Il network americano della The CW
ha diffuso la producer’s preview di Flash
1×19, il diciannovesimo episodio che si
intitolerà “Who is Harrison Wells?”:
https://www.youtube.com/watch?v=2omJoh-NVO4
The
Flash è una serie televisiva statunitense spin-off di
Arrow, sviluppata dai creatori di quest’ultima Greg
Berlanti, Marc Guggenheim e Andrew Kreisberg. Basata sul
personaggio di Flash, supereroe protagonista di una serie di
fumetti pubblicata da DC Comics, si svolge nello stesso universo
della serie madre e verrà trasmessa dal 7 ottobre 2014 sul canale
The CW.
Trama show: All’età di 11 anni,
dopo aver assistito al misterioso omicidio della madre Nora e visto
suo padre Henry ingiustamente accusato del crimine, Barry Allen
viene accolto in casa dal detective Joe West e la sua famiglia.
Anni dopo lo ritroviamo che è divenuto un brillante studente di
chimica, noto a tutti per la sua grande competenza in questo campo
oltre che per il suo essere perennemente in ritardo. Diventato uno
scienziato forense per il Dipartimento di Polizia di Central City,
Barry cerca di scoprire la verità sull’omicidio di sua madre e le
sue indagini lo portano all’acceleratore di particelle di Harrison
Wells. Quando i laboratori S.T.A.R. LAB indicono un evento pubblico
per l’accensione di prova di un nuovo acceleratore di particelle
destinato a rivoluzionare il mondo, Barry si trova nel suo
laboratorio e, dopo che l’acceleratore, colpito da un fulmine,
esplode a causa di un sovraccarico, il giovane viene scaraventato a
terra dalla scarica di un altro fulmine mentre numerose sostanze
chimiche gli si rovesciano addosso ed entra in coma. Al suo
risveglio, dopo nove mesi, apprende di avere la capacità di
muoversi ad una velocità sovrumana ed è anche convinto, e ben
presto ne avrà la conferma, di non essere l’unico meta-umano creato
dall’esplosione. Il giovane Allen decide, quindi, di utilizzare
l’eccezionale potere conferitogli dal destino per proteggere
l’umanità, mantenendo però segreta la propria identità. Da questo
momento comincia a far uso dei suoi straordinari poteri per
sconfiggere il crimine e, quando interviene in soccorso delle
vittime, indossa un particolare costume rosso, con un fulmine sul
petto della tuta ed un elmetto con degli auricolari a forma di
fulmini. Barry assume così l’identità di Flash, l’uomo più veloce
del mondo. I soli ad essere a parte del suo segreto sono il dott.
Wells, ricercatore dei laboratori S.T.A.R., i suoi assistenti Cisco
Ramon e Caitlin Snow ed infine il detective Joe West.
Ecco la nostra intervista a
Michela Giraud e Rita Abela, in
occasione della presentazione di Flaminia, il film che vede la stand-up
comedian per la prima volta dietro alla macchina da presa.
Flaminia è al cinema dall’11 aprile distribuito da
Vision Distribution.
Sceneggiato dalla
stessa Giraud con Francesco
Marioni, Greta Scicchitano e
Marco Vicari, la stand up comedian ne è anche
protagonista nei panni della giovane donna piena di ambizioni e
prossima al matrimonio che dà il titolo al film. Per la sua opera
prima Giraud sceglie un tono spensierato e sagace per raccontare
una storia che affronta temi importanti e delicati, rivelando un
altro lato della sua sensibilità di artista.
Prendendo spunto
dalle difficoltà e dalle ipocrisie che si celano dietro le porte
delle case borghesi Michela Giraud ci racconta una
storia divertente e toccante e se qualcuno vi dirà che è una storia
vera, non credetegli.
Il film è una
produzione Eagle Original Content e Pepito
Produzioni in collaborazione con Vision
Distribution e con Prime Video.
FLAMINIA, il primo film di e con Michela Giraud, arriva al cinema
dall’11 aprile distribuito da Vision
Distribution. Nel cast: Michela Giraud, Rita
Abela, Antonello Fassari, Nina
Soldano, Edoardo Purgatori, Catherine Bertoni de Laet, Ludovica
Bizzaglia, Francesca Valtorta, Fabrizio Colica e con
Lucrezia Lante Della Rovere.
Sceneggiato dalla
stessa Giraud con Francesco
Marioni, Greta Scicchitano e
Marco Vicari, la stand up comedian ne è anche
protagonista nei panni della giovane donna piena di ambizioni e
prossima al matrimonio che dà il titolo al film. Per la sua opera
prima Giraud sceglie un tono spensierato e sagace per raccontare
una storia che affronta temi importanti e delicati, rivelando un
altro lato della sua sensibilità di artista.
Prendendo spunto
dalle difficoltà e dalle ipocrisie che si celano dietro le porte
delle case borghesi Michela Giraud ci racconta una
storia divertente e toccante e se qualcuno vi dirà che è una storia
vera, non credetegli.
Il film è una
produzione Eagle Original Content e Pepito
Produzioni in collaborazione con Vision
Distribution e con Prime Video.
Flaminia, la trama
Flaminia De Angelis
è tutto quello che una ragazza di Roma Nord dev’essere: sorridente,
ossessionata dalla forma fisica e soprattutto ricca o meglio
arricchita. Sotto la pressione di sua madre Francesca, sta per
sposare Alberto, il figlio di un importante diplomatico regalando
all’intera famiglia la tanto agognata scalata sociale.
Tutto è pronto per
il grande evento quando nella vita patinata di Flaminia piomba
Ludovica, la sua sorellastra, un uragano di complessità dal cuore
ingestibile. Trentenne nello spettro autistico, Ludovica irrompe
nella vita di Flaminia con la forza di un terremoto, mettendo a
nudo tutte le ipocrisie con cui Flaminia crede di convivere
benissimo. Proprio quando la convivenza delle sorelle fa
riaffiorare il sentimento di un rapporto dimenticato, un evento
inaspettato mette di nuovo a repentaglio tutto.
“Visto da vicino
nessuno è normale” e questo Flaminia,
trentenne “perfettibile” di Roma Nord, con una sorella con la
Sindrome di Asperger, ce lo mostra con grande onestà, mettendo a
confronto la presunta normalità con ciò che è diverso e “fuori
dagli schemi” previsti dall’ambiente sociale. È lei la
protagonista dell’esordio dietro alla macchina da presa di
Michela Giraud (qui
l’intervista), ed è pronta a rubare il cuore degli spettatori…
Ma facciamo un passo indietro.
La maggior parte del
pubblico italiano conosce Michela Giraud per il
suo “Mignottone pazzo”, hit nata durante la prima stagione
di LOL – chi ride è fuori, ma chi la segue anche
nei suoi spettacoli di stand-up comedy, sa molte più cose
di lei, che si evincono da quello che racconta nel corso dei suoi
show. Per questo, i suoi accoliti non rimarranno sorpresi dallo
scoprire che Flaminia, che Giraud scrive
dirige e interpreta, è tratto dalla sua storia
personale.
Flaminia, una storia personale. La
trama
Nel film, Flaminia De
Angelis è tutto quello che una ragazza di Roma Nord deve essere:
sorridente, ossessionata dalla forma fisica, sempre attenta
all’abbigliamento e ricca, o meglio arricchita. Subendo la
pressione del mondo in cui vive e soprattutto di sua madre
Francesca, la giovane donna sta per sposare Alberto, un buono a
nulla belloccio e con più di un vizio, ma figlio di un importante
diplomatico. Il matrimonio regalerà all’intera famiglia di borghesi
arricchiti la tanto agognata scalata sociale.
Tutto è pronto per il
grande evento quando nella vita patinata della protagonista (che
scopriremo molto presto essere tenuta insieme con fatica e
insoddisfazione) piomba Ludovica, la sua sorellastra, un uragano di
complessità. Trentenne nello spettro autistico, Ludovica irrompe
nei ritmi di Flaminia con la forza di un terremoto, mettendo a nudo
tutte le ipocrisie con cui la donna crede di convivere benissimo.
Questo scontro farà deflagrare l’ordine delle cose, spingendola a
rimettersi in discussione.
Smussare gli angoli per adattare il
linguaggio
La stand-up
comedy ha di un codice linguistico e soprattutto
contenutistico ben preciso. Su quei palchi, gli stand-up comedian hanno la licenza di dire tutto e con
grande cattiveria. La battuta scorretta, il doppio senso, il
commento pesante, si accetta tutto in quelle occasioni, è un patto
che lo spettatore sottoscrive tacitamente. Per il suo esordio alla
regia (e alla sceneggiatura) Michela Giraud ha
dovuto però aggiustare il tiro, limare quella cattiveria e
trasformare il suo linguaggio da stan-up in storia, sviluppo dei
personaggi e archi narrativi. A questa esigenza puramente tecnica
si è aggiunta anche la decisione, coraggiosa, di mettere in piazza
una parte di se stessa molto personale, e non con i toni sarcastici
e buffi con cui ne aveva già parlato nei
suoi show, ma drammatizzando gli avvenimenti e trasformandoli
in fiction.
Ludovica, il motore del
cambiamento
La storia di Flaminia prende il via
quando Ludovica entra in scena. La donna è uno “strumento” grazie
al quale la vicenda si mette in moto in una direzione ben precisa;
il suo irrompere nella vita dell’altra “figlia di suo
padre” genera una serie di reazioni che scuotono Flaminia
dal suo torpore e dalla sua routine. Per quanto assolutamente sopra
le righe, Ludovica è una donna che ha già fatto il suo percorso, è
compiuta e centrata, con tutte le sue difficoltà, e questo spaventa
anche più della diversità che manifesta. E Flaminia non può che
arrendersi di fronte alla sua purezza e onestà, mentre cerca di
arginare una personalità così consapevole anche nella sua
difficoltà.
Forse con un pizzico di
sorpresa, l’aspetto drammatico è quello che risulta meglio riuscito
e più autentico in Flaminia, che non è né un film
comico né una commedia vera e propria. Si distanzia dai primi
perché ha una storia articolata e non si risolve in una serie di
situazioni e sketch, ma si scosta anche dalla seconda perché i toni
che assume quando la storia di incupisce sono davvero seri, quasi
oscuri, molto (forse troppo?) distanti dalla comicità parodistica
dell’inizio del film. E allora viene il dubbio che, forse anche
comprensibilmente, il lavoro di Giraud sia stato pavido.
Abbandonando la sua “cattiveria” ed esponendosi così intimamente ha
giocato con cautela lì dove avrebbe potuto avventurarsi, forte di
doti drammatiche davvero notevoli.
I momenti più emozionanti
del film, che la vedono protagonista insieme alla splendida
Rita Abela, superba interprete di Ludovica, sono i
migliori, e anche in una scena in particolare che non sveliamo, in
cui Flaminia mostra la sua fragilità, Giraud è un’interprete
drammatica davvero notevole. Ed è in questi piccoli spazi di grande
espressione e interpretazione che si intuisce che forse il coraggio
di osare avrebbe reso il film un’opera più completa e
significativa.
Nel corso della sua lunga e gloriosa
carriera come regista, Clint Eastwood
ha affrontato numerosi generi cinematografici, passando dal western
al poliziesco, dal dramma fino ai tanti titoli biografici
realizzati negli ultimi anni. Nel 2006, in una parentesi tra due
lungometraggi pluripremiati come Million Dollar Baby e
Changeling, ha anche
avuto modo di cimentarsi con il film bellico, realizzando due
titoli che affrontano la stessa vicenda ma da due punti di vista
differenti. Il primo di questi è Flags of Our
Fathers, che si concentra sui soldati americani,
mentre il secondo è Lettere da Iwo Jima, con protagonisti
i soldati giapponesi.
La vicenda narrata è quella vera
della battaglia di Iwo Jima, che si svolse tra il febbraio e il
marzo del 1945 nell’omonima isola Giapponese. Qui si scontrarono i
due schieramenti per il controllo del territorio, portando alla
cifra di circa 20 mila morti per l’esercito Giapponese e
altrettanti feriti per gli Stati Uniti. Celebre di quella battaglia
è in particolare la fotografia dei sei marines che innalzarono la
bandiera americana sul suolo giapponese, e due film di Eastwood
vanno a raccontare proprio ciò che avvenne intorno a quell’ormai
iconico momento. Flags of Our Fathers, scritto da
William Broyles e Paul Haggis è
basato sull’omonimo libro di James Bradley.
