Amy Adams è stata
ospite al Saturday Night Live e in questa occasione ha
posato per una serie di scatti molto particolari che, in alcuni
casi, la ritraggono come una bambola di porcellana o come una
ballerina di can-can. Tutte pose, si intende, che la cara Adams
sostiene benissimo.
Ricordiamo che a partire dal
prossimo 1 gennaio Amy Adams sarà al cinema nei
panni della protagonista in Big Eyes di
Tim Burton.
È stata Amy
Adams l’ospite internazionale di oggi
al Giffoni Film Festival 2017, la nota
attrice americano ha incontrato tutto il pubblico e i giurati del
festiva. Di seguito le foto:
[nggallery id=3149]
“L’obiettivo è essere felici.
All’inizio della mia carriera ho avuto tanti momenti di
scoraggiamento, specialmente quando ricevevo rifiuti. Poi ho capito
che è un bene mettersi in discussione. Anche adesso penso che ogni
tanto sia meglio fermarsi, fare il punto della situazione e capire
se la carriera che si sta facendo sta andando nella direzione che
si desidera. A volte può sembrare che abbiamo successo ma invece
non siamo felici”.Amy Adams,
cinque nomination all’Oscar e due Golden Globe, è la seconda star
internazionale di scena al Giffoni Experience. Una carriera che
l’ha portata in pochi anni a diventare una delle attrici più
celebrate della sua generazione, capace di inanellare una schiera
di interpretazioni memorabili.
“Ho iniziato con la danza e poi
sono passata alla recitazione perché non avevo superato gli esami
di chimica e, siccome avrei voluto fare il medico, non mi pareva un
segnale molto incoraggiante – racconta la 42enne attrice di
“Animali notturni” – La passione per la recitazione
l’ho sempre avuta, mi ci è voluto un po’ di tempo per prendere
fiducia. Ricordo la prima audizione, è stata terribile per questo
dico che non dovete scoraggiarvi: i rifiuti sono dietro l’angolo
per tutti, bisogna insistere, studiare e prendersi anche le
sconfitte”.
E se tra i film che ha voluto
interpretare a tutti i costi cita “Junebug” di Phil Morrison, “Come
d’incanto” di Kevin Lima e “Arrival” di Denis Villeneuve, la Adams
spiega che i personaggi e l’ispirazione li prende dalle persone che
la circondano: “Sto molto attenta a come si esprimono e a come
parlano i personaggi, a prescindere da quanto è scritto nella
sceneggiatura -spiega- Ora che sono più matura cerco anche film che
hanno messaggi e contenuti che mi fa piacere portare al
pubblico”. Una domanda riguarda il sessismo a Hollywood: “No,
non è solo un problema di Hollywood, il sessismo c’è in tutti gli
ambienti professionali. Parlando con un mio collega attore,
discutevamo se fosse il caso di accettare una determinata
scena e lui, semplicemente, diceva: ‘basta dirgli di no’. Ecco, per
lui era semplice. Bastava un no. Per me, invece, quel no sarebbe
stato solo l’inizio di una conversazione, non sarebbe finita
lì”.
I premi e gli anni di carriera non
le hanno tolto la voglia di emozionarsi nel raccontare i personaggi
che ha interpretato: “Sono stata influenzata pesantemente da
alcuni ruoli, avvicinarmi a esperienze che ho raccontato sullo
schermo mi provoca forti emozioni”. La Adams è nata in Italia,
a Vicenza, il padre era un militare di stanza ad Aviano. Un legame
che non è solo formale. “Amo l’Italia al punto che ho dato a
mia figlia il nome di Aviana, in omaggio al paese dove sono
cresciuta -spiega- quando torno qui mi sento a casa, le persone
sono pronte ad accoglierti e a farti sentire come a casa loro come
non accade da tutte le altre parti”. Poi un pensiero a
Giffoni. “L’umanità dovrebbe collaborare a un futuro migliore
ma la mia generazione non sta realizzando questo ideale. Giffoni è
un esempio di collaborazione e unità e mi auguro siate voi a
realizzare questo sogno”.
Vi ricordiamo che
presto Amy Adams sarà nuovamente Lois
Lane in Justice League.
Justice
League èdiretto
da Zack Snyder con l’aiuto
di Joss Whedon, che l’ha sostituito alla fine
della produzione, ed è previsto per il 10
novembre 2017. Nel film vedremo protagonista Henry Cavillcome
Superman, Ben
Affleckcome Batman, Gal Gadotcome
Wonder Woman, Ezra
Millercome Flash, Jason Momoacome
Aquaman, e Ray
Fishercome Cyborg. Nel cast confermati
anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Willem
Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film
sono Wesley Coller, Goeff
Johns e Ben
Affleck stesso.
Amy Adams
tornerà a interpretare Lois Lane in Batman v Superman
Dawn of Justice. L’attrice è indubbiamente in una
posizione privilegiata a lavorare fianco a fianco con Henry
Cavill, uno degli uomini più belli del cinema e, a quanto
riportato da fonti attendibili, anche una delle persone più gentili
con cui si possa collaborare. L’attrice sembra davvero consapevole
di questo privilegio, tanto che anche lei, ha confessato, adora
osservare il collega, perché è “incredibilmente bello da
guardare”.
“In pratica lo tratto come un
oggetto, povero Henry. Ho dovuto scusarmi con lui a un certo punto.
Del tipo che gli ho dovuto dire che non sono una pervertita, è solo
che è così bello da guardare! Anche mio marito adora guardarlo, e
nostra figlia, di cinque anni, adora guardarlo… Siamo solo una
famiglia un po’ strana”. O almeno una famiglia con un certo
buongusto. Come dare loro torto? Siamo sicuri però che il buon
Henry l’abbia presa per il verso giusto!
“Temendo le azioni incontrastate
di un supereroe pari ad una divinità, il formidabile e
fortissimo vigilante di Gotham City decide di affrontare il più
riverito salvatore di Metropolis , mentre il mondo si batte
per capire di quale tipo di eroe ha bisogno. E con Batman e
Superman in guerra, sorge
qualcosa di nuovo che mette l’umanitá in un pericolo mai conosciuto
prima”.
Ricordiamo
che Batman v Superman : Dawn
of Justice, Zack
Snyder è stato
scritto da ChrisTerrio, da
un soggetto di David
S. Goyer.
In Batman v Superman saranno
presenti Henry Cavill nel
ruolo
di Superman/Clark Kent e Ben Affleck nei
panni di Batman/Bruce Wayne. Nel cast ci saranno
anche: AmyAdams, LaurenceFishburne, Diane
Lane, JesseEisenberg, Ray
Fisher, Jason
Momoa e GalGadot. Batman v Superman : Dawn
of Justice arriverà nelle sale
italiane il 23 marzo 2016.
Da tantissimo tempo a Hollywood si
parla di un biopic che ricostruisca la brillante e breve carriera
di Janis Joplin. Adesso sembra che il progetto abbia trovato un
regista e una protagonista: si tratta di Lee
Daniels che ha già visto in Amy Adams la
sua musa e la perfetta Joplin cinematografica.
A dare la notizia è L’Hollywood
Reporter che riporta anche una dichiarazione di Daniels:
“Dopo Joplin, vorrei far partire il progetto Miss Saigon. E
poi… un film horror!”, insomma progetti chiari per il
futuro!
Il titolo provvisorio del film è
Get It Whle You Can e al timone ci
sarebbe in veste di produttore Ron Terry con la
moglie Theresa-Kourin Terry.
La scelta della Adams lascia molto
spazio all’immaginazione, la quattro volte nominata all’Oscar Amy
non somiglia molto alla Joplin, tuttavia l suo naturale talento la
rendono una candidata ideale per quello che si preannuncia essere
un ruolo molto complicato.
Non c’è semplicemente l’ascesa e la
tragica caduta di Amy Winehouse nel documentario
di Asif Kapadia (Senna)
Amy – The Girl Behind the Name. C’è il
doloroso scarto tra il cristallino e potente talento della cantante
dalla voce paragonabile a Billie Holiday o Ella, che voleva fare
jazz e sapeva riversare nelle sue canzoni-poesie i demoni che la
tormentavano, e la spirale autodistruttiva che la stroncò il 23
luglio del 2011, a soli 27 anni, dopo tre album e una vita segnata
da depressione, bulimia e dipendenza da alcol e droghe.
Asif Kapadia
imbastisce un unico, ambizioso, racconto di Amy
Winehouse, assemblando materiale d’archivio e immagini e
video amatoriali privati, live di tour e concerti; interviste
televisive e radiofoniche, apparizioni sui network, riprese rubate
dai paparazzi, il tutto alternando le dichiarazioni fatte dalla
stessa Amy e i commenti dei genitori, amici, l’ex marito, gli
agenti. Pubblico e privato si intrecciano nel delineare la carriera
di Amy, dagli esordi fino al clamoroso e inaspettato successo di
Black to Black, che l’ha resa una delle artiste più iconiche della
musica contemporanea.
