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9 settimane e ½: la spiegazione del finale del film

Uscito nel 1986, 9 settimane e ½ rappresenta uno dei titoli chiave nella filmografia di Adrian Lyne, regista che ha costruito la propria identità autoriale esplorando il desiderio come territorio ambiguo e pericoloso. Dopo Flashdance e prima di Attrazione fatale e Proposta indecente, il film segna il passaggio definitivo di Lyne verso un cinema più adulto, sensuale e disturbante, in cui l’erotismo non è mai separato da dinamiche di potere, controllo e dipendenza emotiva. È qui che prende forma lo stile che renderà il regista un punto di riferimento del thriller erotico hollywoodiano degli anni Ottanta e Novanta.

L’idea del film nasce dall’omonimo romanzo autobiografico di Elizabeth McNeill, pubblicato nel 1978, in cui l’autrice racconta una relazione intensa e destabilizzante vissuta con un uomo potente e manipolatorio. L’adattamento cinematografico conserva l’impianto intimista del testo, trasformandolo in un racconto visivo fortemente sensoriale, affidato al magnetismo di Kim Basinger e Mickey Rourke. Lyne accentua la dimensione psicologica della storia, concentrandosi meno sugli eventi e più sulla progressiva erosione dell’identità della protagonista, catturata in un rapporto che confonde piacere e annullamento.

Pur essendo spesso ricordato come un film erotico, 9 settimane e ½ si colloca più precisamente nell’ambito del thriller erotico, genere che usa la sessualità come strumento narrativo di tensione e conflitto. I temi del controllo, della sottomissione, della perdita di sé e del confine tra desiderio e abuso lo avvicinano a titoli come Attrazione fatale, Basic Instinct o il recente Babygirl. Come questi film, anche l’opera di Lyne interroga lo spettatore sulla seduzione del pericolo e sull’illusione di poter governare emozioni che, una volta liberate, diventano distruttive. Nel resto dell’articolo proporremo una spiegazione del finale del film.

Kim Basinger e Mickey Rourke in 9 settimane e ½
Kim Basinger e Mickey Rourke in 9 settimane e ½

La trama di 9 settimane e ½

Protagonista del film è Elizabeth McGraw (Kim Basinger), una giovane donna divorziata che lavora in una galleria d’arte, dove è spesso oggetto di prese in giro da parte dei colleghi per il suo aspetto avvenente. Una sera, in una rosticceria di Chinatown, la donna incontra John Gray (Mickey Rourke), un uomo molto affascinante di Wall Street. I due cominciano a frequentarsi e tra loro scoppia una forte attrazione, che li porta a intraprendere una relazione fatta esclusivamente di giochi erotici. Se all’inizio la donna è lusingata dalle attenzioni e dai costosi regali da parte di John, a un certo punto comincia a esserne soggiogata, piegandosi al potere dominante che lui esercita su di lei.

Nel loro rapporto Elizabeth regredisce quasi al punto di tornare ragazzina, finendo per disinteressarsi anche del lavoro in galleria. Il gioco perverso con l’affarista prosegue fino a un’inaspettata evoluzione: la donna si libera della se stessa seria e istituzionale e diventa istintiva, facendo finalmente l’amore con John. La loro relazione va avanti, alimentata da espedienti piccanti che portano Elizabeth a non avere più freni inibitori e anche in galleria sta perdendo la sua credibilità professionale. Tuttavia la donna non riesce a distaccarsi dall’amore malato che nutre nei confronti di John. La loro storia, però, giungerà presto a un amaro epilogo.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto del film, la relazione tra Elizabeth e John raggiunge il suo punto di rottura definitivo, quando il gioco erotico di controllo si trasforma apertamente in umiliazione. La scena del denaro gettato a terra, con John che la costringe a strisciare, segna una frattura irreversibile: Elizabeth obbedisce, ma lo fa con rabbia e consapevolezza, ribellandosi subito dopo. Da quel momento, il desiderio non è più sufficiente a coprire il vuoto emotivo che si è creato, e la protagonista inizia a percepire con chiarezza la perdita di sé stessa all’interno del rapporto.

Il punto di non ritorno arriva nell’incontro al Chelsea Hotel, quando John introduce una terza persona senza prepararla davvero, spingendo Elizabeth oltre il limite che è disposta ad accettare. La fuga, il rifugio nel locale pornografico e il successivo ricongiungimento fisico non cancellano la frattura ormai aperta. Dopo il successo professionale della mostra di Farnsworth, Elizabeth passa un’ultima notte con John, ma al mattino la decisione è presa. Il film si chiude con il suo allontanamento dall’appartamento, mentre John tenta inutilmente di ripristinare il controllo con un’ultima conta simbolica.

Kim Basinger in 9 settimane e ½
Kim Basinger in 9 settimane e ½

Il finale porta a compimento il tema centrale del film: la confusione tra amore, desiderio e potere. Elizabeth comprende che la relazione con John non è mai stata paritaria, ma costruita su un equilibrio instabile in cui l’abbandono emotivo era il prezzo da pagare per l’intensità erotica. La sua uscita di scena non è una vittoria trionfale, bensì un atto doloroso di sopravvivenza, che implica rinunciare a una passione totalizzante per recuperare un’identità autonoma. Adrian Lyne evita qualsiasi catarsi consolatoria, sottolineando quanto sia difficile spezzare legami fondati sulla dipendenza.

La scelta di Elizabeth di non tornare indietro completa il percorso di consapevolezza del personaggio, che riconosce la natura finita e distruttiva della relazione fin dall’inizio. Quando afferma che tutto sarebbe terminato “quando uno dei due avesse detto stop”, riafferma il proprio diritto al limite, elemento sempre negato da John. Il suo pianto finale non contraddice la decisione presa, ma la rende più autentica: la libertà, suggerisce il film, non coincide con l’assenza di dolore, bensì con la possibilità di scegliere, anche quando farlo significa perdere qualcosa di profondamente seducente.

Ciò che 9 settimane e ½ lascia allo spettatore è una riflessione amara sul fascino dell’eccesso e sulla pericolosità di relazioni che trasformano il desiderio in dominio. Il film non demonizza l’erotismo né il gioco di ruolo, ma mette in guardia contro la rinuncia progressiva alla propria voce interiore. Il messaggio finale non riguarda la morale sessuale, bensì l’equilibrio emotivo: senza rispetto reciproco e confini condivisi, anche l’intimità più intensa può diventare una forma di annientamento, capace di sedurre proprio mentre distrugge.

Dragged Across Concrete: il film è tratto da una storia vera?

Diretto da S. Craig Zahler, Dragged Across Concrete (qui la recensione) è un thriller poliziesco del 2018 con un cast corale che include talenti del calibro di Mel Gibson, Vince Vaughn e Jennifer Carpenter. Racconta la storia di due detective della polizia indagati per brutalità mentre sono coinvolti in un complotto per una rapina, avendo un disperato bisogno di soldi. Tuttavia, le loro strade si intrecciano con quelle di due amici d’infanzia anch’essi alla ricerca di denaro per motivi personali.

Data la trama complessa, stratificata e intrecciata e il tono cupo e crudo del film, gli spettatori saranno sicuramente curiosi di saperne di più sulla sua vera ispirazione. Anche noi siamo diventati curiosi e abbiamo fatto alcune ricerche per conto nostro. Ecco tutto ciò che abbiamo scoperto sulla concezione di “Dragged Across Concrete”.

L’idea di Zahler: la storia dietro Dragged Across Concrete

No, Dragged Across Concrete non è basato su una storia vera. Il film è invece basato su un’idea originale dello scrittore e regista S. Craig Zahler. Zaheler ha iniziato la sua carriera come romanziere e ha pubblicato il suo romanzo d’esordio “A Congregation of Jackals” nel 2010. Tuttavia, dal 1995 Zahler ha lavorato come direttore della fotografia in diversi cortometraggi. Ha diretto il suo primo lungometraggio, un horror western intitolato Bone Tomahawk, con Kurt Russell nel ruolo principale.

Dragged Across Concrete cast

Zahler ha scritto la sceneggiatura di Dragged Across Concrete poco prima di iniziare la produzione del suo secondo lungometraggio da regista, Brawl in Cell Block 99, con Vince Vaughn nel ruolo principale. In un’intervista con Flickering Myth, Zahler ha poi parlato della concettualizzazione di questo suo terzo film. Zahler ha spiegato che voleva sovvertire le aspettative del sottogenere buddy cop quando ha ideato il concept del film. “È divertente, nella mia mente, i film buddy cop sono così leggeri e comici che non ho mai considerato questo un film buddy cop”, ha dichiarato durante l’intervista.

Tuttavia, lo sceneggiatore e regista voleva soprattutto esplorare diverse relazioni complesse tra diversi personaggi attraverso una storia intrecciata. “Sapevo di voler fare un film che avesse molte relazioni. Un poliziotto e sua moglie. Un poliziotto e la sua fidanzata. Un ragazzo appena uscito di prigione, sua madre e suo fratello minore. Quel ragazzo e il suo amico d’infanzia che è nella malavita”, ha detto Zahler, sottolineando le dinamiche tra i personaggi del film. “Sapevo di volere queste diverse relazioni e anche diversi aspetti di questi personaggi in situazioni diverse. Inoltre, volevo un grande intreccio criminale”, ha aggiunto il regista.

Zahler ha anche sottolineato che non ha cercato consapevolmente di fondere i tropi dei poliziotti amici con le complesse relazioni presenti nel film. In un’altra intervista, Zahler ha dichiarato di aver voluto esplorare come relazioni diverse mettano in luce sfaccettature diverse dei personaggi, cosa che non aveva avuto modo di fare nei suoi precedenti lungometraggi. Zahler ha anche citato “Il principe della città”, il classico film poliziesco neo-noir americano del 1981 diretto da Sidney Lumet, come fonte di ispirazione per il concept di Dragged Across Concrete.

Dragged Across Concrete trama

Allo stesso modo, il regista ha anche menzionato film come il noir del 1956 “Rapina a mano armata” diretto da Stanley Kubrick e “Quel pomeriggio di un giorno da cani” del 1975, anch’esso diretto da Lumet. Inoltre, Zahler ha deciso di inserire alcune scene di vita quotidiana nella sceneggiatura per dare agli spettatori una comprensione realistica dei suoi personaggi e del loro funzionamento interiore. In definitiva, Dragged Across Concrete non è basato su una storia vera.

Anche se lo sceneggiatore e regista S. Craig Zahler potrebbe aver attinto dalle sue esperienze personali per creare la trama, non si tratta di una rappresentazione diretta di eventi reali. Al contrario, dalle parole di Zahler possiamo dedurre che il regista si è basato sulla sua comprensione personale delle relazioni umane e del crimine per scrivere personaggi avvincenti. Di conseguenza, Dragged Across Concrete è un film noir violento e crudo con elementi di buddy cop, che contiene un pizzico di realismo grazie ai suoi personaggi emotivamente coinvolgenti.

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Mars Attacks!, la spiegazione del finale del film

Mars Attacks! segna uno dei momenti più eccentrici e ironici nella filmografia di Tim Burton, noto per il suo stile gotico e surreale. Diretto nel 1996, il film si colloca dopo successi come Edward mani di forbice e Batman Il ritorno, ma mostra un lato del regista più caustico e parodico. Burton prende qui le distanze dal tono drammatico e poetico dei suoi lavori precedenti, abbracciando un approccio comico e demenziale, pur mantenendo la cura estetica che contraddistingue la sua visione visiva e l’attenzione ai dettagli grotteschi e caricaturali.

Il film si ispira alle celebre serie di carte collezionabili e ai B-movie di fantascienza anni ’50, caratterizzati da effetti speciali rudimentali, invasioni aliene e un senso di minaccia tanto ridicola quanto reale. Burton, con la sceneggiatura di Jonathan Gems, gioca sul contrasto tra il kitsch dei marziani e la serietà dei personaggi umani, creando una commistione tra commedia nera, fantascienza e parodia del cinema catastrofico. L’opera si distingue anche per l’enorme ensemble cast, che richiama il modello delle grandi produzioni hollywoodiane e dei film di satira collettiva.

Nel cuore di Mars Attacks! troviamo temi ricorrenti nella produzione di Burton: l’alienazione, il caos improvviso e la critica alla superficialità della società contemporanea. Attraverso la follia della trama, il regista mette in scena la fragilità dell’umanità di fronte a minacce incomprensibili, usando l’umorismo e la violenza grottesca per accentuare l’assurdità delle convenzioni sociali. Nel resto dell’articolo si proporrà una spiegazione del finale del film e dei temi che Burton sviluppa attraverso la conclusione della storia, rivelando come la satira si trasformi in una riflessione più profonda.

Mars Attacks! cast

La trama di Mars Attacks!

Il film ha inizio con Stati Uniti d’America che vengono invasi da UFO alieni provenienti da Marte. Il Presidente James Dale è certo di poter trovare un accordo con gli extra-terrestri e l’evento è seguito con partecipazione da diversi personaggi, la cui vita sarà stravolta dagli effetti più o meno diretti dell’invasione. Tra loro c’è il giovane fornaio Richie Norris, un ragazzo molto sfortunato in amore e ossessionato dal paragone con suo fratello Billy Glenn. Anche i telecronisti Jason Stone e Nathalie Lake seguono la vicenda, poiché certi di poter diventare famosi grazie agli invasori partecipando all’incontro organizzato in Nevada.

