La fine del festival si avvicina
inesorabile e oggi alla Mostra del Cinema di
Venezia è stato presentato l’ultimo film italiano in
concorso del regista Andrea Pallaoro, dal titolo
Hannah, con una protagonista d’eccellenza, la
bella e talentuosa Charlotte Rampling.
Dopo l’arresto del marito, Hannah
(Charlotte Rampling) si ritrova tutta sola in una
casa circondata dai suoi ricordi più dolorosi, costretta ad
adattarsi alla sua nuova vita. La donna così cerca di riempire le
sue giornate con svariate attività, come il corso di recitazione e
la piscina, che oltre al lavoro la tengano impegnata e le
impediscano di pensare a tutti i suoi problemi, distaccandosi così
dalla realtà. Ma ben presto i fantasmi del suo passato torneranno a
presentarle un conto assai salato…
A cinque anni di distanza dal suo
esordio cinematografico con Medeas – film presentato
nella sezione Orizzonti a Venezia 70 -, Andrea
Pallaoro, italiano di nascita e americano d’adozione,
prova stavolta a far breccia nel cuore di pubblico e critica a
Venezia 74 con la sua nuova fatica cinematografica,
Hannah. Nonostante la sua bellissima opera prima,
quello presentato quest’anno in concorso al festival è un film che
purtroppo non convince. Si tratta di un dramma psicologico,
claustrofobico e forse un po’ pretenzioso, un falso film d’autore
che spreca di fatto il talento di una leggenda del cinema come
Charlotte Rampling facendola recitare quasi con
una mano legata dietro la schiena. La protagonista è evidentemente
una donna sofferente che, pur di non abbandonarsi al pianto e alla
disperazione, sfogando così tutta la sua frustrazione, preferisce
mostrarsi dura e quasi apatica risultando così troppo fredda per il
pubblico che non riesce ad entrare in sintonia con il suo
personaggio.
La camera di Pallaoro segue
pedissequamente ogni spostamento di Hannah ma di
fatto non fa alcuno sforzo per rendere la storia di questa donna
chiara ed appassionante. Tutto è silenzioso e incredibilmente
statico, la narrazione è lenta e sembra che l’unico obiettivo del
regista sia quello di sfinire il suo pubblico. Niente del passato
di Hannah ci viene rivelato ma, facendo attenzione ai pochi indizi
concessi da una sceneggiatura già fin troppo scarna, riusciamo a
mettere insieme alcuni pezzi di questo confuso puzzle; grazie al
ritrovamento di una busta misteriosa – il cui contenuto non verrà
mai rivelato – nascosta in casa dal marito, intuiamo che l’arresto
del suo consorte potrebbe in effetti essere collegato ai dissapori
che la donna ha con il figlio che non le parla e non le permette di
vedere il nipote. L’unico accenno di umanità di una Rampling brava
ma fin troppo pietrificata nella sua espressione di dolore, è
racchiuso infatti proprio in uno sfogo di Hannah che, dopo essere
stata cacciata dalla festa del suo nipotino, sembra avere un crollo
emotivo improvviso. In quel preciso istante il film sembra quasi
intenzionato a prendere una direzione diversa abbandonandosi ad un
finale inaspettato e drammatico ma poi ci ripensa, la Rampling si
asciuga le lacrime, e torna a vagare solitaria per la città.
Giuro che ieri alla festa ci volevo
andare davvero. Una volta tanto, che dopotutto, mi son detto, siamo
quasi verso la fine e pure se mi distruggo un po’ sticazzi, me lo
sono meritato.
Mi ero ingiacchettato e
incravattato, spalmato la barba di olio profumato, pettinato i
capelli, lucidato gli occhiali, rinfrescato le parti basse. Una
specie di Tony Manero lidense, magari meno scattante in pista da
ballo ma comunque pronto a folleggiare per tutta la notte. Ovvero
dalle 23.00 (orario infausto in cui iniziano le feste qui a
Venezia) alle 23.30 (orario infausto in cui mi piglia una cecagna
che nemmeno se mi bombo di Rohipnol), ma va bene,
ci voglio andare. Davvero.
La festa ha luogo praticamente a
Treviso, ma parte una comoda navetta ogni mezz’ora. Che cavolo,
mica si può sempre essere asociali. Mi affaccio al balcone.
Scroscia che Nicolas Cage la manda. Ma proprio il
diluvio, come qui non s’era mai visto né quest’anno né mai. I taxi
sono irraggiungibili, lo starting point della navetta che ve lo
dico a fà. Mi spiace ragazzi, ho sbagliato tutto. Una volta che ci
volevo venire scroscia.
Ecco perché è meglio che non
insistete, quando dico ‘no dai, non ce vengo alla festa. È
meglio per tutti’. Vado a letto e sogno roba alla
Aronofsy, evidentemente il temporale mi turba. Stamattina fatico ad
alzarmi dal letto ma ormai siamo sostanzialmente alla fine.
Il Lido si svuota come i
testicoli di un bufalo dopo l’accoppiamento e sul gran viale che
porta all’Excelsior ci siamo solo io, dei portantini sudati e un
brachiosauro di plastica, con cui scatta selfie per supplire a
quello mancato con Sam Neill, noto protagonista di
Jurassic Park che un po’ come Landis ha prestato la sua
immagine a tutti, pure ai peggio stracciaculi in giro per questa
palude di tristezza, ma non a me. Ma chi se ne frega. Che te ne fai
di un selfie con Sam Neill quando hai un fottuto selfie con un
fottuto brachiosauro? Al Jurassic Park, come al Lido, si sa, chi è
che comanda la Terra.
I film sono finiti e già posso dire
che mi porterò nel cuore- oltre ai deliri di Darren
Aronofsky, che mi svegliano di notte – l’amore sconfinato
tra vecchiacci di Virzì, la spietata crudezza di
Clooney e la favola zoofila di Guillermo
del Toro. Gli altri me li so già scordati quindi non fate
che me chiedete come sono quando torno a Roma perché è come quando
esci dall’esame e ti chiedono ‘che ti ha
chiesto?’. Non te lo ricordi mai.
Siccome oggi è anche la giornata in
cui ci tempestano di comunicati con i premi collaterali dai nomi
più buffi e immaginabili possibili, in attesa del gran finale è ora
che a dare i nostri attesissimi premi ci pensiamo pure noi.
Dobbiamo farlo in maniera compita e professionale, quindi ci
ubriacheremo a merda, alla faccia delle coliche.
Ang
Anche io volevo andare alla festa,
non che non sia andata alle altre ma ve lo dicevo ieri, io me
diverto di più quando c’è Ang. Poi ieri per dire era pure una festa
comoda, di quelle che nessuno chiama i servizi segreti per scoprire
se la persona che porti con te (è che è visibilmente una persona a
modo, che lavora al festival, che ha accredito, e soprattutto
dentro ce so 10 stronzi ed è mezzanotte, abbiamo
giàccenato e non ambiamo a morì come ne La
grande abbuffata) è un tagliagole pagato da qualcuno che entra
solo per prendere a mozzarelle de bufala in faccia cantanti
neomelodici.
Ma come già raccontato sopra, è
successa una cosa nuova: è venuta giù tutta l’acqua del Comune di
Roma (e detto tra noi nonostante qua le secchiate non manchino
rimane un mistero come la sala stampa a volte oscilli tra l’olezzo
di un kebabbaro e l’odore dello zoo safari di Fasano). Ma va bene.
Insomma ieri io e Ang ci mandavamo messaggi sul meteo che se ci
intercettavano li rivendicava l’ufficio stampa dell’isis come
istruzioni strategiche per annegare il Molise, indecisi se
rischiare o tagliare. Alla fine abbiamo capito che era meglio
andare a dormire che nuotare nel guano più di quanto non si nuoti
in questi giorni.
Torniamo al cinema, manca poco per
capire come andrà a finire il Festival. Oggi giornata dedicata
all’ultimo italiano in concorso, Andrea Pallaoro,
che presenta al lido la sua ultima fatica, Hannah.
Capiamo dopo 20 minuti anche noi lo sforzo. Lui è un regista
italiano che lavora all’estero, che tutti invidiano con livore
perché fino a ieri i suoi film li guardava con fatica anche la
fidanzata, e oggi si ritrova per magia ad avere Charlotte
Rampling nel cast.
Ovviamente tutti, per l’invidia di
cui sopra, lo chiamano Palla Oro (aggiungendoci
anche un ‘gnè gnè gnè’ di matura disapprovazione) mentre lui
sostiene di chiamarsi Pallàoro, con l’accento sulla à. Che è un
po’, diciamocelo, come la storia di ieri di Mastranzo e
Mastronzo.
Ma noi gli italiani li
amiamo, quindi oltre ai soliti premi che domani la gran giuria
autonominata e che non ha nessuna autorità composta da Ang, me, un
Marinelli qualsiasi e qualsiasi persona abbia il cognome oscilli
tra Mainetti e Manetti, assegnerà i classici premi ai quali siete
abituati, il prestigioso premio GCCMNF in primis,
l’ ICEFAC assieme alla gran presidentessa di
giuria Cristiana Paternò, la Coppa
Polpi, il Tardo d’oro, il
Collammare e poi ci pensiamo domani in base ai un
corposo brief davanti a un paio di Spritz, che finalmente stasera
Ang mi farà l’onore di ingurgitare perché calcoli o no, come dice
Marilena Vinci, ‘troppa acqua fa ruggine’ . A voi
fedeli sedici lettori anticipiamo che a Pallaoro abbiamo deciso di
nominare un premio, che ovviamente si chiama Palla
d’oro. State con noi, dopo una sbronza professionale vi
spoileriamo la lista come se fosse la trama di
It.