Ciò che emerge è il ritratto di una
giovane donna schietta e anticonvenzionale, alla quale diventa
difficile dire no ma che resta sempre vulnerabile, segnata dal
divorzio dei genitori in età infantile, dai problemi di depressione
e bulimia e dal rapporto irrisolto con il padre che influirà sulle
sue relazioni sentimentali. La dimensione della celebrità, con
tutte le sue ripercussioni, non farà altro che acuire il profondo
disagio e l’opprimente senso di responsabilità che Amy provava nei
confronti delle aspettative che la circondano.
Nonostante non punti espressamente
il dito, Asif Kapadia lascia intuire allo
spettatore come le responsabilità per la drammatica sorte della
cantante britannica, fiaccata nell’animo come nel corpo, siano da
ricondurre a tutti – amici, staff, famiglia – coloro che, a vario
titolo, si sono arresi o si sono dichiarati subito impotenti di
fronte all’impossibilità di difenderla da sé stessa e da un sistema
più grande di lei. Il padre Mitch, che rifiutò il primo – e forse –
decisivo rehab; Blake Fielder-Civil che ha introdotto Amy al
consumo di droghe pesanti; i media che l’hanno sfruttata e magari
sbeffeggiata.
Asif Kapadia
indugia un po’ troppo sui dettagli, del declino della star
londinese. Allo spettatore, fan o meno, resta l’immagine di Amy
che, adolescente, intona happy birthday all’amica con una voce soul
che già promette faville. E restano le parole delle sue canzoni
che, sovraimpresse alle immagini, delineano in maniera chiara il
rapporto tra la sua musica e la sua anima.
Presentato in anteprima
nazionale al Biografilm Festival di Bologna il 4 giugno, Amy – The
Girl Behind The Name sarà distribuito in Italia il 15, 16, 17
settembre da Digital e Good Films.
La 20th Century Fox ha acquisito i
diritti della serie Amulet di
Kazu Kibuishi che svilupperà in un potenziale
franchising. Si tratta di una serie per ragazzi pubblicata
negli Stati Uniti da Scholastic. The
Stonekeeper, il primo libro edito nel 2008, ha vinto
il premio dell’American Library Association come miglior opera per
la categoria Giovani Adulti. Da allora la serie ha avuto un
crescente successo e il settimo libro,
Firelight, sarà pubblicato nel febbraio
del 2016. La collana ha finora venduto oltre 2 milioni di
copie in tutto il mondo.
Le graphic novel seguono la storia
di una giovane ragazza di nome Emily, di suo fratello minore Navin
e della loro madre Karen mentre si trasferiscono a casa loro del
bisnonno per iniziare una nuova vita. La casa si rivela contenere
un portale pericoloso e dopo che una creatura attira Karen
attraverso di esso, i bambini si organizzano per salvarla da un
mondo alternativo popolato da demoni, robot giganti, elfi e animali
molto intelligenti.
Il vicepresidente della Temple Hill,
Petersen Harris, si è occupato dell’acquisizione
dei diritti per l’azienda, che ha ormai istituito una nicchia
dedicata alla categoria dei “giovani adulti” con La
colpa è nelle stelle, The Maze
Runner eCittà di
carta. Sylvie Rabineau di RWSG ha
negoziato l’accordo per l’autore.
Amuka, il documentario diretto
da Antonio Spanò, mostra uno spaccato della vita
quotidiana dei contadini congolesi. Il
film, presentato al Festival Cinema e Ambiente di Avezzano, porta
luce sulla contraddittorietà di un paese rigoglioso e povero.
Amuka – Il
Risveglio dei Contadini Congolesi
”Il Congo potrebbe nutrire 3
miliardi di persone ogni anno. Oggi 13 milioni di congolesi
soffrono la fame.” Amuka segue la vita di alcuni contadini e
allevatori congolesi: ad ogni soggetto e ad ogni storia viene
dedicato un capitolo. Ci sono produttrici di olio di palma,
allevatori di bovini, chi possiede piantagioni di caffè. Tutti i
protagonisti del documentario vivono in un paradosso: hanno a
disposizione le materie prime, ma non dispongono dei mezzi e degli
acquirenti necessari per sfruttarle fino in fondo. Molte delle
industrie occidentali presenti nel paese fino a qualche anno fa,
hanno abbandonato la produzione in Congo a causa delle continue
crisi di governo. Al momento infatti, buona parte della popolazione
vive ai limiti della povertà e, per quanto disposta a reinventarsi
a e lavorare, sembra avere poche possibilità per migliorare le
proprie condizioni di vita.
Uno spaccato amaro e diretto del
Congo
Antonio Spanò
propone un ritratto della situazione economica e politica attuale
del Congo. In Amuka, fa parlare la popolazione
locale: prende i casi singoli e, attraverso i loro nomi e le loro
storie, parla di una condizione generale che opprime l’intero
paese. Le immagini illustrano la vita quotidiana dei contadini e
degli allevatori. Uomini e donne di tutte le età, lavoratori del
presente e del passato, tutti prendono parola e contribuiscono al
film.
Immagini vere e riprese
sporche
Il
racconto che viene fatto è estremamente sincero. I dialoghi
originali e spontanei tra i contadini – Spanò
evita di inquadrare l’intervistatore – danno l’impressione di
catapultarsi all’interno di una quotidianità non costruita.
Inoltre, i colori dominano il documentario: dagli abiti ai
paesaggi, c’è la sensazione di immergersi in un mondo che può
offrire tanto. La rigogliosità delle immagini è in contrasto con la
povertà che si scaturisce dalle scene e che si sente nei dialoghi:
i prezzi bassissimi dei prodotti, le discussioni sui costi della
forza lavoro, le difficoltà per trovare un acquirente fanno
riflettere sulla stasi economica del paese.
In conclusione,
Amuka è un
documentario ben fatto che non vuole mostrare in modo acritico
la vita esotica di un popolo a noi lontano. Al contrario, sceglie
di veicolare una protesta sulla condizione dei contadini congolesi
attraverso immagini potenti. Le storie
singole si uniscono alla
storia del paese, il paesaggio si mescola ai luoghi abitati,
portando sulla scena le diverse sfumature di un paese che, se ben
sfruttato, potrebbe offrire tanto.
Amsterdam,
l’ultimo lungometraggio dell’acclamato regista e sceneggiatore
David O. Russel, arriverà il 27 ottobre
2022 nelle sale italiane, distribuito da The Walt Disney
Company Italia. Il video presenta le conseguenze di una scena
apparentemente caotica che coinvolge
Christian Bale,
John David Washington e i personaggi di
Margot Robbie. Mostra Malek che alza accidentalmente
la voce per impedire ai personaggi di
Anya Taylor-Joy e
Margot Robbie di litigare.
Il film dei 20th Century Studios
parla di tre amici, anche se il cast annovera molti nomi di spicco,
tra cui Christian Bale,
Margot Robbie,
John David Washington, Rami Malek, Zoe Saldana, Mike Myers,
Timothy Olyphant, Michael Shannon, Chris Rock, Anya Taylor-Joy,
Andrea Riseborough, Matthias Schoenaerts, Alessandro Nivola, Taylor
Swift e Robert De Niro. Il film è
ambientato all’inizio del 20° secolo, che a giudicare del trailer
mostrato nel corso del panel vanta l’atmosfera rock-and-roll
assurda e i picchi della commedia poliziesca di Russell, American Hustle. L’uscita di Amsterdam
in Italia è prevista il 27 ottobre 2022.
David O.
Russell è tornato, e lo ha fatto con la produzione di
Amsterdam, pellicola con cui ha voluto portare in
scena, seppur in una sua versione romanzata, un presunto evento
storico che ha interessato gli Stati Uniti degli anni ’30, ossia il
Business Plot. Questo Complotto commerciale che getta le
basi della trama – in cui il dottor Burt Berendsen, l’avvocato
Harold Woodman e l’infermiera Valerie Voze vengono risucchiati – è
stata una cospirazione politica che ha avuto luogo nel
1933; l’obiettivo era quello di rovesciare il governo del
Presidente Roosevelt e insediare un dittatore sulla scia del
fascismo italiano capitanato da Benito Mussolini.
Potenti uomini d’affari americani
stavano cercando di mettere in piedi un’organizzazione di veterani
fascisti sotto la guida dell’ex Generale Smedley Butler, per poter
innescare un colpo di stato nei confronti del regime dell’epoca.
Seppur il regista sin da subito ci tenga a precisare che molti dei
fatti narrati – e rappresentati – siano realmente accaduti, non
molti sanno quali siano di preciso e quali invece siano frutto
dell’invenzione di O. Russell. Perciò vien da sé porsi la domanda:
quali sono le differenze fra il prodotto cinematografico e la sua
veridicità storica?
1Nessun trio di veterani ha contribuito
a mettere in luce il colpo di stato
Ebbene sì. Lo stravagante gruppo di amici
inseparabili formato da Burt, Harold e Valerie, non esiste. È pur
vero che molte vicende del Business Plot non siano state
riportate e neppure trascritte, quindi O. Russell per poter
rappresentare questa fetta di storia ha dovuto inserire personaggi
che potessero condurre la nave fino alla rotta
stabilita.
