Esce nelle sale italiane
Third Person, film corale di Paul
Haggis (premio Oscar per Crash, Miglior Film, nel 2006).
Da una parte, a Parigi, abbiamo Michael (Liam
Neeson), uno scrittore che vive una relazione
extraconiugale con Anna (Olivia
Wilde), anche lei scrittrice; dall’altra abbiamo
l’americano Scott (Adrien
Brody), a Roma, che finisce per innamorarsi di una
zingara (Moran Atias); e infine abbiamo Julia
(Mila
Kunis) che lotta, A New York, per ottenere
l’affidamento del proprio figlio, che ora vive con il padre
(James
Franco). Tre storie, tre città, che all’apparenza non
hanno nulla in comune, ma è davvero così?
Dopo oltre due ore, dare una
risposta precisa a questa domanda non è facile. Paul
Haggis mette insieme un film fin troppo lungo, spesso
noioso e davvero contorto. Sbrogliare la matassa diventa una vera
impresa. Cosa è vero? Cosa è frutto dell’immaginazione di Michael?
È un tentativo chiaramente audace quello di Haggis, che prova
davvero a tenere in mano le redini della storia, invano. Realizzare
un film corale è sempre una scelta difficile, e Haggis sembra
davvero perdersi, così come avviene allo stesso spettatore, nelle
storie e negli intrecci a cui ha dato vita. I personaggi che
inizialmente appaiono lontani, non solo geograficamente, finiscono
per confondersi, nel tentativo del regista, nonché sceneggiatore
del film, di unire tutte queste storie in una sola.
Third
Person gira a vuoto su stesso, ma nonostante ciò, nel
film possiamo trovare diverse scene riuscite, tra tutte quella tra
Adrien Brody e
Moran Atias, che si ritrovano da soli in una
camera d’albergo: è una scena delicata e allo stesso tempo
passionale, che diventa in qualche modo l’immagine simbolo del film
stesso. I due personaggi si guardano, si sfiorano, e si ritrovano
letteralmente avviluppati, aggrovigliati, proprio come è il
film.

Abbiamo una carrellata di attori,
un cast senza dubbio importante, più o meno convincente. Su tutti
spicca
Olivia Wilde, che sa essere fredda, spietata,
ma anche estremamente fragile. È il suo il personaggio più bello e
interessante del film. Impossibile non citare poi la presenza di un
Riccardo Scamarcio, nel ruolo di un barista
romano, con tanto di maglietta della Roma.
C’è una battuta ricorrente nel
film, che diventa poi, in qualche modo, la chiave per sbrogliare
l’intricata matassa: ”Guardami” dice il bambino di Micheal, così fa
anche il bambino di Julia, e alla fine Anna, che scappa per le
strade di Roma. Un invito che pare quasi essere dello stesso
regista, che invita a guardare la sua ultima fatica, un dramma
sentimentale, un film complicato che osa, ma forse troppo.