Chris Morris,
ennesimo acquisto del cinema dalla tv inglese, porta in sala
Four Lions, una commedia esilarante e allo stesso
tempo agghiacciante, che tocca con leggerezza, ma con concretezza
la realtà del terrorismo e di quelle persona che fanno della guerra
santa la loro missione sulla terra.
Four Lions
ambientato nella Londra contemporanea racconta di quattro uomini
che hanno un piano segreto. Omar è stanco del modo in cui i
Musulmani sono trattati in giro per il mondo ed è deciso a
diventare un combattente e Way condivide la stessa idea.
Inizialmente al suo fianco e poi contro di lui, c’è Barry, bianco
convertitosi all’Islam, che trasporterà con sé, nella nuova
religione, non una vera e propria credenza, ma il suo personale
nichilismo. Faisal è l’intruso che iconograficamente più assomiglia
all’immagine del musulmano che hanno gli occidentali, ma che meno
crede nella lotta armata agli infedeli. I quattro devono portare a
termine un attentato nel loro territorio, il guaio è che tutti e
quattro sono totalmente incapaci di qualunque atto violento e
soprattutto maldestri fino all’inverosimile.
Four Lions, il film
Un argomento scottante e un taglio
che sfiora i toni della commedia demenziale fanno di Four
Lions un vero gioiello, non tanto per la regia o per le
interpretazioni in sé, quanto per la genialità di scrittura, il
coraggio della messa in scena e la totale dedizione di questi
giovani protagonisti, che non perdono occasione di dimostrare la
loro mancanza di capacità a svolgere il compito del quale si
sentono investiti. Molte le scene memorabili, da Faisal che prova
ad addestrare cornacchie kamikaze, ai tentativi di Way di
registrare un video in cui inneggia alla guerra Santa, tutti
episodi che ovviamente si risolvono in clamorosi e inverosimili
fallimenti.
Alla fine ogni personaggio mostrerà
la sua vera (mancanza di) dedizione alla causa, e lo spettatore
riuscirà a ridere anche di quell’argomento, il terrorismo, che
tanto fa tremare il Mondo. Perché come dice lo stesso Morris,
quando scoppia una bomba tutti scappiamo, ma poi tentiamo di
calmarci e facciamo finta di niente. L’ilarità, lo sberleffo, viene
fuori anche nei momenti meno opportuni, in quelli più delicati, e
allora perché non provare a riderci sopra? Si, anche sul
terrore.
Sarà in uscita nelle sale
cinematografiche italiane il prossimo mese di giugno, questo nuovo
film del già apprezzato e conosciuto regista iraniano Rafi Pitts.
Prodotto dalla Twenty Twenty Vision in co-produzione con la Aftab
Negaran Film Production, The Hunter – Il
cacciatore, sarà distribuito in Italia dalla
Fandango di Domenico Procacci.
In The Hunter – Il
cacciatore Teheran, giorno d’oggi. Alì Alavi ( Rafi Pitts)
è da poco uscito dal carcere dopo aver scontato una pena di alcuni
anni in seguito ad un misterioso crimine. Per poter mantenere la
bella moglie Sara (Mitra Hajjar) e la piccola figlioletta, Alì
trova un impiego come guardiano notturno in una fabbrica di
automobili. Un giorno, tornato dal lavoro, Alì non trova la moglie
ad aspettarlo, la casa è deserta. Inizia così un oscuro cammino che
condurrà il protagonista verso un’inesorabile e drammatica
fine.
Pitts, che ha presentato il film al
60mo
Festival di Berlino, è ormai ben noto in tutte le
principali rassegne internazionali avendo, negli ultimi anni,
partorito diversi lungometraggi riconosciuti e premiati da
importanti giurie come quella di Berlino appunto (nel 2006 con
It’s winter) o Venezia ( 1997 con Season five suo
primo ed importante lavoro). Quando nel 2000 presentò
Sanam la critica francese lo battezzò addirittura come il
Quattrocento colpi iraniano.
Nato e cresciuto a Teheran ma
abbandonato l’Iran nel 1981 con tutta la sua famiglia ed in piena
guerra iraniano-irachena, Pitts si trasferisce a Londra dove
conseguirà la laurea in film e fotografia. Negli anni Novanta andrà
a vivere a Parigi ma il suo paese e tutte le contraddizioni interne
ad esso continueranno ad ossessionarlo ed a essere al centro dei
suoi film. Anche ne The Hunter – Il
cacciatore l’Iran con il suo stato poliziesco
repressivo, è lo sfondo costante e incombente in una Teheran che lo
stesso Pitts definisce ormai simile ad una città come Los Angeles.
Grattacieli ammassati l’uno contro l’altro, autostrade che sinuose
si intrecciano in ogni dove, una metropoli caotica e impersonale
dove i rapporti umani sono ormai banditi. Un uomo, solo in mezzo
agli altri uomini, ostacolato nel suo tentativo di reintegrazione
in seguito ad un non specificato crimine che potrebbe anche essere
politico. La voce del regime che per bocca dell’ayatollah Khamenei
inonda le frequenze radiofoniche e accompagna ad ogni ora i tristi
tragitti da casa a lavoro dello sconsolato protagonista.
The Hunter – Il
cacciatore è un film che arriva a trent’anni dalla
rivoluzione dei pasdaran, i guardiani della rivoluzione
islamica, che non a caso aprono il film sin dai titoli di testa con
una foto, scattata nel 1981, e che li ritrae minacciosi a bordo di
scintillanti motociclette. Una foto che simboleggia e che ha
rappresentato un simbolo della repressione post-rivoluzionaria e
che oggi, vuole comunicarci Pitts, non è certo storia passata. Il
regista tratta ne The Hunter – Il
cacciatoreil tema della mancanza di vera
democrazia nell’Iran odierno come a voler denunciare un sinistro
collegamento diretto con i fatti di trent’anni fa. La moglie di
Alì, Sara, che partecipando ad una manifestazione anti-governativa
cade vittima della repressione poliziesca, è una sorta di simbolo e
icona del martirio a cui va incontro chi protesta contro il
potere.