Ci aveva già pensato qualche anno
fa Andrea Di Stefano con il suo
Escobar a raccontare la storia del famoso e temuto
Pablo Escobar senza ottenere un grande successo
per poi cedere il testimone alla fortunata serie targata Netflix, Narcos,
ormai arrivata alla terza stagione, amatissima dal pubblico.
Stavolta però è il regista Fernando León de Aranoa
a tentare ancora una volta di avvicinarsi alla figura di Pablo
Escobar, presentando alla
Mostra del Cinema di Venezia il suo ultimo film,
Loving Pablo, con Javier Bardem e Penelope Cruz.
Tratto dal romanzo
Loving Pablo,Hating
Escobar, il film racconta la storia dell’ascesa e
del declino del signore del narcotraffico, Pablo
Escobar, interpretato da Javier Bardem, dal punto di vista di una delle
sue amanti, la più famosa, la giornalista Virginia
Vallejo (Penelope
Cruz), anche autrice del libro. La storia comincia nel
1983, anno dell’incontro di Virginia e Pablo in un’occasione
mondana, data anche dell’inizio della loro lunga e travagliata
relazione.
Partendo dall’interessante punto di
vista di Virginia, purtroppo il regista Aranoa non riesce a
sviluppare bene la storia trasformando il suo Loving
Pablo in una sorta di pessima fiction nazional popolare.
Nonostante gli strepitosi
Javier Bardem e
Penelope Cruz – di nuovo fianco a fianco a quasi dieci
anni di distanza da Vicky Cristina
Barcelona di Woody Allen -, il film
non riesce proprio a spiccare il volo; alla sceneggiatura
raffazzonata e poco convincente si aggiunge l’interpretazione quasi
macchiettistica in alcuni punti della Cruz che continua, come il
suo collega Bardem per tutta la durata del film, a recitare in un
inglese dal marcato e fastidioso accento spagnolo. La scelta del
bilinguismo di Loving Pablo disorienta e irrita ma
non è purtroppo l’unica pecca del film; nella prima parte lo
spettatore viene guidato dalla voce narrante di Virginia che, con
poche semplici frasi ad affetto, introduce un nuovo capitolo della
storia. Tuttavia questo espediente viene poi abbandonato
bruscamente quando si avvicina la fine di Pablo e quindi la storia
tra lui e Virginia passa in secondo piano, rivoluzionando la
struttura iniziale del film.
Tutto è troppo esagerato e sopra le
righe, dall’accento della bella Penelope, al suo look
eccessivamente volgare, senza dimenticare il trucco di Bardem che,
in alcune scene finali, sembra la caricatura di Pablo Escobar. Ma
se i protagonisti proprio non riescono a brillare, i personaggi
secondari sembrano avere una marcia in più; un esempio lampante è
quello di Peter Sarsgaard che, anche se confinato ad un
ruolo decisamente marginale come quello dell’Agente Neymar della
DEA, riesce comunque ad avere i suoi quindici minuti di gloria e ad
essere molto più incisivo della coppia Bardem-Cruz. Nonostante le
buone intenzioni di Fernando León de Aranoa e di
Javier Bardem – anche produttore per
l’occasione – il biopic Loving Pablo risulta un
film assai approssimativo, con pesanti problemi alla sceneggiatura
e confusionario nella sua messa in scena. Ci dispiace dirlo ma, se
davvero siete alla ricerca di un prodotto di qualità che vi
racconti la storia di Pablo Escobar, Narcos è
ancora la scelta migliore.
MY
GENERATION è un vivo e suggestivo racconto personale
attraverso gli anni ’60 londinesi narrato dall’icona del cinema
Michael Caine. Basato su ricordi e filmati
d’archivio mozzafiato, questo documentario vede Caine viaggiare
indietro nel tempo per parlare dei gruppi e talenti musicali più
significativi della storia (The Beatles, Twiggy, David
Bailey, Mary Quant, Rolling Stones, David Hockney e altri
nomi stellari).
MY GENERATION
– Michael Caine
MY
GENERATION utilizza attentamente l’audio interattivo
delle conversazioni di Caine con interventi di celebrità –
Paul McCartney, Keith Richards, Mary Quant, Marianne
Faithfull, e molti altri – mescolate a materiali di
archivio inediti per portare lo spettatore nel cuore degli anni
Sessanta. MY GENERATION di David Batty
verrà distribuito in Italia da I Wonder
Pictures.
Guarda il trailer di JUKAI:
la foresta dei suicidi di Jason Zada con protagonisti
Natalie Dormer,
Taylor Kinney, Eoin Macken e Stephanie Vogt.
Il film arriverà nelle
sale italiane il 28 settembre distribuito da Midnight Factory.
Diretto da da Jason Zada,
con Natalie Dormer, protagonista della saga di successo “Il Trono di
Spade”, JUKAI: la foresta dei
suicidi ha già avuto un grandissimo successo negli
Stati Uniti.
Un horror classico,
inquietante e diabolico, ambientato nella Foresta dei suicidi
realmente esistente alle pendici del Monte Fuji, luogo in cui le
cronache locali riportano il maggior numero di suicidi in
Giappone.
Guarda il trailer ufficiale
italiano di Flatliners – Linea Mortale, il film
di Niels Arden Oplev con Ellen
Page, Diego Luna, Nina Dobrev, James Norton e Kiersey
Clemons che debutterà al cinema
dal 23 novembre
2017.
In Flatliners – Linea
Mortale, cinque studenti di medicina, sperando di
farsi un’idea del mistero che si nasconde oltre i confini della
vita, si avventurano in un esperimento audace e pericoloso.
Interrompendo il proprio cuore per brevi periodi di tempo, ognuno
provoca a se stesso un’esperienza di premorte.
Mentre la ricerca diventa sempre
più pericolosa, i ragazzi sono costretti ad affrontare i peccati
delle loro vite precedenti, oltre a doversela vedere con le
conseguenze paranormali causate dallo sconfinamento
nell’aldilà.
Tutta la saga completa
degli 007, arricchita da immagini, speciali e
documentari in prima serata si comincia
conVIVI E LASCIA
MORIRE sabato 9 settembre alle 21.15 su
Sky Cinema 007 (canale 304) E su Sky
On Demand una ricca collezione dedicata
Dopo il successo delle passate
“edizioni”, da sabato 9 settembre a domenica 8
ottobreSky Cinema Hits (canale
304) si trasforma in Sky Cinema 007, il
canale interamente dedicato alla spia più famosa del mondo, nata
dalla penna di Ian Fleming, con tutta la saga completa
degli 007, arricchita da contenuti speciali e documentari.
Su Sky On Demand sarà inoltre sempre disponibile una ricca
collezione dedicata.
“Il mio nome è Bond, James
Bond”. In attesa del
25esimo film ufficiale della saga, che vedrà
nuovamente come protagonista Daniel Craig e che
arriverà nelle sale cinematografiche di tutto il mondo nel 2019, il
canale 304 torna ad ospitare l’agente segreto con licenza di
uccidere, tra Aston Martin, Dom Pérignon, Bond Girls e Martini
rigorosamente “agitato, non mescolato”.
Sky Cinema 007 ospiterà tutti i
film della saga, dai primi classici come LICENZA DI
UCCIDERE e SI VIVE SOLO DUE VOLTE con
Sean Connery, passando per LA SPIA CHE MI AMAVA e
OCTOPUSSY: OPERAZIONE PIOVRA con Roger Moore e
IL DOMANI NON MUORE MAI con Pierce Brosnan, fino
ai più recenti QUANTUM OF SOLACE,
SKYFALL e SPECTRE con Daniel
Craig.
Oltre ai 24 film ufficiali,
prodotti da MGM, la programmazione sarà arricchita anche da altri
film dedicati all’agente 007, non appartenenti alla serie
ufficiale, come JAMES BOND – CASINO ROYALE (1967),
MAI DIRE MAI (1983) e il pilota della serie Climax
CASINO ROYALE (1954).
Si parte nel weekend di
sabato 9 settembre con una maratona dedicata di tutti i
film in ordine cronologico e la prima serata, alle 21.15, con VIVI
E LASCIA MORIRE, la prima pellicola della saga
interpretata da Roger Moore per commemorare la sua recente
scomparsa.
Ogni domenica
l’appuntamento sarà invece dedicato all’ActorDay,
una giornata interamente dedicata alle star più celebri che hanno
interpretato l’agente 007. Si parte il 18 settembre (dalle 14.30)
con Daniel Craig, il 24 settembre (dalle 11.10) sarà la volta di
Sean Connery, mentre l’1 ottobre toccherà a Timothy Dalton e Pierce Brosnan
(rispettivamente dalle 12.30 e dalle 17). Per concludere, l’8
ottobre la giornata sarà dedicata a Roger Moore (dalle 10.30).
SKY CINEMA 007 –
Da sabato 9 settembre, il canale interamente dedicato a James Bond,
con la qualità dell’alta definizione, tutti i film disponibili in
italiano e in lingua originale, anche su Sky Go e su Sky On Demand
con una ricca collezione.
Presentato nella sezione Cinema
nel Giardino, Controfigura, primo
lungometraggio di Ra di Martino, racconta la
storia di un attore che aiuta una troupe cinematografica, in fase
di scouting location, a strutturare un film che sembra non avere
ancora direzione.
Nel film, Filippo
Timi e Corrado Sassi interpretano il divo
e la sua controfigura, due protagonisti diversi che a modo loro
guidano la narrazione. Il film della Di Martino è però un remake di
un film del 1968, con Burt Lancaster, un
riadattamento che parte da un racconto di John
Cheever.
