X-Files è una serie televisiva
statunitense ideata da Chris Carter e prodotta dalla FOX a partire
dal 1993. Ha avuto un enorme impatto grazie ai vari temi trattati
come il paranormale, le teorie del complotto, mutazioni genetiche,
UFO ed alieni.
Ciascun episodio, pur essendo
narrativamente auto conclusivo (salvo alcune eccezioni di storie
sviluppate in due o anche tre episodi), talvolta tratta temi
ricorrenti. Argomenti quali il governo ombra, l’interferenza aliena
(in particolare il rapimento alieno) e l’imminente primo contatto
alieno, vengono sviluppati in vari episodi di ogni stagione del
telefilm. Tali sviluppi narrativi sono comunemente noti come la
mitologia di X-Files.
Vincitrice del Golden Globe per la
miglior serie drammatica nel 1995, nel 1997 e nel 1998, tra la
prima e la seconda stagione ha avuto un aumento dell’audience del
42% diventando lo spettacolo televisivo più seguito negli Stati
Uniti. Ha al suo attivo ben 9 stagioni terminate con gli ultimi due
episodi dove vengono risolti in parte gli interrogativi sulla
mitologia di X-Files lasciati in sospeso nelle stagioni
precedenti. Nel 2002, la rivista americana TV Guide la ha
inserita al trentasettesimo posto nella classifica de I migliori 50
spettacoli televisivi di tutti i tempi.
Dylan Penn, figlia
del regista e attore Sean Penn e dell’attrice
Robin Wright, ha debuttato sul grande schermo
con Condemned, film che ha
avuto una premiere allo Screamfest lo scorso 18 ottobre. Il
padre Sean non sta facendo mancare il suo supporto alla figlia, per
la quale ha presenziato più di un evento a Hollywood con il
fine principale di promuovere il film, che sarà in Digital HD e nei
cinema americani dal 13 novembre prossimo.
La mattina del 6 agosto del 1974 i
newyorkesi si sono svegliati con il naso all’insù, guardando in
quello spazio, di circa 42 metri, che separava la vetta della Torre
Sud dalla Torre Nord. Quella mattina, a New York, il funambolo
Philippe Petit camminava su un cavo sospeso a 415 metri d’altezza,
conquistando le Torri Gemelle ed entrando nella storia.
Quest’impresa, già protagonista di un magnifico documentario del
2008, Man on Wire, diretto da
James Marsh e premiato con l’Oscar, diventa il
soggetto di The Walk, nuovo film di Robert
Zemeckis con protagonista Joseph Gordon-Levitt.
In The Walk Philip
è un ambizioso funambolo, un ottimista inguaribile che sogna in
grande. Quando, su un giornale, legge che a New York si stanno
erigendo due imponenti torri, decide quello che sarà il suo scopo
principale, mettere un cavo tra le due strutture e attraversarlo.
Comincia così un’avventura incredibile, un’appassionante vicenda
che all’epoca fece grande scalpore e che ancora oggi desta
incredulità ed emozione.
Robert Zemeckis fa
immediatamente sua la vicenda, condendo il racconto di suspence,
adrenalina, grande senso del cinema e dell’avventura. Forse proprio
per questo la prima parte del film, più esplorativa e di
preparazione, risulta stagnante, mentre nella seconda parte, quando
Philippe e i suoi complici sono all’opera, è ricca, magica,
emozionante. Utilizzando l’espediente dell’auto-racconto, Zemeckis
mette al sicuro lo spettatore che non conosce la vicenda storica.
Petit riesce nella sua impresa o comunque sopravvive a essa, e
viene inquadrato sulla fiaccola della Statua della Libertà per
raccontarcelo, ricostruendo con noi la vicenda. L’intensa
interpretazione di
Gordon-Levitt, che raramente sbaglia un colpo, ci
mette di fronte alla forza d’animo, alla vitalità, alla voglia di
affrontare l’ignoto ma soprattutto all’incredibile inclinazione
artistica di un’anima pura e selvaggia, spesso intrattabile, ma
comunque riconoscente e positiva.
Considerando
la delicatezza della location, il film poteva essere comunque
emotivamente sconcertante per coloro che hanno vissuto in prima
persona la tragedia dell’11 settembre. In fondo, tutto il film
ruota intorno a questi colossi dell’architettura che non ci sono
più, e che hanno profondamente ferito una nazione, e non solo
quelli che hanno perso qualcuno nella tragedia. Zemeckis riesce a
tenere presente il fatto in una potentissima e sintetica immagine
conclusiva, senza però affogare nella retorica. La protagonista
vera del film è la gloriosa impresa di Philippe, e così anche la
tragedia che sarebbe avvenuta da lì a qualche decennio passa in
secondo piano.
Alla decima edizione della Festa del
Cinema di Roma arriva una strana coppia: il regista Wes
Anderson e la scrittrice Premio Pulitzer per
Il Cardellino, nel 2014, Donna Tartt.
Ma l’accoppiata non è l’unica cosa
atipica di questo incontro. Ai due viene infatti chiesto di parlare
del cinema italiano attraverso 4 pellicole scelte dalla scrittrice.
Le clip si aprono con Medea (1970) di
Pier Paolo Pasolini, un film – dice la scrittrice
– con un ritmo lento, discontinuo, non molto accessibile a chi non
abbia familiarità col teso. Eppure Pasolini ci permette di
coglierne l’essenza, la brutalità e la violenza di quel mondo.
Nessun’altra opera del XX secolo è riuscita così bene in questa.
Amo il suo ritmo ipnotico e ritualistico.
La seconda clip è tratta da
La Notte (1961) di Michelangelo
Antonioni, una scena che, per una curiosa coincidenza è
stata scelta ieri da Paolo Sorrentino (qui la
storia). Del film di Antonioni, Donna Tartt dice
di aver apprezzato il modo magistrale di raccontare la solitudine.
È pieno di scene meravigliose e conturbante. La notte è una
presenza spaventosa ed è incredibile la scena in cui Mastroianni e
Jeanne Moreau escono finalmente alla luce. Fuori è
giorno, ma loro non riescono a togliersi di dosso la notte,
sembrano un quadro di Piero della Francesca.
Wes Anderson ricorda che il primo
film di Antonioni che ha visto è stato
L’Avventura, che l’ha subito colpito,
ancor più di Fellini, per lo stile così personale dell’autore, di
rottura rispetto a ciò che c’era stato nel cinema italiano prima di
lui.
Il terzo frammento è tratto da
La signora di tutti (1934) di Max
Ophuls, un film tutto italiano, eccezion fatta per il
regista. La Tartt parla della struttura narrativa di quest’opera,
radicale per il cinema di allora e cita Kubrick, che di Ophuls
diceva che riusciva ad attraversare i muri con la macchina da
presa. Parla poi anche del contenuto della pellicola, sempre
attuale: una donna ha tentato di uccidersi, ma a nessuno importa,
purché lo spettacolo vada avanti. La quarta e ultima scena scelta
dalla Tartt è tratta da La Grande
Bellezza (2013) di Paolo
Sorrentino.
Un
film che trascina, conquista, con personaggi profondi è complicati,
momenti divertenti e di spiritualità. E alla domanda di Antonio
Monda, che gli fa presente della divisione di critica che ha
accolto il film di Sorrentino in Italia, avanza l’ipotesi che la
differenza culturale nell’approccio cinematografico tra gli
americani e gli italiani sta nel fatto che i primi sono cresciuti
con Hollywood, dove lo spettacolo puro va bene e un film non deve
necessariamente avere un contenuto politico per essere goduto.
Anche Wes Anderson concorda con il fatto che il
film di Sorrentino sia un capolavoro, lo considera strettamente
legato a La Dolce Vita ed è
particolarmente impressionato dall’espressività del volto si Toni
Servillo.
Martin Scorsese ha fatto il
suo nome, Wes Anderson, designandolo come suo erede. Come si sente
a riguardo?