Oggi in Iran non si è liberi di
dissentire e chi lo fa muore. Se pensiamo che il film è stato
girato poco prima dei tragici fatti post-elettorali del 2010,
capiamo come The Hunter – Il
cacciatoreassuma una valenza quasi
profetica. Pitts interpreta il ruolo di Alì dopo aver scartato il
protagonista prescelto già al primo giorno di riprese ritenendolo
inaffidabile e imprevedibile. Questo doppio ruolo non lo ha
entusiasmato in quanto si è sentito quasi condizionato nella regia.
Tra gli altri interpreti spicca la bella attrice iraniana Mitra
Hajjar, famosissima in patria ed unica attrice professionista del
cast. Il film si sviluppa su ritmi particolarmente lenti, pochi e
scarni i dialoghi, quasi assente la colonna sonora e non certo
mirabile la qualità interpretativa degli attori, compreso il
regista stesso.
Come afferma Rafi Pitts, il suo
intento originario era di creare un film che oscillasse tra il
noerealismo ed il formalismo sino ad arrivare ad essere una sorta
di “western neorealista”. A nostro avviso, questo difficile e
insidioso cammino stilistico ha condotto il regista verso un film
piatto ed inespressivo dove manca l’introspezione dei personaggi
principali e dove si avverte una spiazzante assenza di pathos e
carica emotiva pur trattando il film temi molto drammatici. Nella
parte finale della sceneggiatura, curata sempre dallo stesso Pitts,
assistiamo alla disperata vendetta personale che Alì intraprende
armato del suo fucile da caccia. La narrazione si inerpica così in
un improbabile roseto di situazioni quasi farsesche che convincono
poco e non riabilitano di certo un film che sino ad allora si era
stancamente trascinato senza destare, nello spettatore, la benché
minima emozione.
Va a Pupi Avati “per
la sua Sconfinata giovinezza cinematografica e soprattutto
per un film che affronta con delicatezza e straordinaria intensità
un tema personale
Deadline ci aggiorna sulla
situazione di Star Trek 2. J.J. Abrams al momento
lavora agli ultimi ritocchi di Super 8 e
difficilmente si dedicherà a Star Trek prima dell’uscita del film.
Nel frattempo Robert Orci, Alex Kurtzman e Damon Lindelof hanno già
sviluppato un trattamento di 70 pagine per il sequel e aspettano
l’uscita di Super 8 che libererà Abrams così da poter finalmente
dedicare loro attenzione.
Quello che è certo è il suo ritorno
alla regia nel Sequel, quello che invece sembra un’impresa è
riuscire a rispettare la già annunciata data d’uscita 29
giugno 2012. Deadline a questo proposito aggiunge che la
compagnia sta valutando la possibilità di rinviare il film al
Natale 2012. Secondo la Paramount, comunque, nulla verrà deciso
finché Abrams non annuncerà di aver accettato di dirigere il film,
cosa che accadrà molto probabilmente entro la fine di giugno.
Ron Howard rilascia alcune
dichiarazioni interessanti su La Torre Nera ad EW.com. Il regista
parla della situazione in cui si trova il progetto sostenengo di
voler iniziare le riprese nella primavera del 2012.
Storia di amori perduti e ritrovati
ambientata in una Bosnia – Erzegovina in bilico fra la fine del
regime comunista e lo spettro di una nuova guerra civile. E’ questo
Cirkus Columbia il nuovo film del regista premio
Oscar Denis Tanovic che torna a parlare di
personaggi che vivono le loro esistenze sullo sfondo di una guerra
che il regista ha vissuto e che rappresenta una ferita
difficilmente rimarginabile.
Cirkus Columbia,
liberamente ispirata al romanzo breve di Ivica
Djikic, racconta la storia di Divko
Buntic che torna al villaggio dove è cresciuto per
riappropriarsi della casa di famiglia. Dopo un esilio di 20 anni in
Germania, arriva con la sua Mercedes rosso fiammante accompagnato
dalla giovane e sexy fidanzata Azra, il gatto nero fortunato Bonny
e le tasche piene di marchi tedeschi. Cash e il cugino Ivanda,
recentemente e “democraticamente” eletto sindaco, aiutano Divko a
sfrattare la moglie abbandonata Lucija e il loro figlio ventenne
Martin. Dopo essere scampati all’arresto in seguito alla rissa
durante lo sfratto, Martin e Lucija vengono sistemati in un piccolo
appartamento in una casa comunale. A sua volta sistematosi nella
sua vecchia casa, Divko tenta un avvicinamento con Martin, il
figlio che non aveva mai conosciuto.
I tratti biografici presenti nella
pellicola sono evidenti, ma rispetto a quanto realizzato fino ad
ora il regista di
Triage, riesce nell’intento di realizzare un film più
leggero a metà strada fra una comicità latente ed uno humor
invisibile, supportato da una discreta sceneggiatura improntata su
alcune scene divertenti. Il dramma c’è ma fa solo da sfondo alla
vicenda dei personaggi per poi diventare solo nel finale
protagonista. Il tutto supportato dalla brillante prova di attori
come Miki Manojlovic e Mira
Furlan che contribuiscono alla causa artistica.
Tuttavia il limite di questo film e
forse del regista stesso, è quello di essere vittima di alcuni
schemi ormai riscontrabili nei suoi film precedenti. Forse l’essere
così fortemente legato alla guerra impedisce al regista di
raccontare qualcos’altro di nuovo che non sia il vissuto della sua
esperienza. I personaggi che si muovono nei suoi film sono sempre
individui macchiati dalla drammaticità degli eventi vissuti, in cui
il cielo azzurro più che una speranza diventa quasi un illusione,
un sogno che non si avvererà mai.
Cirkus Columbia
seppur a tratti piacevole e divertente, non aggiunge altro di
nuovo, se non l’idea affascinante di un paese indifferente alla
guerra, che invece di preoccuparsene, si dedica alla ricerca di un
gatto appena perso da un riccone di ritorno da un esilio.