“Il film originale mi colpì
perché si trova in un film sbagliato. Lui è un divo in un film che
non ha direzione – ha esordito la regista al suo esordio con
un minutaggio importante – The Swimmer è sempre stato nei miei
pensieri. Poi lavorando a Marrakech, che è una città araba molto
turistica, che accetta non solo diversi tipi di turismo, ma anche
tante comunità diverse, mi ha incuriosito sia la convivenza sia
tutte le piscine che ci sono, Quindi andava bene per il film e mi
ha ricordato Los Angeles, con tutte queste architetture variegato.
Volevo raccontare la città ma non in modo ovvio. Ho unito il
desiderio di un remake di The Swimmer con un racconto originale
della città.”
L’intenzione della regista era
quella di raccontare anche la città, quindi, ma attraverso un
approccio diverso rispetto a quello del documentario, un approccio
che permettesse alla storia di entrare nelle case, chiedendo agli
abitanti del posto un angolazione particolare. In questo modo è
stato possibile sfruttare la storia per offrire uno sguardo
complessivo al posto.
La scelta di Timi è stata guidata
dalla conoscenza e dalla collaborazione pregressa trai due,
inoltre, aggiunge la Di Martino: “Filippo non è mai noioso, anche
nei momenti di pausa, e visto che il progetto prevedeva anche una
certa mole di backstage, mi è sembrata la persona più adatta per un
progetto ibrido.”
Il personaggio di Corrado
Sassi è in realtà l’alter ego del protagonista, per stessa
ammissione dell’attore, che spiega: “Io sono la parte più
nascosta di un personaggio che ha un ruolo più
riconosciuto.”
“Ho sentito molto vicino il
ruolo – aggiunge – per gli sforzi fisici e mi è sembrato
adatto alla mia ricerca dell’irraggiungibile. È una componente
sempre presente nella mia ricerca artistica. Il senso di
spaesamento del personaggio poi mi appartiene anche nella vita di
tutti i giorni.”
La natura anarchica della storia del
film è però, a differenza di quello che si può immaginare, un punto
di forza della storia. Come racconta Ra Di Martino: “Trovo che
sia interessante nona vere una direzione precisa, le cose
delimitate non danno apertura, non comprendono errori.”
Per Sassi: “Ho fatto i miei
primi tre film con Matteo Garrone, e sono quindi preparato per
l’improvvisazione. Anche Matteo non lavorava con uno script preciso
ma aveva un’idea di quello che voleva raccontare. Così si può
approfittare di quello che succede, degli incontri e delle
situazione. Matteo come Ra sembrano non avere un’idea precisa di
ciò che vogliono raccontare, ma si capisce che poi c’è una
direzione verso cui andare. A me poi piace moltissimo
l’improvvisazione.”
Nel cast di
Controfigura anche Valeria
Golino. Il film esordirà in sala il 13 ottobre, con una
proiezione al MAXXI a Roma, mentre sono programmate altre
presentazioni al pubblico in cinema e teatri, in Italia, mentre si
cerca la strada dei festival all’estero.
Marvel Entertainment ha diffuso un
nuovo divertente spot per Thor Ragnarok in cui il
nostro eroe propone un nome per la squadra che sta mettendo insieme
allo scopo di sconfiggere Hela (Cate
Blanchett).
Thor
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor
Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è
imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile
martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a
Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la
fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente
minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una
mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi
amici Avengers, l’incredibile Hulk.
È stato diffuso, dal canale Youtube
di eOne
Films, il primo trailer di The Current War, il biopic su Thomas
Edison che vede protagonista Benedict Cumberbatch, alla sua
ennesima interpretazione di una figura storico/letteraria
brillante.
Nel cast del film ci sono Michael Shannon
e Benedict Cumberbatch che interpretano
rispettivamente George Westinghouse e
Thomas Edison, mentre Nicholas
Hoult è Nikola Tesla.
Si tratta di un progetto che sarà
prodotto e distribuito da The Weinstein Company. La regia è
stata affidata a Alfonso Gomez-Rejon, di cui
abbiamo visto lo scorso anno il delizioso Quel fantastico peggior
anno della mia vita, mentre la sceneggiatura
è firmata da Michael Mitnick.
Benedict Cumberbatch è
Thomas Edison in The Current War – foto
Ambientato a partire dal 1880, il
film si concentra sulla storica guerra delle correnti elettriche
che coinvolse i pionieri del campo George Westinghouse,
sostenitore della corrente alternata per il sistema di
distribuzione dell’energia, e Thomas Edison, che invece difendeva
la maggiore efficienza della corrente continua.
Timur Bekmambetov,
che all’inizio era stato preso in considerazione per la regia,
produrrà Current War al fianco
di Steve Zaillian e Garrett
Basch.
Ecco un nuovo banner
di Assassinio sull’Orient
Express in cui sono schierati tutti i protagonisti, o
meglio i “sospettati” di omicidio nel nuovo adattamento del
classico di Agatha Christie. [nggallery
id=3120]
Kenneth
Branagh non si limita a dirigere il nuovo,
omonimo, adattamento per il grande schermo del classico
di Agatha Christie, ma sarà impegnato anche
nell’interpretazione del celebre investigatore belga Hercule
Poirot.
Johnny
Depp dovrebbe
interpretare Ratchett; Michelle
Pfeiffer sarà Mrs. Hubbard. A Daisy
Ridley andrà il ruolo di Mary Debenham,
mentre Judy Dench incarnerà
la Principessa Natalia Dragomiroff. Michael
Pena sarà un passeggero cubano di
nome Marquez. Willem
Dafoe interpreterà il detective Gerhard
Hardman. Nel sontuoso cast figurano
anche Leslie Odom Jr., Tom
Bateman, Lucy
Boynton e Derek
Jacobi.
Assassinio sull’Orient
Express, sceneggiato da Michael
Green, è prodotto da Ridley Scott, Simon
Kinberg, Mark Gordon e dallo stesso Branagh,
insieme a Michael
Schaefer, Aditya
Sood e Judy Hofflund. Le
riprese del film si sono concluse.
Il divertente
mockumentary che spiega l’assenza del Dio del
Tuono da Civil War è, purtroppo, non canonico, ma
dal set di Thor Ragnarok, per bocca del
produttore Brad Winderbaum, arrivano alcuni
dettagli che ci aiutano a collocare il film di Taika
Waititi nella timeline del MCU:
“Non è che cinque minuti dopo la
fine di Ultron si comincia questo film. Si tratta di un paio di
anni dopo gli avvenimenti di quel film… Questo film si ambienta…
sapete, è difficile. Nella timeline del MCU, le cose che accadono si
sovrappongono a volte, specialmente ora, nella Fase Tre. I film non
sono così concatenati come nella Fase Uno, durante la grande
settimana di Nick Fury e tutto il resto. Quindi Thor Ragnarok si
svolge tra Civil War e Spider-Man Homecoming, approssimativamente
lì in mezzo.”
Thor
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor
Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è
imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile
martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a
Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la
fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente
minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una
mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi
amici Avengers, l’incredibile Hulk.
Nello stesso numero di Empire che ci ha proposto nuove
immagini da Star
Wars Gli Ultimi Jedi, troviamo delle altre
dichiarazioni di John Boyega (Finn) in merito al
film, ai suoi toni e a quello che dovremo aspettarci
dall’Episodio VII.
L’attore ha dichiarato: “Questo
è il secondo film nella trilogia, quindi è facile tracciare
parallelismi con L’Impero Colpisce Ancora in termini di toni dark.
Scaviamo nei personaggi: li sfidiamo e le cose diventeranno
difficili per tutti. Ma non volevo diventasse troppo oscuro. Una
delle cose che ho preso da J.J. Ambrams era il senso di
divertimento e gioco che è indicativo di Star Wars tanto quanto la
famosa battuta ‘Sono tuo padre'”.
La sinossi: “In Star
Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua
quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle
leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri
della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti
all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema
USA il 15 dicembre 2017.”
FIRST LOOK –
Carrie Fisher in Star Wars Gli Ultimi Jedi
Il film sarà
diretto da Rian Johnson e arriverà al
cinema il 15 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende
immediatamente successive a Il Risveglio della
Forza.
In Thor Ragnarok
rivedremo sia Lady Sif che i Tre Guerrieri, quattro potenti
combattenti che sono stati trai protagonisti dei primi due film sul
Dio del Tuono, interpretati da Jaimie Alexander, Ray
Stevenson, Tadanobu Asano e Zachary
Levi.
Durante la visita sul set, ScreenRant ha intervistato il
produttore del film, Brad Winderbaum, che ha
spiegato in maniera molto sintetica che il film mostrerà brevemente
i quattro personaggi e che conosceremo la loro sorte.
Sembra che non vedremo
Sif e i Tre Guerrieri, ma sapremo cosa accadrà
loro?
Thor
Ragnarok è diretto da Taika Waititi. Nel cast
del film Chris
Hemsworth sarà ancora Thor; Tom Hiddleston
il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si annoverano il premio
OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
La trama di Thor
Ragnarok – “In Marvel Studios’ Thor Ragnarok, Thor è
imprigionato dall’altro lato dell’universo senza il suo formidabile
martello e si trova in una corsa contro il tempo per tornare a
Asgard per fermare il Ragnarok, la distruzione della sua casa e la
fine della civiltà asgardiana, dalle mani di una nuova e potente
minaccia, la spietata Hela. Ma prima deve sopravvivere a una
mortale lotta tra gladiatori che lo metterà contro uno dei suoi
amici Avengers, l’incredibile Hulk.
