 15 dicembre 2017.”

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FIRST LOOK – Carrie Fisher in Star Wars Gli Ultimi Jedi

Il film sarà diretto da Rian Johnson e arriverà al cinema il 15 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende immediatamente successive a Il Risveglio della Forza.

In Star Wars Gli Ultimi Jedi torneranno Mark Hamill, Carrie Fisher, Adam DriverDaisy RidleyJohn BoyegaOscar IsaacLupita Nyong’oDomhnall Gleeson, Anthony Daniels, Gwendoline Christie e Andy Serkis. Gli ultimi attori unitisi al cast sono Benicio Del ToroLaura Dern Kelly Marie Tran.

Suicide Squad 2: annunciato regista e sceneggiatore

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Suicide Squad 2: annunciato regista e sceneggiatore

La Warner Bros dopo mesi di trattative ha finalmente annunciato il regista e sceneggiatore che darà vita a Suicide Squad 2, l’annunciato sequel del film campione d’incassi del 2016.

A prendere l’eredità di David Ayer in Suicide Squad 2 sarà il regista e sceneggiatore Gavin O’Connor, che ha già diretto per la Warner Bros The Accountant, oltre ad aver diretto anche film di successo come Warrior e Pride and Glory.

Suicide Squad che ha debuttato nel DC Extended Universe l’estate scorsa  ha introdotto molti noti cattivi della DC che hanno da subito conquistato i fan, come Deadshot (Will Smith), Harley Quinn (Margot Robbie), Captain Boomerang (Jai Courtney) e Joker (Jared Leto).

Dalle ultime notizie lo Studios stava accelerando lo sviluppo del film e questa notizia oggi conferma la volontà della WB di avere un sequel del film al più presto nelle sale. Inoltre Variety riferisce che Warner Bros. spera che il film inizia la produzione entro la fine del 2017, se così fosse il film potrebbe essere potenzialmente pronto per una data di uscita nel 2019/2020.

Suicide Squad 2

Il casting per il regista aveva coinvolto oltre a O’Connor i nomi del calibro di  con Mel Gibson (Hacksaw Ridge),  Jaume Collet-Serra ( Le Shallows ), Jonathan Levine (Warm Bodies) e Daniel Espinosa (Safe House). Al momento il regista stava lavorando allo sviluppo del sequel di The Accountant con Ben Affleck, ma ora è probabile che quel progetto passi in secondo piano.

Alla Warner Bros c’è grande fermento per il DC Extended Universe. Infatti sono in sviluppo molti film tra cui un film sulle origini del Joker separato dall’Universo principale, oltre all’annunciato Gotham City Sirens che dovrebbe sostituire. In cantiere sono anche i film su Flash Point con Ezna Miller. The Batman vedrà protagonista Ben Affleck nuovamente nei panni di Bruce Wayne e sarà diretto dall’acclamato regista Matt Reeves. Nel cast ritorneranno Geremy Irons nei panni di Alfed e J.K. Simmons in quello del Detective Gordon. Wonder Woman 2, Green Lanter Corps e Batgirl che sarà diretto da Joss Whedon.

In Suicide Squad 2 dovrebbero ritornare Deadshot (Will Smith), Harley Quinn (Margot Robbie), Captain Boomerang (Jai Courtney) e Joker (Jared Leto).

The Sweet Life Society firmano la colonna sonora di Brutti e Cattivi

Nuovo e importante progetto cinematografico per i  THE SWEET LIFE SOCIETY la band guidata da Gabriele Concas e Matteo Marini, uno dei pochi esempi di musica italiana da esportazione che ha suonato nei più famosi festival inglesi – Glastonbury, Eurosonic, Bestival, Lovebox, Wilderness, Latitude Boomtown. 

Il 7 settembre saranno alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti con la soundtrack originale di Brutti e Cattivi (musiche di Gabriele Concas e Matteo Marini, edizioni CAM/Gruppo Sugar e BMG Rights Management),  film di debutto di Cosimo Gomez, con un cast di culto, da Claudio Santamaria a Marco D’Amore.  Fa inoltre parte della colonna sonora anche l’opera “Taggato dal Signore”, composta dallo stesso regista del film Cosimo Gomez. 

Da anni Gabriele Concas e Matteo Marini, oltre a girare l’Europa, gli Stati Uniti e il Canada con i loro concerti, sono attivi nel campo della produzione musicale con esperienze che vanno dal cinema, al teatro, alla pubblicità. L’uscita del loro prossimo album è invece prevista per l’inizio del 2018.

Il 7 settembre dalle 22.30 i “The Sweet Life Society” saranno live a Venezia Lido al Pachuka.  L’8 settembre alle ore 22, durante la 74 Mostra del Cinema di venezia Kino Venice Nights organizza nel bellissimo scenario del Lido, Riva di Corinto sulla barca Edipo Re che fu di Pier Paolo Pasolini, Brutti e Cattivi incontro con Cosimo Gomez e concerto live di “The Sweet Life Society”, autori delle musiche del film.

Blade Runner 2049: il corto “2036: Nexus Dawn” con Jared Leto

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Blade Runner 2049: il corto “2036: Nexus Dawn” con Jared Leto

Columbia Pictures & Sony Pictures hanno diffuso il cortoª “2036: NEXUS DAWN” con JARED LETO di Blade Runner 2049, il sequel del capolavoro di Ridley Scott diretto da Denis Villeneuve, regista di Sicario e Arrival prodotto dallo stesso Ridley Scott con  Ryan Gosling, Harrison Ford, Robin Wright, Mackenzie Davis, Dave Bautista e il premio Oscar Jared Leto.

Blade Runner 2049le nuove foto dal film

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Di seguito la prima sinossi del film: “Trent’anni dopo gli eventi del primo film, un nuovo blade runner, l’Agente LAPD K (Ryan Gosling), dissotterra un segreto a lungo sepolto che potrebbe avere il potere di gettare nel caos quello che è rimasto della società. La scoperta di K lo guida in una ricerca con lo scopo di trovare Rick Deckard (Harrison Ford), un ex blade runner della LAPD che è rimasto nasconsot per 30 anni.”

Blade Runner 2049Ryan Gosling annuncia il contest per la visita al set

In Blade Runner 2049 protagonisti sono Ryan Gosling, Harrison Ford, Robin Wright, Ana de Armas, Sylvia Hoeks, Carla Juri, Mackenzie Davis, Barkhad Abdi, Dave Bautista, David Dastmalchian, Lennie JamesHiam Abbass e Jared Leto.

La sceneggiatura del sequel, ambientato diverse decadi dopo l’originale pellicola del 1982, è affidata a Hampton Francher e Michael Green e segue la storia originale scritta da Francher e David Peoples basata sul romanzo di Philip K. Dick Il Cacciatore di Androidi.

Produttori esecutivi del film sono Frank Giustra e Tim Gamble, CEO di Thunderbird Film. Lo stesso Ridley Scott sarà produttore esecutivo della pellicola così come Bill Carraro.

Ammore e Malavita: recensione del film dei Manetti Bros.

Ammore e Malavita: recensione del film dei Manetti Bros.

Tre anni fa i Manetti Bros. Avevano stregato pubblico e critica alla Festa del Cinema di Roma con Song’ e Napule e stavolta sono decisi a conquistare la Laguna. E’ stato presentato oggi il loro nuovo film, Ammore e Malavita, che sembra già aver fatto strage di cuori.

La storia si svolge come sempre nella bella città di Napoli dove il boss Don Vincenzo, dopo aver subito un’aggressione, sembra deciso a ritirarsi dagli affari insieme a sua moglie e a lasciare tutte le sue attività in gestione ai suoi body guard, Ciro e Rosario. La banda decide così di inscenare la morte del boss ma qualcosa nel loro piano va storto…

Conosciuti e amati dal pubblico per la famosa serie tv L’ispettore Coliandro e per il già citato Song’ e Napule, che ha avuto un grande successo, Antonio e Marco Manetti provano a fare il bis portando il loro film pop e di genere in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia sperando di riuscire a sbaragliare l’ingombrante concorrenza e fare breccia nel cuore dei giurati.

Ammore e Malavita, il film

Il boss della malavita napoletana Don Vincenzo (Carlo Buccirosso), detto “o’ re do pesce”, dopo essere sopravvissuto quasi per miracolo ad un agguato, è deciso ad ‘abdicare’ al suo trono e a lasciare tutto in gestione alle sue Tigri, le temibili guardie del corpo, Rosario (Raiz) e Ciro (Giampaolo Morelli). Ma per uscire di scena ha bisogno di un piano strategico che gli viene fornito da sua moglie Maria (Claudia Gerini), piano che purtroppo andrà a gambe all’aria a causa dell’intromissione di Fatima (Serena Rossi), un’infermiera che si trovava al posto sbagliato e al momento sbagliato.

I Manetti Bros. fanno il pieno di applausi qui a Venezia 74 con l’attesissimo Ammore e Malavita, arruolando lo stesso meraviglioso cast di attori – più qualche new entry – e presentando al festival un nuovo ed irresistibile film destinato a diventare un vero e proprio cult. Un po’ gangster movie e un un po’ action, la nuova fatica cinematografica dei fratelli Marco e Antonio sembra stavolta avere una marcia in più; mentre nel precedente Song’ e Napule si parlava solo di musica, nel caso di Ammore e Malavita si tratta di un musical a tutti gli effetti.

Le musiche originali di Pivio & Aldo De Scalzi e le liriche del cantautore Nelson – vincitore nel 2014 del David di Donatello per la canzone A’ Verità, scritta a quattro mani con Franco Ricciardi -, sostituiscono di fatto le battute dei personaggi che, cantando, rendono la storia molto più fresca e scorrevole. Ancora una volta dunque i Manetti ci raccontano di Napoli e della sua malavita in maniera del tutto originale e irresistibilmente verace; i dialoghi sono pieni di battute brillanti e le canzoni, in pieno stile neomelodico, sono a dir poco travolgenti e trasformano il film in una sorta di moderna sceneggiata napoletana. Non passa infatti inosservata la presenza del grande Pino Mauro, cantante partenopeo con una grande tradizione musicale alle spalle.

Ammore e Malavita - Manetti Bros.

