Adesso che è libero Roman Polanski può tornare a lavorare, ad annunciare il suo nuovo film, le cui riprese inizieranno nei primi mesi del 2011, è Yasmina Reza, dalla cui pièce Il dio della carneficina, premiata col Tony come miglior spettacolo teatrale del 2009, sarà tratta la pellicola.
Julia Roberts di nuovo per Murphy
Dato il riscontro positivo che sta avendo Mangia, Prega, Ama a seguito delle proiezioni di prova che precedono l’uscita in sala del film (negli Usa il13 agosto e da noi il 17 settembre), il regista Ryan Myrphy e la bella protagonista Julia Roberts, potrebbero collaborare di nuovo per un progetto non ancora rivelato. La sceneggiatura sarà scritta dallo stesso Murphy, che ricordiamo è l’autore della serie tv Nip/Tuck, nonché regista e sceneggiatore di Correndo con le forbici in mano (2006).
Fonte: comingsoon.it
Toy Story 3 – La grande fuga: recensione del film
Toy Story 3 – La grande fuga (Toy Story 3) è il film d’animazione del 2010 diretto da Lee Unkrich e sequel di Toy Story – Il mondo dei giocattoli e Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa. Le voci originali sono di Tom Hanks, Tim Allen, Joan Cusack, Don Rickles, Wallace Shawn, Michael Keaton, Timothy Dalton, Bonnie Hunt e Whoopi Goldberg.
La trama
Se Toy Story ha rappresentato una pietra miliare del panorama cinematografico della tua infanzia, è inevitabile attendere con trepidazione il terzo e ultimo capitolo della saga dei giocattoli più amati del cinema. E quando Toy Story 3 si rivela un gioiello in grado di suscitare una varietà di emozioni, allora non puoi che dire “grazie”. Spesso il cinema ci ha abituati a sequel poco riusciti o che facevano rimpiangere il primo titolo che dà avvio a una data trilogia/saga, soprattutto quando si arriva al capitolo numero 3. Toy Story 3 – La grande fuga è una piacevole eccezione, in grado persino di superare il secondo capitolo e di classificarsi come la pellicola più matura della saga sui giocattoli di Andy.
Benché le premesse della storia fossero chiare dai trailer promozionali – la partenza di Andy per il college, il destino incerto dei giocattoli che vengono dati in beneficenza a un asilo -, è decisamente sorprendente scoprire come una pellicola d’intrattenimento destinata soprattutto ai bambini sia in grado di optare per scelte coraggiose e, in alcuni casi, alquanto dark. Perché se i momenti divertenti non mancano (in particolare un’esibizione di Ken e la versione spagnola di Buzz Lightyear), diversi frangenti si tingono di venature horror che ci presentano il Sunnyside come un luogo tutt’altro che ‘soleggiato’: un asilo-prigione dal quale Woody, Buzz e i loro amici desiderano (e a ragione) di scappare. Pensiamo al primo momento in cui i bimbi irrequieti dell’asilo strapazzano i giocattoli, i quali si sentono a dir poco torturati, come testimoniato dalle tinte horror della musica…
Toy Story 3 – La grande fuga, una divertente avventura
Ma, sia chiaro, Toy Story 3 è tutt’altro che una pellicola paurosa! C’è tensione, ma anche azione, gag esilaranti e, soprattutto, momenti commoventi: la nostalgia è il sentimento dominante dei giocattoli, che bramano rimanere con Andy, e di Andy stesso, il quale si trova a vivere uno dei momenti più difficili dell’adolescenza: quello in cui ti rendi conto di essere cresciuto, di dover proseguire per la tua strada chiudendo le brecce al passato e imparando a cavartela da solo senza la famiglia; momenti vissuti da tutti noi, che ci consentono di provare una forte empatia con il personaggio del diciassettenne Andy. Impossibile trattenere le lacrime e restare indifferenti al profondo legame che unisce tutti i giocattoli: se uno di loro è in difficoltà, tutti si mobilitano per salvarlo e, se alla fine la speranza viene meno, basta tenersi tutti per mano per darsi forza e affrontare con dignità le fiamme del pericolo.
Passando alle questioni meramente tecniche, non si può che lodare in primis la sceneggiatura, in grado di dare spazio a tutti i protagonisti senza sacrificare nessuno, e di introdurre nuovi personaggi efficaci e sorprendenti: tra questi, l’irresistibile Ken (purtroppo non al top per via del doppiaggio non all’altezza di Fabio De Luigi, mentre in generale il doppiaggio italiano si rivela soddisfacente). La Pixar continua a superare se stessa anche nella resa visuale dei personaggi e degli ambienti, talmente verosimili da regalare una forte impressione di realtà. Quanto al 3D, benché non particolarmente notevole, si fa apprezzare parecchio e, soprattutto, ci offre dei momenti indimenticabili di estetica e poesia nel corto Quando il giorno incontra la notte che precede la pellicola.