WA: Credo che l’abbia detto
molti anni fa, non so se lo pensa ancora oggi. E poi lo ha fatto
nel contesto di un’intervista in cui era obbligato a fare un nome,
non è che se ne sia uscito così spontaneamente. Ma naturalmente ne
sono onorato e mi sono sentito ispirato da lui: Scorsese è uno dei
motivi per cui faccio questo lavoro.
Ha mai pensato di girare un
horror o un film di Natale?
In effetti sì, anche perché se
fai una canzone o un film di Natale potresti avere molto successo,
poiché verrebbe riproposto di anno in anno. Tuttavia credo di non
esserci mai riuscito perché mi vedrei costretto a rispettare delle
regole, che è una sfida interessante, ma per me dura: è raro che io
sappia se quello che sto per mettere in scena sia buffo o
triste.
Infine, Wes
Anderson sceglie per il pubblico della festa il suo film
italiano preferito. Si tratta de L’oro di
Napoli (1954) di Vittorio De
Sica.
Dice di aver scoperto il film due
anni prima e che, da quel momento, ne ha parlato con chiunque gli
capitasse a tiro. Uno dei motivi per cui l’ha colpito così tanto è
la sua attrazione verso la struttura di film a episodi sconnessi
tra di loro, come fossero una sorta di raccolta di racconti. Si
sofferma poi sulla figura di Totò, che definisce il Buster
Keaton italiano.
Il romanzo gotico nasce
ufficialmente nella metà del 1700, ma Guillermo Del
Toro (Il Labirinto del Fauno, Hellboy, Pacific
Rim) ha re-immaginato il genere con una sensibilità
contemporanea in Crimson
Peak, in uscita nelle sale italiane il 22
ottobre. Il film possiede tutti i caratteri canonici di una novella
gotica e ovviamente non è il primo prodotto a esplorare sfumature
simili.
Prima di lui ricordiamo
Intervista con il Vampiro, Shining, Dark
Shadows, oppure Penny
Dreadful e Hellsing in
televisione, Castelvania,
Bloodborne nel mondo del gaming. Nel
mondo della musica bisogna citare invece i Black
Sabbath, Alice Cooper e i The
Cure. Come prepararsi dunque alla visione?
Eccovi dodici film gotici da vedere prima di
Crimson Peak.
Che fine ha fatto Baby Jane?
Che fine ha fatto Baby Jane? (What
Ever Happened to Baby Jane?) è un thriller psicologico del 1962
diretto da Robert Aldrich e basato sul romanzo What Ever Happened
to Baby Jane? di Henry Farrell (1960). Accolto con successo sia
dalla critica che al botteghino, è stato presentato in concorso al
Festival
di Cannes 1963 ricevendo ben 5 candidature al Premio Oscar e
vincendo il premio miglior costume nella categoria “bianco e
nero”.
Nel 2001 il film è inserito al 63º
posto della lista AFI’s 100 Years… 100 Thrills istituita
dall’American Film Institute. Nel 2003 il personaggio di “Baby Jane
Hudson” diventa il 44º miglior cattivo della lista AFI’s 100 Years…
100 Heroes and Villains, sempre istituita dall’American Film
Institute.
Dark Shadows
Dark Shadows è un film del 2012
diretto da Tim Burton e con protagonisti Johnny Depp, Eva Green,
Michelle Pfeiffer, Jonny Lee Miller ed Helena Bonham Carter. La
sceneggiatura del film, scritta da Seth Grahame-Smith, si basa
sull’omonima soap opera degli anni sessanta creata da Dan
Curtis.
Dracula cerca sangue di vergine… e
morì di sete!!!
Dracula cerca sangue di vergine… e
morì di sete!!! (Blood for Dracula) è un film del 1974, diretto da
Paul Morrissey con la collaborazione di Antonio Margheriti.
Si tratta del secondo film girato da
Morrissey in Italia, dopo Il mostro è in tavola… barone
Frankenstein (1973). Le due opere vennero ideate da Andy Warhol,
intenzionato a realizzare un horror erotico in 3-D. Il produttore
italiano Carlo Ponti, interessato a finanziare il progetto, si
offrì di produrne due da girare in Italia. Solo il primo dei due
film venne però realizzato in 3-D.
Dracula di Bram Stoker
Dracula di Bram Stoker (Bram
Stoker’s Dracula) è un film del 1992 prodotto,co-scritto e diretto
da Francis Ford Coppola, tratto dal romanzo Dracula (1897) dello
scrittore irlandese Bram Stoker.
Frankenstein
Frankenstein è un film dell’orrore
fantascientifico del 1931 diretto da James Whale.
Di genere orrore il film è tratto
dall’omonimo romanzo di Mary Shelley e dal suo adattamento teatrale
del 1927 Frankenstein: an Adventure in the Macabre di Peggy
Webling. Fu prodotto dagli Universal Studios.
Appartenente alla corrente
espressionista, è una delle opere più importanti del genere orrore.
Pur ispirandosi all’opera di Shelley, in realtà riprende
principalmente l’adattamento teatrale del 1823 Presumption; or, the
Fate of Frankenstein di Richard Brinsley Peake. Alcuni punti del
romanzo sono modificati, come l’ambientazione storica e alcune
caratteristiche del mostro, e viene ampliata la storia per
sottolinearne i contenuti scientifici e sociali.
Fu un grande successo, il film col
maggiore incasso nell’anno 1931, inaugurando una mitologia e uno
stile che influenzarono tutte le successive pellicole dell’orrore
(ad esempio gli stereotipi dello scienziato pazzo e del suo
assistente gobbo nacquero proprio da questa pellicola ) e rimane
tuttora il più noto fra quelli ispirati dal romanzo. Da questa
versione cinematografica l’immagine della creatura entrò
nell’immaginario collettivo e tutte le versioni successive del
mostro si rifecero a questa.
I delitti della luna piena
I delitti della luna piena
(Romasanta) è un film del 2004 diretto da Paco Plaza.
Film prodotto da Brian Yuzna e
distribuito dalla Dnc Entertainment. Nelle sale cinematografiche
italiane è stato distribuito dal 26 novembre 2004.
Il film è ispirato ad un venditore
ambulante, Manuel Blanco Romasanta, realmente esistito della fine
del 1800, che confessò di aver ucciso tredici persone e di aver
ricavato dal loro grasso del sapone.
Il Corvo
Il corvo – The Crow (The Crow) è un
film del 1994 diretto da Alex Proyas. Il film è basato sul fumetto
di James O’Barr Il corvo, e racconta la storia di Eric Draven, un
musicista rock che viene resuscitato per vendicare la propria morte
e lo stupro e l’omicidio della sua fidanzata.
L’attore protagonista Brandon Lee
rimase ferito accidentalmente sul set durante le riprese da un
colpo di pistola e successivamente morì in ospedale durante
l’intervento chirurgico. A soli otto giorni dalla fine della
produzione, le scene incomplete che dovevano essere interpretate da
lui vennero gestite riscrivendo la sceneggiatura e grazie a una
controfigura ed effetti digitali. Il film è dedicato a Lee e alla
sua fidanzata, Eliza.
Il corvo – The Crow fu distribuito
negli Stati Uniti dalla Miramax il 13 maggio 1994 e, nonostante i
numerosi contrattempi produttivi dovuti alla morte di Lee, fu ben
accolto dalla critica per l’unicità di stile visivo, premessa e
profondità emotiva e per il suo omaggio all’attore defunto. Il film
debuttò al vertice del botteghino e divenne un film di culto, dando
origine a un franchise che include tre sequel e una serie
televisiva.
Il pozzo e il pendolo
Il pozzo e il pendolo (The Pit and
the Pendulum) è un film del 1961 diretto da Roger Corman. Il
soggetto, anche se si discosta notevolmente dal racconto originale,
si ispira al racconto omonimo di Poe.
Intervista col Vampiro
Intervista col vampiro (Interview
with the Vampire: The Vampire Chronicles) è un film del 1994
diretto da Neil Jordan, tratto dall’omonimo romanzo di Anne Rice.
Vede come attori protagonisti Tom Cruise, Brad Pitt, Antonio
Banderas, Christian Slater e una giovane Kirsten Dunst.
