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Bologna 2 Agosto I giorni della collera: la conferenza stampa

Bologna 2 Agosto I giorni della collera: la conferenza stampa

Bologna 2 Agosto ... I giorni della collera 2 Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio presentano il loro lavoro sulla strage di Bologna (2 agosto 1980), protagonisti Giuseppe Maggio e Marika Frassino nei panni di Alverio Fiori e Antonella de Campo, liberamente ispirati a Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.

Perché i protagonisti non compaiono come Fioravanti e Mambro, ma con nomi di fantasia?

Giorgio Molteni:Abbiamo scelto di ispirarci agli attori reali delle vicende narrate, ma ci sono anche personaggi di fantasia, come quelli interpretati da Martina Colombari e Lorenzo Flaherty. Non volevamo correre il rischio di dire false verità. Solo così abbiamo potuto preservare la libertà di espressione. Ma ci sono le clip di repertorio a tirare le somme di quanto realmente accaduto”.

Daniele Santamaria Maurizio:Ci auguriamo che il film venga visto anche dagli adolescenti, cui volevamo mandare un messaggio chiaro: non intraprendere attraverso un’ideologia politica distorta, un percorso criminale. Ecco perché ci siamo concessi delle libertà autoriali”.

Da dove nasce l’urgenza di questo lavoro?

D.S.M.:Volevamo rappresentare un fatto che cinematograficamente non era mai stato neppure sfiorato. Uno dei più gravi del dopoguerra, dopo Piazza Fontana”.

G.M.:L’urgenza è anche quella di raccontare un cinema diverso, che non si fa quasi più, con un linguaggio molto semplice. C’è un’attenzione per il pubblico “semplice”. Questo è un film di nicchia, ma aspira a diventare popolare ed ecumenico”.

Come vi siete documentati?

DSM:Il film poggia sulla storiografia processuale della vicenda. Bisognava stare molto attenti, trattandosi di un processo indiziario e che ancora oggi, pur con una sentenza definitiva, lascia aperti molti spazi a dubbi e confutazioni. Non abbiamo voluto suggerire piste alternative o fatti che non fanno parte della realtà processuale. Abbiamo voluto fare un lavoro prettamente artistico, con una base nella vicenda reale”.

StampaCome vi siete preparati e cosa vi ha colpito dei personaggi?

Giuseppe Maggio:Alverio Fiori è un personaggio abbastanza complesso, con cui non ho caratteri in comune, per cui è stato abbastanza difficile da interpretare. Non ho avuto l’opportunità di confrontarmi con Valerio Fioravanti, ma ho letto di lui. È l’espressione del suo tempo, in cui si agisce con violenza e si ottiene come risposta altra violenza”.

Martina Colombari:Cinzia Cordero è una reporter. Vuole sapere la verità a tutti i costi. Quando ficchi il naso in vicende troppo segrete o ti spingi così in fondo – l’abbiamo visto ieri con il reporter Andrea Rocchelli, un amico – ti puoi far male, ma lo fai perché hai la necessità di raccontare la verità. In quegli anni ero piccina, ma i genitori ci raccontavano cosa significa morire da innocenti. Di fronte a ciò non ci si deve fermare”.

Lorenzo Flaherty:Credo sia importante fare film su questo e su altri misteri, di cui speriamo di poter scoprire la verità. Ciò che mi ha più stimolato del mio personaggio è il suo lato umano e la sua determinazione nel far luce sul grande dolore legato a questo episodio”.

Confermate che, come detto nel film, Fioravanti e Mambro si sono sempre dichiarati estranei alla strage?

DSM:Mambro e Fioravanti si sono sempre proclamati estranei a questo fatto, pur avendo confessato i precedenti crimini. Mi risulta che non sia stata mai chiesta la revisione del processo. Non abbiamo assunto posizioni colpevoliste o innocentiste. Volevamo solo rappresentare i fatti che la magistratura ha accertato. Ne sapremo di più quando si decideranno a rimuovere il segreto di stato. Questo film va anche in quella direzione. Speriamo che la sua diffusione inneschi la miccia giusta per arrivare a questa conclusione”.