Oggi a Roma, Terry Gilliam
insieme al suo cast ha presentato alla stampa il suo ultimo lavoro,
il divertente quanto inquietante cortometraggio The Wholly Family,
ambientato nella pittoresca via dei pastori di Napoli, San Gregorio
Armeno.
Ecco tre nuovi character poster per l’ultimo film di Harry
Potter, dedicati al trio di maghetti che ha stregato più di una
generzione. Vai alla
nostra Gallery per vederli.
Tutto quello che sappiamo su
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 è diretto
da David Yates da una sceneggiatura di Steve Kloves. Il film è la seconda di due parti
cinematografiche basate sul romanzo del 2007 Harry
Potter ei Doni della Morte di JK
Rowling . È il sequel diHarry
Potter e i Doni della Morte – Parte 1 (2010)
e l’ottavo e ultimo capitolo della serie di film di
Harry Potter. La storia conclude la ricerca di Harry Potter
degli Horcrux per distruggere Lord Voldemort e fermarlo una
volta per tutte.
Una trafficata San Gregorio Armeno
ci accaglie in The Wholly Family, cortometraggio
scritto e diretto da Terry Gilliam, che vede
protagonisti l’italiana Cristiana Capotondi e il piccolo Nicolas
Connolly, per la prima volta sullo schermo. Il bambino è
affascinato dalla statuette portafortuna di Pulcinella, che nella
strada dei pastori napoletani per eccellenza, campeggiano su ogni
bancarella. I genitori però non esaudiscono il desiderio del
bambino di averne una, e così lui la ruba, scatenando incubi e
conseguenze che non avrebbe mai osato immaginare.
Divertente e inquietante, a tratti
davvero spaventoso, The Wholly Family, o meglio
The (W)Hol(L)y Family dispiega tutta la poetica del caos e del
disordine che si fondono con le fiabe macabre che Gilliam ama tanto
raccontare. Già presagita nel personaggio di Tony del Dott.
Parnassus, il pupazzo Pulcinella assume in questo corto il
fondamentale ruolo di giullare che guida il piccolo protagonista in
una Napoli fatta di grotte e case galleggianti, con
l’inconfondibile stile del regista di Brazil.
Terry Gilliam
trova in Napoli un suo perfetto corrispettivo, dando il colore e la
confusione del capoluogo partenopeo al suo stesso cinema che in
essi si ritrova. Al centro della vicenda produttiva di questo bel
cortometraggio c’è il pastificio Garofalo, impegnato in un bel
progetto di product placement.
Summit Entertainment ha pubblicato
un teaser poster di “The Twilight Saga: Breaking Dawn – Part 1”,
che vede nel cast Kristen Stewart, Robert Pattinson e Taylor
Lautner. In questo quarto capitolo, Bella ed Edward coroneranno
finalmente il loro sogno d’amore convolando a nozze. Ecco il
poster:
Sarà
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 ad
inaugurare, il 12 luglio, la 41esima edizione del Giffoni Film
Festival. Harry Potter sceglie ancora l’esperienza Giffoni. Il
festival di cinema per ragazzi più importante al mondo ospiterà in
anteprima l’ottavo e ultimo film della saga del famosissimo
maghetto nato dalla penna di J.K. Rowling. Il film, diretto
da David Yates, uscirà in Italia il 13 luglio distribuito dalla
Warner Bros. e il 15 luglio in tutto il mondo.
Tutto quello che sappiamo su
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 è diretto
da David Yates da una sceneggiatura di Steve Kloves. Il film è la seconda di due parti
cinematografiche basate sul romanzo del 2007 Harry
Potter ei Doni della Morte di JK
Rowling . È il sequel diHarry
Potter e i Doni della Morte – Parte 1 (2010)
e l’ottavo e ultimo capitolo della serie di film di
Harry Potter. La storia conclude la ricerca di Harry Potter
degli Horcrux per distruggere Lord Voldemort e fermarlo una
volta per tutte.
Uscite al cinema 25 maggio –
Una notte da Leoni 2: Nel seguito della commedia
Una notte da leoni, Phil (Bradley Cooper), Stu (Ed Helms), Alan
(Zach Galifianakis) e Doug (Justin Bartha) partono per l’esotica
Thailandia per il matrimonio di Stu. Dopo l’indimenticabile addio
al celibato di Las Vegas, Stu non vuole correre rischi e ha optato
per un sicuro e pacato brunch prima del matrimonio. Ovviamente
però, le cose non vanno come previsto.
Uscite al cinema del 27 maggio –
Cirkus Columbia: Jugoslavia, 1991. Divko Buntic è
un farabutto. Torna nel paese d’origine dopo aver trascorso molti
anni in Germania, seguito da un’attraente compagna e un gatto nero
di nome Bonny. Con l’appoggio del sindaco, sfratta la ex moglie e
il figlio Martin, occupa l’appartamento e comincia a tormentarli
per tentare di mandarli via. Ma la guerra serbo-bosniaca-croata è
alle porte e i rapporti tra compaesani stanno per cambiare. Così
come Divko sta per dare una svolta alla sua vita.
The Housemaid:
Euny viene ingaggiata come governante e bambinaia nella casa di una
ricchissima famiglia, dove la giovane e bella moglie di un uomo
d’affari aspetta il frutto della seconda gravidanza, due gemelli.
Bambina a sua volta, per lo spirito ingenuo e generoso che la
contraddistingue, Euny conquista tutti, dalla piccola Nami, la
primogenita, alla collega anziana che ha speso la sua vita a
servizio nella villa, al padrone di casa, che presto passa a
chiederle ben più di quello che è stata chiamata a fare. Quando la
ragazza si ritrova incinta, la padroncina e sua madre non esitano a
pianificare il peggio, in nome dei privilegi da conservare, costi
quel che costi.
Corpo celeste:
Marta ha 13 anni ed è tornata a vivere alla periferia di Reggio
Calabria (dove è nata) dopo aver trascorso 10 anni in Svizzera. Con
lei ci sono la madre e la sorella maggiore che la sopporta a
fatica. La ragazzina ha l’età giusta per accedere al sacramento
della Cresima e inizia a frequentare il catechismo. Si ritrova così
in una realtà ecclesiale contaminata dai modelli consumistici,
attraversata da un’ignoranza pervasiva e guidata da un parroco più
interessato alla politica e a fare carriera che alla fede.
