Home Blog Pagina 2391

Disco Boy: recensione del film italiano alla Berlinale 2023

Disco Boy: recensione del film italiano alla Berlinale 2023

Poche parole. Servono davvero poche parole a Giacomo Abbruzzese per costruire una storia nella quale è facile vederne così tante altre. Una storia di fuga e di fantasmi, come era stato nell’America del 2019 (il documentario che aveva preceduto questa opera prima di segno diverso), che rappresenta il cinema italiano alla Berlinale 2023, dove è in concorso. E da dove il suo Disco Boy dà l’appuntamento agli spettatori per il prossimo 9 marzo, quando arriverà nelle nostre sale distribuito da Lucky Red.

Disco Boy: una fuga verso la vita

Il regista pugliese sceglie una doppia narrazione, dividendosi nel seguire il giovane bielorusso Aleksei (il Franz Rogowski di Undine e Freaks Out), che durante una trasferta in Polonia si sgancia dal gruppo di tifosi con cui viaggiava e con il suo amico Mikhail tenta di raggiungere Parigi per arruolarsi nella Legione Straniera e ottenere così il passaporto francese. Una possibilità che lo storico corpo militare d’élite dell’esercito transalpino offre a tutti, senza preoccuparsi che siano criminali, “amministratori delegati” o clandestini.

In parallelo, e prima che le loro strade si incrocino con quella di Alex, conosciamo anche Jomo, giovane rivoluzionario a capo di una frangia del Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger e in lotta contro le compagnie petrolifere che hanno devastato il suo villaggio. Dal quale anche la sorella Udoka (l’artista e attivista ivoriana Laëtitia Ky) sogna di fuggire, verso la Francia, verso Parigi.

Gli altri siamo noi

Spesso le storie degli esclusi trovano spazio al cinema, persone ai margini, costrette dietro confini – fisici e non – e impossibilitate a riconoscersi, a essere. Una alterità nella quale si muove Disco Boy (Abbruzzese ha già diretto un documentario, come detto), una storia di interessante esordio che che sceglie di affidarci a un personaggio principale per accompagnarci in una contorta esplorazione, una riflessione stilizzata e coinvolgente nella quale il montaggio curato dallo stesso regista e sceneggiatore è sincronizzato con il ritmo della colonna sonora firmata dalla stella della musica elettronica Vitalic.

Musica che si conferma via via elemento sempre più fondamentale del film, sia nella costruzione della connessione tra i due personaggi, sia nell’evidenziare tanto la loro ‘normalità’ quanto il bisogno di trovare una forma di espressione di sé, e magari riconoscersi simili ad altri altrimenti apparentemente diversi e lontani. Cura che si aggiunge all’utilizzo da parte del regista di canzoni famose e riconoscibili, decontestualizzate con un effetto straniante.

Disco Boy film recensione

Una storia di fantasmi e di ricerca di sé stessi

Il tentativo di influenzare il nostro sguardo è evidente sin dal titolo, ma il ritmo con il quale si procede nel processo di scoperta, accettazione e superamento del nostro ‘eroe, però,’ è quello scandito dai suoi lunghi silenzi, e dalle sue assenze. Spazi di profonda analisi, affidata allo spettatore e suggerita – anche in modo insistito e ammiccante – dalla messa in scena, più “sciamanica” che psichedelica, per ammissione dello stesso  Abbruzzese, che gioca in maniera intrigante con i fantasmi. Quello dell’amico perduto, e celebrato in maniera grossolana eppure sentita, e quello della sua vittima – casuale, conseguenza del plagio del miraggio disumanizzante della Legione Straniera – alla quale Alex finirà per dare una nuova vita, in qualche modo realizzandone il sogno.

Compagni di solitudine prima, poi guide nell’affrancamento, i fantasmi sono l’elemento chiave di una storia di rinunce e rinascita, che passa dal rifiuto di una identità smerciata, scelta per opposizione, per sfuggire al giudizio di “nullità” di una società violenta e interessata, a una liberazione che arriva abbandonando il razionale e affidandosi all’istinto più profondo. Una storia di passaggio non priva di qualche manierismo ed eccesso di compiacimento, ma che riesce a far convivere espressioni vitali e suggestioni intellettuali in una forma comunque convincente.

Disco Boy: intervista al regista Giacomo Abbruzzese

0
Disco Boy: intervista al regista Giacomo Abbruzzese

Ecco la nostra intervista a Giacomo Abbruzzese, il regista di Disco Boy, film che arriva al cinema in Italia il 9 marzo distribuito da Lucky Red.

Disco Boy, opera prima di Giacomo Abbruzzese premiata con l’Orso d’Argento al 73° Festival Internazionale del Cinema di Berlino per il Miglior Contributo Artistico (Silver Bear for an Outstanding Artistic Contribution), è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:

“Affidandosi a una struttura narrativa metaforica e a un impianto visivo stilizzato, il regista racconta una storia di sradicamento e simbiosi, in cui la flagranza dei temi della contemporaneità storica si intreccia alla statura morale dei personaggi. Grazie a una sapiente struttura visiva, che definisce in chiave astratta luoghi e figure, il film restituisce un prolifico intreccio di elementi fisici, reali, pulsionali e spirituali.”

Disco Boy, la recensione del film italiano alla Berlinale 2023

Disclaimer: recensione della serie di Alfonso Cuarón con Cate Blanchett – Venezia 81

0

Disponibile dall’11 ottobre su Apple TV+ ma presentato nel Fuori Concorso – Serie della 81. edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, Disclaimer è la nuova serie limitata di sette episodi interpretata superbamente da Cate Blanchett e Kevin Kline. La prima che regala ancora una volta un ruolo drammatico di grande spessore, il secondo che ricorda al mondo intero che raffinato attore è sempre stato.

Cosa racconta Disclaimer

Scritta e diretta dal cinque volte premio Oscar Alfonso Cuarón, Disclaimer è l’adattamento dell’omonimo best-seller di Renée Knight, un thriller psicologico con al centro l’acclamata giornalista Catherine Ravenscroft (Blanchett). All’apice della sua carriera, dopo aver ricevuto un prestigioso riconoscimento, la sua posizione di potere e prestigio, costruita rivelando le malefatte e le trasgressioni degli altri, rischia di crollare. Quando riceve un romanzo da un autore sconosciuto, si rende conto con orrore di essere la protagonista di una storia che mette a nudo i suoi segreti più oscuri e mai raccontati. Comincia così una corsa contro il tempo per impedire al passato di venire a galla e distruggere la sua vita perfetta, travolgendo i rapporti con suo marito Robert (Sacha Baron Cohen) e con suo figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee).

Kevin Kline nel ruolo di Stephen Brigstocke (2001) in “Disclaimer”, disponibile dall’11 ottobre 2024 su Apple TV+.

Alfonso Cuarón mette al servizio di una storia sensuale e disturbante il suo segno distintivo, mettendo in scena una storia che cambia pelle man mano che si scoprono i fatti raccontati e sepolti nella memoria del tempo. La struttura narrativa si alterna infatti tra passato e presente, con una continua riscrittura della storia che stiamo ascoltando, in base a chi racconta. Un ruolo fondamentale nella mutevolezza del punto di vista è da attribuire alla voce narrante, quella di Indira Varma, che di volta in volta espone i pensieri della protagonista Catherine, o di Robert suo marito, oppure ancora il misterioso signore anziano con il volto di Kevin Kline.

Il punto di vista cambia continuamente

Louis Partridge nel ruolo di Jonathan Brigstocke e Leila George nel ruolo di Catherine Ravenscroft (2001) in “Disclaimer”, disponibile dall’11 ottobre 2024 su Apple TV+.

E così come cambia il punto di vista, cambia il genere, tra thriller a dramma purissimo, con sfumature erotiche e poi psicologiche, mutazioni continue che Cuarón mette in risalto con il suo grande gusto per la narrazione. Nonostante la natura insolita del soggetto di Disclaimer per la filmografia del messicano, il regista riesce sempre a far vedere il suo stile, riconoscibile in molte sequenze, o anche soltanto per l’utilizzo narrativo della luce. In particolare, nella seconda parte della serie, fanno bella mostra di sé molte sequenze in cui i generi si intrecciano in raffinati montaggi alternati che Cuarón gestisce con estrema eleganza.

Disclaimer è anche una riflessione sul ruolo della donna e della donna di potere nella società, su quello che le è concesso o meno di fare, sul fatto che più in alto si trova, più deve in un certo senso tenere conto del suo successo e essere pronta a pagarne il prezzo, più duramente di un uomo nella stessa posizione. Ci sarebbe un’analisi approfondita su quello che il personaggio del marito di Catherine, Robert, dice e non dice a sua moglie, ma si correrebbe il rischio di fare spoiler, per cui, basta sottolineare che si tratta del peggior personaggio messo in scena dalla storia, quello che gestisce peggio di ogni altro gli effetti delle verità scomode che vengono alla luce pur essendo il meno inficiato da quelle verità.

Sacha Baron Cohen nel ruolo di Robert Ravenscroft (2024, “Present Day”) in “Disclaimer”, disponibile dall’11 ottobre 2024 su Apple TV+.

La ricerca della verità

La storia è certamente un punto di forza di Disclaimer, che porta avanti una rappresentazione della verità mutevole, come lo sono i personaggi che la vivono e la ricercano, verità che troppo spesso sono influenzate da chi racconta la storia e infatti è totalmente inaspettato e appassionante il finale in cui è finalmente la protagonista, Catherine, a trovare la sua voce e a raccontare la sua verità, in definitiva l’unica che conta. E Cate Blanchett fa di nuovo la sua magia e con generosità ci regala un altro potente ritratto di donna che ancora deve pagare alla società il prezzo per aver avuto successo.

Disclaimer farà il suo debutto l’11 ottobre con i primi due episodi, seguiti da nuovi episodi ogni venerdì fino al 15 novembre.

Disclaimer: il trailer della serie Apple TV+ di Alfonso Cuaron

0
Disclaimer: il trailer della serie Apple TV+ di Alfonso Cuaron

Apple TV+ ha svelato oggi il trailer di Disclaimer, l’avvincente thriller psicologico interpretato dai premi Oscar Cate Blanchett e Kevin Kline e dal candidato all’Oscar Sacha Baron Cohen. Scritta e diretta dal cinque volte premio Oscar Alfonso Cuarón, la serie farà il suo debutto l’11 ottobre con i primi due episodi dei sette totali, seguiti da nuovi episodi ogni venerdì fino al 15 novembre.

Prodotta da Apple Studios, Disclaimer è coprodotta da Esperanto Filmoj e Anonymous Content. Cuarón è produttore esecutivo per Esperanto Filmoj insieme a Gabriela Rodriguez. Oltre a recitare, Blanchett è produttrice esecutiva. David Levine e il compianto Steve Golin sono produttori esecutivi per Anonymous Content. Anche il premio Oscar Emmanuel Lubezki, Donald Sabourin e Carlos Morales sono produttori esecutivi. Disclaimer è basata sull’omonimo romanzo di Renée Knight che è co-produttore esecutivo. Lubezki e il candidato all’Oscar Bruno Delbonnel sono direttori della fotografia. La colonna sonora è composta da Finneas O’Connell, vincitore di numerosi premi Oscar e GRAMMY.