Il
timone è spettato ai tre protagonisti sui generis di
Amsterdam che nel Complotto commerciale non sono
realmente esistiti. Il regista aveva necessità di costruire dei
personaggi che potessero far funzionare la trama della
cospirazione, ma nessun trio di veterani della Prima Guerra
Mondiale ha contribuito a sventare il presunto golpe.
Amsterdam,
l’ultimo lungometraggio dell’acclamato regista e sceneggiatore
David O. Russel, arriverà il 3 novembre nelle sale
italiane, distribuito da The Walt Disney Company Italia. Racconto
affascinante e intricato che fonde brillantemente fatti storici e
finzione per un’esperienza cinematografica attuale, il film 20th
Century Studios e New Regency Amsterdam è un crime
originale su tre grandi amici che si trovano al centro di uno dei
complotti segreti più scioccanti della storia americana.
Il film dei 20th Century Studios
parla di tre amici, anche se il cast annovera molti nomi di spicco,
tra cui Christian Bale,
Margot Robbie,
John David Washington, Rami Malek, Zoe Saldana, Mike Myers,
Timothy Olyphant, Michael Shannon, Chris Rock, Anya Taylor-Joy,
Andrea Riseborough, Matthias Schoenaerts, Alessandro Nivola, Taylor
Swift e Robert De Niro.
Il film è ambientato all’inizio del
20° secolo, che a giudicare del trailer mostrato nel corso del
panel vanta l’atmosfera rock-and-roll assurda e i picchi della
commedia poliziesca di Russell, American Hustle.
L’uscita di Amsterdam
in Italia è prevista il 27 ottobre 2022.
David O. Russell torna sul grande
schermo con Amsterdam,
ben 7 anni dopo Joy, pronto a conquistare una standing ovation da
parte del pubblico. Il film è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione
Grand Public, e sarà nelle sale dal 3 novembre.
L’hype costruitosi attorno
alla pellicola, grazie soprattutto al parterre di attori proposto
dal regista, ha lasciato con il fiato sospeso fin’ora e con la
speranza che l’attesa valesse le aspettative. Fra i produttori
compare il nome di Christian Bale, protagonista principale della
storia nonché voce narrante.
Amsterdam, la trama
New York, 1933. Il dottor Burt
Berendsen (Christian
Bale) e Harold Woodman (John
David Washington) sono veterani della Prima Guerra
Mondiale, legati da una forte amicizia fraterna. L’arrivo nella
loro vita di Liz Meekins (Taylor Swift) sconvolge
il già precario equilibrio dei due, i quali nel tentativo di
scoprire cosa abbia causato la morte del padre di lei, si trovano
invischiati in un omicidio di cui sono i primi sospettati.
È ora il 1918. Un flashback riporta
indietro nel tempo, al periodo della Guerra. Dopo essere stati
feriti in Belgio, i due vengono curati dall’infermiera Valerie Voze
(Margot
Robbie), con la quale instaurano un rapporto molto
viscerale. I tre si trasferiscono ad Amsterdam, città in cui
trascorrono il periodo più bello della loro vita, finché lei non
sparisce nel nulla.
Un salto temporale riporta agli anni
’30. Dopo essersi ricongiunti con Valerie, il trio di amici cerca
di venire a capo dell’omicidio sia del Generale Meekins che di sua
figlia Liz, grazie all’aiuto di Gil Dillenbeck (Robert
De Niro). Ma nel tentativo di farlo, si scontreranno
con una forza molto più grande di loro: i complotti politici.
Una trama fragile per un cast
stellare
90 grammi di crime comedy,
un pizzico di slapstick, un po’ di noir e la “prorompenza” della
storia del dopoguerra: ecco cos’è Amsterdam. Una pellicola ibrida,
che nell’intento di far coesistere i generi di cui si dichiara
pregna, rigurgita un prodotto plastificato e poco sviluppato. Per
portare in sala un film all’apparenza valido, O. Russell ha
“assoldato” un team di star dal grande calibro. Come
pedine di un gioco li ha poi sparpagliati in una storia senza un
capo né una coda, non dando loro un background approfondito né
tantomeno un filo narrativo ben costruito. Ed ecco quindi il
principale problema: una trama sconnessa portata avanti da
personaggi spezzati a metà.
Fra sguardi in camera che rompono la
quarta parete, una patina vintage che avvolge tutto il filmico, e i
temi del razzismo e della dittatura europea che il regista tenta di
amalgamare nel migliore dei modi, Amsterdam si perde nel
vano tentativo di diventare il nuovo blockbuster
dell’anno. Quel grandeur cinematografico che poteva quindi
essere restituito – grazie anche all’aver “commissionato” un cast
di tal portata per darne ulteriore spessore – rimane un’illusione.
O meglio, un sogno.
L’unico elemento positivo è la nota
sentimentale e affettiva del film. L’amore di Harold e Valerie che
nonostante il periodo storico sfavorevole decidono ugualmente di
iniziare una relazione alla luce del sole e la partnership fra
Burt, Valerie e Harold che va al di là di qualsiasi pregiudizio,
omicidio e dinamica politica. È perciò questa l’unica vittoria di
Amsterdam: portare in scena un’amicizia solida,
che non si piega alle distanze oltreoceano e soprattutto allo
scorrere del tempo.
Burt, il narratore onnisciente di
cui non si aveva bisogno
La prima regola aurea – come dice
Robert McKee – applicabile sia nella stesura di un
romanzo che di una sceneggiatura, è mostrare senza dover spiegare.
O. Russell, invece, compie un atto di distruzione verso
quell’artificio narrativo, sbriciolando quel poco di
interesse investigativo che la trama stava faticando a
trasmettere dopo l’omicidio di Liz Meekins. Testo e
sottotesto, in un lungometraggio ben riuscito, sono la chiave
necessaria affinché esso abbia un senso: in questo caso il regista
sembra aver fatto di tutto per annientarli entrambi. Una scena non
parla mai di ciò di cui sembra parlare, o non sarebbe autentica.
C’è sempre altro oltre ciò che viene mostrato ed è l’unica arma per
farla concretamente funzionare.
Il sottotesto, che funge da
contraddizione al testo, è il meccanismo che spinge lo spettatore a
porsi domande e partecipare alla dinamica. In
Amsterdam, però, gli attori non possono compiere
quella performance “multistratificata” indispensabile per la
scoperta di quelle verità insite nelle battute. I comportamenti e i
dialoghi dei protagonisti sui generis vengono spiegati ad
ogni beat in maniera macchinosa dalla voce narrante del
Burt di Christian Bale. Come se senza di essi la storia non venisse
capita.
Sottolineare questo o
quell’atteggiamento, questa o quella parola, invece di farla vedere
grazie a stratagemmi, turning point e sequenze più
dettagliate, non solo rallenta il progredire della storia, ma
blocca la fruizione. Sapere tutto, come il narratore onnisciente di
un libro, conduce alla noia e a volte anche alla frustrazione. E
qui c’è solo il disperato bisogno di giungere ai titoli di coda il
più in fretta possibile e senza dover assistere ad altri
scempi.
Amsterdam si rivela
perciò una pellicola di serie b, su cui è stato
costruita attorno una grande propaganda per sopperire,
probabilmente, ad una sua mancanza di contenuto. L’errore di O.
Russell è stato non comprendere che a volte è meglio – anzi
necessario – farsi da parte.
Christian Bale, Margot Robbie
and John David Washington in “Amsterdam” Disney
In occasione del CinemaCon è stato
annunciato che il titolo del nuovo film all-star di David
O. Russell sarà Amsterdam. Il film dei
20th Century Studios parla di tre amici, anche se il cast annovera
molti nomi di spicco, tra cui Christian Bale,
Margot Robbie,
John David Washington, Rami Malek, Zoe Saldana, Mike Myers,
Timothy Olyphant, Michael Shannon, Chris Rock, Anya Taylor-Joy,
Andrea Riseborough, Matthias Schoenaerts, Alessandro Nivola, Taylor
Swift e Robert De Niro.
Il film è ambientato all’inizio del
20° secolo, che a giudicare del trailer mostrato nel corso del
panel vanta l’atmosfera rock-and-roll assurda e i picchi della
commedia poliziesca di Russell, American Hustle.
Nel trailer, De Niro interroga
scettico il trio sul loro passato. Sono un medico, un’infermiera e
un avvocato, tutti veterani che si sono incontrati in Belgio. Un
intertitolo recita: “Molto di questo è realmente
accaduto”. Si sentono “Join Together With the Band” dei The
Who e la voce fuori campo di Bale, che ci dice: “Abbiamo
stretto un patto e abbiamo giurato di proteggerci a vicenda,
qualunque cosa accada. Ma a volte la vita è perfetta finché non lo
è.”
Il trailer culmina con Rock, Bale e
Swift in piedi attorno a una bara. “Hai un uomo bianco morto
nella scatola”, dice Rock a Bale. “Chi pensi che finirà
nei guai per questo? Il ragazzo nero”. L’uscita del film
prodotto da New Regency è attualmente prevista per il 4
novembre.