Al momento della sua uscita in sala
il film non raccolse un buon risultato in termini di box office, ma
negli anni è stato sempre più riscoperto, specialmente alla luce
del confronto con il secondo titolo che Eastwood ha dedicato alla
vicenda. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà
certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità
relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Flags of OurFathers: la trama del film
La vicenda qui narrata ha per
protagonista James Bradley, uno scrittore e figlio
di John “Doc” Bradley, uno degli uomini ritratti
nella celebre fotografia dei marines intenti a issare la bandiera
americana a Iwo Jima. Desideroso di saperne di più su ciò che si
nasconde dietro quel celebre scatto, l’uomo decide di cercare gli
altri componenti di quella spedizione per ricostruire la storia che
sta dietro a quell’immagine. Ha così inizio un vero e proprio tuffo
nel passato, che porterà James a scoprire verità poco o per nulla
note rispetto a quelle da tutti credute. La foto, infatti, è
diventata simbolo della vittoria finale pur essendo stata scattata
all’inizio della sanguinosa battaglia.
Nel tentativo di scoprire il perché
dietro tale risvolto, James cercherà di identificare gli altri
uomini oltre a suo padre che avevano partecipato a quel momento.
Mentre alcuni di loro sono ormai morti, i pochi superstiti
diventeranno dunque testimoni di una vicenda diversa, che esplora
non solo la difficoltà inaudita e le violenze perpetratesi durante
quella specifica battaglia, ma anche le tante azioni
propagandistiche effettuate dal governo degli Stati Uniti per scopi
ben precisi. Più andrà in fondo a questa vicenda, più James
comprenderà di come molto di quella battaglia sia stato
distorto.
Flags of Our Fathers: il
cast del film
Ad interpretare il personaggio di
John “Doc” Bradley, vero e proprio protagonista del film, vi è
l’attore Ryan Phillippe. Per prepararsi al ruolo,
egli ebbe modo di incontrare il figlio del suo personaggio, ovvero
lo scrittore James Bradley. Questi gli parlò di suo padre, aiutando
l’attore a calarsi nel ruolo per risultare il più realistico
possibile. Ad interpretare James Bradley nel film vi è invece
l’attore Thomas McCarthy. Vi sono poi gli attori
Jesse Bradford, Adam Beach e
Jamie Bell nei
panni dei soldati Rene Gagnon, Ira Hayes e Ralph Ignawski. L’attore
John slattery, celebre per la serie Mad
Men, interpreta invece Bud Gerber.
L’attore Paul Walker,
noto per il personaggio di Brian O’Conner nella saga di Fast &
Furious, interpreta il sergente Hank Hansen, uno di coloro che
issarono la prima bandiera americana. Completano poi il cast gli
attori Benjamin Walker nei panni di Harlon Block e
Ned Eisenberg in quelli del fotografo Joe
Rosenthal. Barry Pepper ricopre il ruolo del
sergente Michael Strank. Il film segna inoltre il debutto
cinematografico di Scott Eastwood,
figlio di Clint, qui nel ruolo del soldato Roberto Lundsford. Come
noto, il regista non richiese la partecipazione degli attori a dei
corsi di addestramento. Egli preferì farli parlare con attori che
avevano già avuto precedenti esperienze su set di film di
guerra.
Flags of Our Fathers: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Flags of Our Fathers grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Now
e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 4 marzo alle ore 21:10
sul canale Rai Movie.
La sequenza presa in questione è
tratta dal film Flags of Our Father, e l’analisi proposta si
sviluppa tramite un lavoro comparativo tra la sequenza del
film e alcune sequenze tratte dal videogame di guerra Call
of Duty; scopo di tale lavoro è quello di individuare
assonanze tra le immagini di uno e dell’altro prodotto preso in
questione avvalorando la tesi di una reciproca influenze tra i due
mezzi analizzati mediata dallo sviluppo della computer grafica, e
il conseguente cambiamento dell’estetica, del film e del videogame,
proprio in virtù dell’influenza sopracitata.
La lunga sequenza dello sbarco
Prendiamo in esame la lunga
sequenza dello sbarco delle truppe americane sull’isola giapponese
di Iwo Jima, teatro di violenti scenari di
guerra, spesso accostata da molta critica alla sequenza dello
sbarco in Normandia girata da Spielberg (che
figura come produttore del film di Eastwood ) per Salvate il soldato Ryan. Tale affermazione
risulta approssimativa nel momento in cui non tiene conto della
spettacolarizzazione operata da Eastwood, il quale, diversamente dall’autore
di Lo squalo, ricostruisce interi scenari in computer grafica,
svincolando spesso la mdp dal suo referente indicale e puntando
invece su una ricostruzione di intere scene in post-produzione; in
tal senso, l’operazione compiuta accosta il film alle modalità di
creazione operata dai videogame; ovviamente non ci sarebbe
nulla di particolare se tale intervento si limitasse ad una mera
ricostruzione ex-novo operata dalla computer grafica: in realtà il
film di Eastwood merita un approfondimento nel momento
in cui egli sembra ricalcare alcune modalità di riprese
tipiche dei giochi di guerra FPS (first person shooter).
Ad avvalorare ciò, l’uso frequente
di soggettive, o semi-soggettive dei militari intenti a far fuoco,
o le numerose scene -caratteristiche proprio di questo genere di
gioco- in cui il regista posiziona l’arma in diagonale nella parte
bassa dell’inquadratura. Un espediente quest’ultimo tipico dei
giochi FSP, ove lo scopo è ovviamente quello di creare
un’interazione visiva tra lo schermo e il giocatore. Partendo da
tali presupposti, è facile intuire il perché Clint Eastwood abbia usufruito di tali
artifici compositivi: l’intento del regista è, in una prima
analisi, quello di rendere lo spettatore partecipe alla guerra,
liberandolo dalla sua condizione di spettatore passivo e
immettendolo direttamente nello scenario di guerra, in una
posizione che lo interpella e lo chiama in causa rendendolo attivo
al limite delle possibilità offerta dallo schermo. Il passo
successivo di un’operazione del genere è senz’altro il cinema 3d e
le nuove forme ludiche di tipo interattivo(quelle offerte dal
videogame appunto).
A livello puramente formale quindi, il
lavoro del regista si configura come una ripresa dei codici del
linguaggio dei FPS game, rivolgendosi allo spettatore -nei momenti
che rappresentano la guerra- instaurando un rapporto di
interazione: tal interazione è spronata esclusivamente
dall’impianto visivo ed esclude il coinvolgimento fisico, il quale
è invece una prerogativa del videogame (gamepad). Per esemplificare
tutto ciò basti mettere a confronto le immagini qui riportate
per capire quanto le modalità di ripresa del film di Eastwood siano debitrici al videogame FPS: le
riprese in first person del videogame si configurano nel film come
delle soggettive, le quali però, non appartenendo a nessuno(non
vediamo quasi mai chi regge l’arma), elevano il ruolo dello
spettatore a protagonista in prima persona (figure 2A e 2B); si
tratta di “soggettive intercambiabili che rendono lo spazio una
risultante dell’incrocio fra i diversi punti di vista dei
personaggi in gioco” e trovano le proprie origini nel
videogame; anche i numerosi sguardi in macchina (figure 4A e 4B) da
parte di terzi, che nel videogioco si rivolgono al character
guidato dal player, nel film si rivolgono direttamente allo
spettatore; laddove quindi, le modalità di ripresa del videogame
vanno ad interpellare il giocatore, il film mettendo in scena i
medesimi schemi compositivi attiva direttamente lo
spettatore/giocatore rendendolo player del film e della guerra
inscenata. Come precedentemente affermato, il rapporto di
influenza tra cinema e videogame non è unilaterale; laddove
il cinema va alla ricerca di espedienti visivi coinvolgenti propri
dei videogiochi, è anche vero che sempre più spesso i videogame
vanno verso una teatralizzazione propria del film, soffermandosi
sempre di più sulla storia e costruendo sequenze sempre più
realistiche che, svincolate dal gioco, si configurano come delle
vere e proprie sequenze filmiche.
Di conseguenza il videogame esplora
nuove possibilità, caratterizzando maggiormente i personaggi e gli
scenari, proprio forte della fascinazione subita dal cinema. In tal
senso basti confrontare un trailer di un film con i nuovi trailer
dei videogame per capire quanto queste due arti visuali guardino
l’una all’altra. Detto ciò, possiamo dedurre che, se il videogame
tende verso il cinema cercando in esso la possibilità di rendere il
gioco più realistico, il cinema da parte sua sembra che aspiri alle
possibilità ludiche offerte dal videogame, come se volesse
–paradossalmente- svincolarsi dagli intenti realistici per favorire
una forma che miri invece ad un rapporto più interattivo con lo
spettatore(vedi in tal senso il grande successo dei nuovi film in
3d).
Rapporto dialettico il film di
Eastwood instauri con il videogame
Proprio partendo da tale
considerazione cerchiamo di capire che tipo di rapporto dialettico
il film di Eastwood instauri con il videogame. A
prescindere dagli elementi prettamente formali, la scelta di
Eastwood di far riferimento all’estetica del
videogame va inquadrata all’interno del contesto e del tessuto
narrativo del film stesso: il film infatti non è altro che il
racconto di un falso storico, e va a distruggere uno dei simboli
americani (la fotografia dei Marines che piantano la bandiera sulla
collina di Iwo Jima). In tal caso, potremmo azzardare dicendo che
la guerra rappresentata da Clint Eastwood non poteva essere del tutto
realistica (come lo era invece la sequenza d’apertura di Salvate il soldato Ryan), in quanto lo stesso
film si snoda attorno all’immagine falsa della fotografia. Un film
dunque che si presenta come un gioco sull’immagine (quello della
fotografia che in realtà un falso), e come l’immagine di un
gioco(la rappresentazione dei soldati americani che piantano la
seconda bandiera). Ovvero: Clint Eastwood si diverte a smontare la
fotografia e con essa il mezzo fotografico e le sue capacità
documentaristiche e mette in scena la “recita” dei militari che
inscenano la seconda volta la conquista di Iwo Jima piantando una seconda bandiera.
Di conseguenza a tale
considerazione viene messa in gioco la dicotomia finzione-realtà,
sia in rapporto alle immagini sia a livello. La trama stessa si
impernia sul rapporto tra finzione e realtà, e tale rapporto
ovviamente trova riscontro nella nostra sequenza, dal momento in
cui questa, forte della computer grafica che impera in maniera
evidente, invece di adottare un approccio documentaristico(vedi
Redacted), fa affidamento appunto all’iperrealismo
ricreato dal computer, con un virtuosismo tale che va a discostarsi
dalla realtà stessa, stravolgendola e rendendo invece la sequenza
più vicina ad uno dei tanti momenti che si vivono giocando a Call
of Duty e giochi affini. È come se il regista, partendo da una
considerazione che va ad abbattere e contestare la veridicità del
mezzo (sempre riferimento alla fotografia), avesse scelto anche
formalmente un tipo di immagine che, scevra dal suo indice di
riferimento, manifestasse la perdita del luogo reale e palesasse la
sua inadeguatezza ad elevarsi a mezzo testimoniale.
Wicked
è diventato rapidamente uno dei titoli più attesi della stagione
natalizia e un nuovo spot del film introduce uno dei personaggi più
importanti della storia del musical. Fiyero Tigelaar (Jonathan
Bailey) è un giovane carismatico che fa innamorare
facilmente chiunque lo incontri. Ma il suo fascino irresistibile e
le sue misteriose intenzioni potrebbero ostacolare due migliori
amici? Questa è una delle domande a cui cercherà di rispondere il
musical creato da Stephen Schwartz e
Winnie Holzman .
Lo spot si apre con Galinda
(Ariana Grande) che viene a sapere
dell’arrivo del Principe alla Shiz University. La giovane strega è
entusiasta di incontrare il carismatico scapolo, ma questo non
significa che tutti nel campus saranno entusiasti di incrociare il
giovane uomo sicuro di sé. Elphaba (Cynthia
Erivo) lo ritiene superficiale e distraente. Wickedapprofondirà
la relazione tra le due ragazze e il modo in cui essa finirà per
definire il futuro di Oz.