Un merito supplementare: grazie agli occhialini è possibile nascondere le lacrime che Toy Story 3 ci induce a versare nella sequenza finale, durante la quale non vuoi rassegnarti che questo sia il capitolo conclusivo e tu, proprio come Andy, sei costretto a dire addio a Woody, Buzz e i loro compagni. E allora, citando Andy, non puoi che dire: “Grazie, ragazzi”.
Mark Ruffalo in trattative per Hulk
Mark Ruffalo è visici ad interpretare il ruolo che fu di Eric Bana e di Edward Norton: Hulk.
Transformers 3: nuove foto dal set!
Proseguono le riprese di Transformers 3 a Chicago. Nelle ultime ore sono arrivate ancora immagini dalle spettacolari scene girate negli ultimi giorni nella Città:
Prima foto di Thor annunciato 3D con Capitan America
Thor e The First Avenger: Captain America verranno riconvertiti in 3D, ma gli effetti visivi saranno tutti in 3D nativo. Intanto, ecco la prima foto ufficiale con Thor, Odino e Loki!
I Wachowski a lavoro
Cominciato il casting per il nuovo film dei fratelli Wachowski, un misterioso progetto sul quale sono al lavoro da diversi mesi e per il quale avevano girato un test nientemeno che con Arianna Huffington.
Taylor Lautner sul nuovo set
Sono iniziate ufficialmente a Pittsburgh le riprese di Abduction, il thriller di John Singleton con Taylor Lautner, Lily Collins, Alfred Molina e Sigourney Weaver.
Il Daily Mail pubblica le primissime foto dal set, che mostrano il giovane attore diciottenne in sella a una Aprilia arancione: per buona parte del giorno Lautner ha girato le sue scene su quella moto.
Nel cast assieme a Lautner anche Lily Collins, Sigourney Weaver, Alfred Molina, Maria Bello e Elisabeth Röhm. Quest’ultima interpreterà la madre biologica del personaggio di Lautner. La Weaver invece sarà la psichiatra di Lautner, il quale dopo aver scoperto una sua foto da bambino su un sito di persone scomparse indaga sul proprio passato e scopre una terribile verità, sulla quale farà luce assieme alla sua fidanzata.
Haley Joel Osment ritorna
Haley Joel Osment, bambino prodigio de Il Sesto Senso e struggente cyborg in A.I., sembrava fosse per sempre sparito dalla circolazione come accade spesso a molti bambini-prodigio che vengono accantonati dopo qualche film di successo. Il giovane attore che ormai è un adulto sta però per ritornare sugli schermi con una commedia dal titolo Ed Sex.
Amanda Seyfried per Andrew Niccol
Amanda Seyfried (Mamma Mia!, Jennifer’s Body) sarà la protagonista femminile di I’m mortal, nuova proposta fantascientifica dell’autore Andrew Niccol (Gattaca, S1mone, la sceneggiatura di The Truman Show).
Il Solista: recensione del film con Robert Downey Jr.
Con un po’ di ritardo rispetto all’effettiva data di produzione arriva anche in Italia Il Solista (The Soloist) trasferta americana del più britannico dei registi contemporanei, Joe Wright.
La storia ruota intorno a Steve Lopez (Robert Downey Jr.), giornalista del L.A. Times, ed a Nathaniel Ayers (Jamie Foxx), ex studente della prestigiosa Juilliard e ora barbone mentalmente instabile che suona un vecchio violino a due corde per le strade della Città degli Angeli.
Una storia di incontro e di amicizia, di redenzione che forse sa di scontato ma che riesce a toccare lo spettatore, soprattutto e grazie alla musica che copiosa sgorga dalle dita di Jamie Foxx (ormai quasi più musicista che attore). Viene alla mente Shine, splendido film con Goeffrey Rush protagonista; quando troppa dedizione e troppa passione conducono la mente a lacerarsi. E questo succede a Nathaniel, prodigio del violoncello senza la forza emotiva necessaria per riuscire a sopportare un tale dono. E così si riduce a fare il solista, lui che suona uno strumento nato per il concerto, si ritrova a suonare alla città con il solo applauso del volo dei piccioni. E poi arriva un giornalista, in cerca di una storia, e per sbaglio trova una possibilità di riscatto, la coglie e riesce a volgerla in un’occasione di crescita.
La sostanziale banalità
della trama de Il Solista si dipana per i suoi 117
minuti coinvolgendo all’inizio ma rallentando decisamente troppo
nella seconda parte.
