C’era solo una delle registe, Muriel
Coulin, alla presentazione martedì 20 marzo del film 17
Ragazze, storia di un gruppo di adolescenti dello stesso
liceo che decidono di restare incinte tutte insieme. Storia di una
ribellione: contro una vita che non offre prospettive, un mondo
adulto lontano e distratto, contro un vuoto e forse anche una noia
che non si riesce ad arginare. Ma anche racconto appassionato di
quella fase della vita in cui ci si sente pieni di energia, di
sogni, ci si crede in grado di cambiare il mondo.È
intervenuta, dicevamo,
Muriel Coulin, mentre sua
sorella Delphine, incinta e dunque perfettamente in tema con la
pellicola, proprio per precauzione medica non ha potuto volare a
Roma per partecipare alla conferenza stampa. Accanto alla regista,
Vieri Razzini di Teodora Film, che distribuirà la pellicola in
Italia da venerdì 23 marzo in circa 35 copie. Il film è stato già
presentato al Torino Film Festival, dove ha ottenuto il Premio
Speciale della Giuria.
La scelta delle ragazze
protagoniste del film più che un atto d’amore e di ribellione, mi
sembra una scelta dettata dalla noia, dall’incapacità di inventare
una vita diversa, in ogni caso una scelta non molto consapevole, di
disperazione per il senso di vuoto della loro
esistenza.
Muriel Coulin: “Ciò che abbiamo
trovato molto interessante nel fatto di cronaca del quale abbiamo
letto sul giornale, accaduto realmente negli Stati Uniti (e da
cui la trama del film trae ispirazione ndr), era che vedevamo
la possibilità di un atto di rivolta, di ribellione e anche quella,
in nuce, di un’utopia collettiva. La storia ci racconta che queste
ragazze certamente non sono soddisfatte della vita che gli viene
proposta nella loro piccola cittadina sull’Oceano Atlantico (…).
Vogliono avere altro, non si accontentano delle possibilità che
questa vita riserva loro (…).Non vogliono accettare (…) ciò che gli
adulti gli propongono. Quindi sognano, s’illudono con questa utopia
collettiva. In questo c’è, secondo noi, sicuramente il senso di
ribellione e rivolta. Poi si può anche dissentire sul fatto che una
gravidanza collettiva possa essere la maniera migliore per
ribellarsi (…). L’amore poi c’è, perché alla fine ci saranno tanti
bambini, e questo è un gesto di grandissimo amore”.
Dov’è successo il fatto
di cronaca cui vi siete ispirate?
M. C.: “(…) E’ successo a
Gloucester nel Massachussett, negli Usa. Quando ci siamo
informante, abbiamo visto che la cittadina era piuttosto simile a
Lorient, (la città che si vede nel film), dove io e mia sorella
siamo cresciute. Ci era sembrato che Gloucester fosse lo specchio
di Lorient, ma dall’altro lato dell’Oceano Atlantico: anche quella
è una cittadina delle stesse dimensioni, dove c’era un’industria
della pesca fiorente e ora quasi scomparsa. Quindi, (…) non ci è
sembrato così strano (…) trasporre la vicenda dagli Usa alla
Francia proprio perché le condizioni geografiche e socio-economiche
delle due cittadine si somigliavano moltissimo”.
In Italia il film ha avuto
un divieto ai minori di 14 anni. Come si spiega secondo lei? Pensa
che il film sia così “pericoloso” perché è un atto di
ribellione?
M. C.: “Questo divieto in Italia
mi sorprende tantissimo, nel paese dove un ex premier per il suo
compleanno si è fatto regalare una minorenne per allietare la sua
serata, questo divieto mi sorprende parecchio. Ma, per parlare
seriamente, (…) sapete che se dite ad un adolescente di non fare
qualcosa, sicuramente questa è la maniera migliore per spingerlo a
farla. È un metodo assolutamente sbagliato. A mio avviso la
censura, tranne casi estremi, non è un buon metodo. (…) Siamo
veramente dispiaciute che in Italia ci sia stato questo problema
con la censura”.
Vieri Razzini: “(…) Abbiamo
avuto la motivazione della censura e si parlava (…) di “pericolo di
emulazione”(…).” Vieri Razzini legge poi le parole con cui
la Commissione Censura ha motivato il divieto: ““Il clima
di suggestione tra i ragazzi e i comportamenti estremamente
trasgressivi, in particolare le scene di pericolo alla guida, la
scena di abuso del fumo e le condizioni particolari di salute, le
difficoltà con la gestione del proprio comportamento, evidenziano
la possibilità di emulazione ai minori non in grado di elaborare il
senso profondo del film, che risulta invece particolarmente adatto
ad un pubblico più adulto, in grado di coglierne il significato
profondo” ”. E così la commenta, rilevando che
non si parla mai di gravidanza, ma solo di “condizione di
salute particolare: “Ognuno usa gli eufemismi che gli
competono”. E parla di vera e propria “spaccatura
all’interno della Commissione”, dunque di una decisione
non unanime al riguardo. Sul pericolo di emulazione dice:
“Questo discorso dell’emulazione a me fa ridere a crepapelle.