Et in terra pax:
Periferia di Roma. Marco, ex detenuto, torna a spacciare cocaina
per conto dei suoi vecchi compari, Glauco e Mauro. Faustino,
Massimo e Federico pure trascorrono le loro giornate fra droga e
bravate. Sonia, si divide tra gli studi universitari e il lavoro
nella bisca di Sergio. Un banale incidente porterà i protagonisti a
lasciare dietro di sé una scia di fuoco, sangue e violenza.
Balla con noi:
Marco fa parte di una crew romana di ballerini hip hop e da quando
la sua ex si è messa con il leader della banda avversaria, il suo
unico pensiero è battere il rivale a tempo di beat e riconquistare
la ragazza. Sua sorella minore, Erika, ha diciott’anni e da quando
è una bambina sogna la danza classica, ma nel momento in cui si
avvicinano gli esami finali dell’accademia, è tormentata dalla
paura di fallire e non riesce più a concentrarsi. Una leggera
distorsione sarà l’occasione per riavvicinarsi al fratello, da
tempo scappato di casa, e per scoprire i ritmi incendiari della
streetdance.
A distanza di tre anni dalla sua
uscita americana ecco arrivare con un po’ di ritardo Zack e
Miri: amore a … primo sesso, questo non ultimo film di
Kevin Smith, visto che nel frattempo ha girato e
fatto uscire altri film come Poliziotti fuori.
La prima impressione di
Zack e Miri: amore a … primo sesso è che questa
pellicola è sicuramente più nelle corde del regista che non i suoi
più recenti lavori. Infatti racconta la storia di Zack
(Seth Rogen) e Miri (Elizabeth
Banks) che sono due amici di lunga data.
Sommersi dai debiti, decidono di risolvere i loro problemi
economici girando un film porno. Ma una volta organizzato tutto e
con l’inizio delle riprese, i due ragazzi si rendono conto del
montare della gelosia e che il loro rapporto non è fondato solo
sull’amicizia ma su sentimenti più profondi di quello che avrebbero
creduto. Partendo da risvolti maliziosi e a tratti pornografici per
non dire altro, Kevin Smith fa un’operazione
abbastanza dentro al concetto classicistico della commedia
romantica. Senza dover scavare troppo affondo ben presto il film si
rivela per quello che è: una romantica e tenera storia d’amore fra
un paffutello riccioluto e una carinissima amica
d’infanzia.
Oltre alla storia d’amore ben
nascosta, Zack e Miri: amore a … primo sesso è una
piacevole e divertente commedia ricca di gang divertenti ben
giostrate dal regista che in rare occasioni diventeranno esagerate.
Smith è bravo nel rendere romantico e raccontare una storia d’amore
fra due persone che stanno cercando di realizzare un porno per
poter finalmente guadagnare molti soldi. Il punto forte è proprio
questo: non necessariamente puntare su un registro smielato
ma far venir fuori lentamente, spontaneamente i tratti
romantici dei due protagonisti e della loro storia. Divertenti
anche alcuni cammei presenti nel film come la coppia gay
Brandon Routh e Justin Long. Quest’ultimo è
davvero spassoso con la sua vociona maschile che aiuta il novello
gay Routh a sciogliersi in pubblico.
In definitiva Kevin
Smith riesce nell’intento di raccontare una storia d’amore
fra due amici fraterni senza perde il lustro dei tempi passati,
quando riusciva a strappare grosse risate al pubblico con Clerks o
Dogma. Non sarà di certo un capolavoro ma farà senz’altro sorridere
in più occasioni, come ad esempio il primo tentativo di inscenare
la parodia di Star
wars in versione pornografica.
Se quelcuno avesse dei dubbi sulla rivalità che tutt’ora vivono
le grandi major americane, be sarà nuovamente smentito da questo
nuovo parallelo progetto sulla Sirenetta in arrivo.
Squadra che vince non si cambia. Lo
sa bene Todd Philipps che per Una Notte da
Leoni 2, il sequel omonimo di Una Notte da Leoni schiera in campo stessa
formazione e stessi schemi, cambiando solo il campo di gioco.
Questa volta Las Vegas lascia il posto a Bankok, il magnifico
terzetto (Bradley
Cooper, Ed Helms e Zach
Galifianakis)festeggia questa
volta l’addio al celibato dell’imbranato Stu, e di nuovo il
risveglio sarà una sorpresa per il pubblico e soprattutto per i
nostri.
Più che di un sequel sembrerebbe
trattarsi di un remake, perché Phillips non solo replica la
tremenda sbronza a base di alcool e drogucce varie, ma ricalca
pedissequamente ogni momento narrativo che ha scandito con
esilarante puntualità tutto il percorso del primo episodio. Nessuna
novità quindi, ma c’è da ammettere che i personaggi funzionano e le
loro caratteristiche si incastrano perfettamente regalando allo
spettatore scanzonate risate, in almeno due occasioni davvero
esilaranti.
Una Notte da Leoni 2, sequel della
commedia di successo
In Una Notte da
Leoni, Bradley Cooper e compagnia formavano, o
meglio, mostravano nel corso della storia il loro personaggio.
Adesso invece già li conosciamo, loro sembrano ugualmente a loro
agio nel ripetersi e quindi sanno cosa e chi fa ridere lo
spettatore, riferendosi di continuo alla precedente disavventura.
Inutile dire che il mattatore del rocambolesco film è Zach Galifianakis, con il suo fantastico Alan,
mentre lo sposo Stu tira fuori la grinta e il suo ‘seme di follia’.
Assurto a sex symbol in pochissimo tempo ed a partire proprio da
Una Notte da Leoni, Bradley Cooper primeggia più per i suoi
ondeggianti pettorali che per vero carisma.
Una Notte da Leoni
2, in originale Hangover 2 (che vuol dire
‘dopo-sbornia’), si confermerà probabilmente un successo di
pubblico, perché rischiando poco riesce a ridare allo spettatore la
stessa sensazione di smarrito ed esilarante divertimento del primo
episodio.