Perché, secondo voi, questa storia non è mai stata raccontata?

GM: “Perché non siamo in America. Se fai un film che affronta una tematica come questa, rischi di smettere di lavorare. In Italia abbiamo registi di valore, se non l’hanno mai fatto è perché probabilmente non hanno trovato la libertà artistica – il denaro senza padrone, pulito. C’è paura di bruciarsi con una pagina molto delicata della nostra storia”.

Dal 29 maggio al cinema in 50 copie.

Bollywood compie 100 anni la Feltrinelli festeggia con DVD+Libro

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Bollywood compie 100 anni la Feltrinelli festeggia con DVD+Libro

bollywood comie 100 anni

Bollywood – la più grande storia d’amore: dopo i festeggiamenti a Cannes, una nuova occasione per celebrare i 100 anni di cinema indiano (1913/2013): le scene più colorate e travolgenti in un cofanetto DVD+Libro Feltrinelli Real Cinema (in collaborazione con la Bim Distribution), in libreria dal 3 luglio.

IN OCCASIONE DEL PRIMO SECOLO DI VITA DELLA MAGGIORE INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA DEL MONDO, ARRIVA UNA SCATENATA ANTOLOGIA DI FILM E STAR PRODOTTA DAL REGISTA DI ELIZABETH, SHEKHAR KAPUR

www.realcinema.it

in libreria dal 3 LUGLIO
Feltrinelli Real Cinema in collaborazione con BIM Distribuzione

Rakeysh Omprakash Mehra, Jeff Zimbalist
BOLLYWOOD – LA PIU’ GRANDE STORIA D’AMORE
Dvd (81′) + Libro (“Made in India”, a cura di Emilia Bandel)
euro 16,90

L’industria cinematografica più grande del mondo compie nel 2013 cento anni, e Feltrinelli Real Cinema si unisce ai festeggiamenti (i più recenti, sulla Croisette, qualche settimana fa) portando in libreria – in collaborazione con BIM Distribuzione – un film, presentato al 64. Festival di Cannes, che è uno scatenato tributo a BOLLYWOOD, ai suoi colori travolgenti e ai suoi numeri musicali incontenibili.

Bollywood – La più grande storia d’amore apre una finestra sul fascino della più imponente industria cinematografica, una fabbrica di sentimento, colori e musica che, dalle origini a oggi, cammina a fianco dei miti del nostro immaginario, cinematografico e culturale, riproducendone gli eccessi, le passioni per le star, i cambiamenti epocali e le influenze sulla società. Perché “cinema” è una parola universale.

Per alcuni è l’unica cultura che tiene insieme l’India, altri vorrebbero bandirla: comunque la si pensi, da un secolo incolla davanti allo schermo 2 miliardi di persone in tutto il mondo. Che quella tra il popolo indiano e Bollywood sia davvero “la più grande storia d’amore”?

Attingendo allo straordinario patrimonio di immagini di questi cento anni, il film – prodotto dal regista di Elizabeth, Shekhar Kapur – immerge lo spettatore in un turbine di sequenze tra le più amate della storia del cinema bollywoodiano, oltre a “presentargli” alcune delle star più amate, da Amitabh Bachchan (appena visto accanto a Leonardo DiCaprio ne Il grande Gatsby) alla bellissima Aishwarya Rai.