Wicked
è stato diretto da Jon M. Chu. Il regista
ha dato prova di grande abilità nel dirigere musical con
In The Heights, la storia
ispiratrice di un giovane che cerca di trasformare i suoi sogni in
realtà nel cuore di New York. In The Heights non ha avuto
successo nelle sale a causa della pandemia. Ma l’adattamento è
stato sufficiente per dimostrare alla Universal che il regista era
più che capace di affrontare Wicked. Oltre a dare vita a
musical teatrali sullo schermo, Chu ha lavorato anche a titoli come
Crazy Rich Asians e Now You See Mee 2.
Wicked sarà incentrato sull’amicizia tra Elphaba e
Galinda. Ma l’adattamento ha messo insieme un cast di supporto
impressionante. Jeff Goldblum si calerà nei panni del
Mago di Oz, uno dei personaggi più enigmatici di tutta la terra.
Allo stesso tempo, Michelle Yeoh sarà la protagonista
dell’adattamento nel ruolo di Madame Morrible. La direttrice della
Schiz University avrà molto da dire quando le cose andranno fuori
controllo nel suo istituto. Il palcoscenico è stato preparato
perché uno dei musical di maggior successo nella storia di Broadway
sfidi la gravità sul grande schermo, mentre la Universal Pictures
tenta di fare un’affermazione al botteghino durante un’affollata
stagione festiva.
Adattamento
dell’omonimo videogioco del 2014, Five Nights At
Feddy’s (qui la recensione), forte del
fascino della sua controparte giocata, sta avendo un grande
successo al botteghino. Seppur non sempre l’operazione di
trasposizione vada a favore del
film o sia valutata positivamente, il prodotto di Emma Tammi – pur avendo alcuni
buchi di trama e momenti difficili da comprendere – risulta
essere abbastanza fedele al suo materiale di partenza.
Ovviamente, nel caso di una pellicola, e in particolare per
il fatto che FNAF non ha una storia corposa sotto, la regista ha
avuto sufficiente margine di manovra per sviluppare e arricchire il
racconto, integrandolo con inserti originali. Molte altre cose,
però, non possiamo non ammettere che invece siano simili al
videogame. Ma vediamo quali.
Lasciare il
pubblico libero di immaginare
Fra le particolarità
che hanno decretato il successo del videogioco Five
Nights at Feddy’s vi è il suo lasciare gran parte
delle cose all’immaginazione. Seppur il game abbia una storia,
bisogna scovarla in piccoli dettagli e questo ha stimolato i fan,
nel corso degli anni, a cercare di ricostruire la verità che si
cela dietro il racconto. Nonostante il film abbia una trama più
corposa e lineare, ha voluto comunque seguire questa scia. Il
fatto, quindi, che gli spettatori non assistano a numerosi spaventi
è funzionale, in quanto anche il gioco – pur contenendoli – non ha
mai mostrato la violenza sullo schermo, ma ha indotto i player a
pensare cosa possa accadere fuori campo. Questo perché
FNAF è consapevole di non poter essere peggiore
dell’immaginazione del giocatore, quindi fa sì che molti orrori non
siano visibili. Ed è ciò che accade nella pellicola di Emma
Tammi.
Il Freddy Fazbear
Pizza è pieno di Ester Eggs
Una delle carte
vincenti del film, come abbiamo anche sottolineato nella nostra recensione, è
l’accurata scenografia del Freddy Fazbear Pizza. Essendo la chiave
di tutto, la realizzazione del ristorante e degli animatronics –
nel videogioco – doveva essere impeccabile. Five Nights
at Feddy’s è stato in grado di riprodurre fedelmente
sia il locale che l’atmosfera inquietante, e dentro di esso ci sono
davvero molti ester eggs tutti da scoprire. Se il pubblico mettesse
in pausa ogni scena della pellicola, troverebbe molti indizi che lo
aiutano a scorpire la storia, dagli animatronics stessi, fino al
contatore dei premi e il poster “Celebrate”. Come dicevamo prima, è
proprio questa la soluzione che hanno adottato nel gioco per poter,
alla fine, permettere ai gamer di ricostruire tutta la trama al suo
interno.
In Five Nights At Freddy’s
le guardie di sicurezza vengono uccise dagli animatronics
Five
Nights at Feddy’s inizia con una guardia di sicurezza
che viene inseguita dagli animatronics. Ad un certo punto,
impossibilitato a fuggire, questi viene ucciso dai pupazzi in modo
molto violento. Come? Dopo averlo legato a una sedia, mettono sul
suo viso una maschera di Freddy piena di ingranaggi che girano. Pur
essendo la scena in fuori campo, il pubblico è consapevole del modo
brutale in cui lo hanno assassinato. Verso la metà del film a Mike
accade la stessa cosa, anche se lui riesce (ovviamente) a
divincolarsi e scappare. Five Nights at
Feddy’s perciò pure qui replica con fedeltà la sua
controparte giocata: nel videogame quando i giocatori ricevono un
game over, Mike (che sarebbe il personaggio protagonista con cui
giocano nel primo FNAF) viene infilato in un vestito vuoto di
Freddy, morto. Questo perché gli animatronics vogliono, attraverso
le guardie, creare altri come loro. Nella pellicola, dopo averci
provato con Mike, decidono di passare alla sorella, Abby.
La tecnologia
difettosa della pizzeria
Una delle cose su
cui FNAF pone maggior enfasi e attenzione è l’energia. I
giocatori devono infatti tenere sotto controllo il loro livello di
energia. Se la esauriscono, perdonono la capacità di chiudere le
porte e controllare le telecamere, diventando un bersaglio facile
per gli animatronics. Questa caratteristica viene adattata nel film
attraverso il degrado e la fatiscenza della pizzeria. Come vediamo
sin da subito, Mike è spesso costretto a riavviare la corrente per
ripristinare il sistema, dato che non funziona correttamente. Ma
anche le telecamere di sicurezza, esattamente come accade nel
videogioco, poiché pure queste non vanno molto bene. Inoltre, il
sistema di amplificazione si accende all’improvviso per riprodurre
musica o voci incomprensibili, e il tutto rende – proprio come nel
game – l’atmosfera sinistra e macabra.
La fedeltà degli animatronics di
Five Nights At Freddy’s
In FNAF gli
animatronics sono visti, in principal modo, come nemici da evitare.
Il giocatore non deve farsi prendere da loro se vuole vivere. Nella
controparte filmica Emma Tammi – come era giusto che fosse –
conferisce ai pupazzi molta più personalità. Ogni animatronic
dovrebbe essere un personaggio a sé stante, ognuno con le proprie
caratteristiche, e questo viene trasposto in maniera fedele nella
pellicola. Come nel videogioco, ad esempio, Bonnie e Chica sono le
più attive. La prima, inoltre, sembra essere la più amichevole,
mentre Chica guarda sempre di traverso. Foxy invece è quello fra
loro più malconcio, mentre Freddy è il più mansueto. C’è però anche
da dare un merito alla loro realizzazione, soprattutto per quanto
riguarda la loro espressività. Nel film i loro occhi sono molto più
accesi e vispi, sia quando sono tranquilli, sia quando invece sono
arrabbiati o pronti a uccidere. Questo innesca nello spettatore una
maggiore angoscia, rendendoli davvero avvincenti e disturbanti al
punto giusto.
La teoria degli
animatronics posseduti di Five Nights At Freddy’s
Un’altra nota di
merito va poi alla sub-trama mystery, che riguarda i
bambini scomparsi nel Freddy Fazbear Pizza. Quando il primo
FNAF debuttò, iniziarono a prendere forma diverse teorie
che riguardavano il comportamento degli animatronics. La più
concreta era quella per l’appunto dei bambini spariti negli anni
Ottanta, i quali, una volta uccisi, erano stati infilati dentro le
tute dei pupazzi, fino a quando i loro spiriti non li avevano
posseduti. La teoria, alla fine, venne confermata, ed è stata
inserita anche nel film. Il mistero – che si svela gradualmente
anche attraverso i sogni dello stesso Mike – permea in tutto il
lungometraggio fino all’epilogo, ed è una delle strutture
principali che ne regge l’intera storia.
Foxy e il cupcake antropomorfo
Gli animatronics più
violenti di Five Nights at Feddy’s sono
Foxy e il cupcake antropomorfo di Chica. Infatti, i principali
attacchi provengono proprio da loro due, e questo è in linea con
gli schemi d’attaco di FNAF. In realtà, però, nel
videogioco il cupcake non uccide direttamente come invece si
intuisce nel film, ma in entrambe le versioni è rappresentato come
sinistro. Foxy, invece, è il pupazzo più veloce, tanto che può
portare al game over davvero con poco preavviso.
Lo Springtrap è William Afton
Nel finale di
Five Nights at Feddy’s scopriamo chi è il
responsabile (nonché omicida) della scomparsa dei bambini. Il suo
nome è William Afton, nonché padre proprio dell’agente di polizia
Vanessa (la quale era a conoscenza delle colpe del padre da tempo).
Nel videogioco, Afton è rappresentato in modi diversi, fra cui i
principali sono il Purple Guy, figura umana di colore viola con un
distintivo di sicurezza, e il coniglio giallo conosciuto come
Springtrap. Il nome deriva dal fatto che, canonicamente, le
chiusure a molla del suo costume da coniglio lo schiacciano a
morte, intrappolandolo dunque nell’animatronic.
Nel film la sua
morte cerca di essere simile a quella del videogioco. Quando
infatti William e Mike si affrontano, dopo che questi ha anche
ferito la figlia, l’uomo indossa la tuta da coniglio. Alla fine,
poi, grazie ad Abby che disegna la verità su quanto accaduto su un
foglio, i pupazzi comprendono di essere stati ingannati e si
rivoltano contro di lui, facendo scattare le molle della sua tuta,
le quali gli schiacciano la cassa toracica. Il pubblico intuisce
che Afton, intrappolato, sta morendo lentamente e in agonia, anche
se la conferma non gli viene visivamente data.
Afton e il controllo sugli
animatronics di Five Nights At Freddy’s
Come dicevamo in
precedenza, in Five Nights at Feddy’s,
William Afton è colui a causa del quale i bambini muoiono e vengono
immessi dentro le tute degli animatronics. Nonostante ciò, i
pupazzi, si scopre in seguito, sono comunque controllati da lui,
seppur – realisticamente – non dovrebbe essere così. Questa è una
cosa a cui molti player vengono portati a credere anche nel
videogioco, grazie alla trama nascosta. Come siano controllati e
perché non è però dato saperlo, in quanto il motivo del controllo è
qualcosa che non viene da nessuna parte spiegato, e nella
trasposizione filmica risulta essere persino un buco di trama.
Potremmo supporre che la ragione risieda nel fatto che hanno paura
di lui, o ancora che Afton sia riuscito a manipolare la loro
memoria a tal punto da far dimenticare loro di averli uccisi.
Oppure che i bambini, inspiegabilmente, si sentono i suoi
assistenti, quasi come fosse un gioco.
Quando l’adattamento del videogioco
horrorFive Nights at Freddy’s è
stato annunciato tempo fa, la notizia è riuscita subito a
incuriosire molti fan del videogame, i quali hanno aspettato in
trepidante attesa l’uscita nelle sale cinematografiche avvenuta lo
scorso 2 novembre. Basti pensare che al suo debutto nel 2014,
FNAF veniva considerato uno dei videogiochi più spaventosi
a cui si fosse mai giocato. Il film,
proprio come la sua controparte giocata, si svolge interamente nel
famoso e decadente Freddy Fazbear Pizza. Ed è proprio qui che sono
nascosti numerosi Easter Eggs da gustarsi a pieno,
che coglieranno in particolare i cultori della serie multimediale.
Ma scopriamo quali sono.