Tutto prende però una piega drammatica quando il presidente ordina di liberare una colomba in segno di pace davanti ai marziani. Questi travisano il gesto, interpretandolo come una dichiarazione di guerra, e si scagliano contro la folla con i loro tecnologici raggi laser. Nel disperato tentativo di rimediare al fraintendimento, il presidente chiede al professor Donald Kessler di inviare un messaggio di pace tramite il suo traduttore universale ma i marziani non sembrano aver intenzione di risparmiare gli umani. Mentre gli invasori riescono a far infiltrare un loro agente nella Casa Bianca e Billy compie un gesto estremo per salvare la sua famiglia, Richie chiede consiglio alla nonna Florence che, in maniera del tutto casuale, scova il punto debole degli alieni.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Mars Attacks!, i marziani intensificano la loro invasione su scala globale. Dopo aver sterminato la maggior parte dei rappresentanti politici e delle autorità militari, tra cui generali e membri del Congresso, gli alieni seminano il caos nelle città principali, compresa Washington, D.C., mentre distruggono edifici simbolici e uccidono civili. Il presidente Dale tenta inutilmente negoziazioni e discorsi pacificatori. Nel frattempo, Byron Williams guida un piccolo gruppo di sopravvissuti attraverso Las Vegas, affrontando i marziani con coraggio e astuzia, tentando di salvare se stessi mentre l’invasione si estende e la disperazione cresce tra la popolazione mondiale.

Il climax narrativo si concentra sulla scoperta che i marziani sono vulnerabili alla canzone Indian Love Call di Slim Whitman. Richie e Florence utilizzano questa conoscenza per eliminare gran parte degli alieni, mentre le trasmissioni radio amplificano l’effetto su scala globale. Questo stratagemma porta all’abbattimento della nave madre e alla sconfitta del leader marziano. Parallelamente, Byron sopravvive alla sua battaglia contro un gruppo di marziani, riuscendo a salvare i suoi compagni e riunirsi con la famiglia. La sequenza finale mostra l’umanità che ricomincia a riprendersi dalle devastazioni.

Mars Attacks! film

Il finale, oltre a risolvere la crisi principale, svolge una funzione satirica e ironica. La sconfitta dei marziani attraverso una canzone country sottolinea l’assurdità dell’intero conflitto, tipica del tono parodico di Burton. La scelta di un metodo apparentemente ridicolo per salvare il mondo riflette la critica ai modi convenzionali del cinema di fantascienza e ai film di invasione aliena, mostrando come l’ingegno e l’imprevisto possano ribaltare situazioni apparentemente impossibili, sottolineando il contrasto tra la serietà dei personaggi e la follia degli eventi.

Dal punto di vista tematico, il finale porta a compimento l’esplorazione di Burton sulle fragilità umane di fronte a minacce incomprensibili e alla superficialità della politica e delle istituzioni. La distruzione dei simboli di potere e il ruolo determinante di personaggi comuni suggeriscono che il coraggio, l’astuzia e la cooperazione tra individui possono prevalere sulle crisi più assurde. La conclusione amplifica l’ironia del regista, trasformando la satira in riflessione sulla resilienza umana, l’inventiva e la capacità di affrontare l’assurdo.

Il messaggio finale di Mars Attacks! unisce comicità e riflessione sociale: la sopravvivenza e il successo non derivano dalla forza o dal potere istituzionale, ma dall’ingegno, dalla collaborazione e dall’astuzia dei singoli. Burton celebra l’eroismo quotidiano dei cittadini comuni, mettendo in ridicolo le autorità tradizionali incapaci di affrontare l’invasione. La fusione tra assurdo e eroismo sottolinea come la società sia spesso impreparata a eventi imprevisti, ma anche come l’inventiva e la determinazione possano trasformare il caos in una possibilità di rinascita, pur con tono ironico e grottesco.

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Disclosure Day è il nuovo film di Steven Spielberg, ecco il trailer e la data d’uscita!

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Il nuovo film di Steven Spielberg della Universal si intitolerà Disclosure Day. È stato pubblicato un nuovo trailer che potete vedere qui sopra, e l’uscita del film è prevista per il 11 giugno del prossimo anno.

Il film rappresenta il ritorno di Spielberg al suo terreno di invasione extraterrestre, reso popolare da successi come Incontri ravvicinati del terzo tipo, E.T. e La guerra dei mondi.

Nel trailer vediamo la ragazza del meteo, interpretata dalla candidata all’Oscar Emily Blunt, che non riesce a resistere mentre viene posseduta da un’entità straniera. Qualunque cosa stia succedendo nel mondo, attira anche l’attenzione di animali selvatici e suore. Nel film, anche Josh O’Connor. Al momento non si sa altro della storia.

Avatar: Fuoco e Cenere, recensione: l’epopea continua, e si fa più matura

Con Avatar: Fuoco e cenere, James Cameron non si limita a proseguire una saga: la radicalizza, la mette alla prova, la spinge in una zona emotiva e morale più aspra. Il film, dal 17 dicembre nelle sale distribuito da The Walt Disney Company Italia, è il terzo capitolo di quell’avventura cominciata nel 2009 alla scoperta di Pandora. Se La via dell’acqua era un film sull’unione, sulla necessità di imparare a stare insieme e riconoscersi nell’altro, un film in cui tutto tornava e fluiva, come l’acqua, appunto, questo terzo capitolo ne è il perfetto contraltare.

Avatar: Fuoco e cenere è un racconto sull’odio, su come nasce spesso dal dolore della perdita, su come questo odio non controllato riesca a contaminare tutto ciò che tocca, come una malattia, ma anche su come sia capace di mettere insieme inquietudini e vendette, secondo il vecchio adagio che “il nemico del mio nemico è mio amico”. Perché si sa che è più facile alimentare la rabbia che calmarla. E ancora una volta, Cameron parla di Pandora, di Na’vi e di tribù, parlando allo stesso tempo a un mondo diviso, che si indigna sui social, nella solitudine delle stanze, nel buio della ragione, rifiutando l’unica semplice verità che il franchise porta avanti da 16 anni: siamo tutti connessi. E per una volta invoca l’aiuto dello spettatore stesso, chiedendogli di trovare il senso ultimo alla sua storia.

Un conflitto totale che attraversa Pandora

La storia riprende pochi istanti dopo la conclusione de La via dell’acqua. La RDA non è sconfitta: si riorganizza, rilancia, torna su Pandora con l’obiettivo finale di renderla abitabile per un’umanità che ha ormai distrutto la Terra. Jake Sully è di nuovo un comandante, un guerriero che conosce una sola risposta alla minaccia: la guerra. Ma questa volta il conflitto non è solo esterno. È interno, familiare, emotivo. La morte di Neteyam pesa come un macigno su ogni scelta, soprattutto su Neytiri, sempre più divorata da un dolore che si trasforma in odio puro, incontrollabile.

Cameron costruisce un racconto che si muove su più fronti: il ritorno di Quaritch, ora in forma di Recom, il legame sempre più complesso con Spider, la colpa che consuma Lo’ak, il mistero che avvolge Kiri, e ancora una volta l’incapacità dei padri di guardare ai figli come a persone autonome e capaci di prendere decisioni. Ma chiaramente Cameron non si accontenta di riportarci su Pandora, come accaduto ne La via dell’Acqua, inventa nuovi paesaggi, culture e personaggi, ci presenta il famigerato popolo della Cenere, guidato dalla loro regina Varang, letale e irresistibile. Vivono in un mondo devastato da un’eruzione vulcanica, una ferita aperta inflittagli dalla stessa Eywa, secondo la loro mitologia, un paesaggio annerito che riflette lo stato d’animo di chi lo abita. L’altro volto di Pandora, che non è più solo un eden da difendere, ma un territorio lacerato, attraversato da cicatrici visibili e invisibili.

Personaggi al centro, tra dolore, colpa e rabbia

Rispetto ai capitoli precedenti, Avatar: Fuoco e cenere è un film sorprendentemente più concentrato sui personaggi che sull’ambientazione. Il mondo resta vastissimo, ma Cameron sceglie di scavare nei volti, nei silenzi, nei conflitti interiori, talvolta anche a discapito della storia stessa, che risulta frammentata, a volte disordinata. Il lavoro sull’espressività – reso possibile da una tecnologia di performance capture ancora più impressionante – è semplicemente straordinario: ogni emozione passa dagli occhi, dai movimenti minimi, dai respiri. I volti degli attori sono chiaramente rintracciabili, questa volta più che mai, sotto il blu brillante, l’acquamarina, il grigio-blu della pelle Na’vi.

E così, riconosciamo alla perfezione tutti i tratti di Sam Worthington e Zoe Saldana, che offrono le loro interpretazioni più intense della saga, dando corpo a due figure spezzate che reagiscono al lutto in modi opposti ma ugualmente distruttivi. Sigourney Weaver, nei panni di Kiri, continua a essere il cuore spirituale del racconto, mentre Britain Dalton (Lo’ak) e Jack Champion (Spider) portano in scena adolescenze fragili, segnate da colpa, identità incerte e scelte impossibili. Interessante il compito di Stephen Lang in questo capitolo, che si trova ad arricchire Quaritch di nuove sfumature, rendendolo un antagonista tridimensionale, capace di incarnare non solo la violenza coloniale, ma mettendo in campo anche un rapporto ambiguo e doloroso con Spider.

E poi c’è Varang. Oona Chaplin ruba la scena con una presenza magnetica, elegante e feroce. La sua non è una cattiveria gratuita, ma una rabbia stratificata, politica, quasi inevitabile. I suoi movimenti sono predatori, il suo fascino irrefrenabile, il suo sguardo incendiario. Cameron non giustifica le sue azioni, ma ne comprende le strade. E questa comprensione rende il conflitto ancora più potente. Non ci troveremo mai a prendere le parti di Varang, ma dentro di noi sappiamo che le sue ragioni sono valide.

Tecnologia e spettacolo come linguaggio emotivo

Se visto che Cameron è il maestro indiscusso dello spettacolo, Avatar: Fuoco e cenere rappresenta un nuovo salto in avanti. La messa in scena è monumentale, anarchica, a tratti persino sperimentale. Terra, acqua, cielo e ora fuoco diventano spazi di battaglia e di meraviglia, in sequenze che superano per intensità e scala tutto ciò che la saga aveva mostrato finora. L’azione è più terrestre, più fisica, più brutale, e senza rinunciare ai momenti di pura poesia visiva, vero e proprio marchio di fabbrica, il film fa davvero sentire la cenere sotto i denti, il fuoco sul viso, la minaccia incombente.

Abbiamo già detto che Avatar: Fuoco e Cenere è il riflesso perfetto di La via dell’Acqua. Tanto equilibrato e “rotondo” il secondo, quando spigoloso e estremo il primo, i due film presentano moltissimi aspetti comuni e scenari già visti, tuttavia James Cameron non sembra aver paura di ripetersi. I temi che aveva già declinato nei capitoli precedenti e anche in tutta la sua filmografia, vengono attraversati con una potenza formale che li rende di nuovo urgenti, tristemente attuali. L’odio, il colonialismo, la distruzione ambientale, il trauma: tutto viene filtrato attraverso un linguaggio cinematografico che non separa mai spettacolo e emozione. Fuoco e cenere è un film violento come il fuoco che lo attraversa, ma anche profondamente umano, capace di commuovere e travolgere.

Giustamente dedicato al compianto Jon Landau, questo terzo Avatar conferma la saga come una vera epopea universale. Non solo un evento visivo, ma un racconto che cresce, si incupisce, matura. E che, ancora una volta, ci ricorda perché James Cameron resta uno dei pochi autori in grado di trasformare il cinema mainstream in un’esperienza totalizzante.

FBI e CIA collaborano nel primo trailer della serie spin-off della CBS con Tom Ellis

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Mentre la serie sembra finalmente essere sulla buona strada, è arrivato il primo trailer della CIA per lo spin-off della serie FBI.

A poco più di due mesi dalla prima, la CBS ha pubblicato il trailer di CIA. Il video presenta Tom Ellis nei panni di Hart Hoxton, un agente operativo dell’omonima agenzia di polizia, che si ritrova suo malgrado a collaborare con il personaggio di Nick Gehlfuss, Bill Goodman, un agente dell’FBI che segue le regole alla lettera, per indagare su una serie di minacce a New York City. Guardate il trailer ricco di azione qui sotto:

Il trailer avvincente e frenetico di CIA si apre con Bill che sottopone Hart al test della macchina della verità. Durante l’anteprima, i due si scambiano commenti sarcastici tra una clip di esplosioni e sparatorie e l’altra. L’anteprima si conclude con i protagonisti della serie che si stringono la mano, apparentemente accettando il fatto che saranno costretti a lavorare insieme per il prossimo futuro.

Il nuovo crime drama della CBS debutterà lunedì 23 febbraio 2026. Il debutto della serie seguirà quello della serie di punta, l’ottava stagione di FBI. La serie vedrà anche Necar Zadegan nel ruolo di capo della stazione della CIA e Natalee Linez in quello di analista al fianco di Ellis e Gehlfuss.

CIA è stato annunciato ufficialmente dalla CBS il 22 aprile 2025. Lo spin-off era in fase di sviluppo nel gennaio 2025 e inizialmente avrebbe dovuto essere lanciato come backdoor pilot (un episodio di una serie TV esistente con lo scopo di introdurre nuovi personaggi e una nuova premessa) all’interno di un episodio di FBI.

Tuttavia, i piani della rete sono cambiati dopo che la serie ha subito molti ritardi a causa del ritiro all’ultimo minuto di membri del cast e della troupe. Michael Michele, che è stato sostituito da Zadegan, se n’è andato all’inizio di novembre e, pochi giorni dopo, anche lo showrunner originale, Warren Leight, ha lasciato il progetto. Il programma di produzione di FBI è rimasto in linea con i tempi previsti e alla fine è stato completato, mentre CIA era in fase di recasting e alla ricerca di una nuova persona che dirigesse la serie. Di conseguenza, la CBS è stata costretta ad abbandonare la sua idea originale.

CIA debutterà il 23 febbraio 2026 alle 22:00 ET e alle 19:00 PT sulla CBS.