In Amour Anne
(Emmanuelle Riva) e Georges (Jean-Louis
Trintignant) sono una coppia molto innamorata: entrambi
musicisti, entrambi intellettuali, entrambi amanti della musica e
della lettura. Un’intera vita insieme, però, non li ha
preparati a ciò che la vecchiaia ha in serbo per loro. Anne, dopo
un’operazione andata male, resta infatti semi paralizzata e da quel
momento in poi per i coniugi inizia un lento e inevitabile
declino.
Mentre la donna lotta contro la
malattia che, inesorabile, si impossessa del suo corpo, Georges,
pur facendo di tutto per accudire la moglie, si trova ogni giorno a
combattere contro un nemico più infimo, la sua mente. Egli,
infatti, avrà il compito di cercare, dietro a questa nuova Anne che
non può più muoversi, che bagna il letto e che non sa più parlare,
la sua affascinante e intelligentissima moglie, quella che amava
con tutte le sue forze, quella che suonava per lui e che adesso è
costretta in un letto, indifesa come un neonato.
Amour, il film
In ogni inquadratura lo spettatore,
che all’inizio del film si vede riflesso come in uno specchio ed è
quasi chiamato direttamente in causa, assiste all’opera della
vecchiaia: inchiodato sulla poltrona, come Anne lo è sulla sua
sedia a rotelle prima, e sul suo letto poi, chi guarda si rende
conto di come la malattia agisca per sottrazione togliendo
lucidità, mobilità, intelletto, coscienza e, infine, dignità
all’essere umano.
Ogni stadio del morbo è uno
stillicidio fatto di lunghe sequenze riprese con la camera fissa,
di dialoghi ridotti all’osso e di movimenti lenti intrisi di una
fortissima impotenza, ma che hanno però la forza di guardare dritto
in faccia uno degli incubi più comuni: il fatto che ogni più alta
forma d’arte e ogni più sublime volo dello spirito sono destinati a
schiantarsi di fronte all’arrendersi del corpo.
La claustrofobia dell’appartamento
della coppia, dove è girato tutto Amour, rende la
casa una gabbia, un luogo in cui l’unica via di fuga è seguire il
corso dei propri pensieri; ma quali pensieri e quali vite sono
possibili per due persone consapevoli del fatto che, arrivate al
capolinea, ci sarà la morte per lei e la solitudine per lui?
Haneke, portando
questa domanda alle estreme conseguenze, dirige un film duro, al
limite del sopportabile e fa scendere il pubblico, gradino per
gradino, fino allo stadio più basso dell’esistenza. Il regista
impone dunque una reazione e spinge tutti ad interrogarsi sul senso
della vita nel suo spegnersi. È vita non poter più disporre del
proprio corpo? È vita essere del tutto nelle mani degli altri,
senza potere decisionale, senza parole?
Amour,
Palma d’oro al Festival di Cannes 2012, risponde senza sconti,
spietato, sincero e sonda la vita e la morte, ma anche, come dice
il titolo, la natura di un certo tipo di amore, fatto di cura, di
rispetto e di tenerezza nonostante le condizioni estreme cui tale
amore è chiamato a resistere. Un film che evoca emozioni forti,
come dice Trintignant in un dialogo particolarmente riuscito, anche
e soprattutto dopo i titoli di coda. Ottimi gli interpreti. Fare un
bel respiro prima di entrare in sala.
Oggi abbiamo il traielr
di Amur, film diretto da Michael Haneke, che ha appena portato a
casa la Palma d’Oro al Festival di Cannes di quest’anno. Il film
racconta una storia d’amore
Amour di Michael
Haneke, vincitore della Palma d’Oro a Cannes, sarà distribuito
nelle sale italiane da Teodora Film e spazioCinema il 26 ottobre
2012, in contemporanea con
la notizia ha molto poco di
cinematografico e davvero tanto di gossip, ma sarà divertente per i
fan Marvel sapere che le star in forze
allo Studio vanno molto d’accordo, e anche più.
La love story tra Tom
Hiddleston e Elizabeth Olsen (Loki e
Scarlet Witch) sembra essere confermata da alcuni scatti rubati
ieri sera a New York, dove la coppia è stata avvistata mentre
andava a (o tornava da) cena.
Ricordiamo che mentre Tom
Hiddleston è uno dei veterani delle produzioni Marvel, la
Olsen è una news entry ma, considerando la bellezza del personaggio
e il gradimento che ha riscosso nel pubblico in Avengers Ageof
Ultron, promette di rimanerci ancora per molto.
Hiddleston arriverà presto al
cinema in Crimson Peak di
Guillermo del Toro mentre ha in programma il
prequel di King Kong e ovviamente
Thor Ragnarok, conclusione della trilogia
di film dedicati a Thor (Chris hemsworth).
Elizabeth Olsen tornerà presto nei panni di
Scarleth Witch per Captain Ameirca Civil
War.
Entrambi gli attori hanno appena
finito le riprese di I Saw the Light,
biopic musicale sul set del quale probabilmente è nata la scintilla
trai due.
Sergio Basso
esordisce al cinema con quest’opera prima dal titolo emblematico
(per i suoi contenuti): Amori Elementari, in uscita nelle
sale italiane a partire dal 20 Febbraio con una distribuzione di
50-70 copie.
Ne Amori Elementari dopo una
formazione nell’ambito del documentario, Basso imbraccia la MdP e
realizza- con il sostegno di “entità” come il Coni, Il Centro
Sperimentale di Cinematografia e Rai Cinema- un film sull’infanzia
e sui primi legami che si creano in quella tenera età, sospesi tra
amori e amicizia che si rincorrono come in un valzer. Matilde,
Tobia, Katerina e Aleksej sono amici: vivono nel paesino di
Alleghe, perso tra le montagne impervie delle Dolomiti e
condividono insieme la vita a scuola e lo sport. I due ragazzi
giocano ad hockey sul ghiaccio mentre le ragazze sono delle
pattinatrici. Ma gli elementi in comune non si fermano qui: Aleksej
e Katerina sono russi, il primo figlio dell’allenatore della
squadra, Ivan, l’altra adottata anni prima da una famigli
italiana.
Amori Elementari, il film
Katerina ha un debole per Aleksej,
Matilde per Tobia: ma l’arrivo di Agata, trasferitasi da poco in
città, travolgerà gli equilibri del gruppo, innescando una serie di
situazioni nelle quali saranno coinvolti- loro malgrado- gli adulti
come Sara (Cristiana
Capotondi), allenatrice della pattinatrici, e Ivan
(Andrey Chernyshov) insieme a sua moglie Vera,
russa come lui, che attraversano un periodo di crisi apparentemente
inconciliabile. Le varie situazioni innescate raggiungeranno il
loro picco massimo con un viaggio a Mosca per conquistare un ambito
dischetto in una finale di hockey sul ghiaccio senza esclusione di
colpi.
L’opera di Basso è un film
“furbetto”, che strizza l’occhio ad un pubblico giovanissimo e-
forse- a tutti quegli adulti che vogliono evadere dalla solita
routine quotidiana ritrovando uno sguardo naif sul mondo; ma
nonostante le intenzioni dell’autore/ regista la pellicola perde
completamente di vista le dinamiche più adulte, che vengono solo
abbozzate e lasciate sullo sfondo. Gli adulti sono dei comprimari
dei bambini, che rubano loro la scena: i giovanissimi protagonisti
stanno al gioco e si calano, “anima e cuore”, con completo
trasporto, nelle situazioni che il copione dispone per loro,
ricreando così una “fiaba” moderna a ritmo di rock e sport, intrisa
di valori positivi e buoni sentimenti.
Il paesaggio russo che fa da
cornice alla seconda parte- ideale- del film conferisce un fascino
magico, metropolitano e selvaggio alle avventure dei protagonisti,
accrescendo quel gusto fiabesco che connota l’intera storia fin
dall’inizio anche a livello registico: Basso utilizza un registro
“da fumetto” contaminando le inquadrature e valicando i confini tra
reale e immaginario, proprio come accade nella mente iperattiva e
creativa di un bambino delle scuole elementari.
Sergio Basso,
Cristiana Capotondi e Andrey Chernyshov,
insieme ai piccoli Rachele Cremona, Andrea Pittorino, Laura
Gaia Piacentile, Anya Potebnya e Maxim
Bychkov hanno presenziato la conferenza stampa per il film
Amori Elementari, in uscita nella sale
italiane dal 20 Febbraio, per una produzione Academy Two.
Il centro del film sono gli amori,
le amicizie, e i legami alla base della pre-adolescenza.
La pellicola è prodotta con l’aiuto
del centro Sperimentale di Cinematografia, che aveva già
co-prodotto sempre insieme alla Russia il film Dieci
Inverni che manteneva la stessa ambientazione, tant’è
vero che in sala sono presenti il presidente e i delegati di
produzione del Centro Sperimentale e di Rai Cinema. È presente
anche la troupe russa, fondamentale per le riprese del film.
Il film è un’opera prima del regista
Sergio Basso a cui viene chiesto della capacità-
forse solo italiana- di far recitare i bambini sul grande schermo
tirando fuori il meglio da loro; il punto di vista del film- grazie
a regista e sceneggiatori- è quello di un bambino di dieci anni:
l’unico sguardo in grado di raccontare, per la prima volta, i
turbamenti degli amori folli e platonici che si provano durante
quella delicata fase di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza.