Ottima prima prova anche di Raiz, all’anagrafe Gennaro Della Volpe, cantante degli Almamegretta dal 1991, perfetto nella parte del killer del boss, uno dei personaggi più oscuri del film. Ad un incredibile Carlo Buccirosso – che potrebbe anche arrivare a competere per la Coppa Volpi – si affianca inoltre una straordinaria Claudia Gerini che, dopo lo splendido film tv diretto da Lina Wertmüller dal titolo Francesca e Nunziata del 2002, torna a recitare in un perfetto dialetto napoletano con una tale disinvoltura da far quasi dimenticare le sue origini romane.

E come non citare il sempre affascinante Giampaolo Morelli che stavolta, svestiti i panni dell’esuberante Lollo Love, si trasforma in una sorta di killer sociopatico, con l’agilità di un ninja e la forza di un soldato, capace di far fuori un plotone di sicari armati fino ai denti in pochi secondi. Non possiamo dimenticare ovviamente la bella Serena Rossi, protagonista di una delle scene più epiche del film; nonostante la colonna sonora sia completamente originale, per la scena in questione i registi hanno pensato di adattare un testo inedito in napoletano alla melodia di What a Feeling, da Flashdance, canzone che segna l’incontro tra Ciro e Fatima, i due amanti sfortunati del film.

Ammore e Malavita è un’opera straordinaria, un film che parla di camorra ma che rema contro la corrente del ‘gomorrismo’, un piccolo capolavoro di genere che vi farà ridere ed emozionare, cantare e ballare come se non ci fosse un domani e pianificare una vacanza nella bella Napoli.

Edgar Wright intervista: Baby Driver, il cast, la musica e il futuro

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Ultima tappa di un tour mondiale che lo ha portato in tutti gli angoli del Pianeta, Edgar Wright arriva a Roma per promuovere il suo ultimo film, Baby Driver – il genio della fuga, maggior successo al botteghino per il regista inglese e ritorno al cinema dopo la difficile esperienza con Ant-Man e con la Marvel.

Ecco la nostra intervista:

 

Leggi la recensione di Baby Driver – il genio della fuga di Edgar Wright

Il film arriverà il 7 settembre nei cinema italiani e vede protagonisti Ansel Elgort, Kevin Spacey, Lily James, Jon Bernthal, Eiza González, Jon Hamm e Jamie Foxx.

Trama: La storia ruota attorno a un pilota che si presta a fughe criminali e che si affida al ritmo della sua musica preferita per essere il migliore nel campo. Costretto a lavorare per un boss, il ragazzo dovrà prestarsi ad una rapina destinata al fallimento che metterà a rischio la sua vita, il suo amore e la sua libertà. La vicenda è in parte ispirata al video musicale “Blue Song” della band Mint Royale, che Wright diresse nel 2003.

Baby Driver: il nuovo trailer del film di Edgar Wright

Ammore e Malavita: il trailer del film dei Manetti Bros

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Ammore e Malavita: il trailer del film dei Manetti Bros

 

LaÈ stato presentato in Concorso nella selezione ufficiale della 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Ammore e Malavita, il nuovo film dei Manetti Bros.

Di seguito potete vedere il primo trailer del film che arriverà in sala il prossimo 5 ottobre. Nel cast del film Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini, Carlo BuccirossoRaiz.

La trama di Ammore e Malavita

Napoli. Ciro (Giampaolo Morelli) è un temuto killer. Insieme a Rosario (Raiz) è una delle due “tigri” al servizio di don Vincenzo (Carlo Buccirosso), “o’ re do pesce”, e della sua astuta moglie, donna Maria (Claudia Gerini). Fatima (Serena Rossi) è una sognatrice, una giovane infermiera. Due mondi in apparenza così distanti, ma destinati a incontrarsi, di nuovo.

Una notte Fatima si trova nel posto sbagliato nel momento sbagliato. A Ciro viene dato l’incarico di sbarazzarsi di quella ragazza che ha visto troppo. Ma le cose non vanno come previsto. I due si trovano faccia a faccia, si riconoscono e riscoprono, l’uno nell’altra, l’amore mai dimenticato della loro adolescenza.

Per Ciro c’è una sola soluzione: tradire don Vincenzo e donna Maria e uccidere chi li vuole uccidere. Nessuno può fermare l’amore. Inizia così una lotta senza quartiere tra gli splendidi scenari dei vicoli di Napoli e il mare del golfo. Tra musica e azione, amore e pallottole.

Venezia 74: James Jean, il volto nascosto di Mother! e The Shape of Water

Da qualche giorno al Lido di Venezia campeggiano meravigliosamente delle immagini che vanno oltre la mera pubblicizzazione commerciale di un film. Per un’inusuale coincidenza, sono state realizzate dallo stesso artista, per lanciare due dei titoli più forti e discussi in concorso alla Mostra d’Arte Cinematografica: The Shape of Water di Guillermo del Toro e Mother! di Darren Aronofsky.

L’autore è un bravissimo, quanto originale, pittore e illustratore Taiwanese, James Jean.

James Jean nasce a Taipei nel 1979. Si trasferisce negli USA, dove studia e si diploma presso la School of Visual Arts di New York nel 2001. Poi comincia a imporsi realizzando copertine per le pubblicazioni della DC Comics

raccogliendo sette premi Eisner, tre premi Harvey consecutivi, due medaglie d’oro e una d’argento dalla Society of Illustrators of Los Angeles e una medaglia d’oro dalla Society of Illustrators of New York. Lavora anche in campo pubblicitario per clienti prestigiosi, come:  Time Magazine, The New York Times, Rolling Stone, Playboy, e Prada. Realizza le copertine per la serie di fumetti Fables e The Umbrella Academy, vincendo sei premi Eisner come “Best Cover Artist“.

Realizza inoltre copertine per album musicali, come The Black Parade di My Chemical Romance, del 2006.

Poi nel 2008 James Jean decide di ritirarsi dai progetti commerciali per concentrarsi solamente sulla pittura e incarichi che rappresentino il suo estro espressivo. Evidentemente i film di Del Toro e Aronofsky erano tra questi.

Dirty Dancing: dove andiamo non ci servono strade

Dirty Dancing: dove andiamo non ci servono strade

Varie volte, in questo spazio e in altri, ho spiegato perché spesso marino le feste durante i festival. Ho detto ‘marino’? Davvero? Deve essere la stanchezza. Intendevo dire ‘piscio le feste’. I soliti: c’ho mal de panza, c’ho sonno c’ho fame, sono stanco e di solito non ho l’invito – grazie ar cazzo, non ce vado mai. Te credo che non mi invitano – il che non sarebbe un problema perché tanto mendicando da una parte all’altra a entrare si riesce. Solo che se dovevo andare a fare il mendicante me mettevo all’angoletto della fermata Vittorio Emanuele e facevo pure più soldi che a venì ai Festival. Tra l’altro, una delle poche cose che mi piace fare alle feste, non essendo un buon ballerino e non volendo perdere la voce per fare rapporti di pubbliche relazioni urlando come un’aquila per sovrastare la musica demmerda che di solito mettono, è ubriacarmi come un marinaio marsigliese, e visto come sto messo coi reni, meglio evitare.

Ieri sera però avevo pensato di affacciarmi alla festa dei ‘Ciak,’ giusto perché ogni tanto vedano che questa faccia dietro alle cazzate che scrivo esiste davvero. Quasi ero pronto a uscire, quando purtroppo mi hanno colto delle gravi allucinazioni che manco Leonardo di Caprio quando si faceva di Quaalude in The Wolf of Wall Street.

venezia 74Mi metto un attimo in balcone, che devo dire la vista della casa che ho qui al Lido non è niente male, dà direttamente su uno dei canali principali – per cui occhio che vi sento, quando parlate male dei colleghi tornando a casa a tarda notte ubriachi come merde, voi non mi vedete ma io, dal balcone, sì – in cerca di ispirazione. Magari mi viene voglia di uscire, hai visto mai.

M’accendo un sigaro. E vedo una barca passare. E che sarà mai una barca al Lido, direte voi. Solo che non è una barca normale. È un’automobile. Con un motore per barca attaccato, che bellamente se ne va in giro sull’acque alla faccia del ‘dove stiamo andando non c’è bisogno di strade’ di zemeckisiana memoria. Sgrano un paio di volte gli occhi, me li stropiccio. E niente. La visione non scompare. Anche abbastanza preoccupato penso che le traveggole mi vengano dall’abuso di Toradol o da una sempre più presente stanchezza (e del resto, oggi si fa il giro di boa della ‘settimana che siamo qui’, ci sta pure) e mi dico che di andare a fare il cazzone a feste dove manco m’hanno invitato, a maggior ragione che sto impazzendo, non è il caso.

La pazzia incombente, però, la prendo con nonchalance, un po’ come il protagonista del film di Aronofsky prende l’orrenda esecuzione del figlio appena nato: come uno scherzo un po’ pesantuccio, ma perdonabile. Ecco, per me la follia non è che una seccatura, in questo marasma di appuntamenti e corse. Quindi mi metto a letto pensando che il giorno dopo, dopo qualche ora di sonno, le allucinazioni spariranno. Stamattina l’auto-barca sta ancora là, attraccata proprio sotto casa mia. O era tutto vero, oppure sto definitivamente dando di matto. Ma non ho tempo per pensarci, devo correre all’alba alla proiezione del film dei Manetti Bros. , che in qualche modo mi rincuora.

Intendiamoci, sto Ammore e malavita che presentano qui non è niente di che. Un musical napoletano misto a Crime Story, come lo era in un certo senso il precedente Song e’ Napule, e come in Song e’ Napule – che, detto per inciso, era molto migliore di questo – ci sono Giampaolo Morelli, Serena Rossi e vari avanzi da ‘Un posto al sole’ che contribuiscono di molto a rendere la vicenda più partenopea possibile, con tanto di volute sceneggiate alla Mario Merola che sono la parte più divertente. Dopo un inizio scoppiettante, però, il film si siede parecchio e si appoggia su un fantastiliardo di citazioni messe lì a cazzo, da Flashdance a 007 a Ritorno al Futuro, che mandano in visibilio la platea manco stessero vedendo la madonna. Io intanto mi appisolo, sereno. Perché evidentemente non sono l’unico che sta impazzendo qua in giro.