Widow’s Bay, svelate le prime immagini della nuova serie con Matthew Rhys

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Oggi Apple TV ha svelato le prime immagini di Widow’s Bay, la nuova serie con protagonista il vincitore dell’Emmy Matthew Rhys, che è anche produttore esecutivo, ideata da Katie Dippold e diretta e prodotta dal vincitore dell’Emmy Hiro Murai attraverso la sua società Chum Films.

La serie farà il suo debutto su Apple TV il 29 aprile con i primi tre episodi dei dieci totali, seguiti da nuovi episodi settimanali fino al 17 giugno.

Widow’s Bay è una pittoresca cittadina su un’isola a 40 miglia al largo della costa del New England. Ma sotto la superficie si nasconde qualcosa. Il sindaco Tom Loftis (Matthew Rhys) è disperato nel tentativo di risollevare la sua comunità in difficoltà. Non c’è Wi-Fi, la copertura cellulare è intermittente e deve fare i conti con abitanti superstiziosi che credono che la loro isola sia maledetta. Loftis vuole che queste persone lo rispettino. Non lo fanno. Pensano che sia debole e codardo. E lo è. Ma Loftis è determinato a costruire un futuro migliore per suo figlio adolescente e a trasformare l’isola in una meta turistica. Miracolosamente, ci riesce: i turisti finalmente arrivano.

Purtroppo, però, gli abitanti avevano ragione. Dopo decenni di calma, le vecchie storie che sembravano troppo assurde per essere vere cominciano a diventare realtà. “Widow’s Bay” fonde l’horror autentico con una commedia incentrata sui personaggi. Accanto a Rhys, il cast corale include Kate O’Flynn, Stephen Root, Kingston Rumi Southwick, Kevin Carroll e Dale Dickey.

Prodotta da Apple Studios, Widow’s Bay è creata, guidata come showrunner e prodotta esecutivamente da Dippold. Murai è produttore esecutivo attraverso Chum Films, insieme a Carver Karaszewski, Claudia Shin e Rhys. Murai dirige cinque episodi di questa stagione, affiancato dai registi Ti West, Sam Donovan e Andrew DeYoung.

Toni Collette rivela i dettagli della trama della seconda stagione di Wayward dopo l’enorme successo su Netflix

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Toni Collette ha dichiarato che sarebbe più che felice di girare un’altra stagione di Wayward.

Durante un’intervista con ScreenRant sul suo nuovo film Goodbye June, Collette ha spiegato che non solo è disposta a partecipare alla seconda stagione di Wayward, ma ha anche discusso possibili trame per la serie di successo di Netflix. L’attrice ha rivelato che lei e la creatrice della serie, Mae Martin, hanno parlato di tornare a Wayward e di potenziali trame per eventuali episodi futuri.

Collette ha ammesso di ritenere che i piani per un’altra stagione di Wayward fossero scarsi. Tuttavia, nutre ancora qualche speranza che possa concretizzarsi. E, se mai se ne presentasse l’occasione, sarebbe assolutamente disposta a riprendere il ruolo di Evelyn Wade.

Toni Collette: Certo che sì. Ci siamo divertiti tantissimo. Stai scherzando? Adoro Mae e abbiamo parlato di potenziali trame, ma pensavo che il progetto fosse stato accantonato, ma forse c’è ancora qualche speranza. Non lo so. Io lo farei sicuramente.

Wayward è un thriller misterioso di Netflix ambientato in una città inquietante chiamata Tall Pines nel Vermont. La trama è incentrata sulla Tall Pines Academy, una misteriosa istituzione per adolescenti con problemi che funziona più come una setta che come una scuola. Quando un nuovo agente di polizia di nome Alex (Martin) si trasferisce in città con la moglie incinta, Laura (Sarah Gadon), inizia a scoprire fatti inquietanti sul passato di sua moglie e sulla scuola.

Il personaggio di Collette, Evelyn, è la fondatrice della Tall Pines Academy, dove è anche la preside. A prima vista, sembra una persona molto affascinante e cordiale. Tuttavia, una volta che la sua maschera sociale carismatica cade, si rivela una persona crudele e spietata. È anche molto calcolatrice e non si fermerà davanti a nulla per proteggere la sua istituzione.

Secondo Netflix, Martin ha detto che hanno scritto il ruolo essenzialmente per Collette. Il creatore ha aggiunto che è stato surreale avere la loro “prima scelta” per interpretare Evelyn. “Toni è una di quei pochi attori che capisce davvero la battuta e può essere così divertente in modo asciutto, ma anche assolutamente terrificante. Ha davvero una grande presenza”, hanno spiegato.

Wayward – Stagione 1 è ora disponibile in streaming su Netflix.

Outlander, lo showrunner anticipa il finale esplosivo della serie: “Mi ha tenuto sveglio la notte”

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Dopo otto stagioni, la serie romantica sui viaggi nel tempo Outlander giungerà al termine la prossima primavera, e lo showrunner e produttore esecutivo della serie, Matthew B. Roberts, ha rivelato quanto sia stato difficile concludere la serie.

In un’intervista con Vanity Fair, Roberts ha ammesso di essersi bloccato mentre scriveva il finale della serie. Ha raccontato alla rivista quanto sia difficile creare un finale per personaggi amati come Claire Beauchamp (Caitríona Balfe) e Jamie Fraser (Sam Heughan), la cui storia ha tenuto il pubblico con il fiato sospeso sin dal debutto di Outlander nel 2014. Tuttavia, ha rivelato che la parte più complicata è soddisfare la vasta base di fan della serie. “Mi ha tenuto sveglio la notte”, ha detto il produttore esecutivo.

Lo showrunner ha spiegato che sentiva di dover dare ai fedeli spettatori di Outlander il finale che desideravano, invece di basare le sue decisioni esclusivamente sui propri desideri. Le serie TV popolari spesso fanno arrabbiare il pubblico e talvolta rovinano l’intera serie per i suoi fan, producendo un finale deludente. Questa era una delle paure di Roberts e qualcosa che voleva evitare, motivo per cui ha perso il sonno durante tutto il processo.

Roberts ha espresso queste preoccupazioni anche al cast, alla troupe e al team creativo di Outlander. Ha detto loro che l’ottava stagione non dovrebbe essere eccessivamente drammatica o scioccante, ma deve essere ciò che gli spettatori che seguono la serie da un decennio si aspettano da loro. Ha aggiunto che l’ultima puntata è già di per sé abbastanza speciale, quindi non è necessario esagerare e rischiare di perdere il pubblico spingendosi troppo oltre, come fanno molte serie nelle loro ultime stagioni.

Ho detto a tutti: cerchiamo di non fare quella stagione molto speciale di Outlander. È già speciale. Le persone seguono questa serie da un decennio, facciamo semplicemente quello che sappiamo fare, facciamolo bene e diamo loro qualcosa che si aspettano.

Roberts ha anche rivelato che i fan otterranno le risposte alla maggior parte delle loro domande scottanti abbastanza presto nella stagione 8 di Outlander. Il capitolo finale rivelerà il destino della figlia di Claire, Faith, e spiegherà l’origine delle capacità di viaggio nel tempo di Jamie. Ha aggiunto che l’inizio della stagione fornirà al pubblico una grande quantità di informazioni, che daranno il tono al resto della serie.

Il produttore esecutivo ha aggiunto di aver sempre saputo come sarebbe finita la serie. Tuttavia, ha girato diversi finali alternativi per “motivi di sicurezza”.

Non dovrete aspettare a lungo per molti di essi. Vi sommergeremo con una grande ondata di informazioni fin dall’inizio, e poi quella ondata, si spera, vi porterà fino alla fine. C’è molta tensione e turbolenza, ma c’è anche molta risoluzione. Ho sempre avuto in mente il finale, ma abbiamo anche girato alcuni [altri] finali per motivi di sicurezza.

Outlander – stagione 8 debutterà il 6 marzo 2026 su Starz.

It: Benvenuti a Derry – Stagione 2: tutto quello che sappiamo

Sebbene la prima stagione di It: Welcome To Derry abbia ottenuto recensioni entusiastiche, il futuro della serie HBO non è ancora certo. Fin dalla scena iniziale di It: Welcome to Derry, era chiaro che la serie prequel di It non avrebbe giocato sul sicuro. Durante il suo episodio pilota, la serie sembrava una versione più cupa e tetra dei film, sebbene ambientata negli anni ’60.

Tuttavia, il finale del pilot ha portato l’oscurità alle stelle quando quasi tutti i personaggi principali sono stati uccisi nei momenti finali, anche se la maggior parte di loro sono bambini. Ciò ha dimostrato che It: Welcome to Derry è stata una delle serie horror più cupe del 2025, e potenzialmente troppo cupa per un pubblico mainstream che ha affollato le sale per vedere i precedenti film di It.

Tuttavia, questo non sembra aver influito negativamente sugli ascolti della serie. La serie HBO ha registrato numeri incredibili in termini di audience intorno all’uscita del suo episodio pilota, attirando oltre 5,5 milioni di spettatori nei primi tre giorni dalla sua uscita. It: Welcome to Derry, con i suoi numerosi riferimenti a Stephen King, è diventato un must per i fan, ma la serie è chiaramente anche un successo mainstream.

It: Welcome To Derry non è stato ufficialmente rinnovato per la seconda stagione

Nonostante il successo ottenuto finora dalla prima stagione di It: Welcome to Derry, la serie non è stata ancora rinnovata per una seconda stagione. Con ogni probabilità, sembra lecito ipotizzare che It: Welcome to Derry avrà una seconda stagione, dato che il prequel ha ottenuto recensioni positive dalla critica e ha conquistato milioni di spettatori sul servizio di streaming della HBO.

Detto questo, il rinnovo della serie non è scontato e ci sono numerose ragioni per pensare che potrebbe essere difficile ottenere una seconda stagione. Da un lato, It: Welcome to Derry non è economico e l’alto budget di produzione della serie potrebbe rivelarsi problematico nella sua seconda uscita. Dall’altro, la serie non ha molto in termini di star di grande nome.

Il membro del cast di gran lunga più famoso è Bill Skarsgard, che interpreta It: Welcome to Derry il cattivo Pennywise il Clown. Pennywise è un cattivo iconico, ma la sua natura mutevole fa sì che appaia solo una volta nei primi cinque episodi della serie. Inoltre, il piano di tre stagioni della serie garantisce che nessuna delle altre star della stagione 1 possa tornare, anche se i loro personaggi sopravvivono.

Cosa hanno detto i creatori di It: Welcome To Derry sulle stagioni future

Secondo Entertainment Weekly, i creatori di It: Welcome to Derry hanno in programma almeno tre stagioni della serie. Tuttavia, queste tre stagioni non saranno consecutive, ma andranno in ordine cronologico inverso. Ciascuna salterà una generazione, il che significa che i personaggi ricorrenti saranno interpretati da attori nuovi e più giovani.

Il produttore esecutivo Brad Caleb Kane ha spiegato che, poiché l’esistenza di Pennywise è antecedente alla stessa Derry, il modo migliore per raccontare la storia del mostro sarebbe quello di tornare indietro a diverse epoche storiche e vedere come il mostro si è manifestato in ciascuna di esse. Già ora, Pennywise di It: Welcome To Derry ha funzionato come un Wendigo in un flashback sui primi invasori europei della città.

 Dettagli della trama di It: Welcome To Derry – Stagione 2

Allo stesso modo, le stagioni 2 e 3 si concentreranno rispettivamente sul 1935 e sul 1908, approfondendo ulteriormente il passato per svelare altri aspetti della complicata storia di Derry. Proprio come It del 2017 era ambientato negli anni ’80 e la stagione 1 di It: Welcome to Derry è ambientata nei primi anni ’60, la stagione 2 sarebbe ambientata nel 1935, mentre la stagione 3 sarebbe ambientata nel 1908.

Gli spettatori sanno già che Ingrid Kersh di It: Welcome To Derry esiste almeno dal 1935, a giudicare dagli eventi dell’episodio 6. Tuttavia, ci sono altri indizi su eventi accaduti in questo periodo, con membri dell’esercito che menzionano un massacro di criminali locali avvenuto nella stessa epoca durante un episodio precedente.

Cosa significa la timeline di It: Welcome To Derry per il cast della seconda stagione

Poiché la seconda stagione di It: Welcome To Derry sarà ambientata nel 1935, se la seconda stagione della serie verrà approvata, gli spettatori non dovrebbero aspettarsi il ritorno di molti membri del cast della prima stagione. La maggior parte dei personaggi principali di It: Welcome to Derry, tra cui Richie, Ronnie, Lily, Marge e Will, non erano nemmeno nati nel 1935, il che significa che la loro apparizione non avrebbe senso.

Tra i personaggi della prima stagione che sarebbero nati a quell’epoca, quasi nessuno si trovava a Derry in quel momento. Il padre di Will, Leroy, si era trasferito a Derry con sua moglie Charlotte solo nel pilot, e anche il suo compagno Pauly, destinato a una fine tragica, non era mai stato in città prima. Tuttavia, potrebbe apparire una versione giovane di Hank Grogan di It: Welcome To Derry.

Allo stesso modo, una versione più giovane di Ingrid Kersh potrebbe apparire nella seconda stagione se questa fosse ambientata nel 1935, e anche il personaggio di Rose, interpretato da Kimberly Guerrero, potrebbe tornare, dato che il suo personaggio vive a Derry da prima del 1935. Detto questo, questi personaggi dovrebbero comunque essere versioni nuove e ricastate dei personaggi a causa del divario temporale.

Poiché la storia della seconda stagione di It: Welcome To Derry sarà ambientata nel 1935, gli spettatori non dovrebbero aspettarsi di rivedere nessuno dei membri del cast della prima stagione, indipendentemente dal fatto che la serie venga rinnovata o meno. C’è però un’eccezione a questa regola. Pennywise di It: Welcome to Derry sarà probabilmente interpretato da Skarsgard in ogni epoca.