La trama di Disclaimer

L’acclamata giornalista Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett) ha costruito la sua reputazione rivelando le malefatte e le trasgressioni degli altri. Quando riceve un romanzo da un autore sconosciuto, si rende conto con orrore di essere la protagonista di una storia che mette a nudo i suoi segreti più oscuri e minaccia di distruggere la sua famiglia

Mentre Catherine lotta contro il tempo per scoprire la vera identità dello scrittore, è costretta a confrontarsi con il suo passato prima che questo distrugga la sua vita e i suoi rapporti con il marito Robert (Sacha Baron Cohen) e il figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee). Il cast comprende Lesley Manville, Louis Partridge, Leila George e Hoyeon e presenta Indira Varma come voce narrante.

Disclaimer: due clip dalla serie in arrivo su Apple TV+

0
Disclaimer: due clip dalla serie in arrivo su Apple TV+

Apple TV+ ha condiviso due clip in anteprima tratte dal primo capitolo di Disclaimer (recensione), l’avvincente thriller psicologico raccontato in sette capitoli, interpretato dai premi Oscar Cate Blanchett e Kevin Kline e dal candidato all’Oscar Sacha Baron Cohen. Scritta e diretta dal cinque volte premio Oscar Alfonso Cuarón, la serie farà il suo debutto l’11 ottobre con il Capitolo I e il Capitolo II.

https://www.youtube.com/watch?v=pnY3VLd3-KM

https://youtu.be/iu06JHetjdA

A seguire l’elenco completo dei capitoli di “Disclaimer”

Capitolo I
Immaginate che il vostro segreto più oscuro sia stato pubblicato in un libro.
Capitolo II
Vendetta? Ve la concediamo.

SEQUENZA DI USCITA DELGLI EPISODI di 
11 ottobre – Capitoli I e II
18 ottobre – Capitoli III e IV
25 ottobre – Capitolo V
1 novembre – Capitolo VI
8 novembre – Capitolo VII

L’acclamata giornalista Catherine Ravenscroft (Cate Blanchett) ha costruito la sua reputazione rivelando le malefatte e le trasgressioni degli altri. Quando riceve un romanzo da un autore sconosciuto, si rende conto con orrore di essere la protagonista di una storia che mette a nudo i suoi segreti più oscuri e minaccia di distruggere la sua famiglia.

Mentre Catherine lotta contro il tempo per scoprire la vera identità dello scrittore, è costretta a confrontarsi con il suo passato prima che questo distrugga la sua vita e i suoi rapporti con il marito Robert (Sacha Baron Cohen) e il figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee). Il cast comprende Lesley Manville, Louis Partridge, Leila George e Hoyeon e presenta Indira Varma come voce narrante.

Prodotta da Apple Studios, “Disclaimer” è coprodotta da Esperanto Filmoj e Anonymous Content. Cuarón è produttore esecutivo per Esperanto Filmoj insieme a Gabriela Rodriguez. Oltre a recitare, Blanchett è produttrice esecutiva. David Levine e il compianto Steve Golin sono produttori esecutivi per Anonymous Content. Anche il premio Oscar® Emmanuel Lubezki, Donald Sabourin e Carlos Morales sono produttori esecutivi. “Disclaimer” è basata sull’omonimo romanzo di Renée Knight che è co-produttore esecutivo. Lubezki e il candidato all’Oscar® Bruno Delbonnel sono direttori della fotografia. La colonna sonora è composta da Finneas O’Connell, vincitore di numerosi premi Oscar® e GRAMMY.

Disclaimer: Alfonso Cuarón con Cate Blanchett fuori concorso a Venezia 81

Sarà presentata oggi fuori concorso nell’ambito dell’81. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Disclaimer, la nuova, la nuova serie limitata di sette episodi di Apple TV+, un avvincente thriller psicologico interpretato dai premi Oscar Cate Blanchett e Kevin Kline. La serie farà il suo debutto l’11 ottobre con i primi due episodi, seguiti da nuovi episodi ogni venerdì fino al 15 novembre.

Scritta e diretta dal cinque volte premio Oscar Alfonso Cuarón, è basata sull’omonimo best-seller di Renée Knight e segue Catherine Ravenscroft (Blanchett) un’acclamata giornalista che ha costruito la sua reputazione rivelando le malefatte e le trasgressioni degli altri. Quando riceve un romanzo da un autore sconosciuto, si rende conto con orrore di essere la protagonista di una storia che mette a nudo i suoi segreti più oscuri.

Mentre Catherine lotta contro il tempo per scoprire la vera identità dello scrittore, è costretta a confrontarsi con il suo passato prima che questo distrugga la sua vita e i suoi rapporti con il marito Robert (Sacha Baron Cohen) e il figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee). Il cast comprende Lesley Manville, Louis Partridge, Leila George e Hoyeon e presenta Indira Varma come voce narrante.

Prodotta da Apple Studios, Disclaimer è coprodotta da Esperanto Filmoj e Anonymous Content. Cuarón è produttore esecutivo per Esperanto Filmoj insieme a Gabriela Rodriguez. Oltre a recitare, Blanchett è produttrice esecutiva. David Levine e il defunto Steve Golin sono produttori esecutivi per Anonymous Content. Anche il premio Oscar Emmanuel Lubezki, Donald Sabourin e Carlos Morales sono produttori esecutivi. Knight è co-produttore esecutivo. Lubezki e il candidato all’Oscar Bruno Delbonnel sono direttori della fotografia. La colonna sonora è composta da Finneas O’Connell, vincitore di numerosi premi Oscar e GRAMMY.

Disclaimer, serie Apple TV+ con Cate Blanchett di Alfonso Cuaron debutterà l’11 ottobre

0

Oggi Apple TV+ ha svelato le prime immagini di “Disclaimer“, la nuova serie limitata di sette episodi che farà il suo debutto l’11 ottobre con i primi due episodi, seguiti da nuovi episodi ogni venerdì fino al 15 novembre.

Disclaimer” è un avvincente thriller psicologico interpretato dai premi Oscar® Cate Blanchett e Kevin Kline. Scritta e diretta dal cinque volte premio Oscar® Alfonso Cuarón, è basata sull’omonimo best-seller di Renée Knight.

Disclaimer, la trama

L’acclamata giornalista Catherine Ravenscroft (Blanchett) ha costruito la sua reputazione rivelando le malefatte e le trasgressioni degli altri. Quando riceve un romanzo da un autore sconosciuto, si rende conto con orrore di essere la protagonista di una storia che mette a nudo i suoi segreti più oscuri.

Mentre Catherine lotta contro il tempo per scoprire la vera identità dello scrittore, è costretta a confrontarsi con il suo passato prima che questo distrugga la sua vita e i suoi rapporti con il marito Robert (Sacha Baron Cohen) e il figlio Nicholas (Kodi Smit-McPhee). Il cast comprende Lesley Manville, Louis Partridge, Leila George e Hoyeon.

Disclaimer, nuova serie Apple TV+

Disclaimer” è prodotta da Esperanto Filmoj e Anonymous Content. Cuarón è produttore esecutivo insieme a Gabriela Rodriguez di Esperanto Filmoj e David Levine e Steve Golin di Anonymous Content. Renée Knight è co-produttrice esecutiva. Il premio Oscar® Emmanuel Lubezki (“Gravity”, “Birdman”, “The Revenant”) e il candidato all’Oscar® Bruno Delbonnel (“Macbeth”, “A proposito di Davis”, “L’ora più buia”) sono direttori della fotografia e produttori esecutivi, come pure Donald Sabourin e Carlos Morales. La colonna sonora è composta dal vincitore di più premi Oscar® e GRAMMY Finneas O’Connell (“Barbie”, “No Time to Die”).

Disastro a Hollywood: recensione del film con Robert De Niro

0
Disastro a Hollywood: recensione del film con Robert De Niro

Arriva al cinema distribuito da Medusa Film, Disastro a Hollywood, la commedia direttada Barry Levinson, e con protagonisti Robert De Niro, Stanley Tucci, Robin Wright, Stanley Tucci, Kristen Stewart, Catherine Keener, John Turturro.

In Disastro a Hollywood Un produttore cinematografico d’eccezione (Robert De Niro) ci accompagna per una settimana nel difficile mondo di Hollywood. Lo seguiamo nelle varie tappe delle sue giornate, tra figli, ex mogli amiche e ex mogli ancora amate che però non riescono ad avere la meglio sul proprio lavoro, tra star capricciose, festival imminenti e major tiranne.

Un affresco asciutto e a tratti eccessivo del mondo del cinema, quello dell’industria, che si nasconde agli occhi del pubblico, quello delle star capricciose (un inedito e divertente Bruce Willis nella parte di se stesso), dei registi divisi tra l’arte e il mercato, della produttrice rigida che ‘o fai come dico, o mi prendo il tuo film’, delle piccole grandi tragedie di quelli che lo star system proprio non lo reggono e decidono di uscirne definitivamente (vedi il produttore suicida) … e tra tutti il produttore, diventato quasi atarassico a tutte le sue incombenze, che si barcamena tra tutti cercando di non soccombere.

Disastro a Hollywood – Un affresco asciutto e a tratti eccessivo del mondo del cinema

Film ironico ma distaccato, il punto di vista è quello di un osservatore superiore, che guarda i personaggi alle prese con i loro meschini problemi, trattandoli con freddezza, senza scendere nel dettaglio psicologico, ma semplicemente raccontando quello che succede quasi in maniera documentaristica. E meno male. Il film scorre via, senza pretese, e senza una storia di fondo, solo problemi su difficoltà dai quali il nostro eroe alla fine verrà sopraffatto. Cast d’eccezione: oltre a De Niro, Sean Penn e Bruce Willis nei panni di se stessi, Robin Wright, Stanley Tucci, Kristen Stewart, Catherine Keener, John Turturro.

Disaster Movie per J.J. Abrams e Dustin Lance Black!

0

Nuovo progetto in vista per la Bad Robot di J.J. Abrams.  Infatti, giunge notizie che il produttore e regista ha ingaggiato niente meno che Dustin Lance Black (Milk, J.Edgar) per scrivere il disaster movie Earthquake

Dirty Grandpa: Zac Efron finisce le riprese con un tweet speciale

0

Zac Efron ha appena terminato le riprese del suo ultimo film, Dirty Grandpa, una commedia che lo vede al fianco del grande Robert De Niro. Per festeggiare la fine dei lavori sul set, l’attore ventisettenne ha postato su Twitter una foto di lui con il “nonno” cinematografico.

zacefrontweet

«Riprese finite su set di #DirtyGrandpa. Grazie al mio uomo #BobbyD»

La pellicola è incentrata sulla vicenda di un ansioso adolescente che si troverà costretto ad accompagnare suo nonno, perverso generale dell’esercito, in Florida per partecipare ai festeggiamenti dello Sping Break.

Insieme a Efron e De Niro, nel film troveremo Zoey Deutch (figlia di Lea Thompson), Julianne Hough (Rock of Ages) e Aubrey Plaza (Parks and Recreation). Dirty Grandpa sarà diretto da Dan Mazer (Da Ali G Show) su una sceneggiatura di John Phillips; mentre Bill Block, Jason Barrett, Barry Josephson e Michael Simkin saranno i produttori. Negli Stati Uniti il film uscirà il 22 febbraio 2016.

Dirty Grandpa: Aubrey Plaza con Zac Efron e Robert De Niro

0
Dirty Grandpa: Aubrey Plaza con Zac Efron e Robert De Niro

Sembra che Robert De Niro e Zac Efron stiano per avere compagnia: Aubrey Plaza ha appena firmato per entrar a far parte del cast dell’ attesissima commedia Dirty Grandpa.