Vincitore della Palma
d’Oro a Cannes nel 2013 con l’acclamato film La Vie d’Adele, il regista
tunisino Adbellatif Kechiche torna nel
circuito dei festival presentando al pubblico della Laguna la sua
nuova fatica cinematografica Mektoub, My Love: Canto
Uno.
Un giovane scrittore in erba, Amin
(Shaïn Boumédine), torna a casa per le vacanze, in
visita da Parigi, nel suo paese natale, un piccolo villaggio di
pescatori del sud della Francia. Durante tutta l’estate il ragazzo
ha l’occasione dei riabbracciare i suoi familiari, i suoi amici più
cari e di godere di tutto il divertimento e la spensieratezza di
quel piccolo angolo di paradiso.
Dopo l’emozionante La Vie
d’Adele, Kechiche si perde tra le bellezza di una Francia
selvaggia e serena, dove il tempo sembra essersi fermato, non
esiste una sola preoccupazione al mondo e dove splende sempre il
sole. Mektoub, My Love: Canto Uno è un film
orizzontale, senza colpi di scena, battute d’arresto o accelerate
improvvise; è il semplice racconto di un’estate spensierata fatta
di mare, risate e tanto divertimento, paradigma della gioavinezza.
Il giovane Amin, ‘costretto’ a vivere in una città come Parigi,
definita grigia, fredda e tetra, dopo aver mollato la facoltà di
medicina per inseguire il sogno di diventare uno scrittore, sembra
essere alla disperata ricerca di ispirazione. Attraverso la
fotografia sembra riuscire a soddisfare solo in parte le sue
esigenze creative ma gli abitanti del suo piccolo paesino gli
forniscono costantemente materiale per le sue sceneggiature. Il
protagonista di Kechiche è un ragazzo timido e riservato ma
affamato di bellezza, elemento predominante del film che pullula di
donne giovani e bellissime, sia giovani che mature, che il regista
non ha paura di mostrarci in tutto il loro splendore. A turbare
però i sogni di Amin è Ophelie (Ophélie Bau), la
sua vecchia amica d’infanzia, di cui il ragazzo è chiaramente
innamorato ma che ha una tresca con suo cugino Tony (Salim
Kechiouche), un don Giovanni senza scrupoli. La ragazza
rappresenta, in mezzo a quel mare di carne e sensualità, in
concetto stesso dell’eros, tanto caro al regista e protagonista di
ogni scena.
Mektoub, My Love: Canto Uno
– primo capitolo, a detta del regista, di una
trilogia sulla giovinezza – non è un film particolarmente
significativo o interessante poiché non racconta una storia ma è il
semplice resoconto di una vacanza estiva di giovane spensieratezza
in compagnia di amici, parenti e conoscenti dell’ultimo minuto, una
sorta di Spring Breakers tutto europeo. Il pubblico, un po’ come
Amin, è lo spettatore passivo del divertimento degli altri che,
tentano di convincerlo a partecipare ai festeggiamenti, senza
riuscirci. Ma proprio come il ragazzo trae piacere nell’osservare
le sue bellissime e formose amiche, straripanti di vitalità,
dimenarsi sulla pista dalla ballo come se non avessero un solo
problema al mondo, così anche noi non possiamo far altro che stare
a guardare, quasi ipnotizzati, quel meraviglioso spettacolo
offertoci da Kechiche. La forza di Mektoub è infatti proprio lo
stile del regista tunisino che riesce a concretizzare la sua fame
di bellezza in un film che diventa un’esperienza sensoriale
completa e trascinante, uno spettacolo per gli occhi dal quale è
difficile staccarsi.
Anni fa ero in vacanza a Parigi con
la mia fidanzata (oggi mia moglie). Eravamo al Musée
d’Orsay ad ammirare i quadri degli impressionisti,
romanticamente mano nella mano trasportati dalle emozioni che solo
l’arte pura sa regalare. A un certo punto entra nella sala un
tizio, con la fidanzata. Sono un po’ come noi, ma di molto meno
svegli. Si mettono davanti a un quadro, doveva essere
‘Colazione sull’erba’ e lui, riflessivo, e ad alta
voce, si pone una delle questioni universali (in italiano):
“Ma che differenza c’è tra Manet e Monet?”.
Capite? Una domanda che apre una visione del suo sguardo sul mondo.
Cosa vuoi rispondere a una domanda del genere, se non che “uno ha
il nome con la O, l’altro il nome con la A”?
Per lui era motivo di questione. Era
una cosa importante. Non riusciva a considerare che la quasi
omonimia fosse casuale. Forse immaginava che fossero lo stesso
pittore in due versioni provenienti da due dimensioni parallele,
forse che avesse dovuto cambiare nome per qualche motivo, come quel
tipo che si chiamava “Felice Mastronzo” e dovette
cambiare il nome in “Mastranzo”, anche se gli
amici gli mandarono poi biglietti con su scritto “per
noi rimani sempre Mastronzo”. Ma ancora più
risolutiva fu la risposta della fidanzata: “Che uno è
impressionista e l’altro no”. Sbagliata, ovviamente,
ma affascinante. Come se il cambio di una vocale nel cognome
potesse dettare le regole di uno stile pittorico. Li abbiamo presi
per il culo per settimane e ogni tanto ancora lo facciamo. Ma la
vita insegna che quello che semini prima o poi lo raccogli, quindi
ieri sono stato punito per tutta la mia ridanciana attività contro
l’ignoto avventore dell’Orsay. Si fa tanto parlare di rinascita del
cinema di genere in Italia, e sti cazzo di registi di genere si
chiamano tutti nello stesso modo. Mainetti, Manetti, Minetti. Ah,
no. La Minetti è la cantante cieca, ma in finale sticazzi, al
giorno d’oggi se fai cinema di genere in Italia poi fà il regista
pure se sei cieco, basta che ci metti Giampaolo Morelli,
Alessandro Borghi, Claudio Santamaria o Luca
Marinelli, il film ha successo pure se li riprendi dalla
cintola in giù, forse anche di più.
Comunque, qui al Lido c’erano sia
Gabriele Mainetti – noto per Lo
chiamavano Jeeg robot ma qui presente per aver
prodotto un corto di Claudio Santamaria come regista. Guardacaso
proprio Claudio Santamaria – che i Manetti Bros.,
che invece come vi dicevo ieri portavano il loro film,
Ammore e Malavita, con Giampalo Morelli,
guardacaso proprio Giampaolo Morelli. Anyway, cosciente dei miei
limiti, per tutta la giornata mi sono ripetuto: “Stai
seguendo i Manetti, non scrivere Mainetti. Stai seguendo i Manetti,
non scrivere Mainetti. Stai seguendo i Manetti, non scrivere
Mainetti. Stai seguendo i Manetti, non scrivere
Mainetti” come se fosse un mantra. L’ho detto anche
in redazione: “Oh ragà, è pazzesco. Mi confondo sempre tra
i Manetti e Mainetti, non trovate sia buffo?”. Tutti a
ridere. Purtroppo qualcuno ha nominato Gabriele
Mainetti mentre stavo concludendo il pezzo e scrivendo il
titolo.
Indovinate chi ha fatto passare il
titolo ‘Mainetti Bros. e il musical napoletano’ in
ogni dove, sul sito, nella newsletter, sui social media, ovunque? E
indovinate chi ha bestemmiato la sera tardi, quando se ne è
accorto? La verità è che stiamo quasi in chiusura e stiamo tutti
cotti, infatti – a parte me – non se ne è accorto quasi nessuno.
Probabilmente nemmeno Manetti, i Mainetti, la Minetti, Manet,
Monet, Morelli, Marinelli, Mastranzo, Mastronzo, Santamaria e
Borghi che ieri sono andati alla festa del film tutti insieme e poi
a fare il puttantour del Lido mentre io sono rimasto a casa a
crogiolarmi nella vergogna e nello scempio. Non è vero, in realtà
ho pensato ‘sticazzi’. Sono rimasto a casa perché
avevo voglia – e come vedete, bisogno – di dormire, anche perché
oggi devo essere bello e in forma per un evento importante.
Presento infatti (spot mode on) il libro
‘Heroes: i piccoli protagonisti degli anni ‘80’ di
Chiara Guida (spot mode off). Se siete dei
frequentatori abituali di Cinefilos il nome
dell’autrice non vi suonerà nuovo, essendo lei uno dei due capi di
questa meraviglioso e sfavillante carrozzone. Dicono che
Abdellatif Kechiche abbia presentato un film pieno
de fregna e de culi – che strano, lui che ha vinto la Palma d’oro a
Cannes praticamente con un porno – ma io dovevo prepararmi le
domande e quindi nada. Lo recupererò più avanti, magari solo le
scene salienti. Vi saluto e vado a farmi intelligente, che più
bello di così non posso.
Ang
Sono per l’appunto di ritorno dalla
presentazione del libro della nostra cara responsabile editoriale,
si Chiara, quella che ce vo’ talmente bene che non ci censura manco
quando parliamo di culi e di Marinelli nello stesso post. La
presentazione è andata molto bene, anche perché il libro che è
bellissimo, è venuta moltissima gente, anzi alla fine eravamo pure
troppi, nel senso che senza accorgercene, mentre Chiara e Ang erano
alle prese con le domande del pubblico il buffet era stato preso
d’assalto da una combriccola de crucchi che ha iniziato a sbocciare
pensando che fosse aperto a tutti, e alla fine pareva ‘na festa di
Toni Servillo. Io ero un po’ stravolta, come fai non esserlo quando
passi la giornata in sala a vedere film e poi ti trascinano a feste
assurde in cui la musica è la stessa dei corsi di aerobica che fai
in palestra, per cui dopo cinque minuti in cui ancheggi non gliela
puoi fare, e ti viene naturale iniziare a fare la stessa sequenza
di squat che fai col trainer a tempo di musica, solo che tu sei in
pista, in mezzo a gente improponibile.