Il debutto di Fallout – Stagione 2 su Rotten Tomatoes è all’altezza del punteggio quasi perfetto della Stagione 1

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Fallout – Stagione 2 sta già facendo parlare di sé, dato che Prime Video ha annunciato che la nuova stagione debutterà un giorno prima del previsto. L’adattamento del videogioco ha superato le aspettative e ha persino superato il suo debutto quasi perfetto della prima stagione su Rotten Tomatoes.

Su Rotten Tomatoes, la seconda stagione di Fallout ha debuttato con un punteggio perfetto del 100% basato su 25 recensioni della critica. Questo risultato è da confrontare con le recensioni della prima stagione, che ha ottenuto un punteggio impressionante e quasi perfetto del 93% basato su 133 recensioni. Alcuni critici della seconda stagione hanno affermato che la nuova stagione è “migliore della prima” e che questa stagione è “cupo, violento e divertente”.

Fallout è basato sulla serie di videogiochi omonima, iniziata nel 1997 con l’uscita del primo gioco, fino all’ultima aggiunta, Fallout 76, uscita nel 2018. I giochi sono ambientati in un mondo post-apocalittico e sono giochi di ruolo d’azione in cui bisogna sopravvivere all’ambiente circostante e ai nemici che possono spuntare all’improvviso.

The Chosen celebra il Natale con l’episodio speciale “Holy Night”

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The Chosen, la serie tv fenomeno globale con oltre 300 milioni di spettatori unici e più di 900 milioni di episodi visti nel mondo, torna a celebrare il Natale con uno speciale episodio intitolato Holy Night, disponibile anche in italiano. L’iniziativa, già accolta con entusiasmo dalla community, permette a chiese, associazioni, enti benefici e network di fede di proiettare gratuitamente lo speciale in tutta Italia, offrendo un’occasione unica per vivere la Natività attraverso la forza della narrazione visiva. Sono già oltre 530 le proiezioni organizzate.

‘Holy Night’ si presenta come un’esperienza immersiva che unisce due cortometraggi natalizi: The Shepherd (Il Pastore), primo episodio pilota della serie, e The Messengers (I Messaggeri). I racconti portano sullo schermo una rappresentazione emozionante della nascita di Gesù, con protagonisti Maria giovane e anziana (interpretate da Sara Anne e Vanessa Benavente), Giuseppe (Raj Bond) e Maria Maddalena (Elizabeth Tabish). Una celebrazione visiva pensata per riscoprire il vero spirito del Natale attraverso uno sguardo intimo e coinvolgente.

“È incredibile come ‘The Chosen’ stia raccogliendo il favore del grande pubblico in Italia. Gli oltre 900 milioni di episodi visti nel mondo raccontano della grande passione che gli italiani stanno mostrando per la prima serie tv che racconta la vita di Gesù”, afferma Zappalà. “Abbiamo chiamato all’appello la fanbase italiana proponendo loro di organizzare l’evento ‘Natale con The Chosen’, che prevede la proiezione dello speciale ‘Holy Night’. Non solo chiese, ma anche teatri, associazioni, scuole, cinema… il fenomeno è dilagante ovunque.

Il successo di ‘The Chosen’ in Italia non è nuovo. Nella scorsa primavera, il primo episodio della quinta stagione è stato proiettato al cinema in più di 200 sale, raggiungendo oltre 60mila spettatori. La stagione è ora disponibile su tutte le principali piattaforme streaming, tra cui Netflix e Prime Video, oltre che sull’app gratuita The Chosen.

Diretta e co-scritta da Dallas Jenkins, la serie nasce come progetto di crowdfunding negli Stati Uniti e debutta online nel 2019. Oggi vanta una fanbase globale di oltre 110 milioni di persone, con l’Italia in testa tra i paesi europei continentali per numero di download dell’app e un totale stimato di 3 milioni di visualizzazioni.

Un Professore 3: finale di stagione (17 e 18/12) su Rai1

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Nel quarto appuntamento la 5°B parte per una gita scolastica a Montecassino, un luogo carico di significato dove, tra memoria storica, quiete e paesaggi rarefatti, gli studenti sono messi di fronte alle proprie emozioni. Il tema dell’episodio, che richiama la figura di San Benedetto e il principio dell’“Ora et Labora”, diventa il simbolo di una ricerca complessa: trovare un equilibrio tra ciò che si desidera essere e ciò che la realtà impone di diventare. Tra i nodi emotivi più intensi emerge il rapporto tra Simone e Thomas: la scoperta di una bugia incrina profondamente il loro legame.

Nel contesto della gita si intrecciano anche le vicende degli adulti: Dante e Anita condividono momenti carichi di attesa e incertezza, ma un evento inatteso rimescola improvvisamente le carte, aprendo nuove domande sul loro futuro. In un clima di smarrimento, Greta e Thomas si avvicinano, mentre Laura, Luna e Matteo cercano di dare forma ai sentimenti che provano. Zeno, schiacciato tra le aspettative della famiglia e il bisogno di affermare la propria identità, sceglie di mentire, finendo per isolarsi sempre di più e Manuel, infine, si trova a fare i conti con il rischio concreto di compromettere l’anno scolastico e comprende che è arrivato il momento di assumersi responsabilità da adulto.

QUINTA SERATA (mercoledì 17 dicembre)

Episodio 9 – HAWKING

Manuel è finalmente tornato per la gioia di tutti, soprattutto di Anita, che però non riesce a dire a nessuno quello che ha appena scoperto. Greta, ferita dai problemi con Simone e Thomas, e soprattutto dalla verità su suo padre, che Irene le ha sempre tenuto nascosta nel tentativo vano di proteggerla, si sente sempre più sola e depressa, ma trova un inatteso confidente nel redivivo Manuel. All’insaputa di Laura, Matteo e Luna si lasciano andare alla passione. Dante si mette in pericolo per aiutare Alba a liberarsi dai suoi persecutori, e lei gli confessa il proprio ruolo nella morte di Gabriele.

Episodio 10 – HANNAH ARENDT

Leone fa capire a Dante che la morte di Gabriele non è stata un incidente né responsabilità di Alba, ma una deliberata decisione del ragazzo, vittima di una grave crisi esistenziale. Dante però accusa ancora di più il peso del senso di colpa, per averlo riempito di discorsi e dubbi, senza essere riuscito a intercettare il suo disagio. Dopo aver trovato dei messaggi inquietanti di Greta, Irene, Dante, Manuel e Simone si mettono sulle sue tracce. Riusciranno a trovarla prima che sia troppo tardi? Mentre Anita continua a tenere il suo segreto, tra Simone e Thomas sembra tornato il sereno. Viola trova un grande appoggio in Zeno e supera la sua crisi. Invece Dante, provato dagli ultimi avvenimenti e dalle rivelazioni su Gabriele, mette in questione tutte le sue certezze, e pensa addirittura di lasciare l’insegnamento.

SESTA SERATA (giovedì 18 dicembre)

Episodio 11 – BUDDHA

Dante riceve una visita a sorpresa dai suoi studenti, che lo vogliono convincere a riconsiderare la sua decisione. Visto che Anita non gli ha ancora confessato il suo segreto, è Manuel a prendere l’iniziativa, vedendo la madre in difficoltà. Dante è sconvolto, ma la novità inizia a fargli vedere il futuro sotto una luce diversa. Anche i miglioramenti di Greta lo risollevano, e la ragazza fa un patto con lui: tornerà a scuola se anche lui farà lo stesso. Greta poi prende una decisione che inizia a liberarla dai suoi fantasmi: vuole rivedere suo padre. Alba inizia a studiare per la maturità con l’aiuto di Leone. Finalmente Anita e Dante si ritrovano e parlano sinceramente: forse ora possono riprovarci… 

Episodio 12 – L’ESAME

Mesi dopo, l’esame di maturità è ormai vicinissimo. I ragazzi sono tesi, alle prese con test di ammissione e decisioni difficili. Dante è tornato il prof di sempre, ha ritrovato la motivazione e sta vicino ai suoi studenti in questo momento decisivo. Nonostante lo spettacolo teatrale di fine anno rischi di saltare, Laura e Luna trovano il modo di chiarirsi su Matteo. Manuel e Greta si avvicinano, così come Zeno e Viola, mentre le cose tra Simone e Thomas si complicano. Simone va in crisi proprio la notte prima degli esami, e stavolta è Manuel a correre in suo soccorso. Poi finalmente arriva il grande giorno, con gli studenti che se la devono vedere con un presidente di commissione severissimo. Quindi il gran finale, con i ragazzi che prendono il volo verso il futuro, con Dante e Anita pronti ad affrontare insieme una nuova sfida.

Fabrizio Corona: io sono notizia, il trailer ufficiale

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Genio della comunicazione o manipolatore senza scrupoli? Vittima o carnefice? Fabrizio Corona: Io sono notizia è la docuserie in cinque episodi – in arrivo solo su Netflix dal 9 gennaio – che attraversa l’era berlusconiana, l’avvento dei social e le contraddizioni della giustizia italiana, con un racconto senza filtri che non vuole essere la biografia del “Re dei Paparazzi”, ma l’affresco di un Paese che, dagli anni ’90 a oggi, ha smesso di distinguere la differenza tra realtà e reality.

Figlio di Vittorio Corona, giornalista visionario che ha plasmato l’editoria degli anni ’80, Fabrizio cresce con l’ossessione di dimostrarsi all’altezza. Se il padre viene emarginato dal sistema, il figlio decide di mangiarsi quello stesso sistema dall’interno, trasformando il gossip in un’arma di potere e identificando nel denaro l’unico metro di giudizio dell’affetto e del successo. Dove Vittorio cercava la verità, Fabrizio trova il business e, al fianco di Lele Mora, Corona costruisce un impero basato sulla vendita delle vite altrui.

Fino all’inchiesta Vallettopoli: l’accusa di estorsione trasforma il golden boy in un nemico pubblico, segnando però al contempo la nascita definitiva del suo personaggio, svelando un uomo capace di trasformare la propria esistenza in uno spettacolo disperatamente vitale, in una vita costellata da personaggi surreali e situazioni tragicomiche, in cui realtà e finzione il più delle volte si confondono. Inizia così una guerra mediatica e giudiziaria combattuta a colpi di prime pagine e dichiarazioni incendiarie destinate a polarizzare e dividere l’opinione pubblica italiana.

“Fabrizio Corona: Io Sono Notizia”, è una produzione Bloom Media House, diretta da Massimo Cappello, scritta da Marzia Maniscalco e Massimo Cappello, art director Davide Molla, prodotta da Alessandro Casati, Marco Chiappa, Nicola Quarta.

Tony, Shelly e la luce magica – clip esclusiva

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Ecco una clip esclusiva di Tony, Shelly e la luce magica, il nuovo irresistibile film d’animazione in stop-motion in uscita nelle sale con Wanted il 18 dicembre.

Tony, Shelly e la luce magica è un potente racconto per tutta la famiglia: una storia di amicizia ma anche di inclusione, di educazione alla diversità, sull’importanza di valorizzare ciò che rende ognuno di noi unico e speciale. Tony è un bambino nato con una caratteristica che lo contraddistingue: emette luce, peculiarità che i suoi genitori iperprotettivi cercano di tenere nascosta per timore del giudizio degli altri. Sarà l’incontro con Shelly, una ragazza che si trasferisce nel suo palazzo poco prima di Natale, a rivoluzionare la sua esistenza: con l’aiuto di una torcia magica i due creano immagini e universi straordinari che solo loro possono vedere.

It: Welcome To Derry, il finale apre la strada a un altro spin-off di Stephen King

Il finale di It: Welcome to Derry dimostra che uno spin-off di Stephen King deve essere realizzato il prima possibile. Sebbene It: Welcome to Derry non sia ancora stato ufficialmente rinnovato per un’altra stagione, il suo successo da record su HBO suggerisce che probabilmente tornerà. Oltre alla seconda stagione della serie, però, il franchise ha anche bisogno di espandersi con uno spin-off avvincente che ruoti esclusivamente attorno a un personaggio intrigante.

Questo personaggio è stato ampiamente ignorato in molti precedenti adattamenti delle opere di Stephen King, ma It: Welcome to Derry gli ha dato la storia che meritava e ha persino aperto la strada al suo spin-off perfetto.

Uno spin-off su Dick Hallorann dovrebbe essere una scelta ovvia dopo il finale di It: Welcome to Derry

Shining di Stanley Kubrick è spesso considerato uno dei migliori film horror di tutti i tempi, ma è discutibile se sia un buon adattamento del libro di Stephen King. Uno dei maggiori problemi del film è che ha completamente indebolito Dick Hallorann. Fortunatamente, It: Welcome to Derry ha compensato le sue insidie ​​e ha regalato ad Hallorann una storia avvincente. Invece di ritrarlo semplicemente come una figura eroica con i poteri “luccicanti”, It: Welcome to Derry ne illustra la catarsi, trasformandosi da personaggio moralmente ambiguo a uno dei più grandi salvatori di Derry.

È interessante notare che, prima che It: Welcome to Derry termini, Hallorann annuncia anche che partirà per Londra per lavorare nella cucina di un hotel. Considerando come Hallorann finisce poi a lavorare all’Overlook Hotel in Colorado prima di incontrare i Grady e i Torrance, questa sembra l’ambientazione perfetta per la sua storia tratta da Shining.

Dato che Dick Hallorann è diventato un personaggio così importante nell’universo di IT dopo la serie HBO, non dargli uno spin-off significherebbe perdere un’enorme opportunità.