La pellicola, incentrata sulla vicenda di un ansioso adolescente che si troverà costretto ad accompagnare suo nonno, perverso generale dell’esercito, in Florida per partecipare ai festeggiamenti dello Sping Break, è prevista in uscita  nelle sale americane il prossimo natale. La Plaza interpreterà Lenore, una seducente “party-girl” in cerca di divertimento durante le vacanze di primavera.

Conosciuta per titoli come Monster University, Scott Pilgrim vs. The World, The To Do List, Funny People e Safety Not Guaranteed (acclamatissimo al Sundance Film Festival), l’attrice è in questo momento nelle televisoni americane con la settima ed ultima stagione di Parks and recreation; ma tornerà presto al cinema nel dramma Ned Rifle e in The Driftless Area, thriller diretto da  Zachary Sluser ed interpretato da Anton Yelchin, Zooey Deschanel, e John Hawkes.

Dirty Grandpa sarà diretto da Dan Mazer (Da Ali G Show) su una sceneggiatura di John Phillips; mentre Bill Block, Jason Barrett, Barry Josephson e Michael Simkin saranno i produttori. Ricordiamo inoltre che Zoey Deutch,”erede” di Sarah Michelle Gellar nel “vampiresco” blockbuster di prossima uscita Vampire Academy, si è unita al cast il mese scorso.

Dirty Feathers: recensione del film di Carlos Alfonso Corral

Dirty Feathers: recensione del film di Carlos Alfonso Corral

Il regista e fotografo messicano Carlos Alfonso Corral racconta i luoghi che ha visto fin da bambino nel documentario d’esordio Dirty Feathers. Nato nella zona di confine tra El Paso e Ciudad Juárez, classe 1989, conduce lo spettatore alla scoperta di quei luoghi e di un’umanità ai margini, facendo raccontare in prima persona a un gruppo di senzatetto con storie diverse la propria vicenda umana.  Presto si fa strada la riflessione su una società opulenta e consumista che esclude un numero sempre maggiore di persone.

Corral alla Berlinale con Roberto Minervini

Dirty Feathers, selezionato per partecipare nella sezione Panorama Dokumente al prossimo Festival di Berlino, che vede tra i protagonisti anche l’italiano Pietro Marcello (Martin Eden), è un progetto che nasce anche grazie al supporto produttivo di Roberto Minervini, col quale Corral ha mosso i primi passi nel cinema. Il film non poteva non avere la benedizione di Minervini, che da documentarista apprezzato nei Festival internazionali si è spesso concentrato sulle contraddizioni dell’America contemporanea. Basti pensare a lavori come The passage, Bassa marea e Ferma il tuo cuore in affanno, che esplorano proprio la frontiera texana. Dirty Feathers è prodotto da Pulpa Film, Cine Candela, in associazione con Cinezoic Media e El Jinete Films. e Slingshot Films ne cura le vendite estere. 

Le storie di Dirty Feathers

Brandon Ashford e sua moglie Reagan sono in attesa di un bambino, una giovane di 16 anni col suo cane sembra aver vissuto già molto per la sua età, ma di fronte a un paio di scarpe “nuove” trovate chissà dove, compie un gesto da adolescente quale è. Un veterano della marina racconta di come vi abbia prestato servizio per sei anni prima di finire sotto i ponti. Poi, un padre che ha perso il figlio, un’amicizia tra una senzatetto e una bambina – lei potrebbe essere sua nonna. Felipe racconta la sua esperienza in ospedale da malato senza assicurazione sanitaria, una donna ispanica ripercorre una violenza subita e si aggrappa alla fede. Queste e tante altre sono le storie dei protagonisti di Dirty Feathers, homeless che passano la notte all’Opportunity Center for the Homeless di El Paso, dove li aspetta un pasto caldo e un tetto sulla testa, mentre di giorno vagabondano cercando di sopravvivere.

Viaggio tra gli homeless dalle piume sporche con tanta angoscia e poca speranza

Dirty FeathersDirty Feathers, ovvero “piumaggio sporco”, è questo che mostra il film documentario di Carlos Alfonso Corral. Lo sporco di cui si parla non è certo nell’animo dei protagonisti, ma nella privazione in cui sono costretti a vivere e in cui sono lasciati dalla società che intorno a loro continua a muoversi, noncurante, salvo rare eccezioni. Lo sporco è conseguenza dell’indigenza, della fame, della scarsa assistenza e della mancanza di opportunità. Bianco e nero con la fotografia di Nini Blanco e macchina a mano, queste le scelte stilistiche del regista per portare lo spettatore nel mondo che racconta. Brandon, Reagan e gli altri hanno volti segnati e storie angoscianti.

Vite invischiate in una condizione dalla quale sembra davvero difficile uscire, come quegli uccelli ricoperti di petrolio che si vedono dopo un disastro ambientale, destinati a morire se qualcuno non li aiuta a togliersi di dosso quella melma, ma che sanno ancora volare. In queste vite in bianco e nero, vuol dire Corral, c’è ancora una speranza. Viene in mente a proposito una poesia di Emiliy Dickinson, Hope is the thing with feathers, che dipinge la speranza come una creatura alata, capace di resistere in ogni situazione, anche la più estrema, senza chiedere di essere alimentata.

Ebbene, il problema del film forse è proprio qui: la speranza, invece, va alimentata. Ha bisogno di qualcosa di concreto su cui fondarsi. Qualcosa che qui non c’è. Vorrebbe dare speranza Corral con la sua visione poetica, con il racconto anche intimo di queste storie, ma non sembra trovare l’equilibrio giusto. Pochi i momenti più lievi, in cui quella speranza così anelata riesce a filtrare: il vecchietto suonatore di armonica che nonostante tutto sorride, il gioco e l’intimità tra una donna anziana e una bambina, sconosciute ma amiche, il volto di Brandon che parla al figlio non ancora nato, sognando un futuro diverso per lui.

Questo però non basta a scostare, anche solo lievemente, la coltre di angoscia che avvolge il lavoro. Contribuisce il fatto che la speranza evocata da Corral somigli più a una fede che a qualcosa di tangibile e concretamente a portata di mano. Ci vuole un’opportunità concreta per ricominciare, perché qualcuno dei protagonisti riesca a costruirsi una nuova vita, a ripartire. Emblematico in questo senso il sogno di Brandon di aprire un ristorante e dare un futuro diverso al suo bambino. Con quali risorse potrà riuscire a realizzare questo sogno? Stante la situazione che viene presentata, sembra piuttosto una speranza vana, destinata a svanire all’orizzonte.

La dimensione in cui vivono i protagonisti di Dirty Feathers resta dunque in bianco e nero, un rigoroso bianco e nero che finisce per appesantire una realtà già di per sé disperante, carica di angosce e dolori. Lo spettatore potrà sentirsene sopraffatto e forse caricato di un eccessivo peso. Il film finisce così per comunicare un senso di impotenza, più che di speranza. Resta comunque una luce accesa sugli ultimi, su situazioni troppo spesso dimenticate e relegate ai margini.

Dirty Difficult Dangerous: trailer del fim di Wissam Chara

0
Dirty Difficult Dangerous: trailer del fim di Wissam Chara

Guarda il trailer del film Dirty Difficult Dangerous di Wissam Charaf, nelle sale italiane dal 1 novembre grazie a Intramovies, con la collaborazione di Cineclub Internazionale. Secondo lungometraggio del regista franco-libanese Wissam Charaf, è stato presentato alla 79. Mostra del Cinema di Venezia come film d’apertura delle Giornate degli Autori, dove ha vinto il Premio Label Europa Cinemas come Miglior Film Europeo.

Ambientato a Beirut e al confine tra Libano e Siria, il film segue l’intensa relazione tra una ragazza etiope e un profugo siriano: una storia d’amore raccontata con un tocco leggero e dai toni fiabeschi. Sullo sfondo, la guerra, i rifugiati, il traffico di esseri umani, tematiche che però lasciano spazio a un autentco e forte senso di speranza che nasce dal coraggio.

«Ho voluto raccontare l’incontro di due angeli caduti, Ahmed e Mehdia, due emarginati costretti ad affrontare quotidianamente pericoli e discriminazioni razziali – ha dichiarato il regista Wissam Charaf – Un melodramma in cui crudeltà, commedia e tenerezza si intrecciano, offrendo una visione intima della società libanese odierna, descrivendo la tragedia di tre popolazioni attraverso un solo paese: il razzismo verso i lavoratori domestici, la miseria dei rifugiati siriani e la decadenza morale dei cittadini libanesi che li sfruttano. Anche se ispirato a una realtà crudele, ho preferito che il mio film proponesse una realtà rivisitata e un punto di vista differente su miseria e pathos».

Dirty difficult dangerous apre la 19ª edizione de Le Giornate degli Autori

L’apertura della 19ª edizione è affidata al regista franco-libanese Wissam Charaf che ci porta a Beirut. Una storia d’amore tra due “angeli caduti” (con le parole del regista). Dirty difficult dangerous, opera seconda del regista e film d’apertura del concorso nel calendario delle Giornate, è un melodramma (con sfumature di commedia) nel quale due migranti si incontrano nella Beirut odierna e trovano nella loro unione l’unica forza possibile.

Ahmed è un rifugiato siriano, Mehdia è un’immigrata etiope. Vivono un amore clandestino fatto di baci furtivi nelle strade della capitale libanese. Come molte storie tra migranti – in questo nostro tempo di incertezze – è una storia senza futuro tra discriminazioni razziali e le costanti difficoltà suggerite dal titolo.

“Il Libano delle cronache più recenti”, dice Gaia Furrer, direttrice artistica delle Giornate, “è quello di una società colpita duramente dalla miseria. Dirty difficult dangerous racconta il dramma delle discriminazioni – che sono persino interne alle stesse comunità di migranti che popolano il paese – con la giusta distanza della leggerezza e della poesia. Wissam Charaf riesce a rappresentare i grandi drammi sociali con l’ironia e la tenerezza degna dei grandi maestri. Cominciare da questo film significa per noi aprire la strada all’umore di una selezione fatta di generi cinematografici che – mescolandosi – riescono a rappresentare le sfumature delle emozioni e arrivano a diffondere messaggi urgenti”. L’appuntamento è alle 16.15 in Sala Perla.

L’altra città è Roma. Tutta un’altra storia, quella iniziata proprio cento anni fa con la Marcia su Roma, l’avvenimento che cambiò la politica e le sorti dell’Italia. A ripercorrere i fatti di quel giorno di Ottobre del 1922 è Mark Cousins che, attraverso il montaggio di preziosi materiali d’archivio, ci offre una lettura dell’ascesa del fascismo in Europa in relazione al successo delle destre ai giorni nostri. Il film vede anche la partecipazione di Alba Rohrwacher.

Marcia su Roma è al tempo stesso un film saggio e un documento storico di Mark Cousins, regista e scrittore irlandese-scozzese, autore di documentari sui grandi maestri del cinema, da Ėjzenštejn a Welles, che ha lavorato in Iraq, a Sarajevo durante l’assedio, in Iran, Messico, Asia, America ed Europa. Cousins contestualizza la storia osservando il mondo contemporaneo e mostra un paesaggio politico oggi caratterizzato da una grande popolarità dell’estrema destra.

