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Tom Hooper dirigerà il biopic dedicato a Freddie Mercury?

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Di un film dedicato alla vita di Freddie Mercury si parla ormai da un paio di anni: nel corso del tempo sono arrivate notizie frammentarie e abbastanza isolate a riguardo, senza che il progetto sia al momento effettivamente decollato.

Mentre sembra confermato che il ruolo del cantante dei Queen sarà interpretato da Sacha Baron Cohen, arrivano oggi novità riguardo la regia: ad essere accostato al progetto è ora Tom Hooper, reduce dal successo de I Miserabili, nel cui cast peraltro era presente anche lo stesso Cohen. La notizia al momento non ha però trovato alcuna conferma ufficiale.

Il film seguirà le vicende di Mercury e dei suoi compagni di strada dalla formazione del gruppo fino alla partecipazione al Live Aid nel 1985 che sancì il culmine della loro carriera. Il progetto ha ottenuto l’appoggio degli altri componenti del gruppo, che potrebbero anche esserne trai produttori; la sceneggiatura è stata scritta da Peter Morgan (The Queen, Frost / Nixon).

Fonte: First Showing.Net

Amadeus: recensione del film di Miloš Forman

Amadeus: recensione del film di Miloš Forman

Amadeus è un film del 1984 diretto da Miloš Forman con protagonista F. Murray Abraham, Tom Hulce, Elizabeth Berridge, Simon Callow, Jeffrey Jones, Roy Dotrice, Christine Ebersole, Richard Frank, Cynthia Nixon, Charles Kay, Vincent Schiavelli, Patrick Hines.

AmadeusTrama: Vienna, 1823. Durante la sua permanenza in manicomio, il compositore Antonio Salieri narra la funesta ammirazione provata nel corso della sua vita per Wolfgang Amadeus Mozart.

Consapevole della propria mediocrità, Salieri ripercorre l’invidia suscitata dal genio dell’esuberante rivale, mutata poi in tragica ossessione. Tra follia, adorazione e intimi dissensi inestinguibili, l’ostilità di Salieri nei confronti di Mozart alimenta la più ampia conflittualità fra Salieri e Dio.

Analisi:

“Tramite quel piccolo uomo, Dio riusciva a far giungere a tutti la propria voce, irrefrenabilmente, rendendo più amara la mia sconfitta ad ogni nota”

Amadeus è uno dei capolavori intramontabili della storia del cinema. La pellicola diretta da Miloš Forman non è un vero e proprio biopic, ma una rappresentazione senza tempo di un grande dilemma che tormenta l’essere umano: l’eterno conflitto interiore.

Amadeus è una strepitosa messa in scena della presunta rivalità tra il geniale Wolfgang Amadeus Mozart e il compositore di corte Antonio Salieri, considerato il migliore autore musicale a Vienna sino all’arrivo del talentuoso enfant prodige salisburghese. Amadeus è tratto dall’opera teatrale di successo di Peter Shaffer, rappresentata negli anni settanta e ispirata a un dramma scritto da Aleksandr Sergeevič Puškin in cui si narra la (mai realmente documentata) opposizione tra Salieri e Mozart, ipotizzando l’avvelenamento di quest’ultimo a opera del compositore italiano.

Come mostrato superbamente nel film, Salieri è infatti invidioso del talento prodigioso di Mozart, un “vanaglorioso, libidinoso, sconcio, infantile ragazzo”. A dispetto dell’astio del tormentato compositore di corte, la musica di Mozart costituisce l’incarnazione di Dio in tutta la sua sublime essenza. Questo il dramma per Antonio Salieri: consapevole della propria mediocrità – malgrado il sincero desiderio di onorare Dio con la sua musica – Salieri è impotente di fronte alla grandiosità e all’armonia dell’arte di Mozart.

Tra implacabile ammirazione e fatale invidia, l’uomo si ribella all’ingiustizia di Dio, che ha scelto un “fanciullo osceno” come proprio strumento, e si impegna a ostacolare la creatura terrena per trionfare sull’irrisione divina, emblematicamente riconosciuta nella squillante risata di Mozart.

AmadeusDel resto Amadeus (Theophilus) significa proprio “amato da Dio”, mentre Salieri è costretto non solo a misurarsi con quel schiacciante senso di mediocrità che chiunque coltivi un talento riconosce nel proprio essere, ma deve anche fronteggiare un Dio che, ai suoi occhi, si beffa di lui.

F. Murray Abraham dà vita al tormento, alla follia e allo straziante rigore di Salieri nella sua triplice lotta con se stesso, Dio e Mozart. L’attore si mimetizza perfettamente nella maschera dell’anziano Salieri dalla potente espressività, così come nei tratti del compositore che convive con il crescente strazio suscitato dal talento e dall’esuberanza di Mozart. Quest’ultimo è interpretato da uno straordinario Tom Hulce, che anima il film con la sua baldanza e spavalderia, restituendoci l’immagine di una rock star ante litteram, terreno nella sua sregolata condotta, fanciullesco, sfrontato e sicuro di sé, ma divino nell’armonia imperturbabile della sua musica. L’attore suona davvero ogni singola nota al piano, persino nell’iconica scena in cui suona disteso all’indietro.

Amadeus

Le perfette interpretazioni dei due protagonisti rappresentano una lezione di recitazione e sprigionano un impressionante magnetismo nella parte finale, in cui Mozart detta a Salieri il Confutatis sul letto di morte. Benché si tratti di una licenza che esula dalla storicità, la scena è di una suggestione impressionante non soltanto per la prova da manuale dei due interpreti, ma anche per la carica emblematica della situazione: Salieri non riesce a comprendere la frenetica dettatura di Mozart, al quale ogni complicato passaggio e virtuosismo appare invece chiaro e semplice. L’affaticato tentativo di Salieri di seguire il ritmo del geniale rivale è la sua ultima sconfitta, giacché la celeste armonia di Mozart rischia di essere offuscata dal pietoso intento di assimilare la sua gloria: il prezzo da pagare è il tormento esistenziale.

La sontuosa regia di Miloš Forman dipinge l’opulenza e l’ottusità di una corte sfarzosa che trova difficoltà ad adattarsi alla freschezza e all’originalità delle composizioni di Mozart, la cui immortalità è sancita all’indomani della sua morte.

A metà fra tragedia dell’umano, esaltazione del talento, farsa e spiccata teatralità, Amadeus è una pellicola fatta di contrasti perfettamente orchestrati, di luci e ombre, di gioiosa musicalità (Il Ratto del Serraglio, Le Nozze di Figaro, Il Flauto Magico) alternata a inquietanti rappresentazioni (su tutte, la lugubre sublimità del Don Giovanni, uno dei momenti più alti del film).

AmadeusSenza contare su una colonna sonora apposita, Amadeus fa uso strepitoso delle musiche  e delle opere di Mozart sino alla solennità del Requiem incompiuto, commissionato da un misterioso individuo dall’angosciante maschera (nel film, si tratta di Salieri) e che chiude questa ammaliante sinfonia visiva.

La spettacolare pellicola ha conquistato innumerevoli premi, tra cui ben otto Oscar (film, regia, attore protagonista – F. Murray Abraham, sceneggiatura non originale, costumi, scenografia, trucco, sonoro), quattro Golden Globe, quattro Bafta e tre David di Donatello.

Nel 2002 è uscita una versione con venti minuti aggiuntivi. La Director’s Cut è un arricchimento perfetto e appositamente ridoppiato nell’edizione italiana (eccezionale soprattutto il lavoro svolto da Massimiliano Alto che dà voce a Mozart).

Amadeus è un’opera magniloquente e ipnotica, in grado di celebrare al tempo stesso la miseria e la grandezza dell’uomo e la secolare risonanza della sua arte.

Lolita: recensione del film di Stanley Kubrick

Lolita: recensione del film di Stanley Kubrick

Lolita è il film del 1962 di Stanley Kubrick con protagonisti nel cast James Mason (Prof. Humbert), Shelley Winters (Charlotte Haze), Sue Lyon (Lolita) e Peter Sellers (Clare Quilty)

Trama del flm Lolita: Il professore Humbert, cinquantenne divorziato, lascia l’Europa e si trasferisce in America per tenere una serie di conferenze. Va a pensione presso la signora Haze, petulante vedova che presto cerca di sedurlo.

La donna ha una figlia adolescente, Dolores, detta Lolita: Humbert se ne invaghisce morbosamente, e arriva a sposare la vedova per restare in America e non staccarsi dalla ragazza. Dopo pochi mesi di matrimonio, la signora Haze viene investita mortalmente: si realizza così un ferale progetto già accarezzato, e per poco non messo in atto, dal professore, che può dedicarsi al suo malato sogno d’amore e possesso per Lolita. Tra i due nasce una torbida e intermittente liason, su cui gravano i sensi di colpa del protagonista, gli occhi indiscreti della folla e un ambiguo e astuto scrittore, Clare Quilty, ben deciso a far sua Lolita.

Lolita, l’analisi

Lolita, tratto dall’omonimo romanzo di Vladimir Nabokov, è il sesto lungometraggio di Stanley Kubrick, penultimo in bianco e nero. Il cineasta affida a Nabokov la sceneggiatura e sfrutta il romanzo del russo (che gli offre ottime sponde) per raccontare l’asfissiante storia del desiderio del professor Humbert per l’adolescente Lolita. Un pervasivo mix di ironia e di grottesco,  fedeli militi kubrickiani, preserva salutarmente il film da baratri melodrammatici.

Il racconto è diviso in due macroblocchi dalla morte della signora Haze; nel primo, si stringe attorno al protagonista Humbert una prigione fatta di convenzioni sociali, avances indesiderate e lotta (persa in partenza) col desiderio; nel secondo, il personaggio di James Mason è attanagliato dal sentimento morboso per Lolita, fino ad esserne logorato. La gabbia è continua, crudele, una persecuzione opprimente: se ne scappa colo con rimedi e gesti estremi.

Lolita, il capolavoro di Stanley Kubricl

Come accade nel romanzo, anche nel film l’erotismo e lo scandalo sono costruiti per sottrazione, dicendo e mostrando poco: la sessualità cade sotto i colpi delle ellissi o si fa parola sussurrata in un a parte a spese dello spettatore; e la sensualità di Lolita è tutta nel di lei piede che ingombra lo schermo mentre scorrono i titoli d’apertura.