Chris Chalk fa un lavoro incredibile nel catturare le paure e gli elementi moralmente oscuri del suo personaggio, e sarebbe fantastico vederlo di nuovo nei panni di Hallorann. È anche divertente come, quando Hanlon gli chiede di contattarlo in caso di problemi, Hallorann risponda: “Quanti problemi può causare un hotel?”. Dato che non è a conoscenza di tutte le disavventure soprannaturali che lo attendono all’Overlook Hotel, sarebbe divertente vedere come reagirebbe.

Il potenziale spin-off su Dick Hallorann ha già la storia perfetta (da Mike Flanagan)

Il sequel di Shining di Mike Flanagan, Doctor Sleep, ha dato a Dick Hallorann un ruolo molto più importante rispetto al film di Stanley Kubrick. Se Doctor Sleep avesse avuto successo al botteghino, Mike Flanagan avrebbe potuto avere l’opportunità di lavorare anche al suo spin-off su Dick Hallorann. Come Flanagan ha precedentemente rivelato (tramite Script Apart), lo spin-off sarebbe iniziato con Hallorann che lavorava nella cucina dell’Overlook Hotel, preparando il posto per l’arrivo del nuovo custode invernale. Tuttavia, una visita alla Stanza 237 gli avrebbe regalato terrificanti flashback del suo periodo a Derry, ricordandogli i suoi primi incontri con Pennywise.

Nei momenti finali del film, gli spettatori si sarebbero aspettati che Hallorann incontrasse i Torrance. Invece, avrebbe accolto i Grady all’Overlook Hotel. Un potenziale spin-off di Dick Hallorann che si svolga dopo la prima stagione di It: Welcome to Derry potrebbe prendere spunto dall’idea di Mike Flanagan e catturare il modo in cui l’influenza di Pennywise continua a permanere nella mente di Hallorann mentre affronta nuovi terrori all’Overlook Hotel.

Oppure, lo spin-off di It: Welcome to Derry potrebbe anche tornare ancora più indietro nel tempo e offrire uno scorcio dell’infanzia di Hallorann, ripercorrendo le sue prime lotte con i suoi poteri “luminescenti” e come sua nonna lo abbia aiutato. Questo potrebbe seguire una storia in stile Il Sesto Senso in cui Hallorann porta con sé il peso di vedere i morti.

Rian Johnson afferma che Star Wars ha bisogno di una svolta radicale

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Rian Johnson è tornato alla ribalta questo weekend con il suo nuovo film, Wake Up Dead Man, terzo capitolo della serie di Knives Out, approdato venerdì su Netflix e debuttando subito al primo posto nella classifica dello streaming. Il film sta inoltre ottenendo recensioni migliori rispetto ai precedenti due lungometraggi. Infatti, il film chiude una trilogia di film che Johnson ha iniziato dopo aver diretto “Star Wars: Gli ultimi Jedi nel 2017, un film che ancora oggi suscita accesi dibattiti.

Star Wars: Il risveglio della Forza” di J.J. Abrams è stato un primo capitolo della trilogia sicuro e alimentato dalla nostalgia nel 2015, che ha portato a un enorme successo per la Disney e ha creato un modello che Johnson ha ripreso nel secondo film, “Gli ultimi Jedi”. Tuttavia, nonostante le recensioni positive, Johnson si è lanciato con gioia sfrenata in una serie di scelte rischiose, smantellando tradizioni e temi familiari e prendendo decisioni creative piuttosto audaci che hanno avuto un effetto contrario sui fan.

In un’intervista a Polygon, Johnson continua ancora oggi a difendere “Gli ultimi Jedi” e non solo: sostiene che, affinché Star Wars abbia successo, deve correre proprio il tipo di rischi che lui ha corso e al diavolo le reazioni negative. “Essendo cresciuto come fan di Star Wars, so cosa significa quando qualcosa lo mette in discussione e conosco la reazione negativa che ne deriva. So come possono esserci lotte intestine nel mondo di Star Wars. Ma so anche che il peccato peggiore è gestirlo con i guanti”.

Il peccato peggiore è avere paura di fare qualsiasi cosa che lo scuota. Perché ogni film di Star Wars, a partire da L’Impero colpisce ancora, ha scosso gli schemi e sconvolto i fan, li ha fatti arrabbiare, li ha fatti litigare e li ha fatti discutere. E poi, per molti di loro, li ha fatti amare e alla fine li ha convinti”. Dopo “Gli ultimi Jedi”, Johnson era stato assunto dalla Lucasfilm per iniziare una nuova trilogia di Star Wars, ma recentemente ha dichiarato a THR che, per quanto riguarda la trilogia annunciata in passato, “quel progetto è effettivamente morto”.

Per gran parte dei fan di Star Wars, “Gli ultimi Jedi” ha superato un limite che non avrebbero mai creduto che la serie potesse raggiungere. Le audaci sovversioni di Johnson – Luke Skywalker che rifiuta l’eredità Jedi, la gestione della discendenza di Rey, il trattamento dei personaggi storici e l’apparente rifiuto da parte del film della tradizione di lunga data – sono state percepite da alcuni come un tradimento piuttosto che come una reinvenzione.

Era semplicemente impossibile che Johnson ricevesse le chiavi di un’altra trilogia senza l’approvazione di Bob Iger, nonostante il via libera della direttrice della Lucasfilm Kathleen Kennedy. Per quanto riguarda la sua affermazione che Star Wars ha bisogno di più audacia, sono oggi in molti a pensarla come lui. Bisognerà vedere se i prossimi film in arrivo, The Mandalorian & Grogu Star Wars: Starfighter andranno verso questa direzione o si manterranno su binari consolidati.

I Russo condividono una nuova immagine criptica di Avengers: Doomsday

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Ieri è stata condivisa una nuova immagine teaser di Avengers: Doomsday. Il Marvel Cinematic Universe non ha ancora rilasciato un nuovo capitolo del franchise cinematografico degli Avengers durante la Saga del Multiverso. Mentre la Saga dell’Infinito dell’MCU contava su quattro film degli Avengers, il nuovo capitolo del franchise non ha visto riunirsi i più potenti eroi della Terra, una situazione che cambierà finalmente con due prossimi appuntamenti.

Come primo dei due nuovi film degli Avengers, Avengers: Doomsday, in uscita nel 2026, è sulla bocca di tutti. A differenza di altre uscite dell’MCU, il film è stato mantenuto segreto, e quasi nessuna foto o video dal set sono finiti in circolazione online. Con gli aggiornamenti su Avengers: Doomsday scarsi, i fan non vedono l’ora di dare un primo sguardo al film, che arriverà questa settimana.

Su Instagram, i fratelli Russo hanno condiviso un nuovo post criptico per anticipare Avengers: Doomsday in vista dell’arrivo del suo primo trailer nelle sale cinematografiche insieme ad Avatar: Fuoco e Cenere.

L’immagine è difficile da decifrare, con una forma bianca su uno sfondo nero. I fan hanno iniziato a tirare a indovinare quale potrebbe essere il significato del teaser di Avengers: Doomsday, spaziando da un ramo dell’albero Yggdrasil di Loki a nuovi appunti di Reed Richards e altro ancora. Forse il trailer di Avengers chiarirà la questione.

Sappiamo, dopo i leak di ieri, che ogni teaser trailer di Avengers: Doomsday verrà proiettato nelle sale per una settimana prima di passare al successivo, che durerà un mese. Al momento, i Marvel Studios non hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito. Pertanto, la nuova immagine teaser dei registi per Avengers: Doomsday è stata condivisa la stessa settimana in cui i fan guarderanno il primo trailer del film MCU.

Robert Downey Jr.
Robert Downey Jr. sarà Dottor Destino in Avengers: Doomsday. Gentile Concessione Disney – (Photo by Jesse Grant/Getty Images for Disney)

Non è la prima volta che i Russo anticipano Avengers: Doomsday con post criptici sui social media. Il 9 settembre, i Russo avevano anticipato il film degli Avengers con una lavagna simile a quella di Reed Richards ne I Fantastici Quattro: Gli Inizi. Era impossibile decifrare il significato delle note, ma il nuovo teaser di Doomsday potrebbe essere un’immagine ingrandita della lavagna.

In seguito, i registi del franchise di Avengers hanno condiviso un’anticipazione diversa. Il 30 settembre, i Russo hanno condiviso su Instagram una foto dal set di Avengers: Doomsday. A parte un uomo seduto su una sedia nell’ombra, che ne nascondeva il volto, non c’era nulla di chiaro. I Russo hanno scritto la didascalia dell’immagine: “Guardate bene…”. Il primo trailer di Avengers: Doomsday dovrebbe porre fine al mistero.

Avengers: Doomsday uscirà nelle sale il 17 dicembre 2026.

Point Break: in arrivo una serie sequel del film del 1991

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Point Break, il thriller con Keanu Reeves diretto dalla regista premio Oscar Kathryn Bigelow, avrà un sequel televisivo. Uscito nel luglio 1991 e dal titolo ispirato a un termine del surf, Point Break vedeva Reeves nei panni di un agente dell’FBI incaricato di indagare su una banda di rapinatori di banche. Tuttavia, ben presto il protagonista instaura una relazione complicata con il capo della banda, interpretato da Patrick Swayze.

Il thriller degli anni ’90 è poi stato oggetto di un remake cinematografico. È uscito nelle sale statunitensi il 25 dicembre 2015, incassando 133 milioni di dollari al botteghino a fronte di un budget dichiarato di 105 milioni. La risposta della critica è stata più severa, con molti recensori che lo hanno giudicato inferiore all’originale, e alla fine ha ottenuto un punteggio del 12% su Rotten Tomatoes. Anche il punteggio del pubblico è stato altrettanto basso, attestandosi al 29%.

A dieci anni da quel remake, Deadline riporta dunque che il film di Bigelow del 1991 avrà un sequel in forma di serie televisiva su AMC. La nuova serie sarà incentrata su una pericolosa banda di rapinatori legata alla gang dell’ex presidente, ambientata 35 anni dopo l’originale Point Break. La serie è ideata da David Kalstein, che ha recentemente lavorato alla serie Prime Video Butterfly, oltre che da Alcon Television Group e AMC Studios.

Il sequel è approdato su AMC dopo quello che è stato descritto come un “processo altamente competitivo”, con Kalstein che ha scritto e prodotto insieme ai co-fondatori e co-amministratori delegati di Alcon Andrew Kosove, Broderick Johnson e al presidente della divisione televisiva di Alcon Ben Roberts. Tra gli altri lavori di Kalstein figurano la serie drammatica della ABC Quantico e lo spin-off della CBS NCIS: Los Angeles, oltre allo sviluppo del reboot di Quantum Leap per la NBC.

Il film originale è stato uno dei primi ruoli importanti di Reeves insieme a Bill & Ted’s Excellent Adventure. Avendo acquisito la reputazione di cult classico, sarà interessante vedere come gli elementi procedurali di Point Break saranno tradotti nella forma più lunga della televisione. Questa serie televisiva, se supererà la fase di sviluppo, potrebbe rappresentare un ruolo importante per la coppia che interpreterà i ruoli che erano stati interpretati da due rispettive icone del cinema.

IT: Andy Muschietti offre un entusiasmante aggiornamento sulla riedizione dei due film

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Andy Muschietti non ha ancora finito con il franchise di IT sul grande schermo. In vista del finale della prima stagione di It: Welcome to Derry, di cui è produttore esecutivo e co-creatore, Muschietti ha condotto un AMA su Reddit insieme a sua sorella, co-creatrice e co-produttrice esecutiva Barbara Muschietti. Sebbene molte domande fossero incentrate sul lavoro dei due fratelli con il franchise di IT, una delle più popolari riguardava i commenti fatti in passato da Andy su un film “supercut” che unisse i film del 2017 e del 2019 da lui diretti in un unico film.

In risposta alla domanda se la sua versione estesa con “ore di filmati inutilizzati” fosse ancora in programma, Muschietti ha rivelato: “Sì, è ancora un mio grande sogno. Dato che siamo stati molto impegnati in questa serie IT: Welcome to Derry, non abbiamo avuto il tempo di realizzarlo. Incrociamo le dita”. Considerando che Muschietti aveva parlato di un supercut di IT già nel 2019, dopo l’uscita del secondo film, è un sollievo che il progetto non sia stato abbandonato dopo sei anni.

Piuttosto, da allora altri lavori hanno avuto la precedenza, tra cui la realizzazione della serie di successo della HBO IT: Welcome to Derry, prequel del film. Gli aggiornamenti sul film supercut sono però stati pochi e sporadici dal film del 2019, ma si prevede un rinnovato interesse ora che il lavoro dei Muschietti sul franchise è tornato sotto i riflettori con la serie. Tuttavia, mentre l’attenzione del duo rimarrà probabilmente concentrata sul futuro della serie, con entrambi che discutono di un piano di tre stagioni per IT: Welcome to Derry, la popolarità della serie sul piccolo schermo potrebbe tradursi in una rinnovata domanda sul grande schermo.

Al momento, HBO non ha ancora rinnovato ufficialmente la serie per una seconda stagione, quindi probabilmente non ci saranno grandi sviluppi sul supercut del film fino a quando non sarà deciso il destino della serie TV. Questo vale anche per eventuali futuri film di IT, che sono stati discussi come possibilità non confermate dai Muschietti dopo il finale della prima stagione.

Detto questo, se IT continuerà ad avere un successo prolungato su HBO con Welcome to Derry, ci saranno più motivi per cui Muschietti potrà finalmente convincere la Warner Bros. a realizzare il supercut del suo regista. Con Kill Bill: The Whole Bloody Affair di Quentin Tarantino, che combina in modo simile Kill Bill: Volume 1 e Kill Bill: Volume 2 in un’unica esperienza di quasi cinque ore, che recentemente ha ottenuto buoni risultati in un’uscita limitata nelle sale, c’è anche la speranza che IT possa un giorno ottenere un’uscita simile nei cinema.