La reference a
Ghostface
Una reference
sottile, che con molta probabilità coglieranno di più i cultori
della saga di Scream, proviene dalla scena in cui c’è la resa dei
conti finale fra Mike, William Afton e la figlia
Vanessa. Sappiamo bene che Matthew Lillard,
colui che interpreta William Afton in Five Nights at
Freddy’s, è famoso in particolare per il suo ruolo di Shaggy
Rogers nei live-action di Scooby-Doo. Ma non solo: sì
perché l’attore ha dato corpo anche a Stu Macher di
Scream, uno dei killer originali di Ghostface. Dopo aver
pugnalato una vittima, questi afferra il coltello con una mano
guantata e ne toglie il sangue. Matthew Lillard ha deciso di
replicarlo proprio durante la scena sopra menzionata: mentre
indossa la tuta gialla da coniglio di Springtrap, Afton pulisce il
suo coltello come richiamo a uno dei suoi primi personaggi
horror.
Il look realistico del Freddy
Fazbear Pizza
Il Freddy Fazbear
Pizza è la chiave principale di Five Nights at
Freddy’s. Il ristorante è infatti il luogo dove si
svolge tutta l’azione, sia nel videogioco che nel film. Perciò era
estremamente importante che in entrambi i medium avesse un aspetto
impeccabile e gli fosse riservata una cura maniacale nella sua
realizzazione. Per chi è cultore del videogame, sa già cosa
aspettarsi quando entra nella pizzeria: saprà che sul palco
frontale ci sono Bonnie, Freddy e Chica, mentre Foxy ne ha uno
piccolo a lato nel quale si esibisce da solo, nascosto ancor prima
dietro una tenda viola coperta di stelle.
La
pellicola di Emma Tammi fa davvero un
buon lavoro a livello scenografico e dispone gli animatronics
esattamente come li vediamo in FNAF. Inoltre, l’atmosfera
anni Ottanta è molto realistica: troviamo la moquette colorata, le
decorazioni da festa, addirittura un banco premi colmo di peluche.
La cucina e il magazzino sono stati ricreati con grande
meticolosità e in maniera accurata. Da qualsiasi parte ci si giri,
i fan di FNAF sapranno di essere al Freddy Fazbear’s Pizza perché
niente è stato trascurato.
I disegni dei bambini appesi al
muro
In una delle scene
finali di Five Nights at Freddy’s, quando
Abby disegna la verità su William Afton, viene inquadrata la parete
del Freddy Fazbear Pizza, sulla quale sono affissi numerosi
disegni. Sono quelli dei bambini, che il giocatore conosce molto
bene poiché presenti in FNAF. Alcuni di questi
rappresentavano – nel gioco – simpatiche ricostruzioni dei piccoli
che giocano con gli animatronics, altri invece celavano degli
indizi legati alla storia, oltre ad essere inquietanti.
Anche nel film il
muro con i disegni è un punto centrale ai fini della trama e del
mistero che la caratterizza. Questo perché per i bambini i disegni
possono essere una modalità di espressione molto più facile, sicura
e completa rispetto alla parola. In fondo le immagini hanno il
potere di dire molto di più rispetto al linguaggio verbale. Lo
vediamo anche con la sorella di Mike, Abby, la quale disegna per
comunicare cose di cui non può parlare. Proprio come fanno i bimbi
protagonisti dei disegni al Freddy Fazbear Pizza. Senza quella
parete, ciò che aveva compiuto William Afton non si sarebbe
scoperto.
Il Golden Freddy
Uno degli
animatronics più sinistri e con un ruolo in primo piano in
FNAF è il Golden Freddy. Il pupazzo, nel videogioco, è
sempre stato avvolto dal mistero poiché le sue origini risultano
sconosciute. Esteticamente, il Golden Freddy assomiglia a Freddy ma
non ha gli occhi. Nel primo FNAF, poi, ha un cappello a
cilindro e un papillon nero. Questo animatronic compare e scompare
in fretta nel gioco, e la sua presenza all’interno è sempre stata
vista come un breve flash. Anche in Five Nights at
Freddy’s accade la medesima cosa: quando infatti gli
animatronics cercano di attirare Abby al ristorante, è Golden
Freddy a presentarsi a casa sua per riportarla nel locale. Una
volta raggiunto il Freddy Fazbear Pizza dopo un breve tragitto in
taxi (il tassista comparirà nella scena post-credits del film con
il divertente jumpscare), Abby si dirige verso l’ingresso ma quando
si volta verso Golden Freddy, lui non c’è più, come se non fosse
mai stato lì.
“It’s Me”
Rimanendo
sull’animatronic Golden Freddy, c’è qualcosa che appare spesso
nella serie di FNAF che viene collegata alla sua
apparizione. Si tratta di “It’s Me”, il cui significato è
ancora oggi molto discusso. C’è una teoria secondo la quale Golden
Freddy conosca la guardia di sicurezza che lavora al Freddy Fazbear
Pizza, e che dunque stia cercando di trasmettergli il messaggio
“It’s Me” per fargli capire che loro due si conoscono.
Proiettandola all’interno del film, questa potrebbe trovare una
concretezza, seppur non si abbia la conferma. Sappiamo che il
fratellino di Mike, Garret, è stato rapito proprio quando era
piccolo davanti ai suoi occhi, tanto che il ragazzo ne fa dei sogni
ricorrenti. Quando perciò compare “It’s Me” all’interno
del racconto, potrebbe essere collegato a Garret. Anzi, Golden
Freddy potrebbe proprio essere lui.
Balloon Boy
In FNAF
oltre a Chica, Foxy, Bonnie e Freddy, il player fa la conoscenza
anche di Balloon Boy, un animatronic che compare per la prima volta
in Five Nights at Freddy’s2. Lui annuncia il suo arrivo salutando ogni
volta che cerca di entrare nell’ufficio della sicurezza: se il
giocatore non riesce a tenerlo fuori, Balloon Boy non lo uccide, ma
rende inutilizzabile la sua torcia, elemento essenziale per poter
spaventare gli animatronics, in particolare Foxy, al quale la luce
dà fastidio. Balloon Boy appare anche nel film, ma per poco tempo,
e non è un animatronic a grandezza naturale, bensì una piccola
statuetta. È protagonista di simpatici jumpscare come ad esempio
quello dell’armadietto, quando Mike lo apre e si spaventa. Oppure
nella
scena post-credits, quando si siede sul sedile del passeggero
del taxi.
Il manifesto “Celebrate!”
In FNAF c’è
un’immagine fra le più riconoscibili del gioco: è il poster con
Bonnie, Freddy e Chica e sul quale è scritto “Celebrate!”.
La stampa si trova nell’area control, l’ufficio di sicurezza dove
il player controlla tutti i movimenti della pizzeria e degli
animatronics. Se poi si clicca sul naso di Freddy, questo inizia a
suonare. Lo stesso poster lo ritroviamo nel film di
Five Nights at Freddy’s, e oltre a essere
identico, è anche collocato nello stesso posto. In questo caso,
però, dopo un po’ Mike decide di toglierlo per sostituirlo con il
proprio poster che lo aiuta a sognare il rapimento del
fratello.
Camei degli Youtubers
All’inizio, quando
debuttò FNAF, il gioco ingranò la marcia grazie
soprattutto agli Youtubers famosi che si riprendevano mentre ci
giocavano. Non si può perciò fare a meno di riconoscere il fatto
che abbiano contribuito molto al successo iniziale di
Five Nights at Freddy’s: quando uscì,
furono quelli che arrivarono ad affermare che era il videogame più
spaventoso a cui avessero mai giocato. In Italia, ad esempio, parte
della fama di FNAF va attribuita allo Youtuber torinese
Favij, il quale ha fra l’altro presentato il film
in anteprima al Lucca Comics & Games 2023.
Negli Stati Uniti,
invece, quello più noto che ha giocato a FNAF è
Markiplier, arrivando persino a definirsi il re di Five
Nights at Freddy’s. Markiplier non ha però potuto
partecipare alla pellicola a causa di conflitti di programmazione,
ma altri sì. Come ad esempio CoryxKenshin, il
quale interpreta il tassista che porta Abby e Golden Freddy al
Freddy Fazbear Pizza. O ancora MatPat, Youtuber
che ha sviscerato la contorta storia del gioco, e che appare come
cameriere del ristorante in cui va la zia di Mike.
Le scarse apparizioni di Freddy
Fazbear
Pur essendo Freddy
l’animatronic principale di Five Nights at
Freddy’s, nel film di Emma Tammi il
pubblico lo vede meno rispetto agli altri suoi compagni. Per i
giocatori di FNAF questo però è più che normale. Nel gioco
originale, infatti, Freddy non esce di scena fino alla terza notte,
e anche quando lo fa i players possono vederlo solo nelle
telecamere di sicurezza, individuandolo attraverso il riflesso dei
suoi occhi, unica cosa che effettivamente si nota. Anche il film si
concentra maggiormente sugli animatronics più attivi quali Bonnie,
Chica e Foxy, quest’ultimo anche il più veloce.
I meccanismi di blocco a molla
Una delle
caratteristiche maggiori degli animatronics sono poi i meccanismi
di chiusura a molla, incorporati dentro i pupazzi, e che sono anche
parte integrante dell’universo FNAF. Questi dispositivi
sono stati progettati per consentire a un essere umano di entrare
in sicurezza nella tuta, ma non funzionano correttamente. Se
infatti i blocchi a molla scattano, possono schiacciare la persona
al suo interno, tanto che come vediamo nel film con William Afton
nella tuta di Springtrap, ne decretano la morte.
Universal Pictures Italia ha
diffuso il trailer dell’annunciato Five Nights
At Freddy’s, il nuovo horror prodotto dalla Blumhouse e con
protagonista Josh Hutcherson
Riuscirete a sopravvivere per
cinque notti? Il terrificante fenomeno dei videogiochi horror
diventa un evento cinematografico da brivido: Blumhouse – la casa
produttrice di M3GAN, The Black Phone
e The
Invisible Man – porta Five Nights at Freddy’s sul grande
schermo. Il film segue una guardia giurata tormentata che inizia a
lavorare al Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima
notte di lavoro, si rende conto che il turno di notte da Freddy’s
non sarà così facile da superare.
Il film è interpretato da Josh Hutcherson (Ultraman, The Hunger Games
franchise), Elizabeth Lail (You, Mack & Rita),
Piper Rubio (Holly & Ivy, Unstable), Kat
Conner Sterling (Un fantasma in casa, 9-1-1), con
Mary Stuart Masterson (Blindspot, Pomodori Verdi
Fritti) e Matthew Lillard (Good Girls, Scream).
Five Nights at Freddy’s è diretto da Emma Tammi
(The Wind, Blood Moon) ed è scritto da Scott Cawthon, Emma Tammi e
Seth Cuddeback. Gli iconici personaggi animatronici del film
saranno creati dal Creature Shop di Jim Henson. Five Nights at
Freddy’s è prodotto da Jason Blum e Scott Cawthon. I produttori
esecutivi del film sono Bea Sequeira, Russell Binder e Christopher
H. Warner. Universal Pictures presenta una produzione Blumhouse, in
associazione con Striker Entertainment.
È da poco nelle sale
Five Nights At Freddy’s (qui
la recensione) nuovo film
firmato da Emma Tammi che adatta
per lo schermo l’omonimo videogioco amato dai giovanissimi, creato
nel 2014 da Scott Cawthon. Al centro della storia
Mike Schmidt, guardiano del Freddy Fazbear Pizza, che cerca di
sopravvivere a degli animatronic killer. Anche in questo caso, come
oramai in tanti film che possono dare il via a un intero franchise,
Five Nights At Freddy’s contiene una
scena post-credits. Ma significa davvero
qualcosa?
Intanto diciamo subito che essa è
molto breve rispetto a quelle che siamo abituati a vedere in altri
prodotti commerciali. Oramai inserire una “scena a sorpresa” poco
dopo i titoli di coda è quasi una prassi, un’abitudine; una scelta
a cui molti ricorrono anche se magari, come vedremo nel caso di
questa pellicola, non riconduce a nessun sequel. Se qualcuno, a
questo punto, si starà chiedendo se vale la pena oppure no
aspettarla, la risposta è comunque sì. In primis, perché fa sempre
parte dell’opera, e poi perché altrimenti si rischierebbe di
perdere qualcosa di molto divertente.
La spiegazione della scena
post-credits
Ciò che viene mostrato nella scena
post-credits di Five Nights at Freddy’s è
– più che spaventoso – molto divertente. Il contenuto presente si
ricollega in realtà a una battuta ricorrente nel film, ma non si
lega a qualcosa di essenziale al suo interno e non è importante ai
fini della storia. La prima notte in cui Mike arriva al Freddy
Fazbear Pizza si reca nell’ala control del locale dove ci sono
tutti i computer con le telecamere. Ad un certo punto va verso un
armadietto e nell’aprirlo si spaventa quando davanti a sé trova un
piccolo clown giocattolo molto inquietante.