Giova all’intero film l’incipit con un fatto di sangue che si verifica alla fine della storia, permettendo allo spettatore di concentrarsi sull’evoluzione del rapporto Humbert-Lolita e sulle viscide scorribande di Clare Quilty, personaggio che con le sue trovate e i suoi travestimenti di dimostra attore (fingendo dentro la finzione) in gamba almeno quanto quel grande Peter Sellers che gli dà vita, e che con il suo estro improvvisato – è cosa nota – ha modellato la scrittura del film.

Sottile l’utilizzo della voce narrante: è Humbert che parla, racconta, con interventi utili all’organizzazione del racconto. Si tratta di una voce di natura misteriosa: a fine film, fatti alla mano, allo spettatore più attento verrà da chiedersi da quale “luogo narrativo” il professore si esprima.

C’è un Kubrick sottile e meno adatto alle t-shirt, tutto da scoprire (senza rinnegare i ragionevoli culti di Arancia Meccanica e simili): Lolita ne è un’assolata e imperdibile creatura.

Shark Tale: recensione del film con la voce di Will Smith

Shark Tale: recensione del film con la voce di Will Smith

Shark Tale è il film d’animazione del 2004 di Eric Bergeron, Vicky Jenson e  Rob Letterman e con le voci di Will Smith, Jack Black, Robert De Niro, Renée Zellweger, Angelina Jolie e Martin Scorsese.

  • Anno: 2004
  • Regia: Eric Bergeron, Vicky Jenson, Rob Letterman
  • Cast: Will Smith, Jack Black, Robert De Niro, Renée Zellweger, Angelina Jolie, Martin Scorsese

shark_tale_ver2 Shark Tale Trama: Oscar (Will Smith) è un un umile pesciolino che lavora al lavaggio Catacei locale e cerca di cambiare la sua vita: il caso mette sulla sua strada Lenny (Jack Black), squalo vegetariano emarginato dalla famiglia che cerca la comprensione e l’affetto del padre, il temibile Boss Don Lino (Robert DeNiro): complice una piccola bugia, i due diventeranno amici e cercheranno insieme di cambiare il proprio destino e realizzare i loro sogni.

Analisi: La rivalità fra la Pixar e la DreamWorks per il controllo dell’animazione è storia antica: è vero che la seconda si è sempre distinta per un taglio decisamente irriverente e per un particolare gusto per la parodia e il citazionismo, ma se oggi la distanza fra le due si va assottigliando sempre di più grazie a un notevole innalzamento della qualità generale ( segnato in particolare dallo splendido Dragon trainer del 2010)in passato la battaglia non è sempre stata combattuta ad armi pari e a colpi di originalità: dopo che la Pixar ci aveva deliziato con l’avventura di un piccolo e coraggioso pesce pagliaccio con alla ricerca di Nemo, la casa rivale ha tentato quindi di cavalcare l’onda dell’appeal del mondo sommerso con Shark Tale, lungometraggio d’animazione in CGI diretto da Eric Bergeron, Vicky Jenson e Rob Letterman.

Shark Tale, il film d’animazione della DreamWorks

Assecondando il marchio di fabbrica tipico della Dreamworks, Shark Tale sceglie di sfruttare le potenzialità offerte dal mare e dai suoi abitanti per costruire un una parallela realtà metropolitana, vera e propria versione subacquea di New York completa di Time Square e cronisti d’assalto della CNN: naturalmente, l’organizzazione criminale abituata a tenere in scacco la società non poteva che essere composta da Squali, che in rispetto alla tradizione del cinema di genere spadroneggiano sul fondale armati di accento siciliano e cattivi propositi.

Shark TaleCiononostante, a differenza di quanto suggerito dal titolo, Shark Tale non è alla fine la storia di uno squalo: il piccolo Lenny, figlio del Boss Don Lino e rifiutato dagli altri della sua specie perché vegetariano, è senza dubbio l’erede designato dalla Dreamworks per prendere il posto di Nemo e della sua pinna atrofica affermando la propria diversità, ma appare chiaro sin dalle prime scene che il vero protagonista della storia è il pesciolino Oscar, simpatica canaglia senza un soldo che cerca di vivere una vita migliore di quella che il destino ha scelto per lui; questa scelta narrativa, che predilige un personaggio spigliato a un altro timido e impacciato, si sposa bene col tono pop del film ma fa perdere del tutto il fuoco degli eventi, annacquati da una sceneggiatura che procede a tentoni e senza alcuna trovata interessante fino ad arrivare a un finale rassicurante come da canone ma non per questo particolarmente coinvolgente.

Se i colori sgargianti e il character design antropomorfo, modellato ad hoc sul volto degli attori che hanno dato le voci ai protagonisti del film, sono senza dubbio il frutto di un lavoro tecnicamente pregevole e accurato, la freschezza della pellicola finisce soffocata da un doppiaggio nostrano che rinuncia a star del calibro di Will Smith, Jack Black, Robert De Niro, Renee Zellweger e persino Martin Scorsese per lasciar entrare Tiziano Ferro, Luca Laurenti, Luisa Corna e Cristina Parodi.

Non incoraggiato da un plot sostanzioso, il sottile omaggio agli schemi del gangster movie di Shark Tale si avvita su sé stesso e inizia a imbarcare acqua portandosi ad un livello di noia pericolosa, persino per i più piccoli che sono ansiosi di trovare meraviglia e fantasia e non vogliono accontentarsi: vivere in fondo al mar va benissimo, ma con stile.

C’era una volta il western all’italiana: viaggio alla riscoperta di un genere.

C’era una volta il western all’italiana. Siamo ormai nei primi anni sessanta e l’ambientazione, tra polvere e praterie, è già stata ampiamente sfruttata negli Stati Uniti consegnando al mondo una serie di successi cinematografici realizzati, appunto, di là dell’oceano.  Tutto era iniziato fin dai primi del ‘900, con The great train robbery, un film muto, uno dei primi lavori ambientati nel selvaggio west. Sono però gli anni ‘30 e ‘40 a veder nascere le migliori espressioni del genere, opere sintetizzabili con la mente registica di John Ford e il volto di John Wayne. Negli anni successivi i western avrebbero perso gradualmente d’interesse fino, appunto, agli inizi degli anni sessanta, quando una svolta a livello di temi e costruzione dei personaggi ridarà nuova linfa a un genere che sembrava ormai destinato al declino. Quello che nessuno degli addetti ai lavori avrebbe mai immaginato, però, è che questa rinascita potesse avvenire in Italia e raggiungere un successo di pubblico tale da accostarsi, e a tratti addirittura sopravanzare, i western classici di stampo statunitense.

Gli “spaghetti” western, così denominati in onore della loro provenienza geografica, nascono tra gli anni ’60 e ’70. Il risultato sarà un netto revisionismo del western inteso in senso classico, attraverso una serie di caratteristiche peculiari che li distaccheranno completamente dai “cugini” americani. In primo luogo niente eroi buoni alla John Wayne, niente epica del west americano, eliminazione totale degli stereotipi principali perpetrati nei western di stampo statunitense, che erano, come logico, una sorta di elogio alla loro storia.

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Le pellicole a stelle e strisce ci mostrano personaggi idealizzati, pieni di buone intenzioni e dotati di una morale perfettamente integra, totalmente finalizzata al raggiungimento della giustizia o dell’amore romantico. Nei western all’italiana tutto questo non esiste. Evidente, innanzitutto, l’assenza di veri e propri eroi. I protagonisti, al contrario, sono rappresentati spesso come dei puri antieroi o, ad ogni modo, la distinzione tra buoni e cattivi non è per nulla marcata. Furbi, cinici, spesso sporchi e trasandati, doppiogiochisti e privi di scrupoli, dotati di una particolare, cruda ironia.  La totalità dei personaggi introdotti nell’intreccio narrativo è mossa da fini puramente egoistici. Spesso la molla è quella più futile, meno moralmente accettabile, la sete di denaro.

Gli stessi scenari, pur partendo da una comune ambientazione, sono altrettanto crudi. Le verdi praterie vengono abbandonate in favore di paesaggi brulli e polverosi o di piccoli paesi dimenticati da Dio e immersi nel fango. Le location per queste produzioni erano situate in paesi del Mediterraneo, in particolar modo Spagna e Italia, a causa del budget limitato che solitamente avevano a disposizione, almeno prima di raggiungere un discreto successo di pubblico. Saloon, chiese e cimiteri, feroci sparatorie e scene di pura violenza, amputazioni, pestaggi e torture, che avrebbero ispirato, tra gli altri, un regista come Tarantino. Basti pensare a Django di Sergio Corbucci e al taglio dell’orecchio di un sudista da parte degli uomini del generale Hugo, ripreso anni dopo in uno dei passaggi memorabili del film Le Iene.

clint buono brutto cattivoNomi indimenticabili: Django, Sentenza, Sartana, Trinità, interpretati da una serie di attori di grande livello, la maggior parte divenuta celebre proprio grazie a queste produzioni.  Primo fra tutti Clint Eastwood, scelto da Sergio Leone per interpretare il ruolo principale nel film Per un pugno di dollari quando ormai non lavorava da ben cinque anni nel cinema e, si dice, si manteneva lavorando part-time presso una pompa di benzina. Eastwood sarebbe diventato, negli anni successivi, l’attore simbolo dell’intero genere. Con lui Franco Nero, Giuliano Gemma, Bud Spencer e Terence Hill, Volontè, Tomas Milian, Lee Van Cleef, Eli Wallach, per citare solo i più noti. Più tardi anche attori già affermanti presero parte ad alcune pellicole, come Charles Bronson e Henry Fonda, protagonisti di C’era una volta il west, film del 1968 diretto dal genio registico di Sergio Leone.