“Sono cresciuto nell’Irlanda del Nord degli anni Settanta, i nostri anni di piombo”, afferma Mark Cousins“quelli dei disordini politici e settari. Era un periodo di guerra a bassa intensità – ribattezzata The Troubles – ed era anche un periodo in cui il governo britannico operava in clandestinità con i paramilitari di estrema destra per reprimere il movimento per i diritti civili. Le insidie della destra, perciò, hanno sempre fatto parte della mia vita.” The March on Rome, presentato come Evento Speciale, apre la giornata di programmazione alle 11.30 in Sala Perla.

Nella giornata inaugurale sarà inoltre presentata la mostra “L’ONDA LUNGA. Storia extra-ordinaria di un’associazione”, realizzata da ANAC in collaborazione con le Giornate degli Autori e Isola Edipo. La mostra, che ripercorre i 70 anni di attività dell’ANAC, sarà presentata nella conferenza stampa mercoledì  31 agosto alle ore 15.00 presso l’Italian Pavilion – Hotel Excelsior,  e sarà visitabile dall’inaugurazione del 1 settembre alle ore 11.00 fino al 9 settembre presso la Sala Laguna di Via Pietro Buratti, 1, Lido di Venezia.

Dirty Dancing: trama, cast e curiosità sul film con Patrick Swayze

Ricordato come uno dei più celebri film sentimentali di sempre, Dirty Dancing – Balli proibiti vanta ancora oggi un grandissimo numero di fan, ed è continuamente citato da opere che ad esso si ispirano. Diretto nel 1987 dall’allora esordiente Emile Ardolino, il film contribuì a rendere delle vere e proprie star gli attori Patrick Swayze e Jennifer Grey, i quali però dovettero poi faticare per riuscire ad affermarsi al di là di questo film, indicato ancora oggi come uno dei loro migliori e più grandi successi.

Il film venne scritto da Eleanor Bergstein, la quale basò la storia sulle proprie esperienze da adolescente. Questa, infatti, era solita trascorrere le proprie vacanze estive frequentando competizioni di ballo. Ella stessa, in occasione di queste, si assegnò il soprannome di “Baby”, lo stesso poi utilizzato per la protagonista del film. Desiderosa di dar vita ad un film basato sulla danza, la Bergstein iniziò così a scrivere la storia di Dirty Dancing. Ebbe tuttavia difficoltà nel vendere la sua storia, salvo poi imbattersi nella Vestron Pictures, la quale sostenne il progetto.

Le numerose peripezie produttive furono poi ripagate al momento dell’uscita in sala del film. Questo riscontrò infatti un grandissimo successo di pubblico in tutto il mondo, facendo sognare intere generazioni, divenendo con il tempo un vero e proprio cult, nonché uno dei migliori film sulla danza. A fronte di un budget di soli 5 milioni di dollari, inoltre, il film arrivò ad incassarne a livello globale oltre 214, affermandosi come uno dei maggiori successi dell’anno. Anche la critica apprezzò il film, lodando la chimica di coppia presente tra i due protagonisti come anche le coreografie realizzate per le iconiche scene di ballo.

Dirty Dancing: la trama del film

La storia è quella di Frances Houseman, detta “Baby”, una diciassettenne che si ritrova a trascorrere le proprie vacanze estive in compagnia della ricca famiglia presso un villaggio turistico a Catskils. Annoiata dalla quotidianità e concentrata unicamente sul proprio futuro universitario, la giovane si ritrova poi inaspettatamente a fare la conoscenza di Johnny Castle, affascinante insegnante di ballo del resort presso cui Frances soggiorna. La ragazza si sente da subito attratta dal giovane, e lentamente lascia che lui la introduca al mondo della danza. La tranquillità delle loro giornate viene interrotta nel momento in cui Penny, assistente ballerina di Johnny, rimane incinta e si ritrova a dover abortire clandestinamente, aiutata da dal padre di Frances, medico di professione.

Questi, convinto che sia stato Johnny a mettere nei guai la ragazza, proibisce alla figlia di continuare a vedere il ragazzo. Baby, però, sceglie di disubbidire al genitore, e anzi si offre come sostituta di Penny per un’importante competizione di ballo. Lei e Johnny iniziano così a legarsi sempre di più l’uno all’altro, dovendo però evitare di essere scoperti, cosa che comporterebbe rischi per entrambi. Con l’avvicinarsi della gara, i due sono ormai una splendida coppia di ballo e per Frances quell’estate ha finalmente assunto un inaspettato significato. Improvvisamente, però, un’accusa di furto fa perdere il lavoro a Johnny. Questi dovrà ora trovare il modo di provare la propria innocenza, riacquistando la fiducia di Frances per poter partecipare con lei alla competizione.

Dirty Dancing cast

Dirty Dancing: il cast del film

Nella scelta dei due protagonisti, i produttori e il regista del film erano alla ricerca di nomi che fossero in grado sia di ballare che di recitare, non volendo trascurare nessuno dei due aspetti. Per questo motivo, il ruolo di Baby andò all’attrice Jennifer Grey, apprezzata per i suoi ruoli in alcuni popolari film degli anni precedenti. Per il ruolo di Johnny venne invece scelto il giovane Patrick Swayze. Questi, tuttavia, aveva inizialmente espresso perplessità nei confronti del ruolo. Pur essendo notoriamente un ballerino provetto, egli aveva da poco subito un infortunio al ginocchio, che gli impediva di ballare. Dopo aver letto la sceneggiatura completa, però, Swayze rimase talmente affascinato dal personaggio che decise di accettare ugualmente la parte.

La scelta di Swayze come co-protagonista non fu una bella notizia per la Grey. I due, infatti, avevano già lavorato insieme nel film Red Dawn, manifestando divergenze relazionali. Al momento del loro provino in un ballo di coppia, tuttavia, la chimica tra di loro risultò eccezionale, a tal punto da convincere i produttori circa la scelta dei due interpreti. La coreografia da loro eseguita in quel momento, inoltre, fu giudicata talmente impeccabile da essere inserita addirittura nel film. Ad ogni modo, la convivenza tra i due attori sul set non fu delle più rosee e diversi furono i diverbi tra i due. Per permettere loro di riacquisire un minimo di tolleranza reciproca, i produttori gli fecero vedere più volte il video del loro provino insieme. Ciò risultò efficace, e lì aiutò a ritrovare l’energia giusta.

Dirty Dancing: le canzoni e il sequel del film

Ad aver reso il film un classico intramontabile, oltre ai due protagonisti e alla loro storia, sono anche le splendide canzoni in esso presenti. Brani che ancora oggi incantano il pubblico di tutte le età e che già all’epoca si affermarono come successi eclatanti. Il più celebre tra tutti è quello intitolato (I’ve Had) The Time of My Life, eseguito da Bill Medley e Jennifer Warnes. Questo arrivò ad ottenere un enorme fortuna anche al di là del film, vincendo dischi d’oro e di platino. Il riconoscimento più prestigioso fu però l’Oscar alla miglior canzone originale vinto nel 1988. Nel film è poi presente anche She’s Like the Wind, brano scritto ed eseguito dallo stesso Swayze e divenuto anch’esso un grande classico.

Dato il grande successo del film, i produttori erano inizialmente intenzionati a realizzare un sequel diretto di questo. Il progetto tuttavia non prese mai piede, specialmente per via del rifiuto di Swayze, il quale non apprezzava i sequel. Nel 2004, tuttavia, è uscito al cinema il film Dirty Dancing 2. Questo non è però il seguito del titolo del 1987, bensì una rivisitazione. Viene infatti utilizzata la stessa trama, ma l’ambientazione è spostata dal Nord dello stato di New York alla Cuba di fine anni Cinquanta, nei giorni della rivoluzione di Fidel Castro. Il titolo originale è infatti Dirty Dancing: Havana Nights, e tra i protagonisti si annoverano gli attori Diego Luna e January Jones. Recentemente, però, lo studios Lionsgate ha confermato i piani per la realizzazione di un sequel diretto della pellicola originale.

Dirty Dancing: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile vedere o rivedere il film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Dirty Dancing – Balli proibiti è infatti disponibile nel catalogo di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple TV+, Amazon Prime Video e Netflix. Per vederlo, in base alla piattaforma scelta, basterà iscriversi o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di poter fruire di questo per una comoda visione casalinga. È bene notare che in caso di solo noleggio, il titolo sarà a disposizione per un determinato limite temporale, entro cui bisognerà effettuare la visione. Il film sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno martedì 22 agosto alle ore 23:25 sul canale TV8.

Fonte: IMDb

Dirty Dancing: scena hot tagliata tra Baby e Johnny

0
Dirty Dancing: scena hot tagliata tra Baby e Johnny

Chi non ha mai visto almeno una volta il cult Dirty Dancing? ”Nessuno mette Baby in un angolo” è di sicuro una delle battute più famose della storia del cinema. Grazie alla bellissima colonna sonora, al fascino di Patrick Swayze e ovviamente alle sue scene di balli ”proibiti” estremamente erotici e sensuali, Dirty Dancing è tutt’oggi uno dei film più amati.

Proprio una di queste scene di ballo venne però eliminata nel montaggio finale, sicuramente a causa dell’altissimo tasso erotico, forse un po’ troppo per il 1987, anno in cui uscì il film. Si tratta di una scena con Baby (Jennifer Grey) e Johnny (Patrick Swayze): sulle note della mitica She’s Like the Wind, i due attori sono protagonisti di una danza molto sensuale, che ricorda molto un amplesso. Non c’è da stupirci se il regista decise di tagliarla, non trovate?

https://www.youtube.com/watch?v=ho9k2cEKr-E

Dirty Dancing: remake rimandato

0
Dirty Dancing: remake rimandato

Trai tanti remake di grandi successi degli anni ’80, quello di Dirty Dancing sembra essere trai più problematici: la Lionsgate

Dirty Dancing: il sequel non rimpiazerrà Patrick Swayze

0
Dirty Dancing: il sequel non rimpiazerrà Patrick Swayze

Sappiamo ormai da tempo che un sequel di Dirty Dancing è ufficialmente in sviluppo con Jennifer Grey, protagonista del film originale del 1987 al fianco di Patrick Swayze, coinvolta nel progetto. Diretto da Emile Ardolino, il primo Dirty Dancing è stato un grandissimo successo di critica e pubblico, incassando al box office oltre 214 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 5 milioni.

In una recente intervista con People, Jennifer Grey ha voluto rassicurare i fan della pellicola originale e del compianto Swayze, assicurando che l’attore – scomparso nel 2009 all’età di 57 anni – non verrà sostituito. “Tutto quello che posso dire è che nessuno andrà a rimpiazzare chi non c’è più”, ha dichiarato Grey. “Non puoi provare a ripetere qualcosa di magico come quello. Devi cercare di fare qualcosa di differente.”

Ad agosto Jon Feltheimer, CEO di Lionsgate, ha ufficialmente confermato che Dirty Dancing avrà un sequel che sarà diretto da Jonathan Levine e Gillian Bohrer e sceneggiato da Mikki Daughtry e Tobias Iaconis. Inoltre Jennifer Grey, l’originale “Baby” della pellicola del 1987, reciterà nel film e sarà coinvolta anche in qualità di produttore esecutivo.

In una nota ufficiale, lo studio aveva dichiarato: “Sarà esattamente il tipo di film romantico e nostalgico che i fan del franchise stavano aspettando e che lo ha trasformato nel film di maggior successo nella storia della nostra compagnia.”