In più vorrei aggiungere la mia
ansia da prestazione legata alla presenza nel locale della festa di
Luca Tommassini, noto coreografo ormai di fama
internazionale che ha lavorato coi più grandi, per dirvi persone
del calibro di Madonna e Rihanna. Io, che sono nota per avere
alcune passioni scultissime, appena l’ho visto in pista (è l’autore
delle coreografie del film dei Mainetti, Marinelli, Manet…
Manetti, imbecille!) ho iniziato a sentirmi male.
Mi sono venute le allucinazioni, ho iniziato a vedere apparizioni
di Beyoncé e mi sanguinavano glitter dagli occhi. Per cui ho
pensato che o dovevo farmi un selfie con lui o dovevo dargli prova
della mia immensa bravura dance. Perché diciamocelo, sto lavorando
sui movimenti di Shakira essendo costretta per motivi che ora non
sto qui a dirvi a seguire un umiliante corso de
Zumbademmerda, ma sulla dance, ehi, non ne ho per
nessuno. Così ho improvvisato qualche coreografia anni ’90 in
pista, ma mentre mi dimenavo col mio solito partner Fantasia mi
sono resa conto con la coda dell’occhio che Tommassini era più
interessato al buffet che al mio Moonwalk.
Così, umiliata, ho ripiegato sul gin
tonic, tornando a casa su una navetta col logo Ammore e
Malavita che me sembrava la definizione sul
dizionario della mia, di vita. Ammore per il
cinema e Malavita alcolica. Ora tutto questo
spiegone era solo per dirvi che oggi ci sono volute ore dal
truccatore per avere un viso che non sembrasse un angelo caduto dal
cielo de faccia, e con le bombe a mano nella capoccia sono andata
alla presentazione del libro delle persone a cui tengo di più in
questa landa disperata. Nonostante il mio orgoglio amicale, il mio
atteggiarmi a ‘ehi, sono miei amici questi fantastici
ragazzi che parlano così bene di cinema’, sono riuscita a
fare demmerda i primi 10 secondi di diretta Facebook, perché va
bene che lavoro col digitale, va bene che so smanettona, ma io
dirette Facebook raramente le uso, anche perché con gli stalker
alla frutta che me ritrovo avrei seri problemi a geolocalizzarmi
così, a cuor leggero. Insomma approfitto di questo spazio per
chiedere scusa ai video spettatori, e dire grazie a quel fantastico
uomo che mi ha imbruttito, facendomi sentire una cretina digitale
mi hai permesso di riprendermi da quella botta di inerzia che ti fa
trascinare tra un martedì e un mercoledì come se fosse un lunedì, e
sono tornata in me.
Chiudo con una palese marchetta nei
confronti di chi mi ospita in questo spazio virtuale
(Chiara cazzo non censurarmi), nonché migliore
amica che si possa avere. Comprate il libro, fatevi un bellissimo
regalo (disponibile dall’8 settembre a questo
link).
Una storia d’amore diversa e
delicata è al centro del nuovo film di Silvio
Soldini, realizzato a diversi anni di distanza dal suo
ultimo lavoro Il Comandante e la cicogna
(2012).
Il colore nascosto delle
cose racconta la storia di Teo, un creativo pubblicitario
quarantenne, donnaiolo e scapestrato. Teo è completamente
preso dal suo lavoro e vive una relazione vaga e stanca con una
donna che vorrebbe da lui delle certezze in più. Come se non
bastasse ha un amante e sempre uno sguardo pronto per nuove
eventuali avventure. Un giorno conosce per caso Emma, una grintosa
quanto tenera osteopata che ha perso la vista all’età di sedici
anni e dopo infinite difficoltà per accettare la drammatica
situazione e se stessa è riuscita a costruirsi una vita normale.
Teo, quasi per gioco, si innamora di Emma, entrando prepotentemente
nella sua vita, senza curarsi troppo dei suoi sentimenti e delle
conseguenze che ne potrebbero derivare.
Silvio Soldini
dice che aveva da tempo l’idea di lavorare sul tema dei non
vedenti, soprattutto dopo aver girato un documentario intitolato
Per altri occhi. Durante la realizzazione di
questo progetto ha avuto modo di scoprire persone piene di vita e
di estrema ironia, rimanendo stupito ed entrando in un mondo
sconosciuto che non si aspettava minimamente.
Ha constatato che,
nonostante il loro handicap, le persone non vedenti lavorano, fanno
sport, viaggiano, fruiscono di film e di cose che nell’immaginario
comune sono godibili solamente di chi può vedere.
Soldini afferma “Mi sono poi reso conto che al
cinema non avevo mai visto niente di tutto ciò, che i ciechi erano
spesso dipinti in modo drammatico, scontato, o con dei quasi
super-poteri. Così ho deciso di filmare una storia d’amore con una
non vedente come accade nella vita. Raccontare l’incontro tra due
mondi lontanissimi, di un uomo che cambia, del coraggio di
affrontare la vita, con leggerezza e profondità. E raccontare Emma
e Teo come fossero due di noi, due persone amiche”.
I due protagonisti sono
interpretati da Adriano Giannini e Valeria Golino. Entrambi molto bravi e
perfettamente calibrati. Ma un plauso va sicuramente a lei, per
essere riuscita a restituire sullo schermo la vita di tutti i
giorni di una persona priva della vista, attraverso piccoli gesti,
espressioni quasi impercettibili, microscopiche gaffe, alternando
dolcezza e caparbietà, incertezza e sensualità.
Quello che si potrebbe obiettare è
forse l’ovvietà di alcuni snodi narrativi e una costruzione un po’
stereotipata della trama, che porta purtroppo a intuire fin dalle
prime battute come si concluderà la storia. Inoltre stride
un’eccessiva caratterizzazione negativa del personaggio maschile.
Nonostante questo, Il colore nascosto delle cose è
un film garbato, che affronta il problema della diversità da
handicap, in maniera non scontata e soprattutto mai
lacrimevole.
Sono ufficialmente iniziate le
riprese Aladdin,
il nuovo film live action targato Walt Disney Picturesche sarà
diretto da Guy Ritchie e basata sull’omonimo
film d’animazione.
Inoltre l’attore Will Smith ha
diffuso la prima foto dal set che lo ritrae al fianco di altri
interpreti Mena Massoud che sarà Aladdin,
Naomi Scott che sarà Jasmine e
Marwan Kenzari che sarà Jafar.
Nel cast del nuovo Aladdin
anche Navid Negahban (Homeland) che
interpreterà il Sultano.
Aladdin vinse
due premio Oscar, per la colonna sonora e per la canzone
originale “A whole new world”.
Aladdin
Dan Lin che
ha prodotto i due film su Sherlock
Holmes per la Warner Bros,
produrrà anche Aladdin con la sua Lin
Pictures company mentre Jonathan
Eirich sarà il produttore esecutivo. La sceneggiatura
del live-action è stata scritta da John
August.
Il film d’animazione originale del
1992 raccontava di un giovane straccione che trova un genio
intrappolato in una lampada e coglie l’opportunità fortunata per
mettere in mostra le sue straordinarie doti umane e conquistare il
cuore di una bella principessa, non senza affrontare prima un
temibile nemico. Il genio, nella versione originale, venne doppiato
dall’inarrivabile Robin Williams, mentre nel
doppiaggio italiano il compianto attore venne sostituito dal
bravissimo Gigi Proietti.
Coppia super sexy nella
vita, Penelope Cruz e Javier Bardem hanno
presentato Fuori Concorso a Venezia 74 Loving
Pablo, una ricostruzione, l’ennesima, della straordinaria
e fuorilegge vita di Pablo Escobar.
E’ stata diffusa una clip inedita
del documentario I Am Heath Ledger, nel
quale possiamo ammirare l’attore come Joker
durante la lavorazione di The Dark Knight di
Christopher Nolan.
La clip del documentario racconta
di quando l’agente di Ledger ha ricevuto la chiamata che
confermava che l’attore avrebbe interpretato Joker nel prossimo
film di Christopher Nolan. Il coach di Ledger
e gli amici parlano della sua trasformazione nel Joker.
Arrivano tre foto inedite
dall’atteso Star
Wars Gli Ultimi Jedi, il sequel del film di successo
di JJ Abrams che sarà diretto da Rian
Johnson. Nelle nuove immagini Luke, il Leader
Supremo Snoke e Finn Rose.
La sinossi: “In Star
Wars Gli Ultimi Jedi della Lucasfilm, la saga Skywalker continua
quando gli eroi de Il Risveglio della Forza si uniscono alle
leggende della galassia in un’epica avventura che svelerà i misteri
della Forza e le scioccanti rivelazioni del passato risalenti
all’Era antica. Star Wars Gli Ultimi Jedi arriverà nei cinema
USA il 15 dicembre 2017.”
FIRST LOOK –
Carrie Fisher in Star Wars Gli Ultimi Jedi
Il film sarà
diretto da Rian Johnson e arriverà al
cinema il 15 dicembre 2017. Il film racconterà le vicende
immediatamente successive a Il Risveglio della
Forza.
La Warner Bros
dopo mesi di trattative ha finalmente annunciato il regista e
sceneggiatore che darà vita a Suicide
Squad 2, l’annunciato sequel del film campione
d’incassi del 2016.
A prendere l’eredità di
David Ayer in Suicide Squad
2sarà il regista e
sceneggiatore Gavin O’Connor, che ha già
diretto per la Warner Bros The Accountant, oltre ad aver diretto anche film di
successo comeWarrior
e Pride and Glory.