Con quello che passa in televisione, al cinema, su internet, in
termini di violenza soprattutto – è vero, per quanto riguarda la
violenza che è un virus sottile, il problema si pone – (…) ma
se ci fosse il pericolo dell’emulazione (…) a pieno andare,
dovremmo essere praticamente tutti morti”.
Materialmente è semplice
fare ricorso. Negli ultimi mesi è successo molte volte, ad esempio
col film della Comencini. In questo modo, il film viene visto da
un’altra delle nove commissioni di censura, e quasi sempre poi il
divieto viene tolto. Sapete se tra oggi e venerdì (data
d’uscita della pellicola ndr) un’altra commissione vedrà il
film?
V. R.: “Non lo so, perché la
motivazione è arrivata ieri mattina e prima di averla non si può
fare ricorso. Quello che è successo però, è che a noi è stato
impedito in campagna di lancio del film di usare i normali mezzi
pubblicitari. (…) E’ comunque, obiettivamente, una cosa assurda e
un danno. Si rimedierà probabilmente, (…) forse
riusciremo in extremis ad andare di nuovo davanti alla
Commissione di censura domani mattina, (…) ci proveremo”.
In Francia ha circolato
normalmente? Che accoglienza e che target ha avuto?
M. C.: “Sì, abbiamo proiettato
il film in diverse assemblee scolastiche in una ventina di
paesi molto diversi, dall’India agli Stati Uniti, e non ci sono mai
stati problemi di questo genere. Gli adolescenti ai quali il film è
stato mostrato, reagiscono, (…) capiscono, discutono, sanno. Le
reazioni sono state anche molto costruttive. Dopo aver fatto vedere
il film, se ne è parlato, dibattuto, discusso con i
ragazzi.”
Nella storia originale, che
è avvenuta in America, i fatti erano come sono raccontati qui, o ne
avete dato una versione europea?
M. C.: “Per quanto riguarda il
fatto vero cui ci siamo ispirate, quello che sappiamo sono
semplicemente le due righe che sono state pubblicate dal quotidiano
Liberation, in cui si diceva che negli Usa, a Gloucester, 17
ragazze dello stesso liceo avevano deciso di restare incinte tutte
insieme nello stesso anno. Questo è stato il motivo che ci ha fatto
venir voglia di raccontare questa storia. Ma i personaggi che
vedete nel film, la loro psicologia, l’ambiente familiare e anche
questa idea di utopia collettiva sono inventati da noi e vengono
molto di più dalla nostra esperienza di adolescenti, mia e di mia
sorella, anche perché delle vere ragazze americane non sappiamo
nulla (…). Quello che invece è quasi documentaristico è ciò che
riguarda l’ambiente dei medici, degli infermieri, degli assistenti
sanitari mostrato nel film, perché su questo ci siamo documentati e
questa è la situazione che c’è in Francia (…)”.
Quando si fa un film non si
giudicano i protagonisti, ma si racconta la loro storia. Tuttavia,
questo film in un certo senso “butta a mare” in un attimo decenni
di dibattiti sulle scelte consapevoli, sulla contraccezione, sul
sesso sicuro. C’è una scena in particolare in cui si risolve un po’
velocemente il tema del sesso sicuro e dell’Aids. Come donne, più
che come autrici, vi siete poste questo problema?
M. C.: “Sì, certo. Quando si
affronta un argomento come questo (…) si sente tutto il peso della
responsabilità di ciò. Quindi con mia sorella ne abbiamo parlato,
eravamo molto consapevoli di quello che stavamo facendo al momento
della scrittura della sceneggiatura. Perciò, riguardo la fine del
film, abbiamo deciso che non potevamo fare un finale troppo rosa,
positivo, perché sapevamo che con un film del genere (già siamo
state accusate di fare l’apologia delle gravidanze collettive) se
avessimo messo anche un lieto fine, del tutto positivo, non sarebbe
stato adatto. Ma neanche un finale troppo negativo, perché comunque
(…) sono nati dei bambini, nel film come nella realtà (…). Abbiamo
trovato una via di mezzo (…): tutti noi nell’adolescenza abbiamo
avuto un compagno di scuola, un amico (…) che fosse un personaggio
un po’ mitico, o perché era più bello, o più simpatico, o perché
era quello più intraprendente, colui che diventava un po’ il leader
del gruppo. Noi abbiamo deciso di far scomparire questo leader (…).