Il grande successo di Dirty Dancing

Oltre ad essere stato un grandissimo successo, Dirty Dancing ha ricevuto anche diversi riconoscimenti importanti. La canzone portante della colonna sonora, “(I’ve Had) The Time of My Life”, ad esempio, ha ricevuto l’Oscar e il Golden Globes nel 1988 come miglior canzone originale. Sempre ai Golden Globes del 1988, sia Patrick Swayze che Jennifer Grey ricevettero una nomination a testa come migliori attori, mentre il film venne candidato come miglior film musicale o commedia.

Dirty Dancing: il sequel è ufficiale, Jennifer Grey sarà coinvolta

0

Un sequel di Dirty Dancing è ufficialmente in sviluppo con Jennifer Grey, protagonista del film originale del 1987 al fianco di Patrick Swayze, coinvolta nel progetto. Diretto da Emile Ardolino, il primo Dirty Dancing è stato un grandissimo successo di critica e pubblico, incassando al box office oltre 214 milioni di dollari a fronte di un budget di soli 5 milioni.

Nel corso degli anni, anche grazie ai numerosi passaggi televisivi, il film è diventato un vero e proprio cult. Dopo l’uscita del primo film, la Lionsgate ha cercato più volte di cavalcare l’onda di quell’incredibile successo, prima realizzando una sorta di rivisitazione dal titolo Dirty Dancing: Havana Nights (uscito nel 2004) e poi un remake destinato al piccolo schermo, trasmesso nel 2017 sulla ABC e interpretato da Abigail Breslin nei panni della protagonista Franes “Baby” Houseman.

Adesso, come riportato da Deadline (via Screen Rant), Jon Feltheimer, CEO di Lionsgate, ha ufficialmente confermato che Dirty Dancing avrà un sequel che sarà diretto da Jonathan Levine e Gillian Bohrer e sceneggiato da Mikki Daughtry e Tobias Iaconis. Inoltre Jennifer Grey, l’originale “Baby” della pellicola del 1987, reciterà nel film e sarà coinvolta anche in qualità di produttore esecutivo.

In una nota ufficiale, lo studio ha dichiarato: “Sarà esattamente il tipo di film romantico e nostalgico che i fan del franchise stavano aspettando e che lo ha trasformato nel film di maggior successo nella storia della nostra compagnia.”

Il grande successo di Dirty Dancing

Oltre ad essere stato un grandissimo successo, Dirty Dancing ha ricevuto anche diversi riconoscimenti importanti. La canzone portante della colonna sonora, “(I’ve Had) The Time of My Life”, ad esempio, ha ricevuto l’Oscar e il Golden Globes nel 1988 come miglior canzone originale. Sempre ai Golden Globes del 1988, sia Patrick Swayze che Jennifer Grey ricevettero una nomination a testa come migliori attori, mentre il film venne candidato come miglior film musicale o commedia.

Dirty Dancing: dove andiamo non ci servono strade

Dirty Dancing: dove andiamo non ci servono strade

Varie volte, in questo spazio e in altri, ho spiegato perché spesso marino le feste durante i festival. Ho detto ‘marino’? Davvero? Deve essere la stanchezza. Intendevo dire ‘piscio le feste’. I soliti: c’ho mal de panza, c’ho sonno c’ho fame, sono stanco e di solito non ho l’invito – grazie ar cazzo, non ce vado mai. Te credo che non mi invitano – il che non sarebbe un problema perché tanto mendicando da una parte all’altra a entrare si riesce. Solo che se dovevo andare a fare il mendicante me mettevo all’angoletto della fermata Vittorio Emanuele e facevo pure più soldi che a venì ai Festival. Tra l’altro, una delle poche cose che mi piace fare alle feste, non essendo un buon ballerino e non volendo perdere la voce per fare rapporti di pubbliche relazioni urlando come un’aquila per sovrastare la musica demmerda che di solito mettono, è ubriacarmi come un marinaio marsigliese, e visto come sto messo coi reni, meglio evitare.

Ieri sera però avevo pensato di affacciarmi alla festa dei ‘Ciak,’ giusto perché ogni tanto vedano che questa faccia dietro alle cazzate che scrivo esiste davvero. Quasi ero pronto a uscire, quando purtroppo mi hanno colto delle gravi allucinazioni che manco Leonardo di Caprio quando si faceva di Quaalude in The Wolf of Wall Street.

venezia 74Mi metto un attimo in balcone, che devo dire la vista della casa che ho qui al Lido non è niente male, dà direttamente su uno dei canali principali – per cui occhio che vi sento, quando parlate male dei colleghi tornando a casa a tarda notte ubriachi come merde, voi non mi vedete ma io, dal balcone, sì – in cerca di ispirazione. Magari mi viene voglia di uscire, hai visto mai.

M’accendo un sigaro. E vedo una barca passare. E che sarà mai una barca al Lido, direte voi. Solo che non è una barca normale. È un’automobile. Con un motore per barca attaccato, che bellamente se ne va in giro sull’acque alla faccia del ‘dove stiamo andando non c’è bisogno di strade’ di zemeckisiana memoria. Sgrano un paio di volte gli occhi, me li stropiccio. E niente. La visione non scompare. Anche abbastanza preoccupato penso che le traveggole mi vengano dall’abuso di Toradol o da una sempre più presente stanchezza (e del resto, oggi si fa il giro di boa della ‘settimana che siamo qui’, ci sta pure) e mi dico che di andare a fare il cazzone a feste dove manco m’hanno invitato, a maggior ragione che sto impazzendo, non è il caso.

La pazzia incombente, però, la prendo con nonchalance, un po’ come il protagonista del film di Aronofsky prende l’orrenda esecuzione del figlio appena nato: come uno scherzo un po’ pesantuccio, ma perdonabile. Ecco, per me la follia non è che una seccatura, in questo marasma di appuntamenti e corse. Quindi mi metto a letto pensando che il giorno dopo, dopo qualche ora di sonno, le allucinazioni spariranno. Stamattina l’auto-barca sta ancora là, attraccata proprio sotto casa mia. O era tutto vero, oppure sto definitivamente dando di matto. Ma non ho tempo per pensarci, devo correre all’alba alla proiezione del film dei Manetti Bros. , che in qualche modo mi rincuora.

Intendiamoci, sto Ammore e malavita che presentano qui non è niente di che. Un musical napoletano misto a Crime Story, come lo era in un certo senso il precedente Song e’ Napule, e come in Song e’ Napule – che, detto per inciso, era molto migliore di questo – ci sono Giampaolo Morelli, Serena Rossi e vari avanzi da ‘Un posto al sole’ che contribuiscono di molto a rendere la vicenda più partenopea possibile, con tanto di volute sceneggiate alla Mario Merola che sono la parte più divertente. Dopo un inizio scoppiettante, però, il film si siede parecchio e si appoggia su un fantastiliardo di citazioni messe lì a cazzo, da Flashdance a 007 a Ritorno al Futuro, che mandano in visibilio la platea manco stessero vedendo la madonna. Io intanto mi appisolo, sereno. Perché evidentemente non sono l’unico che sta impazzendo qua in giro.

Tra la proiezione e la conferenza mi arriva una soffiata su dove si trova Michael Caine, e scatta l’operazione selfie. Più che altro perché è un investimento, dato che lui stesso va in giro a dire “sono malato e tra poco vi lascio”. Michael, ti stimo e non è pé fa il coccodrillo, ma sai com’è. Oggi sì, domani non se sa. Purtroppo l’operazione non mi riesce. Lo portano fuori dalla lounge quattro gorilla grossi il doppio di Vince Vaughn in Brawl in Block Cell 99, perché deve andare in bagno e in effetti molti dei presenti lo hanno beccato proprio al cesso, che è un grande punto di ritrovo che accomuna star, addetti ai lavori e comuni mortali inferiori (ogni tanto i lettori vanno sempre insultati, ricordiamocelo). Dal cesso, tutti ci devono passare. Però io e Michael siamo gentlemen, e tra noi gentlemen vige la regola di non bloccare mai per nessun motivo un uomo che va a pisciare. Quindi niente, me lo vedo passare davanti e basta, anche perché incombono gli impegni di lavoro e mi devo allontanare. Ok, la verità è che dovevo pisciare pure io.

Ang

Ieri ho sentito molto la mancanza di Ang, perché in effetti alle feste ci vado con lo stesso spirito e quindi siamo solidali l’uno con l’altro. Spesso utilizziamo una famosa tattica militare che si trova nei testi di politica internazionale, che si chiama ‘modalità Zoran’, dal luogo in cui questa strategia fu messa in atto da due irredentisti macedoni durante una battaglia. In sostanza questi tipi si fecero vedere mentre brandivano con disinvoltura armi davanti ai loro colleghi combattenti, e appena tutti erano impegnati a menà come in un film con la bonanima de Bud Spencer si sciacquavano allegramente dai coglioni.

Ecco, questa strategia a noi è molto cara. Ma non perché siamo snob, semplicemente perché siamo due amanti delle cose semplici (la famosa triade dormì/magnà/fa pipì), quindi stare a informarci per raggiungere in ginocchio sui ceci un posto che sta in culo ai lupi e forse riesci ad entrare ci sembra davvero un’esagerazione. Invece ieri, dicevo, visto che l’invito lo avevo e visto che per una volta la festa era in un posto comodissimo, ho fatto un salto.

All’ingresso pronunciando la parola magica si sono aperte le acque come se fossi Noè e sono entrata in uno spazio temporale alienante, popolato da gente proveniente da qualsiasi epoca, ricevendo prova che dio esiste, ma non è classista. In tutto questo vorrei ricordarvi una cosa importante, cioè che l’inferno deve essere invece un posto in cui esistono solo open bar e buffet liberi, perché io mi sono sentita dannata. Sarò banale, ma ancora rabbrividisco a vedere la gente che agli open bar fa outing (tacito o palese non importa) sulla propria infanzia agghiacciante, sul proprio lavoro, sul fatto che dorme ancora con l’orsacchiotto de peluche. Così come rabbrividisco a vedere gente normalissima che in quei posti si trasforma.

Per cui ti ritrovi a fare il trenino su A-E-I-O-U-Y con uno che scrive magari accanto a te in sala stampa e ti imbruttisce se ricevi una telefonata mentre lavori,  ti trovi a ballare Flashdance con persone che te urlano dietro se hai il pass in fila ed entri prima di loro. Perché diventiamo solo contatto umano, quello che spesso in dieci giorni di Lido ti manca. Ma di contatto in quei metri quadri ce n’era pure troppo, tanto che a questo punto mi sono chiesta se non fosse un trappolone messo in atto dagli autoctoni o da sedicenti registi di opere prime per fare una marmellata di critici, e riempire i cornetti del Mulino Bianco (no, non dirò i Buondì cazzo, almeno io).

E infatti è così e col terrore negli occhi mi allontano per fumarmi una sigaretta in pace, da sola. A un certo punto mi si avvicina uno, che mi mitraglia di domande. Stringo gli occhi e scuoto leggermente la testa, che universalmente significa: “E’ inutile che ti accolli. Evapora“. Ma lui non batte ciglio, per cui credo di capire di aver risposto di sì a una specie di proposta in linguaggio elfico-lagunare “ofrirajnlaejrvinoohcichetooo?” (ovvero: “bevi?”), e mi ordina un barile di un liquame stranissimo, che considerando che sto fumando e tengo la giacchetta dovrei essere un giocoliere nano scappato dal Circo Togni per farcela, oppure dovrebbe reggere tutto lui ficcandomi una cannuccia in gola. Sto mostro della Laguna. Con i soli muscoli che riesco a muovere gli mimo, diovirzì, che non voglio bere, voglio fumare e possibilmente poi annà a dormì, da sola. Mi guarda incredulo, come se tra i due lui brillasse per fascino e la deficiente fossi io. Decido di evaporare io allora, nel modo più elegante possibile, trattenendo quell’impeto improvviso di fargli il dito medio mi avvio verso le mie amiche, barcollando (niente, la dignità non è più il mio forte già dopo due cocktail) e mi levo dalle palle.