La storia è stata pensata a misura di bambino, per far emozionare
il pubblico più piccolo- ed esigente!- durante la visione: infatti,
hanno lavorato molto con i bambini nelle classi per realizzare un
prodotto… proprio a misura di bambino!
Cristiana Capotondi
interpreta un personaggio molto naif, pur non essendolo più
anagraficamente: il suo approccio al personaggio (così diretto,
schietto come solo i bambini possono essere) è stato quello di una
sorta di fata turchina moderna, spontanea, “senza pelle”, filtrata
attraverso l’ottica dei piccoli co-protagonisti. Il film per lei è
un’opera prima particolare, con degli elementi originali per essere
una “prima volta” cinematografica.
Il
protagonista maschile Andrey Chernyshov si
dichiara emozionato dopo la prima visione del film; è rimasto
meravigliato dall’enorme lavorato portato avanti dal regista,
definito addirittura “talentuoso”. Il ruolo di Chernyshov non è
molto ampio né strutturato nel film, ma si dichiara fiero di averne
preso parte avrebbe volentieri dato anche qualcosa in più, proprio
per l’abilità di Basso di creare un mondo “altro” che è specchio
del suo mondo interiore. Si dichiara anche fiero di aver lavorato
con la Capotondi.
Basso ha parlato della sua
attenzione per i “dettagli”: hanno lavorato- a partire dalle
selezioni- in un modo teatrale, prima come in un workshop per
trovare il casting adatto; poi dividendosi tra prove e letture (per
molti bambini era la prima volta davanti alla macchina da presa),
infatti poi si influenzavano a vicenda osservandosi sul set,
adattandosi all’energia sottile che aleggiava nell’aria.
Basso esordisce alla “finzione” dopo
una formazione da documentarista: è stato un passaggio
fondamentale, perché la voglia di cavalcare l’energia della realtà
a discapito della finzione (senza la ricerca spasmodica di una
soluzione per imbrigliarla) ha contribuito alla resa naturalistica
del film; come pure l’introduzione dell’elemento sportivo, perché i
bambini si esprimono più fisicamente che verbalmente. Hanno cercato
di comunicare, con freschezza, le emozioni che per la prima volta
provano i bambini attraverso il loro linguaggio.
I film dedicati ai bambini sono
pochi, questo è una rarità forse nel panorama odierno: la pellicola
parla anche agli adulti, racconta delle dinamiche adulte che
possono essere lette però con l’ottica dei bambini, ritrovando
quella purezza e filtrando la realtà con l’occhio di un bambino di
dieci anni.
Un’altra domanda coinvolge di nuovo
la Capotondi, e riguarda la scelta che l’ha spinta a prendere parte
a questo film e come si inserisce questa scelta nella sua
particolare carriera.
La spinta necessaria è stata dettata
dal desiderio di realizzare ancora un’opera prima: perché dietro
c’è una storia, una ricerca travagliata che quando viene alla luce
è simile ad una nascita miracolosa. Il riferimento del film non è
legato solo al mondo dei bambini ma soprattutto a quello degli
adulti, che si dovrebbero reinventare sempre. Un altro elemento che
voleva raccontare era l’importanza dello sport a livello formativo
soprattutto in un’età pre-adolescenziale, un periodo ancora vivo
nella mente della Capotondi che ha percorso una sorta di seduta di
psicanalisi durante tutte le riprese.
Vengono, ovviamente, intervistati
anche i piccoli protagonisti del film, alcuni alle prime armi altri
già “navigati” (nonostante la giovane età!). Sergio Basso ha
seguito la loro crescita, li ha visti cambiare progressivamente
mentre giravano. Alcuni hanno trovato dei punti di contatto con i
loro personaggi (la piccola interprete di Matilde, o di Katerina ad
esempio) mentre per altri si è trattato di scavare più a fondo
(come per l’interprete di Agata o del piccolo Tobia). Gli attori
russi Bychkov e Potebnya hanno già avuto altre piccole esperienze
cinematografiche, ma questa per loro è la prima grande occasione
internazionale…. Bisognerà tenerli d’occhio e vedere se questa
esperienza italiana porterà loro fortuna!
Dopo 26 anni le donne Owens
ritornano. La Warner Bros. ha annunciato un film sequel al classico
del 1998, Amori e Incantesimi, con Sandra Bullock e Nicole Kidman in trattative per tornare.
Il primo film vedeva Bullock e
Kidman nei panni delle streghe sorelle Owens, che vengono travolte
da una maledizione soprannaturale dopo che Bullock
(involontariamente) droga e uccide l’ex fidanzato violento di
Kidman (Goran Višnjić) costringendole a rianimare
il suo cadavere. Diretto da Griffin Dunne e
adattato dall’omonimo romanzo del 1995 di Alice
Hoffman, il film originale rappresenta un punto fermo per
le persone che amano davvero la stregoneria.
I fan hanno iniziato a
parlare del futuro di Amori e Incantesimi
domenica, quando a mezzanotte è stato fatto un annuncio su TikTok –
un cenno alla scena dei “margarita di mezzanotte” del primo film –
che riportava che il film era ora disponibile in digitale e
disponibile per lo streaming su MAX, ma la grande notizia è stata
riservata a lunedì mattina, quando è stato annunciato che
Amori e Incantesimi 2 era ufficialmente in
lavorazione.
Il film segue le donne della
famiglia Owens, un gruppo di donne incantatrici con inclinazioni
magiche, benedette dal dono soprannaturale ma maledette dalla loro
matriarca. Dopo essere stata abbandonata dal suo amante, incinta e
sola, Maria Owens ha lanciato un incantesimo su se stessa per non
provare mai più l’agonia dell’amore.
Il film originale è pieno di magia,
dalla colonna sonora perfetta di Alan Silvestri
(il primo omaggio alla Warner Bros. anticipato all’inizio di questa
settimana online) al modo in cui Dunne ha filmato gli atti
paranormali delle Owens. Un sequel potrebbe essere un’operazione
davvero interessante per le due attrici che, in questi anni, sono
diventate tra le più ricercate e potenti di Hollywood.
Sarà presentato questa sera al
Torino Film Festival Amori che non sanno stare al
mondo, il nuovo film di Francesca
Comencini, alla presenza della regista assieme agli
attori Lucia Mascino, Thomas Trabacchi e il
produttore Domenico Procacci.
Nel film Claudia (Lucia
Mascino) e Flavio (Thomas Trabacchi) hanno vissuto un’intensa
storia d’amore. Ora che è tutto finito, mentre lui è pronto a
iniziare nuove relazioni, lei si aggrappa ai ricordi, incapace di
dimenticare il passato.
Francesca Comencini narra, in
questa nevrotica commedia sentimentale tratta da un suo romanzo, la
difficoltà di stare al mondo di una donna in perenne stato
d’insoddisfazione: andirivieni tra passato e presente, amour fou,
autoironia, inadeguatezza ai tempi di una guerra dei sessi in
mutazione.
Bridget Jones ci insegna che a volte, quando
meno te lo aspetti, l’amore arriva nel modo più inaspettato,
vestendo i panni di un uomo meraviglioso che fino a quel momento
avremmo potuto solo sognare. La storia di Jul, la protagonista
della nuova serie tv Amori (e guai) a Parigi ce lo
ricorda ancora una volta: con un pizzico di fortuna e tanta
determinazione, dopo aver toccato il fondo si può solo
risalire.
Amori (e guai) a
Parigi è creata da Pascale Pouzadoux
(Sarà perché ti amo) è una dolce e ironica commedia francese con
protagonista Maud Baecker (Demain nous
appartient). Amori (e guai) a Parigi è prodotta da France
Television, produttori esecutivi Alain Pancrazi, Jean-Baptiste
Frey, Laurent Bacri.
Amori (e guai) a
Parigi: quando esce e dove vederla in streaming
Amori (e guai) a
Parigi uscirà da domenica 9 aprile 2023 su Sky.
Amori (e guai) a Parigi uscirà in streaming
solo su NOW.
La trama e il cast di
Amori (e guai) a Parigi uscirà
Sdraiata sul sedile
posteriore del taxi che la riporta a casa, dopo il movimentato
matrimonio della sua sorellina che ha avuto il cattivo gusto di
sposarsi prima di lei, Julie, soprannominata Jul, 36 anni, spunta
tutte le caselle del test della perfetta perdente: scaricata, senza
figli, disoccupata, presto quarantenne, maldestra… Il che
ovviamente le conferma, se ancora ne dubitava, che la sua vita è
finita!
Ma una telefonata
cambierà le cose: al telefono, Max le fa una proposta di matrimonio
stupenda. Se lei accetta la sua proposta, lui le dà appuntamento
dopo tre giorni nel bar dove si sono incontrati. Jul è estasiata,
finché non capisce che il telefono che stringe freneticamente
contro di lei non è suo ma quello che un’altra donna ha dimenticato
nel taxi e che, in ogni caso, non conosce nessun Max. Sconvolta da
questa sublime dichiarazione d’amore, Jul, con l’aiuto delle sue
due migliori amiche, Ava e Manon, decide di non avvertire la
fortunata alla quale Max ha appena proposto di sposarsi.