La sequenza/jumpscare è davvero
comica, e viene sfruttata proprio nella scena a metà dei titoli di
coda: ritroviamo in questo caso il tassista che nel racconto aveva
riportato Abby e Freddy Fazbear alla pizzeria, dopo che
quest’ultimo si era intrufolato nella casa della bambina per
prenderla e portala via con sé. L’uomo è parcheggiato fuori e sta
provando a dormire, quando all’improvviso inizia a sentire bussare
sull’auto. In un primo momento ignora i rumori, intimando
all’ipotetica persona di andare via, ma poi la porta del passeggero
si apre e si chiude e quando l’uomo schiude gli occhi, si ritrova
il clown giocattolo seduto sul sedile, il quale provoca uno
jumpscare molto esilarante e piacevole.
E l’audio finale?
Se perciò la scena post-credits è
solo un inserto che fa sorridere, non si può dire lo stesso di ciò
che si sente alla fine dei titoli di coda, quando viene fatta
vedere la lista della colonna sonora di Five Nights at
Freddy’s, anche se è qualcosa di molto vago. Ad ogni
modo, in quell’esatto momento si può sentire un messaggio audio, in
cui qualcuno di cui non si capisce l’identità pronuncia dieci
lettere che compongono la frase “vieni a cercarmi”. Seppur non si
sappia a chi possa essere rivolto, possiamo supporre – o meglio
immaginare – che il destinatario sia Mike. In tutto il film, il
giovane fa lo stesso sogno ricorrente del fratello rapito.
Nonostante si sappia che è stato William Afton a ucciderlo molto
tempo addietro, il messaggio potrebbe essere comunque stato inviato
dal bambino a Mike per trovarlo ancora. Un’ipotesi valida, ma non
confermata. Che sia davvero così?
La scena post-credits fa da ponte a
un sequel?
Come dicevamo poc’anzi, la scena
post-credits di Five Nights at Freddy’s
non si allaccia a un secondo film e non prepara il terreno per un
sequel. Ma perché? Potrebbe essere che i produttori vogliano prima
vedere come il pubblico reagisce al film, i suoi incassi al box
office e il suo apprezzamento o meno. Magari, con tutti questi dati
alla mano, si potranno fare un’idea più precisa sul da farsi in
futuro e su come proseguire. La scelta però potrebbe anche
riguardare proprio la fedeltà al videogioco. Sappiamo che
Five Nights at Freddy’s è una serie
multimediale, e la seconda storia del videogame non solo è un
prequel segreto, ma segue anche personaggi diversi: infatti il
protagonista non è più Mike Schmidt ma Jeremy Fitzgerald. Che
questo abbia inciso sulla scelta di non creare un ponte fra i due
film? Anche perché, a ben pensarci, qualora il franchise seguisse
cronologicamente il videogioco, rimanendone in un certo senso
“devoto”, questi due sarebbero scollegati.
Prima di addentrarci nella
recensione di Five Nights at Freddy’s
bisogna fare una doverosa premessa che, nel visionare il risultato
di ciò che è il prodotto finale, gioca un ruolo molto importante.
Questo perché il film,
basato sull’omonima serie multimediale horror
creata da Scott Cawthon nel 2014, è stato pensato
– o potremmo dire ha subito una specifica operazione di montaggio e
tagli – per un pubblico eterogeneo, ma in particolare per essere
accessibile a uno spettatore abbastanza giovane che, nello spirito
commerciale, è quello che contribuisce a decretanrne il
successo.
Dovendo dunque calcolare come
sarebbe stato classificato Five Nights at
Freddy’s, e per evitare di incorrere a divieti
limitanti, la regista del film Emma Tammi, pur attingendo a piene
mani dal videogioco, ne ha dovuto ridurre di molto l’aspetto gore e
splatter tanto che, come vedremo, le sequenze disturbanti sono
davvero ridotte al minimo. Dopo aver cambiato numerosi registi, e
dopo essere stato rimandato più volte, con persino una revisione
del copione, Five Nights at Freddy’s –
prodotto da Blumhouse Productions – e scritto
dalla stessa regista insieme a Scott Cawthon e Seth Cuddeback, esce
nelle sale italiane dal 2 novembre, con
un’anteprima speciale il giorno di Halloween.
Five Nights at Freddy’s, la
trama
In Five Nights at Freddy’s il
protagonista che deve sopravvivere agli animatroni impazziti è il
giocatore, che è guardia nottura del Freddy Fazbear’s Pizza. È lui
stesso a essere in pericolo continuamente, e dover stare sempre
allerta per non essere ucciso dai “dolci e teneri” pupazzi giganti.
Nel film, il gamer diventa Mike (Josh
Hutcherson), un ragazzo che da anni ha degli incubi
riguardanti il fratello rapito. Mike ha anche una sorella, Abby
(Piper Rubio), con la quale non ha grandi rapporti
a causa del suo scarso interagire con gli altri, ma della quale si
deve prendere cura. I problemi del giovane però non sono
circoscritti all’ambinto familiare poiché il suo trauma passato e
la sua irascibilità li riversa anche sul lavoro, tanto da essere
più volte licenziato. L’ultima occasione che gli si presenta è
quella di diventare guardiano notturno del Freddy Fazbear’s Pizza.
Il suo compito è semplice: sorvegliare il locale abbandonato e fare
in modo che nessuno entri al suo interno. Le prime notti scorrono
tranquille, fino a quando una sera non si presenta ai cancelli
l’agente di polizia Vanessa, la quale rammenta a Mike di stare
molto attento che tutto fili liscio in quelle ore di sorveglianza.
Alla fine, però, sarà proprio grazie alla ragazza che scoprirà che
nel Freddy Fazbear’s Pizza si cela un macabro mistero che coinvolge
i pupazzi animatroni, e niente è come sembra… neanche i loro
sorrisi.
Dentro il Freddy Fazbear’s
Pizza
Fra le note di merito di
Five Nights at Freddy’s, di cui subito
dobbiamo far menzione, c’è il lavoro svolto sulla scenografia. Per
chi ama l’atmosfera vintage anni ’80 delle sale giochi con i
flipper, gli arcade, le piscine di palline e le luci al neon ad
incorniciarne gli angoli, ritroverà nel film una quanto più
maniacale ricostruzione di questi luoghi di divertimento magici. È
chiaro che il comparto tecnico-artistico abbia voluto impegnarsi al
massimo per poter restituire sia ai cultori del videogioco che ai
neofiti il giusto senso di inquietudine e mistero, affinché questi
potessero essere presenti e attenti fino all’epilogo, ma
soprattutto coinvolti a pieno nel racconto.
La stessa dedizione si riscontra
negli animatroni, veri protagonisti del film che, rispetto alla
loro controparte giocata, oltre a essere realmente costruiti a mano
– e dunque avendo una certa impattante fisicità – sono anche molto
più sinistri: in base alle loro momentanee intenzioni, infatti, le
loro espressioni cambiano, esattamente come i loro occhi, alquanto
espressivi. Questa, per chi si approccia alla storia per la prima
volta, è una caratteristica chiave nella risoluzione del mistero
che giace nel Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre per chi già ne conosce
il background, si potrà dilettare a capire come questo venga
elaborato nel film. Ed è forse nella doppia esperienza di
Five Nights at Freddy’s che risiede la
sua carta vincente: che lo spettatore conosca o meno l’universo,
Emma Tammi riesce a rendere il racconto godibile e fruibile per
tutti, aggiungendo per ogni spettatore un elemento che possa
avvicinarlo e interessando, evitando di fargli dare tutta la trama
per scontata.
Cosa invece non va?
Ma come in ogni passaggio da un
medium all’altro anche Five Nights at
Freddy’s ha i suoi difetti e le sue sfumature
negative. Negli ultimi tempi sono stati tanti i videogiochi ad
essere stati trasposti sul piccolo e grande schermo, basti pensare
per esempio a The Last
of Us, Mortal Kombat o Super
Mario Bros. Ognuno con la sua mitologia che, in bene o in
male, la contropoarte filmica o seriale ha dovuto sostenere.
Sappiamo bene che non è semplice soddisfare gusti e aspettative del
pubblico, soprattutto se questo è assiduo giocatore, e può capitare
che nel trasformarlo in materia cinematografica qualcosa si
dimentichi, oppure alcune soluzioni narrative non siano
propriamente comprensibili. Lo stesso accade con Five
Nights at Freddy’s: se da una parte possiamo
apprezzare l’approfondimento (psicologico e caratteriale) che viene
dato al personaggio di Mike – molto esaustivo – con annessi e
connessi problemi relazionali e familiari, dall’altra parte questa
stessa scelta ha provocato dei buchi interni verso la
conclusione.
Intanto la componente onirica che
gradualmente si fa spazio nella storia non è molto chiara e l’atto
conclusivo non aiuta a comprenderne l’importanza; il personaggio di
Vanessa poi, che compare come aiutante di Mike diventandone parte
fondamentale del film, ha una risoluzione poco definita nel finale;
anche come facciano gli animatroni a essere collegati a dei disegni
affissi sulle pareti rimane un punto interrogativo non
indifferente. Se non fosse che sono legati al senso stesso dei
pupazzi, queste omissioni – o potremmo anche dire non date
spiegazioni – potrebbero non essere un problema, ma nell’economia
generale del film erano un dato necessario su cui fare più
attenzione nella stesura dello script per non fargli avere delle
falle. Nonostante queste incrinature, Five Nights at
Freddy’s resta un prodotto che svolge la sua funzione
di intrattenimento. Qualcuno indubbiamente storcerà il naso ai
prevedibili e scolastici jumpscare dell’horror o alla mancanza di
una forte componente gore e splatter, ma ricordiamo che la
pellicola è stata pensata per abbracciare una vasta platea di
spettatori, quindi in quest’ottica tale decisione ha senso.
Possiamo concludere dicendo che Five Nights at
Freddy’s è un horror movie da guardare senza troppe
pretese, con inserti visivi e narrativi tutto sommato funzionali
per trascorrere un paio d’ore in sala fra divertimento e un pizzico
di sana e innocua paura.
Il produttore di
Five
Nights At Freddy’s,Jason
Blum,ha rivelato che il film in uscita
ha richiesto così tanto tempo per essere realizzato perché volevano
assicurarsi che fosse adatto ai fan del franchise.Parlando con ComicBook, Blum
ha parlato delle sfide legate all’adattamento del videogioco
Five
Nights At Freddy’s (uscito nel 2014) in un film e
di come volevano assicurarsi che fosse un adattamento di cui i fan
del franchise sarebbero rimasti soddisfatti.
“Uno dei motivi che sarà
interessante per voi ragazzi, per cui la realizzazione del film è
durato così tanto tempo è che Hollywood [è che] a volte, non
sempre, commette l’errore quando si adattano un libro super
popolare o un gioco super popolare di iniziare fin dall’inizio a
realizzare un film che non solo soddisfi i fan del libro o del
gioco, ma attiri un pubblico più vasto”, ha affermato
Blum. “C’è sempre quella pressione per attirare un
pubblico più vasto.”
Jason Blum: “Dovremmo fare un film che
funzioni per i fan”
Ha continuato: “Uno dei
motivi per cui ci è voluto così tanto tempo per realizzare questo
film è [perché è così] che abbiamo iniziato a [svilupparlo], e ciò
che è diventato chiaro durante il processo di sviluppo che l’unico
modo per farcela era creare il film per i fan di Five Nights at
Freddy’s e se è il titolo attierà qualcun altro, bene. Ciò
che Emma [Tammi] ha fatto così bene e ciò
che finalmente abbiamo capito è che dovremmo realizzare un film che
funzioni per i fan. Se arriva qualcun altro, è fantastico, ma
[cerchiamo] di non accontentare anche loro.
Five Nights At Freddy’s,
il film
Il terrificante fenomeno dei
videogiochi horror diventa un evento cinematografico da brivido:
Blumhouse – la casa produttrice di M3GAN, The Black
Phone eThe
Invisible Man – porta Five
Nights At Freddy’s sul grande schermo. Il film
segue una guardia giurata tormentata che inizia a lavorare al
Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima notte di
lavoro, si rende conto che il turno di notte da Freddy’s non sarà
così facile da superare.