Detto questo visto che continuavo a sentirmi poco a mio agio e pressata come una fetta di lattuga in un hamburger mi guardo intorno con orrore, e a un certo punto ho temuto persino che si fosse imbucato Aronofsky e al suo tre tutta quella gente iniziasse a sbranarmi come un pollo allo spiedo, per cui al minimo cenno delle mie amiche di andarcene scodinzolo come un Labrador. Ci dormo (male) su. Stamattina me facevano male pure le ciglia ma decido di andare comunque a vedere i Manetti, e mentre stavo per rimuovere una frase in particolare mi rievoca l’esperienza carnaio di ieri, fa più o meno così ‘per loro l’umanità è come a pummarola ncopp o spaghetto avvongole. Non conta nu cazz’.

P.S. gli autori ci tengono a sottolineare che i fatti sono spesso (ma non sempre) romanzati a partire da cose realmente accadute, questo per tranquillizzare qualsivoglia fan di qualsiasi attore, regista, organizzatore di party, protettore di morti di fi*a li legga per sbaglio, involontariamente, o mentre è al cesso, compreso Michael Caine.

Dirty Dancing 2: i primi dettagli sulla trama del sequel

0
Dirty Dancing 2: i primi dettagli sulla trama del sequel

Durante un’intervista con il Los Angeles Times, Jennifer Gray ha parlato di alcuni aspetti di ciò che i fan potranno aspettarsi dal prossimo Dirty Dancing 2. Ha detto che “non ha alcun desiderio di rifare il primo” e che questo film seguirà la storia di Baby a trent’anni dagli avvenimenti del primo film. È interessata a indagare sulle ricadute della storia del film originale e su come ora appare attraverso una “lente completamente diversa”.

Grey ha poi proseguito spiegando che si tratta di una storia nuova da raccontare e di un punto di vista differente sia sull’oggi che su quello che è accaduto nel primo film. Ritiene che il pubblico innamorato della storia possa ritenersi soddisfatto di come andranno le cose.

Distribuito nel 1987, Dirty Dancing è interpretato da Jennifer Grey nei panni di Frances “Baby” Houseman, una giovane donna che trascorre controvoglia l’estate in un resort di Catskills con la sua famiglia. Baby si innamora dell’istruttore di ballo del campo, Johnny Castle (Patrick Swayze), e l’improbabile coppia si innamora mentre impara a eseguire il ballo più importante dell’estate.

Nel 2020, è stato annunciato che Dirty Dancing 2 era in lavorazione con Gray che riprendeva il ruolo di Baby. Di recente, è stato dichiarato che il film sarà diretto dal regista di Warm Bodies, Jonathan Levine.

Ora, il film ha un altro importante aggiornamento. Per Deadline, Dirty Dancing 2 uscirà nelle sale il 9 febbraio 2024. Scritto da Elizabeth Chomko e Levine, Dirty Dancing 2 è incentrato sul ritorno di Baby al Kellerman’s Resort, e la sua storia con il luogo si intreccia con una nuova giovane coppia al resort come affrontano il romanticismo e la danza. Al momento, Dirty Dancing 2 deve ancora annunciare chi si unirà a Jennifer Grey nel cast.

Dirty Dancing 2 ha ufficializzato una data d’uscita

0
Dirty Dancing 2 ha ufficializzato una data d’uscita

Dirty Dancing 2 ha ufficializzato una data di uscita nel 2024. Distribuito nel 1987, Dirty Dancing è interpretato da Jennifer Grey nei panni di Frances “Baby” Houseman, una giovane donna che trascorre controvoglia l’estate in un resort di Catskills con la sua famiglia. Baby si innamora dell’istruttore di ballo del campo, Johnny Castle (Patrick Swayze), e l’improbabile coppia si innamora mentre impara a eseguire il ballo più importante dell’estate.

Nel 2020, è stato annunciato che Dirty Dancing 2 era in lavorazione con Gray che riprendeva il ruolo di Baby. Di recente, è stato dichiarato che il film sarà diretto dal regista di Warm Bodies, Jonathan Levine.

Ora, il film ha un altro importante aggiornamento. Per Deadline, Dirty Dancing 2 uscirà nelle sale il 9 febbraio 2024. Scritto da Elizabeth Chomko e Levine, Dirty Dancing 2 è incentrato sul ritorno di Baby al Kellerman’s Resort, e la sua storia con il luogo si intreccia con una nuova giovane coppia al resort come affrontano il romanticismo e la danza. Al momento, Dirty Dancing 2 deve ancora annunciare chi si unirà a Jennifer Grey nel cast.

Dirty Dancing – Balli proibiti: la storia vera dietro il film

Dirty Dancing – Balli proibiti: la storia vera dietro il film

Ricordato come uno dei più celebri film sentimentali di sempre, Dirty Dancing – Balli proibiti vanta ancora oggi un grandissimo numero di fan, ed è continuamente citato da opere che ad esso si ispirano. Diretto nel 1987 dall’allora esordiente Emile Ardolino, il film contribuì a rendere delle vere e proprie star gli attori Patrick Swayze e Jennifer Grey, i quali però dovettero poi faticare per riuscire ad affermarsi al di là di questo film, indicato ancora oggi come uno dei loro migliori e più grandi successi.

Le numerose peripezie furono poi ripagate al momento dell’uscita in sala del film. Questo riscontrò infatti un grandissimo successo di pubblico in tutto il mondo, facendo sognare intere generazioni, divenendo con il tempo un vero e proprio cult, nonché uno dei migliori film sulla danza. A fronte di un budget di soli 5 milioni di dollari, inoltre, il film arrivò ad incassarne a livello globale oltre 214, affermandosi come uno dei maggiori successi dell’anno. Anche la critica apprezzò il film, lodando la chimica di coppia presente tra i due protagonisti come anche le coreografie realizzate per le iconiche scene di ballo.

LEGGI ANCHE: Dirty Dancing – Balli proibiti, la spiegazione del finale del film con Patrick Swayze

La trama di Dirty Dancing

La storia è quella di Frances Houseman (Jennifer Grey), detta “Baby”, una diciassettenne che si ritrova a trascorrere le proprie vacanze estive in compagnia della ricca famiglia presso un villaggio turistico a Catskils. Annoiata dalla quotidianità e concentrata unicamente sul proprio futuro universitario, la giovane si ritrova poi inaspettatamente a fare la conoscenza di Johnny Castle (Patrick Swayze), affascinante insegnante di ballo del resort presso cui Frances soggiorna. La ragazza si sente da subito attratta dal giovane, e lentamente lascia che lui la introduca al mondo della danza.

Dirty Dancing - Balli proibiti spiegazione finale film
Jennifer Grey e Patrick Swayze in Dirty Dancing – Balli proibiti. Foto di © 1987 Lions Gate Home Ent.

La tranquillità delle loro giornate viene interrotta nel momento in cui Penny, assistente ballerina di Johnny, rimane incinta e si ritrova a dover abortire clandestinamente, aiutata da dal padre di Frances, medico di professione. Questi, convinto che sia stato Johnny a mettere nei guai la ragazza, proibisce alla figlia di continuare a vedere il ragazzo. Baby, però, sceglie di disubbidire al genitore, e anzi si offre come sostituta di Penny per un’importante competizione di ballo. Lei e Johnny iniziano così a legarsi sempre di più l’uno all’altro, dovendo però evitare di essere scoperti, cosa che comporterebbe rischi per entrambi.

La storia vera dietro il film

Dirty Dancing – Balli proibiti è stato scritto da Eleanor Bergstein, la quale raccontò di aver basato la storia sulle proprie esperienze da adolescente. La sceneggiatrice, infatti, era solita trascorrere le proprie vacanze estive frequentando competizioni di ballo. Ella stessa, in occasione di queste, si assegnò il soprannome di “Baby”, lo stesso poi utilizzato per la protagonista del film. Desiderosa di dar vita ad un film basato sulla danza, la Bergstein iniziò così a scrivere la storia di Dirty Dancing – Balli proibiti. Ebbe tuttavia difficoltà nel vendere la sua storia, salvo poi imbattersi nella Vestron Pictures, la quale sostenne il progetto.

Un altra storia interessante legata ai film è quella di Jennifer Grey, il cui ingaggio ha avuto diverse somiglianze con il percorso di Baby nel film. L’attrice era inizialmente considerata una scelta improbabile per la parte, finché un momento chiave non l’ha distinta dal gruppo. Grey era reduce dal film in Una pazza giornata di vacanza del 1986 – dove aveva interpretato la sprezzante e cattiva sorella adolescente di Ferris Bueller, Jeanie Bueller – quando fece il provino per il ruolo di Baby. Nel film, avvicinandosi al mondo della danza con una vulnerabilità da bambina, Baby si allontana dalla vita curata che conosce come figlia adorata dello stimato dottor Houseman, si innamora e conclude l’estate non più da bambina, ma da donna.

Jennifer Grey in Dirty Dancing - Balli proibiti
Jennifer Grey in Dirty Dancing – Balli proibiti. Foto di © 1987 Lions Gate Home Ent.

Il film è dunque incentrato su Baby combattuta tra il suo ruolo di figlia, alla disperata ricerca dell’approvazione e dell’amore del padre, e il suo desiderio di essere una donna a sé stante: una lotta che la Grey racchiuse nel primo minuto del suo provino. Secondo la produttrice del film, Linda Gottlieb, “Jennifer Grey è stata spinta nella stanza dei provini da suo padre e ci siamo innamorati”. La scrittrice di Dirty Dancing Eleanor Bergstein concorda, dicendo: “Quando [la Grey] è entrata, ha detto al padre ”Augurami buona fortuna, papà“, ed letteralmente diventata Baby… da quel momento in poi è stata l’unica persona che volevo”.

Avendo in quel periodo stata scartata dal provino per quello che sarebbe stato un altro grande film di danza degli anni ’80, Flashdance, la Grey era incredibilmente nervosa quando ha fatto l’audizione per la Baby di Dirty Dancing – Balli proibiti. A peggiorare le cose, c’era un’agguerrita concorrenza per il ruolo. I produttori avevano già messo gli occhi su Sarah Jessica Parker per la parte, famosa per i suoi ruoli nei successi di danza Footloose e Girls Just Want to Have Fun.

Dopo aver quindi salutato il padre, la Grey si rivolse a Gottlieb e disse: “So che non dovrei dirlo, ma sarei fantastica in questo ruolo” e procedette a ballare con grande energia sulle note dei Jackson Five. La Grey non sapeva che si era aggiudicata la parte prima ancora di iniziare a ballare. La Baby di Dirty Dancing – Balli proibiti è diventata, e continua ad essere, uno dei ruoli più iconici nella storia del cinema, nato dall’affetto e dalla fiducia della Grey nei confronti del padre e dalla sua determinazione a ottenere il ruolo dei suoi sogni.