La maschera del demonio
La maschera del demonio è un film
horror del 1960 diretto da Mario Bava, che con questa pellicola
esordì alla regia.
Nel 1989 il figlio del regista,
Lamberto, girò un remake del film dal titolo omonimo.
Nel 2016 è presente nella sezione
After Hours del 34° Torino Film Festival in una versione restaurata
dalla Cineteca Nazionale.
Nosferatu il vampiro
Nosferatu il vampiro (Nosferatu,
eine Symphonie des Grauens) è un film muto diretto da Friedrich
Wilhelm Murnau e proiettato per la prima volta il 4 marzo 1922 a
Berlino.
Considerato il capolavoro del
regista tedesco e uno dei capisaldi del cinema horror ed
espressionista, Nosferatu il vampiro è ispirato liberamente al
romanzo Dracula (1897) dello scrittore irlandese Bram Stoker.
Murnau dovette modificare il titolo, i nomi dei personaggi (il
Conte Dracula diventa il Conte Orlok, interpretato da Max Schreck)
e i luoghi (da Londra a Wisborg) per problemi legati ai diritti
legali dell’opera. Il regista fu comunque denunciato dagli eredi di
Stoker; perse la causa per violazione del diritto d’autore e venne
condannato a distruggere tutte le copie della pellicola, tuttavia
una copia “clandestina” fu salvata dallo stesso Murnau, e il film è
potuto sopravvivere ed arrivare ai giorni nostri. La psicoanalisi
si è impadronita dell’opera per una lunga serie di elucubrazioni.
La Prana-Film G.m.b.H., casa di produzione del film, fu costretta a
dichiarare bancarotta in seguito alla causa con gli eredi di
Stoker, in quanto fu obbligata a pagare il contenzioso sui diritti
d’autore.
Suspiria
Suspiria è un film del 1977 diretto
da Dario Argento, ispirato al romanzo Suspiria De Profundis di
Thomas de Quincey, e interpretato da Jessica Harper e Stefania
Casini. Il film è il primo capitolo della trilogia delle tre madri
ed ha avuto due sequel: Inferno (1980) e La terza madre (2007).
In occasione del 40º anniversario,
il film è stato restaurato in 4K ed è tornato al cinema il 30, 31
gennaio e 1º febbraio 2017, distribuito da QMI/Stardust e
Videa.
Nel 2018 è uscito il remake del
film, diretto dal regista italiano Luca Guadagnino.
Il regista Laurent
Laffargue e gli attori protagonisti Sergi Lòpez ed
Eric Cantona hanno presentato oggi il film Les
Rois du monde in occasione della quarta giornata
della Festa del Cinema di Roma 2015. La prima domanda, rivolta a
Laffargue, lo induce ad una riflessione sulla sua carriera, sospesa
tra teatro e cinema: l’idea stessa per il film nasce da una pièce
teatrale in partenza, dove il regista stesso avrebbe interpretato
tutti gli altri personaggi. Successivamente passò ad un’altra idea,
ampliando il cast a dieci personaggi, infine ha avuto la
possibilità di trasporre questa storia per il grande schermo,
firmando così la sua prima regia: la pellicola ha dei riferimenti
autobiografici forti, ad esempio la scelta di girare nello stesso
paese dove è nato e cresciuto, rielaborando personaggi frutto dei
suoi incontri; costoro gli hanno fornito l’ispirazione primaria per
poi romanzarli e creare quelli che hanno preso vita sul grande
schermo. Laffargue parla piuttosto di “auto-fiction”, ovvero:
partire dalla realtà, per poi deformarla e metterla al servizio
dell’esigenza narrativa.
Qualcuno ha chiesto agli attori se
avevano precedentemente lavorato sulla competizione, enfatizzando
la rivalità che lega Chichinet e Jeannot, ma Cantona replica che
non hanno mai assolutamente pensato a questo aspetto, anzi, che
hanno sempre cercato di pensare- e pensarsi- come personaggi
coinvolti in una storia, facendo solo in un secondo momento
emergere le emozioni che provavano e che venivano suggerite loro
dalle singole scene. Anche secondo il regista l’aspetto della
competizione e della rivalità sono trascurabili: il film nasce come
una tragedia nella sua mente, solo dopo una fase di riscrittura
“prolungata” che si è protratta nel tempo è arrivato a realizzare
un’opera frammentata che passa “di genere in genere”, dalla
commedia grottesca dell’inizio fino al dramma passionale. Per
questo le due figure maschili, così simili e complementari, opposte
ma complementari (a partire dall’aspetto fisico) possono essere
lette come due fratelli, due uomini legati da una fraterna
“rivalità” maschile direttamente legata alla figura della donna
amata, Chantal, una donna dal carattere forte ma allo stesso tempo
fragile, in grado però di reggere allo stress e al peso della
situazione; una donna che perde un amore per guadagnarne uno simile
ma molto più solido e protettivo. La loro sofferenza, i loro
dolori, nascono solo da loro stessi e dall’amore “malato” che
entrambi provano per questa donna, un sentimento che li spinge
inesorabilmente verso il tragico finale, bilanciato però dall’altro
che vediamo, quello che vede protagonisti Romain e Pascaline, e che
apre invece una spiraglio di luce alla speranza. In fondo, come
conferma Laffargue stesso, il film è una storia di ritorni e
partenze, il titolo è quasi casuale, non indica la vera essenza dei
tratti percorsi narrativi avviati nel film.
Riguardo invece al suo
lavoro sui generi, Laffargue ha riconfermato le affinità con la
commedia barocca, la tragedia, il melodramma e con il western,
anche se quest’ultimo non era proprio voluto: deriva piuttosto dal
contesto in cui è stato girato il film, dai paesaggi scelti, non
tanto dai temi trattati o dallo stile visivo. Volutamente ha scelto
di non definire l’epoca in cui è ambientata la pellicola,
contravvenendo ad una “regola d’oro” del cinema francese e
avvicinandosi, piuttosto, ai prodotti indipendenti americano- e, a
tal proposito, cita il cult Mud.
Una domanda solleva invece delle
polemiche, ed è quella che accusa la pellicola di mostrare una
forma di maschilismo: secondo il regista e i due interpreti
maschili, Les Rois du monde non è in
nessun modo un film maschilista; piuttosto, è una storia d’amore.
Un amore particolare, eccessivo, che in un caso trascende nella
psicosi, ma Laffargue quasi augura ad ogni donna di vivere una
storia d’amore come quella che vede protagonista Chantal: contesa
tra due uomini che la venerano, che l’hanno magnificata a tal punto
da desiderarla entrambi, fino a spingersi oltre ogni limite per
averla, “possederla”, come viene ribadito più volte nel corso del
film. La loro violenza cieca passa dall’uno all’altro, esclude la
donna che non è mai al centro degli atti peggiori, ne è quasi il
“motore propulsivo” che li genera, ma mai l’obbiettivo o il
soggetto.
L’ultima parte della conferenza
verte sul passaggio, compiuto da Laffargue, dal teatro al cinema, e
dalle eventuali differenze che ha incontrato: ammette di non aver
avvertito un brusco stacco nel passare dall’uno all’altro, anzi, ha
semplicemente ri-confermato la laboriosità del teatro e dei suoi
tempi molto più lunghi rispetto al cinema- più immediato e
frenetico- e la sua naturale predisposizione a dare indicazioni
agli altri, a spiegare che tipo di lavoro seguire, mettendo
letteralmente in scena in personaggi, facendoli vivere come accade
su di un palco teatrale. Una differenza più marcata l’ha avvertita
dal punto di vista della scrittura: quella cinematografica è stata
definita più “tecnica” e meno “lirica”, meno incline a quei picchi
di poesia lirici che spesso accompagnano i dialoghi teatrali, in
grado di evocare mondi e dimensioni semplicemente attraverso la
forza evocativa delle parole. Al contrario, al cinema l’importante
è l’immagine e la forza evocativa di quest’ultime: per questo
motivo bisogna immaginare i dialoghi, le situazioni e come
adattarli per la trasposizione sullo schermo, anche grazie all’uso
del montaggio che rappresenta un’ulteriore fase di scrittura.