Transformers 3 aprirà la
33esima edizione del Moscow International Film Festival; il galà di
apertura si terrà presso il Pushkinsky Cinema Theater il 23 Giugno
2011.
Nella settimana in cui Terrence
Malick ha vinto la Palma d’oro a Cannes con il suo Tree of
life, il box office statunitense ha consegnato la palma
del film piú visto a Pirates of the caribbean: on stranger
tides, che ha incassato 90 milioni di dollari nella prima
settimana di uscita.
Nonostante la critica lo abbia
massacrato, e lo storico regista, Gore Verbinsky, abbia abbandonato
il galeone, la saga continua ad avere un fascino irresistibile sul
pubblico.
Segue ad una discreta distanza, ma
guadagnando diverse posizioni rispetto alla scorsa settimana,
Bridesmaids, wedding comedy con star del Satuday
Night Live.
Resiste nella terza posizione del
podio anche Thor che, con questa settimana,
raggiunge il ragguardevole incasso di 145 milioni di dollari.
In quarta posizione troviamo invece
il quinto capitolo di Fast and Furious, Fast Five,
che questa settimana incassa 10 milioni di dollari, mentre a metá
classifica rimane Rio, anche questo con un incasso
totale di 132 milioni di dollari, maturati nelle 5 settimane di
uscita.
In sesta posizione l’action movie
di vampiri Priest, seguito da un’accoppiata di
film da matrimonio che sembrano fatti apposta per avanzare o
scendere insieme nella classifica: Jumping the
broom è infatti in settima posizione, seguito da
Something borrowed, in ottava.
A chiudere la classifica
troviamo il mélo Water for elephants, alla quarta
settimana di uscita e un incasso settimanale di 2 milioni di
dollari, e Madea’s big happy family, commedia en
travesti che fino ad oggi ha messo da parte 52 milioni di
dollari.
La prossima settimana si attendono
le uscite di alcuni pesi massimi che di sicuro daranno una
rinfrescata alla classifica: esce infatti The hangover
II, secondo episodio e secondo addio al celibato per Zach
Galifianakis e soci, The tree of life, che oltre
alla figura mitica del regista porta con sé il peso dell’appena
conquistato premio in Francia e Kung fu Panda 2,
con le voci di Jack Black, Angelina Jolie e Gary Oldman.
Empire ha diffuso due nuovissime immagini di
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2. Mancano
poco più di un mese all’uscita del film che chiuderà una delle sage
più redditizie dell’industria cinematografica contemporanea.
L’attesa inizia ad essere molto concitata. Le immagini sono
diverse: la prima è tratta dal film metre la seconda proviene dal
backstage del film.
Tutto quello che sappiamo su
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 è diretto
da David Yates da una sceneggiatura di Steve Kloves. Il film è la seconda di due parti
cinematografiche basate sul romanzo del 2007 Harry
Potter ei Doni della Morte di JK
Rowling . È il sequel diHarry
Potter e i Doni della Morte – Parte 1 (2010)
e l’ottavo e ultimo capitolo della serie di film di
Harry Potter. La storia conclude la ricerca di Harry Potter
degli Horcrux per distruggere Lord Voldemort e fermarlo una
volta per tutte.
Dopo avervi suggerito che la
Universal era seriamente intenzionata ad ingaggiare Tom
Cruise per Oblivion,
ecco arrivare l’ufficialità dell’avvio del film di fantascienza che
ricordiamo sarà diretto da Joseph Kosinski (Tron
Legacy).
Vi rammentiamo che Cruise vestirà i
panni di un meccanico che salva una donna da un incidente e inizia
ad avere dubbi sulla società che lo circonda, sospesa letteralmente
tra le nuvole. Le riprese inizieranno in ottobre con un budget di
100 milioni di dollari.
Dall’annunciata rinuncia a dirigere
The Wolverine e dall’annullamento di Robocop, Darren Aronofky è
ancora alla ricerca del suo prossimo progetto dopo Il Cigno nero.
Giunge notizie che sarebbe stato consultato dalla Disney per
Maleficent, adattamento sulla strega della Bella addormentata
abbandonato da Tim Burton.
Anche se da diversi giorni si
vociferava che a sostituire Burton sarebbe stato David Yates,
reduce dalla conclusione di Harry Potter. Tuttavia a quanto sembra
Aronofky è comunque in mezzo a diversi fuochi: anche la Warner Bros
è interessata ad affidargli il progetto Moses, sulla fuga degli
Isdraeliti dall’Egitto. Staremo a vedere cosa farà Darren.
Fine settimana all’insegna del
Festival di Cannes anche al botteghino italiano, in cui
Pirati dei Caraibi 4 domina
incontrastato. Quasi tutte le new entry di questa settimana,
infatti, sono state presentate sulla Croisette e hanno anche
ottenuto qualche premio. Ma andiamo con ordine.
Pirati dei Caraibi 4:
Oltre i confini del mare, presentato Fuori concorso,
è in testa al box office italiano e internazionale con incassi che,
soltanto nel secondo caso, hanno definito nuovi record. In Italia
il sequel della fortunata saga disney ha infatti raccolto 7,1
milioni di euro da mercoledì a domenica (5,3 milioni nei tre
giorni): di certo un ottimo incasso, ma al di sotto delle
potenzialità di questa serie macina soldi, soprattutto se
consideriamo la mastodontica distribuzione (circa 1000 sale) e il
sovraprezzo 3D, assente negli altri tre film.
Per fare un confronto, Pirati
dei Caraibi 3 e Pirati dei Caraibi 2 avevano
incassato rispettivamente nei primi cinque giorni 5,5 e 7,5 milioni
di euro. Ma indubbiamente il quarto film della saga dominerà anche
nelle prossime settimane…
Fast and Furious
5 scende al secondo posto con altri 743.000 euro e
giunge a ben 9,9 milioni complessivi. Terza posizione per
Red, che supera i 2 milioni totali con
altri 427.000 euro.