Tuttavia il film ha un’eleganza formale notevole, firma ormai riconoscibile Wright, e si fregia di due degli attori più dotati del panorama odierno: Jamie Foxx che grazie alla musica ha già vinto un Oscar (per Ray) e Robert Downey Jr. che abbandonata ogni corazza e spavalderia fumettistica ci regala un ritratto sobrio e convincente del giornalista Lopez, da un libro del quale è tratto il soggetto originale del film.
Lunghi e lenti movimenti di macchina cavalcano le note di Beethoven, sulla città assolata e sui parcheggi deserti, un’intensità di immagine che solo la grande musica accostata al cinema riesce a dare, e non è un caso infatti che tutta la musica del film ha un imput diegetico per poi esplodere nell’extra-diegetico o comunque nell’oltre-fisico della mente del musicista schizofrenico. Sarà un caso ma la visione di colori che esplodono al ritmo di musica ricorda una delle più particolari sequenze di un famosissimo classico che fonda su musica e immagini la sua efficacia: Fantasia di Topolino.
Notevole anche la scrittura soprattutto in fase di dialogo ed ottima la costruzione dei personaggi, delle loro caratteristiche, delle loro vicissitudini quotidiane, nel caso del giornalista, e del loro passato doloroso, nel caso del barbone/musicista. Ma Il Solista offre anche un ritratto impietoso di una città che agli occhi del mondo è solo la scintillante culla del cinema a stelle e strisce.
Un ventre malato che ospita barboni, folli e sfortunati che trovano nella strada la loro unica casa e nella follia la loro unica fuga. E così siamo costretti ad ammettere che per quanto la musica possa innalzare l’animo verso l’alto, la realtà è sempre pronta ad ancorare le persone al suolo, talvolta provando a tirare più giù.
The Fall: recensione del film di Tarsem Singh
The Fall è il film del 2008 diretto da Tarsem Singh e con protagonisti nel cast Lee Pace, Catinca Untaru, Justine Waddell, Daniel Caltagirone, Leo Bill.
La trama di The Fall
Los Angeles,
1920. Alexandria, una bambina rumena figlia di contadini immigrati,
ricoverata in ospedale per una frattura al braccio, fa la
conoscenza di Roy, uno stuntman rimasto paralizzato dopo una caduta
(accidentale o volontaria?).
Roy inizia a raccontarle una storia fantastica su cinque uomini che hanno una missione in comune: vendicarsi di un malvagio governatore da cui hanno subìto terribili soprusi.
La narrazione procede in base agli sbalzi emotivi di Roy, il quale ha bisogno che Alexandria faccia qualcosa di importante per lui. Grazie all’immaginazione della piccola, ben presto realtà e finzione cominciano a confondersi…
La recensione di The Fall
Quando guardi una pellicola come The Fall, ti accorgi che il tuo amore per il cinema è assai più grande di quello che immagini. Può darsi che ciò sia dovuto anche al modo in cui la passione per la settima arte trapeli in ogni fotogramma di questo film realizzato da uno dei registi più visionari in circolazione, Tarsem Singh (The Cell).
A testimonianza di ciò, esemplare è la sequenza in bianco e nero dei titoli di testa, tra le più stupefacenti ed eleganti che si siano mai viste: sulle note del secondo movimento della Settima Sinfonia di Beethoven, assistiamo a un salvataggio al di sotto di un ponte ferroviario, tutto rigorosamente in slow motion, mentre volti convulsi sottolineano la drammaticità del momento.
Tutto appare confuso malgrado la lentezza dei movimenti, impagabile la combinazione tra staticità e dinamica, che il regista ha definito “il caos senza l’energia”. Capiremo a fondo questa indimenticabile sequenza soltanto alla fine del film, o magari alla seconda visione dello stesso.
La scritta “Los Angeles. C’era una volta” ci introduce poi nell’ospedale dove è ambientata la vicenda principale, quando la piccola Alexandria incontra Roy per la prima volta. E se dopo diversi minuti Roy dà inizio al suo racconto, al quale assistiamo con gli occhi dell’immaginazione di Alexandria, non dobbiamo pensare che la vicenda all’ospedale sia passata in secondo piano o sia soltanto un pretesto per raccontare la storia dei cinque uomini relegati sull’Isola Farfalla: al contrario, è il rapporto tra i due protagonisti a influenzare le scelte narrative del racconto fantastico che, dopo una svolta drammatica nella vita reale, si farà piuttosto tragico.
Alexandria immagina i
personaggi del racconto con i volti di persone a lei note:
pazienti, infermieri, operai dell’aranceto in cui lavora la sua
famiglia, finché inserirà lo stesso Roy (di cui scopriremo la
drammatica esperienza per la quale è diventato paraplegico), oltre
a trovare un ruolo per se stessa, non accettando la parte di
comprimaria. La bambina, che non riesce più a distinguere la realtà
dalla finzione, pretende un lieto fine che Roy è poco incline a
garantire, riflettendo la vita reale, quando, nella parte finale
decisamente commovente afferma scoraggiato: “Non c’è alcun lieto
fine per me”.