Il risultato – come spiega il direttore della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia Alberto Barbera in un articolo pubblicato su La Rivista del Cinematografo e scelto per aprire il volume ‘Made in India‘ che accompagna il film (a cura di Emilia Bandel, pp. 80) – è sorprendente. (…). Un caleidoscopio trascinante di sequenze scandite dal ritmo frenetico di numeri musicali da far impallidire per fantasia, coreografie e splendore scenografico le più straordinarie invenzioni alle quali la Hollywood dell’epoca d’oro ci aveva abituati. Frammenti di oltre cento film di Bollywood, dal bianco e nero degli anni Cinquanta alle rutilanti creazioni contemporanee, sono assemblati in ordine tematico (danze da studio e in ambienti naturali, su treni in corsa e sull’orlo di precipizi, sulle spiagge indiane o sui canali veneziani, passando per la rituale e immancabile sequenza di ballo sotto la pioggia). Un’orgia di movimenti coreografici incredibilmente sincronizzati e coloratissimi, un trionfo di corpi impegnati in esercizi acrobatici e sensuali che sfidano ballando le leggi della fisica e, insieme, della censura. Un’incontenibile energia che trasforma ogni situazione e ogni gesto nell’esaltazione dionisiaca della bellezza e della gioia di vivere“.

Nel volume, oltre al commento di Barbera: Alberto Morsiani approfondisce il ruolo del cinema nella cultura e nell’arte dell’India; Elena Aime racconta come lavorano registi sospesi tra Hollywood e Bollywood; Frédéric Martel svela quali sono le sfide della globalizzazione per un’industria cinematografica alla conquista del mondo come è quella indiana.

Bold Pilot – Leggenda di un campione: la vera storia dietro il film

Sono tanti i film dedicati a celebri cavalli da corsa, storie vere o frutto di fantasia che hanno ottenuto grande popolarità proprio grazie al racconto che di esse si è fatto per il grande schermo. Titoli come Oceano di fuoco – Hidalgo, Un anno da ricordare, Il ritorno di Black Stallion o Lean on Pete. A questi si può aggiungere anche Bold Pilot – Leggenda di un campione, film turco basato sul vero vincente rapporto tra un fantino e il suo cavallo da corsa. Scritto e diretto nel 2018 da Ahmet Katıksız, il film è ora visibile grazie anche al successo che sempre più opere provenienti dalla Turchia stanno trovano nel nostro Paese.

Dalle numerose serie turche presenti nei palinsesti televisivi, fino a film come Voglio crederci, Tattiche d’amore 2 e Merve Kült, disponibili su Netflix e affermatisi come tra i più visti in Italia. Anche Bold Pilot – Leggenda di un campione è un titolo da non perdere, capace di regalare grandi emozioni. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà utile approfondire alcune curiosità relative ad esso. In questo articolo si ritroveranno dettagli relativi alla trama, al cast di attori e, in particolare, alla storia vera dietro il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Bold Pilot - La Leggenda di un campione trama

La trama e il cast di Bold Pilot – Leggenda di un campione

Il film è ambientato negli anni Novanta ed ha per protagonista Halis Karatas, cresciuto in una famiglia dedita all’equitazione in un remoto villaggio dell’Anatolia. Dato questo contesto, Halis sviluppa sin da bambino una sfrenata passione per i cavalli e spera più di ogni altra cosa di diventare un fantino di successo. Deciso a portare a termine i suoi obiettivi il giovane lascia il suo paese e si trasferisce a Istanbul, dove incontra Bold Pilot, un potente stallone difficile da domare ma con grandi potenzialità.

Insieme a lui, Halis conosce Özdemir Atman, il proprietario, e Begüm, sua figlia, di cui si innamora perdutamente. Ma il nuovo percorso che intraprenderà supererà di gran lunga le sue aspettative, trasformando lui e il suo cavallo in delle vere e proprie leggende. In un periodo di forte crisi e instabilità politica, le persone, le cui speranze sembrano essere quasi esaurite, finiscono per legarsi profondamente ad Halis e al suo Bold Pilot grazie alla lezione di vita più importante che potessero trasmettergli: che tutti possono vincere.

Ad interpretare Halis Karatas vi è l’attore turco Ekin Koç, mentre l’amata Begüm è interpretata da Farah Zeynep Abdullah. Fikret Kuşkan è invece l’interprete di Özdemir. Grande protagonista è poi naturalmente il cavallo che interpreta Bold Pilot. Questi si chiama Ganesh e si è scoperto in seguito essere il figlio del vero Bold Pilot. In un’intervista il produttore ha infatti rivelato che nessuno era a conoscenza del legame tra i due cavalli e che questo si è scoperto solo in seguito, quando il chip di Ganesh è stato sottoposto a un controllo. Infine, è da notare che il vero Halis Karatas ha una parte nel film, interpretando un fantino rivale.

