Alla presenza
del regista Alessandro Lunardelli e degli attori
Luca Marinelli e Filippo
Scicchitano, insieme alla sceneggiatrice Vanessa
Picciarelli, si è tenuta la conferenza stampa di
presentazione del film Il Mondo Fino in
Fondo, opera prima del regista.
Presentato al Festival Del Cinema di
Roma nella sezione Alice nella città, uscirà in circa 40 copie il
prossimo 30 Aprile, riconfermando la forza della distribuzione
“piccola” di Microcinema, già supporto fondamentale
dell’ultimo successo dei fratelli Manetti.
La prima domanda riguarda la
scelta del luogo: perché la Patagonia Cilena?
Secondo Lunardelli, la Patagonia
Cilena è la parte meno conosciuta di questa terra affascinante, un
luogo desolato e selvaggio, funzionale all’arco emotivo che
avrebbero vissuto i personaggi. Un luogo “vergine” dove vivere al
meglio l’emotività dei protagonisti, un luogo che riflettesse la
loro sfera emotiva.
Inoltre, la Patagonia serviva da
contrasto con la realtà di provincia che vivevano Davide
(Filippo Scicchitano) e Loris (Luca
Marinelli).
Inoltre, Lunardelli ribadisce
l’importanza fondamentale di Alfredo Castro,
eccezionale attore cileno che si è prestato ad interpretare il
ruolo di Lucho, il tassista cileno che aiuta Loris a ritrovare suo
fratello Davide attraverso il Cile più selvaggio ed
inesplorato.
Una domanda, invece, è stata rivolta
alla sceneggiatrice Picciarelli, riguardo alle difficoltà
incontrate, in fase di scrittura, nel delineare dei personaggi così
“lontani” senza ricadere nei cliché tipici della narrativa di
viaggio: il valore aggiunto, per evitare di ricadere in questa
dimensione e per recuperare quella naturalezza in grado di cogliere
luoghi e atmosfere, è stato dato dalle interpretazioni degli
attori.
Secondo Lunardelli il personaggio di
Loris subisce il maggior cambiamento: è lui la vera vittima del
sistema provinciale dove vivono, si piega alle logiche paterne
imposte dal genitore e accetta passivamente, prima però di rompere
con le consuetudini andando a cercare suo fratello fino… alla fine
del mondo. In una dimensione lontana e non sua, si sente liberato e
compie un arco narrativo molto profondo, trascinato dall’ebbrezza
della fuga e del viaggio.
E proprio il tema del viaggio “on the road” coinvolge i due
protagonisti: Scicchitano è uscito cambiato da questa esperienza,
definendo questo viaggio un’avventura incredibile e inaspettata,
che lo ha influenzato dal lato artistico e umano.
Per Marinelli, Lunardelli è stato in
grado di cogliere gli aspetti “fraterni” tra i due attori,
permettendo loro di compiere un viaggio addirittura oltreoceano,
cambiandoli a livello umano.
In fase di scrittura Lunardelli e
Picciarelli non pensavano specificatamente ai due attori scelti
alla fine: si mantenevano un ampio margine di scelta. Di Marinelli
lo ha colpito la freschezza e la brillantezza trasmessa in alcune
commedie (tipo quella di Virzì Tutti i Santi
Giorni), e per tale motivo è stato scelto; di
Scicchitano temeva, invece, la sua dirompente “romanità”, che
invece non è emersa sullo schermo ma che ha sottolineato- e
sancito- il profondo senso di “fratellanza” che si era creato tra i
due attori.
E proprio loro due si sono divertiti
sul set, concedendosi delle “variazioni sul tema”, provando le
situazioni e creandole, come per esempio il loro lavoro sul
dialetto del paesino di Agro, luogo inesistente che ha una lingua
non convenzionale, un dialetto non codificato immaginato, in un
primo momento, simile al veneto e poi diventato invece qualcosa di
completamente diverso. Gli elementi “temporali” scelti da
Lunardelli dovevano coincidere alla perfezione: la partita
dell’Inter a Barcellona, la conferenza di Copenaghen, la ribellione
degli studenti in Cile… tutto doveva giustificare il viaggio di
questi due fratelli, un viaggio collocato in una dimensione spazio
temporale ben precisa.
Essendo un’opera prima, le
difficoltà non si sono sprecate, anzi: la produzione ha appoggiato
“un rischio”, scommettendo su un’opera che partiva dall’Italia
allargandosi però alla sfera emotiva dei personaggi.
Lunardelli, iniziando a girare il
film, non parlava lo spagnolo (e questo rientrava in una delle
prime difficoltà incontrate nel momento in cui prese la decisione
di girare in Patagonia); anche realizzare i provini con gli attori
cileni è stato un problema, soprattutto linguistico. Il Cile ha
giocato un ruolo importante nella realizzazione: oltre allo
scenario prestato- la Patagonia- anche la troupe era del posto e,
nonostante le difficoltà incontrate durante tutto il tempo delle
riprese, hanno creato un clima costruttivo e creativo dove
lavorare, grazie anche alla profonda ammirazione che i cileni
nutrono (ancora!) nei confronti del nostro cinema, pur non
possedendo, quest’ultimi, un mercato cinematografico molto
sviluppato.
L’ultima, cruciale, domanda
riguardava tempi e costi: quanto tempo e quanti finanziamenti sono
stati concessi? La parte iniziale (come i sopralluoghi) sono stati
realizzati a carico del regista; il film è durato sette settimane
ed è costato circa un milione e duecentocinquanta euro, con un
contributo del ministero di duecentomila euro.
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