Ma Alexandria riuscirà a salvare Roy?
Cos’è dunque la caduta (the fall)? Si tratta della caduta fisica che procura danni alla spina dorsale o la rottura di un braccio, le ragioni per le quali i due protagonisti sono stati ricoverati, ma anche di una delle tante azioni rischiose contemplate nella professione di Roy, stuntman cinematografico. La caduta va anche letta in ambito metafisico, rappresentando il dramma vissuto da Roy, una disgrazia a causa della quale non riesce a risollevarsi. Spunti interessanti sviluppati alla perfezione da Tarsem, il cui lavoro alla regia è semplicemente lodevole.
Basti pensare al
lavoro fatto con gli attori. Nessun nome di primo piano, ma una
recitazione credibile e genuina da parte di tutti, soprattutto i
protagonisti. Lee Pace, che offre un’eccezionale interpretazione,
era all’epoca un attore sconosciuto, aveva all’attivo un solo film
e qui ha avuto la sua prima importante prova.
La piccola Catinca Untaru, esordiente di nazionalità rumena, è la vera stella del film: vivace e curiosa, ha imparato l’inglese sul set, e il suo inglese è infatti uno degli aspetti pregevoli del film in lingua originale. Le scene in ospedale sono state girate in maniera consequenziale, così il progressivo miglioramento linguistico della bambina (oggi tredicenne) è evidente.
Catinca è spontanea e istintiva, e la sua straordinaria performance è garantita anche dal gioco tra realtà e finzione avvenuto sul set e creato apposta per lei da Tarsem: il regista ha convinto Lee Pace a fingersi paraplegico per davvero, in modo da facilitare l’immedesimazione di Catinca in Alexandria. Così, per due mesi, Pace ha recitato un ruolo supplementare, quello di un altro se stesso, mentre la verità era nota soltanto al regista e a pochi membri della crew (bellissimo il momento della rivelazione a Catinca, alla fine delle riprese in ospedale: un vero shock per la piccola al quale si può assistere qui).
Durante la promozione di questo film, Tarsem ha dichiarato di aver impiegato diciassette anni alla sua lavorazione – meglio, alla preproduzione – un intervallo di tempo lunghissimo destinato alla ricerca delle location adatte. E il risultato è evidente. Come rimanere indifferenti all’incredibile impostazione scenografica di The Fall?

Impossibile non rimanere estasiati di fronte a una pellicola di tal fatta, girata fra il 2004 e il 2006, mai uscita in Italia. Perché tra dervisci rotanti, maschere, rituali mistici, parole magiche, elefanti che nuotano, amore e tradimento, viaggio e vendetta, c’è la sostanza: cinema, puro cinema, come testimoniato inoltre dagli ultimi minuti, un’autentica dichiarazione d’amore al cinema anni ’20.
The Fall è un capolavoro assolutamente da vedere con gli occhi, il cuore e la mente, è ciò che il cinema dovrebbe essere e talvolta non è: arte cinematografica.
– Update: The Fall arriva in dvd in Italia
This Must Be the Place: riprese ad Agosto
Tutto pronto per le riprese di This Must Be the Place: inizieranno in agosto a Dublino e dureranno dieci settimane le riprese di This Must Be the Place, di Paolo Sorrentino, con Sean Penn e Frances McDormand…
Trasformes 3: Chicago nuovi video sulle riprese
Giorni di riprese per le strade di Chicago per Transformers 3, ed ecco arrivare un mucchio di altri video, tra inseguimenti, esplosioni e spettacolari voli di paracadutisti tra i grattacieli!
I primi tre video provengono ancora dalla prima giornata di lavori, e mostrano degli stunt in skydiving mentre usano la zona del parco Lake Shore East Park come pista di “atterraggio”, paracadutandosi da elicotteri i volo tra i grattacieli:
Ieri, invece, è toccato a esplosioni, fiamme e detriti. Nel primo video vediamo Optimus Prime che riesce a evitare una esplosione, mentre il secondo mostra gli Autobot al seguito di tre “Stunticon” (i veicoli Nascar che avevamo visto ieri nelle foto).
I vari filmati e le foto diffuse finora hanno permesso di desumere qualche conferma, tra cui il fatto che l’automobile viola che si vede assieme agli Autobot non è Jolt la Chevrolet, ma una Mercedes E350. Non è ancora chiaro quale personaggio rappresenti. Questo significa comunque che, per ora, abbiamo cinque nuovi Transformer: i tre “Stunticon” (che si suppone siano Decepticon, ma non è ufficiale), la Mercedes (Autobot) e una Chevrolet Tahoe (Decepticon), oltre alla Ferrari Testarossa (Autobot).