Suicide Squad che ha debuttato nel
DC
Extended Universe l’estate scorsa ha introdotto
molti noti cattivi della DC che hanno da subito conquistato i fan,
come Deadshot (Will Smith), Harley Quinn
(Margot Robbie), Captain Boomerang (Jai
Courtney) e Joker (Jared Leto).
Dalle ultime notizie lo Studios
stava accelerando lo sviluppo del film e questa notizia oggi
conferma la volontà della WB di avere un sequel del film al più
presto nelle sale. Inoltre
Variety riferisce che Warner Bros. spera
che il film inizia la produzione entro la fine del 2017, se così
fosse il film potrebbe essere potenzialmente pronto per una
data di uscita nel 2019/2020.
Suicide Squad
2
Il casting per il regista aveva
coinvolto oltre a O’Connor i nomi del calibro
di con Mel Gibson (Hacksaw
Ridge), Jaume Collet-Serra ( Le
Shallows ), Jonathan Levine (Warm Bodies) e
Daniel Espinosa (Safe House). Al momento il regista stava
lavorando allo sviluppo del sequel di The
Accountant con Ben Affleck, ma ora è
probabile che quel progetto passi in secondo piano.
Alla Warner Bros
c’è grande fermento per il DC
Extended Universe. Infatti sono in sviluppo molti film
tra cui
un film sulle origini del Joker separato dall’Universo
principale, oltre all’annunciato Gotham
City Sirens che dovrebbe sostituire. In
cantiere sono anche i film su Flash Point con Ezna
Miller. The
Batman vedrà protagonista Ben Affleck
nuovamente nei panni di Bruce Wayne e sarà diretto dall’acclamato
regista Matt Reeves. Nel cast ritorneranno Geremy
Irons nei panni di Alfed e J.K. Simmons in quello
del Detective Gordon. Wonder Woman 2, Green Lanter Corps
e Batgirl che sarà diretto da Joss
Whedon.
Nuovo e importante progetto
cinematografico per i THE SWEET LIFE SOCIETY
la band guidata da Gabriele Concas e Matteo
Marini, uno dei pochi esempi di musica italiana da
esportazione che ha suonato nei più famosi festival inglesi –
Glastonbury, Eurosonic, Bestival, Lovebox, Wilderness,
Latitude Boomtown.
Il 7 settembre saranno alla
Mostra del Cinema di Venezia nella sezione
Orizzonti con la soundtrack originale di Brutti e
Cattivi (musiche di Gabriele Concas e Matteo Marini,
edizioni CAM/Gruppo Sugar e BMG Rights Management), film di
debutto di Cosimo Gomez, con un cast di culto, da
Claudio Santamaria a Marco D’Amore. Fa
inoltre parte della colonna sonora anche l’opera “Taggato dal
Signore”, composta dallo stesso regista del film Cosimo
Gomez.
Da anni Gabriele Concas e
Matteo Marini, oltre a girare l’Europa, gli Stati Uniti e
il Canada con i loro concerti, sono attivi nel campo della
produzione musicale con esperienze che vanno dal cinema, al teatro,
alla pubblicità. L’uscita del loro prossimo album è invece
prevista per l’inizio del 2018.
Il 7 settembre dalle 22.30 i
“The Sweet Life Society” saranno live a Venezia
Lido al Pachuka. L’8 settembre alle ore 22, durante la 74
Mostra del Cinema di venezia Kino Venice Nights organizza nel
bellissimo scenario del Lido, Riva di Corinto sulla barca Edipo Re
che fu di Pier Paolo Pasolini, Brutti e Cattivi incontro con Cosimo
Gomez e concerto live di “The Sweet Life Society”, autori delle
musiche del film.
Columbia Pictures & Sony Pictures
hanno diffuso il cortoª “2036: NEXUS DAWN” con JARED
LETO di Blade Runner
2049, il sequel del capolavoro di Ridley
Scott diretto da Denis
Villeneuve, regista di Sicario e Arrival prodotto dallo stesso
Ridley Scott con Ryan Gosling,
Harrison Ford, Robin Wright, Mackenzie Davis, Dave
Bautista e il premio OscarJared
Leto.
Di seguito la prima sinossi del film: “Trent’anni dopo
gli eventi del primo film, un nuovo blade runner, l’Agente LAPD K
(Ryan Gosling), dissotterra un segreto a lungo sepoltoche potrebbe avere il potere
di gettare nel caos quello che è rimasto della società.
La scoperta di K lo guida in una ricerca con lo scopo di trovare
Rick Deckard (Harrison Ford), un ex blade runner della LAPD che è
rimasto nasconsot per 30 anni.”
In Blade Runner
2049 protagonisti sono Ryan Gosling, Harrison Ford, Robin Wright, Ana
de Armas, Sylvia Hoeks, Carla Juri, Mackenzie Davis, Barkhad Abdi,
Dave Bautista, David Dastmalchian, Lennie
James, Hiam
Abbass e Jared
Leto.
La
sceneggiatura del sequel, ambientato diverse decadi dopo
l’originale pellicola del 1982, è affidata a Hampton
Francher e Michael Green e
segue la storia originale scritta da Francher e David
Peoples basata sul romanzo di Philip K.
DickIl Cacciatore di
Androidi.
Produttori esecutivi del film sono Frank Giustra
e Tim Gamble, CEO di Thunderbird Film. Lo stesso
Ridley Scott sarà produttore esecutivo della pellicola così come
Bill Carraro.
Tre anni fa i Manetti
Bros. Avevano stregato pubblico e critica alla
Festa del Cinema di Roma con Song’ e
Napule e stavolta sono decisi a conquistare la Laguna. E’
stato presentato oggi il loro nuovo film, Ammore e
Malavita, che sembra già aver fatto strage di cuori.
La storia si svolge come sempre
nella bella città di Napoli dove il boss Don Vincenzo, dopo aver
subito un’aggressione, sembra deciso a ritirarsi dagli affari
insieme a sua moglie e a lasciare tutte le sue attività in gestione
ai suoi body guard, Ciro e Rosario. La banda decide così di
inscenare la morte del boss ma qualcosa nel loro piano va
storto…
Conosciuti e amati dal pubblico per
la famosa serie tv L’ispettore
Coliandro e per il già citato Song’ e
Napule, che ha avuto un grande successo,
Antonio e Marco Manetti provano a fare il bis
portando il loro film pop e di genere in concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia sperando di riuscire
a sbaragliare l’ingombrante concorrenza e fare breccia nel cuore
dei giurati.
Ammore e Malavita, il film
Il boss della malavita napoletana
Don Vincenzo (Carlo
Buccirosso), detto “o’ re do pesce”, dopo essere
sopravvissuto quasi per miracolo ad un agguato, è deciso ad
‘abdicare’ al suo trono e a lasciare tutto in gestione alle sue
Tigri, le temibili guardie del corpo, Rosario (Raiz) e Ciro (Giampaolo
Morelli). Ma per uscire di scena ha bisogno di un
piano strategico che gli viene fornito da sua moglie Maria
(Claudia
Gerini), piano che purtroppo andrà a gambe all’aria a
causa dell’intromissione di Fatima (Serena
Rossi), un’infermiera che si trovava al posto
sbagliato e al momento sbagliato.
I Manetti Bros.
fanno il pieno di applausi qui a Venezia 74 con l’attesissimo
Ammore e Malavita, arruolando lo stesso
meraviglioso cast di attori – più qualche new entry – e presentando
al festival un nuovo ed irresistibile film destinato a diventare un
vero e proprio cult. Un po’ gangster movie e un un po’ action, la
nuova fatica cinematografica dei fratelli Marco e Antonio sembra
stavolta avere una marcia in più; mentre nel precedente Song’ e
Napule si parlava solo di musica, nel caso di Ammore e
Malavita si tratta di un musical a tutti gli effetti.
Le musiche originali di
Pivio & Aldo De Scalzi e le liriche del cantautore
Nelson – vincitore nel 2014 del David di Donatello
per la canzone A’ Verità, scritta a quattro mani
con Franco Ricciardi -, sostituiscono di fatto le
battute dei personaggi che, cantando, rendono la storia molto più
fresca e scorrevole. Ancora una volta dunque i Manetti ci
raccontano di Napoli e della sua malavita in maniera del tutto
originale e irresistibilmente verace; i dialoghi sono pieni di
battute brillanti e le canzoni, in pieno stile neomelodico, sono a
dir poco travolgenti e trasformano il film in una sorta di moderna
sceneggiata napoletana. Non passa infatti inosservata la presenza
del grande Pino Mauro, cantante partenopeo con una
grande tradizione musicale alle spalle.
Ottima prima prova anche di
Raiz, all’anagrafe Gennaro Della Volpe, cantante
degli Almamegretta dal 1991, perfetto nella parte
del killer del boss, uno dei personaggi più oscuri del film. Ad un
incredibile Carlo Buccirosso – che potrebbe anche
arrivare a competere per la Coppa Volpi – si
affianca inoltre una straordinaria Claudia Gerini
che, dopo lo splendido film tv diretto da Lina
Wertmüller dal titolo Francesca e
Nunziata del 2002, torna a recitare in un perfetto
dialetto napoletano con una tale disinvoltura da far quasi
dimenticare le sue origini romane.
E come non citare il sempre
affascinante Giampaolo Morelli che stavolta,
svestiti i panni dell’esuberante Lollo Love, si trasforma
in una sorta di killer sociopatico, con l’agilità di un ninja e la
forza di un soldato, capace di far fuori un plotone di sicari
armati fino ai denti in pochi secondi. Non possiamo dimenticare
ovviamente la bella Serena Rossi, protagonista di una delle scene
più epiche del film; nonostante la colonna sonora sia completamente
originale, per la scena in questione i registi hanno pensato di
adattare un testo inedito in napoletano alla melodia di
What a Feeling, da Flashdance,
canzone che segna l’incontro tra Ciro e Fatima, i due amanti
sfortunati del film.