Tra la proiezione e la conferenza mi arriva una soffiata su dove si trova Michael Caine, e scatta l’operazione selfie. Più che altro perché è un investimento, dato che lui stesso va in giro a dire “sono malato e tra poco vi lascio”. Michael, ti stimo e non è pé fa il coccodrillo, ma sai com’è. Oggi sì, domani non se sa. Purtroppo l’operazione non mi riesce. Lo portano fuori dalla lounge quattro gorilla grossi il doppio di Vince Vaughn in Brawl in Block Cell 99, perché deve andare in bagno e in effetti molti dei presenti lo hanno beccato proprio al cesso, che è un grande punto di ritrovo che accomuna star, addetti ai lavori e comuni mortali inferiori (ogni tanto i lettori vanno sempre insultati, ricordiamocelo). Dal cesso, tutti ci devono passare. Però io e Michael siamo gentlemen, e tra noi gentlemen vige la regola di non bloccare mai per nessun motivo un uomo che va a pisciare. Quindi niente, me lo vedo passare davanti e basta, anche perché incombono gli impegni di lavoro e mi devo allontanare. Ok, la verità è che dovevo pisciare pure io.

Ang

Ieri ho sentito molto la mancanza di Ang, perché in effetti alle feste ci vado con lo stesso spirito e quindi siamo solidali l’uno con l’altro. Spesso utilizziamo una famosa tattica militare che si trova nei testi di politica internazionale, che si chiama ‘modalità Zoran’, dal luogo in cui questa strategia fu messa in atto da due irredentisti macedoni durante una battaglia. In sostanza questi tipi si fecero vedere mentre brandivano con disinvoltura armi davanti ai loro colleghi combattenti, e appena tutti erano impegnati a menà come in un film con la bonanima de Bud Spencer si sciacquavano allegramente dai coglioni.

Ecco, questa strategia a noi è molto cara. Ma non perché siamo snob, semplicemente perché siamo due amanti delle cose semplici (la famosa triade dormì/magnà/fa pipì), quindi stare a informarci per raggiungere in ginocchio sui ceci un posto che sta in culo ai lupi e forse riesci ad entrare ci sembra davvero un’esagerazione. Invece ieri, dicevo, visto che l’invito lo avevo e visto che per una volta la festa era in un posto comodissimo, ho fatto un salto.

All’ingresso pronunciando la parola magica si sono aperte le acque come se fossi Noè e sono entrata in uno spazio temporale alienante, popolato da gente proveniente da qualsiasi epoca, ricevendo prova che dio esiste, ma non è classista. In tutto questo vorrei ricordarvi una cosa importante, cioè che l’inferno deve essere invece un posto in cui esistono solo open bar e buffet liberi, perché io mi sono sentita dannata. Sarò banale, ma ancora rabbrividisco a vedere la gente che agli open bar fa outing (tacito o palese non importa) sulla propria infanzia agghiacciante, sul proprio lavoro, sul fatto che dorme ancora con l’orsacchiotto de peluche. Così come rabbrividisco a vedere gente normalissima che in quei posti si trasforma.

Per cui ti ritrovi a fare il trenino su A-E-I-O-U-Y con uno che scrive magari accanto a te in sala stampa e ti imbruttisce se ricevi una telefonata mentre lavori,  ti trovi a ballare Flashdance con persone che te urlano dietro se hai il pass in fila ed entri prima di loro. Perché diventiamo solo contatto umano, quello che spesso in dieci giorni di Lido ti manca. Ma di contatto in quei metri quadri ce n’era pure troppo, tanto che a questo punto mi sono chiesta se non fosse un trappolone messo in atto dagli autoctoni o da sedicenti registi di opere prime per fare una marmellata di critici, e riempire i cornetti del Mulino Bianco (no, non dirò i Buondì cazzo, almeno io).

E infatti è così e col terrore negli occhi mi allontano per fumarmi una sigaretta in pace, da sola. A un certo punto mi si avvicina uno, che mi mitraglia di domande. Stringo gli occhi e scuoto leggermente la testa, che universalmente significa: “E’ inutile che ti accolli. Evapora“. Ma lui non batte ciglio, per cui credo di capire di aver risposto di sì a una specie di proposta in linguaggio elfico-lagunare “ofrirajnlaejrvinoohcichetooo?” (ovvero: “bevi?”), e mi ordina un barile di un liquame stranissimo, che considerando che sto fumando e tengo la giacchetta dovrei essere un giocoliere nano scappato dal Circo Togni per farcela, oppure dovrebbe reggere tutto lui ficcandomi una cannuccia in gola. Sto mostro della Laguna. Con i soli muscoli che riesco a muovere gli mimo, diovirzì, che non voglio bere, voglio fumare e possibilmente poi annà a dormì, da sola. Mi guarda incredulo, come se tra i due lui brillasse per fascino e la deficiente fossi io. Decido di evaporare io allora, nel modo più elegante possibile, trattenendo quell’impeto improvviso di fargli il dito medio mi avvio verso le mie amiche, barcollando (niente, la dignità non è più il mio forte già dopo due cocktail) e mi levo dalle palle.

Detto questo visto che continuavo a sentirmi poco a mio agio e pressata come una fetta di lattuga in un hamburger mi guardo intorno con orrore, e a un certo punto ho temuto persino che si fosse imbucato Aronofsky e al suo tre tutta quella gente iniziasse a sbranarmi come un pollo allo spiedo, per cui al minimo cenno delle mie amiche di andarcene scodinzolo come un Labrador. Ci dormo (male) su. Stamattina me facevano male pure le ciglia ma decido di andare comunque a vedere i Manetti, e mentre stavo per rimuovere una frase in particolare mi rievoca l’esperienza carnaio di ieri, fa più o meno così ‘per loro l’umanità è come a pummarola ncopp o spaghetto avvongole. Non conta nu cazz’.

P.S. gli autori ci tengono a sottolineare che i fatti sono spesso (ma non sempre) romanzati a partire da cose realmente accadute, questo per tranquillizzare qualsivoglia fan di qualsiasi attore, regista, organizzatore di party, protettore di morti di fi*a li legga per sbaglio, involontariamente, o mentre è al cesso, compreso Michael Caine.

The Third Murder: recensione del film di Kore-Eda Hirokazu

The Third Murder: recensione del film di Kore-Eda Hirokazu

Chi lo dice che il genere dei legal drama è un’esclusiva degli americani? Il grande regista giapponese Kore-Eda Hirokazu presenta in Laguna la sua ultima fatica cinematografica, The Third Murder, che esplora il tema spinoso della giustizia e della ricerca della verità in un’aula di tribunale.

In The Third Murder dopo essere stato ingiustamente licenziato, il signor Misumi Takashi (Yakusho Koji), già accusato e condannato in passato per altri due omicidi, uccide in maniera brutale il suo ex capo e dà fuoco al cadavere lungo il letto di un fiume. L’efferatezza dell’assassinio e la confessione spontanea dell’uomo, che ha già scontato trent’anni per omicidio, lo riconducono in prigione; a causa del suo passato e quindi dell’aggravante della recidiva, l’uomo rischia stavolta la pena capitale. Ma qualcosa nel suo comportamento non convince Shigemori Tomoaki (Fukuyama Masaharu), il suo avvocato – figlio del giudice che lo aveva condannato trent’anni prima -, che farà di tutto per difenderlo e scoprire la verità.

The Third Murder - Kore-Eda Hirokazu

Il nipponico Hirokazu porta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia un film decisamente lontano dal suo stile ma non per questo meno incisivo. Utilizzando come espediente la storia di Misumi, il regista fa una profonda riflessione su come verità e giustizia oggigiorno non sempre viaggino sullo stesso binario. All’interno di un carcere e poi del tribunale, i protagonisti di The Third Murder discutono non solo di quale sia la punizione adatta per l’imputato ma anche, indirettamente, di cosa sia eticamente giusto. Nonostante gli avvocati siano considerati persone senza scrupoli pronte a tutto pur di far carriera e guadagnar soldi difendendo anche le persone più abbiette, Shigemori si appassiona al caso di Misumi e pian piano cerca di ricostruire il puzzle di quella nefasta notte. Le sue indagini porteranno alla luce drammi familiari dimenticati svelando segreti ingombranti e riaprendo così vecchie ferite.

The Third Murder - Kore-Eda Hirokazu

La narrazione è fluida e le due ore del film scorrono senza intoppi anche se il regista, per creare la giusta tensione emotiva, si ritrova spesso a giocare con le inquadrature e con i prolungati silenzi interrotti solo dalla magnifica musica di Ludovico Einaudi. Sono molte infatti le scene di confronto tra Misumi e Shigermori in carcere i quali, divisi solo da un vetro, passano il loro tempo a studiarsi a vicenda più che a discutere davvero della strategia giusta per il processo. I due protagonisti rappresentano infatti verità e giustizia e sono le due facce della stessa medaglia; durante i colloqui il riflesso sul vetro del viso dell’uno si sovrappone e quasi si confonde con quello dell’altro, un espediente fin troppo banale ma di grande effetto.

Ma quello che destabilizza è di sicuro il finale che ci lascia sommersi dai dubbi; le dichiarazioni dell’imputato continuano a depistarci e a non trovare riscontro nelle scoperte fatte durante le indagini dal suo avvocato che, come lo spettatore, non riesce a rassegnarsi all’idea di perdere in aula, condannando così un uomo a morte certa. Ma del resto, come dice proprio Shigemori all’inizio del processo ad uno dei suoi associati, lo scopo di un bravo avvocato “non è trovare la verità ma la sua versione più convincente”. Una storia, quella di The Third Murder, dolceamara, piena di pathos e colpi scena che aiuta a riflettere ma che ci lascia con l’anima a brandelli.