Tocca ora o mai più a Jul lanciarsi nella più grande avventura
della sua vita: ritrovare, sedurre e sposare quest’uomo ideale… A
costo di calpestare tutti i suoi principi!
Nel cast anche Nadia Roz
(La vie scolaire), il cantante e attore Tom Leeb (8 Rue de
l’Humanitè), prossimamente su Sky e NOW fra i protagonisti della
nuova stagione della serie TV di Gabriele Muccino A
Casa Tutti Bene, e François Vincentelli (The
Tourist).
La diciassettenne Katia
vive in un piccolo paese. A scuola le cose vanno male, mentre i
genitori non vogliono che frequenti il coetaneo Andrea. Con lui la
ragazza cerca di sconfiggere la noia, girovagando in motorino, o
facendo sesso in una vecchia cascina abbandonata. Ma nulla sembra
interessarla, tutto le scivola addosso. Pur di contrastare apatia e
frustrazione prova ogni cosa, coinvolgendo spesso anche Andrea,
timoroso e schivo: dalle sbronze ai sassi lanciati dai cavalcavia.
Restano però rabbia e risentimento verso un mondo che non la tiene
nella giusta considerazione, a partire dai genitori, in particolare
la madre, con cui non c’è rapporto o comunicazione, ma solo durezza
e ostilità. Così Katia pensa a un gesto tragico, estremo, che crede
risolutivo, da compiere assieme ad Andrea.
Opera prima di Cristian
Scardigno, da lui sceneggiata e autoprodotta con la
Underdog Film, Amoreodio, liberamente
ispirato ai fatti di Novi Ligure, è un dramma che mostra la
preparazione di un crimine fino al tragico epilogo. Ma quello che
interessa al regista sono soprattutto gli adolescenti, è mostrare
il vuoto, il mondo emotivo arido in cui alcuni crescono, che li
rende apatici, cinici e crudeli, disinteressati, ma alla ricerca di
qualcosa che li distolga dal torpore, di una “scossa” anche solo
momentanea – trasgressione, in varie forme, che qui arriva fino a
un crimine tra i peggiori. Attorno a questo vuoto, le cause: un
rapporto genitori-figli inesistente, un’incapacità di comunicare,
di essere esempio positivo, anche nella sfera emotiva, di vedere
l’altro e i suoi bisogni. E l’ambiente: i giovani e il mondo di
internet, la fascinazione per i media e, in generale, per tutto ciò
che li può far sentire, anche solo virtualmente, al centro
dell’attenzione.
Il film pone sì questi temi, ma non
li approfondisce, mentre vuoto, noia, monotonia diventano paradigma
dell’intero lavoro. Contraddistinguono le giornate dei due
protagonisti e scandiscono l’andamento del film: volutamente
ripetitivo, con molto uso del ralenti, risulta anch’esso lento e
apatico, poco coinvolgente nonostante i temi forti. Katia è una
maschera di freddezza e imperturbabilità (complessivamente buona
interpretazione di Francesca Ferrazzo), in cui ogni sentimento,
positivo o negativo, è represso, e porta all’esplosione finale. Sta
allo spettatore immaginare la complessità che si nasconde dietro
quella facciata. Andrea (Michele Degirolamo) la segue per amore e
solitudine. Anche i genitori e il fratello di Katia sono poco più
che sagome: un gendarme la madre, pressoché inesistenti gli altri
due. Questo è il limite del film. Il regista mostra ciò che è
evidente e non si addentra abbastanza nel resto. Non coglie del
tutto l’opportunità di scavo che è la vera marcia in più dell’opera
di finzione rispetto alla cronaca e scivola nella pura
ricostruzione.
Stilisticamente sobrio e pulito,
l’elemento cruento è misurato.
Guarda il Trailer italiano del film prodotta da Steven
Spielberg e Oprah
Winfrey, Amore, Cucina e
Curry di Lasse Hallström, con
protagonisti Helen Mirren, Om Puri, Manish
Dayal e Charlotte Le Bon.
In “Amore,
cucina e… curry” Hassan Kadam (Manish Dayal) interpreta un genio
della gastronomia, che non sbaglia mai un colpo. La famiglia Kadim,
emigrata dall’India e guidata dal capofamiglia, Papa (Om Puri), si
stabilisce nel caratteristico villaggio di Saint-Antonin-Noble-Val,
nel sud della Francia. Un posto incantevole e raffinato, il luogo
ideale dove aprire Maison Mumbai, un ristorante indiano a
conduzione familiare. Ma le cose cambiano nel momento in cui Madame
Mallory (l’attrice premio Oscar® Helen Mirren), l’algida titolare e
cuoca del rinomato ristorante francese Saule Pleureur, non si
intromette.
Le sue implacabili proteste contro
il nuovo ristorante indiano che dista solo 30 metri dal suo, danno
luogo ad un’accesa battaglia fra i due locali, fino a quando la
passione di Hassan per l’alta cucina francese e per Marguerite
(Charlotte Le Bon), la deliziosa “sous chef” di Madame Mallory, non
riuscirà ad amalgamare magicamente le due culture, regalando a
Saint-Antonin nuovi sapori di cucina e di vita che neanche Madame
Mallory potrà ignorare. La donna infatti, sarà disposta a
riconoscere il talento culinario del suo rivale e a prenderlo sotto
la sua ala protettiva.
“Amore, cucina e… curry” abbonda di
sapori tangibili e inebrianti. Il film racconta il trionfo della
tradizione familiare nonostante l’”esilio”, e ritrae due mondi in
conflitto fra loro, con un giovane deciso a tutti i costi a
ricreare il conforto della propria casa attraverso la sua
tradizione culinaria.
E’ arrivato a roma il
regista Lasse Hallstrom per
presentare il suo ultimo film Amore, Cucina e
Curry e per l’occasione ha tenuto un’interessante
masterclass alla Casa del Cinema (Lasse Hallstrom: il cinema tra amore e
fornelli). Ecco tutte le foto dell’evento.
In “Amore,
cucina e… curry” Hassan Kadam (Manish Dayal) interpreta un genio
della gastronomia, che non sbaglia mai un colpo. La famiglia Kadim,
emigrata dall’India e guidata dal capofamiglia, Papa (Om Puri), si
stabilisce nel caratteristico villaggio di Saint-Antonin-Noble-Val,
nel sud della Francia. Un posto incantevole e raffinato, il luogo
ideale dove aprire Maison Mumbai, un ristorante indiano a
conduzione familiare. Ma le cose cambiano nel momento in cui Madame
Mallory (l’attrice premio Oscar® Helen Mirren), l’algida titolare e
cuoca del rinomato ristorante francese Saule Pleureur, non si
intromette.
Le sue implacabili proteste contro
il nuovo ristorante indiano che dista solo 30 metri dal suo, danno
luogo ad un’accesa battaglia fra i due locali, fino a quando la
passione di Hassan per l’alta cucina francese e per Marguerite
(Charlotte Le Bon), la deliziosa “sous chef” di Madame Mallory, non
riuscirà ad amalgamare magicamente le due culture, regalando a
Saint-Antonin nuovi sapori di cucina e di vita che neanche Madame
Mallory potrà ignorare. La donna infatti, sarà disposta a
riconoscere il talento culinario del suo rivale e a prenderlo sotto
la sua ala protettiva.
“Amore, cucina e… curry” abbonda di
sapori tangibili e inebrianti. Il film racconta il trionfo della
tradizione familiare nonostante l’”esilio”, e ritrae due mondi in
conflitto fra loro, con un giovane deciso a tutti i costi a
ricreare il conforto della propria casa attraverso la sua
tradizione culinaria.
Deliziosa commedia sentimentale,
Amore, cucina e curry (qui
la recensione) è un pellicola del 2014 diretta dal regista
svedese Lasse Hallström, anche
noto per il film Chocolat.
Attraverso la leggerezza del genere, egli dà vita ad una storia
che, tra scontri a base di cucina, sviluppa tematiche profondamente
attuali come quella dell’integrazione tra popoli e culture diverse.
Questa prende spunto dal romanzo del 2008 di Richard C.
Morais intitolato Madame Mallory e il
piccolo chef indiano. Avendo acquisito un particolare successo
in breve tempo, il libro venne opzionato per una trasposizione
cinematografica, con la premio Oscar Helen
Mirrenprotagonista.
A produrre il film, e spingere verso
la sua realizzazione, vi sono due grandi nomi dello spettacolo
quali Steven Spielberg ed Oprah
Winfrey, che rispettivamente con la Amblin Entertainment e
la Harpo Films hanno sostenuto finanziariamente il progetto. A dar
vita alla sceneggiatura è stato invece chiamato il noto
Steven Knight, anche noto per il thriller Locke. In
breve, il progetto prese vita, arrivando infine alla sua tanto
attesa uscita in sala. Qui raccolse consensi generalmente positivi
da parte della critica, che lodò la regia di Hallström e le
interpretazioni dei protagonisti, rimpiangendo però la
prevedibilità di alcuni risvolti narrativi.