Guarda il nuovo promo inedito di
The X-Files, l’atteso ritorno dello show
televisiva di successo targato FOX. Il nuovo contributo video si
intitola “Danger”:
Nell’ultimo episodio andato in onda
di Grey’s Anatomy 12, la
protagonista Meredith ha rivisto qualcuno con cui ha un
difficile rapporto dopo i tragici eventi del finale di stagione.
Ebbene oggi l’attrice Sara Ramirez ha così commentato come
entrerà nella serie TV la sua fidanzata di Callie si inserirà in
questa stagione:
Per Meredith è una scoperta
difficile, avrà bisogno di molto supporto. E reagirà, questo creerà
molti conflitti fra i dottori inclusa Meredith.
Il network americano FOX ha diffuso
il promo ufficiale di Gotham 2×06,
il sesto episodio che si intitolerà “By
Fire” e che andrà in onda prossima settimana.
Il network americano della
ABC ha diffuso il promo ufficiale
di Once Upon a Time 5×05, il quinto
episodio che si intitolerà “Dreamcatcher” e che andrà in onda
prossima settimana.
Oggi nella Selezione Ufficiale,
alle ore 22.30, la Sala Petrassi ospita il primo “Buddy
movie” indiano al femminile, Angry Indian
Goddesses di Pan Nalin, il regista
di Ayurveda: Art of Being, il documentario indiano di maggior
incasso. Con il suo nuovo film, Pan Nalin – inserito lo scorso anno
nella prestigiosa lista di “The Better India” dei “25 indiani
residenti nel mondo che hanno fatto l’orgoglio dell’India” – firma
un ritratto fresco e spigliato delle donne nell’India di oggi:
Frieda, una fotografa di moda, si sta per sposare e raduna le sue
più care amiche per un addio al nubilato che durerà una settimana
intera, in cui le ragazze metteranno alla prova il loro legame fra
rotture, ricongiungimenti, sesso, passione, paura. Ben presto gli
eventi prenderanno una piega diversa. E molto drammatica.
Brian Tyler è
un compositore eclettico, capace di spaziare da un genere all’altro
senza molta fatica. Nel 2015 ha firmato le musiche di tre
grandi film arrivati in sala, Fast & Furious
7, Avengers: Age of Ultron
e Truth
di James Vanderbilt, presente all’ultima Festa del
Cinema di Roma. Tyler ha scritto le colonne sonore dei Fast &
Furious a partire dal terzo film della serie, insieme a Now You See
Me, le Tartarughe Ninja, Iron
Man 3 e Thor: The Dark World, dunque il legame
con la produzione è ormai consolidato, così come lo era
l’amicizia con Paul Walker.
Parlando con il The Hollywood
Reporter, l’autore ha raccontato com’è stato scrivere
la parte musicale finale di Fast & Furious
7, ovvero il ricordo e l’omaggio all’amico scomparso.
“Ho sempre visto Paul come una star molto “alla mano”,
socievole e per nulla antipatica, tanto da non sembrarlo affatto.
Aveva la testa sulle spalle, è stato davvero troppo triste. Ero sul
set appena due giorni prima che accadesse l’incidente, è stato
devastante. Anche se non ho scritto l’intera colonna sonora, avevo
delle musiche anche nel primo Furious, dunque ci conoscevamo da
allora, avevamo la stessa età. Sono stato travolto da uno stato di
incredulità quando tutto è successo.”
“Ho lavorato duramente per pensare
a qualcosa che fosse un tributo e una celebrazione per Paul. La
scena finale è stata l’ultima parte che ho scritto per il film,
così come la musica nella scena di Brian e Mia, ovvero l’ultima
volta che li vediamo sullo schermo insieme. È stata dura, era la
fine di un’intera epoca.”
Oggi arriva alla Festa del cinema
di Roma 2015, Ville-Marie, secondo lungometraggio
di Guy Èdoin, regista di pluripremiati corti,
autore di Marécages, presentato alla
Settimana della critica a Venezia. Con il suo nuovo film il regista
canadese racconta le vite di quattro problematici personaggi che si
intersecano durante un disastroso evento a Ville-Marie in una buia
notte di Montreal. Insieme a Èdoin, sul red carpet delle ore 19, la
protagonista Monica Bellucci.
La Walt Disney Pictures ha diffuso
finalmente il trailer ufficiale di Star
Wars Il Risveglio della Forza, l’atteso film di
J.J. Abrams che arriverà al cinema a natale.
Sia lodato il mio creatore! Finalmente il trailer ufficiale de
“Il Risveglio della Forza”! www.ilrisvegliodellaforza.it
Star Wars Il Risveglio della
Forzauscirà
sul grande schermo il 18 dicembre 2015 con un cast che include il
ritorno di Harrison
Ford, Carrie
Fisher, Mark
Hamill, Anthony
Daniels, Peter
Mayhew e Kenny Panettierecon
le nuove aggiunte John
Boyega, Daisy
Ridley, Adam
pilota, Oscar
Isaac, Andy
Serkis, Domhnall
Gleeson, Lupita
Nyong’o, Gwendoline
Christiee Max
von Sydow.
L’episodio pilota della nona
stagione di Doctor
Who, da inizio gennaio su Rai4,
sarà presentato in anteprima a Lucca Comics & Games
2015 alla presenza di Steven
Moffat, show runner, e Jamie
Mathieson, sceneggiatore. Qui tutti gli
appuntamenti:
DATA
ORA
SALA
EVENTO
INTERVENTI
Venerdì 30 Ottobre
14:00
Sala del Giglio
Conferenza Stampa
Steven Moffat e Jamie Mathieson
Modera Andrea Fornasiero
esperto di serialità e autore del programma
di Rai4 MainstreamIntervengono: Roberto Nepote (direttore Rai Gold), Steven Moffat (Show Runner) Jamie Mathieson (sceneggiatore)
18:30
Cinema Astra
Proiezione in anteprima Doctor Who The Magician’s Apprenctice
Pilota, nona stagione
Intervengono: Roberto Nepote, Steven Moffat, Jamie Mathieson
Sabato 31 Ottobre
12:00
Auditorium San Romano
Incontro con i fan
Modera Gabriella Cordone Lisiero
sceneggiatrice di fumetti e coordinatrice fandom Doctor
WhoIntervengono: Steven Moffat, Jamie
Mathieson
e Maurizio Imbriale (responsabile
editoriale Rai4)
Doctor
Who è la serie più longeva della tv, in onda fin dal
1963, ora arrivata alla nona stagione del nuovo corso. Protagonista
è il Dottore, il Signore del Tempo che con il
suo TARDIS viaggia lungo tutte le epoche
dell’Universo, correndo in aiuto di chi ne ha bisogno.
Grazie alla sua capacità di rigenerarsi, il Dottore è stato
interpretato da attori diversi nel corso degli anni, e ora è
arrivato alla sua dodicesima incarnazione, con le sembianze
di Peter Capaldi.
In occasione della presenza a Lucca Comics & Games
2015, Rai4 presenterà anche le
novità della prossima stagione, concentrandosi sull’anteprima
assoluta di Fairy Tail, anime
fantasy per adulti, e la terza stagione
di Vikings.
Lo stand di Rai4 sarà al Loggiato
Pretorio con materiali promozionali, informazioni sulla
programmazione, gadget e sfondi fotografici per i cosplayer. Ogni
giorno, da venerdì 30 ottobre a lunedì 2 novembre, sarà trasmessa
una striscia giornaliera
di Mainstream, in seconda serata
alle 22:50 circa.
Le riprese del prossimo film della
Netflix, War Machine, sono iniziate e hanno
rivelato una sorpresa inattesa. Da queste immagini possiamo vedere
infatti il nuovo look di Brad Pitt, che nel film
vestirà i panni di un generale: dalle testate americane viene
definito look ”Silver Fox”, letteralmente ”volpe argentata”. I
capelli dell’attore, infatti, appaiono tinti di grigio per il nuovo
ruolo.