Leggi anche, Venezia 74: Victoria and Abdul recensione del film di Stephen Frears

Diva! recensione del film di Francesco Patierno #Venezia74

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Diva! recensione del film di Francesco Patierno #Venezia74

Sky arte HD e Viva film hanno prodotto Diva!, dedicato a Valentina Cortese, una delle più importanti attrici italiane ancora in vita, che ha lavorato con Fellini, Truffaut e per molti anni per a Hollywood. 8 attrici, Barbora Bobulova, Anita Caprioli, Carolina Crescentini, Silvia d’Amico, Isabella Ferrari, Anna Foglietta, Carlotta Natoli, Greta Scarano danno voce all’autobiografia dell’attrice, scritta qualche anno fa “Quanti sono i domani passati” in cui ripercorre andando a ritroso, la sua vita sul set, sul palcoscenico e quella sentimentale, negli Stati Uniti e in Italia dove ebbe una relazione burrascosa con Giorgio Strehler.

Il documentario inizia con quella che è forse la sua interpretazione più famosa: l’attrice italiana nel film Effetto notte  di François Truffaut, di cui ci vengono raccontati degli aneddoti interessanti. La vita professionale e personale ricca di colpi di scena che viene raccontata nel libro viene riproposta sullo schermo incarnata nelle attrici contemporanee, forse anche per testimoniare quanto Valentina Cortese fosse molto avanti con i tempi, curiosa e coraggiosa. L’amore per la recitazione, per il suo mestiere emerge già dalla giovane età quando abitava a Stresa sul lago Maggiore, organizzando spettacoli teatrali con le sue amiche.

Il film Diva! è vorticoso come la vita della Cortese, diva anzitempo, donna testarda, amata da uomini forti, come Jules Dassin e appunto Giorgio Strehler che in questo film è interpretato da Michele Riondino che legge una lettera che il regista del Piccolo scrisse a Valentina Cortese e che testimonia come la loro fosse una relazione tra due persone di carattere forte un tiro alla fine in cui i compromessi erano essenziali per restare in equilibrio e andare avanti.

Il regista Francesco Patierno che debuttò nel 2002 al Festival di Berlino con Pater Familias da tempo si dedica al documentario, ha realizzato La guerra dei vulcani sulla storia di amore e tradimento del triangolo Rossellini-Magnani-Bergman e l’anno scorso ha portato alla Festa del cinema di Roma il documentario d’archivio Napoli ‘44 sul bombardamento della città partenopea realizzato con la collaborazione di Benedict Cumberbatch. Dal 2012 è presidente di Venezia Classici, la sezione del Festival dedicata ai restauri dei film classici. Diva! è stato presentato come proiezione speciale al Festival del cinema di Venezia 74 e sarà mandato in onda su Sky Arte HD a dicembre.

Sweet country: recensione del film di Warwick Thornton

Sweet country: recensione del film di Warwick Thornton

Sweet country, un western lentissimo, con tutti i canoni di questo genere, ma trasportato nella terra dei canguri. Una vicenda di razzismo, intolleranza e ignoranza, non troppo distante in fondo da quello che succede ai nostri giorni.

Sweet country, la trama

Nel 1929, in una regione brulla e inospitale del nord dell’Australia, i nativi aborigeni vengono sfruttati e impiegati per lavori umili e massacranti a supporto dei coloni bianchi, degli stolti bifolchi che vivono di bestiame. Uno  di questi aborigeni, Sam, uccide per difesa della propria famiglia un proprietario terriero bianco, Harry March. Si trova così costretto a fuggire insieme alla moglie Lizzie. Ma dopo un lungo periodo di latitanza scopre che la donna aspetta un bambino, in conseguenza dello stupro subito dall’uomo da lui ucciso. Per proteggerla si consegna alla giustizia, affrontando un lungo processo affidato al giudice Taylor.

Sweet countryWarwick Thornton il regista, spiega che il film non è frutto di fantasia: “Il film è basato su una vera storia, raccontatami dallo scrittore David Tranter, dell’aborigeno Wilaberta Jack, che negli anni venti fu arrestato e processato per l’omicidio di un uomo bianco nella Central Australia. Wilaberta Jack è Sam, diventato un personaggio indipendente, con una sua storia. Se Sam è il cardine della trama su cui tutto ruota, la vicenda riguarda anche Philomac, giovane aborigeno di quattordici anni, che vive in una fattoria e sta per diventare adulto, mentre si ritrova coinvolto nella rivoluzione sociale e nel conflitto culturale della vita di frontiera nella Central Australia degli anni venti.

Sweet Country girato nella catena montuosa delle MacDonnell Ranges, vicino ad Alice Springs è un western tipico, caratterizzato da tutti quegli elementi che rendono riconoscibile il genere: la terra di frontiera, la sopraffazione delle popolazioni indigene locali, l’arroganza e la sfrontatezza dei colonizzatori, i panorami mozzafiato che caratterizzano una terra bellissima quanto ostile, il continuo confronto con la natura.

E il regista afferma di aver voluto costruire proprio un western per cercare di avvicinare di più il pubblico alla storia e ai contenuti che voleva sottolineare, creando una sorta di favola per descrivere l’oppressione e la sopraffazione di un popolo.

Sweet Country purtroppo non presenta nulla di originale, ha dei tempi estremamente dilatati e non riesce mai a coinvolgere completamente, avanza in maniera stanca verso il processo finale, raccontando fatti ormai già visti e abusati nel cinema. Non basta sapere che si tratta di una storia vera, per quanto ingiusta e tragica possa essere, per mantenere alta l’attenzione.

Mudbound: trailer del film Netflix con Carey Mulligan

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Mudbound: trailer del film Netflix con Carey Mulligan

Netflix ha diffuso il trailer di Mudbound, il nuovo film originale diretto da Dee Rees presentato al Sundance Film Festival 2017. Nel cast Carey Mulligan, Jason Clarke, Rob Morgan, Mary J. Blige e Garrett Hedlund.

Mudbound sarà disponibile in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo a partire dal 17 Novembre 2017.

Mudbound, trama

Ambientato tra le campagne degli Stati Uniti meridionali durante la Seconda Guerra Mondiale, Mudbound è la storia epica di due famiglie, messe l’una contro l’altra da una gerarchia sociale spietata, eppure legate dalla terra che lavorano: il Delta del Mississippi.

Mudbound segue le vicende della famiglia McAllan, che si è da poco trasferita in Mississippi dalla tranquilla città di Memphis e non è preparata alle difficoltà della vita di campagna. Nonostante i sogni grandiosi di Henry (Jason Clarke), sua moglie Laura (Carey Mulligan) continua a credere nei progetti senza speranze di suo marito.

Nel frattempo, Hap e Florence Jackson (Rob Morgan, Mary J. Blige) – mezzadri che hanno lavorato la terra per intere generazioni – lottano con coraggio per realizzare i propri sogni nonostante le rigide barriere sociali che devono affrontare.

La guerra stravolge i piani di entrambe le famiglie, mentre i loro cari appena tornati, Jamie McAllan (Garrett Hedlund) e Ronsel Jackson (Jason Mitchell), stringono un’amicizia difficile, che sfiderà la brutale realtà in cui vivono: il Sud delle Leggi Jim Crow.

Miss Sloane – Giochi di Potere recensione del film con Jessica Chastain

Esce il prossimo 7 settembre Miss Sloane – giochi di potere, film diretto da  John Madden, il regista del film premio Oscar Shakespeare in Love (1998). La pellicola sceglie di raccontare l’inusuale mondo delle lobby politiche, ponendosi a metà strada tra il genere del politic drama e quello del thriller imprevedibile.

Elizabeth Sloane (Jessica Chastain) è una lobbista di Washington abituata a vincere le sue cause con qualsiasi mezzo possibile. Algida e cinica, non prova troppi rimorsi nell’utilizzare i sentimenti delle persone affinché possano servire ai suoi scopi. Proprio per la sua freddezza, le viene fatta  un’offerta vantaggiosa nientepopodimeno che dalla lobby delle armi, affinché promuova la loro causa tra l’elettorato femminile. Più per sfida che per motivi etici, Miss Sloane deciderà di schierarsi con l’opposizione, lavorando per una società che sta cercando di far approvare un disegno di legge che ponga un più severo controllo sulle armi.

Miss SloaneIl ruolo, a detta del regista, è stato pensato appositamente per la Chastain, che difatti regge su di sé l’intero film. L’attrice è riuscita a rendere in maniera perfetta questa figura di donna in carriera “assolutista”, che non contempla i sentimenti o il rispetto altrui non tanto perché non è capace di provarli, quanto perché li considera un cattivo investimento. Elizabeth Sloane è una stratega, e in quanto tale prevede e anticipa le mosse degli avversari. Talmente bene che l’apparente impossibilità di opporsi alla lobby delle armi, è una sfida alla quale non può sottrarsi. Nonostante i rischi che questa comporti e che infatti metteranno a repentaglio la sua carriera.

Il punto debole del film risiede nella scelta avventata di aver dato carta bianca ad un solo ed inesperto sceneggiatore: l’inglese Jonathan Pereira. Al suo primo copione, Pereira concepisce una storia che prende spunto da un avvenimento di cronaca reale, quello di un lobbista finito in prigione per un illecito. Il suo limite sta nel voler strafare. Lo sceneggiatore mette troppa carne al fuoco, infarcendo il film di paroloni tecnici e svariate sotto-trame che male si conciliano col ritmo serratissimo, tipico dei film di spionaggio.

Per i primi venti minuti si segue una storia, quella dell’andamento di mercato relativo all’olio di palma, che apparentemente non c’entra nulla con le restanti due ore.  Il tono del film è altalenante: inizialmente  scende nel tedio delle tematiche burocratico-politiche, poi si fa più incalzante, quasi frenetico, nel seguire le lotte tra speculatori a suon colpi di scena (telefonatissimi).

Miss SloanIl più grande difetto di Miss Sloane – giochi di potere è di essere un film che parla un suo linguaggio e non si preoccupa che questo possa essere compreso da altri. Ammesso e non concesso che lo spettatore mastichi termini di macroeconomia ( più o meno universalmente riconosciuti), non è plausibile che si conosca altrettanto bene la scienza politica made in USA, costante imprescindibile di queste due ore di film. E se nonostante ciò è encomiabile il labile tentativo di critica nei confronti dell’ormai vetusta costituzione americana (su tutti, il secondo emendamento, che sancisce il diritto di possedere armi),  rimane lampante l’ambiguitá tipica statunitense che giustifica e promuove leggi scritte due secoli fa.