Ammore e Malavita
è un’opera straordinaria, un film che parla di camorra ma che rema
contro la corrente del ‘gomorrismo’, un piccolo capolavoro di
genere che vi farà ridere ed emozionare, cantare e ballare come se
non ci fosse un domani e pianificare una vacanza nella bella
Napoli.
Ultima tappa di un tour mondiale
che lo ha portato in tutti gli angoli del Pianeta, Edgar
Wright arriva a Roma per promuovere il suo ultimo film,
Baby Driver – il genio della fuga, maggior
successo al botteghino per il regista inglese e ritorno al cinema
dopo la difficile esperienza con Ant-Man
e con la Marvel.
Ecco la nostra intervista:
Leggi la recensione di Baby Driver – il
genio della fuga di Edgar Wright
Il film arriverà il 7 settembre nei
cinema italiani e vede protagonisti Ansel Elgort,
Kevin Spacey, Lily James, Jon Bernthal, Eiza González, Jon
Hamm e Jamie Foxx.
Trama: La storia
ruota attorno a un pilota che si presta a fughe criminali e che si
affida al ritmo della sua musica preferita per essere il migliore
nel campo. Costretto a lavorare per un boss, il ragazzo dovrà
prestarsi ad una rapina destinata al fallimento che metterà a
rischio la sua vita, il suo amore e la sua libertà. La vicenda è in
parte ispirata al video musicale “Blue Song” della band Mint
Royale, che Wright diresse nel 2003.
Baby Driver: il nuovo
trailer del film di Edgar Wright
LaÈ stato presentato in Concorso
nella selezione ufficiale della 74° Mostra d’Arte Cinematografica
di Venezia, Ammore e Malavita, il nuovo film dei
Manetti Bros.
Di seguito potete vedere il primo
trailer del film che arriverà in sala il prossimo 5 ottobre. Nel
cast del film Giampaolo
Morelli, Serena
Rossi, Claudia
Gerini, Carlo Buccirosso
e Raiz.
La trama di Ammore e Malavita
Napoli. Ciro (Giampaolo Morelli) è
un temuto killer. Insieme a Rosario (Raiz) è una delle due “tigri”
al servizio di don Vincenzo (Carlo Buccirosso), “o’ re do pesce”, e
della sua astuta moglie, donna Maria (Claudia Gerini). Fatima
(Serena Rossi) è una sognatrice, una giovane infermiera. Due mondi
in apparenza così distanti, ma destinati a incontrarsi, di
nuovo.
Una notte Fatima si trova nel posto
sbagliato nel momento sbagliato. A Ciro viene dato l’incarico di
sbarazzarsi di quella ragazza che ha visto troppo. Ma le cose non
vanno come previsto. I due si trovano faccia a faccia, si
riconoscono e riscoprono, l’uno nell’altra, l’amore mai dimenticato
della loro adolescenza.
Per Ciro c’è una sola soluzione:
tradire don Vincenzo e donna Maria e uccidere chi li vuole
uccidere. Nessuno può fermare l’amore. Inizia così una lotta senza
quartiere tra gli splendidi scenari dei vicoli di Napoli e il mare
del golfo. Tra musica e azione, amore e pallottole.
Da qualche giorno al Lido di
Venezia campeggiano meravigliosamente delle immagini che vanno
oltre la mera pubblicizzazione commerciale di un film. Per
un’inusuale coincidenza, sono state realizzate dallo stesso
artista, per lanciare due dei titoli più forti e discussi in
concorso alla Mostra d’Arte Cinematografica: The Shape of
Water di Guillermo del Toro e
Mother!
di Darren Aronofsky.
L’autore è un bravissimo, quanto
originale, pittore e illustratore Taiwanese, James
Jean.
James Jean nasce a
Taipei nel 1979. Si trasferisce negli USA, dove studia e si diploma
presso la School of Visual Arts di New York nel 2001. Poi
comincia a imporsi realizzando copertine per le pubblicazioni della
DC Comics
raccogliendo sette premi
Eisner, tre premi Harvey consecutivi, due
medaglie d’oro e una d’argento dalla Society of Illustrators of
Los Angeles e una medaglia d’oro dalla Society of
Illustrators of New York. Lavora anche in campo pubblicitario
per clienti prestigiosi, come: Time Magazine,
The New York Times, Rolling Stone,
Playboy, e Prada. Realizza le copertine per la
serie di fumetti Fables e The Umbrella Academy, vincendo sei
premi Eisner come “Best Cover Artist“.
Realizza inoltre copertine per
album musicali, come The Black Parade di My Chemical
Romance, del 2006.
Poi nel 2008 James
Jean decide di ritirarsi dai progetti commerciali per
concentrarsi solamente sulla pittura e incarichi che rappresentino
il suo estro espressivo. Evidentemente i film di Del
Toro e Aronofsky erano tra questi.
Varie volte, in questo spazio e in
altri, ho spiegato perché spesso marino le feste durante i
festival. Ho detto ‘marino’? Davvero? Deve essere la stanchezza.
Intendevo dire ‘piscio le feste’. I soliti: c’ho mal de panza, c’ho
sonno c’ho fame, sono stanco e di solito non ho l’invito – grazie
ar cazzo, non ce vado mai. Te credo che non mi invitano – il che
non sarebbe un problema perché tanto mendicando da una parte
all’altra a entrare si riesce. Solo che se dovevo andare a fare il
mendicante me mettevo all’angoletto della fermata Vittorio Emanuele
e facevo pure più soldi che a venì ai Festival. Tra l’altro, una
delle poche cose che mi piace fare alle feste, non essendo un buon
ballerino e non volendo perdere la voce per fare rapporti di
pubbliche relazioni urlando come un’aquila per sovrastare la musica
demmerda che di solito mettono, è ubriacarmi come un marinaio
marsigliese, e visto come sto messo coi reni, meglio evitare.
Ieri sera però avevo pensato di
affacciarmi alla festa dei ‘Ciak,’ giusto perché ogni tanto vedano
che questa faccia dietro alle cazzate che scrivo esiste davvero.
Quasi ero pronto a uscire, quando purtroppo mi hanno colto delle
gravi allucinazioni che manco Leonardo di Caprio
quando si faceva di Quaalude in The Wolf of Wall
Street.
Mi metto un attimo in
balcone, che devo dire la vista della casa che ho qui al Lido non è
niente male, dà direttamente su uno dei canali principali – per cui
occhio che vi sento, quando parlate male dei colleghi tornando a
casa a tarda notte ubriachi come merde, voi non mi vedete ma io,
dal balcone, sì – in cerca di ispirazione. Magari mi viene voglia
di uscire, hai visto mai.
M’accendo un sigaro. E vedo una
barca passare. E che sarà mai una barca al Lido, direte voi. Solo
che non è una barca normale. È un’automobile. Con un motore per
barca attaccato, che bellamente se ne va in giro sull’acque alla
faccia del ‘dove stiamo andando non c’è bisogno di strade’ di
zemeckisiana memoria. Sgrano un paio di volte gli occhi, me li
stropiccio. E niente. La visione non scompare. Anche abbastanza
preoccupato penso che le traveggole mi vengano dall’abuso di
Toradol o da una sempre più presente stanchezza (e del resto, oggi
si fa il giro di boa della ‘settimana che siamo qui’, ci sta pure)
e mi dico che di andare a fare il cazzone a feste dove manco
m’hanno invitato, a maggior ragione che sto impazzendo, non è il
caso.
La pazzia incombente, però, la
prendo con nonchalance, un po’ come il protagonista del film di
Aronofsky prende l’orrenda esecuzione del figlio appena nato: come
uno scherzo un po’ pesantuccio, ma perdonabile. Ecco, per me la
follia non è che una seccatura, in questo marasma di appuntamenti e
corse. Quindi mi metto a letto pensando che il giorno dopo, dopo
qualche ora di sonno, le allucinazioni spariranno. Stamattina
l’auto-barca sta ancora là, attraccata proprio sotto casa mia. O
era tutto vero, oppure sto definitivamente dando di matto. Ma non
ho tempo per pensarci, devo correre all’alba alla proiezione del
film dei Manetti Bros. , che in qualche modo mi
rincuora.
Intendiamoci, sto Ammore e
malavita che presentano qui non è niente di che. Un
musical napoletano misto a Crime Story, come lo era in un certo
senso il precedente Song e’ Napule, e come in
Song e’ Napule – che, detto per inciso, era molto
migliore di questo – ci sono Giampaolo Morelli,
Serena Rossi e vari avanzi da ‘Un posto al sole’
che contribuiscono di molto a rendere la vicenda più partenopea
possibile, con tanto di volute sceneggiate alla Mario
Merola che sono la parte più divertente. Dopo un inizio
scoppiettante, però, il film si siede parecchio e si appoggia su un
fantastiliardo di citazioni messe lì a cazzo, da
Flashdance a 007 a Ritorno al Futuro, che mandano
in visibilio la platea manco stessero vedendo la madonna. Io
intanto mi appisolo, sereno. Perché evidentemente non sono l’unico
che sta impazzendo qua in giro.