Se il supercut andrà finalmente avanti come Andy Muschietti ancora intende, il film includerà scene che erano assenti nelle versioni cinematografiche e digitali dei film originali. Ciò comporterebbe oltre sei ore di filmati montati in un unico film, che è solo leggermente inferiore alla durata completa di quasi otto ore della stagione 1 di It: Welcome to Derry.

LEGGI ANCHE: It: Welcome to Derry, spiegazione del finale della prima stagione: quel cameo e il destino di Pennywise

Avatar: Fuoco e Cenere, nuove immagini anticipano la svolta più oscura di Pandora

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Con Avatar: Fuoco e Cenere che questa settimana riporta finalmente il pubblico su Pandora, Screen Rant ha presentato in esclusiva due nuovissime immagini (si possono vedere qui) tratte dal prossimo capitolo della saga di Avatar di James Cameron. Ambientato dopo le emozionanti vicende di Avatar – La via dell’acqua, il terzo film continua ad ampliare l’universo di Pandora, spingendo il franchise verso tematiche più complesse e impegnative.

La prima immagine esclusiva mostra un insediamento Na’vi sconosciuto, dove Jake e Neytiri sono in piedi insieme in un momento visibilmente teso con un membro del Clan Mangkwan (il “Popolo della Cenere”). Le loro espressioni caute e l’atmosfera sommessa suggeriscono un mondo plasmato dalla perdita, dalla responsabilità e da conflitti irrisolti. Mentre Pandora rimane visivamente ricca e coinvolgente, l’immagine enfatizza i personaggi e le conseguenze piuttosto che lo spettacolo.

La seconda immagine introduce invece una presenza Na’vi drammaticamente diversa, che accoppia gli antagonisti del film. Il nuovo personaggio Varang (interpretato da Oona Chaplin), leader del clan Mangkwan e adornato con una audace pittura facciale rossa e un elaborato copricapo piumato, si trova di fronte al familiare nemico Miles Quaritch’s Avatar (Stephen Lang) in un ambiente spoglio e ricoperto di cenere. Il design distingue immediatamente Varang e il Popolo della Cenere dai clan della foresta e dell’oceano visti nei film precedenti.

James Cameron ha precedentemente descritto il Popolo della Cenere come moralmente complesso piuttosto che come tradizionali cattivi, e l’immagine supporta questa idea. L’estetica del clan enfatizza una cultura plasmata da condizioni estreme, dove la sopravvivenza richiede forza, adattabilità e scelte difficili. Questa era una parte fondamentale del trailer di Avatar: Fuoco e Cenere, in cui Varang rivela la loro sofferenza a causa di un’eruzione vulcanica in cui Eywa, lo spirito di Pandora, non ha risposto alle loro richieste di aiuto.

Insieme, queste nuove immagini indicano un’espansione e un’evoluzione del franchise in cui le sfide più grandi di Pandora potrebbero provenire dall’interno questa volta. Con l’uscita di Avatar: Fuoco e Cenere nelle sale questa settimana, il film sembra pronto ad approfondire il panorama emotivo e morale della serie, continuando ad espandere il suo mondo ricco di immaginazione.

Cosa aspettarsi da Avatar: Fuoco e Cenere

Il trailer finale e la clip anticipano dunque come la storia di Avatar: Fuoco e Cenere metta i Sully e il Popolo della Cenere l’uno contro l’altro. A parte la versione Na’vi di Quaritch in La via dell’acqua, i principali antagonisti della serie sono sempre stati umani, ma questa volta le cose cambiano con Varang e il Popolo della Cenere.

Dopo la morte del figlio maggiore dei Sully, Neteyam (Jamie Flatters), in La via dell’acqua, è già stato stabilito che per i giovani personaggi la posta in gioco è davvero la vita o la morte, e che non sono al sicuro semplicemente per la loro età o per il fatto di far parte della famiglia centrale della serie. Lo’ak, Kiri, Tuk e Spider non hanno la garanzia di sopravvivere, anche se sono in arrivo altri due film di Avatar.

Oltre ad affrontare la minaccia rappresentata dal Popolo della Cenere, molti dei figli di Sully assumeranno ruoli più importanti in questo terzo film. Lo’ak è stato confermato come nuovo narratore dopo che suo padre, Jake, ha ricoperto questo ruolo nei film precedenti.

Spider si riconcilierà con la sua eredità umana e con il fatto che suo padre sia Quaritch. Nel marketing sono state anche mostrate immagini di Spider che respira senza maschera, un’impresa che non dovrebbe essere possibile per un essere umano su Pandora. Nel frattempo, Kiri ha un legame profondamente unico con Pandora ed Eywa, che sarà ulteriormente esplorato anche nel sequel.

Si ipotizza che Jake potrebbe morire in Avatar: Fuoco e Cenere, dato che i trailer precedenti mostrano che viene fatto prigioniero, mentre Lo’ak e la generazione più giovane assumono ruoli più importanti. Il pubblico dovrà aspettare fino a dicembre per scoprire se questo diventerà realtà, ma indipendentemente da ciò che accadrà, Jake e Neytiri faranno tutto il possibile per proteggere i loro figli e Pandora.

Avatar: Fuoco e Cenere sarà al cinema dal 17 dicembre.

Godzilla X Kong: Supernova introdurrà un importante Kaiju della Toho

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Secondo alcune indiscrezioni, Godzilla x Kong: Supernova vedrà la partecipazione di un importante kaiju cattivo, decenni dopo la sua prima apparizione. Il progetto, come noto, è il prossimo film della serie MonsterVerse della Universal, che include sia Godzilla che King Kong. Questa serie è iniziata con il film Godzilla del 2014 e conta cinque film completati, tra cui Godzilla x Kong – Il nuovo impero dello scorso anno.

Il MonsterVerse è parallelo ai film giapponesi di Godzilla creati dalla Toho. Questi film sono in produzione dal 1954 e continuano ancora oggi. Nell’era moderna dei film della Toho, iniziata con Shin Godzilla del 2016, ci sono stati film di grande successo come Godzilla Minus One. Ora, secondo una directory sul sito web della Writers’ Guild of America, Godzilla x Kong: Supernova introdurrà nel MonsterVerse un personaggio che era già apparso proprio nei film giapponesi.

Con il titolo di produzione Zeus, il film in uscita è citato come collegato a una sceneggiatura di Dave Callaham e Michael Lloyd Green. Nei crediti, si nota che il materiale di riferimento proviene da “Godzilla” e “Space Godzilla”. Al momento non sono disponibili altri dettagli su come e quando il kaiju apparirà nella serie. Il riferimento a “Space Godzilla” si collega però specificamente al film della Toho del 1994 Godzilla vs. SpaceGodzilla. In precedenza, erano già emersi rumor riguardo a questo possibile collegamento con quel film.

In quel film il kaiju protagonista deve affrontare un nemico dall’aspetto familiare: un clone di se stesso creato dalle particelle di Godzilla nello spazio. Ad oggi, questo particolare clone di Godzilla è stato solo un punto fondamentale della trama di Godzilla vs. SpaceGodzilla. Se ciò fosse confermato, suggerirebbe che Supernova prenderà ispirazione dal film della Toho del 1994, almeno in parte. Questo dopo che il Times-Independent ha riferito che il film aveva un titolo provvisorio, Zeus.

Anche il sottotitolo attuale del film, Supernova, suggerisce un qualche collegamento celeste. Resta da vedere quanto Godzilla x Kong: Supernova seguirà da vicino gli eventi di SpaceGodzilla o se sarà una libera interpretazione della trama passata. Il pubblico dovrà ancora aspettare un po’ per avere una risposta, dato che l’uscita del film MonsterVerse è prevista per il 26 marzo 2027. Il cast principale dovrebbe includere Jack O’Connell, Kaitlyn Dever, Matthew Modine, Sam Neill, Dan Stevens, Delroy Lindo e Shane Emmett.

La Bella e la Bestia: in sviluppo un live action dedicato a Gaston

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Secondo alcune indiscrezioni, la Disney starebbe cercando di riscattare il suo precedente adattamento live-action de La Bella e la Bestia con un film incentrato sul suo iconico cattivo, Gaston. Deadline riporta infatti che la Disney è nelle prime fasi di sviluppo di un nuovo film live-action incentrato su Gaston, interpretato in precedenza da Luke Evans. Dave Callaham (Shang-Chi e la leggenda dei dieci anelli) sta scrivendo la sceneggiatura e Michelle Rejwan (Obi-Wan Kenobi) è la produttrice.

Al momento non c’è ancora un regista, ma si dice che Kate Herron (Loki) e Briony Redman (Doctor Who) abbiano già scritto una bozza. In precedenza era stato riportato che la Disney avrebbe sviluppato una serie prequel su Disney+ incentrata sui personaggi di Gaston e LeFou. Tuttavia, Evans ha poi dichiarato che “purtroppo… non è più in programma”, in un aggiornamento deludente.

Gaston era un iconico cattivo nell’originale La Bella e la Bestia, uscito nel 1992, ed era un pretendente molto ambito in città, ma aveva messo gli occhi su Belle, e quei sentimenti non erano ricambiati. Gaston finisce per complottare con la gente del posto nel tentativo di uccidere la Bestia, che attualmente tiene Belle prigioniera, e fa una fine brutale. Il film originale ha incassato oltre 331 milioni di dollari in tutto il mondo al botteghino.

Il suo adattamento live-action è arrivato anni dopo, nel 2017, con Emma Watson nel ruolo di Belle, Evans in quello di Gaston, Dan Stevens in quello della Bestia e Josh Gad in quello di LeFou. Questo film è diventato il secondo remake live-action Disney di maggior incasso e ha incassato oltre 1,2 miliardi di dollari in tutto il mondo. Ha una valutazione su Rotten Tomatoes del 71% rispetto al suo predecessore, che ha ottenuto il 95%.

I dettagli della trama di questo adattamento sono  ancora vaghi, ma fonti hanno confermato a Deadline che si tratterà di una versione completamente nuova e originale con un nuovo attore che interpreterà la versione “spavalda” di Gaston. La Disney non sta però lavorando solo a questo adattamento live-action dei suoi classici animati, ma anche a Rapunzel, Il gobbo di Notre Dame, Robin Hood ed Hercules, che sono ancora in fase di sviluppo.

All’inizio di quest’anno ha anche distribuito Lilo & Stitch, che ha riscosso un grande successo al botteghino ed è diventato il primo film dell’anno a superare il miliardo di dollari a livello globale. I fan sono rimasti ovviamente delusi nell’apprendere che non avrebbero visto un prequel di Gaston e LeFou, ma forse questo nuovo film live-action incentrato su Gaston, il cattivo de La Bella e la Bestia, sarà sufficiente a colmare il vuoto.

Norimberga è il film che dovete vedere se vi è piaciuto La zona di Interesse

A prima vista La zona di interesse di Jonathan Glazer e Norimberga di James Vanderbilt sembrano due film molto diversi: il primo è un’opera astratta, disturbante, quasi anti-narrativa; il secondo è un dramma storico classico, costruito attorno a un processo e alla relazione tra uno psicologo e un gerarca nazista. Eppure, nella loro distanza stilistica, questi due film finiscono per incontrarsi su un terreno comune e profondissimo: quello della “banalità del male”, il concetto espresso da Hannah Arendt per spiegare come l’orrore possa nascere non da mostri sovrumani ma da esseri umani ordinari, ambiziosi, vanitosi, incapaci o non disposti a riconoscere i limiti morali della propria azione.

Nel film di Glazer questo concetto assume una forma radicale. La zona di interesse racconta la vita quotidiana della famiglia Höss, che vive in una villetta curata e luminosa, separata solo da un muro di pietra dal campo di sterminio di Auschwitz, diretto da Rudolf Höss stesso. Il film evita accuratamente di mostrare direttamente l’orrore: lo si ascolta, lo si intuisce, lo si percepisce nelle urla e nei rumori di fondo, nelle ceneri che ricadono sull’erba del giardino, nel fumo che sale oltre il muro. L’attenzione della macchina da presa si concentra sulla routine, sugli abiti, sulle feste di compleanno, sulla gestione della casa, sulla normalità disarmante di una famiglia che vive accanto al genocidio senza porsi domande.

È proprio in questa scelta narrativa, quasi glaciale, che si manifesta la banalità del male: non come esplosione improvvisa, ma come qualcosa che può coesistere con un picnic, con il sorriso dei bambini, con il lavoro in giardino. Glazer non mostra l’orrore: mostra l’indifferenza che permette l’orrore. Un’indifferenza che nasce dalla disumanizzazione dell’altro e dalla convinzione che il proprio ruolo sociale esista al di sopra di ogni giudizio morale.

Norimberga – Russell Crowe Credit- Alamy

Norimberga di Vanderbilt, invece, affronta il tema da un’altra angolazione. Il cuore del film è la relazione tra Hermann Göring e lo psichiatra dell’esercito americano Douglas Kelley. Vanderbilt mostra come, durante gli interrogatori, Kelley si renda conto che Göring non è un demone né un folle, ma un uomo colto, estremamente intelligente, manipolatore, dotato di straordinaria presenza scenica e soprattutto di un ego smisurato. Ciò che emerge dai loro dialoghi è che il potere, quando diventa metro unico della realtà, può spingere un individuo a giustificare qualsiasi atrocità pur di preservare la propria visione del mondo.

Anche qui la banalità del male prende forma: Göring non appare come un archetipo del male assoluto, ma come un narcisista radicale, convinto che la grandezza propria e del Reich giustificasse tutto. Vanderbilt non assolve né umanizza ingenuamente: mostra invece che gli artefici dell’orrore non sono mostri distanti da noi, ma esseri umani in cui tratti comuni – ambizione, vanità, spirito di appartenenza, desiderio di controllo – sono stati portati all’estremo e liberati da ogni freno morale.