Così Miss Sloane, che vorrebbe parlare – se non provocare – riguardo al tema della libera  detenzione delle armi e delle stragi fatte in sua causa, in realtà si esprime in termini volutamente poco comprensibili. Su un tema analogo si veda il più accattivante e, nella sua irriverenza, azzeccato Thank You For Smoking (2005).

The Man Who Invented Christmas: trailer con Dan Stevens

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The Man Who Invented Christmas: trailer con Dan Stevens

Ecco il primo trailer di The Man Who Invented Christmas, biopic con Dan Stevens nei panni di Charles Dickens. Di seguito il video:

La pellicola, la cui sceneggiatura è firmata da Susan Coyle (Mozart in The Jungle) racconta la figura di Charles Dickens da un punto di vista più umano e complesso.

Queste le dichiarazioni di Stevens sulla pellicola:

“È qualcosa di intrigante e divertente. Ho pensato che fosse una ventata di aria fresca, soprattutto in Inghilterra dove Dickens è posto su un piedistallo. Ma il ragazzo era in alcuni momenti infantile e giocoso e in altri un po’ oscuro e poco piacevole.”

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

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Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Ecco la prima immagine ufficiale di Rami Malek nei panni di Freddie Mercury per il biopic Bohemian Rhapsody, che sarà diretto da Bryan Singer.

A dirigere Bohemian Rhapsody è stato chiamato Bryan Singer, che conferma ufficialmente la sua partecipazione al progetto dopo una lunga trattativa. Bryan May e Roger Taylor, membri dei Queen, saranno i produttori esecutivi. Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione, data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.

Il ruolo di Freddie Mercury, per molto tempo passato dalle mani di Sacha Baron Cohen a quelle di Ben Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie premiata e arrivata alla terza stagione. Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, in Bohemian Rhapsody ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon. Il film è diretto da Bryan Singer.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Miss Sloane: nuove immagini dal film con Jessica Chastain

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Miss Sloane: nuove immagini dal film con Jessica Chastain

Sono state diffuse nuove immagini da Miss Sloane, il film con Jessica Chastain in arrivo al cinema il 7 settembre prossimo. Eccole di seguito: [nggallery id=3166]

Miss Sloane: in Italia dal 7 settembre, il trailer

John Madden ha diretto successi cinematografici internazionali, come “Ritorno al Marigold Hotel”, “Il Mandolino del Capitano Corelli” e “Shakespeare in Love” per il quale è stato candidato al Premio Oscar come miglior regia nel 1999.

Nel mondo dei power-broker e dei mediatori politici, dove le poste in gioco sono altissime, Elizabeth Sloane (Jessica Chastain) è una lobbista straordinaria, la più ricercata a Washington. Famosa per la sua astuzia e una lunga storia di successi, ha sempre fatto qualsiasi cosa per vincere, ma quando deve affrontare l’avversario più potente della sua carriera, scopre che la vittoria può costarle un prezzo troppo alto.

Star Wars Episodio IX: Colin Trevorrow lascia il film

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Dopo Miller e Lord, che hanno lasciato la regia di Han Solo a produzione inoltrata, anche Colin Trevorrow lascia un progetto alla Lucasfilm: Star Wars Episodio IX.

Il regista era stato scelto per dirigere il capitolo conclusivo della nuova trilogia, ma un comunicato della Studio ha annunciato che entrambe le parti sono state d’accordo a togliere la regia del film a Trevorrow a causa di “differenti visioni per il progetto”.

Colin Trevorrow lascia la regia di Star Wars Episodio XIII

Al momento le riprese sono previste per Gennaio 2018, ma a questo punto ci aspettiamo uno slittamento. Intanto già fioccano i nomi per sostituire Trevorrow e tra questi spiccano JJ Abrams e Rian Johnson, i registi di Episodio VII e VIII.

CORRELATI:

Il prossimo appuntamento con la saga è a dicembre con l’Episodio VIII. Il film sarà diretto da Rian Johnson e arriverà al cinema il 15 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende immediatamente successive a Il Risveglio della Forza.

In Star Wars Gli Ultimi Jedi torneranno Mark Hamill, Carrie Fisher, Adam Driver, Daisy Ridley, John Boyega, Oscar Isaac, Lupita Nyong’o, Domhnall Gleeson, Anthony Daniels, Gwendoline Christie e Andy Serkis. Gli altimi attori unitisi al cast sono Benicio Del Toro, Laura Dern e Kelly Marie Tran.

Venezia 74, red carpet: gli scatti più belli dalla Mostra

Venezia 74, red carpet: gli scatti più belli dalla Mostra

Non solo film e sezioni, ma anche abiti, ospiti, eleganza e originalità. Anche questo è Venezia 74 e ve lo mostriamo in alcuni scatti realizzati durante la Mostra sul tappeto rosso che porta alla Sala Grande, dove viene presentata la magia del cinema. [nggallery id=3163]

Foto di Massimiliano Rocchi.

Il Festival di Venezia 2017 si svolge al Lido dal 30 agosto al 9 settembre.

Segui il nostro speciale di Venezia 74

The Devil’s Candy recensione del film di Sean Byrne

The Devil’s Candy recensione del film di Sean Byrne

Esce venerdì 8 settembre The Devil’s Candy, un nuovo film prodotto dalla Midnight Factory. Questa piccola casa di distribuzione, nata da una cellula della Koch Media Italia, è relativamente nuova nel settore, ma vanta il merito di avere come obiettivo primario quello di portare in Italia film poco conosciuti, pellicole indipendenti e classici del passato rimasterizzati… il tutto, rigorosamente di genere horror.

Grazie alla Midnight Factory abbiamo potuto godere anche in Italia di ottime opere come Babadook, It Follows, The Invitation, Somnia e molti altri. Questo autunno ci porta sui grandi schermi The Devil’s Candy, nuovo film di Sean Byrne, qui alla sua seconda opera dopo il discreto The Loved Ones (2009).

La storia gira attorno ad una famigliola americana piuttosto sui generis. Mamma, papà e figlioletta sono infatti fan sfegatati della musica heavy metal, genere di per sé poco rilassante. Sulle note vibranti di Killing Inside dei Cavalera Conspiracy si recano a comprare la loro nuova casa. Che manco a dirlo risulta avere qualcosa che non va, e li farà imbattere in strani avvenimenti provocati dall’inquietante ex inquilino della magione (Pruitt Taylor Vince).

Il suono ha una parte molto importante. La pellicola si apre con accordi sconnessi ma assordanti di una Gibson Flying V (la chitarra più amata dai musicisti “dannati”: da Jimi Hendrix ad Eddie Van Halen, passando per Keith Richards), che per altro riveste un ruolo simbolico piuttosto interessante. Lo strumento, nella sua variante rosso fuoco, è spesso accostato al crocifisso capovolto, lungo tutta la durata del film.

Sembra che la trama sia stata in parte ispirata alla leggenda secondo cui il musicista Robert Johnson avesse fatto un patto col diavolo per diventare il miglior chitarrista vivente.

Contrariamente a quanto vuole a tutti i costi dimostrare, The Davil’s Candy non è un film particolarmente innovativo. Classico horror su una casa stregata, risulta essere piuttosto un Amityville in salsa metal. Non brilla per colpi di scena o per trovate narrative, ma nella sua prosaicità è comunque un prodotto dignitoso.

È apprezzabile lo sforzo di questo piccolo film indipendente, per esempio nell’uso di un linguaggio visivo simbolico: un protagonista dannato con le fattezze del Messia; l’uso frequente del colore rosso come riferimento alla tentazione e al peccato; la pittura come mezzo attraverso cui parla la nostra anima.

Ma la sensazione che l’uso di una colonna sonora così particolare sia solo uno specchietto per le allodole (per attirare quella particolare fetta di fan), è forte e persistente.

Per chi ama questo genere di musica, o per chi ama la musica e basta, si veda la commedia Tenacius D e il Destino del Rock.

L’incredibile vita di Norman: trailer ufficiale con Richard Gere

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L’incredibile vita di Norman: trailer ufficiale con Richard Gere

Lucky Red ha diffuso il trailer ufficiale di L’incredibile vita di Norman, il film di JOSEPH CEDAR con protagonisti nel cast Richard GereSteve Buscemi, Charlotte Gainsbourg, Lior Ashkenazi e Michael Sheen.

Se chiedi a Norman Opphennaimer quale sia il suo mestiere la risposta sarà “se le serve qualcosa io gliela trovo!”. Con una delle migliori interpretazioni di sempre, Richard Gere è Norman, un navigato affarista di New York alla disperata ricerca di attenzioni e amicizie che possano cambiargli la vita. La sua è una corsa continua a soddisfare i bisogni degli altri nella speranza di trovare un giorno rispetto e riconoscimento da sempre desiderati. Quando viene eletto Primo Ministro un uomo a cui anni prima Norman aveva fatto un favore, quel giorno che tanto aveva desiderato sembra finalmente arrivato. Ma sarà davvero come lo immaginava?

L’incredibile vita di Norman è una commedia intelligente e profonda sull’importanza delle relazioni e sul bisogno di contare col quale prima o poi tutti nella vita facciamo i conti.

Dove cadono le ombre da oggi al cinema

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Dove cadono le ombre da oggi al cinema

Dove cadono le ombre, il film diretto da Valentina Pedicini e con  Elena Cotta, Federica RoselliniJosafat Vagni e Lucrezia Guidone da oggi al cinema.

Presentato in concorso alle Giornate degli Autori della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia la pellicola racconta di Anna e Hans, infermiera e suo assistente di un vecchio istituto per anziani, sono due anime “bambine” incastrate in corpi di adulti.

Intrappolati nel tempo e nello spazio, si muovono tra le stanze e il giardino di quello che era un ex orfanotrofio, come se qui si consumasse tutta la vita, dall’infanzia alla morte, come se non ci fosse luogo più accogliente al mondo di quello che li ha visti prigionieri nell’infanzia. Dal passato riappare Gertrud, una vecchia signora dai modi gentili; tutto sembra precipitare, il nastro dell’orrore sembra riavvolgersi.