The Tree of
Life debutta al quarto posto con 464.000 euro
raccolti nei cinque giorni (381.000 euro da venerdì a domenica).
L’imponente film di Terrence Malick ha suscitato pareri
contrastanti nel pubblico nostrano, portando alcuni delusi (o
meglio, che non hanno compreso…) ad abbandonare la sala prima della
fine dello spettacolo, mentre altri a gridare al capolavoro. Di
certo il film, che ieri sera è stato consacrato con la Palma d’Oro
al Festival di Cannes, non può essere apprezzato globalmente da un
pubblico che, per la maggior parte, segue il cinema mainstream e
commerciale, o che magari non si era mai accostato alle altre
pellicole dell’Autore texano. Però magari la curiosità spingerà
nuovi spettatori a visionare questa meravigliosa opera, soprattutto
all’indomani dell’importante premio ottenuto ieri.
Quinto posto per un altro film
presentato a Cannes, ovvero Mr. Beaver:
la pellicola diretta da Jodie Foster con un redivivo Mel Gibson ha
raccolto 316.000 euro.
Seguono film in calo, ovvero Beastly
(227.000 euro) e Thor (170.000 euro), che
giungono rispettivamente a 1,1 e 7,3 milioni totali.
Il
Dilemma, la commedia di Ron Howard, esordisce
all’ottavo posto con 158.000 euro, seguito da Habemus
Papam: quest’ultimo, tornato a mani vuote da Cannes,
ottiene altri 122.000 euro e arriva a quota 5,4 milioni.
Chiude la top10 un altro film
apprezzato e premiato a Cannes: Il ragazzo con la
bicicletta, ex-aequo Gran Premio della Giuria,
debutta con 107.000 euro nel nostro Paese.
Finalmente ci siamo! Il 26 maggio Una
notte da Leoni 2, dopo due anni di attesa, sequel del
fortunatissimo Una notte da leoni (The Hangover) approderà nei
cinema italiani.
Penélope
Cruz è una delle attrici oggi più amate, in
Europa e in America. Musa di
Almodóvar, che l’ha lanciata, e ora anche di
Woody Allen per cui ha interpretato il
personaggio che le è valso l’Oscar. È quasi un’icona in Spagna – la
sua patria, alla quale è molto legata – ma ha saputo adattarsi
ottimamente al rutilante mondo di Hollywood.
Gli Usa l’hanno accolta a braccia
aperte e lei ricambia l’affetto: ama New York e suo figlio è nato a
Los Angeles. Ha conquistato pubblico e critica di tutto il mondo
con interpretazioni intense e ritratti leggeri, incarnando
personaggi delicati, così come donne forti e passionali, senza
pregiudizi di sorta nei confronti del ruolo affidatole, ma con la
voglia di capirlo a fondo e mettere al suo servizio la bellezza, il
talento e la bravura di cui è dotata.
Penélope Cruz,
castigliana doc, nata a Madrid il 28 aprile del ’74, figlia del
commerciante Eduardo Cruz e della parrucchiera Encarna Sánchez. È
la maggiore di tre figli: dopo di lei, la sorella Mónica – oggi
nota ballerina di flamenco e attrice – e il fratello Eduardo,
musicista.
Piccola di statura, mora, profondi
occhi scuri, la tipica bellezza mediterranea, e un temperamento
esuberante. Ha le idee chiare fin da piccola Penélope: osserva
attentamente il variegato caleidoscopio femminile che popola il
negozio della madre e ne conserva informazioni, che utilizzerà poi
nella sua carriera di attrice. Sa di volersi esibire davanti a un
pubblico e per farlo, sceglie inizialmente di seguire la sua
passione per la danza. Frequenta infatti per molti anni scuole di
vario genere – il Conservatorio Nazionale spagnolo di danza
classica, la scuola di Angela Garrido, il corso di danza jazz di
Raul Caballero, fino alla scuola di ballo e recitazione di Cristina
Rota che seguirà a New York. Da qui, passando attraverso
l’esperienza della moda, maturerà la decisione di diventare
attrice. Lascia dunque la scuola senza completare gli studi
superiori, e si dedica completamente alla recitazione. Diventa in
breve tempo assai popolare nella tv spagnola, grazie a video
musicali – tra cui quello de La fuerza del destino del
gruppo spagnolo Mecano, col cui leader Nacho Cano avrà una lunga
relazione – film per la tv e trasmissioni per ragazzi.
Di lì a poco, nel 1992 a soli
diciotto anni, esordisce al cinema, diretta da Bigas Luna in
Prosciutto, prosciutto. La pellicola, che riunisce
accanto alla giovane esordiente anche due italiane di fama come
Stefania Sandrelli e Anna Galiena, ha due meriti: far conoscere
Penélope ad altri registi, spagnoli e non, che poi la vorranno per
i loro film, e farle incontrare Javier Bardem, che sposerà, ma solo
diciott’anni più tardi. Tornerà a lavorare con Luna nel ’99 per
altri due film. Lo stesso anno è diretta anche da Fernando Trueba
in Belle époque, ambientato in Spagna negli anni
’30. L’attrice è una delle quattro sorelle che si contendono
l’amore del giovane protagonista, Fernando. Dissacrante nei
confronti della morale spagnola, della prima metà del Novecento e
non solo, la pellicola ottiene l’Oscar come Miglior Film straniero,
contribuendo a portare alla ribalta la giovane Penélope. Tornerà
sotto la direzione di Trueba nel ’99 per La niña dei tuoi
sogni.