In La zona di interesse la banalità del male affiora nel quotidiano che scorre accanto al massacro; in Norimberga emerge attraverso l’analisi psicologica di un uomo che ha usato la sua intelligenza per perpetrare crimini inconcepibili. I due film, insieme, ricordano che il male non nasce dal sovrannaturale: nasce dall’uomo, dalla sua capacità di ignorare, giustificare o razionalizzare la sofferenza altrui. Ed è per questo che entrambi restano profondamente necessari.

Sandokan: nuova clip dal penultimo episodio con Can Yaman

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Sandokanraddoppia l’appuntamento settimanale in prima serata su Rai1. La serie evento internazionale, prodotta da Lux Vide, società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Rai Fiction andrà in onda lunedì 15 dicembre e martedì 16 dicembre con le attesissime puntate finali.

Da un’idea di Luca Bernabei, la serie è un nuovo adattamento della storica saga di romanzi di Emilio Salgari, sviluppata per la televisione da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri, e diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo. Sarà distribuita in tutto il mondo da Fremantle e in Spagna da Mediterráneo Mediaset España Group.

Le riprese della serie si sono tenute nel Teatro 7, del polo produttivo di Lux Vide, e tra l’isola di Reunion, il Lazio, la Toscana e la Calabria, dove è stata costruita la colonia inglese di Labuan a Lamezia Terme, con il sostegno della Calabria Film Commission.

A cinquant’anni dalla celebre serie Rai che lo rese un’icona, Rai 1 trasmette gli ultimi due appuntamenti dell’eroe nato dalla penna di Emilio Salgari. Una storia senza tempo che ci conduce in terre esotiche e tempi lontani: nel Borneo della prima metà dell’Ottocento, tra popoli in lotta per la libertà e potenze coloniali spinte da un’avidità cieca e feroce.

Nel cast Can Yaman, Alanah Bloor, Alessandro Preziosi, Ed Westwick, Madeleine Price, e conJohn Hannah.

 

La trama

Borneo, 1841. In un mondo dominato dal potere coloniale degli inglesi, Sandokan è un pirata che vive alla giornata. Solca il mar della Cina a fianco del suo fedele amico Yanez e della loro ciurma di pirati, un gruppo di avventurieri che vengono dai quattro angoli del mondo.

Un giorno, durante un arrembaggio a un cargo del Sultano del Brunei, Sandokan libera un misterioso prigioniero Dayak, un popolo indigeno a lungo oppresso. L’uomo crede di riconoscere in Sandokan il guerriero di un’antica profezia che affrancherà il suo popolo dal giogo degli stranieri. Sandokan non dà peso alla cosa: lui è solo un pirata che ama la libertà; è così che ha vissuto la sua vita fino a oggi. Ma tutto sta per cambiare perché durante un’ardita incursione nel Consolato Britannico di Labuan, Sandokan incontra Marianna Guillonk.

Marianna è la giovane figlia del Console inglese. È nota come la Perla di Labuan per la sua bellezza ma anche per il carattere indomito che la spinge a rifiutare i ricchi pretendenti che ambiscono alla sua mano.

L’incontro con Sandokan risveglia in lei quello spirito di avventura che le rigide gabbie della società vittoriana hanno sempre represso. Quello tra Sandokan e Marianna è l’incontro di due mondi che non potrebbero essere più diversi. Una storia apparentemente impossibile. Ma non c’è niente di impossibile quando due cuori desiderano la stessa cosa: la libertà.

Tra i due però si inserisce Lord James Brooke, l’ombroso e affascinante “cacciatore di pirati”.  Brooke non è il solito ricco mercante, né un militare di carriera, ma un audace avventuriero che, a capo della sua fregata – la Royalist – semina il panico tra i pirati di tutto il sud est asiatico. Uomo ambizioso e brillante, Brooke cattura la ciurma di Sandokan e si mette sulle tracce del loro capitano.

Brooke è disposto a tutto per fermare Sandokan, ottenere il potere e conquistare il cuore di Marianna. La quale non è indifferente al suo fascino.

Inizia così un’avventura che si snoda tra i mari del Borneo, la vivace città di Singapore e la lussureggiante giungla tropicale dell’isola. Proprio qui, nel cuore della foresta, Sandokan incontrerà il suo destino.

Alla resa dei conti ognuno dovrà operare una scelta: Marianna, divisa tra Brooke e Sandokan, dovrà affrontare i lati più oscuri del suo mondo e decidere cosa vuole veramente; Brooke dovrà misurare la sua sconfinata ambizione con i suoi lati più vulnerabili; Sandokan, da semplice pirata che viveva alla giornata, sarà chiamato a trasformarsi nella Tigre della Malesia.

Avengers: Doomsday, ecco la descrizione (audio) delle altre tre anticipazioni prima del trailer

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La prima anticipazione del trailer di Avengers: Doomsday è trapelato online oggi, e ora abbiamo dettagli su cosa succederà. L’anteprima incentrata su Captain America verrà proiettata prima di Avatar: Fuoco e Cenere questo fine settimana, e nella seconda settimana i riflettori si sposteranno su Thor.

Questa notizia ci arriva da Feature First, e lo scooper @MyTimeToShineH (la cui descrizione del teaser di Steve Rogers era accurata al 100%) ha affermato che il video mostra il Dio del Tuono “nei boschi mentre prega Odino prima di una grande battaglia per riportarlo sano e salvo da sua figlia”. Il terzo teaser si concentrerà sul Dottor Destino di Robert Downey Jr. Non abbiamo dettagli al riguardo, ma sarà l’ultimo di questi teaser incentrati sui personaggi. Il quarto teaser è un trailer completo, e immaginiamo che sarà quello che verrà pubblicato in rete nel nuovo anno. Abbiamo solo una descrizione audio, ma ecco come è strutturata:

<<Il trailer inizia in modo piuttosto inquietante e lento, ma non proprio cupo, poiché c’è un barlume di speranza. Altre note si alzano lentamente, iniziando a suonare come una reminiscenza della musica al minuto 2:21 del secondo trailer di Venom.

Il trailer poi accelera un po’ e suona un po’ simile al trailer di “Absolute Cinema” dei Thunderbolts*, dove ha un’atmosfera da club ma non con la stessa energia, risultando più represso: la musica è più lenta, profonda, come un battito cardiaco. La musica poi passa al tipico ritmo da montaggio. La musica poi riprende a salire, diventando piuttosto potente, apparentemente per suscitare emozioni, con la fonte che la paragona a “Avengers”.>>

È interessante notare che @MyTimeToShineH ha poi affermato: “C’è un forte tema di paternità in Avengers: Doomsday: Steve ha un figlio, Thor ha una figlia e Destino ha perso suo figlio e cerca vendetta. Anche Reed con Franklin!”

In base alla descrizione di Thor qui sopra, sembra che padri e figli saranno anche il tema di questi teaser. Se il viaggio indietro nel tempo di Capitan America per riunirsi a Peggy Carter è davvero ciò che ha causato la caduta del Multiverso vittima delle Incursioni, allora il Dottor Destino che si propone di distruggere la sua vita sarà probabilmente il conflitto centrale di Avengers: Doomsday.

Captain America vs. Doctor Doom non è necessariamente ciò che ci aspettavamo da questo film, ma ha del potenziale, e il ritorno di Chris Evans al suo ruolo più iconico è qualcosa che i fan attendevano da oltre sette anni, dalla fine di Endgame.

Cosa sappiamo di Avengers: Doomsday

Avengers: Doomsday e Avengers: Secret Wars arriveranno in sala rispettivamente il 18 dicembre 2026, e il 17 dicembre 2027. Entrambi i film saranno diretti da Joe e Anthony Russo, che tornano anche nel MCU dopo aver diretto Captain America: The Winter Soldier, Captain America: Civil War, Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame.

La sinossi ufficiale conferma il ritorno di Robert Downey Jr. all’interno dell’universo Marvel, questa volta nel ruolo di Doom. La trama resta però al momento sotto riserbo. Stephen McFeely e Michael Waldron risultano accreditati come sceneggiatori.

Il cast di Avengers: Doomsday è stato rivelato per la prima volta durante una diretta streaming a sorpresa della Marvel Studios, in cui diverse sedie hanno svelato il ritorno di numerosi attori. Una delle grandi novità è il ritorno di diversi attori degli X-Men dell’era Fox-Marvel.

Sono confermati nel cast del film (per ora): Paul Rudd (Ant-Man), Simu Liu (Shang-Chi), Tom Hiddleston (Loki), Lewis Pullman (Bob/Sentry), Florence Pugh (Yelena), Danny Ramirez (Falcon), Ian McKellen (Magneto), Sebastian Stan (Bucky), Winston Duke (M’Baku), Chris Hemsworth (Thor), Kelsey Grammer Bestia), James Marsden (Ciclope), Channing Tatum (Gambit), Wyatt Russell (U.S. Agent), Vanessa Kirby (Sue Storm), Rebecca Romijn (Mystica), Patrick Stewart (Professor X), Alan Cumming (Nightcrawler), Letitia Wright (Black Panther), Tenoch Huerta Mejia (Namor), Pedro Pascal (Reed Richards), Hannah John-Kamen (Ghost), Joseph Quinn (Johnny Storm), David Harbour (Red Guardian), Robert Downey Jr. (Dottor Destino), Ebon Moss-Bachrach (La Cosa), Anthony Mackie (Captain America).

Van Helsing: la spiegazione del finale del film con Hugh Jackman

Il celebre e temuto conte Dracula è un personaggio da sempre ricorrente al cinema, protagonista di film come Dracula di Bram Stoker, Dracula Untold, Blade: Trinity e in forma animata anche della trilogia di Hotel Transilvania. Sin da quando il personaggio è stato ideato dallo scrittore Bram Stoker nel 1897, egli si è spesso dovuto confrontare con il suo acerrimo nemico, il cacciatore di vampiri Abraham Val Helsing. Proprio tale personaggio è infine stato protagonista di un film tutto suo, intitolato appunto Van Helsing e uscito in sala nel 2004 per la regia di Stephen Sommers.

Conosciuto in particolare per aver diretto La mummia e La mummia – Il ritorno, Sommers, anche sceneggiatore del film, si è naturalmente ispirato al romanzo di Stoker, ma per il suo film si è basato anche su altre opere affini. In particolare, Van Helsing è un tributo ai classici film dell’orrore realizzati tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta dalla Universal e che vedono come protagonisti creature quali Frankenstein, il Lupo Mannaro, il dottor Jekyll e la sua controparte malvagia Mister Hyde. Al di là del mistero e La casa degli orrori sono solo due dei titoli indicati da Sommers come principali fonti di ispirazione.

Il film si è poi affermato come un buon successo anche per via dei tanti riferimenti culturali che presenta. Per gli amanti di questa tipologia di film, dove l’orrore si unisce all’azione e alle forti emozioni, Val Helsing è un titolo imperdibile. In questo articolo, approfondiamo alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Van Helsing cast

La trama e il cast di Van Helsing

La storia narrata dal film si apre nel 1887, in Transilvania, dove il dottor Victor Frankenstein sta ultimando la sua ultima creatura grazie alla complicità e al supporto del Conte Dracula. Il vampiro, tuttavia, intende dar vita ad una stirpe di suoi simili, con cui poter governare il mondo. Per tentare di contrastarlo, il Vaticano assume il cacciatore sovrannaturale Van Helsing. Insieme al giovane frate Carl, Van Helsing giunge dunque in Transilvania, dove conosce la principessa Anna Valerious. Mentre conduce le sue indagini, il cacciatore si addentra sempre di più nei misteri del luogo, dove scoprirà che i piani di Dracula sono molto più terribili di quel che si credeva.

Ad interpretare il ruolo del celebre cacciatore di vampiri Van Helsing si ritrova l’attore Hugh Jackman, in quel momento divenuto particolarmente popolare per il ruolo di Wolverine in X-Men. Proprio a causa delle riprese del sequel di questo, l’attore doveva necessariamente portare i capelli corti. Per assumere il ruolo di Van Helsing, dunque, si trovò a dover indossare delle extension per ottenere i capelli lunghi. Accanto a lui, nel ruolo di Anna Valerious, vi è l’attrice Kate Beckinsale, già celebre per la saga di Underworld, anch’essa con protagonisti vampiri e licantropi.

Nel ruolo del Conte Dracula si ritrova l’attore Richard Roxburgh, il quale ha ottenuto di poter anche lui interpretare senza controfigure tutti gli stunt previsti per il personaggio. L’italiana Silvia Colloca recita nei panni di Verona, una delle mogli di Dracula. Nella realtà, l’attrice è davvero sposata con Roxburgh. Sono poi presenti Samuel West per il ruolo di Victor Frankenstein, mentre Shuler Henry dà vita al mostro di Frankenstein. Completano poi il cast anche David Wenham nei panni di Carl, fratello di Anna, Will Kemp in quelli dell’Uomo Lupo e Robbie Coltrane, noto come Hagrid nella saga di Harry Potter, in quelli di Mr. Hyde.

Van Helsing Dracula

La spiegazione del finale del film

Nella battaglia culminante del film, Dracula implora Van Helsing di unirsi a lui, affermando che il Vaticano lo sta sfruttando per i propri scopi. Si scopre inoltre come i due si conoscono: nel 1462, quando Dracula era mortale, Van Helsing lo uccise. Non è però chiaro il perché. Dato che la mossa immediata di Dracula dopo la morte è stata quella di contrattare con il Diavolo, è probabile che stesse tramando qualcosa di male. È assolutamente possibile che fosse già alle prese con la magia nera quando Van Helsing lo conosceva.