Proprio il regista romano sarà il massimo esponente del genere, unico universalmente riconosciuto fin dagli esordi, ammirato anche dai colleghi americani. Altri produttori e pellicole, al contrario, dovettero aspettare gli anni ‘80 prima di essere rivalutate. La trilogia del dollaro, iniziata da Leone con Per un pugno di dollari e proseguita con Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo, ebbe un grande successo e diede una spinta che rivoluzionò il genere western, portando sugli schermi elementi di crudo realismo, di cui anche le produzioni statunitensi dovettero tenere conto.

Gli spaghetti western non sono, però, solo Sergio Leone.  Sono Sergio Corbucci, Duccio Tessari, Sollima, Castellari, Barboni e tanti altri ancora. Registi che, ognuno con il proprio stile, daranno vita a diverse correnti all’interno del genere, riassumibili in tre filoni principali.

Il primo vede come principali autori Leone e Corbucci, ed è caratterizzato dalla presenza di un protagonista solitario, dal passato misterioso, molto abile con la pistola, in cerca di vendetta o denaro. Il Biondo nella trilogia del dollaro, Django nell’omonimo film di Corbucci,  sono esempi principe di questo particolare tipo di personaggio. L’uno animato dalla sete di denaro (come lasciano intendere i titoli, Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più) senza badare troppo ai metodi usati per raggiungerlo, l’altro alla ricerca di vendetta per la morte della moglie, avvenuta mentre si trovava a combattere la guerra civile.

lo-chiamavano-trinitaIl secondo filone è invece di tipo politico, spesso ambientato tra i rivoluzionari messicani, ispirato a Damiani e Sergio Sollima. Sollima, ad esempio, inseriva nei suoi film riferimenti politici a Che Guevara e alle lotte nel Terzo Mondo, al punto che il suo personaggio Chuchillo, apparso prima in La resa dei conti e poi Corri uomo corri e interpretato da Tomas Milian, divenne un simbolo per i giovani di lotta continua.

Un terzo filone, dal taglio più leggero e comico, è invece percorso da Enzo Barboni alias E.B.Clucher, regista di Lo chiamavano Trinità e Continuavano a chiamarlo Trinità, film che ebbero un enorme successo commerciale al punto che il secondo fu addirittura campione di incassi assoluto della stagione 1971/72 e, ancora oggi, detiene il record di spettatori nella storia del cinema italiano. Un filone che prolungò l’epopea degli spaghetti western fino ai primi anni ’80, dopo i quali il genere entrò in una crisi dalla quale non si risolleverà più.

Oggi il western all’italiana è un genere tutto da riscoprire, grazie alle attenzioni degli ultimi anni, con la retrospettiva che l’ha omaggiato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2007, e con l’uscita, nel 2012, del film Django Unchained, realizzato da un estimatore come Tarantino e carico di citazioni alle pellicole del periodo.

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Come Pietra Paziente: recensione del film con Golshifteh Farahani

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In Come Pietra Paziente in un paesino senza nome dell’Afghanistan, una donna (Golshifteh Farahani) veglia il marito (Hamidreza Javdan) in coma. Lui è un eroe di guerra ferito da una pallottola al collo, lei un’invisibile compagna rimasta sola ad accudirlo. Fuori, nelle strade e nelle case, gli scontri e i bombardamenti, i miliziani che uccidono i civili, la mancanza di cibo e di acqua.

Disperata per la sorte che le toccherà se dovesse morire il marito, lei lo accudisce con cura, nella speranza che lui si risvegli. Le sue attenzioni, però, col tempo mutano: potendo parlare con il suo uomo senza ottenere risposte né giudizi, la donna lentamente comincia a svelare al compagno incosciente i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue paure, i suoi segreti. Un giorno un miliziano (Massi Mrowat) irrompe in casa sua e, scambiandola per una prostituta la costringe a fare sesso, facendola sentire inizialmente in colpa e usata, ma poi, incontro dopo incontro, viva e desiderata, cosciente di sé e del suo corpo. Il marito, chiuso nel suo sonno forzato, resta immobile ad ascoltare, come la Pietra Paziente della leggenda; una pietra a cui si può confidare tutto e che, una volta distrutta, compie la magia di liberare da ogni sofferenza.

Come Pietra Paziente, il film

I personaggi di Come Pietra Paziente non hanno nome, ma solo il loro ruolo: la protagonista è moglie, madre, amante, amata, l’uomo è un marito, un eroe, un guerriero e il giovane che si invaghisce di lei è un ragazzo, un miliziano, una vittima e un innamorato. Così il film diventa una metafora universale e un percorso di liberazione dall’oppressione del silenzio, di tutti i silenzi. Le parole della donna da pudiche diventano sempre più audaci, le rivelazioni meno trattenute e questo monologo che scorre come un flusso quasi fisico da lei al marito ripristina un equilibrio di potere e di importanza in una società, come quella afghana, che fa del disequilibrio di genere e della repressione sessuale il suo tratto dominante.

Tratto dal romanzo Pietra di Pazienza, dello scrittore Atiq Rahimi nel film in veste di regista, Come Pietra Paziente si impone per il suo ritmo discontinuo, le sue inquadrature in lento movimento, i suoi dettagli e per l’effetto provocato dalla commistione della voce della bravissima Golshifteh Farahani e le immagini che scorrono sullo schermo.

L’abuso del parlato e la scelta di rappresentare una sorta di monologo interiore, inizialmente straniante, é decisamente funzionale alla riuscita del film e soprattutto al messaggio che sembra voler veicolare, poiché la protagonista, grazie alle parole e attraverso le parole, smette di essere la serva invisibile del marito e acquista sostanza, diventando un corpo pulsante, una mente riflessiva, una donna, un profeta.

Come Pietra Paziente che mostra come i regimi si possano abbattere dall’interno delle mura di una casa, semplicemente infrangendo il silenzio. In sala dal 28 marzo.

Dopo Veronica Mars il film su Chuck di Zachary Levi?

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Dopo Veronica Mars il film su Chuck di Zachary Levi?

Il successo della colletta avviata da Kristen Bell e Rob Thomas è ormai diventato un precedente positivo per le trasposizioni possibili di serial tv di successo, ebbene a pochi giorni dalla notizia arriva il twitt si Zachary Levi che è desideroso di riproporre l’esperienza per il suo Chuck.

Ecco i suoi due twitt:

  • Prima di tutto congratulazioni a Kristen Bell e Rob Thomas per aver aiutato il mondo dell’intrattenimento a muoversi nella direzione in cui ho sempre sperato sarebbe andato…

Seconda cosa, a tutti i fan di Chuck, sappiate che questa notizia non fa che alimentare la mia fiducia sul fatto che io possa fare qualcosa per portare sul grande schermo un film di Chuck. Abbiate pazienza e rimanete in contatto… #chuckmovie

Quindi, dopo il film su Veronica Mars bisogna aspettarsi quello su Chuck?

Fonte: Twitter

Amy Adams parla di Lois Lane in L’Uomo d’Acciaio!

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Amy Adams parla di Lois Lane in L’Uomo d’Acciaio!

Continuano ad arrivare estratti dal numero speciale di Total Megazine dedicato al film  L’Uomo d’Acciaio. Oggi arrivano le parole di Amy Adams che interpreta Lois Lane:

Sul rapporto fra Lois e Clark

Direi che siano semplicemente… amici! Volevo che Lois in questo film fosse una donna più semplice, più simile alle altre, senza diventare qualcosa di fastidioso. Lois può diventare onnipresente, saltando fuori in situazioni un po’ sconvenienti, ma capirete le sue ragioni.

Poi la  rivela di aver fatto tre volte il provino per la parte in tre progetti differenti:

Ho fatto il mio primo provino quando J.J. Abrams e Brett Ratner erano a lavoro su una prima versione. Poi con Superman Returns ho fatto di nuovo il provino. E per l’Uomo d’Acciaio sono arrivata a tre.

L’Uomo d’Acciaio, il film

Warner Bros. Pictures e Legendary Pictures presentano L’Uomo d’Acciaio, con Henry Cavill nel ruolo di Clark Kent/Superman, per la regia di Zack Snyder. Il film è interpretato anche da Amy Adams (“The Fighter”), attrice candidata tre volte agli Oscar, nel ruolo della giornalista del Daily Planet Lois Lane, e il candidato all’Oscar Laurence Fishburne (“What’s Love Got to Do with It”) in quello del direttore del giornale, Perry White. Nel ruolo dei genitori adottivi di Clark Kent, Martha e Jonathan Kent, ci sono la candidata agli Oscar Diane Lane (“Unfaithful — L’amore infedele”) e il premio Academy Award Kevin Costner(“Balla coi lupi”).

A combattere contro il supereroe sono due altri Kryptoniani sopravvissuti, il malvagio Generale Zod, interpretato dal candidato agli Oscar Michael Shannon (“Revolutionary Road”) e Faora, interpretata da Antje Traue. Originari di Krypton sono anche i genitori biologici di Superman, la madre Lara Lor-Van, interpretata da Ayelet Zurer (“Angeli e demoni”) e il padre Jor-El, interpretato dal premio Academy Award Russell Crowe (“Il gladiatore”). Nel cast anche Harry Lennix, nel ruolo del Generale Swanwick, Christopher Meloni in quello del Colonnello Hardy e Richard Schiff che interpreta il Dr. Emil Hamilton. Tutte le news nel nostro speciale: Superman: Man of steel.

Il Trailer ufficiale di Tulpa di Federico Zampaglione!

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Il Trailer ufficiale di Tulpa di Federico Zampaglione!

tulpa-foto-filmGuarda il Trailer ufficiale di Tulpa, il nuovo Thriller di Federico Zampaglione con protagonisti Claudia Gerini, Michele Placido e Maria Grazia Cucinotta.

 

Iran e Quatar preparano un biopic su Maometto

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Iran e Quatar stanno lavorando per portare sul grande schermo due biopic sulla vita del profeta Maometto. Già lo scorso dicembre infatti, la società Alnoor Holdings del Qatar ha annunciato di voler spendere fino ad 1 miliardo di dollari per creare alcuni kolossal ispirati alle figure del corano, prima fra tutti quella del famoso profeta vissuto nel settimo secolo. Il governo ha già chiesto a Barrie Osborne, produttore della trilogia de Il Signore degli Anelli, di collaborare al progetto assieme alla star Al Jazeera Yusuf al-Qaradawi, esperto mondiale di storia islamica.