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La vera storia dietro il film

Come anticipato, il film è tratto dalla vera storia del cavallo Bold Pilot e del suo fantino Halis Karatas, che hanno ottenuto insieme incredibili successi negli anni Novanta. Nato nel 1993 e morto nel 2015, il cavallo “thoroughbred” (tecnicamente in italiano si parla di “purosangue inglese“) Bold Pilot ha infatti collezionato una grande quantità di vittorie, decretando il successo assoluto della propria scuderia. Di proprietà di Özdemir Atman, presidente dell’OTJ Club, già a tre anni nel 1996 fece parlare delle sue imprese, vincendo la famosa Gazi Race, una competizione per purosangue che si tiene a Istanbul, con un tempo record di 2.26.22 (rimasto imbattuto fino al 2016).

La corsa, dove gareggiano ventidue esemplari in senso orario per un percorso di 2.4Km sull’erba, fu inaugurata nel 1927 come omaggio al fondatore della Repubblica Turca, Gazi Mustafa Kemal. Al di là di quel record, nel corso 1996 Bold Pilot vinse poi anche altre otto corse su nove, mentre in totale nella sua vita l’animale e l’inseparabile fantino Halis Karatas hanno vinto 16 cors su 22 disputate. Tra queste si annoverano 6 campionati Veterans Run. Nel mentre, Halis trova l’anima gemella in Begum Atman, figlia di Özdemir Atman e il film esiste anche per celebrare la figura di lei, erede del club e deceduta nel 2014.

Dove vedere il film Bold Pilot – Leggenda di un campione in streaming e in TV

È possibile fruire di Bold Pilot – Leggenda di un campione unicamente grazie alla sua presenza nel palinsesto televisivo di venerdì 23 agosto alle ore 21:20 su Canale 5 o nel catalogo della piattaforma Mediaset Infinity. Per vederlo su quest’ultima, basterà accedere senza il bisogno di effettuare, ritrovando così il film disponibile per la visione.

Fonte: IMDb

Bojana Nikitovic per La Conseguenza: “Keira Knightley è il sogno di ogni costumista”

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Ha lavorato con Milena Canonero, contribuendo al trionfo agli Oscar dei costumi di Marie Antoinette di Sofia Coppola, ma non ne fa un affare di Stato. Per Bojana Nikitovic già lavorare accanto alla costumista italiana sembra essere un premio sufficiente, visto che parla del suo incontro con la Canonero come “la cosa professionalmente più importante che mi sia mai capitata.”

“Ci siamo incontrate a Belgrado sul set di un film italiano, poi lei mi ha portata con sé. – ha raccontato la Nikitovic, ospite a Milano per parlare del suo lavoro ai costumi de La Conseguenza, di James Kent, in uscita il 21 marzo – Quando mi chiedono del mio lavoro, io dico sempre che tutto quello che so l’ho imparato da lei, non solo in merito al costume per il cinema, ma anche per quello che riguarda l’organizzazione delle comparse, il lavoro con gli attori. Lei è un genio. Ci sentiamo sempre e spero di fare altri film insieme. Con lei farei sempre l’assistente, non avrei nessun problema.”

Nonostante il grande debito professionale che sente verso Milena Canonero, Bojana Nikitovic cammina da tempo sulle sue gambe, svolgendo con successo il suo lavoro di costumista, un impegno che comincia con la ricerca e le preparazioni preliminari.

“La prima parte è di ricerca, naturalmente. E per me è stato un viaggio bellissimo, ci sono tantissimi documenti e fotografie d’epoca. Poi i tedeschi sono organizzati e nonostante tutti i bombardamenti, sono state conservate tantissime foto, e ci sono anche dei libri. E mi piace molto che nel film si veda bene quanto Amburgo fosse distrutta, non esisteva più.”