Dirty Dancing – Balli proibiti, la spiegazione del finale del film con Patrick Swayze

Uno dei film romantici più iconici della storia del cinema è Dirty Dancing, e il finale di Dirty Dancing è ciò che rende il film un classico. Storia di un’adolescenza, Dirty Dancing segue Frances “Baby” Houseman (Jennifer Grey) mentre trascorre le vacanze estive in un resort nelle Catskills con il padre, la madre e la sorella. Quell’estate incontra un istruttore di danza di nome Johnny Castle (Patrick Swayze) e i due si innamorano l’uno dell’altra nonostante le loro diverse condizioni economiche. Attraverso la relazione tra Johnny e Baby e le ripercussioni sui personaggi secondari, il film esplora i temi del classismo, dei primi amori, della sessualità e del coraggio.

Sebbene Dirty Dancing abbia molte scene e sequenze di ballo memorabili, la scena più popolare è senza dubbio il finale del film. Nella scena culminante, Johnny torna al resort dopo essere stato licenziato per aver avuto una relazione con Baby. Davanti a tutto il personale e agli ospiti del resort, Baby e Johnny si esibiscono in un ballo sulla canzone “(I’ve Had) The Time of My Life” di Bill Medley e Jennifer Warnes. Durante l’esibizione, Baby ha il coraggio di completare la mossa dell’ascensore, mostrando la sua trasformazione e completando il suo viaggio verso la maturità. Anche se la scena finale di Dirty Dancing è un classico, lascia il futuro dei personaggi all’interpretazione degli spettatori.

Il futuro della relazione tra Johnny e Baby è ambiguo alla fine di Dirty Dancing

Nelle scene finali di Dirty Dancing, molteplici storyline giungono a conclusione. Baby abbraccia la sua relazione con Johnny e la sua ritrovata sicurezza, mentre Johnny si fa valere contro il proprietario del resort, Max (Jack Weston). L’immagine finale di Dirty Dancing presenta un’immagine di unità: lo staff di animazione del resort e gli ospiti dell’alta società ballano tutti insieme. Mentre i film romantici a volte danno un finale concreto di ciò che accade alla coppia, Dirty Dancing non lo fa. L’ambiguità del finale di Dirty Dancing corrisponde a quella di una storia di formazione, e i personaggi sono lasciati in un punto di partenza che potrebbe andare ovunque.

All’inizio di Dirty Dancing, Baby progetta di unirsi ai Corpi di Pace dopo aver frequentato il Mount Holyoke College. L’età di Baby in Dirty Dancing non viene mai dichiarata, anche se si può presumere che abbia 17 o 18 anni visto che sta per iniziare il college. Johnny non ha progetti di carriera a lungo termine e fa l’istruttore di danza e altri lavori per sbarcare il lunario. All’inizio sembra che Baby e Johnny non abbiano nulla in comune. Una volta innamorati, si incoraggiano a vicenda a essere la versione migliore di se stessi. Essendo cambiati nel corso dell’estate, non è chiaro se Baby e Johnny si atterranno ai loro piani originali o se intraprenderanno nuove strade.

Come Johnny si guadagna finalmente il rispetto del padre di Baby

Anche se alla fine di Dirty Dancing il futuro dei personaggi è lasciato all’interpretazione, gli sceneggiatori lasciano intendere che Baby e Johnny erano seriamente intenzionati ad avere un futuro insieme. Quando iniziano la loro storia d’amore, Baby e Johnny la tengono segreta perché il padre di Baby, Jake (Jerry Orbach), pensa che Johnny abbia messo incinta Penny (Cynthia Rhodes). Johnny affronta Baby per nasconderlo a suo padre. Durante la discussione, si riferisce a se stesso come al “ragazzo” di Baby e condivide la sua preoccupazione che Baby non renderà mai pubblica la loro relazione. Questa dichiarazione di Johnny dimostra la sua intenzione di avere una relazione seria con Baby.

Una volta tornato al resort per il ballo finale, Johnny si guadagna finalmente l’approvazione del padre di Baby. Prima dell’iconica scena del ballo finale di Dirty Dancing, Jake aveva scoperto che era stato Robbie (Max Cantor) a mettere incinta Penny e che poi l’aveva abbandonata. Rendendosi conto che Johnny si è preso la responsabilità di Penny e ha tolto la colpa a Robbie, Jake si guadagna il rispetto di quest’ultimo e ammette a Johnny di essersi sbagliato. Con Johnny che ha l’approvazione del padre di Baby, le insicurezze che aveva sulla sua relazione con Baby vengono risolte alla fine di Dirty Dancing.

Ci sono accenni al fatto che Johnny e Baby resteranno insieme

Dirty Dancing film

Dopo il licenziamento di Johnny dal resort, lui e Baby si salutano. Il loro addio è agrodolce quando si abbracciano. Johnny dice a Baby che “non si pentirà mai”, ammettendo di non rimpiangere il licenziamento se questo significava poter stare con lei. Baby è d’accordo e gli dice: “Nemmeno io”. Johnny la bacia e le dice: “Ci vediamo”. Sebbene sia evidente il dolore per il fatto di doversi separare prima del previsto, l’osservazione casuale di Johnny lascia intendere che lui e Baby avevano intenzione di riunirsi una volta che Johnny fosse atterrato da qualche parte e Baby fosse uscita dal tetto dei suoi genitori.

Quando Dirty Dancing fu proiettato nel 1987, ci furono diverse scene che non vennero tagliate. Nel corso degli anni, una manciata di scene eliminate sono state condivise online. Una scena eliminata di Dirty Dancing mostra Baby e Johnny che parlano del loro futuro durante la scena del ballo finale. Baby teme che le persone della loro vita critichino così tanto la loro relazione che non vorranno più stare insieme. Johnny insiste sul fatto che lotteranno più duramente per la loro relazione. Anche se la scena eliminata non fa un salto nel futuro, conferma che Baby e Johnny avevano intenzione di rimanere insieme una volta finita l’estate.

Ci sarà un sequel di Dirty Dancing

Dal momento che Dirty Dancing è così noto nella cultura pop, ci sono state molteplici variazioni dopo il film originale del 1987. Una versione teatrale del film, intitolata Dirty Dancing: The Classic Story on Stage è stata realizzata nel 2004. Nello stesso anno, Swayze è apparso in un prequel del film intitolato Dirty Dancing: Havana Nights nel ruolo di un istruttore di ballo senza nome. Nel 2017 è uscito sulla ABC un remake di Dirty Dancing, diretto dal coreografo del film del 1987, Kenny Ortega. Molti punti della trama dell’originale sono stati modificati e il finale del remake mostra Johnny e Baby che si separano anni dopo.

Anche se Swayze è morto nel 2009, è in programma un sequel di Dirty Dancing. La Grey riprenderà il ruolo di Baby. Il film non sarà un remake dell’originale e non è nemmeno previsto il rifacimento del ruolo di Johnny con un altro attore. Dirty Dancing 2 uscirà il 9 febbraio 2024 e sarà diretto da Jonathan Levine. Non si sa molto del sequel di Dirty Dancing, a parte il fatto che si svolgerà negli anni Novanta. Anche se Grey e Levine riusciranno a realizzare un sequel solido, non c’è dubbio che il sequel cambierà il significato del finale del film originale.

L’ambiguità del finale di Dirty Dancing funziona

dirty dancing

Dirty Dancing è in fondo una storia di crescita con una storia d’amore. Baby impara a tenere testa al padre e abbandona la sua ingenuità nei confronti del mondo. Alla fine del film, è pronta a raggiungere i suoi obiettivi grazie alla ritrovata fiducia che Johnny le infonde. Nel frattempo, Johnny acquisisce maggiore autostima e non si considera più inferiore agli ospiti del resort di classe superiore. Altri personaggi, come il padre di Baby, imparano a mettere in discussione i loro preconcetti. Il finale di Dirty Dancing è stato un successo perché gli spettatori vedono i personaggi cambiare ma non vedono cosa succede dopo che le lezioni sono state apprese.

Per far sì che una storia di passaggio di età funzioni al meglio, i personaggi devono essere messi alla prova e attraversare una metamorfosi che significhi il loro ingresso nell’età adulta. Anche se non diventano adulti nel corso del film, maturano psicologicamente e moralmente in un modo che cambia la loro visione del mondo. Il finale di Dirty Dancing funziona perché gli spettatori non hanno bisogno di sapere se Baby e Johnny resteranno insieme. Non è importante la durata della loro relazione, ma l’impatto che hanno avuto l’uno sull’altra. L’apertura del finale permette agli spettatori di credere che i personaggi siano cambiati in modo permanente e che metteranno in pratica ciò che hanno imparato senza bisogno di specificarlo.

Diritti a Todi: il festival dei diritti umani vi aspetta dal 27 ottobre

0

Siria senza pace, India senz’acqua, Beirut senza corrente, Sardegna senza lavoro, Palestina senza futuro. Conflitti da prima pagina o trascurati dai media, narrati attraverso storie esemplari di persone comuni: il profugo, l’omosessuale, il detenuto, l’adolescente. dirittiatodi manifestoPrivazioni, lotte, sofferenze e aspirazioni raccolte in ogni continente. Con 10 lungometraggi e 30 “corti”, scelti tra oltre duemila proposte, nell’orizzonte del documentario d’autore irrompe Diritti a Todi – Human Rights International Film Festival.

Dal 27 ottobre al 1° novembre proiezioni, spettacoli, convegni, mostre fanno dell’Umbria (e di uno dei suoi gioielli più noti) uno schermo speciale per riflettere sui diritti umani e per conoscere la cinematografia che ne descrive le nuove sfide e i drammi dimenticati. In luoghi suggestivi, dal Tempio di Santa Maria della Consolazione alla Sala del Capitano del Popolo, i registi incontreranno il pubblico, studiosi e organizzazioni impegnate in prima linea su quella frontiera, nell’arco di sei giornate dense di appuntamenti e di “première” (una nazionale, una europea e una mondiale). Alle opere in concorso si affiancano infatti due focus con titoli provenienti dall’Argentina e dall’Iran, cinque film-evento italiani e una rassegna presentata dall’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod), la cui collaborazione è un altro dei motivi d’orgoglio di questa prima edizione.

Directors Guild: ecco le nomination di categoria per la miglior regia!

0

Arrivano dalla Directors Guild le prime nomination per la stagione dei premi che presto entrerà nel vivo. L’associazione dei registi americani ha annunciato la cinquina con la sorpresa David Fincher, regista di Millennium: uomini che odiano le donne, che presto arriverà anche da noi.

Directors Guild of America: nomination per Nolan, Fingher e Aronofsky

0

Le tanto attese nomination dei premi della Directors Guild of America sono state finalmente annunciate. I premi di categoria dei registi di Hollywood vedono nominare tra gli altri Christopher Nolan, David Fincher e Darren Aronofsky.

I premi della categoria dei registi di Hollywood, è tra le manifestazioni più credibili per anticipare l’Academy per le nomination agli Oscar tra due settimane.

Ecco i nominati:

* Darren Aronofsky, Black Swan
* David Fincher, The Social Network
* Tom Hooper, The King’s Speech
* Christopher Nolan, Inception
* David O. Russell, The Fighter

Il premio verrà assegnato durante il 63esimo Annual DGA Awards Dinner sabato 29 gennaio. Da notare l’assenza dei Coen e questo a noi non dispiace granché.