Il male è bianco, come il camice di Gertrud, come le pareti dell’ala ovest, la zona delle torture. L’istituto perde dunque i contorni attuali e torna ad essere ciò che era; ricovero crudele di bambini jenisch sottratti alle famiglie, tempio di un progetto di eugenetica capitanato proprio da Gertrud. Anna, schiava di quel luogo e di un’infanzia dolorosa che non termina mai, riprende con forza le ricerche di Franziska, amica amata di una vita della quale ha perso le tracce molto tempo prima e che cerca ovunque e senza sosta. Ispirato a una storia vera, a settecento storie vere.

King Arthur – Il potere della spada in blu-ray e dvd

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King Arthur – Il potere della spada in blu-ray e dvd

King Arthur – Il potere della spada, nuova versione cinematografica della storia di Re Artù, è disponibile dal 23 agosto su tutte le piattaforme digitali e dal 6 settembre in DVD, Blu-Ray, Blu-Ray 3D e 4K Ultra HD distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia.

Il poliedrico regista Guy Ritchie (Sherlock Holmes) imprime il suo inconfondibile stile dinamico e pieno d’azione al genere epico fantasy, proponendo una versione irriverente del classico mito di Excalibur, che segue il tumultuoso percorso di Arthur dalla strada al trono. Nel cast, Charlie Hunnam (Sons of Anarchy, Crimson Peak) il candidato all’Oscar Jude Law (The Young Pope, Il talento di Mr. Ripley, Ritorno a Cold Mountain), Astrid Bergès-Frisbey (Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare), il candidato all’Oscar Djimon Hounsou (In America – Il sogno che non c’era, Blood Diamond – Diamanti di sangue, Fast & Furious 7), Aidan Gillen (Il Trono di Spade, Queer as Folk, The Wire) e Eric Bana (Hulk, Star Trek, Troy).

King Arthur – Il potere della spada SINOSSI

Quando il padre del piccolo Artù viene assassinato, suo zio Vortigern si impadronisce del trono. Privato dei diritti che gli spetterebbero per nascita e senza sapere chi sia realmente, Artù riesce a sopravvivere nei vicoli oscuri della città e solo quando estrae la mitica spada dalla roccia la sua vita cambia radicalmente ed è costretto ad accettare la sua vera eredità… che gli piaccia o meno.

King Arthur – Il potere della spada DVD

Durata: 121 min. ca.

Lingue: Dolby Digital: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Francese 5.1, Tedesco 5.1.

Sottotitoli: Francese, Olandese. Non udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.

Contenuti speciali: Arthur with Swagger – Charlie Hunnam è un gentiluomo, bel fusto e un tipo tosto.

King Arthur BLU-RAY

Durata: 126 min. ca.

Video: 1080p High Definition 16×9 2.4:1

Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1. Dolby Atmos True HD: Inglese. Dolby Digital: Inglese 5.1, Spagnolo 5.1, Francese 5.1.

Sottotitoli: Francese, Spagnolo, Svedese, Norvegese, Islandese, Finlandese, Olandese, Danese. Non udenti: Italiano, Inglese.

Contenuti speciali: possono essere in Alta Definizione. Lingue e Sottotitoli possono variare:

  • Arthur with Swagger – Charlie Hunnam è un gentiluomo, bel fusto e un tipo tosto.
  • Sword from the Stone – Guy Ritchie porta il 21esimo secolo in una delle leggende inglesi più iconiche nella realizzazione di Camelot per un nuovo pubblico.
  • Parry and Bleed – Charlie e il resto del cast frequentano un corso intensivo di scherma in stile vichinghi contro sassoni.
  • Building on the Past – Londinium riprende vita con un nuovo design da città urbana medievale, costruita dal nulla.
  • Inside the cut: the Action of King Arthur – la stunt coordinator Eunice Huthart insieme al regista Guy Ritchie ricreano insieme le strabilianti sequenze di azione in King Arthur.
  • Camelot in 93 Days – Amicizia e amore si rinforzano e si indeboliscono mentre il set prende vita in 93 giorni.
  • Legend of Excalibur – La spada più famosa del mondo viene ricreata per una nuova generazione.
  • Scenic Scotland – Una grandiosa produzione avvolta nella gloriosa location della Scozia.

King Arthur – Il potere della spada BLU-RAY 3D

Durata: 126 min. ca.

Video: 1080p High Definition 16×9 2.4:1

Lingue: Dolby Digital: Italiano 5.1, Inglese 5.1, Spagnolo 5.1, Portoghese 5.1, Francese 5.1., Ceco 5.1, Ungherese 5.1, Turco 5.1. DTS-HD Master Audio: Inglese 5.1, Tedesco 5.1.

Sottotitoli: Francese, Portoghese, Spagnolo, Arabo, Bulgaro, Croato, Ceco, Ebraico, Ungherese, Romeno, Sloveno, Turco. Non udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.

King Arthur – Il potere della spada 4K ULTRA HD

Durata: 126 min. ca.

Video: 2160p Ultra High Definition 16×9 2.40.

Lingue: DTS-HD Master Audio: Italiano 5.1. Dolby Digital: Inglese 5.1, Polacco 5.1, Ceco 5.1, Ungherese 5.1, Russo 5.1, Spagnolo 5.1, Tailandese 5.1. Dolby Atmos True HD: Inglese, Francese, Tedesco.

Sottotitoli: Cinese, Ceco, Svizzero, Danese, Olandese, Finlandese, Ungherese, Coreano, Norvegese, Polacco, Portoghese, Russo, Spagnolo, Svedese, Tailandese, Cantonese, Francese, Arabo. Non Udenti: Italiano, Inglese, Tedesco.

Baby Driver – Il genio della fuga da domani al cinema

Baby Driver – Il genio della fuga da domani al cinema

Baby Driver – Il genio della fuga, al cinema dal 7 settembre diretto da Edgar Wright, distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia in 350 copie. Il cast è composto da Ansel Elgort, Lily James, Jon Bernthal, Eiza González, Jon Hamm e dagli attori premio Oscar Kevin Spacey e Jamie Foxx. Il film, presentato lo scorso marzo al South by Southwest Festival di Austin e celebrato dalla critica internazionale, campione d’incassi al Box office americano. Baby Driver – Il genio della fuga è una commedia che mescola crimine ed inseguimenti in auto arricchita da una colonna sonora elettrizzante composta da canzoni di generi musicali diversi e di differenti epoche.

Il genio della fuga recensione del film di Edgar Wright 

 
“Il film si apre con il sogno del protagonista di essere un driver ma si trasforma ben presto nell’incubo di essere un criminale – racconta Edgar Wright, regista del film e già autore della Trilogia del Cornetto, che aggiunge – All’inizio va tutto per il meglio, poi rapidamente le cose iniziano a peggiorare con tutte le conseguenze che ne derivano”. Protagonista del film nel ruolo di Baby è Ansel Elgort che sul primo incontro con il regista Edgar Wright racconta: “Ci siamo incontrati a Los Angeles per un pranzo e abbiamo parlato di musica per più di due ore. Quel giorno non sapevo ancora molto sul film ma io e Edgar abbiamo condiviso il nostro grande amore per la musica”.

Baby Driver – Il genio della fuga, Kevin Spacey è Doc

“Ho scelto questo ruolo per il viaggio che compie il mio personaggio durante il film. Amo interpretare personaggi nei confronti dei quali il pubblico è portato a mutare il proprio giudizio – dichiara l’attore Premio Oscar, che sul suo personaggio aggiunge – Non mi piacciono le figure in bianco o in nero, buone o cattive, piuttosto mi piace lavorare in quello spazio più grigio, come accaduto in Baby Driver – Il genio della fuga“.
 
Sinossi: Un giovane pilota si presta a fughe criminali, affidandosi nella guida al ritmo incalzante della sua musica preferita, per essere il migliore nel campo. Costretto a lavorare per un boss, metterà a rischio la vita, la libertà ed il suo amore a causa di una rapina destinata al fallimento.

In dubious battle recensione del film di e con James Franco

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In dubious battle recensione del film di e con James Franco

In dubious battle è stato presentato l’anno scorso nella sezione Cinema in giardino del Festival di Venezia, e ora esce in sala a partire dal 7 settembre.

Jim Nolan (Nat Wolff) aderisce al partito comunista della sua cittadina, e trova in Mac Mc Cloud (James Franco) un mentore da seguire e da cui farsi ispirare. Mc Cloud sta cercando di organizzare uno sciopero di raccoglitori di mele, il cui salario viene ridotto arbitrariamente dai datori di lavoro.

Grazie alle parole di Mc Cloud, ma anche all’aria onesta di Nolan, molti dei raccoglitori si convincono che lo sciopero sia la soluzione migliore, anche se costerà loro ulteriori sacrifici.

Una volta mescolatosi con i raccoglitori, il giovane Jim Nolan non può che empatizzare con loro e innamorarsi di Lisa (Selena Gomez), tutti fattori che alimentano i dubbi sulla sincerità dell’operato del partito e di Mac McCloud.

Nuova prova di regia per James Franco, che adatta nuovamente un grande autore americano per il cinema, dopo aver portato sullo schermo Faulkner (As I lay Dying) e Mc Carthy (Child of God), avvicinandosi così, sia per lo stile di regia che per i contenuti a John Ford.

In dubious battle è infatti l’adattamento di un’opera di John Steinbeck, autore di Furore, portato sul grande schermo appunto da Ford. Come molte delle opere di Steinbeck, e le prime di Ford, il focus è sui lavoratori e gli operai che contribuiscono a far crescere gli Stati Uniti ma che spesso sono sfruttati da datori di lavoro interessati più al profitto che al benestare dei propri dipendenti.

James Franco parla di un argomento che da sempre è tabù o di difficile discussione negli Stati Uniti: i sindacati e i diritti dei lavoratori, e lo spettro, se così si può chiamare, di comunismo che questa parola porta con sé.

Quello che emerge però nella messa in scena del regista, è l’ipotesi della correttezza dell’operato degli attivisti nei confronti dei lavoratori; il film si mantiene in equilibrio tra il bene e il male, tra il sospetto che il partito usi qualsiasi mezzo per portare avanti le sue posizioni e le sue azioni e la certezza che lo faccia per il bene dei lavoratori.