War Machine è
diretto da David Michôd (The
Rover,Animal Kingdom). Il film è
prodotto da Netflix con la Plan B di Pitt stesso, in collaborazione
con Dede Gardner, Jeremy Kleiner
e Ian Bryce (World War Z, Saving
Private Ryan). War Machine
segue un generale a quattro stelle (Pitt), il cui curriculum
impeccabile lo porta al comando della guerra americana in
Afghanistan.
Coloro che vinceranno riceveranno
risposta di conferma. Contatta la [email protected] per
partecipare indicando titolo del film e proiezione, oltre a nome e
cognome.
Sono iniziate le riprese a Praga del
quinto capitolo di Underworld, la
saga campioni di incassi con 500 milioni di dollari
guadagnati in tutto il mondo. Le dieci settimane di
riprese si svolgeranno interamente nella capitale e nelle zone
circostanti in Repubblica Ceca, con – ovviamente – Kate
Beckinsale nel ruolo di Selene.
Theo James
ritornerà nel ruolo di David, alleato di Selene. Gli attori
britannici Tobias Menzies (“Outlander”, “Roma”) e
Lara Pulver (“Sherlock”) avranno i rispettivi
ruoli di un nuovo formidabile leader dei Lycans e quello di un
feroce ambizioso Vampiro. Charles Dance (“Game of
Thrones”) interpreterà invece un Vampiro anziano, Thomas. A
completare il cast stellare del film troviamo: James
Faulkner (“Game of Thrones”), Peter
Andersson (The Girl with the Dragon Tattoo), l’esordiente
Clementine Nicholson, Bradley
James e Daisy Head.
Anna Foerster,
meglio conosciuta per il suo lavoro come direttore della fotografia
in The Day After Tomorrow e White House
Down di Roland Emmerich, si occuperà della regia del
film. Underworld 5, che sarà
sceneggiato da Cory
Goodman (Priest), entrerà in produzione a
Ottobre, precisamente a Praga. Il film verrà prodotto
da Gary Lucchesi e Tom
Rosenberg per la Lakeshore.
È senza dubbio l’uomo che ha
trasformato l’impossibile in possibile, sfidando non solo “una
decina di leggi municipali” ma anche la forza di gravità e
ogni umano senso del pericolo e istinto di sopravvivenza. Stiamo
parlando di Philippe Petit, l’uomo che ha appeso
un cavo tra le Torri Gemelle e lo ha attraversato, rimanendo
sospeso, tra un’acrobazia e l’altra, per circa 45 minuti nel vuoto
a 415 metri d’altezza. Era il 6 agosto del 1974 e le imponenti
costruzioni di New York erano appena state erette. Lui,
con pochi e incoscienti amici, ha compiuto l’impresa che gli
ha regalato l’imperitura memoria, e non è ancora stanco. Vivace,
profondo, felice, così si è presentato alla stampa della Festa di
Roma per presentare The Walk 3D, film di
Robert Zemeckis che racconta la sua avventura più
grande, la realizzazione del suo sogno.
Ma cosa ha pensato Petit
quando le Torri, in quel funesto giorno del 2001, sono state
abbattute?
“Sono felice che me l’abbiate
chiesto subito, perché per me è molto doloroso pensarci. Non
solo per i palazzi, che chiaramente ho vissuto in maniera del tutto
particolare, ma soprattutto pensando che in quell’attentato sono
morte così tante persone”.
Il suo sogno l’ha realizzato nel
’74, ma non per questo è soddisfatto. Guarda ancora la futuro con
grande energia, facendo progetti e cercando di tagliare altri
traguardi impossibili: “Sotto al letto ho una scatola rossa con
scritto ‘progetti’ – ha detto – È piena di fotografie
che rappresentano i miei sogni. Sarebbe molto bello camminare tra
due Mohai dell’Isola di Pasqua”.
Quanto c’è di vero nel film
e quanto di spettacolarizzato?
“Il film è tratto dal mio libro
‘Toccare le nuvole’. Diciamo che è abbastanza
fedele a come sono andate le cose veramente, giusto un paio sono
state aggiunte, per rendere il film più adatto a Hollywood. Del
resto, l’intento è portare gli spettatori con me sulla
fune”.
Ha incontrato Joseph
Gordon-Levitt?
“Ho insistito per allenarlo,
anche se avevamo a disposizione solo otto giorni. Gli ho detto:
‘bene, in otto giorni camminerai su un cavo’, e ho tracciato una
linea sul pavimento. Camminare su una linea morta è forse anche più
difficile cha farlo su un cavo. Lui era pieno di dubbi, ma io non
volevo certo che camminasse tra le Torri Gemelle, mi bastava
comprendesse l’anima, lo spirito, la maestà, la nobiltà,
l’eleganza, il senso di sfida che ho nel camminare. Alla fine ha
fatto 10 metri. Zemeckis non credeva ai suoi occhi. Sul set c’erano
anche degli stunt-man ma per gran parte del tempo sono i suoi piedi
che vedete nel film”.
E la paura? È qualcosa
che si sente mai a quelle altezze?
“Quando faccio il primo passo so
che arriverò a fare l’ultimo. Sia chiara una cosa: non lo faccio
per disprezzo della vita. Io la vita la amo”.
Ci sono delle scene che le
sono piaciute particolarmente del film?
“Direi, sicuramente la scena del
‘visitatore misterioso’. Una cosa che mi è accaduta realmente,
mentre stavo fissando i cavi, e ovviamente avevo paura di essere
scoperto perché stavo facendo una cosa illegale, prima dell’alba,
sul tetto delle Torri Gemelle arriva questo tizio. Per un attimo ho
temuto che il mio sogno si schiantasse. Ma non era un poliziotto e
nemmeno un operaio. Non ho idea di chi fosse. Magari voleva solo
starsene lì a rimirare il panorama dall’alto. E nel film c’è questa
scena carica di tensione in cui io tengo stretto in mano un pezzo
di tubo. Non lo minaccio, ce l’ho solo lì. E ci guardiamo, ed è
chiaro che lui pensa di avere a che fare con un pazzo. E poi amo la
scena in cui sto per partire con la camminata. Un piede poggiato
sul filo e uno sul cornicione. Ed è la mia gamba, non io, a capire
quando il cavo è pronto, e a dare inizio allo show”.
Su quello che invece non gli è
piaciuto, Petit è decisamente più morbido e indulgente. “Il
film mi piace molto, altrimenti non sarei qui a parlarne, chiaro.
C’è una cosa che non risponde a verità. Ad esempio è vero che mi
sono ferito il piede poco prima dell’evento, ma non perdevo sangue,
come nel film. Comunque questo non mi dà fastidio. Due cose avrei
fatto diversamente. La prima è che a un certo punto si vede che
inciampo. Vi assicuro che se fossi inciampato oggi questo incontro
non si potrebbe fare. L’ho detto a Zemeckis: ‘Bob, dai, non si può
fare’, ma lui ha insistito, perché il cinema è anche questo, ìè la
magia del cinema’ ha detto. La seconda è il modo in cui fisso i
cavi, con delle chiavi mobili che se fossero cadute avrebbero
potuto uccidere qualcuno. Io invece ho fatto un allestimento
meraviglioso, se mi posso permettere, stando attentissimo a non
danneggiare le persone né i palazzi, con degli strumenti del
mestiere antichi e collaudati. Ecco, queste due cose le avrei
cambiate, ma non mi danno fastidio al punto di rovinarmi la visione
del film”.
Dopo la prima traversata lei
decide di tornare sul cavo e compiere anche il percorso inverso.
Cosa l’ha spinta?
“È che, vede, io
stavo lì, seduto, ed ero come un re sul suo trono. Non me la
sentivo di dire ‘Ok, è fatta, festeggiamo’. Non ero soddisfatto
della prima camminata, era stata una specie di prova, avevo provato
il cavo. Poi avevo controllato la mia seconda estremità e, beh, ho
sentito qualcosa che ancora mi chiamava. La bellezza del vuoto,
delle Torri, di New York. E la gente che sotto cominciava ad
accalcarsi. Ormai conoscevo il cavo. Non era un gran cavo, però
sapevo come gestirlo. Mi sono alzato e ho ricominciato a camminare,
avanti e indietro. Quando sono sceso, i miei amici hanno detto
che sono stato sul filo per 45 minuti, compiendo 8 traversate, ho
improvvisato, come fanno gli artisti”.