Il pubblico dimostrò però grande
attenzione nei confronti di Amore, cucina e curry,
portandolo ad essere uno dei maggiori successi al botteghino del
suo periodo. Uscito nelle sale statunitensi nell’agosto del 2014,
per poi estendersi al resto del mondo, il film arrivò infine a
guadagnare circa 94 milioni di dollari, a fronte di un budget di
soli 22. Ulteriore prestigio arrivò nel momento in cui la Mirren
venne nominata come miglior attrice in un film commedia o musical
al premio Golden Globe. Ancora oggi, infine, il film gode di buona
popolarità, suscitando l’interesse di nuovi spettatori ad ogni
passaggio televisivo.
La storia del film è incentrata sul
giovane Hassan, originario di Mumbai, che in
seguito ad una serie di traumatici eventi decide di partire insieme
a suo padre alla volta dell’Europa, dove spera di trovare una
maggior tranquillità dove poter coltivare il proprio talento. Il
giovane indiano, infatti, è un genio della cucina, capace di dar
vita a piatti che mischiano tradizione e innovazione, fondendo
culture in modo unico. Insieme al genitore, dopo numerose
peripezie, arriva a stabilirsi nel piccolo paese di
Saint-Antonin-Noble-Val, situato nel sud della Francia. Qui i due
decidono di aprire un ristorante, puntando tutto sulla tradizionale
cucina indiana.
Ciò che Hassan e suo padre non
sanno, però, è che il loro locale si trova a poca distanza dal
rinomato Le Saule Pleureur, di proprietà dell’austera
Madame Mallory. Nota per essere una chef premiata
con la prestigiosa stella Michelin, la donna inizia un’accesa
campagna di protesta contro i nuovi arrivati, denigrandone la
cultura e il menù. Ben presto, le divergenze danno vita ad una vera
e propria guerra culinaria. Ciò non impedisce però ad Hassan di
innamorarsi della bella Marguerite, dipendente
proprio presso il ristorante rivale. Lo scontro tra le due culture
e i loro modi diversi di intendere la cucina si trasformerà poi
lentamente un incontro, dimostrando che una fusione tra le due
parti è possibile e auspicabile.
Il cast del film
Per dar vita ad un cast multietnico,
i produttori intrapresero lunghi casting al fine di trovare gli
interpreti più idonei ai personaggi principali. Helen Mirren, premio Oscar per il film The
Queen, fu la prima ad entrare nel cast nel ruolo di Madame
Mallory. L’attrice si dichiarò da subito particolarmente
interessata al personaggio e ai temi della storia. Per prepararsi
al ruolo, inoltre, condusse molte ricerche sulla cucina francese,
su quella indiana e sull’atteggiamento che di norma hanno gli chef
di un certo calibro. Così facendo, ha potuto calarsi ulteriormente
nei panni del severo personaggio. La sua interpretazione è infatti
poi stata particolarmente apprezzata e riconosciuta con la
nomination ai Golden Globe.
Per dar volto ad Hassan, era invece
indispensabile trovare un interprete di origini indiane. Il
prescelto fu infine Manish Dayal. Classe 1983,
l’attore si era fatto notare negli anni precedenti per i suoi ruoli
nei film Non dire mai addio (2006) e L’apprendista
stregone (2010). Molta della sua popolarità era però
dovuta alla televisione e alla serie 90210. Una volta
scelto per il film, Dayal a sua volta si mise a studiare le
principali tradizioni della cucina indiana, arrivando anche ad
imparare a cucinarne diverse. Grazie al ruolo nel film, ha avuto
modo di raggiungere ulteriore popolarità, ed oggi continua a
recitare in diversi progetti televisivi di rilievo.
Il ruolo del padre di Hassan è stato
invece interpretato dal celebre attore indiano Om
Puri. Questi ha lavorato nel corso della sua carriera a
centinaia di film di Bollywood, ma anche in progetti di produzione
statunitense. Quello in Amore, cucina e curry è
uno dei suoi ultimi ruoli noti, essendo poi improvvisamente
scomparso nel 2017 all’età di 66 anni. Infine, nel ruolo di
Marguerite, la bella chef di cui si innamora Hassan, si ritrova la
francese Charlotte Le Bon. Proprio in quegli anni
l’attrice aveva raggiunto un buona popolarità grazie ai film
Mood Indigo e
Yves Saint
Laurent. Per il suo ruolo in questo film ha ottenuti
ulteriori consensi, che le hanno permesso di ottenere ruoli anche
internazionali.
Le location dove è stato girato il
film
Il film è diventato celebre anche
per le sue location estremamente caratteristiche e di particolare
bellezza. Il grosso delle riprese si è svolto nel reale paesino di
Saint-Antonin-Noble-Van, situato nella regione
Occitania, nel sud della Francia.
Abitato da poco meno di duemila abitanti, il luogo è un vero e
proprio gioiellino tutto da scoprire. Altre location selezionate
per il film sono state anche il comune
Saint-Denis, collocato a nord di
Parigi, e alcuni luoghi dell’Olanda.
Grazie ad essi, il film ha potuto acquisire le fondamentali
atmosfere tipiche della Francia, senza dimenticare però anche quel
tocco di asiatico dato dai colori della cucina indiana.
Il trailer di Amore, cucina
e curry e dove vedere il film in streaming
Per chi ha amato il film, o per chi
non l’avesse ancora visto e desidera poter recuperare tale titolo,
è possibile fruirne grazie alla sua presenza in alcune tra le
principali piattaforme streaming oggi presenti in
rete. Amore, cucina e curry è infatti
disponibile su Rai Play, Amazon Prime Video e Apple
TV+. Per vederlo, in base alla piattaforma prescelta,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Ciò permetterà di riprodurlo in modo pratico e al meglio
della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto
televisivo di giovedì 1 agosto alle
21:30 sul canale Rai 1.
E’ da oggi al
cinema Amore, cucina e curry, il
film di Lasse Hallström (Chocolat) e
interpretata dall’attrice Premio Oscar Helen
Mirren e prodotto da Steven
Spielberg e Oprah
Winfrey.
In “Amore,
cucina e… curry” Hassan Kadam (Manish Dayal) interpreta un genio
della gastronomia, che non sbaglia mai un colpo. La famiglia Kadim,
emigrata dall’India e guidata dal capofamiglia, Papa (Om Puri), si
stabilisce nel caratteristico villaggio di Saint-Antonin-Noble-Val,
nel sud della Francia. Un posto incantevole e raffinato, il luogo
ideale dove aprire Maison Mumbai, un ristorante indiano a
conduzione familiare. Ma le cose cambiano nel momento in cui Madame
Mallory (l’attrice premio Oscar® Helen Mirren), l’algida titolare e
cuoca del rinomato ristorante francese Saule Pleureur, non si
intromette.
Le sue implacabili proteste contro
il nuovo ristorante indiano che dista solo 30 metri dal suo, danno
luogo ad un’accesa battaglia fra i due locali, fino a quando la
passione di Hassan per l’alta cucina francese e per Marguerite
(Charlotte Le Bon), la deliziosa “sous chef” di Madame Mallory, non
riuscirà ad amalgamare magicamente le due culture, regalando a
Saint-Antonin nuovi sapori di cucina e di vita che neanche Madame
Mallory potrà ignorare. La donna infatti, sarà disposta a
riconoscere il talento culinario del suo rivale e a prenderlo sotto
la sua ala protettiva.
“Amore, cucina e… curry” abbonda di
sapori tangibili e inebrianti. Il film racconta il trionfo della
tradizione familiare nonostante l’”esilio”, e ritrae due mondi in
conflitto fra loro, con un giovane deciso a tutti i costi a
ricreare il conforto della propria casa attraverso la sua
tradizione culinaria.
Presentato questa mattina Amore
Nero, il cortometraggio scritto e diretto da Raul Bova, mette in
tavola un problema molto serio nella società italiana, tanto più
serio quanto ricoperto da vergogna paura e omertà. E’ la violenza
sulle donne che sempre più spesso viene perpetrata all’interno
delle mura domestiche.
Il cortometraggio con grande
efficacia, anche se con un po’ di retorica nel finale, vuole
mostrare delle emozioni, delle situazioni e soprattutto, e qui ci
riesce davvero bene,la sensazione di impotenza e solitudine che si
prova davanti ad una situazione che tante volte, troppe volte, si
preferisce subire anzichè affrontare.
Attrice protagonista del corto è
un’inedita Michelle Hunziker, che messo da parte per un attimo il
suo proverbiale buon umore, si cala perfettamente nel ruolo di
Laura, una donna che subisce la violenza del marito senza trovare
supporto neanche nella madre, della quale a quanto si intuisce, sta
rivivendo le durissime esperienze coniugali. Solo davanti alla
tragedia la madre di Laura riuscirà a trovare la forza di
contravvenire alle norme sociali e di aiutare la figlia contro un
marito violento.