C’è una molto comprensibile cautela  da questo punto di vista” ha detto Osborne. “ Come è noto infatti, le ricostruzioni della vita di Maometto non sono gradite ad una parte dei mussulmani”.

Infatti va ricordata la sanguinosa protesta del 1977 a Washington DC precedente all’uscita del film biografico The Message proprio su Maometto, la quale si concluse con il sequestro di 150 persone e che portò all’uccisione di due ostaggi. Anche il futuro sindaco Marion Barry venne ferito. Più di recente invece è famosa la vicenda di Trey Parker e Matt Stone, creatori di South Park, hanno ricevuto una serie di minacce dopo aver raffigurato il Profeta vestito con una pelle di orso durante un episodio della serie. In Iran invece, il regista Majid Majidi (The Song of Sparrows, Children of Heaven) ha dato il via ad ottobre ad un progetto gemello con un budget stimato attorno ai 30 milioni di dollari, ma ovviamente ha deciso di dare alle vicende un’interpretazione dichiaratamente sunnita, contrariamente a quella sciita del Quatar.

E’ soprattutto una battaglia politica “ ha dichiarato Philippe Ragel, docente di cinema iraniano all’Università di Toulouse “poiché le due confessioni hanno due diverse interpretazioni del Corano“.

Lesley Hazleton, autore di una biografia su Maometto  The First Muslim, ha aggiunto:

I Sunniti sono molto più rigidi degli sciiti sulla rappresentazione del profeta. C’è da sperare che non nasca una guerra a causa di un film. Sarebbe proprio il colmo.

Fonte: badtaste

Aaron Eckhart e Ray Stevenson nel cast di Divergent

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Nuove indiscrezioni dal fronte di Divergent, la nuova pellicola di fantascienza distopica tratta dal celebre romanzo di Veronica Roth. In quest’ultimo mese infatti il regista Neil Burger ha continuato incessantemente a cercare nuovi volti per costruire il suo cast, e proprio nei giorni scorsi era giunta la notizia dell’entrata definitiva di Jai Courtney nel progetto. Pare inoltre però che anche Aaron Eckhart, Ray Stevenson e Miles Teller siano in trattative per assumere dei ruoli di primo piano al fianco di Shailene Woodley, già impegnata come protagonista nei panni dell’eroina Beatrice “Tris” Prior.

Nel cast figurano inoltre Maggie Q nel ruolo della proprietaria di un negozio di tatuaggi e Ansel Elgort, che sarà il suo fratello gemello. Alcune indiscrezioni parlano inoltre di un piccolo ruolo per Kate Winslet nei panni della madre di Tris. Rob Friedman e Patrick Wachsberger, co-presidenti del gruppo Lionsgate Motion Picture, durante un’intervista per Variety hanno dichiarato:

Mentre continuiamo a sviluppare il film, lo studio conferma il proprio impegno a fornire ai fan con un adattamento cinematografico il più fedele possibile al libro e siamo sicuri di aver fatto una buona scelta con  Shailene e Theo nei ruoli principali. “

Vanessa Taylor sta attualmente scrivendo la sceneggiatura sotto la direzione di Burger e le riprese inizieranno presto a Chicago per un rilascio entro il 21 Marzo 2014.

Fonte: empire

Lars Von Trier non sarà a Cannes 2013

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Lars Von Trier non sarà a Cannes 2013

Dopo le recenti comunicazioni circa la programmazione del 66 Festival del Cinema di Cannes, che avevano visto Il grande Gastby aprire a sorpresa l’edizione 2013 della croisette, i fans di Lars Von Trier avevano incominciato a sperare. Invece purtroppo è stato proprio il regista danese a smentire le voci che volevano la sua partecipazione al festival con il nuovo e controverso Nymphomaniac con protagonista Charlotte Gainsbourg nei panni di una ninfomane. Von Trier ha giustificato la sua assenza affermando che il complesso montaggio del nuovo film sta ritardando moltissimo la post-produzione e che perciò la sua distribuzione non potrà essere garantita per il periodo del festival, che si svolgerà dal 15 al 26 maggio.

Amaro in bocca dunque per i fans del “genio sregolato” i quali speravano che dopo la figuraccia del 2010 che lo aveva visto protagonista di commenti nazisti molto inopportuni sulla figura di Hitler (e che ne aveva causato l’espulsione come “persona non gradita”) in occasione della presentazione di Melancholia, Lars avrebbe potuto riscattarsi. C’è da dire però che alcune indiscrezioni rivelerebbero proprio il timore di nuove ritorsioni dietro alla defezione di Von Trier. Non resta dunque che aspettare per ammirare il nuovo prodotto del regista dello scandalo, attorno al quale si sono già levate numerose voci controverse (ma d’altronde è cosa normale per il povero Lars).  Nel cast di Nymphomanoac ricordiamo anche Shia LaBeouf, Uma Thurman,  Christian SlaterJamie Bell, Stellan Skarsgård e Willem Dafoe.

Fonte: hollywoodreporter

I nuovi poster di Come un tuono

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Dopo la pubblicazione nei giorni scorsi del nuovo inedito trailer di Come Un Tuono (The Place Beyond The Pines), attesissimo film della coppia Bradley Cooper e Ryan Gosling, ecco in atemprima i nuovi poster ufficiali selezionati per la distribuzione del lungometraggio che vede Gosling nei panni di Luke, uno stuntman che divide il suo tempo tra l’attività di autista di rapine e cercando di essere un buon padre per suo figlio. Bradley Cooper sarà il poliziotto incaricato di stanarlo e di catturarlo.

Il film uscirà negli USA il 23 marzo mentre in Italia verrà distribuito nel mese di aprile. Completano il cast del film: Ben Mendelsohn,  Bruce Greenwood, Dane DeHaan, Harris Yulin, Rose Byrne Ray Liotta.

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Steven Spielberg lascia Gods and Kings. Ang Lee alla regia?

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Steven Spielberg lascia Gods and Kings. Ang Lee alla regia?

La certezza era quasi totale, ma ora le voci ufficiali provenienti dalla Warner Bros confermano definitivamente; Steven Spielberg non sarà il regista di Gods and Kings,il nuovo kolossal sulla vita di Mosé, scritto da Michael Green e Stuart Hazeldine e nel quale era coinvolto da più di un anno. Già da alcuni mesi infatti il progetto si trovava in una vera e propria fase di stallo, ma ora, dopo l’annuncio ufficiale, la Warner potrà iniziare a cercarsi un nuovo regista per guidare il progetto, e subito si è fatto a gran voce il nome del neo premio Oscar Ang Lee.

Secondo alcune indiscrezioni lo studio avrebbe già contatto il regista indiano, il quale si sarebbe dimostrato molto interessato al suo coinvolgimento, ma per il momento non sembra aver ancora preso una decisione. Alla produzione vi saranno Matti Lesham e Dan Lin. La sceneggiatura, come già detto, è opera di Stuart Hazeldine (che ha già scritto Paradiso Perduto per la Legendary/Warner) e Michael Green (co-sceneggiatore della serie The River, prodotta da spielberg per la ABC). l’obbiettivo della Warner è di fare concorrenza al progetto gemello Exodus, diretto da Ridley Scott.

Fonte: comingsoon.net

Ennio Morricone non lavorerà più con Quentin Tarantino

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Ennio Morricone non lavorerà più con Quentin Tarantino

Il sodalizio tra il Maestro Ennio Morricone e il regista Quentin Tarantino, consolidatosi negli anni con alcuni grandi successi come  la trilogia di Kill Bill, e il più recente Django Unchained, sembra destinata a spezzarsi definitivamente. Il celebre compositore italiano infatti, parlando proprio dell’ultimo lavoro  sonoro scritta per Tarantino, ha affermato di non voler più avere lulla a che fare in futuro con il regista, poiché ritiene che i ritmi di lavoro a cui è stato sottoposto non siano equiparabili con il prodotto finale, nel quale Tarantino avrebbe appunto selezionato solo una piccola parte del lavoro svolto dal Maestro. In un’intervista agli studenti della LUISS di Roma, Morricone ha dichiarato:

Non mi piacerebbe lavorare di nuovo con lui a nessun progetto. L’anno scorso mi disse che dopo Bastardi senza Gloria voleva lavorare ancora una volta con me, ma io gli risposi che non potevo perché non mi concedeva abbastanza tempo, quindi ha usato solo una canzone che avevo scritto in precedenza. Lavorare così è frustrante, perché piazza la musica nei film senza alcuna coerenza. Non puoi fare nulla con qualcuno del genere “ M

Morricone inoltre afferma di aver visto Django Unchained, ma afferma: “ A dire la verità, non è che me ne sia importato più di tanto. Troppo sangue. Una trama senza logica e con grandissime banalità”

Fonte: empire

Emma Watson non sarà in 50 Sfumature di Grigio?

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Emma Watson non sarà in 50 Sfumature di Grigio?

Nelle scorse ore è avvenuto un evento abbastanza curioso per il mondo della produzione cinematografica, in quanto la Costatine Film, celebre casa di produzione indipendente, ha denunciato una fuga di informazioni dai propri server causata probabilmente dall’intrusione di un gruppo di hacker, noto come M3du5a, il quale avrebbe carpito una serie di informazioni riservate circa la pianificazione del nuovo progetto 50 Sfumature di Grigio.

Tali indiscrezioni riguarderebbero la possibile partecipazione di Emma Watson al nuovo progetto cinematografico come protagonista, ma subito i responsabili della produzione hanno smentito prontamente ogni affermazione, ribadendo che per il momento non esistono ancora nomi certi né per il cast artistico né per quello tecnico. La presenza della Watson era stata ipotizzata più volte negli ultimi mesi, ma ora sembra che tali voci si siano trasformate in un castello di carta. Non resta che attendere nuove notizie dal fronte !