Cosa rappresenta per lei
quel cavo?
“In francese noi diciamo ‘fil’,
che è molto più raffinata di ‘cable’. Beh, è il filo della vita,
come dirlo diversamente. Mi porto sempre dietro una cordicella, che
vedete anche nel film. E la uso quando vedo dei luoghi per
immaginarmi quanto sarebbe bello metterci un cavo in mezzo. Il cavo
non è mai una linea retta, è una curva catenaria, gira su se
stesso, si muove in orizzontale e in verticale. È come un animale e
io lo devo gestire. E quando l’ho installato tra le Torri, anche se
non avevo tempo, mi sono fermato comunque un momento a guardare
quella curva. Era bellissima, come un sorriso. Il funambolo collega
i posti e le persone. Magari da un lato e dall’altro ci sono dei
nemici, e quando mi vedono e mi ammirano sono un tutt’uno ad
applaudire. Non credo in un unico Dio ma in molte forze, e da dove
viene il termine religione? Dal latino ‘religare’, cioè legare
insieme. La verità è che non ho ancora imparato del tutto come si
fa. Ho 66 anni e ancora mi alleno, 3 ore al giorno”. La vedremo mai sospeso da qualche
parte qui in Italia?
“Ci sono venuto tante volte ma è la prima volta che vengo a
Roma. Non potrò certo scoprirla in due giorni. Cercherò di
coglierne lo spirito, poi ci devo tornare un paio di settimane e
fare dei sopralluoghi, magari mettere su un progetto e presentarlo
alle autorità competenti per ricevere un invito, e un assegno. Non
mi serve molto, non sono un milionario. Sono un semplice artista
che vive di questo. Il mio sogno inizia così. Sono venuto a Carrara
per un festival letterario e mi ha affascinato la cultura del
marmo. C’era un tipo che suonava un pianoforte tutto di marmo. Mi
piacerebbe attraversare sul filo la cava dei marmi, da una parte
all’altra, illuminando tutto di candele come Milos
Forman che per Amadeus ne ha usate 30mila. Ma ancora non
sono riuscito a parlarne con nessuno”. Un uomo così vivo, appassionato e estroverso
ha un rapporto complicato con la tecnologia, sul 3D ad esempio, ha
detto: “Generalmente a me il 3D non piace, penso che il cinema
debba basarsi sul talento del regista, del montatore eccetera. Però
questo film è un’eccezione, se lo vedi in 3D e in IMAX è come un
volo sul Grand Canyon, porto veramente il pubblico con me sul cavo
e gli faccio avere paura, ma una paura divertente. Ovviamente
funziona al meglio nella parte che riguarda la camminata, ma se
potete consigliate alla gente di vederlo così. Anch’io l’ho fatto,
con quegli stupidi occhialini. Però questo film è bello anche
senza, nel 2D tradizionale”. Sulle tecnologie invece è stato
molto severo: “Le tecnologie però secondo me attutiscono i
sensi. Tutti questi gadget, il pc, il cellulare, le cuffie. Vedo
questi teenager completamente isolati e stanno dimenticando i
propri sensi. Io uso solo una penna, una bella penna a inchiostro,
e quando viaggio matita e taccuino, per disegnare. Nemmeno la
macchina fotografica uso. Non ho l’orologio, sono un bravo
borseggiatore e giocoliere, per cui se mi dovesse servire lo rubo.
Non uso il PC, scrivo come Leonardo Da Vinci. Io vado nella
direzione opposta, cerco di combinare i miei sensi per crearne
altri, del resto nella preistoria lo facevamo, eravamo animali a
quattro zampe con enormi narici. Annusavamo, sentivamo tutto. Lo
faccio anche oggi, vivo nei boschi vicino Woodstock e se c’è un
orso in giro lo fiuto, anche se non lo vedo. I nostri sensi vanno
tenuti vivi”.
In merito alle differenze su questo
film e sul documentario premio Oscar che lo ha visto protagonista
nel 2008, Man on Wire: “Sì, ma sono
imparagonabili. Sono proprio due quadri diversi. Diciamo che
consiglierei prima di vedere il documentario per informarsi e poi
di passare al film”.
Daniel Craig
è già pronto a lasciare i panni di James
Bond per quelli di Iago. È stato annunciato infatti che
l’attore prenderà parte allo spettacolo
teatrale ”Otello”, una
produzione Off-Broadway, a fianco a David
Oyelowo, star di Selma, e
diretto da Sam Gold, vincitore del Tony
Award.
”Otello”
verrà messo in scena al New York Theater Workshop nell’autunno del
2016. Le date sono ancora da determinare. Il Workshop ha preso
l’abitudine di ospitare produzioni di alto profilo negli ultimi
anni, tra cui i primi allestimenti di successi di Broadway, come
”Once” e ”Peter and the Starcatcher”. In questa stagione
invece il workshop presenterà la prima mondiale di ”Lazarus” il
nuovo musical di David Bowie-Enda Walsh, con Michael C.
Hall e Cristin Milioti.
Siamo al giro di boa per la
Festa del Cinema di Roma 2015, e come di
consueto ripercorriamo la prima parte dell’evento capitolino
attraverso una photogallery di tutte le star arrivate sul red
carpet.
Mustang – Turchia,
giorni nostri. In uno sperduto paesino sul Mar Nero a centinaia di
chilometri da Istanbul, Lale (Gunes Nezihe Sensoy)
e le sue quattro sorelle maggiori vivono con la nonna e lo zio,
orfane di entrambi i genitori. Un giorno, tornando da scuola, si
intrattengono con dei compagni a giocare sulla spiaggia, qualche
vicino di casa le osserva e dice tutto alla nonna. Scandalo nel
paese. La nonna e lo zio, preoccupati per l’onorabilità delle
fanciulle, decidono di recluderle in casa che diventa per loro una
vera e propria prigione dove dedicarsi unicamente a corsi di
economia domestica. Il passo successivo è trovar loro
immediatamente marito così inizia la penosa ricerca di matrimoni
combinati a cui le ragazze non possono sottrarsi.
Mustang è
il primo lungometraggio della giovane regista turca Denis
Gamze Erguven, vincitrice di un pardo al Festival
di Locarno nel 2006 con il suo corto Bir Damla
su (Une goutte d’eau) sezione Pardi di domani. Questo
suo primo lungo, che verrà presentato al Festival di Roma, e che
già si è fatto notare a quello di Cannes, è un lavoro fortemente
autobiografico in quanto nella storia di Lale e delle sue quattro
sorelle troviamo molto della storia personale della regista nata ad
Ankara. Mustang è il nome dei bellissimi cavalli selvaggi dalla
lunga criniera e dall’indole focosa, così come focoso e indomabile
è il temperamento delle cinque bellissime eroine che la regista ha
scelto per la sua storia. Cinque giovani donne cui lunghi capelli,
come le criniere dei mustang, sono accarezzati dal vento, immagine
simbolo di quella libertà per cui esse combattono unite, come
fossero una persona sola.
La loro battaglia è contro assurde
convenzioni sociali di un piccolo paese che rappresenta il volto
più conservatore di una Turchia che si sforza di liberarsi da
antichi legami morali e religiosi. Una Turchia che, all’infuori
della capitale vista come una meta lontana e irraggiungibile, è
purtroppo ricaduta in un’ortodossia religiosa e sociale che ha
nelle donne l’elemento più sacrificato. Lale, una bravissima e
sorprendente Gunes Nezihe Sensoy, al suo esordio da attrice,
interpreta la più piccola ma anche la più combattiva delle cinque
sorelle, colei che per ultima si arrenderà a quel sistema che
pretende di decidere della sua vita al posto suo.