Il film è interpretato da Josh Hutcherson (Ultraman, The Hunger Games
franchise), Elizabeth Lail (You, Mack & Rita),
Piper Rubio (Holly & Ivy, Unstable), Kat
Conner Sterling (Un fantasma in casa, 9-1-1), con
Mary Stuart Masterson (Blindspot, Pomodori Verdi
Fritti) e Matthew Lillard (Good Girls, Scream).
Five
Nights At Freddy’s è diretto da Emma Tammi (The
Wind, Blood Moon) ed è scritto da Scott Cawthon, Emma Tammi e Seth
Cuddeback. Gli iconici personaggi animatronici del film saranno
creati dal Creature Shop di Jim Henson. Five
Nights At Freddy’s è prodotto da Jason Blum e Scott Cawthon. I produttori
esecutivi del film sono Bea Sequeira, Russell Binder e Christopher
H. Warner. Universal Pictures presenta una produzione Blumhouse, in
associazione con Striker Entertainment.
Five
Nights at Freddy’s ha stabilito il record al
botteghino per la più grande giornata di apertura di un adattamento
di un videogioco live-action, incassando 39,5 milioni di dollari
nel primo giorno di uscita (inclusi 10,3 milioni di dollari dalle
anteprime del giovedì sera). Ovviamente, The
Super Mario Bros. Movie supera queste cifre,
ma è un adattamento animato.
Five
Nights at Freddy’s è destinato a diventare il
titolo con il fine settimana di apertura più alto per Blumhouse,
battendo il precedente record del remake di
Halloween del 2018 di 76,2 milioni di dollari. Il
film incasserà 78 milioni di dollari durante il primo fine
settimana di uscita in Nord America; con un budget di produzione
previsto di 20 milioni di dollari è già uno dei titoli più
redditizi dell’anno. Five
Nights at Freddy’s incasserà altri 50
milioni di dollari al botteghino globale, portando il suo incasso
mondiale a poco meno di 130 milioni di dollari.
È arrivato il primo teaser trailer
ufficiale dell’imminente adattamento cinematografico di
Five Nights at Freddy’s. Pubblicato dalla
Universal Pictures, il teaser si apre su un video
di formazione dei dipendenti in stile anni ’80 per Freddy Fazbear’s
Pizza, che ritrae la struttura come un luogo di intrattenimento per
famiglie. Passando poi ai giorni nostri, viene rivelata la vera
natura dell’edificio ormai fatiscente come una trappola mortale,
brulicante di mascotte animatroniche omicide che si animano di
notte.
Prodotto dalla Blumhouse di Jason Blum,
Five Nights at Freddy’s è basato sull’omonimo franchise di
videogiochi horror creato da Scott Cawthon.
Diretto da Emma Tammi da una sceneggiatura scritta
insieme a Cawthon e Seth Cuddeback, il film segue
una guardia di sicurezza in difficoltà mentre inizia a lavorare al
Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima notte di
lavoro, si rende però conto che il turno di notte da Freddy non
sarà così facile da portare a termine e che un oscuro segreto
infesta quel luogo un tempo ritrovo per famiglie.
Il Five Nights at Freddy’s
della Blumhouse e Universal segue dunque una premessa molto simile
a quella del videogioco originale del 2014. Il film è interpretato
da Josh Hutcherson
nei panni di Mike Schmidt, la suddetta guardia di sicurezza.
Inoltre, Matthew Lillard interpreta William Afton,
il fondatore di Freddy Fazbear’s Pizza e principale antagonista
della serie di videogiochi. Elizabeth Lail,
Piper Rubio, Kat Conner Sterling
e Mary Stuart Masterson completano il cast.
Insieme al teaser, è stato anche rilasciato un primo poster, che si
può ritrovare qui di seguito:
Universal Pictures Italia ha diffuso
il secondo trailer ufficiale dell’annunciato Five Nights
At Freddy’s, il nuovo horror prodotto dalla
Blumhouse e con protagonista Josh Hutcherson.
Riuscirete a sopravvivere per cinque
notti? Il terrificante fenomeno dei videogiochi horror diventa un
evento cinematografico da brivido: Blumhouse – la casa produttrice
di M3GAN,
The Black
Phone e The Invisible
Man – porta Five Nights at Freddy’s sul grande schermo. Il
film segue una guardia giurata tormentata che inizia a lavorare al
Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima notte di
lavoro, si rende conto che il turno di notte da Freddy’s non sarà
così facile da superare.
Il film è interpretato da Josh Hutcherson (Ultraman, The Hunger Games
franchise), Elizabeth Lail (You, Mack & Rita),
Piper Rubio (Holly & Ivy, Unstable), Kat
Conner Sterling (Un fantasma in casa, 9-1-1), con
Mary Stuart Masterson (Blindspot, Pomodori Verdi
Fritti) e Matthew Lillard (Good Girls, Scream).
Five Nights at Freddy’s è diretto da Emma Tammi
(The Wind, Blood Moon) ed è scritto da Scott Cawthon, Emma Tammi e
Seth Cuddeback. Gli iconici personaggi animatronici del film
saranno creati dal Creature Shop di Jim Henson. Five Nights at
Freddy’s è prodotto da Jason Blum e Scott Cawthon. I produttori
esecutivi del film sono Bea Sequeira, Russell Binder e Christopher
H. Warner. Universal Pictures presenta una produzione Blumhouse, in
associazione con Striker Entertainment.
Universal Pictures Italia ha diffuso
il trailer ufficiale dell’annunciato Five Nights
At Freddy’s, il nuovo horror prodotto dalla Blumhouse e con
protagonista Josh Hutcherson
Riuscirete a sopravvivere per cinque
notti? Il terrificante fenomeno dei videogiochi horror diventa un
evento cinematografico da brivido: Blumhouse – la casa produttrice
di M3GAN,
The Black
Phone e The Invisible
Man – porta Five Nights at Freddy’s sul grande schermo. Il
film segue una guardia giurata tormentata che inizia a lavorare al
Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima notte di
lavoro, si rende conto che il turno di notte da Freddy’s non sarà
così facile da superare.
Il film è interpretato da Josh Hutcherson (Ultraman, The Hunger Games
franchise), Elizabeth Lail (You, Mack & Rita),
Piper Rubio (Holly & Ivy, Unstable), Kat
Conner Sterling (Un fantasma in casa, 9-1-1), con
Mary Stuart Masterson (Blindspot, Pomodori Verdi
Fritti) e Matthew Lillard (Good Girls, Scream).
Five Nights at Freddy’s è diretto da Emma Tammi
(The Wind, Blood Moon) ed è scritto da Scott Cawthon, Emma Tammi e
Seth Cuddeback. Gli iconici personaggi animatronici del film
saranno creati dal Creature Shop di Jim Henson. Five Nights at
Freddy’s è prodotto da Jason Blum e Scott Cawthon. I produttori
esecutivi del film sono Bea Sequeira, Russell Binder e Christopher
H. Warner. Universal Pictures presenta una produzione Blumhouse, in
associazione con Striker Entertainment.
Sarà Chris Columbus
(Mamma ho perso l’aereo, Mrs.
Doubtfire, Harry Potter e la pietra
filosofale) a dirigere Five
Nights at Freddy’s, il film ispirato al videogioco
survival horror indipendente e ordinato dalla Warner Bros. nel
2015.
La pellicola sarà prodotta dalla
compagnia che lo scorso anno ha sfornato il successo Get
Out e The Purge, la Blumhouse
Productions, insieme al creatore del videogame Scott
Cawthon.
Di seguito la trama ufficiale di Five Nights at
Freddy’s:
Il gioco è ambientato nel
ristorante Freddy Fazbear’s Pizza: il locale è famoso, oltre che
per la buona pizza e l’allegra atmosfera, per i suoi spettacoli di
pupazzi animatronici (come la catena di ristoranti Chuck E.
Cheese’s) tra cui le mascotte Freddy Fazbear, Bonnie, Chica e Foxy.
Di giorno sono immobili nelle loro postazioni muovendo solamente
gli arti superiori ed il busto quando ballano, mentre di notte sono
liberi di vagare per la pizzeria in quanto se fossero lasciati
spenti per troppo tempo, i loro servomotori si danneggerebbero, per
questo il titolare vuole che ci sia una guardia, per fare in modo
che gli animatroni non danneggino la pizzeria.
Five Nights at Freddy’s ha fatto registrare la più
grande apertura nel weekend che precede Halloween di sempre. Il
film della Universal/Blumhouse ha messo a segno un giovedì sera in
stile Oppenheimer
da 10,3 milioni di dollari e ora punta a un venerdì da 34 milioni
di dollari per finire con un’enorme apertura da 68 milioni di
dollari.
La strategia fa parte di quel
lancio dinamico che lo studios ha migliorato dai precedenti film
come Halloween
Ends (40 milioni) dimostrando che i fan vogliono
vederlo in una sala cinematografica. La media delle sale negli USA
è di ben 18,5.000 dollari da 3.675 sale. Di seguito un po’ di
numeri della storia recente:
Il più grande weekend di apertura per
un film horror da inizio anno, superandoScream VI(44,4
milioni di dollari)
Terza apertura più grande di sempre per un
film di un videogioco, dietro
Super Mario Bros (146,3
milioni di dollari) e Sonic
the Hedgehog 2
(72 milioni di dollari)
Seconda apertura per Blumhouse, dopo
Halloween
del 2018 (76,2 milioni di dollari)
Maggiore apertura per un film del fine
settimana di Halloween, battendo
Il Gatto con gli Stivali
(34 milioni di dollari)
È anche la diciannovesima volta che un film
della Blumhouse arriva al primo posto e porterà il box office
nazionale dell’etichetta di genere a oltre 3 miliardi di
dollari.
Il secondo più grande debutto
cinematografico giornaliero, dopo
Black Widow di
Disney+ (80,3 milioni di
dollari).
Arriva in prima TV su
Sky l’attesissimo fenomeno targato Blumhouse Five
Nights At Freddy’s, in onda lunedì 29 luglio alle
21:15 su Sky Cinema Uno, in
streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il
film sarà disponibile on demand anche in
4K.
Il terrificante videogioco di culto
survival horror creato da Scott Cawthon
Five Nights At Freddy’s prende vita sullo schermo
grazie a Jason Blum (L’uomo invisibile,
GetOut, Split) e alla sua casa di
produzione Blumhouse (M3GAN e The
Black Phone), in un film allo stesso tempo spaventoso e
divertente. Il film è scritto da Scott Cawthon, Emma Tammi e Seth
Cuddeback, per la regia di Emma Tammi. Insieme a
Josh Hutcherson, il film vede protagonisti
Matthew Lillard, Elizabeth Lail,
KatConner Sterling,
Piper Rubio e Mary Stuart
Masterson.
La trama di Five Nights At
Freddy’s
Mike (Josh Hutcherson) è un giovane
tormentato che si prende cura dell’amata sorellina di dieci anni,
Abby (Piper Rubio), ed è perseguitato dalla scomparsa irrisolta del
fratello minore avvenuta più di un decennio prima.
Licenziato di recente e alla
disperata ricerca di un lavoro per mantenere la custodia di Abby ed
evitare così che finisca tra le grinfie della perfida zia Jane
(Mary Stuart Masterson), Mike accetta un posto come guardia
notturna di un ristorante abbandonato: il FreddyFazbear’s Pizza. Ma
Mike si rende presto conto che al Freddy niente è quel che sembra.
In compagnia di Vanessa Shelly (ElizabethLail), un’agente di
polizia locale, le notti di Mike da Freddy lo porteranno a incontri
inspiegabili con il soprannaturale e lo trascineranno nell’oscurità
di un incubo indicibile.
Dopo un primo annuncio relativo a un
primo ciak in occasione di Halloween, la produzione di
Five Nights at Freddy’s 2 si è spostata a inizio
novembre. Il primo film è diventato il film di maggior incasso
della Blumhouse, e di conseguenza lo sviluppo di un sequel si è
avviato tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, con la conferma
da parte dello studio di procedere con il ritorno della
co-sceneggiatrice/regista Emma Tammi insieme alle
star
Josh Hutcherson e Matthew Lillard.