FonteBadtaste
Filmati:
Trasformes 3: Chicago nuovi video sulle riprese
Giorni di riprese per le strade di Chicago per Transformers 3, ed ecco arrivare un mucchio di altri video, tra inseguimenti, esplosioni e spettacolari voli di paracadutisti tra i grattacieli!
Edward Norton sul suo (non) Hulk
Dopo la dichiarazione unilaterale di Kevin Feige dei Marvel Studios di due giorni fa, nella quale si confermava che Edward Norton non sarebbe stato nel cast dei Vendicatori per il ruolo di Hulk, ieri l’agente dell’attore ha seccamente replicato a Feige mettendo in chiaro che Norton non aveva avuto alcun ruolo nella decisione.
Festival di Ischia 2010
Sono stati assegnati i premi del Festival di Ischia. Miglior documentario dell’ottava edizione dell’Ischia Film Festival è Mi vida con Carlos di Germàn Berger Hertz, viaggio autobiografico di un figlio in cerca della memoria del padre assassinato durante la dittatura cilena.
Angelina Jolie su Maleficent
Durante i junkets del suo nuovo spy-thriller Salt la protagonista Angelina Jolie ha parlato di alcuni progetti che avevano visto il suo nome coinvolto.
Shrek e vissero felici e contenti: recensione del film
Dopo l’eroico salvataggio della principessa, l’avere a che fare con le incombenze di corte e realizzare finalmente che la paternità non è poi il peggiore dei mali, l’orco verde della DreamWorks si trova a fronteggiare, in questo quarto capitolo della sua avventura cinematografica, la famosa e ritrita crisi di mezza età, per quanto possa sembrare un orco piuttosto giovane. Così non resta che barattare un solo giorno della sua monotona vita familiare, con un altro del suo passato, quando faceva spaventare la gente… Questa è la premessa di Shrek e vissero felici e contenti, ultimo (ad oggi) capitolo della storia cominciata ormai 10 anni or sono.
Se nel terzo episodio ci eravamo annoiati tutti in poltrona scommettendo su quale altro personaggio gli sceneggiatori avessero tirato fuori dal mazzo, ora la noia e arginata da un racconto dal pretesto, appunto, pretestuoso ma comunque ordinato e con un logico filo conduttore. Pur se lo svolgimento non è dei più brillanti, interessante la sceneggiatura che conserva una certa freschezza soprattutto per i dialoghi assegnati ai personaggi di contorno, su tutti il Gatto e Ciuchino.
Shrek e vissero felici e contenti, terzo episodio della saga
Questa volta però si è aggiunto il 3D al comico carrozzone e il risultato è sicuramente un bel pacchetto che purtroppo non è all’altezza dei primi due episodi, punta sulla tecnologia per dare una spinta di innovazione al franchise. Anche qui non mancano le citazioni, in alcuni casi quasi letterali, come quella chiarissima de La Bella e la Bestia nel finale, con la clessidra al posto della famigerata rosa stregata.
Si è ripercorsa tutta la strada dal primo incontro tra i due orchi fino al lieto fine ‘e vissero per sempre felici e contenti’ in un cerchio perfetto di una tetralogia che volendo considerare il terzo episodio una sorta di incidente di percorso, sarebbe stata benissimo anche come trilogia. Non resta ora che aspettare di vedere gli incassi del film, per sapere se la parola fine a questa storia è stata scritta al quarto episodio, oppure dovremmo aspettarcene un quinto.
Box Office
Toy Story 3 soffia il primo posto a
Eclipse, con un risultato tuttavia non
eccezionale. Dietro i due titoli più forti dell’estate, il deserto.
Le altre new entry non si piazzano neppure nella top20.
Laureata … e adesso?: recensione del film con Alexis Bledel
Arriva l’estate: il mare, le vacanze, il caldo opprimente, le ragazze in bikini, il gelato ed il cinema. Strano? no, perché cosa c’è di meglio di una allegra e leggera commedia americana per passare una piacevole serata estiva al cinema? Laureata… e adesso?
La trama del film
Laureata… e adesso? racconta la storia della giovane e bella Ryden Malby (Alexis Bledel), appena laureatasi in Lettere e pronta per il suo primo lavoro, magari nel campo dell’editoria a cui lei ambisce. La strada verso il successo è quindi spianata? Come noi italiani ben sappiamo, il groviglio di colloqui fallimentari e delusioni è ben lungi dall’essere breve e Ryden sarà costretta a mettere da parte (momentaneamente) le sue ambizioni nel costruirsi una vita indipendente. Eccola quindi barcamenarsi tra lavoracci nel negozio di valigie del padre, una nonna fin troppo moderna e la scelta sentimentale tra l’amico che le è sempre stato vicino o il passionale ragazzo che le abita accanto.