Mustang è
un film di denuncia, mai crudo ma comunque dal forte impatto
emotivo, che mira a smascherare l’ipocrisia di queste assurde
convenzioni dietro le quali si nasconde lo squallore e l’abuso, di
cui queste donne sono oggetto, perpretato proprio da chi vorrebbe
difendere la loro moralità. Mustang è anche un film
sull’amore, quello vero e intensissimo che lega le cinque sorelle,
così come sulla speranza che non deve mai venir meno, perchè in un
mondo dove tutti sembrano esserti nemici qualcuno disposto a
tenderti una mano può sempre arrivare.
La scorsa settimana Jennifer
Lawrence si era scagliata contro i suoi colleghi maschi, o
meglio le produzioni, accusate di pagare di più gli attori
uomini che le attrici donne. La Lawrence ha subito raccolto i
pareri favorevoli e l’appoggio di molte colleghe di Hollywood,
compresa Jessica Chastain, che in qualche modo ha risposto alla sua
‘lettera aperta’.
Ora, in occasione dell’uscita di
Crimson
Peak, l’attrice è tornata sull’argomento parlando
con l’Huffington Post: “È un argomento importante, bisogna parlare
dei nostri salari perché si tratta di un problema sociale. Le donne
ne stanno discutendo, ma è bene che anche gli uomini dicano la
loro. Nell’industria cinematografica sono tutti belli e perfetti,
ma quando si parla di qualcosa di serio tutti si defilano. Più in
generale, abbiamo un problema di disparità. Esistono dei compensi
enormi a Hollywood, anche dietro la macchina da presa, parlare
apertamente può solo aiutare a cambiare le cose.”
“Parliamo di Sopravvissuto
– The Martian. C’è stata molta disinformazione,
sono uscite cifre che poi non hanno avuto riscontro nella realtà.
Ho percepito un quarto di ciò che hanno riportato i giornali.”
Facciamo un po’ di conti allora: il compenso di Matt
Damon praticamente accertato è stato di 25 milioni di
dollari, per il suddetto film, mentre la Chastain avrebbe percepito
7 milioni. Se ciò che dice l’attrice è vero, cioè di aver percepito
solo un quarto di quella cifra, rasentiamo i due milioni di dollari
di compenso reale. La disparità fra i due sarebbe effettivamente
enorme. Speriamo che preso le cose possano cambiare.
Philippe Claudel
presenta per la sezione Alice nella Città, un film che
narra la vicenda di Jimmy, un bambino a cui l’infanzia è stata
rubata da una famiglia che versa in condizioni difficili,
investendolo di responsabilità che non dovrebbero
riguardargli. Il regista si esprime subito riguardo la
necessità che la storia narrata possedeva, di essere raccontata con
grande aderenza al realismo, evitando artefatti che ne avrebbero
potuto minare la forza. È un film – dice – in cui le emozioni non
esplodono mai e chiede molto allo spettatore per essere
completato.
Come nasce il personaggio di Jimmy?
Philippe Claudel:
Desideravo fare un film sull’infanzia. Il mio film precedente
narrava appunto di un uomo che aveva raggiunto ormai un’età matura
e si domandava se fosse riuscito a vivere come voleva la sua
gioventù. Dunque mi sono guardato indietro anche io, e ho capito
quante cose io abbia imparato durante un’età cruciale come quella
tra i 10 e gli 11 anni. È un momento fondamentale in cui
delle sensazione, delle emozioni si vivono così intensamente da
restarci per sempre. Un altro desiderio che avevo era quello di
raccontare il posto geografico in cui sono cresciuto, che ha una
zona industriale e un bosco al quale sono molto legato. In questo
film ho unito quindi questi miei desideri nella storia di un
bambino che cerca di preservare la sua infanzia, mentre gli adulti
non intervengono, impegnati a fare altro. Il film è costruito un
po’ come un western, c’è un paese che nella stagione estiva si
svuota, il cattivo e la donna da salvare.
Spesso i suoi personaggi sono accostabili a delle canzone.
Che canzone è Jimmy?
PC: Jimmy è le
canzoni della scelta musicale del film. L’artista principale che
possiamo ascoltare nel film è Ray LaMontagne, lui
fa una musica adatta ai grandi e deserti spazi (ancora il western),
ma anche molto intima. L’uso della musica nei miei film è teso a
dare un’idea su ciò che sta avvenendo in quel momento all’interno
del personaggio, senza necessità di usare tante parole.
Come ha scelto gli attori e che tipo di lavoro ha fatto su
di loro?
PC: Il lavoro sui
bambini è stato molto semplice. Li ho scelti tra i bambini della
mia regione, ho visto 400 o 600 schede e provinato un numero
ovviamente inferiore. Con loro abbiamo fatto un lavoro che si è
basato soprattutto su esercizi di concentrazione e rilassamento,
volevo far capire loro che recitare è una cosa seria. Non ho però
mai provato le scene con loro prima di girarle, volevo che ci
arrivassero con una certa freschezza.
Per quanto riguarda gli adulti, volevo che fossero sconosciuti, per
dare un effetto di realismo al film. Per esempio Pierre
Deladonchamps è abbastanza conosciuto per via di un film
uscito un anno prima del mio, ma è completamente diverso e
moltissimi non lo riconoscono. Per il personaggio di Pris, con
Angelica Sarre mi sono trovato benissimo, perché è
una delle poche attrici che non si preoccupa di apparire bella,
poiché aveva capito perfettamente gli obiettivi del film.
Perché ha deciso di
comparire nella scena finale del film?
PC: Non è nel mio
stile comparire nei miei film. Mi sono trovato a farlo a volte per
necessità, da studente, quando non avevo attori fisici da usare.
Qui però mi sono reso conto di quanto fosse autobiografico, non
necessariamente per la vicenda specifica, e quanto la figura
dell’allenatore, quindi, simbolicamente fosse il mio personaggio.
Era come se l’uomo che sono oggi tendesse la mano al bambino che
sono stato. Avevo scelto un altro attore per quel ruolo, ma poi mi
sono reso conto che quello doveva essere il mio ruolo.
Jimmy non sorride mai, tranne
che nel finale, in cui sorride e ci guarda. Come mai la scelta
dello sguardo in macchina per chiudere il film?
PC: Nella
sceneggiatura avevo scritto che il suo viso si sarebbe illuminato
con un sorriso. Mentre giravamo la scena, però, Alexi
Mathieu vagava con lo sguardo a destra e a manca. Per cui
gli ho detto di guardare noi, dandogli il permesso di fare quello
che gli avevo proibito durante tutta la lavorazione. Così lui ha
fatto lo sguardo in macchina che avete visto e ci ha commossi così
tanto, che mi sono reso conto che non poteva finire altrimenti. È
una storia fittizia, che narra però di fatti reali, e il suo
sguardo in macchina serviva a richiamare l’attenzione, per far
riflettere chi lo guarda sull’emergenza di questi bambini.
L’acclamato regista Gianni
Amelio è arrivato alla Festa del Cinema di Roma
2015 per presentare il suo ultimo lavoro: non un film
bensì un documentario creato insieme alla collaboratrice
Cecilia Pagliarani.
“Registro di classe in
realtà nasce da un progetto mancato”
confessa Amelio, “Sono anni che tento di fare un film
sulla figura di una maestra nel dopoguerra ispirandomi a vicende
della mia famiglia. Mia zia era una maestra della scuola serale e
faceva 8 chilometri a piedi tutti i giorni per raggiungere la
scuola. Era il racconto di una ragazza che esce dalle
magistrali e finisce in un paese lontano e sconosciuto ad
insegnare in una scuola un po’ particolare: non ci sono bambini, ma
solo uomini dai 21 ai 100 anni. Si pensava che alle donne non
servisse la scuola ma a gli uomini si: in classe erano in 350! Ma
non mi hanno mai permesso di farlo.”