Penélope Cruz: da musa del cinema
spagnolo a “piratessa” dei Caraibi
L’attrice riscuote apprezzamento
anche in Italia, dove viene subito reclutata da Giovanni
Veronesi, che la vede bene nei panni di Maria, accanto a
Diego Abbatantuono nel suo Per amore solo
per amore (1993) – adattamento dell’omonimo romanzo di
Pasquale Festa Campanile – e, lo stesso anno, da Aurelio Grimaldi
per La ribelle. Seguono una serie di
collaborazioni con registi spagnoli. Finché nel ’97 non viene
scelta dal suo maestro, Pedro Almodóvar, per una piccola
parte in Carne tremula. L’incontro è senza dubbio
uno dei più importanti della carriera dell’attrice, che corona così
un suo sogno. Ha dichiarato, infatti, che a scatenare in lei la
passione per la recitazione fu proprio un film del regista
spagnolo: Légami!, che vide a soli quattordici
anni. Dopo la visione di quel film, ha affermato, si attivò subito
per intraprendere il mestiere d’attrice, e presto incontrò quella
che sarebbe diventata la sua agente, iniziando così il percorso nel
mondo del cinema. Il sogno di lavorare con Almodóvar, dunque,
diventa realtà nel ’97 e darà il via a un proficuo sodalizio, ricco
di soddisfazioni per entrambi. Lo stesso anno, l’attrice è scelta
invece dal regista Alejandro Amenábar per il ruolo
più corposo di Sofia nel thriller psicologico Apri gli
occhi.
Il film ha una trama complessa, è
incentrato sulla figura di Cesàr/Eduardo Noriega e sul suo amore
per Sofia, la cui possibilità sembra stroncata dal tragico evento
che lo vede protagonista. Un sentimento però così forte, che va
anche al di là della realtà, sconfinando nella dimensione
visionaria, e scavando nei meandri della psiche di Cesàr. Il film
ottiene in Spagna un grandissimo successo e diventa un cult anche
altrove. Anni dopo Penélope sarà chiamata a interpretare nuovamente
il personaggio di Sofia, stavolta nel remake americano del film,
Vanilla Sky (2001), accanto a Tom Cruise, per la
regia di Cameron Crowe. La pellicola non sarà però efficace quanto
l’originale. Sarà invece l’occasione per l’inizio di un legame
sentimentale con Cruise. La vicenda renderà i due oggetto di gossip
per diverso tempo. Intanto, in questi secondi anni ’90, incontra
anche il regista inglese Stephen Frears, che la dirige in
Hi-Lo Country (1998).
Ma il vero spartiacque nella
carriera dell’attrice, quello che la fa conoscere al grande
pubblico e le dà la prima vera notorietà, è il secondo lavoro che
la vede diretta da Almodóvar, e certamente uno dei migliori del
regista spagnolo: Tutto su mia madre (1999). Si
tratta, come spesso nel miglior Almodovar, di una storia tutta al
femminile, caleidoscopica ed eccentrica, allegra, ma allo stesso
tempo tragica, dove non trovano posto stereotipi, ma anzi la loro
demolizione. Abbiamo una madre, Manuela/Cecilia Roth, che vive la
tragica morte del figlio Esteban in un incidente stradale, trova il
suo diario e va alla ricerca della sua attrice preferita, Huma
Rojo/Marisa Paredes. Poi scoprirà che è stata proprio la macchina
dell’attrice a investire accidentalmente Esteban. Intorno alla
protagonista, si muovono una miriade di personaggi, tutti
efficacemente caratterizzati e ben scelti per rappresentare le
sfaccettature dell’essere umano. Dunque un film profondamente
vitale, sull’esistenza umana, nei suoi aspetti più piacevoli e
amari, allegri e tristi, le sue contraddizioni. Un film
profondamente anticonformista. Emblema ne è, tra gli altri, proprio
il personaggio della Cruz, Rosa: una giovane suora che rimane
incinta dopo aver avuto una relazione con un uomo, divenuto poi il
transessuale Lola e che, malato di Aids, l’ha contagiata.
L’interpretazione dell’attrice, seppur non dello spessore di quelle
che seguiranno, riesce a rendere la delicatezza e l’ingenuità della
suora, incredibilmente non scalfite dalla sua esperienza di vita.
Il film raccoglie numerosi riconoscimenti: primo fra tutti l’Oscar
come Miglior Film straniero, il Golden Globe nella stessa categoria
e la Palma d’Oro alla sapiente regia di Almodóvar al Festival di
Cannes. Penélope, che lavora qui al fianco di Marisa Paredes, da
sempre musa del regista, entra così a far parte del gruppo di
attrici che egli predilige, e tornerà a dirigere più volte, sempre
con grande sensibilità.
Due anni dopo, la nostra attrice
sbarca oltreoceano, essendo reclutata da Ted Demme per
Blow, dove interpreta Mirtha, la moglie del
narcotrafficante George Young/Johnny Depp, da John Madden per
Il mandolino del capitano Corelli, che la vede
accanto a Nicholas Cage, e, come detto, da
Cameron Crowe per Vanilla Sky. La
più riuscita delle tre pellicole è forse la prima, che racconta la
parabola discendente, vera nell’ispirazione, di George Jung: dalla
vita spericolata dello sballo e dei soldi facili ottenuti grazie
alla gestione del narcotraffico, al carcere e alla solitudine.
Vicenda umana dai molteplici risvolti che vede, accanto a
Johnny Depp, Penélope Cruz cimentarsi
con un ruolo di moglie non certo convenzionale, in un rapporto non
facile, spesso conflittuale.
Un altro incontro importante nella
vita dell’attrice madrilena avviene nel 2004, ed è quello con
Sergio Castellitto, che la vuole in Italia per
il suo Non ti muovere, tratto dall’omonimo romanzo
di Margaret Mazzantini. Una storia di forte
impatto emotivo, estrema, in cui c’è posto per il dolore e la
sofferenza da una parte, ma anche per la travolgente passione, per
l’amore e l’affetto in tutte le loro possibili declinazioni,
dall’altra. La vita del chirurgo Timoteo/Sergio
Castellitto è sconvolta quando la figlia adolescente
ha un incidente in motorino e finisce in coma. Nelle lunghe ore di
apprensione e di angoscia per la sorte della figlia, il
protagonista sente vicina la presenza della donna che più ha amato.
