È stato presentato,
per la prima volta, alla stampa il nuovo film di Ferzan
Ozpetek, Allacciate le cinture, con protagonisti
Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchittano, Carolina
Crescentini, Francesco Scianna,
Elena Sofia Ricci e Carla Signoris.
In seguito, si è tenuta la conferenza stampa presenziata dal cast,
il regista e i produttori Tilde Corsi e
Paolo del Brocco. È un film che parla degli amori,
delle relazioni, dell’amicizia, dei sentimenti ma soprattutto della
vita 8prima che della malattia). Allacciate le
cinture esce nelle sale il prossimo 6 Marzo in oltre 600
copie.
Ozpetek prende per
primo la parola, esprimendo la difficoltà di realizzare questo
film, a partire da un’esperienza personale: una cena a casa di una
sua amica malata, quando capì cos’è davvero l’amore, quando si va
oltre l’aspetto fisico, quando si comincia a desiderare altro in
una persona. Oggi c’è sempre paura a parlare di un tema come la
malattia al cinema: è un tabù, la gente vuole ridere. Per questo il
film trova un compromesso con i due aspetti. E proprio per questo
il film parla di vita e di amore, ma anche del tempo che passa e
dell’amore che resta.
In seguito prende la parola
Gianni Romoli, sceneggiatore del film, che torna a
lavorare con Ozpetek dopo una pausa “di
riflessione” per realizzare qualcosa di diverso, con uno stile più
cresciuto e maturo. Prima di tutto ha realizzato un lungo soggetto,
40 pagine di racconto mentre si stava girando “magnifica presenza”,
per poi decidere di realizzare uno script e un film. In questo film
confluiscono tutte le storie finora raccontate, una sorta di summa.
In genere per realizzare una sceneggiatura ci vogliono tre mesi,
qui sette, perché la storia non aveva un plot preciso: non era
fatto di “fatti, episodi” quanto da emozioni e relazioni. Quindi,
dopo un lungo lavoro di editing sono approdati allo script reso
definitivo dopo la scelta degli attori, spinti a “vivere, sentire”
il loro personaggio. Lo script finale era ferreo e
inaffondabile.
Allacciate le
cinture è stato girato a Lecce. La prima domanda è rivolta
al regista, riguardo alla sua percezione del film e alla scelta del
titolo. Il titolo nasce da una riflessione, perché nell’arco della
vita arriva sempre un momento in cui dobbiamo allacciare le cinture
perché incontriamo delle turbolenze. Ozpetek ha
giocato con il tempo, le emozioni, la vita e le malattie attraverso
una lunga e intramontabile storia d’amore, perché le emozioni più
grandi sono proprio l’amore, l’amicizia e la
solidarietà. Carla Signoris conferma che il
film parla d’amore ed è intriso d’amore; ribadendo che il confine
tra risate e lacrime è breve e labile, soggetto a confondersi.
Elena Sofia Ricci si è ritenuta onorata di essere
scelta da Ozpetek per il suo film, ribadendo la sua abilità nella
scelta degli attori e nel modo che ha di coinvolgerli attivamente
alla realizzazione del film. Un’altra domanda riguarda il difficile
equilibrio tra tutti questi elementi, e come hanno scelto di
marcare emotivamente determinati aspetti nelle scene più forti
(come quella della chemioterapia o dell’amore in ospedale). Oltre
ad avvalersi di una consulenza tecnica, si sono trovati a trasporre
con difficoltà dalla carta al grande schermo. Ozpetek si avvale
molto degli attori, anzi, deve tutto a loro e alle loro
interpretazioni; il tutto, suffragato dalla riflessione più amara
sul tempo e sul ruolo della felicità: il rischio costante che tutto
possa cambiare sfavorevolmente, all’improvviso, modificando il
corso degli eventi.
Arca è stata la vera scommessa del
film: Ozpetek ha provinato quattro attori, di cui due con attori
anche importanti, ma il vero “vincitore” è stato Arca, che ha
dimostrato di avere qualcosa di completamente diverso, un istinto
che lo ha reso Antonio, nonostante la fatica e l’importanza della
novità. Alcuni fanno notare che i personaggi hanno scelto gli
attori: infatti Ozpetek quando scriveva aveva già in mente gli
attori giusti nei panni dei vari personaggi.
Kasia Smutniak ha incontrato Ozpetek e la crew un anno
prima del film: l’ha colpita i discorso del tempo, ma soprattutto
delle piccole cose, che una volta perse riacquistano la loro
importanza fondamentale. Per lei era questo il senso del film, come
pure il riferimento al titolo del film, che indica quei momenti
fondamentali della propria vita che ti scuotono, danno senso al
tempo e ti riportano, necessariamente, alla vita dandoti la
possibilità di vedersi, forse per la prima volta.
Per Francesco
Scianna è stato proprio il personaggio a sceglierlo (nasce
come una sostituzione!) con Ozpetek che, dopo averlo messo in un
ambiente creativo, lo ha “spinto” al gioco, ad entrare pienamente
nel clima del film.
Per Luisa Ranieri
l’incontro con il suo personaggio è stato “folgorante”:
interpretare una donna così vitale. Per Filippo
Scicchitano, oltre ad essere una vera sfida per la prima
volta, nonostante le pressioni messe dal regista e le
difficoltà incontrate. Per la Michelini calarsi
nel suo personaggio significava fare “economia” sui sentimenti
(interpretando un medico). Carolina Crescentini
non giudica mai un personaggio, e si è detta onorata di essere
tornata a lavorare con Ozpetek.
Infine, Paola
Minaccioni– pur essendo una comica- si confronta con un
personaggio difficile come quello della malata terminale. Un’ultima
domanda sulla colonna sonora: “A mano a Mano” cantata da Rino
Gaetano, colonna sonora del film, Ozpetek era incantato dalla
storia della canzone: la cantò una volta sola ad un concerto,
quando vide la sua ex tra la folla. In tanti l’hanno cantata, ma
nessuno aveva la sua leggerezza nel cantare parole così
impegnative.