In questa sospensione si mantiene la pellicola per tutta la sua durata, così come il suo protagonista Jim, che non riesce ad amare completamente il suo mentore, ma non riesce neanche a contestarlo, neanche di fronte alle azioni più turpi.

Per In dubious battle, Franco mette poi insieme un cast eterogeneo, che probabilmente punta ad attirare un pubblico più possibilmente variegato: da un lato mostri sacri come Ed Harris e Robert Duvall, oltre che il recentemente scomparso Sam Shepard; dall’altro alcuni idoli “pop” tra cui lui stesso, che si ritrova, come il suo film, in bilico tra le commedie demenziali con Seth Rogen e l’impegno in teatro e nelle università con i classici dei grandi autori americani, Nat Wolff, visto in Paper Towns al fianco di Cara Delevingne, e Selena Gomez, diva di Instagram, già però utilizzata in un ruolo distante dalle sue corde da Harmony Korine in Springbreakers.

Jennifer Lawrence è la regina del red carpet a Venezia 74

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Jennifer Lawrence è la regina del red carpet a Venezia 74

Un magnifico abito Dior l’ha accompagnata sul red carpet di Venezia 74 e lei, Jennifer Lawrence, non si è affatto risparmiata; tra fan che avevano trascorso la notte all’aperto per lei e fotografi affamati di scatti perfetti la giovane diva è stata la regina per una notte del tappeto rosso della Mostra.

L’attrice premio oscar è stata al Lido per presentare Mother!, film in cui è diretta da Darren Aronofsky, suo attuale compagno, e in cui recita al fianco di Javier Bardem e Michelle Pfeiffer, anche loro a Venezia. Il film è stato presentato nella sezione Concorso Ufficiale.

https://www.youtube.com/watch?v=0PAk_N0sPo0

Venezia 74: Mother! recensione del film con Jennifer Lawrence

Gatta Cenerentola: recensione del film

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Gatta Cenerentola: recensione del film

La Disney ha regalato all’immaginario collettivo una precisa versione di Cenerentola, ma quello che in molti non sanno è che l’originale storia, macabra e oscura, viene dal ventre di Napoli, da quel Seicento letterario, ferbido di arte, che ha visto nascere La Gatta Cenerentola di Giambattista Basile, compresa in Lo Cunto de Li Cunti (stessa ispirazione letteraria de Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone).

Grazie a Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone la storia riceve una nuova rilettura animata, lontana da ogni altra versione mia arrivata al grande pubblico e lontana anche dall’originale letterario, nonostante la chiara ispirazione.

Mia è rimasta orfana dopo che Salvatore ‘o Rre, capoclan del riciclaggio, ha ammazzato suo padre, don Vittorio Basile, uomo di grande ingegno che aveva il progetto di trasformare Napoli in una virtuosa città della scienza. Costretta a vivere in una nave da crociera dismessa nel porto con la matrigna e le sorellastre, viene chiamata Gatta Cenerentola dalle stesse, per cui è costretta a lavorare. Il ritorno di Salvatore rivoluzionerà la sua posizione, mentre verrà a conoscenza di un segreto a lungo ignorato.

Ambientato in una Napoli di cenere, Gatta Cenerentola coniuga toni e temi, tuffandosi nel torbido di una città distopica, in cui il Vesuvio ha ricoperto tutto di un grigio strato che soffoca colori e speranze. In questo tragico e triste scenario si muove il Principe, Primo Gemito, la speranza, o forse, meglio, l’ostinazione nel trovare una via d’uscita dall’impero della malavita rappresentato da Salvatore ‘o Rre.

Sangue, droga e cenere sono gli elementi intorno a cui ruota il racconto che si pregia di momenti musicali dal grande potere evocativo e che rappresentano le battute d’arresto di una storia altrimenti fluida e solida. I colori freddi della città cozzano con l’immaginario napoletano nel mondo e contrastano con i toni invece caldi che vengono utilizzati per i personaggi e le scenografie all’interno della nave da crociera, principale scenario delle vicende legate a Gatta Cenerentola.

Una lettura non convenzionale quella di Rak e compagnia che anche da un punto di vista della narrazione vera e propria sceglie di tagliare il racconto, privando lo spettatore di un finale esaustivo, regalando una piccola speranza di lieto fine senza la certezza che questo ci sia effettivamente per Mia e Primo.

Una fiaba dark, moderna, violenta e sanguigna, come i personaggi che racconta, come la città in cui è ambientata. Gatta Cenerentola è stato presentato in Concorso nella sezione Orizzonti della 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Jim & Andy: The Great Beyond, recensione del doc con Jim Carrey

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Nella ricca sezione di documentari che è stata selezionata per Venezia 74, il fuori concorso offre un delizioso lavoro diretto da Chris Smith e dal titolo improbabilmente lungo e con protagonista Jim Carrey: Jim & Andy: the great beyond – The story of Jim Carrey & Andy Kaufman with a very special, contractually obligated mention of Tony Clifton.

Il film, composto da filmati di repertorio e un’intervista a Carrey, è il racconto del backstage di Man on the Moon, il film biografico in cui l’attore interpreta Andy Kaufman, diretto da Milos Forman. Il ruolo di Kaufman ha fatto conquistare a Jim Carrey il suo secondo Golden Globe (il primo era arrivato per The Truman Show) e gli è costato energie e impegno, un lavoro di immedesimazione che traspare dal materiale d’archivio e che fa letteralmente paura.

I filmati, alternati con i numeri di Kaufman e l’intervista a Carrey, sono stati registrati nel 1998, durante la lavorazione del film, e custoditi per quasi vent’anni dallo stesso Carrey, che ha scelto di renderli pubblici con questo documentario grazie all’aiuto di Smith.

Le immagini mostrano un giovanissimo Jim, star mondiale grazie all’enorme successo dei suoi film quali The Mask e Ace Ventura, alle prese con una immedesimazione nel personaggio totale. Lo stesso Forman ha più volte detto che era frustrante quanto Carrey si fosse trasformato in Andy non solo durante le riprese, ma sempre, continuando a rimanere nel personaggio anche a casa sua, e rendendo le comunicazioni con l’attore molto difficili.

Jim & Andy: the great beyondNon sono mancati litigi sul set, e comportamenti davvero straordinari da parte della famiglia di Kaufman, che all’epoca assecondò la digressione di Carrey in Andy, arrivando a trattarlo come un figlio. Celebre anche l’alterco con il wrestler Jerry Lawre, che partecipò al film e finì per picchiare sul serio Carrey, che non riusciva ad uscire, letteralmente, dai panni di Andy. Altre scene esilaranti dal backstage mostrano Jim, calato nei panni di Andy, calato a suo volta in Tony Clifton, personaggio famosissimo di Kaufman, presunto cantante di Las Vegas, che venne anche interpretato dal suo amico e collaboratore Bob Zmuda (Paul Giamatti nel film).

Quello che viene prepotentemente fuori da Jim & Andy: The Great Beyond non è soltanto l’amore incondizionato e la devozione di Jim Carrey verso Andy Kaufman, non solo un quadro strampalato, per alcuni versi spaventoso di un processo di immedesimazione che non ha nulla a che vedere con quello dei grandi attori di metodo (e di cinema “serio”), ma anche un delicato ritratto di Jim, il volto dietro alle numerose maschere del comico.

Jim Carrey racconta con assoluta sincerità un momento della sua carriera in cui tutto era possibile, in cui ha compiuto la missione di regalare un altro po’ di vita al geniale Kaufman, ma coglie anche l’opportunità di raccontarsi, come sognatore, come artista, come inseguitore di sogni.

L’alba dei morti di f**a: Jennifer Lawrence, il delirio del fan e la fauna del festival

L’anno scorso, e precisamente qui, vi raccontammo la storia surreale e shockante della giornata Fassbender, con degradanti visioni non adatte a un pubblico di persone sensibili sulla perdita di dignità del comparto femminile lidense al fine di ottenere attenzioni dal noto divo irlandese di origine tedesca.

Gente abbarbicata sul muretto adiacente il red carpet fin dalle prime ore del mattino, scottandosi la pelle sotto al sole cocente, rischiando il collasso, urlando istericamente senza motivo pure quando usciva l’addetto alla sicurezza – alle due del pomeriggio. Che cazzo te urli, che i red carpet so’ alle 19.00? – il tutto al fine di ottenere cosa? Piccole cose. Quello che ogni fan si aspetta dal suo beniamino. Un selfie, un sorriso, uno sguardo, trenta centimetri di minchia.

Oggi è uguale, ma in versione maschile. L’oggetto del desiderio è Jennifer Lawrence, che arriva qui per presentare Mother! di Aronofsky, di cui tra poco parliamo perché fa ride per un sacco di motivi. Individui sudaticci delle età più svariate, sexy come uno stronzo fuoriuscito dal vaso ed educati come un galeotto portato in uno strip-club alla sua prima notte libera, si accalcano nelle zone ‘di probabile incontro’ – dalla terrazza dell’Excelsior alla darsena del Casinò, ribattezzata, per questo motivo, darsena del casino – scambiandosi ammiccamenti e battute della finezza di un salame di cioccolato sulle modalità in cui si accoppierebbero ripetutamente con la bionda interprete di Hunger Games.

Urlano sguaiati e profumano come caprini stagionati, e poi si lamentano se lei non si ferma. “Se la tira”, dicono. E te credo, che se la tira, che se ve la tira a voi, come minimo si deve fare lavande vaginali per sei anni. Non aiuta l’invidia. Infatti, nel film, che abbiamo visto stamattina, fin dall’inizio si capisce che accadranno cose inquietanti,  la più spaventosa delle quali è che Jennifer, giovane attraente e con le puppe a pera, sta con un vecchio panzone impotente come Javier Bardem.