Non la bella moglie in carriera Elsa/Claudia
Gerini, con cui pure ha avuto la figlia, ma Italia: una
Penélope Cruz quasi irriconoscibile, un brutto
anatroccolo raccolto ai margini della società, prima violentata,
usata; poi scoperta nella sua umanità fragile e forte allo stesso
tempo, e amata. Amore ricambiato da lei, che sembra non averne mai
conosciuto prima d’allora, proprio perché non se ne considerava e
non ne era considerata degna. Passione per la quale il medico
rischia di mettere a repentaglio la sua stabilità familiare con
Elsa. Le due donne rimangono incinte, ma Italia, che vede Timoteo
allontanarsi, decide di abortire clandestinamente. Lui lo scoprirà
troppo tardi, quando immancabilmente tornerà da lei. Pur facendo
tutto il possibile, non riuscirà a salvarla dalle conseguenze
dell’aborto improvvisato. Una storia intensa dunque, e anche
dolorosa, che torna alla mente del protagonista proprio quando in
ballo c’è la vita della persona cui, dopo Italia, tiene di più al
mondo: sua figlia. Notevole la capacità di Castellitto regista di
riuscire a trasformare Penélope Cruz in
Italia: capelli corti, sguardo scavato, andatura sghemba e
abbigliamento kitch – e un italiano con inflessione apparentemente
regionale, che in realtà è l’accento spagnolo della Cruz, italo
parlante senza doppiaggio per una felice intuizione.
L’interpretazione è intensissima e coinvolgente e segna senza
dubbio una crescita artistica dell’attrice, che riceve il David di
Donatello come Miglior Attrice protagonista e il People’s Choice
Award alla Miglior Attrice europea agli EFA. Lei stessa ha ribadito
l’importanza dell’esperienza sul set con Castellitto, affermando di
aver imparato molto interpretando Italia. Non ci ha pensato perciò
due volte, prima di accettare la proposta del regista di essere
protagonista del suo Venuto al mondo, targato
2011, ancora una volta tratto da un testo della Mazzantini, di cui
s’attende l’uscita nelle sale.
Due anni dopo Non ti
muovere, intanto, l’attrice ritrova Almodóvar per
Volver, una pellicola che le dà ancora grandi
soddisfazioni, grazie al personaggio di Raimunda, che interpreta.
Ambientato nella Mancha, con più di un occhio alle origini dello
stesso regista, il film è l’ennesimo omaggio al mondo
femminile, e a quella capacità, tutta delle donne, di far fronte
con pragmatismo alle vicende della vita, senza farsene abbattere.
Sentita e notevole, anche qui, l’interpretazione di Penélope, in
veste di madre e figlia al contempo, alle prese con fantasmi del
passato e del presente. La Cruz vince la Palma d’Oro a Cannes per
la migliore interpretazione femminile, assieme alle altre donne del
cast, il Premio Goya in patria e l’EFA per la Miglior Attrice. Il
film – tra i migliori di Almodóvar – ottiene il Nastro d’Argento
come miglior pellicola europea. Penélope sarà diretta ancora da lui
ne Gli abbracci spezzati (2009).
In questi anni, però, l’attrice
spagnola che ha conquistato Hollywood, diventa anche una delle muse
ispiratrici di un altro mostro sacro del cinema mondiale: Woody
Allen. Sarà la collaborazione con lui a portarla a stringere tra le
mani la statuetta più ambita del cinema. Il regista americano la
vuole infatti accanto a Scarlett Johansson nella commedia
Viky, Cristina, Barcelona. Film sull’amore,
ambientato nella solare e viva Barcellona, dove il pittore José
Antonio/Javier Bardem cerca consolazione per la fine del suo
matrimonio con l’instabile Maria Elena/Penélope Cruz, proponendo a
due giovani turiste – la morigerata Vicky/Rebecca Hall e la
spregiudicata Cristina/Scarlett Johansson – una vacanza con lui a
Oviedo, con tanto di noches calientes. L’ex moglie – una
efficacissima Cruz, “variabile impazzita” della vicenda – giungerà
però a dare risvolti imprevisti al tutto. L’interpretazione
dell’attrice nei panni di Maria Elena le vale l’Oscar come Miglior
Attrice non protagonista. A quanto pare, l’eccentrico Allen
dev’essersi trovato bene con Penélope, se l’ha scelta anche per la
sua prossima fatica, che sembra si girerà a Roma nel 2012.
Altrettanto bene s’è trovata la coppia Bardem-Cruz. Javier e
Penélope si sono sposati la scorsa estate, dopo aver tenuto, per
quanto possibile, a riparo da indiscrezioni la loro storia. A
confermare le voci al riguardo è stato lo stesso attore, solamente
a maggio dello scorso anno, durante la passata edizione del
Festival di Cannes. Ricevendo la Palma d’Oro per la Miglior
interpretazione maschile, infatti, non si è lasciato sfuggire
l’occasione per una romantica dedica a Penélope. A gennaio 2011 è
nato il loro figlio.
Per quel che riguarda il lavoro,
negli ultimi anni, la Cruz è stata impegnata ancora in Usa per il
musical di Rob Marshall Nine (2009), ispirato a
Fellini e al suo Otto e mezzo. Occasione per
l’attrice di rispolverare le proprie doti nel ballo, e di lavorare
assieme alle colleghe Marion Cotillard, Nicole Kidman, Judi Dench e
Sophia Loren. Lo stesso Marshall che l’ha fatta entrare nel
cast di Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del
mare, in questi giorni nelle sale, dove l’attrice
madrilena prende il posto di Keira Knightley e
torna a lavorare al fianco di Johnny Depp. È così
che, nell’edizione 2011 del Festival di Cannes, Penélope è
presente, fuori concorso, proprio con la saga dei pirati – il cui
ultimo capitolo è stato accolto, però, piuttosto freddamente dai
critici. Mentre il suo maestro, Almodóvar, porta in gara un
thriller di cui torna a essere protagonista – non succedeva dai
tempi di Légami! – Antonio Banderas.
E’ stato annunciato pochissimi
minuti fa la palma d’oro del 64 esimo Festival di Cannes. L’ambito
premio va a The Tree of life di Terrence Malick. Miglior attrice a
Kirsten Dunst, Miglior regia a Nicolas Winding Refn per Drive,
miglior attore a Jean Dujardin per The Artist.