Questo non è il primo documentario
per Amelio, che è però più conosciuto per i suoi successi
cinematografici come Porte Aperte e Così
Ridevano, “Io questo però non lo chiamo documentario
ma ‘Film d’archivio’. Andai da Ceccato e gli chiesi: Ti andrebbe di
finanziarmi una ricerca nelle teche dell’Istituto Luce? Quindi per
espresso volere della produzione abbiamo lavorato su immagini di
repertorio e cose già esistenti. Il nostro lavoro è stato proprio
quello di scovare tra questi tesori, io così loti chiamo, le
cose che andavano raccontate. Da subito però ci siamo accorti che
il materiale era troppo e l’arco di tempo che volevamo comprare
troppo esteso, così abbiamo deciso di dividerlo in due: Libro Primo
e Libro Secondo. Avremmo potuto chiamarle Parte Prima e Parte
Seconda ma ci piaceva Libro perché stavamo parlando di scuola!
Posso dirvi che stiamo già lavorando al secondo film e lo finiremo
per il 30 Novembre.”
Infine Amelio ci racconta la sua
scena preferita di Registro di Classe e lancia una proposta:
“Il nostro momento preferito è stato quello della bambina
Caloggera, siciliana di 9 anni, che a quell’età aveva ripetuto la
prima per più di tre volte: lì si capisce che non era la
classica bambina svogliata,come quelle di oggi che pensano solo a
chattare, ma una bambina a cui era stato impedito il piacere della
scuola. Io non voglio sentire parlare ‘Scuola
dell’Obbligo” perché obbligo suona come una cosa punitiva. Vorrei
sentire dire Scuola di Diritto, perché è un diritto poter studiare,
un dono per la società.“
Movie Surfers di Disney
Channel ha fatto visita agli studi della
Pixar per mostrarvi il dietro le quinte del nuovo film
d’animazione Il Viaggio di Arlo (The Good
Dinosaur). Diretto da Peter Sohn e ispirato a una storia di
Enrico Casarosa e Bob Peterson, Il Viaggio di Arlo prova a
raccontare la nostra Terra nel caso in cui i dinosauri non si
fossero mai estinti.
La data d’uscita italiana del film è
prevista per il prossimo 25 novembre.
In attesa si scoprire nuovi dettagli sul possibile quinto
capitolo della saga di Indiana Jones,
ecco un video che racchiude i primi tre film in soli 90 secondi.
Non è compresa l’ultima pellicola della serie, Il
Regno del Teschio di Cristallo. Ecco il video.
Benvenuti alla Festa
Internazionale del Film di Bangkok. Le piogge torrenziali
hanno causato qualche disagio (Stefania del Kebab è andata dispersa
lungo la fiumana ma qualcuno ha avvistato Christian
Bale che la traeva in salvo) ma noi siamo qui pronti a
lottare per voi. Oggi è la volta buona che c’è un ospite che mi
interessa, il Robert Zemeckis di
Ritorno al Futuro e Chi ha
incastrato Roger Rabbit?. Ok, ha fatto anche un
Beowulf in cui Ray
Winstone (che di base è un barile) mostrava chiappe dure e
finte in Cgi e Angelina Jolie interpretava un
mostro con i tacchi a spillo, ma perché farsi del male? Rimozione,
rimozione è la parola chiave. Che tra l’altro
Zemeckis ci casca a pennello perché dopodomani è il 21
ottobre 2015, il giorno in cui Marty McFly sbarca nel
futuro e secondo la teoria del film (datato 1989) in giro dovrebbe
essere pieno di gente che gioca col volopattino e si veste come un
deficiente. E invece, se ti guardi intorno, all’Auditorium non si
vede nessuno che gioca col volopattino.
Ma vabbè, Zemeckis non poteva
prevedere che i bruschi cambi climatici avrebbero arretrato il
progresso tecnologico di 15 anni, del resto costruire microchip con
l’umidità tropicale e le zanzare che ti si infilano nei circuiti
non è facile.
Oggi comunque il grande Bob presenta
il film su un genio del secolo scorso. No, no, fermi. So cosa state
pensando. Non si tratta di Albert Einstein, che
con la teoria della relatività ha rivoluzionato il modo di
concepire l’Universo e di metterci in relazione con esso. No, non
si tratta nemmeno di Alexander Fleming, che con la
scoperta della Penicillina ha contribuito a curare milioni, ma che
dico, miliardi di persone.
No.
Si tratta di un tizio che nel 1974
ha deciso di camminare su un filo teso tra le due Torri Gemelle
rischiando di spiaccicarsi come un pomodoro maturo. Onestamente non
conosco come è andata a finì la storia nella realtà, ma guardando
il film tiferò che si spiaccichi. Lo merita.
Detto questo, me volete
male. Io è da sempre che confondo tutti sti registi che si chiamano
Anderson, da quello de I Tenenbaum a
quello di The Master a quello di
Mortal Kombat e dei Tre
Moschettieri in versione Steampunk. Per me so’ tutti
la stessa persona. Te chiami Anderson, sei quello. Sarei
capace, come ha fatto una volta Mirko Lomuscio (ma
coscientemente, io no) di portare ad autografare un dvd dell’uno a
uno degli altri. Ecco, m’avete messo in programmazione due di
questi Anderson, uno con un documentario, uno con un incontro. E io
non so quale cazzo dei due andrò ad intervistare. Speriamo che sia
quello di Mortal Kombat almeno gli
propongo un doppio. Io prendo Sub-Zero però, non rompesse il
cazzo.
(Ang)
Buongiorno anche da me
cari affezionati lettori: stamattina mi sono svegliata e credevo di
essere intrappolata dentro Suburra, è da
ieri pomeriggio che un cielo grigio mi accompagna mentre percorro
400 chilometri da una stazione all’altra con
Runtastic. Essì, ho un secondo abbandonato la
Festa del cinema perché avrei pure da lavorare ad
altro – ma non temete, tornerò presto, giusto il tempo di trovare
un abito per la chiusura che non mi posso fa parla’ dietro, non
vorrete che le foto sui giornali abbiano didascalie tipo
‘La matrigna, Valentina Pettinato, vestita
demmerda’ o ‘vestita random’.
Sono comunque in filo diretto con la
sala stampa, per cui continuerò a scrivere indiscrezioni, non
preoccupatevi. Nel mentre state accanto ad Ang che lo vedo un po’
stanchino: tra sale, interviste, presentazioni e redazione ha più
impegni lui a sto festival di Jude Law.
Io proporrei di fare un incontro in
Petrassi dal titolo, ‘Ang, l’animatore della Festa del
Cinema’. Altro che quelli della
Pixar.
Si avvicina Halloween e
anche la classifica del box office USA cambia. In testa questa
settimana, tra i dieci film più visti nelle sale statunitensi
troviamo Goosebumps, adattamento
cinematografico della serie di romanzi fantasy-horror per bambini.
Il film, con protagonista Jack Black, incassa 23 milioni di
dollari. In seconda posizione resiste The
martian, con un incasso di 21 milioni che porta il
suo totale a 143. Il terzo posto è di Bridge of
spies, nuova fatica di Steven Spielberg con Tom Hanks, che incassa
15 milioni di dollari. E’ uscito questa settimana anche il nuovo
film di Guillermo Del Toro, Crimson Peak, una
storia d’amore gotica con Tom Hiddleston e Jessica Chastain, che
incassa 12 milioni di dollari attestandosi in quarta posizione. Al
quinto posto troviamo invece Hotel Transylvania
2, che di milioni ne incassa 12 per un totale di 136
raccolti in quattro settimane di classifica. Il sesto posto lo
occupa un altro film fantasy, Pan,
diretto da Joe Wright, che incassa 5 milioni di dollari portando il
suo totale a 27. La settima posizione è della
commedia The intern, che incassa 5 milioni di
dollari per un totale di 58, mentre all’ottavo posto si
ferma Sicario, con un incasso di 4 milioni di
dollari per un totale di 34. La nona posizione è della nuova
usicta Woodlawn che incassa 4 milioni di
dollari, mentre chiude la classifica Maze Runner: The
scorch trails che incassa 2 milioni di dollari questa
settimana per un totale di 75.
La prossima settimana
usciranno: Our brand is crisis, per il quale
si vocifera già una possibile candidatura all’Oscar per Sandra
Bullock e il nostro Le meraviglie, vedremo
come verrà accolto.