Matt Damon: il cinema è anche impegno e filantropia

Matt Damon: il cinema è anche impegno e filantropia

Geopolitica e azione sono un binomio ricorrente nella sua filmografia, ma Matt Damon è indubbiamente un interprete versatile, dedito con passione al proprio mestiere e lontano dal glamour hollywoodiano.  Una curiosità: un considerevole numero di film a cui ha partecipato reca nel titolo il nome del suo personaggio. Matt Damon ha lavorato in numerose pellicole per le quali si è sottoposto a un’intensa preparazione fisica, in molte altre prevale invece la sua straordinaria sensibilità umana.

Non solo film d’azione e opere d’autore volte all’impegno, ma anche pellicole fantasy (I fratelli Grimm e l’incantevole strega di Terry Gilliam, accanto al compianto Heath Ledger), film psico-romantici (I guardiani del destino), commedie per tutta la famiglia (La mia vita è uno zoo), western d’autore (Il Grinta dei fratelli Coen).

Matthew Paige Damon nasce a Cambridge l’8 ottobre 1970, nei pressi di Boston. Figlio di un  banchiere e di un’insegnante di pedagogia, Matt Damon è il secondogenito di una famiglia agiata che si trasferisce a Newton fino al divorzio dei genitori, quando Matt ha appena due anni. I due figli vengono affidati alla madre e i tre tornano a vivere nella città natale.

Entra in una compagnia teatrale per bambini e a 10 anni conosce una delle persone più importanti della sua futura vita artistica: Ben Affleck. I due stringono una solida amicizia, condividendo numerose passioni, dallo sport (i Boston Red Sox) alla recitazione.

Il giovane Matt è uno studente brillante e a 18 anni si iscrive alla facoltà di Letteratura Inglese alla prestigiosa Università di Harvard. Ma dopo tre anni abbandona gli studi accademici per dedicarsi alla sua più grande passione: il cinema. A proposito di quel periodo, l’attore ha affermato: “I personaggi che vedevo al cinema e in televisione erano quelli che volevo interpretare, volevo diventare Marlon Brando pur rimanendo me stesso”.

Dopo alcune performance teatrali, nel 1988 debutta sul grande schermo con un cameo in Mystic Pizza, al fianco di Julia Roberts. Nei primi anni novanta ottiene soprattutto ruoli minori, fino al ruolo di primo piano ne L’uomo della pioggia di Francis Ford Coppola. Nel film tratto dal bestseller di John Grisham, Matt Damon interpreta il protagonista pronto a tutto pur di lottare in nome della giustizia.
In questi anni, l’attore si diletta anche nella scrittura di una sceneggiatura insieme all’amico Ben Affleck. Finalmente la loro opera attira l’attenzione di un produttore e diventa una pellicola: si tratta di Will Hunting – Genio ribelle, che segna una svolta nella carriera dei due migliori amici di Boston.

Il film diretto da Gus Van Sant è un successo: i due attori/sceneggiatori affiancano Robin Williams, che vince la statuetta come Migliore attore non protagonista, mentre i poco più che ventenni Matt e Ben trionfano con l’Oscar per la Migliore sceneggiatura originale, dopo aver conquistato il Golden Globe e il Satellite Award, nonché numerosi premi della critica.

La storia del ragazzo prodigio complessato che impara a rapportarsi con il mondo apre al giovane Matt le porte di Hollywood: Steven Spielberg lo sceglie per il suo acclamato Salvate il soldato Ryan. Nella pellicola bellica che si aggiudica ben 5 Academy Awards, l’attore interpreta proprio il soldato che il Capitano John Miller (Tom Hanks) cerca di trarre in salvo con una missione di recupero.

matt-damon-elysiumSi tratta di un momento d’oro per Matt Damon. Dopo aver preso parte a Il giocatore al fianco di Edward Norton, nel 1999 recita per un altro grande nome di Hollywood: Anthony Minghella. L’attore è infatti l’ambiguo protagonista di Il talento di Mr. Ripley, circondato da un cast stellare che include Jude Law, Gwyneth Paltrow, Cate Blanchett, Philip Seymour Hoffman e una serie di volti italiani (tra cui i fratelli Fiorello e Sergio Rubini). Ripley è un ladro di identità che si vendica fatalmente di una passione non ricambiata: inquietante con quel volto da bravo ragazzo falsamente rassicurante dietro i suoi occhiali, Matt Damon (che impara inoltre a suonare il piano appositamente per il film) ottiene una candidatura ai Golden Globe come Migliore attore drammatico.

Negli anni successivi, l’attore continua a recitare per importanti registi, da Robert Redford (La leggenda di Bagger Vance) a due fondamentali sodalizi della sua carriera: Gus Van Sant (Gerry) e Steven Soderbergh.

Per quest’ultimo, prende parte a una delle due trilogie della sua carriera, ovvero Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, seguito da Ocean’s Twelve nel 2004 e Ocean’s Thirteen nel 2007. Nella scoppiettante triade, la banda di ladri guidata da Danny Ocean (George Clooney) si muove fra truffe, rapine, inganni nel mondo dei casinò e della finanza.

Il 2002 segna l’inizio di una delle più apprezzate saghe action di inizio millennio: la trilogia di Bourne, ispirata ai romanzi di Robert Ludlum, in cui Matt Damon è l’ex agente segreto Jason Bourne. In The Bourne Identity, il protagonista è un uomo che non ricorda nulla del proprio passato, ma braccato e ricercato e, dunque, costantemente in fuga. La trilogia si completa con The Bourne Supremacy (2004) e The Bourne Ultimatum – Il ritorno dello sciacallo (2007), che hanno sbancato al box office mondiale affermandosi come grandi successi al botteghino.

Ormai star agli occhi del grande pubblico (nel 2007 People lo elegge come l’uomo più sexy del mondo), Matt Damon è però un anti-divo che cerca di mantenere il giusto distacco dalla fama e dal successo, dedicandosi alla famiglia (la moglie Luciana e le tre figlie), agli amici e alle sue attività filantropiche. La sua sensibilità nei confronti dei problemi che affliggono il mondo matura anno dopo anno, mostrando la sua indole altruista e solidale: “Devo ringraziare un amico, George Clooney, per avermi aperto gli occhi”, confessa.

Matt Damon è un forte sostenitore del movimento Occupy, nonché di ONE Campaign (organizzazione no profit che cerca di aiutare le popolazioni più disagiate del pianeta), H2O Africa Foundation e Water.org.

Oltre alla sua filantropia, Matt Damon può vantare un curriculum che procede con lavori per altri registi importanti, tra cui Martin Scorsese. In The Departed – Il bene e il male, l’attore duetta con Leonardo DiCaprio in un appassionante scambio di ruoli fra agenti di polizia e infiltrati: i due lati della giustizia si mescolano nella caccia al boss Frank Costello (uno strepitoso Jack Nicholson). Una vera e propria gara di bravura fra i due protagonisti, intensi e carismatici, con una buona dose di mistero e fragilità. The Departed trionfa agli Academy Awards 2007 con quattro statuette, conferendo il primo sospirato Oscar al grande regista italoamericano.

Ancora giustizia, inchieste e spionaggio per Matt Damon, in The Informant! di Soderbergh tratto dall’omonimo libro-inchiesta, ruolo per il quale l’attore è ingrassato di diversi chili, e The Good Shepherd – L’ombra del potere di Robert De Niro. Spietato agente segreto, il suo personaggio è travagliato dal conflitto interiore, costretto a scegliere tra ragion di stato e famiglia.

Un’altra importante parentesi della sua carriera cinematografica è la doppia collaborazione con il grande Clint Eastwood, per il quale recita innanzitutto in Invictus – L’invincibile (2009), del tutto credibile nei panni del capitano della nazionale sudafricana di rugby François Pienaar, al quale Nelson Mandela (un monumentale Morgan Freeman) fa comprendere l’esigenza di unire il Sudafrica sotto il segno dello sport. Con Invictus, Matt Damon viene candidato all’Oscar come Migliore attore non protagonista, ma la statuetta andrà a Christoph Waltz per il suo Hans Landa in Bastardi Senza Gloria.

Nel 2010 l’attore viene nuovamente richiamato dal Maestro Eastwood nella sua pellicola successiva, Hereafter. Il suo personaggio è un operaio con poteri sovrannaturali, la cui storia si intreccia con quella di un bambino e di una donna che hanno fatto fronte alla morte in modi diversi. Pur di avere Damon come protagonista, il regista ha modificato i piani di produzione affinché l’attore potesse completare le riprese su un altro set.

Per Matt Damon, il cinema è anche sinonimo di impegno, così nello stesso anno l’attore ritrova Paul Greengrass, che lo aveva già diretto nei due sequel della trilogia Bourne: il progetto in questione è Green Zone, in cui Matt veste i panni di Roy Miller, un sottufficiale che aiuta un agente della CIA nella ricerca delle armi di distruzione di massa: tra la guerra in Iraq, inevitabili implicazioni geopolitiche e inseguimenti, Miller è un uomo che non si arrende e disposto a garantire l’autenticità dell’informazione.

Dopo l’ultima collaborazione con Soderbergh nel corale Contagion, incentrato sulla minaccia di una terribile pandemia, Matt Damon mostra una totale dedizione al nuovo progetto diretto da Gus Van Sant: Primised Land. Presentato di recente al Festival di Berlino e attualmente sui nostri schermi, all’inizio Promised Land doveva segnare il debutto alla regia di Matt Damon, che tuttavia ha dovuto rinunciare per difficoltà di pianificazione. Basata su una storia dello scrittore Dave Eggers, la sceneggiatura è stata scritta dai due interpreti protagonisti, John Krasinski e lo stesso Damon, che dopo Will Hunting continua a mantenere vivo l’interesse per la sceneggiatura. Promised Land tratta temi scottanti ed estremamente attuali relativi alle discutibili modalità di estrazione del gas naturale ed è stato presentato in Italia come “il film che la lobby dei petrolieri ha tentato invano di sabotare”.

Matt Damon è la star hollywoodiana per eccellenza che invita alla responsabilità civile: ce lo mostrano la sua filmografia di attore e il suo impegno in primo piano. Ci aspettiamo dunque che il prossimo futuro ci offra il suo esordio alla regia, magari con un film che tratti i tempi oscuri che stiamo vivendo negli ultimi anni in un contesto sempre più globale e critico. Del resto, come egli stesso afferma, “Dobbiamo cambiare tutti, dando l’esempio in prima persona”.