Tra la proiezione e la conferenza mi
arriva una soffiata su dove si trova Michael
Caine, e scatta l’operazione selfie. Più che altro perché
è un investimento, dato che lui stesso va in giro a dire “sono
malato e tra poco vi lascio”. Michael, ti stimo e non è pé fa il
coccodrillo, ma sai com’è. Oggi sì, domani non se sa. Purtroppo
l’operazione non mi riesce. Lo portano fuori dalla lounge quattro
gorilla grossi il doppio di Vince Vaughn in
Brawl in Block Cell 99, perché deve andare in bagno e in
effetti molti dei presenti lo hanno beccato proprio al cesso, che è
un grande punto di ritrovo che accomuna star, addetti ai lavori e
comuni mortali inferiori (ogni tanto i lettori vanno sempre
insultati, ricordiamocelo). Dal cesso, tutti ci devono passare.
Però io e Michael siamo gentlemen, e tra noi gentlemen vige la
regola di non bloccare mai per nessun motivo un uomo che va a
pisciare. Quindi niente, me lo vedo passare davanti e basta, anche
perché incombono gli impegni di lavoro e mi devo allontanare. Ok,
la verità è che dovevo pisciare pure io.
Ang
Ieri ho sentito molto la mancanza di
Ang, perché in effetti alle feste ci vado con lo stesso spirito e
quindi siamo solidali l’uno con l’altro. Spesso utilizziamo una
famosa tattica militare che si trova nei testi di politica
internazionale, che si chiama ‘modalità Zoran’,
dal luogo in cui questa strategia fu messa in atto da due
irredentisti macedoni durante una battaglia. In sostanza questi
tipi si fecero vedere mentre brandivano con disinvoltura armi
davanti ai loro colleghi combattenti, e appena tutti erano
impegnati a menà come in un film con la bonanima de Bud Spencer si
sciacquavano allegramente dai coglioni.
Ecco, questa strategia a noi è molto
cara. Ma non perché siamo snob, semplicemente perché siamo due
amanti delle cose semplici (la famosa triade dormì/magnà/fa pipì),
quindi stare a informarci per raggiungere in ginocchio sui ceci un
posto che sta in culo ai lupi e forse riesci ad entrare ci sembra
davvero un’esagerazione. Invece ieri, dicevo, visto che l’invito lo
avevo e visto che per una volta la festa era in un posto
comodissimo, ho fatto un salto.
All’ingresso pronunciando la parola
magica si sono aperte le acque come se fossi Noè e sono entrata in
uno spazio temporale alienante, popolato da gente proveniente da
qualsiasi epoca, ricevendo prova che dio esiste, ma non è
classista. In tutto questo vorrei ricordarvi una cosa importante,
cioè che l’inferno deve essere invece un posto in cui esistono solo
open bar e buffet liberi, perché io mi sono sentita dannata. Sarò
banale, ma ancora rabbrividisco a vedere la gente che agli open bar
fa outing (tacito o palese non importa) sulla propria infanzia
agghiacciante, sul proprio lavoro, sul fatto che dorme ancora con
l’orsacchiotto de peluche. Così come rabbrividisco a vedere gente
normalissima che in quei posti si trasforma.
Per cui ti ritrovi a fare il trenino
su A-E-I-O-U-Y con uno che scrive magari
accanto a te in sala stampa e ti imbruttisce se ricevi una
telefonata mentre lavori, ti trovi a ballare
Flashdance con persone che te urlano
dietro se hai il pass in fila ed entri prima di loro. Perché
diventiamo solo contatto umano, quello che spesso in dieci giorni
di Lido ti manca. Ma di contatto in quei metri quadri ce n’era pure
troppo, tanto che a questo punto mi sono chiesta se non fosse un
trappolone messo in atto dagli autoctoni o da sedicenti registi di
opere prime per fare una marmellata di critici, e riempire i
cornetti del Mulino Bianco (no, non dirò i Buondì
cazzo, almeno io).
E infatti è così e col terrore negli
occhi mi allontano per fumarmi una sigaretta in pace, da sola. A un
certo punto mi si avvicina uno, che mi mitraglia di domande.
Stringo gli occhi e scuoto leggermente la testa, che universalmente
significa: “E’ inutile che ti accolli. Evapora“.
Ma lui non batte ciglio, per cui credo di capire di aver risposto
di sì a una specie di proposta in linguaggio elfico-lagunare
“ofrirajnlaejrvinoohcichetooo?” (ovvero: “bevi?”),
e mi ordina un barile di un liquame stranissimo, che considerando
che sto fumando e tengo la giacchetta dovrei essere un giocoliere
nano scappato dal Circo Togni per farcela, oppure
dovrebbe reggere tutto lui ficcandomi una cannuccia in gola. Sto
mostro della Laguna. Con i soli muscoli che riesco a muovere gli
mimo, diovirzì, che non voglio bere, voglio fumare
e possibilmente poi annà a dormì, da sola. Mi guarda incredulo,
come se tra i due lui brillasse per fascino e la deficiente fossi
io. Decido di evaporare io allora, nel modo più elegante possibile,
trattenendo quell’impeto improvviso di fargli il dito medio mi
avvio verso le mie amiche, barcollando (niente, la dignità non è
più il mio forte già dopo due cocktail) e mi levo dalle palle.
Detto questo visto che
continuavo a sentirmi poco a mio agio e pressata come una fetta di
lattuga in un hamburger mi guardo intorno con orrore, e a un certo
punto ho temuto persino che si fosse imbucato
Aronofsky e al suo tre tutta quella gente
iniziasse a sbranarmi come un pollo allo spiedo, per cui al minimo
cenno delle mie amiche di andarcene scodinzolo come un Labrador. Ci
dormo (male) su. Stamattina me facevano male pure le ciglia ma
decido di andare comunque a vedere i Manetti, e
mentre stavo per rimuovere una frase in particolare mi rievoca
l’esperienza carnaio di ieri, fa più o meno così ‘per loro
l’umanità è come a pummarola ncopp o spaghetto avvongole. Non conta
nu cazz’.
P.S. gli autori ci
tengono a sottolineare che i fatti sono spesso (ma non sempre)
romanzati a partire da cose realmente accadute, questo per
tranquillizzare qualsivoglia fan di qualsiasi attore, regista,
organizzatore di party, protettore di morti di fi*a li legga per
sbaglio, involontariamente, o mentre è al cesso, compreso
Michael Caine.
Chi lo dice che il genere dei
legal drama è un’esclusiva degli americani? Il grande
regista giapponese Kore-Eda Hirokazu presenta in
Laguna la sua ultima fatica cinematografica, The Third
Murder, che esplora il tema spinoso della giustizia e
della ricerca della verità in un’aula di tribunale.
In The Third
Murder dopo essere stato ingiustamente licenziato, il
signor Misumi Takashi (Yakusho Koji), già accusato
e condannato in passato per altri due omicidi, uccide in maniera
brutale il suo ex capo e dà fuoco al cadavere lungo il letto di un
fiume. L’efferatezza dell’assassinio e la confessione spontanea
dell’uomo, che ha già scontato trent’anni per omicidio, lo
riconducono in prigione; a causa del suo passato e quindi
dell’aggravante della recidiva, l’uomo rischia stavolta la pena
capitale. Ma qualcosa nel suo comportamento non convince Shigemori
Tomoaki (Fukuyama Masaharu), il suo avvocato –
figlio del giudice che lo aveva condannato trent’anni prima -, che
farà di tutto per difenderlo e scoprire la verità.
Il nipponico Hirokazu porta in
concorso alla Mostra del Cinema di Venezia un film
decisamente lontano dal suo stile ma non per questo meno incisivo.
Utilizzando come espediente la storia di Misumi, il regista fa una
profonda riflessione su come verità e giustizia oggigiorno non
sempre viaggino sullo stesso binario. All’interno di un carcere e
poi del tribunale, i protagonisti di The Third
Murder discutono non solo di quale sia la punizione adatta
per l’imputato ma anche, indirettamente, di cosa sia eticamente
giusto. Nonostante gli avvocati siano considerati persone senza
scrupoli pronte a tutto pur di far carriera e guadagnar soldi
difendendo anche le persone più abbiette, Shigemori si appassiona
al caso di Misumi e pian piano cerca di ricostruire il puzzle di
quella nefasta notte. Le sue indagini porteranno alla luce drammi
familiari dimenticati svelando segreti ingombranti e riaprendo così
vecchie ferite.
La narrazione è fluida e le due ore
del film scorrono senza intoppi anche se il regista, per creare la
giusta tensione emotiva, si ritrova spesso a giocare con le
inquadrature e con i prolungati silenzi interrotti solo dalla
magnifica musica di Ludovico Einaudi. Sono molte
infatti le scene di confronto tra Misumi e Shigermori in carcere i
quali, divisi solo da un vetro, passano il loro tempo a studiarsi a
vicenda più che a discutere davvero della strategia giusta per il
processo. I due protagonisti rappresentano infatti verità e
giustizia e sono le due facce della stessa medaglia; durante i
colloqui il riflesso sul vetro del viso dell’uno si sovrappone e
quasi si confonde con quello dell’altro, un espediente fin troppo
banale ma di grande effetto.
Ma quello che destabilizza è di
sicuro il finale che ci lascia sommersi dai dubbi; le dichiarazioni
dell’imputato continuano a depistarci e a non trovare riscontro
nelle scoperte fatte durante le indagini dal suo avvocato che, come
lo spettatore, non riesce a rassegnarsi all’idea di perdere in
aula, condannando così un uomo a morte certa. Ma del resto, come
dice proprio Shigemori all’inizio del processo ad uno dei suoi
associati, lo scopo di un bravo avvocato “non è trovare la
verità ma la sua versione più convincente”. Una storia, quella
di The Third Murder, dolceamara, piena di pathos e
colpi scena che aiuta a riflettere ma che ci lascia con l’anima a
brandelli.