Il thriller soprannaturale di Scott
Derrickson, che in precedenza avrebbe dovuto chiamarsi
Beware the Night uscirà il 2 luglio 2014 come Deliver
Us From Evil, come ha riportato lo stesso regista
attraverso Twitter. In una recente intervista il protagonista del
film, Eric Bana, ha dichiarato:
“È stato semplicemente incredibile. Dovevo
interpretare una persona reale, Ralph Saatchi, un detective
particolarmente duro del Bronx, e abbiamo girato per tutta l’estate
di notte tra le strade del Bronx. Un’esperienza bellissima, perchè
è stata la prima volta in vita mia che ho dovuto interpretare un
poliziotto e mi è piaciuto davvero molto.Ho imparato e visto un
sacco di cose: si è rivelata una sfida interessante per me.
Lavorare con Scott poi, è stato fantastico. Sono un grande fan del
suo lavoro: ha una grande conoscenza del genere e lo rispetta, per
cui sono curioso di vedere quale sarà il risultato dei nostri
sforzi”.
Secondo le indiscrezioni trapelate sulla trama,
Eric Bana sarà un poliziotto cattolico, che
nel corso di un’indagine verrà a contatto con un prete rinnegato
(Ramirez). Sarà questo a convincerlo della presenza di
elementi demoniaci nel caso: i due finiranno per unire le loro
forze nella lotta contro il Maligno. Nel cast anche Olivia
Munn, che interpreterà la moglie di Eric Bana.
Netflix ha diffuso online il trailer
ufficiale di Special Correspondents, film
che vedrà protagonisti Eric Bana e Ricky Gervais e che debutterà sulla nota
piattaforma di streaming il prossimo 29
aprile.
Dopo i film non molto apprezzati
Il primo dei Bugiardi (2009) e
L’ordine naturale dei sogni (2010), il
regista e attore comico Ricky Gervais torna
alla regiacon Special
Corrispondents. Sperando che le cose migliorino, ha
deciso di ingaggiare l’attore Eric Bana.
Nel film Bana sarà un giornalista
radiofonico di Manhattan, che gode di condizioni privilegiate ma, a
causa della sua arroganza e del suo stile di vita decadente, ha
lentamente annullato se stesso. Quando i suoi capi arrivano ad
averne abbastanza, lui si offre volontario come reporter sul fronte
di guerra, solo per falsificare le sue comunicazioni dal suo
nascondiglio, sopra un ristorante spagnolo nel cuore della Grande
Mela, grazie all’aiuto del suo assistente tecnico interpretato
da Gervais, che oltre ad essere regista e sceneggiatore, è anche
attore nel film.
Nel cast anche Vera
Farmiga, Kelly Macdonald, Kevin Pollak, America Ferrera, Raúl
Castillo e Benjamin Bratt.
Prossimamente vedremo Eric
Bana in L’ultima tempesta al
fianco di Chris Pine, nell’adattamento
cinematografico del romanzo The Secret
Scripture e in Knights of the Roundtable:
King Arthur di Guy Ritchie.
Il regista Peter Berg
(Hancock) continua ad aggiungere attori di grande
rilevanza per il suo film Lone
Survivor. Dopo l’annuncio che vede
protagonisti Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch e
Ben Foster, l’ultimo arrivato è l’attore australiano Eric
Bana. Il film è tratto dal libro di Marcus Luttrell e racconta la
straziante storia di un team di Navy SEAL in Afghanistan che
durante una missione che ha l’obiettivo di uccidere un leader
terrorista cadono in un agguato da parte dei talebani e
lottano per rimanere in vita.
La produzione del film è prevista
per il mese prossimo in New Mexico. Ma Eric Bana sarà sugli schermi
entro la fine dell’anno per il film Deadfall insieme ad
Olivia Wilde.
Potrebbe essere Eric
Bana il protagonista di Beware The
Night, poliziesco dai contorni orrorifico –
paranormali diretto da Scott Derrickson. La storia
ruoterà attorno a un ufficiale della polizia di New York che
investiga su possessioni demoniache, esorcismi e creature
soprannaturali varie, licantropi inclusi, in quello che appare un
mix tra NYPD e X-Files.
La sceneggiatura è stata curata
dallo stesso Derrickson assieme al suo collaboratore abituale
Paul Boardman, mentre il progetto ha ottenuto il
sostegno di Screen Gems. Per il ruolo del protagonista si era
inizialmente pensato a Mark Wahlberg, il quale ha
però declinato l’offerta.
Erica Bana è stato recentemente
protagonista di Deadfall (atteso sugli schermi europei a fine mese)
e sarà a fianco proprio di Mark Wahlberg in Last
Survivor di Peter Berg, oltre che a
partecipare Closed Circuit,
legal-thriller condito di terrorismo in cui affiancherà
Rebecca Hall.
Una vita che va a rotoli, una
pericolosa eredità e morti violente avvolte nel mistero. Questi
sono gli ingredienti principali dell’intrigante e cupo
k-thriller poliziescoEredità
sepolta (titolo inglese The Bequeathed,
titolo coreano 선산). La miniserie targata Netflix è basata sull’omonimo
webtoon di Kang Tae-kyung ed è co-scritta e
prodotta da Yeon Sang-ho, l’autore del celebre e
acclamato film Train to Busan e
della spaventosa serie Netflix Hellbound. Mettendo da
parte orribili zombie e demoni infernali, Sang-ho realizza per il
piccolo schermo un crime realistico, avvincente e
angosciante che sfugge agli stereotipi soprannaturali per
immergere ora il pubblico in una nevrotica storia sulla perfidia e
la perversità umana.
Eredità sepolta è composto
da 6 episodi di circa 45-50 minuti ciascuno e
disponibile dal 19 gennaio 2024 sull’amata
piattaforma Tudum.
Eredità sepolta | In foto (al centro) l’attrice Kim Hyun-joo nei
panni di Yoon seo-ha.
Eredità sepolta: la trama
Mentre incarica un detective privato
di procurarle le prove dell’infedeltà del marito, Yoon
Seo-ha (interpretata dall’attrice Kim
Hyun-joo, precedentemente protagonista di
Hellbound e Jung_E),
docente ordinaria, cerca di conquistare la tanto agognata
promozione facendo da assistente e ghostwriter a un viscido e
scorretto professore universitario. Ma tra delusioni e tradimenti,
la sua vita si complica ancor di più quando, improvvisamente, un
traumatico e doloroso passato bussa alla sua porta: dopo la
dipartita di uno sconosciuto zio deceduto a causa di un
avvelenamento da tallio, Seo-ha scopre di essere l’erede del
cimitero di famiglia.
Intanto, anche il misterioso e
strambo fratellastro Kim Young-ho (Ryu Kyung-soo,
Itaewon Classe Jung_E) è deciso a lottare per
ottenere una parte dell’eredità. È così che l’investigatore capo
Park Sang-min (Park Byung-eun) e
il detective Choi Sung-jun (Park
Hee-soon) si ritrovano a dover investigare su una serie di
atroci omicidi legati ai due fratellastri e all’oscuro cimitero
dietro cui si cela un disonorevole segreto.
Eredità sepolta | In foto (da sinistra a destra) gli attori Park
Hee-soon e Ryu Kyung-soo.
Due tempi, due storie, due eredità
Episodio dopo episodio, morte dopo
morte, la serie travolge e cattura il pubblico in una fitta e
intricata trama che si dipana tra un confuso passato e un
pericoloso incerto presente. La narrazione si sviluppa su
due minitrame parallele che non si intrecciano
mai: da un lato, emerge la triste storia di Seo-ha e
Young-ho, i due fratellastri costretti a pagare le
conseguenze ereditate delle scelte di un padre assente e infelice;
dall’altro, invece, prende forma la storia di Sang-min e
Sung-jun, i due detective che, nel tentativo di fuggire
dai propri problemi familiari, finiscono per vincolarsi l’un
l’altro in un ingiusto e inconcludente conflitto lavorativo. È
proprio in questo vorticoso intreccio di tristi amori,
famiglie in frantumi e amicizie finite che i protagonisti
si rivelano, a poco a poco, le vittime collaterali
di un fato beffardo e scorretto.
Al di là dei parallelismi
sopraccitati (quello del passato-presente e delle due coppie di
protagonisti), la trama si eleva su un terzo parallelismo
che riguarda le “eredità sepolte” (a cui il titolo fa
appunto riferimento). Due sono, dunque, le eredità familiari che
Seo-ha e Young-ho sono costretti ad affrontare e, in qualche modo,
accettare: un’eredità materiale, legata al cimitero di proprietà
del defunto zio Yoon Myung-gil; e un’eredità ancor più importante,
quella biologica, legata a un “amore peccaminoso”, un rapporto
incestuoso di cui il povero Young-ho è il frutto.
Eredità sepolta | Immagine dal set. Crediti: Jeong Se Hyeon/
Netflix.
Una storia sincera di bugie e occulto
La mostruosa e terrificante
atmosfera soprannaturale che tanto ha caratterizzato le precedenti
opere di Yeon Sang-ho lascia ora spazio, dunque, a una
storia più sincera e verosimile, in cui è il buio
dell’animo umano a dipingere l’atmosfera funerea e tormentosa di
questo mistery thriller sudcoreano breve e
intenso.
Inoltre, ad arricchire ulteriormente
di mistero e oscurità la serie, alla trama si aggiunge il fascino
dell’occulto e dello sciamanesimo. Inquietanti
rituali, talismani insanguinati e confuse possessioni si tessono al
funereo velo che ricopre l’intera vicenda. L’elemento dell’occulto,
seppur in brevi scene chiave, contribuisce così a dipingere un
quadro più complesso e suggestivo, caratterizzato da un
climax di suspance e tensione.
Un k-thriller che merita una possibilità
Nonostante il ritmo a tratti un po’
troppo lento, la serie riesce a
intrattenere piacevolmente il pubblico grazie al
talentuoso e carismatico cast e, soprattutto, alla
narrazione così contorta e imprevedibile da
incuriosire e confondere allo stesso tempo lo spettatore.
Eredità Sepolta entra, quindi, nella lista di quei
prodotti originali Netflix – di cui fanno parte, per esempio,
La creatura di Gyeongseong,
Sweet Home e Hellbound, appunto – che
miscelano dramma e orroreal suggestivo ed
ermetico folclore del Sud Corea, e che meritano senza
indugio una possibilità.
Sono passati diversi mesi
dalla presentazione in anteprima di Eravamo
bambini ad
Alice nella città, la sezione autonoma della Festa del Cinema
di Roma, e finalmente il film che Marco Martani ha
adattato dal monologo “Zero” di Massimiliano
Bruno (qui anche co-autore) arriva in sala,
distribuito da Vision Distribution, a partire dal 21 marzo 2024. Un
dramma corale nerissimo, ambientato in Calabria in tre momenti
diversi della vita dei ragazzi protagonisti – interpretati da
Lorenzo Richelmy,
Alessio Lapice,
Lucrezia Guidone, Francesco Russo e Romano
Reggiani – e del “minaccioso onorevole Rizzo”, come il
regista definisce il personaggio di Massimo
Popolizio, e suo figlio, il Peppino di Giancarlo
Commare.
Eravamo bambini, la trama
In un paese della costa
calabrese, il pacifico Cacasotto (Russo) viene arrestato per aver
minacciato con un coltello un carabiniere. Durante il suo
interrogatorio si intrecciano le storie di altri quattro suoi
coetanei, amici d’infanzia, tutti traumatizzati da un fatto di
sangue a cui hanno assistito da bambini. Un messaggio di uno di
loro, il celerino Gianluca (Lapice), rompe il silenzio e le routine
degli altri annunciando l’intenzione di voler tornare nel paese
calabrese per vendicarsi di qualcosa o qualcuno. La rockstar
Inferno (Richelmy), l’insoddisfatta Margherita (Guidone) e il
borderline fratello minore Andrea (Reggiani) lasciano così le loro
vite “interrotte” per raggiungerlo ed impedirgli di fare qualche
sciocchezza. Ma una volta arrivati in Calabria, nella San Severo di
tante vacanze e altrettanti ricordi di gioventù, tutti si
ritroveranno dopo tanti anni a guardare in faccia l’orrore vissuto
per fare finalmente i conti con il trauma che non ha permesso loro
di vivere una vita normale.
Eravamo bambini, vendetta e tragedia, violenza e
colpa
Comprensibile che Martani
stesso citi lo Sleepers del 1996 tra i
riferimenti del genere al quale potrebbe appartenere il suo nuovo
film, come anche che l’abstract possa far venire in mente altri
cult come IT o Mystic
River, eppure l’adattamento del monologo di
Massimiliano Bruno “Zero” sembra avere qualcosa di unico e
originale, rispetto a cotanti ‘padri putativi’. Che come questo
hanno la vendetta al centro della premessa e come principale
motore, ma che si sviluppano in maniera diversa.
Qui infatti, non sono
solo le vittime di ieri i protagonisti, ma anche la solitudine che
portano con sé gli adulti che sono diventati. Alla loro
impossibilità di superare il trauma che li unisce si affianca
infatti un senso di non appartenenza che sembra trovare sollievo
solo nel centro dell’uragano emotivo che li tormenta. Solo lì dove
tutto è iniziato, e con le figure che popolano quello stesso
microcosmo, la loro enclave calabrese, rimasto immutato negli anni.
Fino al momento raccontato sullo schermo, frammentato
narrativamente in tre diverse linee temporali, non facili da
portare avanti e sviluppare in maniera indipendente.
Eravamo bambini, un racconto su tre piani
Come tutto sommato riesce
a fare la scrittura di Bruno e Martani, che in questa veste sembra
dare il meglio di sé. Ed è un peccato, considerata la materia tanto
sentita, il lungo impegno dedicatole e i personaggi interessanti
che vediamo prendere vita sullo schermo (alcuni meglio di altri, a
volte troppo condizionati dal desiderio di strafare, come il pur
ottimo Russo in versione Keyser Söze) e che non c’erano o erano
diversamente – o appena – accennati nell’originale teatrale.
La debolezza di questo
Eravamo bambini è proprio nella regia,
purtroppo, soprattutto degli attori, e nella costruzione finale
delle scene, da quelle di raccordo a quelle nelle quali lo sguardo
si allarga a comprendere diversi soggetti, in generale quelle nelle
quali l’attenzione non sia catalizzata da un singolo personaggio o
dramma. Quali che siano i motivi, poco tolgono alle qualità del
regista (David di Donatello all’esordio con Cemento
armato, merita ricordarlo, e
poi dietro la macchina da presa per La donna per
me, dopo aver vinto ogni premio come sceneggiatore, da
Notte prima degli esami a La
mafia uccide solo d’estate, Se Dio
vuole ed Ex), al quale va
parte del merito di aver optato per una fotografia dai toni
cromatici molto elaborati, capaci di diventare elemento narrativo
essi stessi, e di aver saputo regalare una nuova vita e un ruolo
chiave a un personaggio più che secondario come quello di
Peppino.
Intelligente l’arco
affidato all’interpretazione di Giancarlo Commare
(Skam Italia, Ancora più bello, Nuovo
Olimpo), che arricchisce il film di una incertezza che
altrimenti non avrebbe, sovrastata dal gioco narrativo del “puzzle
emotivo e temporale” e dai più prevedibili esiti della storia di
amicizia e “di vite spezzate” o “tragedia greca corale”. Come si è
scelto di presentare questo Eravamo
bambini, col rischio di indebolirne la forza
suggerendo un po’ troppo dell’abisso che nasconde, e della
debolezza, la solitudine, la colpa, che i personaggi scontano,
incapaci – tutti, o quasi – di emendarsi da una dinamica di
violenza e di morte apparentemente immutabile. A meno di sorprese.
Che davvero, a tratti sembreranno poter arrivare da chiunque di
essi, prima che la matassa si dipani e i ruoli si definiscano, nel
bene e nel male.
Eraserhead – La mente che
cancella è il film del 1977 di David Lynch con Jack Nance,
Charlotte Stewart, Allen Joseph, Janne Bates, Laurel Near, Judith
Anna Roberts, Jack Fisk, Thomas Coulson.
La trama di Eraserhead – La mente che
cancella
Henry Spencer è uno strano omettino
che lavora come tipografo in un surreale paesaggio industriale di
un non ben specificato paese, dove tutto appare distorto e
allucinato. Henry è innamorato di Mary, ragazza affetta da strani
attacchi epilettici che vive con due strambi genitori. Durante una
cena, Henry viene informato dalla ma dre che la figlia è
rimasta misteriosamente incinta, senza però che i due avessero mai
copulato. Il figlio che nasce però assomiglia ad un orribile girino
gigante dalle fattezze orripilanti, sempre intento a piangere. Dopo
alcuni giorni di convivenza Mary decide di lasciare Hery ed il
bambino, costringendo l’uomo a doversi assumere il gravoso compito
di allevare da solo la mostruosa creatura. Inizia così un viaggio
allucinate in cui Hery non distingue più tra sogno e realtà, in cui
egli intraprende una improbabile relazione con una donna mostruosa
che vive nel suo termosifone.
L’Analisi
Allucinate, surreale, estremo, il
film d’esordio del visionario David Lynch è una delle opere
più complesse e psicoanalitiche che siano mai state tradotte su
celluloide. Attraversato da numerosi travagli produttivi che ne
hanno esteso la realizzazione pre ben cinque anni, dal 1972 al
1977, costringendo Lynch a ipotecare la casa e a dormire sul set
per reperire i fondi necessari a ultimarlo, Erashead è un vero e
proprio pugno nello stomaco (e nell’occhio) dello spettatore,
letteralmente catapultato in un universo onirico e grottesco in cui
tutto è distorto ed eccessivo, dove Hery, alter-ego (fisico e
psicologico) di Lynch incarna le più ancestrali paure dell’uomo,
prima fra tutti quella della paternità.
L’universo del film, virato in un
metallico bianco e nero ed immerso in paesaggi postindustriali che
anticipano Tzukamoto, Cronenberg e tutta la cultura cyberpunk, è
ricco di personaggi grotteschi e archetipici che, come lo stesso
Henry, paiono come marionette di uno strambo teatro dell’assurdo.
Numerose sono le scene oniriche entrate degnamente nel subconscio
cinematografico, tra cui l’incipit cosmogonico in cui un
demiurgo-frankenstein in una decadente centrale elettrica dà vita
al seminale mondo dell’orrore del film azionando una leva, così
come l’onirico prologo in cui il cervello di Henry (dando il titolo
al film) viene trasformato in tante gomme da cancellare per
matite.
Anche l’orripilante creatura
neonatale è uno dei simboli più reconditi del nostro io interiore,
la paura della deformità e del caso (racconta Lynch che il feto era
quello di un vitello). Ricco di messaggi sublimali impossibili da
cogliere ad una prima visione (e nemmeno tutti alla centesima), il
film si articola in spazi angusti e minimalisti, come ad esempio
l’opprimente appartamento di Henry in cui piante crescono nei
comodini e dove strani insetti vermiformi vengono segretamente
custoditi in cassetti.
La cacofonica colonna sonora, edita
dallo stesso regista assieme all’amico Fats Waller è quanto di più
disturbante i nostri orecchi possano assorbire, ricca di strumenti
elettronici e sintetizzati. Un film maledetto, realizzato con poco
o niente che non solo è diventato il simbolo dei midnight movies e
dei circuiti d’essai, ma che si è presto a mille interpretazioni
psicologiche e ha spianato la strada al nuovo filone del
surrealismo cinematografico.
Raccontare
Eraserhead– La mente che
cancella non è possibile, tanto meno interpretarlo.
Bisogna vederlo e godere delle sue atmosfere malate e ansiogene,
dei suoi personaggi surreali che trovano nella Donna del
Termosifone la loro forma più estrema e piacevole al contempo. Il
film ha di fatto aperto le porte della visionarietà di Lynch al suo
mondo fatto di incubi e di distorsioni, divenendo il compendio dei
suoi precedenti lavori di cortometraggio, iniziati con
The Alphabet e culminati con The
Grandmother. Basti dire che era il film preferito di
Stanley Kubrick!
E’ stato diffuso il trailer
ufficiale di Erased, nuovo thriller diretto da Philip Stolzi con
Aaron Eckhart.
Il film, che uscirà il 10 maggio,
racconta di un agente della Cia che si trasferisce in Belgio con la
figlia solo per scoprire che nella base operativa un nuovo
complotto è in atto.
Eragon è il film
fantasy del 2006 di Stefen Fangmeier con
protagonisti Edward Speelers (Eragon),
Jeremy Irons (Brom), Robert
Carlyle (Durza), Sienna Guillory (Aria)
e John Malkovich (Galbatorix).
Eragon, la trama: La terra di
Alagaesia sta attraversando un periodo di grande difficoltà, dopo
che i coraggiosi Cavalieri dei Draghi sono stati annientati dal
perfido dittatore Galbatorix. Eragon, un giovane contadino, trova
un giorno un uovo di drago perso dall’elfa Arya, che cercava di
sottrarlo ai soldati del tiranno, che presto si schiude facendo
nascere la dragonessa Saphira.
Eragon scopre che il suo destino è
diventare un Cavaliere del drago anche grazie a Brom, ex cavaliere
che si è rifugiato nel suo paesino e di cui diventa grande amico e
che lo fa fuggire quando le truppe di Galbatorix attaccano il suo
villaggio.
Eragon inizia il suo percorso di
addestramento, ma lutti e battaglie sono sulla sua strada, mentre
il legame con Saphira si stringe sempre di più.
Eragon,
l’analisi
Sull’onda del rinnovato successo
per il genere fantasy, il fenomeno letterario della saga di
Alagaesia di Christopher Paolini, cresciuto senza
televisione e videogiochi sulle montagne del Montana, e adolescente
all’epoca del primo romanzo, ha mietuto successi e si è concluso
dopo quattro libri, con Inheritance,
creando uno dei tanti casi legati al genere, uno dei più amati di
questi ultimi anni, ma soprattutto nelle librerie.
Come in altri casi, però, al cinema
il tutto non ha funzionato e si è risolto in un flop, anche se non
così clamoroso come molti dicono: in Italia comunque
Eragon è fu il film che incassò di più nel Natale
del 2006.
Quello che sulla pagina scritta era
incanto e avventura sullo schermo funziona poco, scadendo nel dejà
vu e nello scontato: certo, gli echi di Tolkien,
Terry Brooks e altri autori fantasy ci sono
eccome, ma non sarebbe comunque la prima volta.
Non è comunque tutto da buttare
via, anzi. E se il protagonista, il biondo Edward Speelers, è
puramente decorativo, la scenografia, gli ambienti, le atmosfere,
in cui le foreste ungheresi diventano un regno di favola funzionano
allo scopo. Interessante il discorso di recupero della figura del
drago, visto da sempre in Occidente come negativo, a differenza da
quello che succede in Oriente, e che qui è amico e ispiratore di
coraggio. Del resto Saphira, nel libro e nel film, è uno dei
personaggi migliori, resa in computer graphic ma incredibilmente
viva e vicina all’eroe, uno dei tanti del genere fantasy che lo
diventano per caso e loro malgrado.
Una menzione speciale la meritano
due vecchie volpi del cinema come Jeremy Irons,
l’eroe al tramonto Brom che saprà riscattarsi (e che nella scena
della morte citerà Blade Runner) e
John Malkovich, satanico dittatore al quale è
affidata la scena del cliffhanger finale, che svela che Saphira non
è l’unico drago.
Al cinema la saga di Alagaesia si è
fermata qui, perché mancava qualcosa come ritmo, atmosfera, storia.
Tutte cose presenti nei libri, e i lettori non si sono nemmeno
rammaricati più di tanto del mancato appuntamento al cinema con i
loro beniamini (fortuna duratura che hanno avuto finora solo i fan
di Harry
Potter e pochi altri), continuando ad
appassionarsi alla versione cartacea. Un’occhiata
Eragon cinematografico la merita,
ribadendo come spesso accade, e qui ancora in maniera più evidente,
che forse fiabe e incanti sulla carta stampata funzionano meglio,
persino nell’era degli effetti speciali computerizzati.
Vi è mai capitato di provare la
sensazione che il tempo passi più veloce di quello che sembra?
Questo è quello che succede a Dante il personaggio principale nel
film Era Ora, presentato in anteprima alla Festa
del Cinema di Roma 2022 e ora disponibile in streaming su Netflix. Questa
commedia romantica è un remake dell’australiano Come se non
ci fosse un domani – Long Story Short, del 2021 e diretto
da Josh Lawson con per protagonista il britannico Rafe Spall.
Questo adattamento per la regia di Alessandro Aranadio non vuole
essere solo un semplice rifacimento dell’originale ma una versione
italiana, che punta sul talento dell’attore romano Edoardo Leo,
che torna a farsi dirigere dal regista dopo il successo dellla
commedia del 2018 Io c’è.
La trama di Era Ora
Dante e Alice (Barbara
Ronchi) si sono conosciuti, per caso a causa di un bacio e
uno scambio di persona, durante una Festa di Capodanno del
2008. Dopo due anni nel 2010 li
ritroviamo fidanzati che convivono in una casa dove hanno appena
traslocato da poco, piena ancora di scatoloni da disfare e con un
bagno senza porta. Questo però non è un giorno qualunque per
Dante, ma è il suo quarantesimo
compleanno ma come ogni mattina è di fretta e deve correre
in ufficio. Alice invece vive la giornata più
tranquillamente, anche grazie alla fortuna di lavorare come
illustratrice di libri, lei è decisamente la più sognatrice, una
disegnatrice del suo destino e la più giocosa della coppia, tanto
che per la sera organizza al compagno un festa a sorpresa con tutti
i suoi amici. Dante la mattina dopo i festeggiamenti dei suoi 40
anni, si risveglia, un anno dopo, nel 2011 e
scopre di essere bloccato in un loop
temporale.
Il protagonista di Era
Ora all’inizio non capisce, anzi pensa di vivere un
episodio di precoce alzheimer, malattia che invece ha colpito e
soffre il padre che vive in una casa di riposo. Dante si sente
sperduto e soprattutto incapace di fermare questo strano gioco del
destino che gli ha riservato. Intanto passano i giorni, anzi gli
anni per lui, e si ritrova padre di una bellissima bambina che si
chiama Galadriel, come l’elfa della Terra di Mezzo
de Il Signore degli Anelli. Nel frattempo cambia il rapporto con la
fidanzata Alice, i due dopo anche il tentativo di
una terapia di coppia si lasciano e Dante si ritrova in un vortice
senza una via di uscita. Ma per fortuna nulla è perduto, anche
grazie alla sempre presente figura del miglior amico
Valerio, il protagonista capisce gli sbagli e
finalmente inizia a godersi la sua vita. Alla fine di Era
Ora l’uomo riesce a ristabilire l’equilibrio temporale e
la sua vera realtà cioè quella dell’amore per Alice e per sua
figlia.
La casa di Dante e Alice
Dopo i mesi passati tra le mura di
casa, in quel primo lockdown nella Primavera del 2020, abbiamo
scoperto tutti l’importanza della nostra abitazione, anche come
luogo che rispecchia noi come persone e il nostro essere interiore.
Questo avviene anche in Era Ora, gli spettatori
capiscono e forse anche prima del protagonista, che è cambiato
qualcosa, che è passato del tempo proprio dall’arredamento
dell’appartamento di Dante e Alice. Nei primi anni della convivenza
la casa è piena di luce che entra dai finestroni
sul giardino, è colorata e molto femminile, con l’arrivo di
Galadriel appaiono anche i giochi e nel momento della separazione
il salotto e la cucina si trasformano e diventano più funzionali,
con mobili minimali e freddi che rispecchiano l’involuzione di
Dante che vive solo e pensa solo al lavoro.
Era Ora come una favola
contemporanea
Il quarto
lungometraggio diretto da Alessandro
Aranadio porta sullo schermo uno dei problemi della nostra
società, il tempo che passa e non si riesce mai a trovare il
momento per godersi lentamente e insieme qualcosa di bello, come ad
esempio una semplice colazione. Dante è un uomo che rispecchia
fedelmente le ossessioni contemporanee e come
l’incomunicabilità in una coppia porta prima o poi ad una
separazione anche se ci si ama veramente. Questo film possiede una
parte fantasy, dosata molto bene da risultare uno
dei punti di forza ma anche un vero omaggio alla commedia americana
cult degli anni Novanta come Ricomincio da capo,
dove il protagonista finiva, anche lui, in un circolo
temporale.
Dante però non vive lo stesso giorno
all’infinito, ma ogni giorno è un anno che va avanti, suo padre
intanto muore, la figlia cresce e quindi deve sprigarsi e capire
come risolvere l’incubo in cui è intrappolato. La recitazione di
Edoardo Leo e Barbara Ronchi sono
il punto fermo di un racconto ripetivo ma sempre mutevole, come i
numerosi personaggi che ruotano intorno alla coppia durante i 109
minuti del racconto. Era Ora è una favola
contemporanea, una commedia romantica che parla di sentimenti, dei
rimorsi e del tempo, quello che passa come gli anni senza che c’è
ne accorgiamo.
Ecco la nostra intervista a
Edoardo Leo e Barbara Ronchi,
protagonisti di Era Ora, film di Alessandro
Aronadio disponibile su Netflix dal 16 marzo. E se un anno della vostra vita
durasse un solo giorno? La commedia romantica, prodotta da
BIM Produzione (una società del Gruppo Wild Bunch), Palomar
(Mediawan Group) e Vision Distribution,
dopo il passaggio all’ultima Festa del Cinema di
Roma (sezione Grand Public), è in arrivo in Italia e
contemporaneamente nei 190 Paesi in cui è disponibile il
servizio.
La trama di Era Ora
In “Era Ora”, Dante (Edoardo Leo) e
Alice (Barbara Ronchi) si amano alla follia. Peccato che lui sia la
tipica persona a cui una giornata non basta mai, che arriva sempre
in ritardo e si barcamena a fatica tra i mille impegni quotidiani
di lavoro e vita privata. Succede anche il primo giorno dei suoi
quarant’anni, quando Dante si presenta in ritardo di ore alla sua
festa di compleanno. A detta sua, la soluzione sembra a portata di
mano: se lavorerà abbastanza, magari tra qualche anno sarà riuscito
a comprarsi un po’ di tempo. Ma cosa succede quando l’indomani si
sveglia e si ritrova un anno in avanti? Come è possibile che sia
già il giorno del suo quarantunesimo compleanno? E come fa Alice a
essere incinta di quattro mesi? Cosa ne è stato del resto del suo
anno?
Quando, a un suo nuovo risveglio,
Alice gli mette tra le braccia una bella bambina di qualche mese
augurandogli buon quarantaduesimo compleanno, Dante realizza
definitivamente di essere stato catapultato in un incubo a occhi
aperti: per qualche inspiegabile motivo sta vivendo una vita
accelerata, di cui non ha memoria né controllo. Riuscirà a
comprendere il valore del tempo prima che la sua vita vada a
rotoli?
ERA ORA, tratta dal
film “Long Story Short” (scritto e diretto da Josh Lawson), è
un’esilarante e commovente romantic comedy su quella stravagante
avventura che ci ostiniamo a chiamare tempo. Prodotto da
Carlo Degli Esposti, Nicola Serra, Riccardo Russo,
vede nel cast anche Mario Sgueglia, Francesca Cavallin, Raz
Degan, Massimo Wertmüller e Andrea
Purgatori.
E se un anno della vostra vita
durasse un solo giorno?
Netflix è lieta di annunciare che Era Ora, il
film diretto da Alessandro Aronadio, con
protagonisti Edoardo Leo e Barbara
Ronchi, sarà disponibile dal 16 marzo solo su Netflix.
La commedia romantica, prodotta da
BIM Produzione (una società del Gruppo Wild Bunch), Palomar
(Mediawan Group) e Vision Distribution, dopo il passaggio
all’ultima Festa del Cinema di Roma (sezione Grand Public), è in
arrivo in Italia e contemporaneamente nei 190 Paesi in cui è
disponibile il servizio.
In “Era Ora”, Dante (Edoardo
Leo) e Alice (Barbara Ronchi) si
amano alla follia. Peccato che lui sia la tipica persona a cui una
giornata non basta mai, che arriva sempre in ritardo e si barcamena
a fatica tra i mille impegni quotidiani di lavoro e vita
privata.
Succede anche il primo giorno dei
suoi quarant’anni, quando Dante si presenta in ritardo di ore alla
sua festa di compleanno. A detta sua, la soluzione sembra a portata
di mano: se lavorerà abbastanza, magari tra qualche anno sarà
riuscito a comprarsi un po’ di tempo.
Ma cosa succede quando l’indomani si
sveglia e si ritrova un anno in avanti? Come è possibile che sia
già il giorno del suo quarantunesimo compleanno? E come fa Alice a
essere incinta di quattro mesi? Cosa ne è stato del resto del suo
anno?
Quando, a un suo nuovo risveglio,
Alice gli mette tra le braccia una bella bambina di qualche mese
augurandogli buon quarantaduesimo compleanno, Dante realizza
definitivamente di essere stato catapultato in un incubo a occhi
aperti: per qualche inspiegabile motivo sta vivendo una vita
accelerata, di cui non ha memoria né controllo. Riuscirà a
comprendere il valore del tempo prima che la sua vita vada a
rotoli?
Era Ora, tratta dal
film “Long Story Short” (scritto e diretto da Josh Lawson), è
un’esilarante e commovente romantic comedy su quella stravagante
avventura che ci ostiniamo a chiamare tempo. Prodotto da Carlo
Degli Esposti, Nicola Serra, Riccardo Russo, vede nel cast anche
Mario Sgueglia, Francesca Cavallin, Raz Degan, Massimo Wertmüller e
Andrea Purgatori.
E se un anno della vostra vita
durasse un solo giorno? Netflix annuncia che ERA ORA, il
film diretto da Alessandro Aronadio, con
protagonisti Edoardo Leo e Barbara Ronchi,
sarà disponibile dal 16 marzo solo su Netflix.
La commedia romantica, prodotta da
BIM Produzione (una società del Gruppo Wild Bunch), Palomar
(Mediawan Group) e Vision Distribution,
dopo il passaggio all’ultima Festa del Cinema di
Roma (sezione Grand Public), è in arrivo in Italia e
contemporaneamente nei 190 Paesi in cui è disponibile il
servizio.
La trama di Era Ora
In “Era Ora”, Dante (Edoardo Leo) e
Alice (Barbara Ronchi) si amano alla follia. Peccato che lui sia la
tipica persona a cui una giornata non basta mai, che arriva sempre
in ritardo e si barcamena a fatica tra i mille impegni quotidiani
di lavoro e vita privata. Succede anche il primo giorno dei suoi
quarant’anni, quando Dante si presenta in ritardo di ore alla sua
festa di compleanno. A detta sua, la soluzione sembra a portata di
mano: se lavorerà abbastanza, magari tra qualche anno sarà riuscito
a comprarsi un po’ di tempo. Ma cosa succede quando l’indomani si
sveglia e si ritrova un anno in avanti? Come è possibile che sia
già il giorno del suo quarantunesimo compleanno? E come fa Alice a
essere incinta di quattro mesi? Cosa ne è stato del resto del suo
anno?
Quando, a un suo nuovo risveglio,
Alice gli mette tra le braccia una bella bambina di qualche mese
augurandogli buon quarantaduesimo compleanno, Dante realizza
definitivamente di essere stato catapultato in un incubo a occhi
aperti: per qualche inspiegabile motivo sta vivendo una vita
accelerata, di cui non ha memoria né controllo. Riuscirà a
comprendere il valore del tempo prima che la sua vita vada a
rotoli?
ERA ORA, tratta dal film “Long Story Short”
(scritto e diretto da Josh Lawson), è un’esilarante e commovente
romantic comedy su quella stravagante avventura che ci ostiniamo a
chiamare tempo. Prodotto da Carlo Degli Esposti, Nicola
Serra, Riccardo Russo, vede nel cast anche Mario
Sgueglia, Francesca Cavallin, Raz Degan, Massimo
Wertmüller e Andrea Purgatori.
Lunedì 11 Ottobre inizieranno
le riprese del nuovo film di Alessandro Aronadio: ERA
ORA. Il film vede Edoardo
Leo (DANTE) e Barbara
Ronchi (ALICE) nel ruolo di una giovane coppia.
Dante ha un bellissimo rapporto con
la fidanzata Alice, ma ne ha uno davvero pessimo con il tempo.
Assorbito da mille impegni, arriva sempre in ritardo e ha
l’impressione che la sua vita stia scorrendo troppo velocemente. Il
giorno in cui compie quarant’anni quell’impressione diventa
incredibilmente realtà. Da quel momento Dante si ritrova a saltare
in avanti di anno in anno, senza avere più controllo della sua
vita.
Era Ora è
un’esilarante e commovente romantic comedy su quello straordinario
viaggio che ci ostiniamo a chiamare tempo.
Scritto da Alessandro
Aronadio e Renato Sannio,
ERA ORA è una co-produzione BIM
PRODUZIONE, PALOMAR e VISION
DISTRIBUTION e distribuito in Italia e nel mondo
da VISION DISTRIBUTION.
La nuova commedia di
Alessandro Aronadio con Edoardo Leo, Era
Ora, remake dell’australiano
Come se non ci fosse un domani, ha
stabilito un importantissimo risultato nella sua prima settimana di
disponibilità su Netflix. La pellicola ha infatti aperto al
primo posto della Top Ten di Netflix per quanto
riguarda i film in lingua non inglese, con un
risultato di 11,55 milioni di ore viste, superando
il film tedesco Niente di nuovo sul fronte
occidentale (9,5M), tornato nelle posizioni alte
della classifica dopo gli Oscar vinti.
Si tratta di un risultato
particolarmente, che porta Era Ora al
fianco di titoli come Il mio nome è
vendetta, Non mi uccidere, Love & Gelato e Yara, film
italiani che negli scorsi mesi avevano a loro volta raggiunto
ottime posizioni in tale classifica. Ad annunciare tale traguardo
di Era Ora, oltre alla stessa Netflix, è lo stesso
regista, che tramite il proprio account Facebook ha scritto:
“Era Ora è il film non in lingua inglese più visto al
mondo su Netflix con, secondo i dati usciti ieri sera, 11.500.000
di ore di visioni. Significa che in quattro giorni (siamo usciti il
16 marzo) EraOra è stato visto più o meno da sei milioni di
persone”.
Per chi non l’avesse ancora visto,
il film (qui la recensione) ruota intorno
a Dante, la cui vita si basa interamente sul proprio lavoro, di
fatto perdendo tutti gli altri momenti importanti che invece
dovrebbe godersi. Quando ad un certo punto Dante inizia ad
accorgersi che ogni nuovo giorno che vive corrisponde ad un anno in
più. Un vero e proprio incubo temporale, dal quale Dante dovrà
riuscire a sfuggire prima che perda tutti i momenti migliori della
sua esistenza.
Notorious Pictures
ha diffuso il trailer ufficiale di Era mio
figlio, il film di guerra di Todd
Robinson con protagonisti
Samuel L. Jackson, Bradley Whitford,
Sebastian Stan, William Hurt, Christopher Plummer.
Era mio
figlio è la toccante storia del padre di Pitsenbarger
che, insieme a tutti i sopravvissuti del Vietnam, ha presentato una
petizione al Governo degli Stati Uniti per consegnare a suo figlio,
eroe caduto in battaglia, quella medaglia che gli era stata negata,
ma che meritava così tanto.
Era mio figlio, la trama
Questa è la vera storia
dell’eroe di guerra William Pitsenbarger: un paramedico
dell’Aeronautica Militare che ha salvato personalmente oltre 60
uomini, prima di essere ucciso nella più violenta battaglia della
guerra del Vietnam. Nonostante la possibilità di fuggire con
l’ultimo elicottero dal campo di battaglia, Pitsenbarger preferì
rimanere per salvare e difendere tutti i soldati rimasti a terra.
Alla fine fu ucciso da un proiettile nemico, sacrificando la
propria vita per i suoi compagni. Per le sue azioni eroiche,
Pitsenbarger ricevette il più alto riconoscimento militare che un
soldato potesse ottenere, la Medaglia d’Onore. Questa medaglia
viene assegnata per atti di incredibile valore, che vanno al di là
del dovere personale.
Scritto e diretto dal pluripremiato
regista israeliano Savi Gabizon, frutto di una
collaborazione tra Stati Uniti, Canada e Israele, Era mio
figlio (titolo originale Longing) è il
remake in lingua inglese del precedente film di
Gabizon del 2017, Ga’agua, girato
in lingua ebraica, premio del
Pubblico ai Venice Days del 2017 alla Mostra del Cinema di
Venezia e vincitore del premio per la Miglior Sceneggiatura agli
Israeli Academy Awards.
Distribuito da Lucky Red, il film arriva al
cinema il 18 luglio.
Era mio figlio, la
trama
Daniel, un ricco scapolo newyorkese
(Richard Gere), è costretto a rivedere le sue scelte di vita quando
scopre che l’ex fidanzata canadese (Suzanne Clément) ha avuto un
figlio dopo la loro separazione avvenuta 20 anni prima.
E’ online un breve teaser del
quarto capitolo dell’era glaciale intitolato: Ice Age: Continental
Drift. L’uscita del film è prevista per il 2012. Ecco il
teaser:
La Paramount Insorge
ha dato il via libera per lo sviluppo e la produzione di un nuovo
film di fantascienza low-budget dal
titolo Equinox. La sceneggiatura verrà sviluppata
quasi sicuramente dalla coppia Simon Boyes e
Adam Mason. Anche se la trama non è stata ancora del
tutto rivelata, alcune indiscrezioni paragonano
Equinox ad una versione fantascientifica del thriller
Dead Calm diretto nel 1989 da Philip
Noye.
Il lungometraggio sarà ispirato al
romanzo del 1963 dello scrittore Charles Williams, e
racconterebbe le vicende di una coppia di sposi che, durante un
viaggio in mare, prende a bordo un naufrago che si rivela essere un
sadico assassino. Il tutto però rivisitato sotto la lue della
fantascienza, con ambientazioni di sicuro spaziali. Bryan
Brucks e Stefan Sonnenfeld saranno i
produttori del film, accanto a Sarah Perlman.
Cast:
Christian Bale, Sean Bean, Taye Diggs, Dominic Purcell, Emily
Watson.
Trama: Dopo la
terza guerra mondiale dei primi anni del XXI secolo, la razza umana
ha sentito il bisogno di darsi una regolata bandendo le proprie
emozioni, ritenute le principali colpevoli dei crimini di violenza
ed odio.
Sotto questa legge è sorta Libria,
una società-stato governata da Il Padre, un dittatore
carismatico e onnipresente, che attraverso l’utilizzo di un farmaco
inibitore di emozioni, il Prozium, controlla la vita dei
cittadini. Per evitare rappresaglie e per combattere i ribelli,
cittadini non consoni all’uso del Prozium, vengono messi al
rogo tutte quelle cose, dai libri alla musica, che possano
suscitare emozioni e viene costituito un corpo speciale, formato
dagli agenti Cleric, dedito alla salvaguardia della società.
Ma sarà proprio un cleric, John Preston (Christian Bale), a
mettere in dubbio questo sistema dopo aver provato egli stesso
delle emozioni.
Analisi: Cosa
saremmo noi umani senza emozioni? Come sarebbero i nostri risvegli
senza un accompagnamento musicale? E che valore avrebbero le nostre
giornate senza la lettura di un libro, di un abbraccio, di una
risata e, perché no, di un litigio?
Equilibrium esplora questa possibile
realtà, trasportandoci in un futuro freddo e schematico, dove gli
esseri umani sono ridotti ad una schiavitù mediatica e chimica.
Libria ha tutti i connotati di città senza emozioni: edifici
imponenti monocromatici, strade grigie, abiti uguali per tutti, lo
stessa saturazione azzurra del cielo porta con sé un senso di
anedonia. E’ un’ambientazione già vista, in diverse misure, in
altri film, e letta nei romanzi futuristici.
Equilibrium sembra essere una via di
mezzo di tante opere, che si intersecano e coesistono per un breve
istante, e poi vanno a morire in qualche forzatura di sceneggiatura
o in qualche scelta registica orientata ad un prodotto che
preferisce la forma piuttosto che la sostanza. In effetti, quello
che Kurt Wimer ci propone è una giusta
contrapposizione tra trama e azione. Se la prima è vacillante, la
seconda sembra essere il punto forte del film. Spettacolari,
istantanee e dosate alla perfezione, intervallate spesso da momenti
più introspettivi, le scene d’azione convincono egregiamente,
emulando un po’ gli effetti tipici del capostipite del genere
(Matrix) ma senza strafare e rendendosi
appetibili con coreografie quanto mai azzeccate e
innovative.
Christian Bale
sopperisce come può ad un ruolo che, per sua natura, deve conferire
una faccia asettica e quantomeno priva di espressione. Peccato che
quando debba mostrarle, le emozioni e le espressioni, sembri sia
impiastricciato nel personaggio, come se il prozium lo usasse
davvero. Non la sua miglior prova ma, sicuramente, superiore al
resto del cast, svantaggiato da una sceneggiatura che lascia ai
rispettivi personaggi solo ruoli marginali o di comparsa; patetico,
è per esempio, il breve utilizzo di un ottimo attore come
Sean Bean.
Equilibrium lascia un po’ l’amaro in
bocca dopo averlo visto. C’erano potenzialità da sfruttare meglio;
lo stesso finale, un veloce e scontato epilogo verso una vittoria
senza connotati riflessivi, fa storcere un po’ il naso a chi, come
me, oltre alla potenza scenica vuole anche una trama da
mordere.
E se provassimo per una volta a
giocare, a elencarvi una serie di elementi che nascondono un filo
comune da scoprire? Per esempio potremmo iniziare con:
Black Mirror, Her e William
Shakespeare. Proprio così, la miniserie inglese andata in
onda per due stagioni su Channel 4, il film di Spike
Jonze con Joaquin Phoenix e il grande, immenso
drammaturgo britannico autore di Romeo e Giulietta. Nel
primo caso parliamo di un prodotto futuristico, che vuole aprirci
gli occhi su dove stiamo andando e come ci stiamo andando; nel
secondo è il turno dei sentimenti, dei rapporti umani. Di
Shakespeare possiamo invece nominare i suoi finali ambigui,
beffardi, segnati spesso da tragiche incomprensioni, proprio come
nel caso della suddetta tragedia fra Montecchi e Capuleti.
D’accordo, ammettiamo che indovinare può essere abbastanza
difficile, essere però su questa pagina dovrebbe aiutarvi: la
risposta esatta è Equals, il film diretto
da Drake Doremus e scritto da Nathan
Parker.
Ci troviamo in un mondo asettico,
interamente fatto di bianco e toni di grigio, privo di qualsiasi
colore minimamente saturato. Un futuro immaginario nel quale uomini
e donne sembrano androidi, impossibilitati a sentire qualsivoglia
emozione a causa di un regime totalitario che ama ovviamente il
controllo e la sterilità emotiva assoluta. Non sempre però il
trattamento riservato a ogni neonato funziona come deve, accade
dunque che molte persone siano affette dalla sindrome SOS, ovvero
sono capaci di tornare gradualmente a essere umani comuni, come
noi, sensibili al dolore, alla tristezza, alla felicità e –
soprattutto – all’amore.
Le atmosfere di
Equals potrebbero benissimo appartenere a una
puntata low budget di Black Mirror,
mentre la crisi dei rapporti come in Her si ritrova in una società
incapace di amare. Silas e Nia si scoprono infatti amanti solo per
caso, poiché entrambi affetti dalla ‘terribile’ sindrome, dunque
formalmente destinati alla soppressione. Il loro resistere, la loro
ostinazione rappresenta però una minima speranza di rivalsa, di
rivoluzione, uno scossone alla nostra epoca da molti tacciata come
“insipida”, troppo condizionata dalla tecnologia. Certo non può
essere tutto semplice e lineare, ed è qui che entrano in gioco gli
equivoci shakespiriani, le fughe clandestine, gli istinti
umani.
Probabilmente a leggere tutto
questo vi sarà salita una discreta curiosità, giustamente, poiché
sulla carta Equals è un progetto di base
interessante. Tocca invece darvi una serie di brutte notizie,
poiché la realtà delle cose è molto diversa dalle sensazioni ‘a
pelle’. Il regista di Like Crazy realizza
un film senza sapore come la società che vorrebbe attaccare,
dall’ossatura (e dunque una sceneggiatura) fragile, eterea, che
sembra composta da una manciata di righe di copione mescolate alla
buona. Il ritmo stenta a decollare così come il coinvolgimento
emotivo, che resta sempre piuttosto freddo e distaccato. Non
aiutano una regia anonima e una sequela infinita di sfocature
estreme che solleticano solo grandi mal di testa, idem per i due
attori protagonisti.
Nicholas Hoult e Kristen Stewart risultano statici,
monocorda, tutti d’un pezzo, mentre c’era un forte bisogno di
personalità dinamiche, capaci di giocare con le sfumature e le
meccaniche del film. Si finisce così a osservare robot vuoti anche
durante i momenti in cui l’umanità dovrebbe al contrario risaltare
e dominare. Di tutti gli spunti positivi che si potevano catturare
da Black Mirror,
Her,Shakespeare rimane nei
fatti poco e niente, nel fondo del bicchiere si scorge solo un
melò stantio per teenager un po’ ingenui. E, paradossalmente,
più o meno tutti uguali.
Rian Johnson,
regista dell’atteso Episodio VIII della saga della
Lucasfilm, Star Wars: Gli Ultimi
Jedi, ha commentato a lungo la natura del film, il
desiderio di staccarsi dal passato, ma anche, infine, i cambiamenti
e le intenzioni differenti che sono state attuate anche in rapporto
al film precedente, l’Episodio VII.
In particolare, il regista ha
spiegato in cosa sono state diverse le morti di Han Solo e di Luke
Skywalker, i due personaggi storici che scompaiono alla
fine dei primi due film di questa terza trilogia.
Parlando con Uproxx, il regista
ha spiegato: “Prima di tutto volevo che la morte di Luke fosse
in contrasto con quella di Han in Episodio VII. Quella di Han è
stata violenta, una sconfitta. Per Luke, volevo che fosse pacifica,
una vittoria invece. Volevo che vincesse con il suo ultimo sforzo.
Quindi dall’inizio ho capito che volevo questa sensazione. E così
gli altri elementi sono arrivati di conseguenza. Ma per entrambi
sembra la fine giusta da fare.
Molti di noi che sono cresciuti
con Star Wars stanno vivendo un momento nella vita in cui hanno
avuto, o hanno persone che per loro sono dei mentori e queste
persone stanno invecchiando, cominciano a fare i conti con la fine.
Il nostro rapporto con queste persone diventa quindi un’altra cosa.
Si tratta di un elemento della vita che molte persone della mia
età, fan di Star Wars, cominciano a capire. E mi sembrava
intellettualmente onesto introdurre questo tipo di sensazione nel
film.”
Star Wars: Gli Ultimi Jedi, i cameo famosi dell’Episodio
VIII
Durante un’intervista
con THR, Colin
Trevorrow (Jurassic World) si è trovato a
commentare il suo approccio al prossimo Star
Wars Episodio IX, film che lo farà entrare nella saga
Lucasfilm e sicuramente lo metterà a dura prova,
considerata la grande attenzione che c’è intorno a questo
progetto.
In merito a Episodio
IX e al suo approccio al film, Trevorrow ha dichiarato:
“Non solo sono cresciuto con queste storie, come tutti noi, ma
penso anche che alcuni dei valori di Star Wars siano molto vicini
ai valori in cui credo io. Sento che il messaggio del modo in cui
la Forza ti insegna a trattare le altre persone e mostrare rispetto
per gli altri e il modo in cui guida attraverso le fasi della vita
è davvero importante per me. Spero che tutti capiscano che questo
tipo di storie mi hanno condizionato profondamente così come hanno
toccato loro. Penso che la sfida, per me, sia di riconoscere che
tutti hanno la loro personale relazione con queste storie, a
seconda di chi sei. Ho bisogno di fare un film che venga
apprezzato, anche se la vostra esperienza è differente, il che mi
permetterà di fare qualcosa di profondamente emozionante e
soddisfacente per le persone di tutto il mondo. E ci penso
moltissimo.”
Oltre a parlare del suo
Episodio IX, Trevorrow ha anche espresso il suo
sostegno a Ron Howard e al film su
Han Solo: “I film sono
molto personali, l’arte è molto personale, per le persone, provare
a trasformare questa cosa in qualche cosa che deve per forza
catturare l’interesse è frustrante e triste, perché so che quel
film significa moltissimo per quelli che sono coinvolti. E tutti
quelli che sono coinvolti nel film sono appassionati e lavorano
duramente per continuare il lavoro al meglio.”
Grazie alla segnalazione di un
lettore, vi proponiamo questa Epic Rap Battles of History
in cui quattro grandi registi si scontrano a colpi di rap. Chi è il
vostro preferito tra Steven Spielberg, Quentin Tarantino, Alfred
Hitchcock e Stanely Kubrick?
Attenzione all’ultimo arrivato che
potrebbe decisamente far pendere l’ago della bilancia dalla sua
parte, grazie ai suoi incontrovertibili argomenti!
Il canale Youtube da cui proviene il video è “specializzato” in
battaglie rap tra personaggi storici, come dice il nome stesso Epic
Rap Battle.
La Lionsgate ha
deciso, insieme all’attore e comico Ed Helms
(Una notte da leoni) e a Nicky Weinstock,
di portare sul grande schermo Epic Fail,
commedia nata da un’idea dello stesso Helms, che nel film figurerà
anche come interprete principale. La trama della pellicola racconta
la storia di un gruppo di soldati che, una volta incaricati di
svolgere determinate missioni, utilizzano metodi poco ortodossi per
risolvere le difficoltà che incontrano sul loro cammino.
Il loro leader, un certo The Walrus
(che sarà interpretato da Helms), dimostrerà tutta la sua
“esperienza” quando il gruppo verrà chiamato a salvare
l’America da un attacco imminente. Il film sarà sceneggiato da
Mike Arnold e Chris Poole, mentre
Weinstock produrrà con la sua Invention Films in
collaborazione con Helms e la Pacific Electric Picture
Company.
Ecco un’avvincente scena di
battaglia nell’ultima clip di Epic ,
nuovo film d’animazione nato dai creatori de L’Era
Glaciale e
Rio.
Ecco il video:
Nei cinema in 3D a partire dal 24
maggio, il film vanta nel cast vocale le voci di Beyonce
Knowles, Colin Farrell, Josh Hutcherson, Amanda Seyfried, Christoph
Waltz, Aziz Ansari, Pitbull, Jason Sudeikis, Steven Tyler, Blake
Anderson e Judah Friedlander.
Epic racconta
la storia di una imminente battaglia, nel profondo della foresta,
tra le forze del bene e quelle del male. Quando una ragazza
adolescente si trova magicamente trasportata in questo universo
segreto, si unirà ad una sgangherata e divertente banda di
personaggi per salvare il loro mondo e il nostro.
Arriva il primo trailer di
Epic –
Il mondo segreto, film d’animazione prodotto dai Blue
Sky Studios (L’era Glaciale e Rio) e distribuito dalla 20th Century
Fox. La pellicola arrivera il 24 Maggio 2013 negli USA, ancora
nulla sulla distribuzione italiana.
ll film racconta l’epica battaglia nel cuore della foresta tra
le forze del bene e del male. Una teenager si trova trasportata in
questo universo segreto: dovrà allearsi con un team di personaggi
divertenti e alquanto strani per salvare il loro mondo… e il
nostro.
«Solo perché non hai visto qualcosa
non vuol dire che non esista» ricorda sempre il bislacco professor
Bomba (Jason
Sudeikis) a sua figlia Mary Katherine (Amanda
Seyfried), provando ad arginare il suo costitutivo e
radicato scetticismo e invitandola a spingersi oltre i confini di
un primo strato di realtà, quello manifesto, per poter scoprire che
ne esiste un altro, più piccolo ma altrettanto vivace e misterioso.
Fin da bambina la giovane protagonista di Epic – Il mondo
segreto era incredula di fronte ai racconti paterni che
suscitavano – niente di più, niente di meno- lo stupore delle fiabe
ma, a lungo andare, anche rabbia e incomprensione verso un padre
assente, impegnato a inseguire l’esistenza di abitanti in
miniatura, guardiani coraggiosi e condottieri, della natura e
della foresta. Fino a quando un’evento inaspettato non le mostrerà
che è proprio tutto vero catapultandola, in versione più
ridotta, in una fantastica avventura.
Epic – Il mondo segreto, il film
Basato sul libro per bambini The
Leaf Men and the Brave Good Bugs di William Joyce Epic
– Il mondo segretoè il nuovo
film d’animazione degli Blu Sky Studios, diretto da Chris
Wedge e distribuito nelle nostre sale dalla 20th Century
Fox, a partire da domani. Dopo la parabola deludente dei quattro
capitoli dell’Era glaciale, la casa di
produzione americana risolleva aspettative e ambizioni proponendo
una storia coinvolgente e affascinante, sostenuta nel ritmo e
nell’emozione.
L’epica lotta tra le forze del bene
e del male, per conquistare il dominio di mondi fatati, è un
leitmotif del genere fantasy e di animazione, che difficilmente
stanca perché capace di combinare, al suo interno, elementi tipici
del romanzo di formazione (il percorso di crescita del
personaggio), unitamente a quelli fiabeschi e d’avventura, tesi
invece a rispolverare l’immaginazione. Non si tarderà dunque a
riconoscere l’omaggio ai precedenti cinematografici sul tema, dalla
Storia Infinita di Wolfgang
Petersen ad Alice nel paese delle
meraviglie della Walt Disney, fino al capolavoro della
nostra infanzia Tesoro mi si sono ristretti i
ragazzi di Joe Johnston: quest’ultimo
citato, esplicitamente, nella scena del gatto gigantesco che
rincorre la sua preda umana, disorientata dalle mutate proporzioni.
Il tutto qui acquista spessore e profondità, non soltanto per la
tecnologia digitale e il 3D, ma anche per le splendide musiche di
Danny Elfman: il perfetto commento sonoro a eventi
e sentimenti messi in scena.
Terzo appuntamento e giro di boa
sempre più vicino per l’unico late night show in onda in prima
serata della tv italiana. Condotto da Alessandro Cattelan,
EPCC A TEATRO ritorna domani –
martedì 9 ottobre alle 21.15 – su Sky
Uno con altri grandi ospiti alla sua celebre scrivania che
per l’occasione occupa il palcoscenico del Teatro Parenti di
Milano: la senatrice Monica Cirinnà, promotrice e
prima firmataria della legge sulle Unioni Civili, e uno fra gli
attori più amati del cinema italiano, Valerio
Mastandrea.
Risate ma anche spunti di
riflessione nella terza puntata, aperta da un
monologo che toccherà temi come il bullismo, il web e la mancanza
di un vero e proprio diritto all’oblio per quanto di più
imbarazzante dalla rete possa emergere per ciascuno di
noi.
Testimonial d’eccezione del
messaggio contro tutte le forme di discriminazione sarà Monica
Cirinnà, primo ospite della puntata in onda domani sera. La
senatrice aiuterà Alessandro Cattelan a creare un tutorial
semiserio per orientarsi fra i vari istituti del diritto di
famiglia, dal matrimonio alle unioni civili fino alle coppie di
fatto. E sarà lei a lanciare l’irresistibile fake
trailer di BULLI ELLIOT,
un kolossal con Alessandro Cattelan unico etero (discriminato)
in un mondo di soli omosessuali. Nel cast anche Guglielmo
Scilla, Diego
Passoni, Ildo
Damiano, Tommaso
Zorzi e Alessandro Fullin.
Di gioie e dolori della paternità,
ma anche di tanto altro, parlerà con Alessandro Cattelan Valerio
Mastandrea, che aveva inaugurato questi sei appuntamenti speciali
di EPCC in prima serata con un rvm diventato subito cult, ispirato
a Birdman, il film Premio Oscar di Iñárritu, e che sul
palcoscenico del Teatro Parenti porterà un toccante monologo di
Mattia Torre su genitori e figli.
Ospite domani sera anche il
campione di eSports Nicolò Mirra, giocatore
professionista di FIFA per l’AS Roma.
E POI C’È CATTELAN A
TEATRO, tutti i martedì alle 21.15 su Sky Uno e disponibile su Sky
On Demand