Lo sceneggiatore di Men in Black per Colossus con Will Smith

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Lo sceneggiatore di Men in Black per Colossus con Will Smith

La Universal Pictures ha chiesto allo sceneggiatore di Men in Black Ed Solomon di riscrivere lo script per lo sci-fi Colossus, segretissimo progetto con Will Smith protagonista. Blake Masters and Jason Rothenberg avevano già scritto una sceneggiatura per il film, remake  del film del 1970 Colossus: The Forbidden Project, ma la casa di produzione non deve essere rimasta soddisfatta.

Nulla si sa della pellicola se non che Smith prenderà il ruolo del Dr. Charles Forbin, creatore di un computer che ha preso il controllo del pianeta e l’unico in grado di fermarlo. Il film sarà prodotto anche dalla Imagine di Brian Grazer e Ron Howard.

Fonte: The Hollywood Reporter

Kate Beckinsale nel thriller psicologico Eliza Graves

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Kate Beckinsale è in trattative per entrare nel cast di Eliza Graves, un Thriller psicologico della Nu Image/Millennium. Il film sarà diretto da Brad Anderson, già regista di  The Call , e sarà ispirato ad uno dei primi racconti di Edgar Allan Poe Il sistema del dr. Catrame e del prof. Piuma (The System of Doctor Tarr and Professor Fether).

La Beckinsale dovrebbe vestire i panni di Eliza, una paziente in un istituto di igiene mentale dove i ricoverati hanno preso il controllo e fingono di essere i medici. Eliza diventerà l’oggetto delle attenzioni di un giovane neolaureato di Harvard che non ha alcuna idea del mondo oscuro e capovolto in cui è stato risucchiato.

fonte: The Hollywood Reporter

Rinviata l’uscita di jOBS con Ashton Kutcher

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Rinviata l’uscita di jOBS con Ashton Kutcher

 jOBS,  attesa pellicola diretta da Joshua Michael Stern e scritta da Matthew Whitely con Ashton Kutcher nel ruolo di Steve Jobs, non uscirà il 19 aprile, in occasione del trentasettesimo anniversario della fondazione della Apple, come originariamente annunciato.

La Open Road Films ha infatti rinviato l’uscita a data da destinarsi per occuparsi meglio della campagna promozionale del film, che è stato prodotto e interamente finanziato dalla Five Star Feature Films di Mark Hulme.

Nel cast del film, troveremo anche Dermot Mulroney, Josh Gad, Lukas Haas, J.K. Simmons e Matthew Modine. 

Fonte: The Hollywood Reporter

L’attrice cinese Fan Bingbing in X-Men: Days of Future Past

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L’attrice cinese Fan Bingbing ai unirà al cast di X-Men: giorni di un futuro passato di Bryan Singer.

La Bingbing avrà il ruolo di Blink, una mutante con potere di teletrasportarsi. Lanciatissima in patria, l’attrice è stata presente in Double Exposure e Lost in Thailand, grandissimi successi al Box Office cinese e ha già 3 film in cantiere per il 2013: The Lady in the Portrait, The Moon & the Sun e Empress Wu Ze Tian. Sta anche negoziando per entrare nel cast del sequel di Crouching Tiger, Hidden Dragon.

fonte: The Hollywood Reporter

Vi ricordiamo che nel cast sono confermatissimi ,  Halle Berry, Peter Dinklage e . Il film è ispirato ai fumetti di Chris Claremont e John Byrne dal titolo: “Uncanny X-Men” # 141 e 142 nel 1981. Tutte le info sul film nella nostra scheda: X-Men: giorni di un futuro passato. Tutte le news sul film invece sono nel nostro speciale: X-Men.

Superman senza mutandoni? E’ tempo di cambiare!

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Superman senza mutandoni? E’ tempo di cambiare!

Hanry Cavill intervistato da Total Film, svela a sorpresa che da ragazzo non leggeva fumetti “Quando stavo in collegio non avevo un negozio di fumetti nelle vicinanze,ma non appena sono stato scelto per il ruolo ho avuto la mia iniziazione” quindi, dopo aver letto un sacco e visto i film conosceva bene la psicologia del personaggio. “Ho cercato di mettere insieme il personaggio mantenendo tutte le caratteristiche che o trovato, aggiungendoci le sfumature presenti in sceneggiatura. E’ un progetto tutto nostro, non dipende da nulla. Si parla di Superman, ma non è una storia tratta da un fumetto in particolare. E questo è bene perchè è una storia originale“.

Michael Shannon parlando dei costumi:

Abbiamo un enorme rispetto per quanto è stato fatto in passato. Ma oggi è oggi. E Superman non indossa i mutandoni neanche nei fumetti. ha la cintura rossa, ma non i mutandoni. E’ tempo di cambiare.

Vi ricordiamo che la pellicola uscirà negli USA il 14 giugno 2013 e nel cast oltre ai già citati Hanry Cavill e Russell Crowe ci sono anche Amy Adams, Diane Lane,  Kevin Costner,Laurence Fishburne, Michael ShannonL’uomo d’Acciaio è diretto da Zack Snyder.

Tutte le info utili nella nostra Scheda Film: L’Uomo d’Acciaio. Tutte le news nel nostro speciale: Superman: Man of steel

L’Uomo d’Acciaio: Michael Shannon non reputa Zod un villain

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L’attore Michael Shannon, ha avuto modo di parlare del suo personaggio in L’Uomo d’Acciaio, ovvero la nemesi di Superman il Generale Zod, sulle pagine di Total Film Megazine, ebbene, sorprendentemente l’attore non lo definisce un Villain:

Non è un villain. Non lo è più di quanto non lo sia un qualsiasi Generale che combatte per la propria gente e a cui non piace fare del male alle persone o rubare i diamanti; è concentrato nell’ottenere successo nel suo lavoro. Penso che il  modo in cui, in passato Terrence Stamp si è avvicinato a lui, è questa non è una critica alla sua performance,  c’era qualcosa di distaccato in lui. Purezza, rabbia, odio…qualunque cosa. Penso che questa caratterizzazione sia più ambigua.”

Per quanto riguarda il vestito e la sua armatura, l’attore sottolinea che l’utilizzo della Motion Capture è stata necessaria:

“Le cose reali mi avrebbero distrutto”.

L’Uomo d’Acciaio, il film

Warner Bros. Pictures e Legendary Pictures presentano L’Uomo d’Acciaio, con Henry Cavill nel ruolo di Clark Kent/Superman, per la regia di Zack Snyder. Il film è interpretato anche da Amy Adams (“The Fighter”), attrice candidata tre volte agli Oscar, nel ruolo della giornalista del Daily Planet Lois Lane, e il candidato all’Oscar Laurence Fishburne (“What’s Love Got to Do with It”) in quello del direttore del giornale, Perry White. Nel ruolo dei genitori adottivi di Clark Kent, Martha e Jonathan Kent, ci sono la candidata agli Oscar Diane Lane (“Unfaithful — L’amore infedele”) e il premio Academy Award Kevin Costner(“Balla coi lupi”).

A combattere contro il supereroe sono due altri Kryptoniani sopravvissuti, il malvagio Generale Zod, interpretato dal candidato agli Oscar Michael Shannon (“Revolutionary Road”) e Faora, interpretata da Antje Traue. Originari di Krypton sono anche i genitori biologici di Superman, la madre Lara Lor-Van, interpretata da Ayelet Zurer (“Angeli e demoni”) e il padre Jor-El, interpretato dal premio Academy Award Russell Crowe (“Il gladiatore”). Nel cast anche Harry Lennix, nel ruolo del Generale Swanwick, Christopher Meloni in quello del Colonnello Hardy e Richard Schiff che interpreta il Dr. Emil Hamilton. Tutte le news nel nostro speciale: Superman: Man of steel.

Christian Bale sarà Mosé in Exodus di Ridley Scott?

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Christian Bale sarà Mosé in Exodus di Ridley Scott?

Secondo Deadline, potrebbe essere Christian Bale l’attore che interpreterà Mosé nel film Exodus di Ridley Scott, il film biblico che sarà prodotto dalla 20th Century Fox. La pellicola è un progetto parallelo a quello della Warner Bros di Gods ans Kings, che proprio oggi Steven Spielberg ha abbandonato, presumibilmente per dedicarsi completamente a TinTin, e ad un altro misterioso progetto, che però sappiamo non essere Robopocalypse dato che è ritornato in fase di sviluppo. La pellicola di Scott invece è stata di recente rimaneggiata da Steve Zaillian, che ha riscritto un copione di Adam Cooper e Bill Collage (sullo stile di 300) proprio per andare in contro alle corde di Scott. Oggi, quindi il film sembra essere passato alla fase di ricerca di un protagonista forte magari per chiudere il finanziamento. E chi meglio di Christian Bale potrebbe convincere e mettere d’accordo tutti?..

 

L’Uomo d’Acciaio: ritratti nello speciale di Cinema!

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L’Uomo d’Acciaio: ritratti nello speciale di Cinema!

Continuano ad arrivare gli speciali dedicati al ritorno di Superman sul grande schermo. Oggi è la volta della rivista tedesca Cinema, che ha pubblicato dei nuovi ritratti del film L’Uomo d’Acciaio, molto affascinanti che ritraggono tutti i protagonisti del film di Zack Snyder e prodotto da Christopher Nolan.

Immortalati Hanry Cavill, Russell CroweAmy Adams, Laurence Fishburne, Michael Shannon e Kevin Costner. L’Uomo d’Acciaio esordirà nelle nostre sale il 20 giugno 2013. Tutte le info utili nella nostra Scheda Film: L’uomo d’Acciaio. Tutte le news nel nostro speciale: Superman: Man of steel

L’Uomo d’Acciaio, il film

Warner Bros. Pictures e Legendary Pictures presentano L’Uomo d’Acciaio, con Henry Cavill nel ruolo di Clark Kent/Superman, per la regia di Zack Snyder. Il film è interpretato anche da Amy Adams (“The Fighter”), attrice candidata tre volte agli Oscar, nel ruolo della giornalista del Daily Planet Lois Lane, e il candidato all’Oscar Laurence Fishburne (“What’s Love Got to Do with It”) in quello del direttore del giornale, Perry White. Nel ruolo dei genitori adottivi di Clark Kent, Martha e Jonathan Kent, ci sono la candidata agli Oscar Diane Lane (“Unfaithful — L’amore infedele”) e il premio Academy Award Kevin Costner(“Balla coi lupi”).