Ogni volta che Dracula fa riferimento alla sua morte originale, la descrive come un omicidio. Questo è tecnicamente corretto: Van Helsing ha ucciso Dracula nel 1462 quando era mortale. Ma la ripetuta insistenza sull’aspetto criminale della morte originale di Dracula solleva alcune domande. Sebbene il film non fornisca risposte esplicite, si insinua che il peccato dell’omicidio possa essere stato l’evento traumatico che ha portato alla perdita di memoria di Van Helsing. Dracula sembra voler ricordare a Van Helsing che un tempo erano amici e che lui lo ha tradito togliendogli la vita.

Questo sembra proprio il genere di cose che porterebbe un individuo super-religioso a seppellire il senso di colpa e la vergogna nelle parti più polverose della sua memoria. Ma nonostante la fitta nebbia di amnesia, Van Helsing ha incubi vividi di antiche battaglie che non può aver combattuto. Si fa infatti riferimento allo scontro con i Romani a Masada, avvenuto però oltre 1800 anni prima degli eventi del film. Come fa Van Helsing ad essere così vecchio? È interessante notare che Dracula si rivolge a lui chiamandolo “Gabriele” e “La mano sinistra di Dio”.

Van Helsing Hugh Jackman Kate Beckinsale

Anche se non viene mai detto chiaramente che Van Helsing sia letteralmente il Gabriele biblico, il fatto che sia un arcangelo smemorato spiegherebbe come abbia vissuto così a lungo. Spiegherebbe anche perché riesce a “percepire il male”. Potrebbe anche essere che Van Helsing sia solo un’incarnazione terrena del biblico Gabriele, e che i ricordi dell’angelo siano impressi su di lui. In ogni caso, Van Helsing non è un umano qualunque. Alla fine, egli tramutatosi in lupo mannaro riesce ad uccidere nuovamente Dracula e di conseguenza anche la sua prole.

Tuttavia, l’amata Anna, nel tentativo di iniettare l’antidoto a Van Helsing rimane uccisa. Poiché aveva detto di non aver mai visto il mare, Van Helsing e Carl cremano il suo corpo su di una scogliera. Nell’ascendere delle ceneri di Anna al cielo, il cacciatore di vampiri percepisce l’accesso al paradiso e rivede, oltre ad Anna, anche gli altri Valerious, tra cui anche Velka. Così, mentre il cacciatore e Carl fanno ritorno a Roma, il mostro di Frankenstein invece, ormai libero nonostante il parere contrario dell’ordine del cardinale, si allontana su una zattera alla ricerca di un posto dove stare e, forse, qualcuno che lo ami.

Il trailer di Van Helsing e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Van Helsing è infatti disponibile nei cataloghi di Netflix, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mertedì 20 agosto alle ore 21:00 sul canale 20 Mediaset.

Alexander: la spiegazione del finale del film

Con Alexander (2004), Oliver Stone affronta uno dei soggetti più ambiziosi della sua filmografia, confrontandosi con il mito di Alessandro Magno dopo aver già esplorato figure storiche e politiche complesse come JFK, Nixon e Jim Morrison. Questo film storico si inserisce coerentemente nel percorso di Stone come autore interessato ai grandi personaggi che hanno segnato la Storia, osservati però da una prospettiva problematica, contraddittoria e spesso intima. Alexander rappresenta così il tentativo di trasporre su scala epica le ossessioni del regista per il potere, l’eredità e il rapporto tra individuo e Storia.

La principale fonte d’ispirazione del film è costituita dalle opere degli storici antichi, in particolare Plutarco, Arriano e Quinto Curzio Rufo, filtrate però attraverso una sensibilità moderna. Stone non punta a una ricostruzione puramente didascalica, ma a un racconto soggettivo e frammentato, che alterna grandi battaglie, intrighi di corte e riflessioni interiori. Il film si colloca nel genere del kolossal storico, ma lo contamina con elementi del biopic psicologico, allontanandosi dal modello classico del peplum per proporre una visione più ambigua e meno celebrativa dell’eroe.

Al centro di Alexander emergono temi ricorrenti nel cinema di Stone: l’ambizione smisurata, il desiderio di trascendenza, il conflitto tra destino personale e responsabilità politica, oltre al rapporto irrisolto con le figure genitoriali. La conquista del mondo diventa progressivamente una discesa nella solitudine e nell’incomprensione, mentre l’idea di impero universale si scontra con i limiti umani del protagonista. Nel resto dell’articolo, ci concentreremo sulla spiegazione del finale del film, analizzando come Stone chiuda il racconto di Alessandro e il senso ultimo della sua parabola.

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Angelina Jolie e Colin Farrell in Alexander
Angelina Jolie e Colin Farrell in Alexander

La trama e il cast di Alexander

Il faraone Tolomeo narra alla sua corte la storia di Alessandro (Colin Farrell), figlio del re macedone Filippo (Val Kilmer) e di Olimpiade (Angelina Jolie). Quest’ultima vorrebbe plasmarlo sul modello dell’indomito Achille e assicurarsi che sia un re glorioso. Il giovane Alessandro intraprende quindi l’addestramento militare con Efestione (Jared Leto), studia i miti antichi e la filosofia con il maestro Aristotele (Christopher Plummer) e rende orgoglioso suo padre, addomesticando il fiero cavallo Bucefalo. Olimpiade, inoltre, suggerisce a suo figlio di creare una propria discendenza prima di partire per la guerra, così da non dover temere di perdere il trono.

Il ragazzo, tuttavia, rifiuta poiché innamorato di Efestione. Alla morte di FilippoAlessandro gli succede e diventa deciso a conquistare il mondo. Tuttavia, i generali mostrano ben presto i primi segni di malcontento e Olimpiade invita suo figlio a guardarsi dai suoi alleati. Ad eccezione di Efestione e dell’eunuco Bagoa (Francisco Bosh), infatti, nessun generale condivide il pensiero di Alessandro sullo scopo della guerra: portare cultura e libertà a tutti i popoli. Alessandro si ritrova così sempre più isolato, a contemplare la sua vita, consumata dai suoi sogni e dalle sue ambizioni.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto Alexander spinge l’esercito oltre ogni limite, convincendo soldati esausti a seguirlo nella battaglia dell’Idaspe, la più sanguinosa e simbolica del film. Ferito gravemente da una freccia, sopravvive e viene celebrato come semidio, ma il trionfo è già incrinato. Il ritorno dall’India segna l’inizio della fine: la morte di Efestione, colpito dal tifo, spezza definitivamente l’equilibrio emotivo del sovrano. A Babilonia, tra banchetti e vino, Alexander crolla improvvisamente, mentre il suo impero resta sospeso tra ambizione divina, solitudine assoluta e presagi di una caduta inevitabile che nessuno può arrestare.

Il film si chiude sul letto di morte di Alexander, circondato da generali pronti a spartirsi il potere più che a piangere il loro re. Bagoas veglia il corpo, mentre l’impero inizia a dissolversi ancora prima dell’ultimo respiro. È Tolomeo, ormai anziano, a rivelare la verità: Alexander fu avvelenato dagli stessi uomini che lo seguirono nelle conquiste. Tuttavia, la Storia registrerà una morte per malattia. L’epilogo sulle memorie perdute della Biblioteca di Alessandria suggella la fine del mito, lasciando solo frammenti, interpretazioni e una leggenda destinata a sopravvivere nei secoli.

Jared Leto e Colin Farrell in Alexander
Jared Leto e Colin Farrell in Alexander

Il finale di Alexander ribalta la retorica del conquistatore invincibile, mostrando come l’espansione infinita coincida con un progressivo svuotamento umano. La vittoria militare dell’Idaspe non è un compimento, ma l’ultimo atto di hybris, preludio alla perdita più dolorosa: Efestione. Con la sua morte, Alexander perde il legame affettivo che lo ancorava alla realtà. Stone suggerisce che l’impero universale nasce da un desiderio intimo e irrisolto, destinato a consumare chi lo insegue fino all’autodistruzione. La grandezza storica diventa così una maschera fragile, incapace di proteggere l’uomo dalle proprie ossessioni interiori profonde.

La rivelazione finale di Tolomeo introduce un’ulteriore ambiguità, centrale nel cinema di Oliver Stone: la distanza tra verità e racconto ufficiale. Il possibile avvelenamento non serve a riscrivere i fatti, ma a sottolineare come la Storia sia costruita dai vincitori e dai sopravvissuti. Alexander muore due volte, come uomo e come mito, manipolato anche dopo la fine. La perdita delle memorie nella Biblioteca di Alessandria rafforza l’idea di un’eredità frammentata, in cui il senso ultimo resta irraggiungibile tra potere, memoria e narrazione politica che sopravvive al tempo e agli uomini.

Alexander lascia allo spettatore un messaggio amaro e profondamente moderno: nessuna conquista esterna può colmare un vuoto interiore. Il film invita a guardare oltre l’epica delle battaglie per interrogarsi sul costo umano del potere e dell’ambizione assoluta. La figura di Alexander diventa un monito sulla solitudine di chi si crede predestinato e sulla fragilità dei sogni imperiali. Ciò che sopravvive non è l’impero, ma il bisogno umano di raccontare, interpretare e dare senso a ciò che resta, anche quando la verità si perde nella leggenda e nel tempo storico collettivo.

Rocky IV: la storia vera che ha ispirato il film

Nonostante sia incentrato su un incontro fittizio a tema Guerra Fredda, Rocky IV è stato ispirato da un vero incontro di pugilato tra un pugile americano e uno tedesco tenutosi quasi 50 anni prima della sua uscita nel 1985. Il sequel di Rocky è infatti stato realizzato quando la Guerra Fredda era al suo quarantesimo anno e sarebbe durata ancora altri sei. Diretto e interpretato da Sylvester Stallone, il film descrive le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica dell’epoca attraverso i personaggi di Rocky Balboa e Ivan Drago.

La straziante morte di Apollo Creed in Rocky IV durante il suo incontro con Ivan Drago ha mostrato quanto fossero gravi le tensioni tra i due paesi, poiché Rocky Balboa ha dovuto vendicare il suo amico caduto e sconfiggere il soldato sovietico noto come “Siberian Express”. Sebbene Rocky IV continuasse la serie immaginaria di Stallone, c’era dunque anche del vero dietro al film. La trama del sequel era infatti basata su due incontri di boxe avvenuti nella vita reale quasi un decennio prima dell’inizio della Guerra Fredda.

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Rocky IV è stato ispirato da Joe Louis contro Max Schmelling

Nel 1936, il pugile americano Joe Louis affrontò il pugile tedesco Max Schmeling allo Yankees Stadium di New York City. Louis, imbattuto, era considerato un simbolo dell’uomo nero liberato grazie al suo successo in questo sport. Sfortunatamente, Louis perse il suo primo incontro contro Schmeling, un ex campione dei pesi massimi la cui carriera all’epoca era considerata in declino. Schmeling smentì infatti Louis e gli appassionati di boxe vincendo l’incontro. La sconfitta di Apollo Creed in Rocky IV è parallela a questa sconfitta, anche se, a differenza di Apollo, Louis non fu ucciso e sfidò invece Schemeling a una rivincita nel 1938.

ROCKY IV

Rocky IV sembra dunque ispirarsi principalmente al secondo incontro, poiché fu allora che le tensioni tra Stati Uniti e Germania cominciarono ad aumentare. Nella primavera del 1938, la Germania aveva conquistato l’Austria e i media di entrambe le parti propagandavano lo scontro tra l’America e i nazisti sul ring, anche se Schmeling aveva chiarito di non essere dalla parte di Adolf Hitler rifiutando il premio “Dagger of Honor” (Pugnale d’onore) da lui conferitogli. I pugili tornarono allo Yankee Stadium per il loro secondo incontro e questa volta Louis ne uscì vittorioso.

In Rocky IV, è infine Rocky Balboa a sconfiggere Ivan Drago sul ring nel secondo incontro, poiché Apollo era morto durante il primo scontro tra Est e Ovest. La vittoria di Louis nel secondo incontro sembra essere stata l’ispirazione dietro la vittoria di Rocky. In entrambi i casi, fu un ritorno alla gloria per l’America nella sconfitta del rappresentante di una potenza straniera avversaria da parte del loro eroe.

Un film del 2002 racconta la vera storia dietro Rocky IV

Sebbene Rocky IV sia il film più popolare ispirato agli incontri tra Joe Louis e Max Schmeling, non è l’unico. Nel 2002, il regista di Hoop Dreams, Steve James ha pubblicato Joe and Max sul canale via cavo Starz! Il dramma biografico racconta la storia vera degli incontri tra Louis e Schmeling, invece della storia immaginaria raccontata da Sylvester Stallone in Rocky IV. Joe and Max mostra anche che, nonostante i loro incontri e le tensioni tra Stati Uniti e Germania, i pugili finirono per diventare amici e rimasero vicini fino alla morte di Louis nel 1981. La vera storia è stata sicuramente diversa dalla trama di Rocky IV, ma ha comunque fornito molto materiale a cui ispirarsi.

Scarlet: il trailer e il poster del film di Mamoru Hosoda

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Dal visionario regista Mamoru Hosoda, candidato al Premio Oscar® (Mirai), arriva una potente avventura animata che gioca con il tempo. Visto in anteprima dalla nostra redazione in occasione della Mostra di Venezia 82 (qui la recensione), Scarlet, una principessa guerriera proveniente da un regno medievale devastato dalla guerra, parte per vendicare la morte del padre — ma fallisce, risvegliandosi in una misteriosa dimensione dell’aldilà.

Lì incontra un ragazzo dal cuore nobile proveniente dal nostro presente, la cui compassione mette in crisi la sua sete di vendetta. Quando Scarlet si ritrova di nuovo faccia a faccia con l’assassino del padre, dovrà scegliere: aggrapparsi all’odio, oppure scoprire una vita oltre la vendetta.

Il film arriva nelle sale italiane il prossimo 19 febbraio distribuito da SONY.

Ecco il poster di Scarlet