Il problema dell’Aids sicuramente era una delle complicazioni
insite nel film (…). Quando si parla di 17 ragazzine che rimangono
incinte tutte insieme, c’e la questione della gravidanza, il
problema dell’aborto, l’Aids, tutte queste cose. Se avessimo voluto
affrontarle tutte in maniera completa non sarebbe stato più un
film, ma una soap opera, un romanzo a puntate. Avremmo dovuto fare
una puntata su ogni argomento. Invece abbiamo fatto un film. Ci
siamo poste il problema dell’Aids, che ci si pone ovunque e che i
ragazzi sicuramente a quell’età si pongono e affrontano. (…) Noi lo
abbiamo risolto così (…), con una frase che per alcuni può sembrare
un po’ troppo rapida e veloce, ma c’è e resta. La ragazza si pone
il problema e dà quella risposta” Una risposta che denota una
certa consapevolezza da parte sua. E la regista insiste: “Non
abbiamo messo da parte il problema, ma (…) non si poteva insistere
troppo soltanto su questo”.
Non si riflette forse
abbastanza sul fatto che queste ragazze sono state abbandonate, non
c’è una figura che decide di aiutarle o di accettare la loro
decisione, vengono subito condannate, senza sentire le loro ragioni
o proporre un’alternativa positiva a ciò che hanno
fatto.
M. C.: “Il problema nasce
proprio dal fatto che non si tratta di una sola gravidanza
individuale, ma di 17 gravidanze, qualcosa di collettivo. Per
questo gli adulti si trovano totalmente persi, presi in contropiede
di fronte a questo fenomeno, perché riguarda un gruppo che giorno
dopo giorno cresce. All’inizio i professori e soprattutto
l’infermiera scolastica cerca di capire, di parlare con loro, ma
poi la cosa sfugge di mano a tutti. Non riescono a capire.
Soprattutto, a quel punto non hanno i mezzi per contenere questo
fenomeno, per limitare questa esplosione di energia (…), la forza,
la potenza espressa da queste ragazze che tutte insieme decidono di
portare avanti questa gravidanza. Non ci sono i mezzi per
costringerle: non si può costringere una minorenne ad abortire,
figuriamoci 17 minorenni dello stesso liceo”.
Quali sono state le critiche
più fastidiose al film in Francia?
M.C.: “L’accusa di fare
l’apologia delle gravidanze collettive è stata certamente la
critica che più ci ha infastidito e credo dimostri una non
comprensione totale di ciò che volevamo raccontare con questo film.
(…) Ciò che ci interessava in quello che abbiamo raccontato è che
queste ragazze non si accontentassero. Non si accontentano
dell’avvenire che viene proposto loro, in quel contesto, e decidono
di trovare una soluzione per avere altro. È questa la cosa che ci è
piaciuta, il fatto che ci fosse un atto di rivolta e ribellione da
parte di queste ragazze (…). Certo, una gravidanza collettiva non è
la soluzione del problema, anche perché, lo si vede nel film, la
gravidanza è e resta un fatto personale, individuale. L’utopia
della gravidanza collettiva, del crescere i bambini tutte insieme
nella stessa casa poi non si realizza. Non volevamo dire: che bello
tutto ciò, ma piuttosto sottolineare che le ragazzine hanno deciso
di ribellarsi, non accontentarsi (…). Sicuramente la maggior parte
del pubblico è composto da persone intelligenti che capiranno qual
è veramente il messaggio. Per inciso, in Francia non c’è stata
un’epidemia di gravidanze di diciassettenni da quando il film è
uscito (…)”
17 Ragazze è stato
presentato a Gloucester negli Usa, dove è accaduto il fatto vero
all’origine della pellicola? È arrivata la notizia del film
lì?
M. C.: “Il film è stato
presentato a New York la settimana scorsa. Uscirà in Usa a luglio,
distribuito dalla Strange Release (…). Il distributore mi ha detto
che pensava di farlo uscire a Gloucester e ha chiesto la mia
opinione (…). (…) Personalmente non mi sembra un’ idea
geniale. Le ragazze del film credo siano molto diverse dalle
protagoniste del fatto di cronaca. Noi abbiamo fatto un adattamento
molto intimo, molto francese. (…) Non so se lo faranno, la
decisione non spetta a me comunque”.