Alt, fan di Javier Bardem, che già vi vedo nervosetti e non vorrei che vi partisse la brocca come l’altro ieri a quelli di Lapo Elkann, che ci hanno scritto inviperiti manco gli avessimo insultato la mamma. Non stiamo dicendo che Javier Bardem è un vecchio panzone impotente, ma che è molto bravo a interpretare quel ruolo. Forse perché gli calza a pennello. (Ok, stiamo dicendo che Bardem è un vecchio panzone impotente – si chiama ironia – ma in questo modo vi confondiamo così se siete dei cacacazzi che non capiscono l’ironia avete già smesso di leggere e non ci romperete le palle con le vostre proteste. Se invece siete intelligenti continuate).

E poi niente, un incubo lucido, gente inquietante che ti bussa alla porta, pestaggi, cannibalismo (aridaje, dopo il giapponese di ieri), cuori strappati, corpi bruciati, pavimenti che perdono sangue, rituali occulti, cani e gatti che vivono insieme. Ora. Sono tutte cazzate. Ma col botto proprio. Che a ripensarci ti scappa su da ridere. Eppure negli incubi succede così: che lì per lì ti spaventi e poi dici, come in un flusso di coscienza che ci permetterà di citare coltamente Joyce e L’Ulisse: “Oddiomachecazzodesognomesoimmaginatachevenivagenteinquietanteincasaederasempredipiùepoichiedevoaiutoamiomaritomaluieracattivononmesecacavaedavarettaastistronziepoieroincintaeceralaguerraequestisemagnavanoilbambinomachecazzodisognomacheèstatalapeperonatadeierimalimortaccisualosapevochenonladovevomagnàahahahahahahmadòchecazzatamoceridomastanottemesosvejatacollansia”.

Inoltre, mi dovete spiegare perché il film de quella che se trasformava in cigno – in cigno, che cazzo – spezzandosi letteralmente le ossa e spargendo tendini sul pavimento come nel più truculento degli ‘straight to video’ Troma anni ’90 era stato accolto come una sottile metafora sul sacrificio nella ricerca della perfezione, mentre questo, che poi alla fin fine non è altro che una metafora della creazione letteraria (pure abbastanza scorreggiona, ma non meno dell’altra) non ve va bene. Perché in sala ci sono stati parecchi ‘buuu’ e fischi. Pure qualche applauso a dirla tutta. Siccome a me piace che Aronofsky riesca a far passare per capolavori delle cazzate colossali e anche il contrario, un po’ fischio, un po’ applaudo, e un po’ dico volgarità a caso, perché trovo divertente dire volgarità a caso mentre c’è casino e la gente non sente, un po’ come quando da ragazzino  nel coro dell’oratorio bestemmiavo. Dio mi perdonerà, rideva pure lui.

Tornando a Jennifer – intanto Aronofsky se la tromba e voi no, rifletteteci. Magari avrà fatto un film di merda ma ha scoperto il sapone – sia chiara una cosa: io pure il mio tentativo di selfie l’ho fatto, ma vista com’era la situazione ho fatto due conti e ho pensato che quell’ora e mezza passata ad aspettare dietro ad altre diecimila persone la potevo investire in piscia e spesa e ho rinunciato. Un quarto d’ora, per la figa, vale la pena spenderlo, di più no, anche perché non è che alla fine te la dà. Anzi, spesso nemmeno il selfie riesci a fare e ti ritrovi a consolarti con una foto abbracciato ai puzzolenti omaccioni di cui sopra, tutti uniti nel dolore della sconfitta come se avesse perso la squadra preferita.

Ad ogni modo, lisciare la Lawrence non mi fa tanto male come l’altro mio grande fallimento personale di questa Mostra. John Landis continua a non cagarmi, sebbene mi sia fatto una corsa a perdifiato per la sua proiezione di Thriller 3D perché avevo letto sul programma 23.15 e invece era un’ora prima. Arrivo per il rotto della cuffia e lui è in ritardo. Vedo il film (bellissimo, con tanto di making of sui trucchi di Rick Baker. Altro che ste cagate digitali che ci propinano ora) poi esco e lo aspetto fuori dalla sala per proporre una simpatica foto insieme. Niente da fare: “autografi sì, foto no”, dice. E mi sta bene, ma perché poi la foto se la fa con tutti gli altri presenti qui a Venezia, tra un po’ pure co’ Brunetta, e a me no? Che t’ho fatto, Landis? Eppure, ero in missione per conto di Dio.

Ang

Devo dire che dopo aver letto il resoconto di oggi di Ang non me la sentirei quasi di aggiungere nulla, un po’ perché so scoppiata a ride in sala stampa e m’hanno bevuto (sì i post io e Ang non li scriviamo vicini digitando a quattro mani come dei poliponi, ma ce li passamo da una sala stampa all’altra, lui ovviamente sta in quella Vip, io in quella dei morti di figa, per restare in tema) un po’ perché ho visto anche io Aronofsky e credo di essere stata l’unica persona che ha pianto, e non perché ha trovato orrendo il film. Quindi sono un po’ provata. Ma devo dire che due parole sull’inciviltà durante le proiezioni vanno spese.

Qua al Lido siamo costretti a convivere con gente orrenda, sconosciuti che tu non ci staresti vicina nemmeno in coda dal fruttarolo che invece qui ti trovi sulla poltrona accanto, per capirci. Un’umanità così variegata che ormai non ti chiedi più niente, cosa ha senso e cosa no, perché la vecchia che te vede in coda deve sguscià davanti, quella seduta accanto a te e tiene otto posti con le borse ti imbruttisce se le chiedi a film iniziato di liberarne uno, perché, ad esempio, la gente entra in sala a 20 minuti dalla fine. Perché so più i vaffanculo che prendi che quelli che dai, ad esempio, come dovrebbe essere perché sei una persona educata e il resto del mondo no.

Dopo tutto st’ambiente demmerda, dopo le cose surreali alle quali assisti, uno invece – giustamente – non può accettare di non cogliere immediatamente il senso di una pellicola di un regista visionario come Aronofsky, e se sente in dovere de fischià. Vorrei dire a queste persone che rompono il cazzo anche appunto se in sala stampa te vibra il cellulare, o se fumi mentre sei in coda con loro, che invece urlare ‘cretino’ o ‘vergogna’ durante la visione di un film li rende in effetti dei veri gentiluomini, dei veri cazzutissimi esseri. E ricordare loro che almeno Aronofsky fa i film, voi non siete in grado manco de piscià centrando il buco, me lo ha detto la donna delle pulizie, anzi pure per questo vergognatevi.

Intanto spero che la Lawrence sputi sul red carpet come un lama, è quello che ve meritate.

Venezia 74: Darren Aronofsky con Lawrence, Bardem e Pfeiffer, racconta Mother!

Darren Aronofsky racconta del suo nuovo film Mother!, presentato oggi in concorso alla Mostra del Cinema. Un’opera molto discussa, che ha diviso nettamente critica e pubblico, infervorando gli animi e dando luogo a discussioni, spesso anche furiose. In poche parole, in giro per la mostra da qualche ora non si parla d’altro. Il regista è accompagnato da uno dei produttori, dal protagonista Javier Bardem e dalle due splendide interpreti  Jennifer Lawrence e Michelle Pfeiffer, arrivate in un tripudio di fans, accampati fuori del Palazzo del Cinema dall’alba, nella speranza di scattare una fotografia o ottenere un autografo. E’ paradossale, perché riportano la mente ad alcune situazioni descritte nel film.

Darren Aronofsky  dice che la prima stesura della sceneggiatura l’ha buttata giù d’istinto, in soli cinque giorni. Dalla prima fase di scrittura ha sempre voluto creare qualcosa dove il pubblico non si sentisse mai al sicuro, ma fosse dominato da una straniante sensazione di disagio, di pericolo, esattamente come si sente la protagonista.

Il cuore pulsante di Mother! è il mistero. Il film deve apparire e deve essere percepito come un continuo mistero.

Jennifer Lawrence sostiene di aver interpretato un personaggio completamente differente da tutto quello che ha fatto fino a questo momento nella sua carriera. Ma anche una donna molto diversa da se stessa, da quello che lei è nella vita di tutti i giorni. Ha lavorato duramente per allontanarsi, anche con l’aiuto del regista, che l’ha indirizzata nella direzione da seguire, facendola entrare in contatto con una parte sconosciuta di lei, portandola in superficie.

A lei e a Michelle Pfeiffer viene chiesto come vivono l’assedio costante dei fans. Se lo avvertono, soprattutto ora dopo aver vissuto l’esperienza di Mother! come una possibile minaccia. Entrambe rispondono che lavorano per loro, che sono grate del loro entusiasmo, quando questo non diventa naturalmente morboso e tenda a invadere le sfere private della loro vita. I fans alimentano l’ego dell’artista e caricano di necessaria carica vitale per continuare a fare questo lavoro. Jennifer Lawrence li definisce un umanità vitale e insaziabile ed è felice di loro. Si parla di allegoria del narcisismo, del bisogno carnivoro di nutrire il proprio ego artistico, del rapporto sacrificale musa-artista. Javier Bardem concorda con tutto questo e parla di una sorta di vampirismo di chi è impegnato in un atto creativo, di qualsiasi natura questo sia. Sottolinea che il film è un apparato estremamente  complesso,  composto di tanti strati e infiniti livelli di lettura.

Vengono chiesti dei riferimenti letterari o visivi. Ne vengono citati molti, alcuni dei quali sconosciuti al regista e agli interpreti, ma in particolare Darren Aronofsky   nomina alcuni racconti di Edgar Allan Poe, Barbablù e tanti libri illustrati per bambini. Dice di essere stato influenzato da opere che ha trovato intrise di un mondo febbrile da sogno. Parla poi anche di femminismo ambientalismo, di un America schizofrenica nella quale stenta a riconoscersi. Si definisce comunque un ottimista.

Gli si chiede del ciclo di vita e morte che ha creato nella sua opera e lui risponde semplicemente che ha continuato a ragionare su un discorso che aveva già aperto con The Fountain. Anche se afferma che quel suo film era già esaustivo e dava molte risposte sul suo modo di pensare.

Quando gli viene fatto notare che il film è stato accolto da molti fischi e critiche negative, Darren Aronofsky   risponde in grande semplicità, che sa bene come funziona, che fa parte del gioco, che accetta le critiche e ne fa tesoro. Avverte però che non è un film per tutti, che bisogna essere aperti e ben disposti. E’ come andare sulle montagne russe.

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