Fonte: Directors Guild of America

Director’s Cut: 10 versioni originali che meriterebbero una release

Con l’annuncio ufficiale che la Snyder Cut di Justice League vedrà finalmente la luce il prossimo anno su HBO Max, sembra proprio che le case di distribuzione – anche se non sempre – tengano in considerazioni quali siano i desideri e le aspettative del pubblico. Al momento non possiamo sapere se la versione del film di Zack Snyder sarà effettivamente migliore del cinecomic rimaneggiato da Joss Whedon e arrivato nelle sale nel 2017. Ad ogni modo, la questione più spinosa è una soltanto: perché le case di produzione dovrebbero interferire con la visione di un regista? Considerando ciò, Screen Rant ha raccolto 10 potenziali Director’s Cut che meriterebbero di essere rilasciate:

Suicide Squad

Proprio per il “caso” nato attorno alla Snyder Cut di Justice League, negli ultimi tempi si è parlato molto anche di una possibile Ayer Cut di Suicide Squad, il cinecomic diretto da David Ayer nel 2016. Dopo la pessima accoglienza riservata a Batman v Superman, i dirigenti della Warner Bros. chiesoro ad Ayer di alleggerire il tono del film.

Nel corso degli anni, lo stesso regista ha più volte confermate che le riprese aggiuntive del cinecomic hanno totalmente stravolto la sua versione del film, con drastici tagli che sono stati operati soprattutto in riferimento alle scene con protagonista il Joker di Jared Leto. Chissà che un giorno il regista non riesca a far vedere ai fan la sua versione del cinecomic, al pari di quanto accaduto con il film di Zack Snyder.

This Is Spinal Tap

La versione di This Is Spinal Tap di Rob Reiner non è stata dovuta a decisioni sbagliate prese dai produttori o alle pressioni dello studio: si trattava semplicemente di maneggiare tantissimo materiale e decidere cosa eliminare e cosa no per dare vita ad un falso documentario che fosse il più coerente possibile.

Presumibilmente, sono state girate circa 100 ore di riprese per il film, quando il minutaggio finale ammonta a soli 82 minuti: ciò significa che, da qualche parte, esiste una montagna di filmati inediti che nessuno ha mai visto. Si potrebbe pensare ad una sorta di miniserie, dal momento che This Is Spinal Tap è stato un grande successo, trasformatosi negli anni in un vero e proprio fenomeno culturale.

La sottile linea rossa

La sottile linea rossa di Terrence Malick è un film già perfetto così com’è, e non ha certamente bisogno di essere migliorato o “sistemato”. Il film dura quasi tre ore, ma il taglio originale era presumibilmente di circa cinque ore. Diverse scene non sono entrate nel film, comprese le performance di attori quali Lukas Haas, Mickey Rourke e Bill Pullman, oltre alla voce narrante di Billy Bob Thorton.

Allo stesso modo, i ruoli di John Travolta, Adrien Brody e Goerge Clooney sono stati drasticamente ridotti. Stranamente, tagliare i ruoli è una pratica diventata col tempo un’abitudine ricorrente di Malick: proprio per questo, La sottile linea rossa non è l’unico film del regista ad aver subito pesanti tagli.

Alien 3

A voler essere precisi, esiste già una sorta di Director’s Cut di Alien 3, nota come “The Assembly Cut”. Tuttavia, David Fincher non è stato coinvolto nella sua realizzazione, quindi si tratta più di un “Editor’s Cut” o qualcosa del genere, con il team del film che ha seguito le note di produzione originali del regista.

Il film ha avuto un lungo e tormentato processo di sviluppo dopo Aliens – Scontro finale: quando è finalmente arrivato nelle mani di David Fincher (al suo debutto dietro la macchina da presa all’epoca), lo stesso non ha avuto molto controllo creativo sul film. L’Assembly Cut non ha ottenuto un grande riscontro da parte del pubblico rispetto alla versione cinematografica; sicuramente, una Fincher Cut potrebbe destare maggiore curiosità e interesse.

Breakfast Club

Come accaduto a Rob Reiner, neanche John Hughes ha avuto particolari problemi durante la produzione di Breakfast Club, nonostante le scene girate siano di più del numero effettivamente finito all’interno del film.

In effetti, il regista ha raccolto circa un’ora in più di riprese. Apparentemente a Hughes è piaciuto molto il film, ma forse un taglio più lungo non sarebbe stato adatto al pubblico; così, ha deciso di tenere la Director’s Cut per sé. Sappiate, dunque, che esistono diverse sequenze del film che nessuno ha mai visto.

La cosa

Prequel dell’omonimo cult di John Carpenter uscito nel 2011, La cosa è stato pesantemente criticato per l’uso eccessivo di CGI e per la mancanza di effetti pratici. Tuttavia, la versione originale del film era  stilisticamente molto più fedele al film originale e vantava anche l’impiego di effetti pratici. Purtroppo, la Universal ha deciso di intervenire e ha richiesto la CGI, ordinando anche una sessione di riprese aggiuntive e cambiando il finale del film.

Babe va in città

George Miller ha co-sceneggiato l’originale Babe, maialino coraggioso: quando è arrivato il sequel Babe va in città, Miller ha preso le redini della regia. Durante la realizzazione del film, alcune delle tendenze alla “Mad Max” tipiche del regista potrebbero essersi sviluppate, in quanto nel film sono presenti degli evidenti tagli, utili probabilmente a renderlo un prodotto più adatto alle famiglie.

Apparentemente le scene recise riguardavano alcune battute ritenute di cattivo gusto, alcune scene molto violente e il personaggio del cattivo interpretato da Mickey Rooney, che si abbandonava ad una serie di vizi. 

American History X

La storia della produzione di American History X è piuttosto famosa. Il regista Tony Kaye era riuscito ad ottenere il primo taglio sul film attorno ai 95 minuti, con un budget limitato: all’epoca il regista era molto soddisfatto del suo lavoro, e anche le proiezioni di prova aveva dato ottimi riscontri.

Sfortunatamente, la New Line Cinema chiese di aggiungere altre scene al film, allungandolo a circa due ore. Kaye era furioso e si impegnò in azioni legali: chiese addirittura che il suo nome fosse rimosso dal film, rifiutandosi di guardare il prodotto finale e rinnegandolo. Successivamente, il regista faticò non poco a trovare ingaggi presso altri studios di Hollywood.

Qualcosa di sinistro sta per accadere

Tra le produzioni più “oscure” della Disney, Qualcosa di sinistro sta per accadere del 1983, basato sull’omonimo romanzo di Ray Bradbury, subì una produzione molto travagliata. Lo stesso Bradbury lavorò alla sceneggiatura, ma ebbe un litigio con il regista Jack Clayton a causa di alcune “divergenze creative”. Clayton era il regista, ma Bradbury era il creatore originale dell’opera: alla fine, Clayton fu costretto a piegarsi alle richieste dei dirigenti della Disney e a rendere il film più adatto alle famiglie, ottenendo però un altro sceneggiatore (non accreditato) che si occupò di revisionare lo script iniziale.

Nonostante ciò, i dirigenti della Disney erano ancora scontenti del risultato: ordinarono così una nuova revisione della sceneggiatura e anche una sessione di riprese aggiuntive, mettendo da parte Clayton. Quando uscì, il film fu un grandissimo successo al botteghino, ma sarebbe stato sicuramente un film molto più complesso se la visione originale fosse stata rispettata.

Solo: A Star Wars Story

Tra tutti i film presenti in questa lista, quello che merita un Director’s Cut più di ogni altro è sicuramente Solo: A Star Wars Story, inizialmente affidato a Phil Lord e Chris Miller e poi portato a compimento da Ron Howard.

Sebbene non tutti i pezzi del puzzle su ciò che è andato storto siano chiari, è molto probabile che lo stile di Lord e Miller si sia scontrato con con la Lucasfilm. Le numerose divergenze hanno fatto sì che i due registi venissero licenziati dai dirigenti della Disney. Solo è stato rilasciato nel 2018 ed è stato il primo flop della saga di Star Wars. Lord e Miller sono comunque riusciti a riscattarsi, dal momento che l’altro loro progetto sempre di quell’anno, ossia Spider-Man: Un Nuovo Universo, ha vinto l’Oscar come miglior film d’animazione. 

Director Roundtable: Nolan, Jolie & Co per Hollywood Reporter [Video]

0

Si è tenuta a Los Angeles la consueta tavola rotonda tra i registi più quotati di Hollywood in previsione del season awards del The Hollywood Reporter. Tra i presenti Angelina Jolie (“Unbroken“), Christopher Nolan (“Interstellar“), Richard Linklater (“Boyhood“), Mike Leigh (“Mr. Turner“), Bennett Miller (“Foxcatcher“) and Morten Tyldum (“The Imitation Game“), che parlano della loro esperinza e condivisono paure, desideri e aspirazioni.

Director Roundtable

Dio Salvi la Regina! in uscita il libro che racconta Elisabetta II tra fiction e realtà

In uscita il 20 gennaio 2022, edito da Bietti, il libro DIO SALVI LA REGINA! Elisabetta II sovrana di iconologia tra fiction e realtà di Anna Maria Pasetti. Un excursus nell’immaginario audiovisivo di Elisabetta II, da The QueenThe Crown,da Sorrentino fino a Peppa Pig.

Elisabetta II festeggerà il suo settantesimo anniversario di Regno il 6 febbraio. Nel corso degli anni, il cinema e le serie televisive, documentari e fiction, la hanno descritta in innumerevoli modi. Il volume di Anna Maria Pasetti indaga per l’appunto l’iconologia audiovisiva legata a Elisabetta II, che merita attenzione per la sua valenza di Segno, unico e irripetibile, capace di legare Icona e Simbolo dentro a un Corpo eccezionale, in grado di vivere e trascendere il Tempo in un gesto. 

Non è necessario essere monarchici per abituarsi all’icona della Regina. Il tempo e il mondo ruotano vorticosamente come tifoni tropicali: tutto è mutevole, proprio tutto. Tranne lei, Elisabetta”. Così la descrisse il regista Roger Michell, scomparso poco prima di vedere la Regina omaggiata nel suo documentario Elizabeth, probabilmente il definitivo sulla sovrana britannica, e dunque meritevole di troneggiare in testa a questo volume.

A corollario, una conversazione con il regista Stephen Frears, che disserta sulla figura della sovrana in una intervista esclusiva con l’autrice.

DIO SALVI LA REGINA! edito da Bietti per la collana digitale Fotogrammi, è stato realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale Red Shoes.


{La collana digitale FOTOGRAMMI è disponibile in formato ePub a 1,99 euro sul sito Bietti.it; e su Amazon in formato Kindle a 2,69 euro e in formato cartaceo a 4,99 euro} 

Anna Maria Pasetti, milanese, critica e giornalista cinematografica, collabora con Il Fatto Quotidiano e altre testate. Ha scritto per AliasCiakRolling Stone. Laureata in lingue con tesi in Semiotica del cinema all’Universita Cattolica di Milano, ha conseguito un MA in Film&Television Studies al Birkbeck College di Londra. È stata selezionatrice per la Settimana internazionale della Critica della Mostra del Cinema di Venezia, per il concorso del festival Sguardi Altrove sul cinema al femminile. Nel 2018 ha fondato l’associazione culturale Red Shoes.

Red Shoes è un’associazione culturale che si prefigge di guardare alla cultura cinematografica britannica esaltandone i segni di (apparente) contraddizione che ne determinano bellezza ed autenticità. Il tutto considerando il cinema di passato, presente e “possibili futuri” in un duplice rapporto: quello con le altre espressioni creative, e quello con l’Italia, Paese tradizionalmente amato dai sud- 

diti di Sua Maestà. Un ponte virtuale e virtuoso atto a connettere, che si (im)pone in netto contrasto con la proclamazione della Brexit.

Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità