Si intitolerà Brave New World, Dallas 3×15,
l’atteso finale di stagione della serie di successo prodotta dal
network TNT.
In Dallas
3×15, Ewing e
i Rylands affrontano il cartello per
pagare lo scotto: alcune vite sono state salvate, altre
perse. Bobby e Sue
Ellen formano un nuova allenza per proteggere la
famiglia, che si oppone a John Ross, che sta ancora tentando di
riprendere il comando della Ewing Global e sistemare il suo
matrimonio con Pamela. Elenaviene spinta al
limite quando scopre il tradimento di Nicolas. Alla fine della
terza stagione, i nemici vengono mascherati, le nuove alleanze
formate e John Ross scopre un segreto
scioccante su J.R. che lo porta in giro al mondo in cerca di un
nuovo complice.
Si intitolerà Endgame, Dallas 3×14,
il quattordicesimo episodio della terza stagione
di Dallas, che sta per
concludersi.
In Dallas
3×14 Mentre Christopher corre per
trovare Elena, Bobby viene ingannato dal
cartello. John Ross non riesce più a
stare fermo e guardare e decidere di mettere a rischio la propria
vita nel tentativo di salvargli la vita.
Mentre, Nicolas tenta di mettersi alla
prova agli occhi di Elena stringendo un patto con le autorità che
lo mette in collisione con il piano di John ross e mette le loro
vite in pericolo.
Si intitolerà Boxed In, Dallas 3×13,
il tredicesimo episodio della terza stagione
di Dallas, reboot della mitica
omonima serie in onda su TNT.
In Dallas 3×13 Bobby (Patrick Duffy)
tenta di salvare alcune vite nella vigila del rapimento della
famiglia.John Ross (Josh Henderson)
e Pamela (Victoria Principal)
raggiungono un accordo cauto. La spirale
di Elena (Jordana Brewster) è in discesa
libera dopo aver scoperto la verità
diNicolas (Juan Pablo Di
Pace); Christopher (Jesse Metcalfe) ha
paura per la sicurezza diElena,
mentre Bobby si trova a dover fare una
scelta.
In Dallas 3×09, La
premiere di metà stagione ritrova la
famiglia Ewing alla ricerca di risposte su chi
abbiaappiccato il fuoco al Southfork Ranch e
chi sopravviverà. Mentre John Ross ed Emma lottano con il loro
ruolo nell’overdose di Pamela, i rapporti tra
la famiglia sono per sempre cambiati.
Può una ragazza sulla sedia a
rotelle sposare un uomo che sconta una pena di 30 anni per aver
ucciso un uomo? Ma prima ancora, possono due persone ‘sconfitte’
innamorarsi in tali situazioni? Dalla vita in poi
racconta proprio la storia di Katia e Danilo e del loro amore, nato
per caso e per sbaglio come quello di Rossana per Cyrano. Il
regista Gianfrancesco Lazzotti ci racconta un
melodramma con toni da commedia, incastrando coraggiosamente per il
panorama italiano storie dolorose e difficili con un linguaggio che
fa sorridere.
Molto bravi gli attori protagonisti
di Dalla vita in poi, Cristiana Capotondi che fa di tutto per
togliersi di dosso la sua immagine di perenne ragazzina riesce
credibilmente a rappresentare la forza e il coraggio di questa
donna affetta da distrofia muscolare ma non per questo sconfitta e
arresa alla vita; allo stesso modo Filippo Nigro, che interpreta Danilo, offre
come suo solito una buona interpretazione.
Notevole il lavoro fatto sulla
raffinatissima e molto brava Nicoletta Romanoff che il regista ha voluto
trasformare nella coatta Rosalba, forse esagerando e scadendo nel
cliché. Ottimi anche i comprimari a partire da
Insegno e Buccirosso che come
sempre offrono interpretazioni convincenti. Intanto però se gli
attori sono così bravi, la sceneggiatura non è molto omogenea
presentando diversi punti di squilibrio che inficiano la riuscita
di un film basato su un’idea non geniale ma innovativa.
Nel complesso Dalla vita in
poi si lascia guardare, soprattutto perché è basato sui
personaggi che muovono bene il racconto e ne portano a compimento
la trama senza strafare, portando a casa un buon film. Interessante
il titolo: è esattamente una battuta che Nigro/Danilo dirà a
Capotondi/Katia: “Infondo tu dalla vita in poi sei normale”,
riferendosi al contrario alla sua condizione di carcerato.
Dalla vita in poi è un film scritto
e diretto da Gianfrancesco Lazotti con protagonisti i noti Filippo
Nigro, Cristiana Capotondi, Nicoletta Romanoff.
Il film racconta la storia di tre personaggi le cui vite sono
intrecciate tra loro in maniera complicata: Rosalba (Nicoletta
Romanoff) ama Danilo (Filippo Nigro), un ragazzo che dovrà
trascorrere parecchi anni in carcere. Per alleviargli la sofferenza
della detenzione decide di scrivergli ogni giorno una lettera. Così
si fa aiutare da Katia (Cristiana Capotondi), la sua amica del
cuore, costretta a vivere su una sedia a rotelle.
Ecco i nomi di alcune star che hanno
trovato successo nel mondo delle serie tv e che poi sono riusciti a
costruirsi una solida carriera di successo anche sul grande
schermo, senza trascurare l’ambito di provenienza.
Entra nel vivo il
progetto formativoDalla pagina allo schermo. Percorsi di
didattica laboratoriale sul rapporto tra cinema e
fumetti, realizzato nell’ambito del Piano
Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola promosso dal
Ministero della Cultura e dal Ministero
dell’Istruzionee del Merito per l’a.s. 2024/2025 e che
vede coinvolti gli Istituti Scolastici di Latina I.C. Don
Milani, I.C. Torquato Tasso e I.C. Giuseppe
Giuliano. Da martedì 11 febbraio avranno inizio gli incontri di
laboratorio, con appuntamenti settimanali che fino alla prima metà
di aprile vedranno gli studenti impegnati nella realizzazione di un
unico grande fumetto collettivo. I laboratori saranno tenuti
da Ilaria Palleschi e Viola
Coldagelli, che seguiranno gli studenti nel disegno di ambienti
e personaggi, fornendo loro gli strumenti necessari per
padroneggiare le tecniche del disegno, del fumetto e della
narrazione.
Al termine del laboratorio, quanto
realizzato dagli studenti verrà poi “adattato” in cortometraggio
grazie ad una fase di riprese gestita dal partner del
progetto, Dreamcatchers Entertainment, sotto la guida
di Francesco Madeo, e dal regista Renato
Chiocca, anche formatore del progetto. In quest’occasione gli
studenti avranno modo di animare loro stessi i personaggi disegnati
davanti all’obiettivo, fornendo anche la propria voce per
raccontare la loro storia. Il prodotto finale di questa fase di
riprese verrà poi gestito dalla stessa Dreamcatchers
Entertainment al fine di dar vita ad un breve
cortometraggio da proiettare poi negli istituti scolastici nel
corso di giornate evento (aperte a tutti) che si svolgeranno a
maggio e interamente dedicate alla dimostrazione di quanto appreso
e compiuto nel corso di questo progetto.
Il progetto Dalla pagina allo
schermo si rivolge a studenti di classi primarie e
secondarie di I° grado, proponendo un percorso di esplorazione
dei rapporti tra cinema e fumetto, entrambe forme di narrazioni
per immagini, attraverso un percorso didattico comparativo che
unisce momenti di alfabetizzazione e di analisi delle
due forme d’arte, incontri laboratoriali di storytelling,
disegno e produzione partecipata finalizzati alla realizzazione
di un prodotto audiovisivo.
Proposto dall’Istituto Don
Milani, il progetto è reso possibile grazie alla collaborazione
tra una rete di dirigenti scolastici del territorio, un gruppo di
operatori culturali e di settore esperti, come Mauro Uzzeo e Renato Chiocca. Ad
affiancarli, una rete di partner che vede Cinefilos APS,
associazione di promozione culturale fondata nel 2019 da un
collettivo di professionisti del settore cinematografico con
l’obiettivo di diffondere la cultura cinematografica, con
particolare attenzione al pubblico giovane, e anche
Dreamcatchers Entertainment, casa di produzione con il
desiderio di proporre una nuova, inedita prospettiva nel raccontare
storie con parole, immagini, musica, utilizzando principalmente
l’innovazione tecnologica e l’infinito potere del video in tutte le
sue forme.
Un’esperienza formativa capace,
dunque, di sviluppare un approccio critico al linguaggio
cinematografico e all’arte del fumetto e di potenziare
le competenze nei linguaggi audiovisivi e creativi.
Al via il progetto formativo
Dalla pagina allo schermo. Percorsi di didattica
laboratoriale sul rapporto tra cinema e fumetti,
realizzato nell’ambito del Piano Nazionale Cinema e Immagini per
la Scuola promosso dal Ministero della Cultura e dal
Ministero dell’Istruzionee del Meritoper l’a.s.
2024/2025 e che vede coinvolti gli Istituti Scolastici di Latina
I.C. Don Milani, I.C. Torquato Tasso e I.C.
Giuseppe Giuliano.
In un arco di tempo che va da
novembre 2024 a maggio 2025, il progetto si rivolge a
studenti di classi primarie e secondarie di I° grado, proponendo un
percorso di esplorazione dei rapporti tra cinema e fumetto,
entrambe forme di narrazioni per immagini, attraverso un percorso
didattico comparativo che unisce momenti di alfabetizzazione
e di analisi delle due forme d’arte, incontri
laboratoriali di storytelling, disegno e produzione partecipata
finalizzati alla realizzazione di un prodotto
audiovisivo.
I formatori di “Dalla Pagina allo Schermo”
Proposto dall’Istituto Don
Milani, il progetto è reso possibile grazie alla collaborazione
tra una rete di dirigenti scolastici del territorio, un gruppo di
operatori culturali e di settore esperti, come Mauro Uzzeo e Renato Chiocca. Ad affiancarli, una
rete di partner che vede Cinefilos APS, associazione
di promozione culturale fondata nel 2019 da un collettivo di
professionisti del settore cinematografico con l’obiettivo di
diffondere la cultura cinematografica, con particolare attenzione
al pubblico giovane, e anche Dreamcatchers Entertainment,
casa di produzione con il desiderio di proporre una nuova, inedita
prospettiva nel raccontare storie con parole, immagini, musica,
utilizzando principalmente l’innovazione tecnologica e l’infinito
potere del video in tutte le sue forme.
Inoltre, immancabile anche una sala
cinematografica del territorio, il Supercinema 2.0 di
Latina, che accoglierà gli studenti per le proiezioni. Gli
appuntamenti sono fissati al 21 gennaio, quando verrà
proiettato il film Nausicaa della Valle del Vento,
capolavoro d’animazione del 1984 del premio Oscar Hayao
Miyazaki; e il 6 febbraio, quando gli studenti
assisteranno invece alla proiezione di Asterix e il segreto
della pozione magica, film del 2018 diretto da Alexandre
Astier e Louis Clichy, facente parte del celebre
franchise di Asterix. Film che, attraverso il confronto con
i rispettivi fumetti, contribuiranno al raggiungimento degli
obiettivi del progetto.
Un’esperienza formativa capace,
dunque, di sviluppare un approccio critico al linguaggio
cinematografico e all’arte del fumetto e di potenziare
le competenze nei linguaggi audiovisivi e creativi.
Negli ultimi anni le produzioni
spagnoli, grazie soprattutto alle piattaforme streaming, si sono
moltiplicate, anche per via del grande successo ottenuto in termini
di critica e pubblico. Titoli come La casa di carta, Vis a Vis – Il
prezzo del riscatto,Élite,Fenómenas – Indagini
occulte o Tin & Tina sono solo
alcuni degli esempi più noti di come la produzione – di film o
serie TV – spagnola abbia invaso gli schermi di tutto il mondo.
Dalla penisola iberica, nel 2022, è arrivato sulla piattaforma un
altro titolo immediatamente divenuto un grande successo, ovvero
Dalla mia finestra, pellicola romantica
di cui è ora stato rilasciato da poco il sequel: Dalla
mia finestra:Al di là del
mare.
Questo secondo capitolo (un terzo,
conclusivo, è già in fase di produzione) porta dunque avanti le
vicende dei due protagonisti, offrendo grande romanticismo ma anche
erotismo e tutte le forti passioni che l’estate può suscitare nei
giovani. Dato l’apprezzamento ricevuto dagli utenti, con questo
secondo film Netflix sembra aver fatto nuovamente centro nel
proporre un prodotto capace di intercettare il proprio pubblico di
riferimento ed entusiasmarlo a dovere. Coloro che hanno apprezzato
la serie di film After potranno infatti ritrovare in
Dalla mia finestra e Dalla mia finestra: Al di là del
mare due titoli altrettanto intriganti.
Diretto da Marçal
Forés, questo sequel in particolare si distingue però
dagli altri titoli dedicati alle relazioni e passioni giovanili
intraprendendo percorsi narrativi inaspettati, offrendo anche colpi
di scena tutt’altro che scontati. Prima di intraprendere una
visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune
delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama e al cast di
attori, ma anche alle location dove si
sono svolte le riprese. Infine, si illustrerà in che modo poter
vedere il film in tutta comodità.
La trama di Dalla mia finestra:
Al di là del mare e il libro da cui è tratto
Dopo gli eventi del primo film,
Ares è andato a studiare a Stoccolma, mantenendo
però con Raquel una relazione a distanza. La cosa,
però, si rivela più complicata di quanto pensassero e nel corso di
questa separazione sono ovviamente molte le esperienze che i due si
trovano a vivere ognuno per conto proprio. Quando i due si
incontrano di nuovo all’inizio dell’estate, la lunga separazione e
le persone che hanno incontrato nel frattempo metteranno infatti in
discussione un legame che entrambi ritenevano indistruttibile. Per
loro, dunque, si prospetta un’estate difficile, durante la quale
dovranno ritrovare un equilibrio nel proprio rapporto.
Il film è l’adattamento del secondo
libro della trilogia scritta da Ariana Godoy, la
quale ha iniziato la sua carriera di scrittrice nel 2009 durante
gli anni universitari, raggiungendo una certa popolarità grazie
alle pubblicazioni che ha realizzato sulla piattaforma gratuita di
lettura e scrittura online, Wattpad. My Love, pubblicato
nel 2011, è stato il suo primo successo su questa piattaforma, che
le è valso il premio per la storia più letta e la migliore storia
dell’anno agli Watty Awards. La Godoy è considerata una dei più
grandi fenomeni letterari emersi da questa piattaforma e anche i
suoi successivi romanzi, come la trilogia di A través
de, si sono affermati come grandi successi.
Il cast e le location di Dalla mia finestra: Al di là del
mare
Ad interpretare i due protagonisti,
Ares e Raquel, vi sono nuovamente gli attori Julio Peña
Fernández e Clara Galle. Lui, attore e
cantante spagnolo classe 2000 è noto, oltre al ruolo di Ares, anche
per aver interpretato Manuel Gutiérrez Quemola nella soap di Disney
Channel Bia e Guillermo Sacristán nella soap Una
vita. La Galle, classe 2002, è divenuta celebre proprio grazie
ai film di Dalla mia finestra, ma ha anche recitato nella
serie La scuola dei misteri. Accanto a loro nel film
recitano poi anche Pilar Castro nel ruolo di Tere
e Abel Folk in quelli di Juan Hidalgo. Completano
il cast Hugo Arbues, Rachel
Lascar ed Eric Masip rispettivamente nei
ruoli di Apolo, Sofia e Artemis Hidalgo.
Proprio come il primo film, anche
Dalla mia finestra: Al di là del mare è ambientato
prevalentemente a Barcellona, la vivace città spagnola, ma anche in
alcune zone limitrofe della Catalogna. Se la storia del precedente
lungometraggio era però ambientata nel periodo invernale, quella di
questo sequel si svolge invece in estate, permettendo dunque di
mostrare nuovi angoli della città che proprio durante questa
stagione danno il meglio di sé. Altra location è stata Costa Brava,
una regione della Spagna famosa per le insenature frastagliate, i
borghi medievali, le spiagge sabbiose, i vigneti e le opere di
Salvador Dalí.
Il trailer di Dalla mia
finestra: Al di là del mare e come vedere il film in streaming
su Netflix
Come anticipato, è possibile fruire
di Dalla mia finestra: Al di là del mare
unicamente grazie alla sua presenza nel catologo di
Netflix, dove attualmente è al 1° posto
della Top 10 dei film più visti sulla piattaforma in
Italia. Per vederlo, basterà dunque sottoscrivere un
abbonamento generale alla piattaforma scegliendo tra le opzioni
possibili. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale
comodità e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso
a tutti gli altri prodotti presenti nel catalogo.
Dalla mia finestra: Al di là del mare si conclude
con la rottura tra Raquel e Ares a causa della
morte di Yoshi. Il gioco delle colpe ha portato ad
un’amara conclusione di una relazione piuttosto appassionata e
Raquel sospetta già che Ares abbia una relazione con
Vera, ma nel frattempo la protagonista inizia a
mostrare interesse per Gregory, un suo vecchio
compagno di classe all’università. Per risolvere questo racconto
rimasto in sospeso arriva ora su Netflix
Dalla mia finestra 3: Guardando te, terzo e
ultimo film di questa trilogia a sua volta tratto da un romanzo
omonimo di Ariana Godoy.
Quest’ultimo capitolo della saga new
adult porta dunque a conclusione la storia di Raquel e
Ares. Scopriamo allora cosa succede nel finale.
Perchè Raquel e Ares non si parlano
all’inizio di Dalla mia finestra 3: Guardando te?
Raquel e Ares in
questo terzo film all’inizio non si parlano più e rimangono
distaccati e ristretti nelle rispettive camere da letto. Purtroppo
però le finestre delle loro stanze si affacciavano sempre l’una
sull’altra, ed evitarsi è difficile, anche perché lei dà sempre
un’occhiata alla stanza di Ares e lui viceversa. Raquel inizia però
una relazione con Gregory, che organizza una
piccola festa a casa sua e invita anche Ares e la sua ragazza
Vera, oltre ad altri amici. A Raquel non piace
l’idea di avere Ares tra i piedi, ma Gregory insiste che lei
rimanga comunque amica del suo ex a causa del loro passato. Ares e
Raquel durante il party continuano però a non rivolgersi neanche
una parola ma la tensione tra i due è palpabile, mettendo entrambi
a disagio per il resto della serata.
Il rapporto tra Raquel e Gregory non
ha tuttavia vita lunga. Raquel ha difficoltà a scrivere il seguito
del suo romanzo perché è ancora scossa dalla rottura con Ares.
L’editore insiste perché il secondo libro offra una storia
estensione del primo libro e dunque Raquel finisce con lo scrivere
qualcosa basato sulla sua breve esperienza come fidanzata di Ares.
Gregory, però, legge alcuni estratti dal suo computer portatile, il
che rappresenta per lei una grave violazione della sua privacy.
Visibilmente turbato dai capitoli, Gregory poi affronta Raquel
riguardo i suoi sentimenti e lei non smentisce ciò che ancora prova
per Ares. Dopo questa discussione, Gregory lascia dunque Raquel. La
rottura è però significativa per la protagonista, perché gli
permette di non concentrarsi solo sull’essere un’autrice, ma anche
di guardare da lontano la relazione tra Vera e Ares senza sensi di
colpa.
Raquel e Ares hanno poi una
relazione in Dalla mia finestra 3: Guardando te?
Dopo la rottura di Raquel con
Gregory, Ares si ferma nella sua camera attraverso la finestra,
come era solito fare fin dall’inizio della loro relazione. Raquel
rivela a quel punto all’ex che la sua relazione con Gregory è
finita e questo dà a entrambi un motivo sufficiente per iniziare
una relazione, dato che l’amore tra loro non si è mai spento.
Poiché Ares sta ancora con Vera, però, lui e Raquel devono tenere
segreta la loro relazione per un po’. Alla fine, entrambi scelgono
però di interrompere quella loro relazione clandestina anche perché
Raquel ha capito che Ares non l’avrebbe mai resa pubblica. Ares,
scettico a causa dei rapporti commerciali della sua famiglia con
quella di Vera, prende una decisione difficile e accetta di porre
fine alla relazione con Raquel.
In Dalla mia finestra 3: Guardando te,
durante la notte di Capodanno, Ares decide però di tornare sui suoi
passi, ponendo fine alla sua relazione con Vera e impegnandosi
completamente, e finalmente, con Raquel, riconoscendo così
pubblicamente la loro relazione. Ares, venuto a conoscenza della
relazione di Vera con il suo vecchio amante,
Diego, trova dunque il pretesto per porre fine al
suo rapporto con lei. Sebbene l’amore di Ares per Raquel sia
sincero, Vera vuole però continuare a stare con Ares e Diego allo
stesso tempo. Nel frattempo, Ares che è sempre stato un ragazzo
ribelle e vuole vivere alle sue condizioni, si allontana e manda un
messaggio a Raquel per chiedergli se vuole continuare a stare con
lui. Nel mentre, però, Raquel è alla festa per la pubblicazione del
suo libro. Ha bevuto un po’ più del previsto e pur leggendo il
messaggio di Ares non riesce a rispondergli, in quanto sviene
improvvisamente.
Ares alla fine aspetta tutta la
notte la risposta di Raquel, ma che non riceverà mai. Il giovane
quindi pensa che la loro relazione sia finita per sempre. Sulla via
del ritorno a Stoccolma, fa però un’ultima telefonata di addio,
nella speranza di ricevere una risposta. Risposta che arriva, ma
dal tono di voce di Raquel, Ares si chiede se fosse la ragazza non
sia nei guai. Dopo averla trovata, caduta accidentalmente in
piscina mentre era ubriaca e sonnolenta, Ares pur essendo allergico
al cloro si tuffa e riesce a salvare l’amata, scambiandosi un bacio
con lei prima di svenire entrambi. Ares si risveglia a quel punto
in ospedale e cerca freneticamente Raquel, chiedendosi se lei fosse
già andata via.
I due, però, si ritrovano e si
riconciliarono in ospedale mentre lui si sta riprendendo dalle
reazioni allergiche. Anche se hanno provato ad allontanarsi e a
stare con altre persone, Ares e Raquel riconoscono di non essere
fatti per stare lontani e che il destino li ha fatti rincontrare
nel modo più bizzarro. Dalla mia finestra 3:Guardando
te si conclude dunque con Raquel che gira il
Paese con il suo nuovo libro e Ares che l’accompagna ovunque. Ares
è orgoglioso dei suoi risultati e continua a starle accanto senza
più essere insicuro. La protagonista alla fine annuncia che non ci
sarà un seguito e non intende più scrivere o pubblicare nulla sulla
sua vita privata. Alla fine, Ares e Raquel si trasferiscono insieme
in città e intraprendono un viaggio insieme.
Negli anni Settanta il cinema
mondiale venne conquistato dall’Oriente, con una lunghissima serie
di film di genere a tema arti marziali. Il più grande esponente di
tale filone fu il grande Bruce Lee, il
quale con una manciata di film contribuì a diffondere tali arti del
combattimento in tutto il mondo. Questi sono Il furore della
Cina colpisce ancora, L’urlo di Chen terrorizza anche
l’Occidente e I 3 dell’Operazione Drago. Di
particolare importanza e rilevanza fu però Dalla Cina
con furore (qui la recensione), opera del
1972 divenuta un vero e proprio cult, nonché il titolo che più di
tutti ha dato il via ad un seguito vivo ancora oggi.
Scritto e diretto da Lo
Wei, il film riscosse un enorme successo sin dalla sua
uscita ad Hong Kong. Il personaggio protagonista, Chen Jeh, divenne
da subito ed è ancora oggi identificato con il moderno eroe
cavalleresco, pronto a battersi contro le ingiustizie e gli
invasori. Sulle spalle di questo si costruì un film che è non solo
grande intrattenimento, ma anche promotore di un nuovo orgoglio
nazionale. Il pubblico cinese poté da subito identificarsi
nell’opposizione dei cinesi contro le oppressioni dei giapponesi,
ritrovando qui una catarsi dalle pene subite durante la guerra.
Arrivato anche in Occidente, il film
rese poi celebre tanto Lee quanto le arti marziali, dando vita ad
un enorme culto manifestatosi attraverso rifacimenti e sequel
apocrifi. Nessuno ha però il valore di Dalla Cina con
furore, che rimane ancora oggi un esemplare insuperato. Prima
di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Dalla Cina con furore: la trama del film
Il film si svolge nella Shanghai del
1910, dove due scuole di arti marziali, una cinese e una
giapponese, danno continuamente vita ad una serie di brutali
scontri dettati dall’odio e dalla rivalità che li separa. In questo
contesto particolarmente teso, il giovane Chen Jeh
torna in città per poter convolare a nozze con la propria amata.
Talentuoso studente cinese di arti marziali affiliato della scuola
Jingwu, egli vede però spezzata la propria tranquillità nel momento
in cui apprende una terribile notizia: il suo maestro di kung fu
Huo Yuanjia è stato brutalmente ucciso, anche se
la sua morte appare quanto mai misteriosa.
Quando durante il funerale del
maestro un gruppo di arti marziali giapponesi si presenta per
recare fastidio, Chen comprende come ci siano loro dietro la morte
di Huo. Mettendo momentaneamente da parte il matrimonio, Chen
scatena tutta la sua ira, deciso ad infliggere una severa punizione
agli arroganti invasori. Intenzionato a scoprire di più sulla morte
dell’amato maestro e vendicarlo, egli intraprenderà dunque una vera
e propria guerra, durante il quale sfoggerà tutte le sue abilità.
Sostenuto dall’intero popolo cinese oppresso, Chen è pronto a
reclamare giustizia e nessuno sembra in grado di poterlo
fermare.
Dalla Cina con furore: il cast del film
Come anticipato, protagonista del
film nei panni di Chen Jeh è l’attore Bruce Lee.
La sua grandezza per questo film fu quella di fornire al
personaggio un forte spessore carismatico, evidenziando però come
Chen non sia un vero e proprio modello da seguire, mancando di
virtù come tolleranza e compassione. Con Chen, però, Lee ebbe modo
di diventare estremamente popolare, facendo diventare tali anche le
arti marziali. L’attore curò infatti tutte le coreografie dei
combattimenti presenti, eseguendo questi in prima persona, in
quanto esperto della materia. Per l’occasione, Lee riportò in scena
anche l’uso del nunchaku, strumento agricolo poi divenuta vera e
propria arma da combattimento.
Sul set però Lee ebbe anche diversi
scontri con il regista, per via dei metodi troppo sbrigativi di
quest’ultimo a detta del primo. In seguito, Lee e Wei non
collaborarono più in futuro. Tra gli altri interpreti del film si
ritrovano poi Nora Miao nei panni di Yuan Le-erh e
Riki Hashimoto in quelli di Hiroshi Suzuki.
Robert Baker è invece Petrov, crudele oppositore
russo. Nel film, inoltre, compare brevemente anche un giovane
Jackie Chan, nei panni di un allievo della scuola
cinese. Solo qualche anno dopo questo film, anche lui divenne
famoso come uno dei grandi interpretati del cinema di arti
marziali, contribuendo a rendere questo ulteriormente popolare nel
mondo ancora oggi.
Dalla Cina con furore: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film grazie
alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Dalla Cina con
furore è infatti disponibile nei cataloghi di
Now, Rai Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 7
luglio alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
Dalla Cina con
furore è il film del 1972 diretto da Lo
Wei e con protagonisti Bruce Lee, Nora Miao, James Tien, Riki
Hashimoto e Bob Baker.
Nella Shanghai dei primi del ‘900 il
maestro di arti marziali Huo Yuanjia viene trovato morto in
circostanze misteriose. Il suo allievo prediletto, Chen Jeh, rimane
talmente sconvolto da sospettare che la morte del suo maestro n on
sia accidentale ma causata dagli invasori giapponesi tramite
avvelenamento. I suoi sospetti aumentano e vengono rafforzati
quando ai funerali dell’uomo si presentano i delegati di una
scuola giapponese di karate che portano un cartello infamante con
scritto “Marionette dell’Asia”: questo episodio scatenerà in Chen
una rabbia e un desiderio di vendetta tali da spingerlo a voler
vendicare il maestro affrontando- a colpi di arti marziali-
l’intera scuola e tutti coloro che si frappongono tra lui e il suo
scopo, se necessario.
Dalla Cina con furore, il film
Il vento deciso che spira da Oriente
porta nelle sale europe nel 1972 un film di arti marziali destinato
a diventare in breve tempo un cult del genere:
Dalla Cina con Furore (in originale
Jing Wu Men e nei paesi anglosassoni
The Chinese Connection) vede cimentarsi
dietro la macchina da presa il veterano regista Lo
Wei, personalità forte nel panorama della cinematografia
cinese, scopritore di (futuri) talenti come un giovanissimo
Jackie Chan– qui presente in veste di stuntman-
con appoggi ambigui e pericolosi all’interno della “mala” cinese,
la famosa Triade; sul set di questa pellicola dirige la giovane e
brillante stella della cinematografia asiatica- destinata ad
entrare nella leggenda – Bruce Lee, già approdato in America sulla scia
del successo della serie tv Green Hornet. Involontariamente,
con questa pellicola, entrambi scrivono la storia dei Kung Fu
Movies, altro genere in voga nei primi anni ’70 che si è
dimostrato, però, molto più longevo di altri rinnovandosi e
reinventandosi in differenti declinazioni fino ad oggi.
Apparentemente la pellicola presenta
la classica trama esile utile solo a “coreografare” ulteriormente,
armonizzandole, le spettacolari sequenze d’azione presentate sullo
schermo, ma non in questo caso: qui, per la prima volta, proprio
grazie allo spessore dell’interpretazione di Bruce Lee i personaggi assumono delle
sfumature diverse, soprattutto il protagonista Chen, carattere
atipico e ben distante dai classici ideali astratti legati alla
disciplina, al rigore, l’equilibrio e l’armonia tipici delle arti
marziali orientali.
Chen agisce d’impulso, sono la
vendetta e l’ira a muoverlo e risponde se provocato: stiamo
parlando comunque sempre si un “eroe positivo” che aprirà la strada
a tante altre figure carismatiche dopo di lui, personaggi che
colonizzeranno il mondo action della settima arte.
Per quanto riguarda le innovazioni,
Dalla Cina con Furore fu il primo film sul Kung Fu
con Bruce Leead essere
distribuito in occidente e ad avere, piano piano, un successo
sempre maggiore, fino a diventare una pietra miliare del genere e a
procreare una serie infinita di cloni, sequel, parodie, remake etc…
fino a quasi un decennio fa; Bruce Lee si consacrerà, a partire da
questo film, come star di spessore in grado di gestire
contemporaneamente e nel migliore dei modi il lato più
action, più fisico, con quello invece più contemplativo e
riflessivo legato alla psicologia del personaggio, creando scena di
lotta sempre più coreografiche e cariche di una tensione emotiva
finalizzata allo sviluppo diegetico della trama e alla crescita del
suo personaggio.
Perfetta come donna sull’orlo di
una crisi di nervi e come regina, come star della Hollywood degli
anni 30 e 40 impetuosa, volitiva e fragile; perfetta, infine, senza
esaurire la rosa di ruoli rivestiti, nei panni di Bob Dylan.
L’attrice australiana Cate
Blanchett, nata Catherine Cate
Blanchett, classe 1969, le ha azzeccate proprio tutte, o
quasi. Dopo aver vinto l’Oscar e il Bafta nel 2004, per la sua
interpretazione di Katharine Hepburn nel bellissimo
The Aviator di Martin Scorsese , nel
2008 viene nominata Migliore Attrice per Elizabeth:
The Golden Age e come Migliore Attrice Non
Protagonista per Io non sono quidi
Todd Haynes, diventando la settima performer, nella
storia dell’Academy ad aver ricevuto entrambe le nomination nello
stesso anno (insieme a lei Sigourney Weaver, Emma Thompson,
Holly Hunter, Al Pacino, Julianne Moore e Jamie Foxx).
Nel 2008, la Hollywood Walk of Fame, aggiunge una stella con il suo
nome.
Per Io non sono qui,
in cui sbaraglia un parterre di colleghi uomini, Cate
Blanchett riceve il Golden Globe Award e la Coppa Volpi
come Migliore Attrice al Festival del Cinema di Venezia del 2007.
La grande abilità della Blanchett infatti, oltre che nella
recitazione, è stata finora anche nella selezione di personaggi
perfetti per la sua fisicità e, forse, anche per le varie
sfaccettature della sua personalità. Lo dimostra scegliendo di
prender parte alla trilogia di Peter Jackson Il signore degli Anelli, nel ruolo dell’elfa
Galadriel, figura che interpreterà anche nei due prequel
Lo Hobbit.
Ora, nell’ultimo film girato da
Woody Allen, Blue Jasmine, è stata osannata da
critica e pubblico per aver rappresentato non solo una persona
completamente alla deriva, ma la dissoluzione totale del modello
della donna americana dei quartieri alti, piena di lussi, pomeriggi
tra caffè e gallerie d’arte, e certezze.
Cate Blanchett, nata a
Melbourne, frequenta una scuola metodista, e studia danza,
pianoforte ed economia. Tuttavia, è a 18 anni che, dopo aver preso
parte a un film arabo sul pugilato, in Egitto, decide di
intraprendere la carriera di attrice. Le prime soddisfazioni
arrivano a teatro – dove, tra l’altro, interpreta anche il ruolo di
Ofelia nell’Amleto – al Sydney’s National Institute of Dramatic
Arts, e con la partecipazione alla serie televisiva Polizia
Squadra Soccorso, ma l’anno della svolta sarà forse il 1997,
quando reciterà in Paradise Road di Bruce Beresford e in
Oscar e Lucinda di Gillian Armstrong, in
coppia con il già affermato e stimato attore inglese Ralph Fiennes. Un anno dopo, Shekhar Kapur la
sceglie per il ruolo di Elisabetta I in Elizabeth.
L’interpretazione della
“regina vergine” le varrà la sua prima nomination agli Oscar, il
London Film Critics Circle Awards e il Golden Globe come miglior
attrice drammatica. Dopo questa esperienza nessun ostacolo ferma
l’ascesa dell’angelica Blanchett. In seguito la vediamo affiancare
Rupert Everett e Julianne Moore nel film tratto dalla
commedia di Oscar Wilde Un marito ideale. Seppur
sottovalutato dagli addetti ai lavori e nonostante il suo
personaggio non fosse affascinante come quelli dei colleghi,
Cate Blanchett riesce comunque a rubare il centro della
scena, anche grazie a una bellezza che, nonostante i capelli biondi
e il fisico asciutto, non risulta mai algida. Nello stesso anno è,
in parte, oscurata dalla splendida triade Damon-Law-Hoffman
– ma non dall’“altra”, Gwyneth Paltrow – nel film di
Anthony Minghella, Il
talento di Mr. Ripley. Ciò che più si apprezza del suo
stile è un senso della misura e un’eleganza che riesce a mantenere
anche quando si tratta di calarsi nelle disavventure di personaggi
fragili e disorientati, come dimostra in Babel, parte
conclusiva della trilogia sulla morte, del regista Alejandro
González Iñárritu.
Nel 2014 verrà trasmesso nelle sale
americane The Monuments Men, diretto da George
Clooney, in cui Cate Blanchett recita
insieme a Bill Murray e di nuovo al fianco di Matt
Damon. Il film, dalla trama quanto mai attuale, ripercorre le
vicissitudini di un plotone dell’esercito americano incaricato di
recuperare e portare negli Stati Uniti ogni opera d’arte rubata dai
nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Negli ultimi sei anni, la
Blanchett, sposata dal 1997 con il drammaturgo e sceneggiatore
Andrew Upton, ha espresso il desiderio di trasferirsi di
nuovo dall’Inghilterra in Australia con i figli, Dashiell John,
Roman Robert e Ignazio Martin. La decisione è stata dettata, oltre
che dalla volontà di riavvicinarsi alla terra d’origine, anche per
seguire e aiutare la promozione del teatro australiano. È, infatti,
co-direttore artistico e co-amministratore delegato della Sydney
Theatre Company, insieme al marito. Per il suo impegno e il
contributo apportato all’ambiente artistico del paese d’origine,
l’attrice è stata premiata con la Centenary Medal, nel 2007. Al
livello internazionale, Cate Blanchett è
stata inserita da Time Magazine tra le 100 personalità più
influenti dello star system, mentre, nel 2012, è stata insignita
dello Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres, una
della maggiori onorificenze culturali francesi, per il suo impegno
nella diffusione dell’arte e della cultura.
Chi butteresti dalla torre, mamma o
papà? È questa, semplificato al massimo, la domanda irrisolvibile
posta agli spettatori dal film Dall’alto di una fretta
torre, opera prima di Francesco
Frangipane, regista che vanta però alle spalle una lunga
carriera teatrale. Questo suo primo lungometraggio è infatti tratto
proprio da un testo da lui già portato sul palcoscenico nel 2015,
scritto da Filippo Gili che assume per questo
adattamento il ruolo di sceneggiatore. I due con lo spettacolo
teatrale prima e con questo progetto cinematografico ora, si
interrogano dunque sui grandi temi universali come la vita e la
morte, il destino e il libero arbitrio.
Presentato nella sezione
Grand Public della Festa del Cinema di
Roma, il film, data la sua domanda di partenza, si
presenta dunque come una vera e propria tragedia moderna che si
fonda sugli archetipi di quella greca, interrogandosi su questioni
grandi ma calandole in un contesto intimo, famigliare, da cui far
trasparire ancor di più la gravità e la complessità di ciò su cui
il regista vuole si rifletta. L’adattamento di Dall’alto di una
fredda torre riesce però solo in parte a portare a termine
tale obiettivo, rimanendo talvolta troppo sospeso in una dimensione
di simboli e metafore che allontanano il film da una più completa
sviscerazione dei temi trattati.
La trama di Dall’alto di una fredda torre
Dall’alto di una fredda
torre propone dunque una situazione in cui la normalità
di una famiglia composta dal padre Giovanni
(Giorgio Colangeli), dalla
madre Michela (Anna
Bonaiuto) e dai figli gemelli omozigoti
Elena (Vanessa Scalera)
e Antonio (Edoardo
Pesce), viene spezzata da una terribile scoperta: entrambi
i genitori sono gravemente malati. Potrebbero essere salvati
entrambi da una donazione dei due figli, ma sfortunatamente solo
uno dei due è compatibile. Pertanto, solo uno dei due genitori può
essere salvato. Ai due figli spetterà dunque decidere se
comunicarglielo e, soprattutto, decidere chi tenere in vita. Una
scelta che li obbligherà a fare i conti con il loro passato e che
porterà a galla i più feroci istinti.
L’impossibilità di una decisione
Sin dalle sue premesse di base (una
malattia rara sviluppata dai due genitori, la compatibilità di solo
uno dei due figli alla donazione), Dall’alto di una fredda
torre chiede allo spettatore di non focalizzarsi sugli aspetti
straordinari del racconto quanto sulle domande che costringe a
porsi e sulle risposte che occorre darsi. Il film vuole affrontare
l’angoscioso dilemma se sia giusto o no incidere sul destino degli
altri, se sia lecito sostituirsi al fato, ponendo i protagonisti di
fronte alla facoltà e responsabilità, di dover decidere se far
vivere o far morire un uomo, con tutte le questioni morali e
sociali che ne conseguono.
Questioni che vengono dunque poste
attraverso una situazione in cui può essere facile immedesimarsi e
che proprio per questo punta a catturare e tenere lo spettatore
incollato alla ricerca di una risposta. Risposta che, per quanto il
regista tenti davvero di trovare, non sembra poterci essere.
Viviamo allora attraverso i volti e i corpi degli attori la
drammaticità di questa situazione, che già con la sua premessa pone
in crisi dimostrando quanto possa essere arduo se non impossibile
prendere decisioni di natura etica, specialmente se ci si trova a
scontrarsi poi con contesti che per loro natura spingono invece a
prenderle, queste decisioni.
Un film evasivo
Ciò che colpisce di Dall’alto di
una fredda torre e della regia di Frangipane, è il modo in cui
si cerca di non ripudiare la provenienza teatrale, ma anzi di
esaltarla per far sì che anche attraverso di essa si possa evincere
la natura smarrita dei protagonisti. Una famiglia in tutto e per
tutto simmetrica che si spezza però nel momento in cui viene a
mancare quell’elemento doppio che avrebbe potuto riequilibrare il
tutto (ovvero la compatibilità di uno solo dei due figli). Il
regista gioca allora con questi equilibri e vi riesce anche grazie
ad un quartetto di attori ben affiatati. Vanessa
Scalera, che aveva già interpretato Elena nello spettacolo
teatrale, spicca in particolare su tutti.
Eppure, nonostante queste note di
merito, Dall’alto di una fredda torre, specialmente nel
momento in cui si avvicina alle sue battute finali, dimostra di non
riuscire ad offrire non tanto una risposta – appunto, forse
impossibile – quanto una più completa trattazione delle tematiche
sollevate con questo racconto. Sono tanti i conflitti che animano
il film ma forse proprio perché tanti sono i punti vista si ha la
sensazione che non tutti riescano ad offrire quanto avrebbero
potuto dire sull’argomento. Si giunge così ai titoli di coda con
più incertezze di quelle che si aveva prima della visione, ma
probabilmente non nel senso che regista e sceneggiatore
intendevano.
Al cinema dal 13 giugno, distribuito
da Lucky Red, la storia di Dall’alto
di una fredda torre(qui
la recensione) nasce sul palcoscenico del teatro, quello sul
quale Francesco Frangipane aveva già messo in
scena la storia creata da Filippo Gili (qui anche autore della
sceneggiatura) che sullo schermo vediamo interpretata da
Edoardo Pesce e Vanessa Scalera. Loro i
protagonisti della drammatica vicenda scelta dallo stesso regista
per esordire alla direzione cinematografica e per parlare
dell’angoscioso dilemma di due fratelli costretti a decidere della
sorte dei due genitori, della vita e della morte di uno o
dell’altro.
Un agghiacciante “gioco della torre”
dal quale nessuno rischia di uscire indenne e che ci raccontano –
insieme al loro regista – gli stessi protagonisti, nel film
circondati da un cast di pregio completato da Anna Bonaiuto e
Giorgio Colangeli. Sono loro i genitori di Elena e Antonio, coppia
di anziani affetti da una rara malattia alla quale non sembra
esserci cura. O meglio, dalla quale sarà possibile salvare uno solo
di essi.
Il dramma di Dall’alto di
una fredda torre
Questa la diagnosi dei due medici
(Elena Radonicich e Massimiliano Benvenuto) che li seguono e che
caricano i due figli della responsabilità di scegliere tra “papà e
mamma” uno – e solo uno – cui regalare un futuro. Per una
incredibile casualità, infatti, solo i geni di Elena potrebbero
venire utilizzati, non quelli di Antonio, e così i due figli si
trovano a vivere una doppia vita, nel tentativo di mantenere una
normalità di facciata davanti ai genitori e insieme di prendere
insieme la decisione più importante della loro vita, o di non
prenderla, condannando entrambi i malati.
Francesco Frangipane e i suoi
‘figli’, Vanessa Scalera ed Edoardo Pesce
Come si prende una decisione
impossibile?
FF: In realtà l’obiettivo è stato
sempre quello di non fare un film a tesi, di non dare una risposta,
anche perché mi auguro il senso del film sia quello di scatenare le
domande dei protagonisti in ognuno di noi. A quel punto al pubblico
non interesserà più quale sia stata la scelta di Elena o Antonio,
ma quale possa essere la propria. Che sia una scelta di qualche
tipo, o una non scelta, che comunque è una scelta anch’essa. So che
i finali sospesi come quello che ho montato possono infastidire,
perché lasciano lo spettatore con il senso di un pezzettino che ti
manca. Però io credo che in realtà quel pezzettino non manchi, ma
sia quello che ognuno porta a casa con sé.
Cosa avreste fatto voi nei
loro panni?
VS: Io difendo la scelta di Elena.
Anche perché il classico “vuoi più bene al papà o alla mamma” è un
ricatto terribile, brutto, è una domanda che ci facevano da
piccoli, e che è capitato anche a me di fare, da zia, magari, prima
di rendermi conto di cosa avessi detto. Da lì è partito Filippo
Gili per la sceneggiatura, dalla domanda più banale del mondo, poi
è toccato a noi, e devo dire che per quanto conoscessi quello che
chiamo il talento furente di Edoardo Pesce non pensavo di tradurre
la chimica che avevo a teatro con l’attore che interpretava Antonio
(che poi era lo stesso Benvenuto) con lui. Abbiamo creato una
alchimia che credo si veda sullo schermo, come quella tra i
gemelli, due cuccioloni, due che hanno delle carenze evidenti nella
vita, non hanno compagni e non hanno figli.
EP: Fai bene a definirli dei
bambinoni, interpretando Antonio anche io ho avuto questa
sensazione. Oltre a quella di star costruendo un film sulle
dipendenze, anche affettive, sebbene la loro famiglia non sia
proprio disfunzionale, visto che si vogliono bene. Ma sotto sotto
qualcosa c’è.
FF: Sì, i due fratelli sono molto
legati, in simbiosi, e la situazione li fa tornare al passato, li
costringe a un salto all’indietro, a tornare adolescenti, però con
la consapevolezza di trovarsi di fronte a una montagna che non
possono scalare. Vedendo il film, devo dire di esser stato davvero
fortunato a poter esordire con degli attori di questo livello, che
mi hanno fatto credere che fossero fratelli, gemelli, pur non
assomigliandosi, perché hanno lavorato su delle complicità intime,
sotterrane, che però si percepiscono.
Avete trovato delle
similitudini tra voi, ancor prima che con i
personaggi?
EP: Ci sono in effetti delle
similitudini caratteriali tra me e Vanessa, nel bene e nel male.
Siamo entrambi un po’ viscerali, diciamo.
VS: Purtroppo, a differenza di
Elena, sono decisamente una istintiva.
Eppure qui fa un ruolo
diverso dal solito, più tenero…
EP: Ultimamente ho la fortuna di
poter scegliere, e sto cercando di approfittare dei ruoli che mi
hanno proposto, non so se casualmente o perché sono io che ho
bisogno di aprirmi su certe cose, perché nella vita sono il
contrario di come appaio, un po’ anaffettivo, e tendo a nascondermi
dietro la maschera del guascone per creare una certa distanza.
Questo film – e un altro che ho fatto, nel quale faccio un papà –
mi ha dato la possibilità di tirare fuori delle cose che nella mia
vita non riesco a far emergere, a meno di bere un bicchiere di
vino. È stata un’occasione per lavorare su alcune parti di me.
Eppure Vanessa ha detto che
lei è stato perfetto per un ruolo così morbido, meno conflittuale,
e Francesco, il regista, che lei ha quella fragilità, anche se non
la fa vedere…
EP: Riesco a farlo nella comfort
zone che è il set, in un film, come questo poi, con una location
bella come Gubbio, l’atmosfera particolare che si è creata, e poi
questo personaggio, un solitario con un rapporto speciale con il
suo cavallo e con la natura. Un uomo che definirei in ascolto.
La magia del cinema,
insomma. Ma il cinema ha ancora una sua forza?
VS: Sì, io ci credo. Basti vedere il
film di Paola Cortellesi. Io ho amici in Puglia, a casa, che non
vanno al cinema nemmeno per vedere me e sono riuscita a parlarci di
cinema per la prima volta. Vuol dire che funziona se diventa un
rito collettivo. Il problema è che noi parliamo sempre di film che
non vede nessuno.
EP: Le produzioni non sono molto
coraggiose. Se in un film c’è Favino non ci sono problemi, ma molti
soggetti, molte proposte, fanno fatica. Ci sono troppi
condizionamenti, paletti, se fai qualcosa contro il sentire comune
non ce la fai. Ma il cinema dovrebbe fare proprio questo. Se ci
omologhiamo diventa difficile trattare certi temi. Come fanno
quelli della A24, o
come fa questo film, che ha un tema molto forte.
VS: Se un attore smette di pensare
che quello che fa non possa essere condiviso è finita. Noi siamo
qui non solo perché ci piacciamo tanto, per soddisfare un ego
enorme e vederci sullo schermo, ma anche perché crediamo in quello
che facciamo. Se iniziassimo a pensarla diversamente, questo
mestiere non avrebbe più senso, lo faremmo solo per noi stessi.
Il costume del Leone Codardo,
indimenticabile co-protagonista de Il Mago di
Oz, interpretato da Burt Lahr nel
film del 1939, potrebbe essere di un fortunato fan, se il prezzo
dovesse essere quello esatto. Lunedì prossimo, 24 novembre, a New
York, un pezzo della storia del cinema verrà infatti messo
all’asta.
Il costume fa parte di un gruppo di
memorabilia che verranno venduti alla Bonhams nell’ambito della serie
TCM Presents: There’s No Place Like Hollywood.
Gli altri oggetti della vendita
fanno parte della storia del cinema e tra questi si conta il piano
di Sam da Casablanca, la giacca di
Clarke Gable da Via col
Vento, il costume di Rita Hayworth
per Gilda, l’abito di
Marilyn Monroe per La Magnifica
Preda e, per rimanere in tema con Il Mago
di Oz, anche il costume prova per Dorothy.
Per consultare la lista completa e magari partecipare all’asta
clicca qui.
Plaion Pictures
annuncia l’uscita nei cinema italiani dal 25
maggio di Daliland,
biopic diretto da Mary Harron e con il Premio
Oscar Ben
Kingsley (Gandhi, Hugo Cabret) nei
panni dell’istrionico ed eccentrico artista Salvador
Dalí, affiancato da Barbara Sukowa,
Ezra Miller e Christopher Briney.
Dopo aver scavato nell’oscurità
della mente umana con il cult American Psycho e aver
raccontato di un altro genio dell’arte in Ho sparato a Andy
Warhol, Mary Harron torna dietro la macchina da presa in
questo biopic che sfida le convenzioni. Puntando l’obiettivo sul
crepuscolo della carriera di Salvador Dalí – maestro surrealista
autore di capolavori quali La persistenza della memoria –
la regista delinea l’elettrizzante ritratto di una delle figure più
iconiche del XX secolo, la cui esistenza fu caratterizzata fino
alla fine da un irresistibile mix di genio e sregolatezza. Daliland ci
introduce nel mondo di Salvador Dalì, in un viaggio nella
quotidianità del genio eccentrico, ma soprattutto dell’uomo che si
cela dietro l’artista.
Navigando fra luci e ombre della
vita di Dalí, indagando alcuni degli aspetti meno noti della sua
quotidianità, Harron regala al pubblico un affascinante mosaico,
glamour e divertente ma al contempo profondamente introspettivo.
Per una sfida simile, la cineasta canadese ha potuto contare su un
cast d’eccezione, che include Barbara Sukowa
(Johnny Mnemonic, Air – La storia del grande salto) nel ruolo di Gala,
dispotica moglie di Dalí, e il camaleontico Ben Kingsley nelle vesti del geniale
pittore. Proprio il volto del Premio Oscar®, straordinariamente
somigliante a Dalì, domina il poster ufficiale del film, il cui
claim “Il viaggio nell’eccesso inizia da un paio di baffi”, mette
in luce l’esistenza sfrenata dell’uomo che fece dell’eccesso
un’arte.
New York 1974, James lavora
presso la galleria d’arte che ospiterà la prossima esibizione del
genio Salvador Dalí. Quando l’artista in persona gli propone di
diventare suo assistente, il ragazzo pensa di coronare il sogno
della sua vita, ma presto scopre che non è tutto oro quel che
luccica. Dietro allo stile di vita sgargiante, al glamour e ai
party sontuosi, un grande vuoto consuma l’ormai anziano pittore,
divorato dalla paura di invecchiare e dal dolore per il rapporto
logoro con la dispotica moglie Gala, un tempo sua musa e ora
circondata da giovani amanti e ossessionata dal denaro.
Presentato al Toronto International
Film Festival 2022 e fuori concorso al 40° Torino Film Festival, il
biopic DALILANDdi Mary Harron
sarà nei cinema italiani dal 25 maggio, distribuito da Plaion
Pictures.
“Non c’è cosa che
quest’uomo non faccia” dice una delle concorrenti del gioco
televisivo nel quale l’ospite misterioso era proprio il
protagonista del
film diretto da Mary Harron che Plaion Pictures
distribuisce nei cinema italiani dal 25 maggio. Il suo
Dalíland era stato già presentato al Toronto
International Film Festival 2022 e fuori concorso al 40° Torino
Film Festival, sollevando interesse e curiosità sul biopic
interpretato dal Premio Oscar Ben Kingsley, con Barbara
Sukowa,
Ezra Miller, Christopher Briney e la
modella trans Andreja Pejić, nei panni della musa
dell’artista e icona pop del nostro secolo Amanda Lear.
Vita
e opere di Salvador Dalì, o una minima parte di
esse
Siamo nel 1974, appena
arrivato a New York dall’Idaho, James lavora presso la galleria
d’arte Dufresne che ospiterà la prossima esibizione del genio
Salvador Dalí. Quando l’artista in persona gli propone di diventare
suo assistente, il ragazzo sogna di coronare il sogno della sua
vita, per accorgersi presto che non è tutto oro quel che luccica.
Dietro allo stile di vita sgargiante, al glamour e ai party
sontuosi, un grande vuoto consuma l’ormai anziano pittore, divorato
dalla paura di invecchiare e dal dolore per il rapporto logoro con
la dispotica moglie Gala, un tempo sua musa e ora circondata da
giovani amanti e ossessionata dal denaro.
Luci
e ombre di Dalíland
Sul “Benvenuto a
Dalíland” del segretario di Salvador Dalí, la porta si apre su
un mondo difficile, quasi impossibile, da rappresentare. Ma un
genio strabordante ed egocentrico e come quello del poliedrico
artista di Figueres merita ogni omaggio possibile, per quanto
parziale e naturalmente limitato nel rendere il suo immenso amore
per la vita e la passione che metteva in ogni manifestazione del
suo talento. Un’impresa che forse non andava affidata a uno
sceneggiatore come John Walsh, attivo soprattutto
nel corto, e che l’esperta Mary Harron (American
Psycho) sembra aver affrontato più per piacere
personale, dopo aver inseguito in passato Andy
Warhol (1996), Bettie Page (2005) e
Charles Manson (2018).
Al netto del filtro
offerto dal James di Christopher Briney (testimone
della storia, come il Zac Efron di Me and OrsonWelles o l’Eddie
Redmayne del Marilyn di
Simon Curtis), il film – presentato come biopic –
rischia in partenza di spiazzare lo spettatore, concentrato com’è
su una porzione ben precisa della vita di Salvador Dalì. Vera icona
senza tempo alla quale Ben Kingsley rende giustizia con una
interpretazione fin troppo mimetica ma funzionale e riuscita, pregi
che purtroppo non si trovano nella versione giovanile dell’artista
affidata a
Ezra Miller (che la regista sembra volesse a
tutti i costi, nonostante lo si veda molto poco), anche a causa di
una forma discutibile che sembra cercare l’originalità a tutti i
costi.
Forse sentito come
obbligo, visto il tema trattato, oltre a certe scelte di casting
(ma non sarebbe stato facile per nessuno interpretare
Amanda Lear) è spesso la messa in scena a
convincere meno e a indebolire il complesso. Che certo avrebbe
tratto vantaggio dal mostrare qualcuna delle opere del pittore, se
i produttori ne avessero avuta la possibilità, piuttosto che
suggerirne l’ispirazione in maniera piuttosto goffa e
stilisticamente poco omogenea. Più interessante – insieme al
tentativo di rendere l’importanza e il temperamento della moglie
russa Gala e le citazioni di Buñuel, Magritte, Paul
Éluard e Alice Cooper – è l’accenno alla
collaborazione tra Dalì e Walt Disney, conosciutisi alla fine della
Guerra e rimasti per sempre amici, della quale ci resta il progetto
“Destino” rispolverato dopo la morte di entrambi e
trasformato in un corto da Roy Disney.
Wanted ha diffuso
il trailer del documentario DALAI LAMA – La saggezza
della felicità (titolo originale Wisdom of
Happiness), in arrivo nei cinema italiani dal 26
maggio.
Realizzato in
occasione delle celebrazioni per il suo novantesimo compleanno che
ricorre il 6 luglio, DALAI LAMA – La saggezza della
felicità vuole essere lo straordinario testamento
spirituale di una delle figure più carismatiche e significative del
nostro tempo e vede il 14° Dalai Lama e leader spirituale Tenzin
Gyatso rivolgersi direttamente ad ogni individuo del pianeta per
condividere la sua saggezza sulla ricerca della felicità nel mondo
contemporaneo. Una riflessione sull’equilibrio tra le antiche
tradizioni del buddhismo tibetano e i valori contemporanei della
nostra società globalizzata – oggi in lotta per superare la
violenza e la guerra, mentre si trova sull’orlo del collasso
ambientale – ci dimostra che è possibile costruire un mondo più
sano e felice per tutti gli esseri viventi e che gli strumenti
necessari per farlo sono, in realtà, già nelle nostre mani. Il
messaggio del Dalai Lama, grazie alla sua mente illuminata e al suo
disarmante senso dell’umorismo, ci aiuta a comprendere quanto possa
essere semplice costruire una società pacifica e prospera per
tutti. La felicità nasce dentro ciascuno di noi, ma solo coltivando
una compassione incondizionata gli uni per gli altri è possibile
trasformare il mondo.
Il documentario
vede la straordinaria collaborazione dei registi Barbara
Miller(#Female Pleasure, Forbidden Voices),Philip Delaquis(E.1027 – Eileen Gray and the
House by the Sea, #Female Pleasure), e Oren
Moverman e Richard Gere nelle vesti di
produttori esecutivi, dando vita a un’opera potente e attuale.
Attraverso un accesso privilegiato, immagini contemplative e
filmati d’archivio inediti, DALAI LAMA – La saggezza
della felicità accompagna lo spettatore in un viaggio
meditativo offrendo una visione semplicemente trasformativa.
Dopo aver
partecipato a festival internazionali tra cui Zurich Film Festival,
Woodstock Film Festival, Dharamsala Film Festival e Film festival
Diritti Umani Lugano, DALAI LAMA – La saggezza della
felicità è l’evento di chiusura del Vesak 2025, la
più importante festività buddhista dell’anno, che l’Unione
Buddhista Italiana celebra alla Fabbrica del Vapore di Milano dal
23 al 25 maggio.
L’arrivo in sala sarà preceduto da una proiezione speciale per il
pubblico che si terrà domenica 25 maggio al Palazzo del Cinema
Anteo di Milano in cui saranno ospiti speciali
Richard Gere,
attore, produttore cinematografico e da anni attivista impegnato
nella causa tibetana e
Jetsun Pema,
Ex Presidente di Tibetan Children’s Villages nonché sorella di Sua
Santità il XIV Dalai Lama, in dialogo con Piero Verni, Giornalista,
scrittore e documentarista.
DALAI
LAMA – La saggezza della felicità è un documentario
profondamente intimo con protagonista il Dalai Lama, che, a quasi
90 anni, offre consigli pratici per affrontare le sfide del XXI
secolo. Il film lo ritrae mentre si rivolge direttamente agli
spettatori, creando l’intimità di un incontro personale, e
condivide la sua saggezza senza tempo su come raggiungere la pace
interiore e la felicità per tutti.
Reduce dal successo
di Pulp Fiction, che lo aveva
portato a vincere la Palma d’oro al Festival
di Cannes, l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale e a
consacrarsi come una delle nuove più importanti voci del cinema
mondiale, Quentin
Tarantino si trovò a vivere un periodo particolarmente
fervido, che lo spinse però anche a prendersi una breve pausa dalla
regia. Dopo aver realizzato unicamente il film ad episodi Four
Rooms, egli decise di affidare una sua vecchia sceneggiatura
all’amico fraterno Robert Rodriguez (che a sua
volta aveva diretto un episodio di Four Rooms). Con questa
loro nuova collaborazione nacque Dal tramonto
all’alba.
Tarantino aveva scritto la
sceneggiatura di questo ai tempi del liceo, fondendo in questa
elementi da poliziesco e da opera horror. Nello scrivere, inoltre,
Tarantino ammise di aver abbandonato la formula “domande prima,
risposte dopo” tipica dei suoi primi film, decidedo piuttosto di
ricorrere fortemente al duo suspense/sorpresa. Sapendo che
Rodriguez era alla ricerca di un horror daa dirigere, Tarantino
decise di affidare a lui la sceneggiatura di Dal tramonto
all’alba, consapevole del comune gusto per il cinema. Con il
gusto grottesco di Rodriguez, il film prese così vita andando poi
incontro ad un’ottima accoglienza di critica e pubblico.
Ancora oggi è ricordato come
l’ennesimo film che confermò il talento di Tarantino, facendo
altresì scoprire Rodriguez come un regista ricco di risorse e idee.
Per i fan dei due cineasti, si tratta dunque di un titolo
imperdibile. Prima di intraprendere una visione del film, però,
sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori e alle
opere derivate da questo film. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
titolo nel proprio catalogo.
Dal tramonto all’alba: la trama del film
Protagonisti del film sono i
fratelli Seth e RichardGecko, in fuga verso il Messico dopo una cruenta
rapina in una banca del Texas. Durante il tragitto, tuttavia, i
fuggiaschi entrano in un negozio di liquori, dove Richard, in preda
al delirio, uccide il commesso e il ranger Earl
McGraw. Avendoli individuati, inizia da parte delle forze
dell’ordine una dura caccia per impedire ai due di attraversare il
confine. Nel tentativo di trovare un modo per superare la
frontiera, Seth e Richard si imbattono nel pastone in crisi
Jacob Fuller, in vacanza con i suoi figli
adolescenti Scott e Kate. I due
criminali costringono l’uomo a introdurli clandestinamente oltre il
confine messicano grazie al suo camper.
Ormai certi di essere salvi, i due e
con loro i tre ostaggi si fermano presso uno strip club nel deserto
di nome Titty Twister. Qui hanno intenzione di spendere la notte,
avendo in programma per il giorno dopo di incontrare un certo
Carlos, che li accompagnerà al santuario di El Rey, un luogo sicuro
per i fuggitivi. Quella che doveva essere una notte tranquilla,
lontana da tutto e tutti, si rivelerà però ben presto la sfida più
difficile da superare per i fratelli Gecko e quanti presenti nello
strip club. Qualcosa di spaventoso si sta infatti avvicinando a
loro con il sopraggiungere della notte, qualcosa di non umano e
particolarmente affamato.
Dal tramonto all’alba: il cast del film
Per il ruolo di Seth Gecko,
protagonista primario del film, si era inizialmente pensato agli
attori John Travolta,
Steve Buscemi e
Michael Madsen, i quali avevano già collaborato
con Tarantino. Tutti e tre erano però già impegnati su altri set e
il ruolo finì così per essere affidato al semi sconosciuto George Clooney,
noto principalmente per la serie E.R. – Medici in prima
linea. Fu proprio Dal tramonto all’alba a renderlo un
affermato attore anche sul grande schermo. Accanto a lui, nei panni
del fratello Richard si ritrova lo stesso Tarantino, che accettò la
richiesta di Rodriguez a riguardo, desideroso di poter dirigere
l’amico. La sua interpretazione è stata a lungo oggetto di
discussioni, tra chi la eloggiava e chi la giudicava pessima. Su
volontà di Tarantino, hanno partecipato al film anche lo
specialista degli effetti speciali TomSavini e Fred Williamson, noto
per i film della blaxploitation, rispettivamente nei ruoli di Aiden
Tanner e Frost.
Harvey Keitel,
apparso sia in Le iene che Pulp Fiction, accettò
ben volentieri di recitare nei panni del pastore Jacob Fuller.
L’attore affermò a riguardo che lavorare con Tarantino era stata
un’esperienza unica che desiderava ripetere assolutamente. Nei
panni dei suoi figli Scott e Kate vi sono invece gli attori
Ernest Liu, qui al suo esordio, e Juliette Lewis,
già nota per Natural Born Killers e Cape Fear.
L’attrice ha in seguito affermato di essere riuscita a girare le
sue scene non trovando alcun modo di immedesimarsi con il suo
personaggio. Per altri una cosa negativa, per lei questa
impossibilità fu di grande aiuto. Completano il cast gli attori
Salma Hayek nei
panni di Santanico Pandemonium, Danny Trejo in
quelli di Razo Charlie e Cheech Marin, nel
triplice ruolo del poliziotto di frontiera, di Chet Pussy e di
Carlos Madrigal.
Dal tramonto all’alba – La
serie e i sequel del film
Dal 2014 al 2016 è andata in onda in
televisione Dal tramonto all’alba – La serie, composta da
3 stagioni per un totale di 30 episodi. Ad averla ideata e
parzialmente diretta vi è lo stesso Rodriguez, che si è così potuto
assicurare che il progetto rimanesse fedele al film del 1996 e ai
suoi due sequel. La serie ripropone dunque i personaggi e le
situazioni già viste, approfondendoli maggiormente grazie ai tempi
dilatati della serialità. Ad interpretare i due fratelli Gecko vi
sono però stavolta gli attori D. J. Cotrona e
Zane Holtz. Sfortunatamente la serie è stata
cancellata dopo la terza stagione, lasciando parzialmente in
sospeso il racconto.
Come accennato, esistono anche altri
due film legati al racconto di Dal tramonto all’alba.
Visto il successo di questo, infatti, Tarantino e Rodriguez
decisero di produrre un sequel e un prequel. Intitolati Dal
tramonto all’alba 2 – Texas, sangue e denaro e Dal
tramonto all’alba 3 – La figlia del boia, questi, ambientati
qualche tempo dopo e diversi decenni prima dell’originale, sono
diretti rispettivamente da Scott Spiegel e
P. J. Pesce. In entrambi i casi, cambia il cast di
attori. Anche per tali motivi, nessuno dei due riuscì a replicare
il successo ottenuto dal primo, che aveva dalla sua grandi nomi di
richiamo tanto nel cast quanto alla regia e alla sceneggiatura.
Dal tramonto all’alba: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Dal tramonto all’alba grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Now e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 14 gennaio alle ore 21:30
sul canale Spike TV.
Finalmente The
Fighter arriva anche in Italia. Questo fine settimana
potremmo finalmente tutti gustare la grande interpretazione di
tutto il cast, parte del quale (mi riferisco a Christian
Bale e Melissa Leo) è stato premiato
anche con l’Oscar per il miglior attore nella categoria non
protagonista.
La storia vera parla di Dicky, un
uomo che è l’orgoglio dell’intera cittadina ora caduto in
disgrazia, e del suo fratellastro Micky, a sua volta un puglie, la
cui carriera è appena agli esordi ed è gestita dalla madre Alice.
Nonostante il suo impressionante gancio sinistro, Micky continua a
perdere sul ring. L’ultimo combattimento affrontato da Micky
finisce quasi per ammazzarlo, e a quel punto viene persuaso dalla
sua ragazza, Charlene, a tentare qualcosa di estremo: dividersi
dalla sua famiglia, perseguire i suoi interessi e allenarsi senza
l’inquieto fratello. Fino a che, a Micky non viene offerta
l’opportunità di una vita: combattere per il titolo. Ma presto
Micky capisce che avrà bisogno del fratello e di tutta la sua
famiglia per poter vincere.
La trama è chiara: si parla di vittoria e
sconfitta, non solo sul ring ma anche nella vita, e di legami,
quelli familiari che a volte vanno al di là dei legami di sangue. A
dirigere David O. Russell, regista e
sceneggiatore, che nel 1994 ha visto premiare al Sundance Film
Festival il suo primo film Spanking the Monkey, e che ha ottenuto
anche due nomination agli Indipendent Spirit come miglior opera
prima e migliore sceneggiatura. Il suo secondo film è stato Amori e
disastri, entrato nel 1996 nella lista dei top ten di oltre trenta
film. Ma si ricordano di lui anche Three
Kings del ’99 e il più recente I Heart
Huckabees – Le strane coincidenze della vita.
Per The
Fighter, Russell ha anche ottenuto una nomination
come miglior regista, statuetta andata poi al collega Tom
Hooper per Il Discorso del Re la
scorsa notte al Kodak Theatre. Il film si distingue per una
straordinaria prova collettiva del cast, Mark
Wahlberg che interpreta Micky, offre una buona prova
affiancato da un Christian Bale che offre una
delle sue interpretazioni migliori nei panni del problematico ed
emaciato Dicky. Anche le donne alzano la voce in questo film e
Melissa Leo e Amy Adams
rappresentano molto bene il ‘sesso debole’ in un mondo governato
dai pugni dentro e fuori dal ring.
Wes Anderson ci ha
raccontato di recente le avventure, favolose e un po’ strambe, che
si possono vivere al Grand Budapest Hotel, molto tempo prima invece
Stanley Kubrick ci aveva raccontato i segreti
dell’Overlook in Shining. Ma moltissimi
registi, grandi e piccoli, hanno deciso di raccontare le avventure
dei loro personaggi abbandonati sulle poltrone di un hotel, di un
albergo o anche di un motel. Ecco i più famosi: [nggallery
id=584]
A parte quei film che
hanno un lussuoso (o spaventoso) albergo come quartier generale e
poi si sviluppano altrove, come Una Notte da
Leoni, ce ne sono alcuni completamente ambientati in
questi luoghi che si prestano alla perfezione a raccontare storie
dell’orrore, nel caso perfetto e emblematico di
Psycho e del Bates Motel, o anche storie
molto divertenti e che non invecchiano mai, come nel caso di
Mamma ho riperso l’aereo mi sono smarrito a New
York, o anche del ‘nostrano’ Grand Hotel
Excelsior, vero e proprio contenitore di talenti
comici del nostro cinema passato. Anche l’animazione, di recente,
ha sfruttato le potenzialità del tipo di location, portando al
cinema Hotel Transilvania, in cui si
narra di avventure rocambolesche in un resort per soli mostri. E
per voi? Qual è il vostro albergo cinematografico
preferito?
Enrico Melozzi è un compositore di
colonne sonore, ma anche un musicista con un gruppo e uno studio di
registrazione, in cui realizza prevalentemente musica elettronica.
Ha realizzato le colonne sonore di diversi film e documentari tra
cui Fratelli d’Italia di Claudio Giovannesi, il cortometraggio di
Adriano Giannini Il Gioco e L’uomo fiammifero di Marco Chiarini,
grazie al quale ha recentemente vinto un premio al festival di
Sulmona.
Se avete sempre sognato di
combattere il crimine, ora potete avere l’opportunità di farlo con
l’attrezzatura giusta. Prop Store mette all’asta moltissimi oggetti
comparsi e usati in film degli ultimi anni, tra cui la tuta
indossata da Christian Bale in Batman
Begins e il batpod de Il
Cavaliere Oscuro il Ritorno.
L’asta live, che si svolgerà il 27
settembre, vedrà messi in vendita ben 570 oggetti, costumi e
materiale di produzione da 160 show televisivi e film. Tra gli
altri pezzi messi all’asta ci sono il costume di Tom
Hardy in Il Cavaliere Oscuro il
Ritorno, la pistola di Arnold
Schwarznegger in Terminator, una
lettera di accettazione a Hogwarts da Harry Potter e la
Pietra Filosofale e un elmo di pilota di
combattimento da Star
Wars.
I potenziali compratori possono
partecipare online, al telefono o anche di persona a
Londra.
Il 6 luglio prossimo parte il Faito
doc Festival, che si svolgerà tra il monte Faito e Vico Equense
(NA), nello splendido scenario della penisola sorrentina.
A partire dal 6 giugno
saranno disponibili in vendita: L’industriale
di Giuliano Montaldo con Pierfrancesco Favino, Carolina
Crescentini. SHAME di Steve McQueen con
Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole
Beharie.
Sbarcherà nelle sale italiane il
prossimo 6 febbraio l’atteso remake di RoboCop.
Il filone dei rilanci del cinema sci-fi anni ’80 è ormai in voga,
con alterni risultati, da qualche anno: era solo questione di tempo
prima che anche il futuristico poliziotto – cyborg tornasse sugli
schermi. Il progetto era già un po’ datato, risalendo al
2008: l’intenzione fu allora di approdare nelle sale del 2010, ma
in seguito una serie di ritardi, cambi di rotta, abbandoni –
il più importante dei quali quello di Darren
Aaronofsky – ha allungato i tempi di
realizzazione.
Alla guida del film viene chiamato
in seguito il brasiliano José Padilha, fattosi
conoscere per Tropa de Elite, mentre per
il ruolo del protagonista, dopo aver valutato varie opzioni, viene
scelto
Joel Kinnaman, assurto alla fama internazionale grazie
alla versione americana di Millennium – Uomini che
odiano le donne, firmata da David
Fincher; più tribolata la scelta del ‘cattivo’:
inizialmente per il ruolo viene ingaggiato Hugh
Laurie, reduce dai fasti di Dr. House, il quale
in seguito rinuncerà a prendere parte al progetto; la parte
viene poi definitivamente assegnata a
Michael Keaton, attore alla ricerca del rilancio, la
cui carriera, dopo i successi a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 con
gli anni 2000 è entrata in una fase di stallo.
Gary Oldman sarà lo scienziato
creatore di RoboCoped
Abbie Cornish (Limitless, Sucker
Punch) avrà il ruolo della moglie del
protagonista; il resto del cast vede la presenza, tra gli altri, di
Samuel L. Jackson, Jackie Earl Haley
(Watchmen, Lincoln), Jennifer
Ehle (A gifted man, Zero dark
thirty), Jay Baruchel (voce
originale della serie di Dragon Trainer).
La colonna sonora è curata da Pedro Bromfman, già
collaboratore di Padilha per le musiche di Tropa de
Elite.
Ambientato nel 2028,
Robocop vede protagonista il poliziotto
Alex Murphy che, rimasto gravemente ferito,
diviene la cavia per la creazione di un nuovo tipo di poliziotto,
un ibrido tra essere umano e macchina: ad occuparsene è la
Omnicorp, una multinazionale già attiva nel settore militare, che
punta così a monopolizzare anche il settore della sicurezza nelle
città; tuttavia, il risultato dell’esperimento si mostrerà molto
meno ‘controllabile’ del previsto…
Il
RoboCop originale viene ancora oggi
ricordato per l’abbondante dose di violenza (che portò a vari tagli
da parte della censura), non priva di risvolti ironici. Diretto da
Paul Verhoeven, protagonisti Peter
Weller e Nancy Allen, il film godé di un
buon successo, che portò a produrne due sequel e una serie tv,
oltre che a una versione a fumetti scritta da Frank
Miller. Vedremo se e come il reboot riuscirà a
reggere il confronto con l’originale: l’impresa appare a dire il
vero ardua.
Dopo il successo dello scorso autunno,
dal 5 febbraio al 5 aprile torna Cinema al MAXXI, la manifestazione
organizzata da Fondazione Cinema per Roma e MAXXI, curata da
Mario Sesti, che propone al pubblico un’inconsueta
e innovativa commistione fra cinema e spazi museali. Ogni
mercoledì, sabato e domenica, l’Auditorium del MAXXI ospiterà
un’inedita programmazione di anteprime, documentari, classici,
conversazioni con autori e registi realizzata grazie al Main
Partner BNL GRUPPO BNP Paribas in collaborazione con Istituto Luce
Cinecittà e 100autori, grazie al supporto di Gruppo Editoriale
Minerva Raro Video, Lucky Red, Bim, Eagle Pictures, 20th Century
Fox, Cineama, RAI Cinema, Notorius Pictures, Koch Media, Ripley’s
Film, Gallucci Editore, Lanterna Magica. Inoltre, Cinema al MAXXI
si arricchirà di due nuovi appuntamenti: uno spazio settimanale
dedicato ai film per famiglie, in collaborazione con Alice nella
città, e un corso di formazione e “allenamento” di critica
cinematografica.
“Ci piace pensare che il MAXXI stia
diventando un nuovo cineclub – ha detto Giovanna Melandri,
Presidente Fondazione MAXXI – dove, oltre a vedere anteprime,
classici e film d’avventura, con il biglietto ridotto del museo, si
può visitare questo spazio straordinario e le sue mostre. Benvenuti
al Cineclub MAXXI!”
“Con il successo della rassegna
sperimentato lo scorso anno – ha detto Mario Sesti – la Fondazione
Cinema per Roma e il MAXXI ci hanno ricordato che questa città è
una punta avanzata della passione per il cinema: il Festival del
Film di Roma, grazie anche al MAXXI, coinvolge il pubblico per
tutto l’anno, lavorando alle attività permanenti e non soltanto nel
periodo della manifestazione”.
“Cinema al MAXXI” sarà diviso in tre
sezioni: “EXTRA”, “CLASSIC” e “FAMILY”.
La sezione “EXTRA” ospiterà “tutto
il cinema che non è ancora al cinema”: ogni mercoledì infatti
verranno proposti al pubblico grandi film, documentari e pellicole
d’autore in anteprima. Primo appuntamento il 5 febbraio con A
proposito di Davis, di Joel e Ethan Coen, premiato a Cannes. La
programmazione di “Extra” proseguirà con 12 anni schiavo, il
film diretto da Steve McQueen nominato a nove premi Oscar®,
vincitore del Golden Globe come miglior film drammatico;
Lei, l’ultimo lavoro di Spike Jonze, presentato in Concorso
all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma,
premiato con il Golden Globe per la miglior sceneggiatura e
nominato a cinque Oscar®; Felice chi è diverso di Gianni
Amelio, selezionato dal Festival di Berlino, un viaggio nel mondo
dell’omosessualità attraverso memorie e testimonianze di chi ha
vissuto gli anni repressivi del fascismo e del dopoguerra; il film
di apertura del prossimo Festival di Berlino, The Grand Budapest
Hotel di Wes Anderson, con un cast di star formato fra gli
altri da Ralph Fiennes, Bill Murray, Edward Norton, Jude Law e
Tilda Swinton; Supercondriaco, esilarante commedia di Dany
Boon, il regista del film campione d’incassi Giù al nord;
Tyrannosaur di Paddy Considine premiato al Sundance e
presentato al Festival di Roma; Wolf di Claudio Giovannesi,
vincitore ex-aequo del premio speciale della Giuria Italiana Doc
all’ultimo Torino Film Festival; Non dico altro di Nicole
Holofcener, commedia maliziosa che ospita l’ultima interpretazione
di James Gandolfini, scomparso lo scorso giugno; Bruno e
Gina di Beppe Attene e Alessandro Sciamagna, sulle vicende che
hanno legato il terzogenito di Benito Mussolini, Bruno, e Gina
Ruberti.
La sezione “CLASSIC” accoglierà i
capolavori che hanno fatto grande il cinema, dalle origini ai
giorni nostri, ma anche una serie di omaggi e riscoperte di grandi
autori italiani e internazionali. Ogni sabato, alle ore 18 e alle
ore 21, verranno proiettati due film, legati da un tema, una
traccia, un’affinità comune, con l’idea che i grandi film sappiano
“parlarsi” tra di loro: ad esempio, nel primo appuntamento dell’8
febbraio verranno esplorati i territori dell’amore e dello scandalo
con Monica e il desiderio di Ingmar Bergman a cui seguirà
Diavolo in corpo di Marco Bellocchio. Nelle settimane
successive, la sala Auditorium del MAXXI ospiterà La caduta
degli dei di Luchino Visconti e Il portiere di notte di
Liliana Cavani, I primi della lista di Roan Johnson e
Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli, Kadosh di
Amos Gitai e La cagna di Marco Ferreri, La calda
amante e La signora della porta accanto (un omaggio a
François Truffaut nel trentennale della sua scomparsa); due pietre
miliari del cinema d’avanguardia come El Topo di Alejandro
Jodorowsky e Eraserhead – La mente che cancella di David
Lynch, Mussolini ultimo atto di Carlo Lizzani (che sarà
proiettato prima del documentario Bruno e Gina) e per
concludere Parole, parole, parole… di Alain Resnais e
Segreti segreti di Giuseppe Bertolucci. Grazie alla
collaborazione con i 100Autori, la doppia programmazione del sabato
sarà accompagnata da una conversazione con un autore
dell’associazione che dialogherà anche con il pubblico.
“FAMILY” è lo spazio
che Cinema al MAXXI dedica ogni domenica ai film per famiglie.
Grazie alla collaborazione con Alice nella città, la sezione
autonoma e parallela di cinema per ragazzi del Festival
Internazionale del Film di Roma, gli spettatori potranno scoprire
interessanti film d’animazione firmati da talenti
dell’illustrazione, del disegno, della pittura e della grafica. Si
inizia il 9 febbraio con La tela animata di Jean-François
Laguionie, mentre i successivi appuntamenti saranno con Le
avventure di Fiocco di Neve di Andrés G. Schaer, Ernest &
Celestine di Stéphane Aubier, Vincent Patar, Benjamin Renner,
Tiffany e i tre briganti di Hayo Freitag e Nat e il
segreto di Eleonora di Dominique Monféry, presentato al
Festival Internazionale del Film di Roma. I film saranno preceduti
dalla proiezione di un cortometraggio firmati da Emanuele Luzzati e
Giulio Gianini: fra i titoli in programma, Pulcinella e il pesce
magico, I paladini di Francia, La gazza ladra, Alì
Babà. Inoltre, Cinema al MAXXI dedicherà al grande scenografo,
animatore e illustratore genovese la programmazione di domenica 16
marzo quando il pubblico potrà assistere a Il flauto magico,
la straordinaria opera per bambini e adulti firmata con Giulio
Gianini. La proiezione sarà preceduta da due corti, Guizzino
ed È mio, realizzati da Leo Lionni (storia e immagini) e
Gianini (regia e animazione).
Cinema al MAXXI ospiterà infine un
corso diretto da Mario Sesti dal titolo “Bella la fotografia, bravi
gli interpreti: come diventare critici cinematografici in poche
ore”, quattro incontri di formazione e “allenamento” di critica
cinematografica che si terranno ogni lunedì dal 17 febbraio al 10
marzo alle ore 18 presso MAXXI BASE.
Era il marzo 2010 e Scontro
tra Titani doveva ancora uscire nelle sale che già si
iniziava a parlare di un probabile sequel. E puntuale, il sequel è
arrivato: La furia dei Titani in uscita nelle sale
italiane dal prossimo 30 marzo. Sono passati dieci anni da quando
il prode Perseo ha sconfitto il terribile e mostruoso Kraken, ed
ora l’eroe tenta di vivere una vita tranquilla con il proprio
figlioletto Helius in un piccolo villaggio di pescatori.
Nell’Olimpo però gli dei sono
inquieti perché gli uomini credono sempre meno in loro indebolendo
così il loro potere. I Titani stanno per approfittare della
situazione e guidati da Crono, padre di Zeus, Ade e Poseidone
progettano la loro vendetta. Quando Zeus, tradito dai fratelli,
verrà rapito da Crono, toccherà a Perseo accorrere in suo aiuto
accompagnato nella sua missione dalla principessa guerriera
Andromeda, da Agenore, figlio di Poseidone, e dal dio Efesto.
A dirigere questo sequel di
Scontro tra Titani, non sarà più Louis Leterrier,
passato in compenso alla produzione esecutiva, bensì Jonathan
Liebensman. Il regista sudafricano specializzato in horror movie si
è fatto conoscere dal grande pubblico soprattutto per Non
aprite quella porta. L’inizio, film del 2006 che ha
ottenuto un discreto successo al botteghino; dopo aver perso la
candidatura per dirigere il remake di Venerdì 13,
andata a Marcus Nispel, Libensman ha quindi diretto World
Invasion uscito nelle sale lo scorso anno.
Tornando a La furia dei
Titani segnaliamo come il cast tecnico abbia subito un
sostanziale restyling dopo il flop del primo capitolo, infatti
oltre al regista sono cambiati anche gli sceneggiatori; David
Leslie Johnson e Dan Mazeau hanno sostituito Greg
Berlanti che dopo aver iniziato a scrivere la storia è
stato messo da parte dalla Warner nel giugno del 2010. Riguardo al
cast artistico invece sono arrivate quasi immediatamente le
conferme di Sam Worthington,
Ralph Fiennes e Liam Neeson a cui si aggiungono
Bill Nighy per il ruolo di Efesto, Toby
Kebell nel ruolo di Agenore ed Edgar
Ramirez per la parte di Ares, il dio della guerra.
La vera e più interessante novità è
però rappresentata da Rosamund Pike che sostituisce Alexa Davalos nel ruolo della regina
Andromeda. La Pike, che ha superato una concorrenza nutrita e
agguerrita, in cui spiccano i nomi di Janet Montgomery ed Haley
Atwell, oltre a questo film era stata considerata anche per una
parte in Superman: man of steel.
La furia dei
Titani, le cui riprese sono iniziate il 23 marzo del 2011,
è stato girato negli studi fuori Londra, a Surrey, oltre che nelle
isole Canarie e più precisamente a Tenerife e La Gomera.
Dopo la grande delusione riportata per il primo film
Scontro tra Titani, la produzione, la Worner Bros,
ha cercato di evitare quegli errori che probabilmente hanno portato
all’insuccesso: su tutti era stata criticata la conversione in 3D
in post produzione e quindi ora il film è stato girato direttamente
con la stereoscopia.
A fare outing riguardo al primo e
sfortunato capitolo è stato lo stesso attore Sam Worthington
il quale ha affermato: “Penso che possiamo migliorare, con il
primo film abbiamo deluso parecchie persone ed un sequel va fatto
solo se il pubblico lo richiede o se si ritiene di poter fare un
lavoro migliore del primo…quello che stiamo cercando di fare”.
Ed ovviamente è quello che ci auguriamo tutti noi.