Sia Lillard che Hutcherson avevano precedentemente indicato che
le riprese di Five Nights at Freddy’s 2 sarebbero
iniziate nell’ottobre 2024, e la Blumhouse aveva fissato
l’uscita del sequel per il dicembre 2025.
Nel corso di una recente intervista
con Collider, Lillard ha offerto un aggiornamento
sull’attesissimo Five Nights at Freddy’s
2. Oltre a confermare che inizierà le riprese del
sequel un po’ più tardi di quanto pensasse, a
novembre, la star ha anche offerto un promettente
aggiornamento sulla sceneggiatura del film, assicurando che
“abbiamo imparato molto nel primo film” e si è detto
fiducioso che il sequel sarà migliore.
“Stamattina ho ricevuto un
messaggio con i miei appuntamenti.Le mie date sono l’inizio
di novembre e un’altra serie di date.Quindi, ci metteremo
al lavoro.Sono davvero entusiasta.Penso che la
sceneggiatura sia fantastica.Tammi è fantastica.È
davvero adorabile.E Josh è fantastico.Tutto il cast
è fantastico e credo che siamo tutti entusiasti di tornare.Penso che abbiamo imparato molto nel primo film.Penso
che il secondo film trarrà beneficio da queste cose.Siamo
tutti entusiasti del punto in cui si trova il film in questo
momento.”
Cosa significa questo per Five
Nights At Freddy’s 2
L’entusiasmo di Lillard per il
ritorno suggerisce che Tammi e il team creativo dietro
Five Nights at Freddy’s 2 hanno
imparato dagli errori del film originale. Sebbene
l’adattamento del gioco del 2023 sia stato un successo di pubblico,
la critica non è stata unanime.
Nonostante le varie correzioni
promesse al film originale, il più grande punto di domanda per il
pubblico è comela storia diFive Nights at Freddy’s 2attingerà dal materiale originale. Tammi aveva già
detto che era possibile che il sequel adattasse il secondo gioco di
Scott Cawthon, anche se, considerando che il Mike di Hutcherson non
faceva parte della storia del gioco sequel, sembra probabile che il
team creativo dovrà invece estrarre elementi da questo e da altri
giochi per continuare a costruire il mondo.
Five Nights at Freddy’s
2 è sicuramente in lavorazione, secondo la star del primo
film, Josh Hutcherson. Parlando con
Variety, l’ex star di Hunger GamesJosh Hutcherson ha confermato che il sequel è
in cantiere, ma che la produzione è ancora agli inizi e che molte
cose sono ancora un mistero per lui.
“So che in questo momento
stanno definendo la storia e vogliono iniziare il prima
possibile“, ha dichiarato Josh Hutcherson, attualmente impegnato nella
promozione del film d’azione di Jason StathamThe
Beekeeper. L’attore ha poi sottolineato quanto sia entusiasta
di ritornare in quel mondo e di fare un regalo ai fan, dopo essere
rimasto sorpreso dalla reazione al film.
“Speravamo che il pubblico
fosse soddisfatto, ma non credo che nessuno, nemmeno da parte
nostra, si aspettasse che il film fosse così coinvolgente. Non vedo
l’ora di tornare sul set. Emma Tammi, la nostra regista, è stata
fantastica, ed è stato un mondo così divertente in cui giocare. Non
vedo l’ora di vedere cosa faranno in seguito“.
La storia di Five Nights at
Freddy’s 2 è in fase di definizione
Ryan Turek,
produttore della Blumhouse, la scorsa settimana ha
dichiarato che il sequel non è ancora stato ufficialmente
autorizzato, anche se è emerso che il seguito dell’adattamento del
videogioco di successo dovrebbe essere girato nella primavera del
2024 con un rapido avvicendamento per un’uscita nelle sale ad
Halloween. Questo potrebbe ancora accadere una volta ottenuto il
via libera.
Hutcherson ha anche raccontato che
la co-star di Hunger Games, Jennifer Lawrence, gli ha mandato un messaggio
per congratularsi del successo di “Five
Nights at Freddy’s“. “Jen mi ha mandato un
messaggio quando è uscito ‘Freddy’s’“, ha ricordato
Hutcherson. “Mi ha detto: ‘Il mio film è al primo posto su
Netflix e il tuo è al primo posto al botteghino!
Andiamo! E io: “Ti amo!“”.
Five Nights at Freddy’s è uscito il 27 ottobre 2023 e
segue una guardia giurata problematica che inizia a lavorare al
Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre trascorre la sua prima notte di
lavoro, si rende conto che il turno di notte da Freddy’s non sarà
così facile da superare.
Five Nights at Freddy’s è stato diretto e co-scritto
da Emma Tammi e vede protagonisti Josh
Hutcherson (The Hunger Games), Piper Rubio,
Elizabeth Lail e Matthew Lillard (Scream).
Five Nights at Freddy’s (qui
la recensione), l’horror-thriller ambientato in un locale
infestato avrà ufficialme un sequel (ad ora
intitolato Five Nights at Freddy’s 2)
nell’autunno del 2025. Come riportato da Variety, la Universal
Pictures e la Blumhouse Productions, che
ha finanziato il primo film, hanno confermato la notizia al
CinemaCon, la convention annuale dei proprietari di sale
cinematografiche che si sta svolgendo a Las Vegas. Non è però stata
ancora condivisa una data di uscita esatta, né i dettagli della
trama o i membri del cast che ritorneranno per il seguito.
Adattato dal popolare videogioco, lo
scorso ottobre il
film ha fatto il botto al botteghino con 297 milioni di dollari
in tutto il mondo ed è diventato il film della Blumhouse che ha
incassato di più in assoluto. Queste vendite di biglietti sono
state particolarmente impressionanti perché il film, a basso
budget, è stato accolto da recensioni pessime ed è approdato
contemporaneamente su Peacock, il servizio di streaming di
proprietà di NBCUniversal.
Per la maggior parte dei film, le
uscite ibride tendono a ridurre le vendite dei biglietti. Ma non
sembra che questo abbia danneggiato
Five Nights at Freddy’s, che ha invece beneficiato
della sua classificazione PG-13 e della data di uscita in prima
serata per Halloween. “È così divertente quando funziona“,
ha scritto Jason Blum su X all’epoca. Una versione cinematografica
del videogioco era in cantiere dal 2015, ma solo negli ultimi anni
si è riuscita a concretizzarla.
“Volevamo che fosse perfetto per
i fan. È l’unica cosa su cui ci siamo concentrati“. Josh Hutcherson, che nell’originale interpreta
una guardia di sicurezza notturna del Freddys Fazbear’s Pizza, dove
le mascotte animatroniche sono inclini a commettere omicidi, ha
precedentemente espresso il suo desiderio di un sequel. “Non
vedo l’ora di tornare sul set. Emma Tammi, la nostra regista, è
stata fantastica, ed è stato un mondo così divertente in cui
giocare. Non vedo l’ora di vedere cosa faranno in
seguito“.
20 gennaio 2017, questa la data
fissata dalla Universal Pictures e dalla Blumhouse Productions per
l’uscita di Split,
futuro nuovo film diretto da M. Night
Shyamalan.
Protagonisti del progetto, un
thriller sovrannaturale, James McAvoy, Anya Taylor-Joy,
Betty Buckley, Jessica Sula e Haley Lu
Richardson. Jason Blum e
Marc Bienstock torneranno a produrre, mentre
Ashwin Rajan e Steven Schneider
saranno produttori esecutivi. Proprio con la Universal e la
Blumhouse Shyamalan ha recentemente collaborato
per The Visit, thriller con
Kathryn Hahn e Ed Oxenbould
uscito negli Stati Uniti il settembre scorso e atteso nelle sale
italiane per il 26 novembre. Finora il film ha incassato 89.3
milioni di dollari.
Split,
atteso per il quarto weekend di gennaio 2017, dovrà probabilmente
vedersela con La Torre Nera, Power Rangers, Venerdì il
13, Geostorm e Hidden
Figures, film che potrebbero rimanere in sala anche
la settimana successiva a quella della loro uscita, prevista per il
13 gennaio.
Ahora! Film è entusiasta di portare per la prima volta in
Italia, dal 23 novembre, il feel-good movie britannico di
successo FISHERMAN’S FRIENDS diretto da Chris
Foggin, tratto dalla storia vera di un gruppo amatoriale di
cantanti folk composto da dieci pescatori della Cornovaglia che
riscuote un inaspettato – quanto improbabile – successo nel Regno
Unito.
In occasione di una proiezione
in anteprima domani, 22 novembre alle ore 10:30 a Palazzo del
Cinema Anteo, tutti i nostri lettori sono invitati a partecipare.
Basta recarsi all’ingresso e dire che si è stati invitati da
Cinefilos.it. L’iniziativa è valida fino a esaurimento
posti!
Brillante, ma al tempo
stesso profondo e ricco di insegnamenti di vita, FISHERMAN’S
FRIENDS è interpretato da un cast di eccellenze britanniche
– tra cui James Purefoy, Daniel Mays, Meadow Nobrega e David
Hayman – ed è ambientato nell’incantevole Cornovaglia e girato
principalmente a Port Isaac, pittoresco villaggio di
pescatori situato sulla costa settentrionale dove tradizionalmente
si riunivano gli originali Fisherman’s Friends per cantare le loro
canzoni del mare.
FISHERMAN’S FRIENDS sarà
nei cinema italiani con Ahora! Film dal 23 novembre in
collaborazione con Fisherman’s friend, la storica caramella
balsamica extra forte, nata proprio in Inghilterra nel 1865 nella
cittadina portuale di Fleetwood, dall’ingegno di un giovane
farmacista dal nome James Lofthouse, il quale ideò uno sciroppo per
dare sollievo alla gola dei pescatori che navigavano nei tempestosi
mari del nord.
Trasformatasi in una pastiglia questa divenne negli anni la famosa
caramella “più forte che c’è” che tutti conosciamo, importata in
Italia da Divita srl.
Sinossi:
Danny, dirigente musicale
londinese cinico e dalla vita frenetica, si reca a malincuore in
Cornovaglia per l’addio al celibato del suo collega Henry. Lì viene
ingannato dal suo capo Troy per cercare di ingaggiare un gruppo di
pescatori che cantano canzoni marinaresche. Danny diventa il “pesce
fuor d’acqua” per eccellenza, ma cerca di conquistare il rispetto e
l’entusiasmo dell’improbabile boy band composta da Jim, Jago,
Leadville e Rowan, lupi di mare che credono nel valore
dell’amicizia e della comunità piuttosto che alla fama e alla
fortuna. Nel tentativo di superare lo scetticismo dei pescatori nei
confronti del mondo della musica, Danny si ritrova coinvolto nella
comunità, viene messa alla prova la sua integrità e alla fine gli
viene mostrato il significato di lealtà, amore e amicizia. Questo
costringe Danny a rivalutare ciò che conta davvero nella vita.
Il celebre romanzo di Philip Roth
Pastorale americana (1997), Pulitzer per la narrativa, diventerà un
film. Si farà carico del progetto, in qualità di regista, Fisher
Stevens; John Romano (Il terzo miracolo) scriverà la
Fish Tank è
l’ultimo film girato dalla regista Andrea Arnold,
e ha ricevuto il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes
2009. La quindicenne Mia vive con la madre e la sorella più
piccola nella periferia urbana di Londra. La ragazza è stata
espulsa dalla scuola, ha un temperamento “ribelle”. Mia passa le
giornate nel degrado socioculturale della periferia urbana, dove
mancano gli spazi per l’aggregazione, tranne che nella pedana per
fare sport o ballare al ritmo dello hip-hop.
Un tema estetico che torna nella
cinematografia di Ken Loach. Da un lato, esiste
l’immobilismo della scenografia. Percepiamo la “pesantezza” dei
palazzoni, che “restringono” la nostra visione. Chi è troppo
“vecchio” per uscire si limita a ricevere passivamente la
televisione, che manda una programmazione dai temi volgari. Andrea
Arnold cerca soprattutto il primo piano od il campo medio, mentre
la narrazione si sviluppa più tra le stanze di casa che all’aperto
(in esterna).