Un film da manuale della commedia americana perfetta
Laureata… e adesso? segue pedissequamente il manuale della commedia americana perfetta; non affronta mai il tema della disoccupazione con profondità ma lo lascia come sfondo alle disavventure di Ryden facendolo emergere di tanto in tanto, la colonna sonora ben costruita e gli attori bellocci fanno il resto. Al centro dell’attenzione c’è la famiglia Alby, una sorta di guazzabuglio male assortito di parenti strambi che renderanno la vita di Ryden piuttosto movimentata.
Non siamo quindi di fronte alla mediocrità di un A proposito di Steve ma più dalle parti del divertente Ricatto D’amore tanto per rimanere in tema Bullock. Da sottolineare anche la prova efficace e sopra le righe di Michael Keaton nei panni del genitore caciarone e volenteroso, che dona qualche guizzo comico alla pellicola, come la divertente faccenda del gatto del vicino. Quindi se cercate un film senza pretese, divertente e leggero, magari da vedere con il proprio partner, questa potrebbe essere la scelta giusta.
Nuova Rubrica dedicata al mondo dello Sci-FI
E’ online da oggi nella sezione Rubriche, un nuovo mondo dedicato allo Sci-fi, ovvero alla fantascienza che si mischia con il mistero e la paura. Nella sezione sono già presenti diversi titoli che hanno solcato gli schermi delle recenti stagioni cinematografica, ma non finisce qui, perché nell’immediato futuro arriveranno analisi dei grandi film che hanno fatto la storia del cinema: da Alien a Terminetor, passando per Predators e molto altro. Analizzeremo i lavori di autori come Ridley Scott, Steven Spielberg, James Cameron, Robert Wise e molti altri. Dunque non perdete nulla della nuova rubricha che va ad arricchire la sezione già numerosa con: Horror e dintorni, Gli invisibili, Animazione, Serie Tv, Doc, e Corti.
Sezione: Sci-fi
Il mai Nato di David S. Goyer
Scritto e diretto da David S. Goyer, acclamato sceneggiatore dei Batman Begins di Christopher Nolan, Il mai nato si presenta come un horror riuscito, che a classici temi di fantasmi, della compresenza del mondo dei morti con quello dei vivi, associa volti nuovi, come quello di Odette Yustman, simbologie e credenze di connessioni tra i gemelli, e temi caratterizzanti, come il misticismo e la cabala ebraica e il tema dell’esorcismo che rimanda a ben più noti e riusciti film di genere.
La trama di Il mai nato si dipana nell’atmosfera fredda e invernale del film, dondogli insolita solidità considerando il genere che spesso e volentieri non da molte spiegazioni. Goyer cerca di dare profondità alla storia anche attraverso il tempo arrivando addirittura a scomodare un bambino morto ad Auswitz. Resta un film di non troppo ampio respiro, pieno di ogni stereotipo tipico del genere, ma si distingue dai vari Scary Movie che non danno troppo importanza alla trama.
Straordinario come di consueto Gary Oldman, che tolti i panni dell’ormai commissario Gordon, indossa quelli del coraggioso rabbino esorcista. Interessante e mai scontata è l’idea del male che si nutre della paura della propria vittima, metafora, anche se un po’ troppo stiracchiata, del momento storico che vive il mondo.
G.I. Joe – La nascita dei Cobra: recensione del film
G.I. Joe – La nascita dei Cobra è il film del 2009 diretto da Stephen Sommers e basato sull’omonima serie di giocattoli. Protagonisti nel cast Dennis Quaid, Channing Tatum, Sienna Miller, Joseph Gordon-Levitt, Marlon Wayans, Rachel Nichols, Ray Park, Lee Byung-hun, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Saïd Taghmaoui, Arnold Vosloo.
G.I. Joe – La nascita dei Cobra, la trama: Nel film che porta al cinema e in live action i celebri giocattoli della Hasbro, G.I. Joe diventa l’acronimo di “Global Integrated Joint Operating Entity”, il nome di una task force internazionale anti-terrorismo con sede a New York. Ambientato 10 anni nel futuro, il film racconterà della lotta tra la task force ed un’organizzazione internazionale nota come COBRA.
Dalle montagne centroasiatiche ai deserti egiziani, attraverso le affollate strade di Parigi fino ai ghiacci del Polo Nord, la squadra di ultra professionisti nota come G.I.JOE si lancia in un’avventura senza sosta, in cui la tecnologia di ultima generazione e il più sofisticato equipaggiamento militare saranno impiegati per combattere il pericoloso trafficante d’armi DESTRO ed evitare che la minacciosa e occulta organizzazione COBRA getti il mondo nel caos.