A combattere contro il supereroe sono due altri Kryptoniani sopravvissuti, il malvagio Generale Zod, interpretato dal candidato agli Oscar Michael Shannon (“Revolutionary Road”) e Faora, interpretata da Antje Traue. Originari di Krypton sono anche i genitori biologici di Superman, la madre Lara Lor-Van, interpretata da Ayelet Zurer (“Angeli e demoni”) e il padre Jor-El, interpretato dal premio Academy Award Russell Crowe (“Il gladiatore”). Nel cast anche Harry Lennix, nel ruolo del Generale Swanwick, Christopher Meloni in quello del Colonnello Hardy e Richard Schiff che interpreta il Dr. Emil Hamilton. Tutte le news nel nostro speciale: Superman: Man of steel.

Continua il successo per Il Grande e Potente Oz di Sam Raimi

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Balzato prepotentemente in vetta al box office della scorsa settimana, Il Grande e Potente Oz sta riscuotendo un buon successo di pubblico, raggruppando in un unico fandom gli appassionati del fantasy e della magia Disney, i fan dello strepitoso cast protagonista (James Franco, Michelle Williams, Mila Kunis e Rachel Weisz) e gli adepti del cinema di Sam Raimi, che riesce con grande naturalezza a passare dal film di genere al kolossal mantenendo intatta la sua grande destrezza dietro la macchina da presa.

Ecco alcuni dei commenti più entusiasmanti arrivati a noi di Cinefilos.it da parte dei nostri lettori: (Clicca sulla foto per vederla ad alta risoluzione)

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Vi ricordiamo che potete leggere la nostra recensione qui.

Con James Franco, Michelle Williams, Mila Kunis, Rachel Weisz, Abigail Spencer e Zach Braff e diretto da Sam Raimi (Spider-Man). Il Grande e Potente Oz arriva in Italia al cinema a marzo 2013. Quando Oscar Diggs (James Franco), il mago di un piccolo circo, grazie ad un trucchetto di troppo, si ritrova nel fantastico mondo di Oz, dovrà trasformarsi davvero nel grande e potente Mago, oltre che in un uomo migliore.

Julie Delpy, regina della commedia romantica tra Francia e America

Chi ama le commedie romantiche certamente la ricorda come protagonista di una saga cinematografica sull’amore piuttosto sui generis, che l’ha portata al grande successo ed ha raccolto grande consenso di pubblico, tanto che oggi giunge al suo terzo capitolo: Before midnight di Richard Linklater. Nato come piccolo esperimento di cinema indipendente con Prima dell’alba – Before sunrise (1995), americano ma senza gli stilemi del blockbuster hollywoodiano, anzi con un’anima europea, che lo connette in maniera intelligente a certo cinema francese, il progetto ha saputo fidelizzare il pubblico e nutrire di dense aspettative i lunghi anni di attesa (nel 2004 esce Prima del tramonto – Before sunset e ora appunto, dopo altri nove anni, eccoci al terzo momento). E la protagonista non poteva essere che lei: eterea bellezza d’oltralpe, doppiamente figlia d’arte, approdata presto negli Usa, dove ha portato la sua semplicità e si è fatta apprezzare per quell’“esotica” aria parigina, scevra però da snobismo e altezzosità. Un’attrice maturata artisticamente negli anni, proprio come la trilogia cui ci si riferiva. Chi l’ha seguita fin dalla sua prima fase, quella europea, ne ricorderà gli inizi con partecipazioni nelle pellicole di Godard, o il ruolo da protagonista in Tre colori: Film Bianco di Kieslowski (1994). La nostra attrice è stata però diretta anche da Carlos Saura (La notte oscura, 1989), Mika Kaurismäki (Los Angeles senza meta, 1998) e Agnieszka Holland (Europa Europa, 1990). È anche regista, sceneggiatrice e produttrice, oltre che cantante.

Stiamo parlando di Julie Delpy, nata a Parigi il 21 dicembre del 1969, figlia del regista teatrale Albert Delpy e dell’attrice Marie Pillet. I genitori le fanno frequentare fin da bambina il mondo del teatro e conoscere l’arte in tutte le sue forme, cui la bambina presto si appassiona.

È appena un’adolescente quando viene scoperta da Jean-Luc Godard, che le dà una piccola parte in Détective (1985). Due anni dopo si guadagna la nomination al César come attrice più promettente, grazie alla sua partecipazione a Quarto comandamento di Bertrand Tavernier: cupa storia di ambientazione medievale, in cui Julie Delpy interpreta la giovane Beatrice De Cortemart, che uccide il padre dopo esserne stata violentata. In quello stesso periodo, l’attrice fa il suo primo viaggio a New York, dove poi studierà regia alla New York University’s Tisch School of Arts. La prima vera occasione di notorietà arriva con il ruolo della giovane Leni in Europa Europa di Agnieszka Holland, per cui impara anche il tedesco. Il film, tratto dalle memorie di Salomon Perel, vince il Golden Globe come miglior pellicola straniera.

Un’importante evoluzione nella carriera della Delpy è rappresentata senz’altro dal lavoro fatto sotto la direzione di Kieslowski per la trilogia legata alla Francia e ispirata ai colori della sua bandiera. Il personaggio interpretato dall’attrice, Dominique, è marginale sia nel Film Blu (1993)  che nel Film Rosso (1994), ma è protagonista nel Film Bianco (1994), il secondo della trilogia, l’unica commedia, sebbene dai toni non troppo leggeri e anzi caratterizzata dagli estremi: amore, ma anche dolore, crudeltà e vendetta. Kieslowski è premiato con l’Orso d’Argento a Berlino.

Il 1995 è un anno di svolta. Delpy passa alla regia col cortometraggio Blah, blah, blah e inaugura il fortunato sodalizio con il regista Richard Linklater che la vuole accanto a Etahn Hawke per una commedia romantica indipendente dal sapore anglo europeo: Prima dell’alba. Non ha ambizioni smodate, e forse anche per questo si rivela un piccolo capolavoro nel suo genere, tra i più apprezzati della decade. È quello che ha il merito di dare alla Delpy e a Hawke la grande popolarità internazionale. Julie Delpy ha affermato di essersi occupata anche della scrittura di molti dei dialoghi del suo personaggio: la studentessa parigina Celine, che incontra per caso sul treno il giovane Jesse/Hawke e si fa convincere a scendere con lui a Vienna e passare la serata insieme fino all’indomani mattina, in attesa della coincidenza che il ragazzo deve prendere per tornare in America. È una proposta bislacca, un’avventura e sarà l’occasione per conoscersi, parlare di tutto e innamorarsi. Delpy e Hawke, oltre che giovani e belli, sono spontanei e naturali, nonostante il film sia molto “scritto”. Portano infatti interamente sulle loro spalle un film fatto di fitti dialoghi, in cui Vienna resta sullo sfondo per lasciare spazio all’incontro di due  anime gemelle. A proposito della costruzione, di per sé un po’ rigida, del film la protagonista ha dichiarato: “L’obbiettivo era di rendere il film abbastanza entusiasmante, anche se ha una struttura limitata – due persone che parlano per un’ora e mezza”. Il finale aperto, poi, crea i presupposti per i capitoli che seguiranno, diventando un caso e un successo clamoroso. Anche se su questo Delpy sembra muoversi con cautela: “Non ha incassato milioni di dollari in sala, ma abbastanza perché potessimo farne un secondo”. E non era per nulla scontato che dopo nove anni il pubblico ricordasse la vicenda e fosse tanto legato al film da voler assistere al sequel, cosa che invece si è puntualmente verificata. Così come non lo era il fatto che il regista scegliesse di puntare sulla stessa coppia dopo nove anni e poi ancora dopo altri nove. Non era neppure detto che il pubblico, specie quello americano, rimanesse legato a una commedia come questa, che si prende i suoi tempi e i suoi ritmi, molto più simili a quelli della realtà, che non all’incedere incalzante della commedia romantica scoppiettante all’americana. La critica accoglie il lavoro molto positivamente, accostandolo al cinema francese più che alla sensibilità della commedia sentimentale made in Usa. Linklater vince l’Orso d’Oro a Berlino.

Ormai lanciata nel panorama internazionale, nel 1998 Julie Delpy è chiamata da Mika Kaurismäki per una parte in Los Angeles senza meta. La vediamo poi in vari altri progetti tra Europa e America, compresi alcuni episodi della serie tv E.R. – Medici in prima linea (2001). Prosegue la sua carriera da regista nel 2002 con il suo primo lungometraggio, da lei anche scritto e prodotto, Looking for Jimmy. Ormai vive stabilmente a Los Angeles e ha ottenuto la cittadinanza americana, pur conservando anche quella francese.

Nel 2004, a nove anni di distanza dal fortunato predecessore, Delpy veste di nuovo i panni di Celine e Hawke quelli di Jesse per Befor sunset. Nove anni sono passati non solo per gli attori, ma anche per i due personaggi da loro interpretati nel film, che si ritrovano e ancora una volta, sembrano avere poco tempo a disposizione per vivere un’altra manciata di momenti indimenticabili insieme e trarre un primo bilancio delle loro esistenze. Jesse è diventato uno scrittore di successo, proprio raccontando la singolare storia del suo incontro con Celine, che ora scrive canzoni e ha un rapporto assai complicato con l’amore. Come sempre i dialoghi hanno il peso maggiore, ma se nel primo capitolo riflettevano la spensieratezza e certa ingenuità giovanile, oltre al desiderio di aprirsi all’altro e conoscersi, qui c’è il confronto tra due diversi stili di vita, due strade, che ciascuno ha intrapreso senza l’altro, ma entrambe profondamente legate a quella breve esperienza comune. L’inevitabile interrogativo è: cosa sarebbe successo se …? Cosa può ancora succedere? C’è posto per rimpianti e recriminazioni, ma anche per scoprire che i sentimenti sono intatti e che il tempo sembra non essere passato. Tutt’altro che stanco, questo seguito ha una sua anima pulsante, diversa, ma ugualmente forte rispetto a quella del precedente. È agrodolce, romantico e amaro al tempo stesso e trova ancora una volta nei suoi due protagonisti le colonne portanti su cui reggersi. Due attori ormai perfettamente a loro agio in questi ruoli, cui sanno dare spessore e consistenza. Delpy collabora alla sceneggiatura e per questo ottiene anche una nomination all’Academy. Inoltre, fa entrare anche tre suoi brani musicali nel film – nel frattempo, infatti, l’attrice ha esordito anche come cantante. Altro grande successo, dunque, per quello che ormai con ogni evidenza ha oltrepassato i confini del piccolo film indipendente.