Dall’altro lato, la macchina da
presa si muove di continuo, seguendo direttamente i passi della
protagonista. Una regia che in qualche modo ci ricorda quella di
Lars
Von Trier. Il ballo del tipo hip-hop si configura per
“scatti”. Qui, le gambe e le braccia si distendono salvo poi
ritrarsi immediatamente, così da visualizzare una successione di
linee spezzate. La camera a mano di Andrea Arnold insegue le corse
di Mia: quando lei s’arresta, è inquadrato il fermo-immagine del
suo volto. Simbolicamente, le persone che vivono nel quartiere
popolare s’illudono di “movimentare” la loro vita.
Fish Tank, tra fermo immagini e
profondità
Nel fermo-immagine dei volti, che
guardano verso una profondità per noi solo “astratta” (in
apparenza, senza riconoscere qualcosa di particolare), si cela
invece lo “sbarramento che la desolazione socioculturale dà loro.
La sceneggiatura prevede che Mia speri di riscattarsi diventando
una ballerina professionista. Tuttavia, lei rinuncerà a
sostenere l’esame d’ammissione: proprio sul più bello… La ragazza
ha un carattere per così dire eccessivamente “maschile”: tende ad
imporsi sugli altri, parla in modo schietto. Mia fronteggia senza
paura le molestie, avanzate dai giovani sbandati del quartiere. Lo
stesso temperamento vale per la sorella minore, di cui ci sorprende
il linguaggio scurrile.
L’unico personaggio
caratterialmente “femminile” del film pare Condor, il nuovo
fidanzato della madre. Un uomo dai modi gentili, che vive la
“paternità” verso Mia promettendosi di educarla, perché s’inserisca
nella società che “conta” (oltre la chiusura in periferia). Condor
però nasconde un “segreto”, che ne contraddice l’autorevolezza.
Rispetto a quello, la sua attrazione sessuale per la ragazza è
persino insignificante. La < peschiera >, cui rinvia il
titolo del film (Fish tank in inglese), si spiega bene nella scena
dove Mia va a “sguazzare” liberamente nella casa dell’uomo. Mia
vuole vendicarsi, e cerca di “sporcare” le regole del mondo di
Condor, portandovi le sue. Per la regista, questo non sembra
possibile. Ricordiamo l’episodio dove la ragazza (pentita per aver
“sguazzato” un po’ troppo…) salverà la bambina. Condor negherà la
pacificazione con Mia, ed anzi lascerà pure sua madre. Proprio per
questo, il finale più “riposante” dove le tre donne ballano insieme
ci pare un po’ stonato.
Acclamata pellicola della
regista Andrea Arnold,
avendo ottenuto vari riconoscimenti internazionali
e il Premio
della Giuria al Festival di Cannes 2009, Fish
Tank è un film difficile e spregiudicato che colpisce
profondamente come solo la vita può fare.
In Fish
Tank la quindicenne Mia è un’adolescente ribelle che
vive insieme alla madre e alla sorella minore, altrettanto riottose
e indomabili. Espulsa dalla scuola e allontanata dagli amici,
l’aggressiva ma vulnerabile Mia è incompresa quanto testarda, e ha
una grande passione per l’hip-hop. Con l’arrivo di Connor, il nuovo
compagno della madre, la vita di Mia andrà incontro a una
svolta…
Sulla carta, non si può parlare di
una vicenda originale; al contrario, una trama del genere sa di già
visto, in particolare l’immagine dell’adolescente ribelle che può
riscattarsi con il ballo. Aggiungiamo delle figure femminili pronte
a mostrarsi brutali l’una nei confronti dell’altra,
verbalmente e fisicamente, come Mia, la madre e la sorella, e il
livello di empatia è difficile da raggiungere. Invece, con una
sceneggiatura solida e un’ottima performance da parte
degli interpreti (in particolare l’esordiente Katie
Jarvis e
Michael Fassbender, uno degli attori in ascesa più
interessanti in circolazione), è possibile ottenere risultati
lodevoli, anche per una pellicola indipendente.
Registro distaccato e a tratti
documentaristico, soprattutto nel montaggio, quello della regista.
Forse molti spettatori non sono abituati all’uso smodato della
macchina da presa a mano, o alla totale assenza di colonna sonora
se non nelle musiche ascoltate dai protagonisti; ma talvolta è bene
guardare film con un budget ridottissimo per comprendere come non
siano necessari innumerevoli artifici per far apprezzare un film:
anzi, è possibile entrare nel cuore della storia con maggiore
semplicità, esplorando in questo caso le complesse relazioni tra i
personaggi.
In un contesto drammatico come
quello qui rappresentato, talvolta alcune metafore
possono apparire fuori luogo. E invece esse arricchiscono il film
con immagini che sottolineano la condizione di ‘prigionia’ di uno
spirito libero come Mia: il cavallo bianco incatenato, il criceto
in gabbia, cancelli e recinzioni di vario tipo rintracciabili nella
periferia urbana dove la ragazza vive (ben evidenziata da colori
grigi e spenti) sono immagini reperibili soprattutto nella
prima parte del film. Ma quando Connor si dimostra l’unico in grado
di comprendere Mia e di stimolare il suo potenziale, ecco una gita
al lago e una stupenda inquadratura di uno stormo di uccelli in
volo.
Fish Tank
Tuttavia, la vita è in grado di
stravolgere le cose quando queste iniziano ad andare per il verso
giusto. E bisogna quindi imparare a misurarsi con la disillusione,
le speranze disattese e il gusto amaro della vendetta o di una
vendetta incompiuta.
Così, invece di sfiorare
la retorica temuta in partenza, essa viene smentita da
esiti originali e imprevisti, che imprimono un segno remarcabile di
somiglianza al vero, rendendo Fish Tank un film duro, a
volte crudo, lontano dallo stucchevole e molto più affine alla
vita.
Si intitola Fischia il
Vento il cortometraggio d’animazione scritto e diretto da
Alessandro Dordoni.
Basato sulle memorie del ventenne
partigiano Lino Dordoni, Fischia il Vento è un
cortometraggio di animazione disegnato a mano di 15 minuti. Il film
racconta gli eventi accaduti durante la Battaglia di Monticello,
nel nord Italia, il 16 Aprile 1945, dove 450 soldati delle SS
attaccarono a sorpresa i circa 25 partigiani che presidiavano il
castello di Monticello. Lino e la sua squadra sono appostati in una
stalla abbandonata nelle vicinanze e, svegliati di soprassalto dai
colpi d’arma da fuoco provenienti dalla rocca, si lanciano di corsa
nella vallata per portare aiuto ai compagni il più in fretta
possibile.
Il titolo Fischia il
Vento si ispira ad una canzone popolare italiana i cui
testi furono scritti nel settembre del 1943, all’inizio della
Resistenza. Sebbene la canzone provenisse dalla Russia dal
compositore Matvei Blanter, la melodia orecchiabile ispirò il
paroliere Felice Cascione (1918-1944) a scrivere Fischia il
Vento per incitare il movimento partigiano.
Il progetto non vuole
rappresentare un classico film di guerra. Lo scopo è quello di
mostrare il lato umano e psicologico dei giovani combattenti
italiani che si sono trovati ad affrontare una situazione ben al di
sopra di loro. Questa non è una storia del bene contro il male, ma
un’attenta analisi ad uno dei tanti episodi di guerra che ha
cambiato per sempre la vita dei suoi protagonisti, a prescindere
dal loro schieramento ideologico durante gli avvenimenti
raccontati.
Questo è un progetto collaborativo
nato dalla passione per l’arte e per il cinema, ed ogni individuo
coinvolto è mosso dal desiderio di dare vita a questa storia mai
raccontata e renderla un’esperienza fortemente cinematica dal punto
di vista visivo e sonoro, con l’obiettivo di aprire gli occhi per
molti sul mondo dell’animazione, che troppo spesso rimane una forma
d’arte di poco interesse nell’immaginario collettivo.
Fischia il Vento, un
cortometraggio d’animazione
Fischia il Vento è
animato interamente ad inchiostro da Natasza Cetner. Utilizzando
carta ruvida dà l’impressione di pagine di diario da sfogliare e ci
immerge nel mezzo delle memorie personali di Lino Dordoni. Seguendo
lo storyboard animatic come riferimento, l’animazione viene
eseguita prima digitalmente, al fine di testare al meglio i
movimenti e le tempistiche, viene quindi poi disegnata a mano con
inchiostro su carta. I movimenti di telecamera e l’uso espressivo
delle pennellate permettono all’animazione di trasmettere
l’intensità delle emozioni dei protagonisti e di offuscare il
confine tra realtà e ricordi.
ALESSANDRO DORDONI
Alessandro lavora come Montatore a Londra dal 2012. Attualmente è
senior editor presso Chrome Productions, il suo lavoro comprende
pubblicità, contenuti online, documentari e cortometraggi. Il suo
stile è caratterizzato da un uso forte e dettagliato della musica e
del suono. Ha vinto numerosi premi per i suoi lavori nel settore
pubblicitario. Questo sarà il suo primo film come
Sceneggiatore/Regista, ed è un progetto molto vicino al suo
cuore.
NATASZA CETNER
Natasza è un’Animatrice, Regista ed llustratrice. I suoi film sono
stati selezionati e nominati per molti festival cinematografici tra
cui Edimburgo, Berlino, Dubai e Montreal. Rappresentata dalla casa
di produzione irlandese Cardel, i suoi lavori si distinguono dalla
massa per l’uso sorprendente dell’animazione analogica e disegnata
a mano in un settore sempre più guidato dal digitale.
JAMES LAWSON
James è un Artista con oltre 12 anni di esperienza nel creare
storyboard per l’industria pubblicitaria, per la TV e per il
cinema. Ha avuto la fortuna di essere stato coinvolto in alcune
delle campagne più iconiche e premiate dell’ultimo decennio.
L’elenco dei clienti per cui ha lavorato include i più grandi nomi
del settore di oggi come Apple, John Lewis, Nike, Adidas, Mercedes,
Amazon e così via.
FRANCESCO POIANA
Francesco è un Artista ed Illustratore con un’ampia conoscenza di
diversi mezzi artistici, tra cui disegno, pittura ed incisione.
Lavora come Illustratore Freelance, collaborando con molti clienti
come case di produzione, case editrici e studi di moda. La sua arte
è stata esposta in tutta Italia e nel Regno Unito, recentemente ha
partecipato alla “Emerging Talents Exhibition” del 2020 al Messum’s
Mayfair di Londra.
Fischia il vento: la scheda
tecnica
Titolo: Fischia il Vento (The Wind
Whistles)
Durata: 15 min (Inclusi Materiale d’Archivio e Titoli di Coda))
Aspect Ratio: 2048 x 858
Colore: Bianco e Nero
Genere: Animazione, Drama, Guerra
Lingua: Italiano (Sottotitoli in Inglese)
Scritto e Diretto da: Alessandro Dordoni (UK)
Regia di Animazione: Natasza Cetner (UK/Polonia)
Case di Produzione: Cardel (Irlanda) & OAK9 (Lituania)
Produttori Esecutivi: Kelley Daniel / Rhiannon Crothers (US)
Produttori Animazione: Carla Mooney / Delwyn Mooney (Irlanda)
Produttrice: Mimi Thomas (UK)
Co-Produttore: Mindaugas Jokubaitis (Lituania)
Attori in Ordine di Apparizione: Denio Derni, Luca Torchiani,
Francesco Wolf, Andrea Tagliabue,
Marco Troiano, Joe Prestia, Vito Buchicchio, Giuseppe Magazzù
Montaggio e Suono: Alessandro Dordoni (UK)
Archivio Colour Grade: Ben Turze (UK)
Sound Design/Mix: Steve Bond (UK)
Illustratore: Francesco Poiana (UK, Italia)
Storyboard Artist: James Lawson (UK)
Compositore: Paolo Fornasari (Germania)
Script Editor: Costanza Bongiorni (Francia)
Traduttore Memorie: Bartolomeo Sala (UK)
Graphic Designer: Edoardo Balordi (Spagna)
Studio di Registrazione: Marco Versari (Italia)
Supportato da: ANPI Piacenza, Chrome Productions,
Banca di Piacenza, Rotary Club Piacenza
Budget: £20,000
Inizio Produzione: Luglio 2020
Stima di Fine Produzione: Aprile 2021
IMDB Page: Fischia il Vento