Il progetto si colloca nell’ambito
di una produzione più ampia, resa possibile grazie alla sinergia di
MediaFriends, Doppia Difesa (l’associazione a difesa delle donne
fondata dalla stessa Hunziker), SanMarco Production, con il
sostegno di Euronics Italia, e prevede la realizzazione di cinque
cortometraggi che saranno incentrati su diversi problemi sociali.
Lo stesso Bova ha detto che non era sua intenzione passare dietro
la macchina da presa, ma si è prestato perchè crede in queste
iniziative. Numerosissime sono infatti le collaborazioni che lo
vedono accanto alla Polizia di Stato per la Sicurezza dei
giovani.
“Attraverso il cinema si riesce
a sensibilizzare le persone, usando strumenti che capisco e che
sono i miei – ha detto Raul – Mi sono sperimentato
regista, ed ho trovato il compito molto simile al mio lavoro
d’attore, anche se sono consapevole che per intraprendere questo
tipo di carriera è necessaria una grande competenza tecnica e la
ferma passione di farlo. Sono stato fortunato perchè ho lavorato
con una grande squadra, sia tecnica che artistica. Michelle non
voleva partecipare come protagonista,non voleva metterci la faccia,
dal momento che fa già tanto dietro le quinte con Doppia Difesa, ma
alla fine si è convinta ed è stata bravissima“.
La Hunziker ha confermanto,
aggiungendo che la sua iniziale ritrosia era forse dovuta anche al
fatto che, avendo subito le violenze di alcuni stalker in passato,
non voleva mettere avanti la sua situazione, “poi però mi sono
convinta – ha detto – ho dovuto fare un lavoro molto duro
come attrice perchè tendo sempre a portare gioia e qui mi sono
dovuta svuotare della mia personalità. E’ importante rompere un
circolo vizioso culturale che in Italia era soprattutto avallato
dalla mancanza di una legge. L’approvazione del provvedimento
contro lo stalking ha cambiato molte cose, ed ora le donne non sono
più legate come prima, hanno uno strumento e possono
reagire“.
Quello che però è davvero
importante è trovare la forza di parlarne, di uscire dalla propria
omertà e dalla profonda solitudine in cui una violenza ci fa
sprofondare e parlarne. A questo mira il cortometraggio che riesce
nel finale a far vedere la luce alla sventurata protagonista, e
così capisce finalmente che non è sola e può combattere, e aquesto
mira anche l’associazione Doppia Difesa, che ogni anno aiuta
moltissime donne che hanno il coraggio di ‘uscire’ dalla propria
solitudine.
Il cortometraggio è già in vendita
a 9.90 euro presso tutti i punti Euronics italiani (circa 270) dal
9 novembre appena trascorso, fino al 30 giungo 2012. I proventi
delle vendite, detratti i costi di produzione, verranno devoluti
interamente alla realizzazione dei progetti in cantiere
dell’associazione Doppia Difesa. All’interno del Dvd, oltre al
cortometraggio, sono presenti contenuti speciali per una durata di
due ore, che comprendono backstage, interviste e un documentario
dal titolo La Vittima e il Carnefice diretto da Roberto
Burchielli.
Love & Secrets, primo lungometraggio
di Andrew Jarecki, si ispira alla storia dell’imprenditore
immobiliare Robert Durst, coinvolto, nella New York degli anni ’80,
nella misteriosa scomparsa della giovane moglie Kathleen
McCormack.
La commedia Amore e altri
rimedi racconta la storia di Maggie (Anne
Hathaway), seducente spirito libero refrattario a
qualsiasi legame e Jamie Randall (Jake
Gyllenhaal) giovane brillante inguaribile sciupa
femmine, che sfrutta le sue doti per far carriera nel mondo del
commercio farmaceutico.
Riassumendola così sembrerebbe
proprio qualcosa di già visto, rivisto e risentito molte volte al
cinema, tanto da far pensare proprio che non ci sia nient’altro da
dire a riguardo. In effetti certamente in un film come questo
l’originalità non la si trova certamente nella trama, che ad una
prima occhiata potrebbe sembrare scontata. Tuttavia, metti una
trama scontata nelle mani di un buon(vecchio) regista, e vedrai che
a venir fuori sarà un film divertente, ben bilanciato a tratti
commovente, e in alcuni punti anche sorprendente, il che non guasta
mai.
Edward Zwick
ritorna quindi dove aveva cominciato. Dopo i grandi film epici,
alla
Ultimo Samurai per intenderci, torna agli albori della
sua carriera cominciata con una commedia intitolata A proposito
della notte scorsa. Un esordio di successo sia di pubblico e di
critica che in alcuni frangenti rivediamo in quest’ultimo
film Amore e altri rimedi, ma solo come un
riflesso luminoso. Qui ritroviamo la stessa brillante ed algida
regia che fa da guida alle vicissitudini amorose dei due
protagonisti, senza mai invadere lo spazio, cercando, qua e la come
può, di mettere in risalto questo e quell’altro momento,
riuscendoci il più delle volte, tirando fuori un film ricco di
spunti interessanti.
Grazie anche, bisogna dirlo, ad una
sceneggiatura sufficientemente elaborata, impreziosita da qualche
dialogo eccellente, e qualche battutina esilarante che fa eco alla
storia del cinema recente. Merita una sottolineatura anche il cast
che è stato all’altezza del compito, con la sempre brava Anne
Hathaway, sempre più lanciata nell’olimpo delle star, e il discreto
Gyllenhaal, che non sfigura affatto nei panni di un belloccio e
donnaiolo rappresentante farmaceutico.
Menzione speciale
per Amore e altri rimedi va riconosciuta
anche ad un ottimo cast di contorno, con il simpatico fratello
minore che ne combina di tutti i colori, e il sempre verde, nonché
bravissimo Oliver Platt, che impreziosisce il film
un una performance davvero pregevole e simpaticissima. In
conclusione, il film è una buona commedia come se ne vedono molte
in America, a tratti scontata ma pur sempre piacevole da vedere. Ha
il pregio di avere in sé un anima divertente, ma anche triste e
commovente, con qualche excursus nel demenziale sempre esilarante.
Ogni spettatore troverà qualcosa per cui valga la pena vederla.
Quattrodici
anni dopo il dolcissimo viaggio nel gusto intrapreso con
Chocolat, il regista svedese
Lasse Hallstrom torna a solleticare i raffinati
palati degli spettatori con una nuova commedia, The
Hundred Foot Journey (in italiano, banalmente,
Amore Cucina e Curry). Come tradisce il
titolo tradotto nel nostro paese, è una storia che parla di cucina,
tradizioni, relazioni umane ma soprattutto… cibo indiano.
A Mumbai, per colpa di accese
rivalità politiche, la famiglia del giovane cuoco Hassan è
costretta ad abbandonare la città,e in generale la loro terra, dopo
che un terribile incendio ha spazzato via tutto quello che
possedevano, inclusi i loro affetti più cari: su tutti, l’amata
madre.
Il patriarca, chiamato da tutti
Papa, spinto dalla voce ectoplasmatica della moglie (una sorta di
guida karmika) decide di abbandonare l’Inghilterra- dove nel
frattempo si è rifugiato con i suoi cinque figli- e di partire alla
volta delle alpi, tra Svizzera e Francia.
Ma, quando in mezzo al nulla della
campagna francese, i freni del loro furgoncino si rompono e si
salvano da un terribile incidente, tutti i membri della famiglia
avvertono questo episodio come un segno, decidendo così di restare
nel piccolo borgo di Saint Antonin per aprire un ristorante di
cucina indiana: la Maison Mumbai. La vera stella del locale è il
figlio Hassan, cuoco dal talento innato e prezioso, un vero dono
che subito cattura l’attenzione di Madame Mallory, l’altera
proprietaria del lussuoso ristorante situato proprio di fronte alla
Maison Mumbai. La convivenza tra le due culture all’inizio è
difficile, se non impossibile: ma basterà l’amore per la cucina, il
talento e un pizzico di suggestiva magia per mettere d’accordo
tutti quanti.
Hallstrom torna a narrare
quelle storie sospese tra dramma e commedia sentimentale che tanto
sapientemente ha saputo raccontare nel corso della sua lunga
carriera: il tono fiabesco serve a rendere accettabile, fruibile e
poetica una realtà che spesso si allontana notevolmente da questi
canoni mostrandosi sotto una veste più cinica e disillusa:
l’incanto passa attraverso l’occhio della Macchina da Presa del
regista svedese, nei suoi movimenti di macchina fluidi limpidi e
patinati, immortalati da un’impeccabile fotografia. Eppure,
nonostante dei buoni presupposti e una sceneggiatura
promettente-almeno su carta- la pellicola si incarta su se stessa,
forse vittima della fama di Hallstrom stesso: in troppi passaggi
segue pedissequamente l’iter diegetico di Chocolat, ma è
privo dell’appeal sensuale e del tono fiabesco, remoto e sospeso
che caratterizzava l’altra pellicola dei primi anni 2000.
Nonostante le ottime interpretazioni
degli attori, perfettamente in linea con i loro personaggi, il film
manca di originalità e sembra una versione in salsa tandoori del
suo ben più noto “cugino”, col quale condivide almeno in parte la
location e le atmosfere.