Il 2005 la vede partecipare a Broken Flowers di Jim Jarmush, protagonista Bill Murray. Nel 2007, invece, prosegue e intensifica il suo lavoro da regista uscendo con 2 giorni a Parigi, da lei anche scritto, prodotto e montato. Qui Delpy è Marion e recita accanto ad Adam Goldberg/Jack. Sempre alle prese con le difficoltà di coppia, con un amore europeo-americano e con poco tempo a disposizione per trovarsi o ritrovarsi o allontanarsi definitivamente. La pellicola sarà seguìta nel 2012 da 2 days in New York. Nel 2009 nasce suo figlio dall’unione con il compositore tedesco di colonne sonore Mark Streitenfeld.

Presto la vedremo vestire di nuovo i panni del suo personaggio più fortunato, Celine, accanto a Ethan Hawke, in Before Midnight, sempre per la direzione di Linklater. Il film è stato presentato per la prima volta al Sundance Festival il 20 gennaio scorso, mentre la premiere internazionale ha avuto luogo in febbraio al Festival di Berlino, dove il film ha partecipato fuori concorso. Linklater afferma di non aver cambiato nulla nello stile della pellicola. Mentre entrambi i protagonisti sottolineano l’unitarietà del progetto. Hawke lo vede come “Un unico film durato 18 anni”, e Delpy gli fa eco così: “Il film si è evoluto con noi. Riflette anche le nostre vite in qualche modo”. Tutti e tre poi concordano nel sottolineare l’importanza del particolare processo creativo che dà vita alle pellicole: Delpy e Hawke infatti partecipano attivamente alla scrittura della sceneggiatura. Delpy: “È un processo creativo molto intenso, ma grandioso. È pura creatività, e ci divertiamo anche, il che è una buona cosa”. Altro aspetto importante nel quale gli attori individuano il segreto del successo della trilogia è la veridicità, l’onestà dei dialoghi, che l’attrice spiega così: “Quando scriviamo, cerchiamo di mettere più verità possibile.

Quando ho scritto il primo film, ricordo di aver inserito cose che erano molto significative per me a quell’epoca”. Non dialoghi vuoti o banali dunque, ma uno scambio d’idee che rifletteva il più possibile le reali convinzioni e i punti di vista dei due attori. Perché, ribadisce la Delpy: “Se fai qualcosa che è veritiero e reale per te, penso diventi un po’ universale”, perché chi guarda, apprezza quest’autenticità e può riconoscervisi. Altro aspetto importante per la Delpy sceneggiatrice è dare una multidimensionalità ai personaggi, e Celine è forse quello che nel corso degli anni si è evoluto in maniera più complessa: “Quando scrivo cerco di dare diversi lati ai personaggi, in modo che non siano unidimensionali. Più dimensioni hanno, meglio è”. Questo, dice, è un aspetto che l’ha sempre colpita, anche da spettatrice. Riguardo poi alle anticipazioni sulla trama, l’attrice non vuole rivelare nulla se non: “Vedrete come si evolvono realmente le persone nelle storie d’amore; che non è tutto roseo, ma tanto reale quanto sentivamo che fosse giusto”.

Attendiamo dunque l’uscita nel nostro paese per verificare se ancora una volta il team conferma di saper affrontare la tematica amorosa senza retorica e con sempre nuova freschezza.

Sorrentino e Servillo insieme ne La grande bellezza

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Sorrentino e Servillo insieme ne La grande bellezza

Dopo il grande successo de Il Divo, il regista Paolo Sorrentino torna al suo sodalizio artistico con Toni Servillo, lasciandosi alle spalle l’esperienza internazionale di This must be the place. Il nuovo lavoro, che vede i due per la quarta volta insieme sul set, è La grande bellezza. Presente con un promo alla scorsa Berlinale, è molto atteso non solo in Italia, tanto che l’hanno già acquistato: Germania, Benelux, Gran Bretagna, Israele, Grecia e Brasile.

Poco si sa della trama, su cui, come su tutto il film, regna il riserbo. Sappiamo però che Toni Servillo veste i panni dell’affermato giornalista sessantenne Jep Gambardella, abituale frequentatore della Roma mondana di oggi. Come la Capitale, anch’egli non ha perduto il suo fascino.

Il titolo, dunque, è senz’altro riferito alla Città Eterna, che fa da ambientazione, ma è anche protagonista, come ha confermato Umberto Contarello – sceneggiatore assieme a Sorrentino – definendolo un film “profondamente su Roma” (vi è stato interamente girato). Omaggio a Fellini e alla Dolce Vita? Può darsi. Ritratto inedito della capitale? C’è da aspettarselo, dato lo sguardo sempre tagliente, ironico, grottesco ma anche poetico, che caratterizza il lavoro del regista. E viste anche alcune pagine del suo recente lavoro di scrittore  – in particolare, Hanno tutti ragione, edito da Feltrinelli nel 2010 – in cui si soffermava proprio sulla natura affascinante e decadente della città: “Roma, è un lungo tramonto. (…) Questo grande catino di città che accoglie tutti, democraticamente, con noncuranza e malevolenza. Senza fartene accorgere , però. Come certi colpi astuti nei caveau delle banche attraverso i tombini. Roma ti tende agguati continui e raffinati, ma i colpevoli sono sempre introvabili. Perché sono troppi i colpevoli (…)”. E la definiva “l’ombelico sporco di questo paese, la capitale di questa Italia maledetta”. “Questa Roma immutabile e copione di sé stessa all’infinito.” Una Roma che sopravvive grazie alla frivolezza, alla futilità: “È così che resiste brillantemente la storia millenaria di questa città, rimescola continuamente le carte per rinunciare a vedere una volta e per tutte l’asfissia del suo involucro bellissimo”.

Quanto sappiamo finora de La grande bellezza sembra consonante con questa visione. Non è ancora disponibile il trailer, è stato possibile vederne un’anticipazione solamente alle Giornate Professionali di Sorrento a dicembre 2012, alla presentazione del listino Medusa del 2013. Ma si evince dai personaggi principali che l’occhio della macchina da presa è puntato sul mondo dell’alta borghesia romana, dei salotti modaioli e cafoni al contempo (e qui immaginiamo che il gusto per la caricatura grottesca di Sorrentino si sbizzarrisca).  Accanto a Servillo, Carlo Verdone in veste di scrittore, e Sabrina Ferilli, che pare interpreti una vamp. Ma sembra ci siano anche Isabella Ferrari, Iaia Forte, Pamela Villoresi, Carlo Buccirosso, Luca Marinelli, Giorgio Pasotti. La fotografia è di Luca Bigazzi e il montaggio di Cristiano Travaglioli. La sfida sarà dunque tenere insieme una così ricca materia e, cosa a cui il regista ci ha abituati, il grottesco col realistico. È una coproduzione italo-francese: Indigo Film, Medusa e Banca popolare di Vicenza, per l’Italia – Medusa inoltre distribuisce il film nel nostro paese. Mentre per la Francia, Babe Films e Pathé, che cura anche la distribuzione internazionale.

Non ci resta che verificare in sala (uscita prevista per il 23 maggio) se l’ultima scommessa del regista sarà vinta. E chissà che non lo vediamo anche a Cannes.

Roma celebra San Patrizio con l’Irish Film Festa

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San-patrizio-Roma-IFFLa festa di San Patrizio, ricorrenza tipica irlandese, si sta diffondendo come è ormai normale, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, e anche oltre. In Italia, e in particolare a Roma

Come Out And Play, il film shock del misterioso Makinov

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Come Out And Play, il film shock del misterioso Makinov

Per chi non conoscesse ancora la misteriosa figura di Makinov, basti sapere che perturbante regista di origini russe ha pubblicato in questi giorni le prime immagini on-line del suo ennesimo e controverso lungometraggio dal titolo Come Out And Play. La figura di Makinov è avvolta da un alone di leggenda e di mistero che impregna tutta la sua giovane carriera di regista, che secondo alcune scarne informazioni di seconda mano sarebbe iniziata come operatore per convergere in seguito alla regia di numerosi spot pubblicitari e documentari dal sapore gotico e disturbante. Si dice poi che, in seguito a terribili allucinazioni causate da una massiccia assunzione di peyote, Makinov abbia avuto la sua prima rivelazione cinematografica, convergendo verso un cinema fatto di orrore e distorsione. Dopo aver pubblicato on line un video-manifesto in cui compare con il viso coperto da un cappuccio rosso e con una voce distorta, Makinov si sta lentamente imponendo all’attenzione internazionale attraverso la rete.

Come Out And Play, primo lungometraggio del regista, si presenta come un remake dell’opera Who Can Kill A Child? del 1976 diretta dallo spagnolo Ibanez Serrador e tratterebbe di una giovane coppia che decide di prendersi una vacanza in una tranquilla isola, per poi scoprire che essa è abitata da bambini selvaggi intenti ad uccidere tutti gli adulti. Per compensare il budget estremamente ridotto, Makinov ha puntato molto su una campagna pubblicitaria fatta di provocazioni e di un passa parola sul web, data la poca considerazioni all’interno dei festival di genere. Inoltre vi sono richiami diretti ed indiretti al racconto Children Of The Corn di Stephen King, già ispiratore del film originale. Per il momento non esiste ancora una data di uscita e distribuzione internazionale, ma nell’attesa ecco i primi due poster ufficiali.

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