G.I. Joe – La nascita dei Cobra, l’analisi
Stephen Sommers ci presenta ancora una volta una pellicola d’azione che rispetta le aspettative del pubblico in cerca di intrattenimento senza troppe pretese.
Ancora la Hasbro cerca di guadagnare sfruttando il cinema per i suoi leggendari giocattoli, dopo il travolgente successo di Transformers, che , almeno per il primo episodio, ha decisamente più consistenza e valore di questo film.
In G.I. Joe – La nascita dei Cobra a storia è quella dei Joe, una squadra speciale che deve salvare il mondo da un gruppo di cattivi. Niente di nuovo nella forma e nella sostanza, anche se qualche scena ben congeniata riesce ad interessare lo spettatore, vedi la scena dell’attacco a Parigi.
I personaggi di G.I. Joe – La nascita dei Cobra, sono quasi tutti volti emergenti del nuovo panorama cinematografico, riesco a convincere, chi più chi meno, nei ruoli loro assegnati, su tutti la bella Rachel Nichols, la rossa Joe. Bello il personaggio di Snake Eyes, interpretato da Ray Park, che ricorda un po’ della malinconia degli X-Men.
Sommers si tira dietro un po’ di cast della Mummia, Brendan Fraser e Arnold Vosloo, e combina diversi elementi action e comedy, per creare un film che senza pretese intrattiene, ma non convince e si dimentica presto. Anche visivamente, numerose sono le immagini e le suggestioni che ricordano Transformers, segno che forse le ambizioni di Sommers erano superiori a quelle poi avveratesi.
G.I. Joe – La nascita dei Cobra è un film d’azione che sfrutta la tecnologia spettacolare per realizzare scene ben ritmate ma non destinate a passare in fretta nella storia del cinema e nell’immaginario degli spettatori.
The Mist, il film diretto da Frank Darabont
Dopo un tremendo nubifragio, una fittissima ed anomala nebbia (The Mist del titolo) scende su una cittadina americana. Questo il misterioso prologo diThe Mist , che vede tornare alla regia Frank Darabont (Le ali della libertà), dopo quasi dieci anni dall’uscita di Il Miglio Verde. Proprio come dieci anni fa, il regista si occupa della trasposizione di un romanzo di Stephen King, anche se ne modifica l’andamento e soprattutto il finale, con l’entusiasta approvazione di King stesso.
La pubblicità di The Mist ci ha fatto credere che il film fosse l’ennesimo splatter – horror fantascientifico con disgustosi mostri che divorano indifesi esseri umani. Tuttavia il film non si risolve affatto in questo.
The Mist, tra suspance e fantascienza
Con un lavoro di
scrittura molto accurato, anche se a tratti didascalico,
Darabont entra nel supermercato, scena principale
del film, ed osserva le persone da vicino. Frequenti infatti, molto
più del necessario, i primi piani. Quello che viene fuori è
l’incondizionata e ingiustificabile cattiveria umana. In
The Mist, oltre ai terribili mostri nascosti nella
nebbia, sono gli esseri umani che mostrano la loro peggiore
essenza, la loro mostruosità. Numerose le caratteristiche del
racconto che ricordano la presenza di King alla base della storia,
come l’esistenza di un mondo parallelo ed ostile, oppure come la
figura della fanatica religiosa (una
Marcia Gay Harden particolarmente in forma,
inquietante), che genera il panico e che scatena la violenza degli
uomini contro i loro simili, indice efficace di quello che nella
cronaca quotidiana è l’integralismo religioso.
I tipi, i caratteri umani vengono messi in scena nelle loro peggiori varianti, tutti i difetti dell’uomo vengono portati a galla dalle circostanze, anche se non manca poi l’eroe, l’uomo integerrimo e coraggioso, che cerca di risolvere le cose nella maniera più ragionevole possibile. Proprio questa figura, il protagonista, sarà quello punito nella maniera più crudele alla fine del film, e non dagli extraterrestri. Finale pessimistico, quindi, per un film che pur avendo qualche momento di tensione, può essere considerato un horror perché fa paura, ma anche perché mette a nudo l’essere umano nelle sue sfaccettature peggiori, e genera appunto orrore e senso di distacco nello spettatore.
Con un discreto risultato al
box office il film si posiziona al quinto posto nella classifica
italiana dei film più visti. La resa del film è basata
esclusivamente su inquadrature ravvicinate con cambi frequentissimi
di fuoco, probabilmente con l’intento di pilotare l’attenzione
dello spettatore a seguire gli spostamenti dell’azione nello stesso
quadro, ma che non sono al servizio della storia.
Il film potrebbe essere molto di più di un horror poiché mette nudo i moti dell’animo umano, prevalentemente cattivo, tuttavia il suo limite risiede nel voler spiegare attraverso i dialoghi ciò che le immagini e la storia mostrano in modo molto più efficace. La cattiveria, la violenza, mostrate nella loro crudeltà non hanno bisogno di essere spiegate, si mostrano autonomamente nella loro incomprensibilità.
Terminator Salvation con Christian Bale
L’attesissimo sequel di Terminator, Terminator Salvation è arrivato nelle sale, promettendo adrenalina spettacolo, soprattutto un approccio più moderno rispetto all’originale, che resta l’indimenticato primo film.
A volte le promesse non si mantengono, altre volte si, altre volte ancora si esagera e si finisce col portare nelle sale film che risultano fastidiosi. E’, purtroppo, il caso di Terminator Salvation, che lungi dall’essere un film totalmente negativo è troppo immerso nell’universo machista che fa di Christian Bale un soldato urlatore e spara-tutto, insulso ed egoista nel suo personaggetto di Jhon Connor, che avrebbe meritato un trattamento ben migliore. Ma non diamo la colpa al Christian che invece si impegna diligentemente, com’è suo solito, a portare a termine la missione pur con qualche capriccio di troppo sul set.
Chi mai incolperemo per aver fatto di uno dei film più attesi della stagione un clamoroso fiasco (non al bottighino…)? Gran parte della colpa è senza dubbio di McG, il regista che dopo un inizio esaltante, vedi il piano sequenza dell’elicottero che precipita con Bale all’interno, si concentra tutto sullo spara spara contro le cattivissime ed attrezzatissime macchine. Un abbozzo di storia decisamente interessante che crolla su se stesso, senza risparmiare nemmeno il ben costruito personaggio di Sam Wartinghton, umano meccanico che ruba la scena al povero Christian Bale che già ne Il Cavaliere Oscuro si era fatto offuscare dal talento di Heath Ledger.
Si capisce bene, considerando la travagliata vicenda della sceneggiatura, la richiesta di soccorso inviata a Jonathan Nolan, per risollevare le sorti del film. Il buon Jonathan Nolan arriva sul set, consola l’amico Christian e mette mano alla sceneggiatura modificandone l’ultima parte. Il finale infatti si salva parzialmente anche se, come per tutto il film, resta quel qualcosa di inespresso che una storia comunque bella poteva dare. Bello il cameo di Shwarzy, ovviamente ricostruito in digitale, come è ‘espressivo’ lui nel ruolo di macchina mortifera nessuno! Risultato complessivo appena sufficiente, si salva infatti l’aspetto visivo del film…ma dopotutto non si tratta di un quadro, e una fotografia azzeccata non solleva un film mediocre.
Il mondo dei repplicanti
C’era una volta Sigmund Freud che nella
sua opera “Totem e tabù” dichiarava: «l’uomo civile ha barattato
una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di
sicurezza» – sicurezza che in Surrogates gli uomini sembrano aver
trovato in macchine che rispecchiano i loro canoni estetici e se ne
vanno in giro in loro vece a vivere la vita, mentre l’operatore,
comodamente rilassato nell’imperturbabilità della propria casa,
controlla ogni sua movenza.
Star Trek
Uno sfavillio di luce galattica avvolge lo spettatore che si lascia prendere da una storia di nascita e origini. ancora una volta, come già accaduto per il batman di nolan, per il restyling del mito si torna alle origini dell’uomo (o nel caso, del vulcaniano), alla nascita e all’educazione, per capire i ruoli i rapporti i sentimenti che legano gli eroi che tante avventure hanno attraversato insieme sull’enterprise tra tv e cinema.
J.J. Abrams ochestra tutto con maestria ed equilibrio, misurando emozione e phatos, adrenalina e battaglie, prediligendo lo spostamento della camera al cut della pellicola, per farci seguire con lo sguardo, per accompagnarci nei meandri di una storia bella e ben raccontata, da un punto di vista visivo ma soprattutto da quello narrativo, merito di due sceneggiatori di tutto rispetto roberto orci e alex kurtzman che insieme avevano già dato prova di sapere il fatto loro con transformers, usando la commedia per entrare nell’action puro e per arrivare attraverso di esso ai sentimenti primordiali del bene e del male, dimensioni talvolta banalizzate ma sempre attuali.
Merito anche di un cast convincente, il film si dipana in tutta la sua notevole durata, senza pesare minimamente sullo spettatore, dosando con reminisenze (oso dire) kubrikiane riferimenti ben più calzanti e vicini come star wars e coinvolgendo lo spettatore che esce dalla sala soddisfatto, con gli occhi pieni di immagini poderose ed emozionanti.