Nel film sono rappresentate diverse classi sociali e attraverso i costumi, principalmente, è stata evidenziata questa separazione di estrazione. E anche tra le mogli degli ufficiali, una borghesia ricca dunque, c’è una leggera differenza, visto che Rachel, la protagonista interpretata da Keira Knightley, ha molto più stile delle altre donne. “Il casting del film è stato molto ben fatto perché tutte le attrici scelte per interpretare queste donne sono molto diverse, quindi è stato anche interessante lavorare su questi aspetti e differenziarle nei costumi.”

Tra queste attrici ovviamente spicca la Knightley, la protagonista femminile del film: “Keira è il sogno di ogni costumista. Avevo già lavorato con James Kent e quando mi ha chiamata stavo lavorando a un altro film. Appena mi ha detto che c’era lei, ho detto subito di sì, anche se ero occupata su un altro set. C’è qualcosa in lei che è incredibile, come porta gli abiti lei, il suo viso, le sue spalle. Non è un caso che sia lei una delle testimonial di Chanel. Ha un’eleganza incredibile!”

“Il mio ricordo principale legato al set è il freddo, e la povera Keira indossava dei costumi leggerissimi, dei tessuti per cui non potevi indossare nulla sotto, e a fine riprese ha voluto conoscere il nome di quei tessuti così che non li avrebbe mai più indossati!”.

Nel film il lavoro dei costumi non serve solo a vestire e coprire gli attori, ma, nel caso del personaggio della Knightley, anche a raccontare il suo percorso, e la Nikitovic ha usato un indumento preciso per spiegarne l’evoluzione: il cappotto. Un elegantissimo cappotto lungo, accompagnato, a inizio e a fine film, da un abbigliamento (e un atteggiamento) molto differente, a indicare la progressiva “apertura” della donna, sempre secondo la moda degli anni ’40.

La Conseguenza, recensione del film con Keira Knightley

Ma il lavoro concreto sugli abiti è stato di ricostruzione o recupero? “È stato complesso e abbiamo studiato e ricostruito, ma anche recuperato, sistemato e riadattato, cambiando fibbie e bottoni, per esempio. Il lavoro è stato fatto principalmente con case italiane, ma anche con alcune case inglese, perché abbiamo preso spunto dalla moda inglese, ovviamente.”

Il risultato è stato un lavoro di assemblaggio che, ispirandosi ovviamente alle ricerche e allo stile dell’epoca, ha dato vita a un look completamente personale, con una serie di capi d’abbigliamento che si indosserebbero anche oggi, cosa che sembra sia stata molto gradita anche all’attrice. Una serie di golfini e twin-set appositamente realizzati per Keira Knightley sono dei pezzi unici che si confonderebbero molto bene nella moda contemporanea, portando con sé un tocco di eleganza e stile.

Per il personaggio di Jason Clarke, l’ufficiale Lewis Morgan, è stato un po’ più difficile mostrare l’evoluzione del personaggio attraverso i costumi, visto che lo vediamo sempre in divisa, tuttavia, proprio attraverso i costumi riusciamo a scoprire la fragilità, la crepa dentro a quest’uomo ligio e dedito al dovere: quando Lewis ricorda il figlio morto, si aggrappa a un golfino del bambino, con un buco nel centro, il segno della ferita che lo ha ucciso. “Quando Jason ha girato quella scena, abbiamo pianto tutti” ha raccontato la Nikitovic.

Si è potuto giocare e raccontare molto di più con i costumi del personaggio di Alexander Skarsgård, Lubert. Un uomo bello ed elegante, ma che veniva da un momento difficile, già dalla sua prima apparizione e dall’incontro dei due, possiamo intuire la storia di quest’uomo. “Doveva essere un uomo elegante ma con un abito di almeno dieci anni addosso. Sono almeno 4 o 5 anni che lui non compra nulla di nuovo, quindi ci voleva un abito giusto. Un volta, probabilmente, si vestiva benissimo, essendo molto ricco e di bell’aspetto, ma in questa scena si doveva vedere che era in difficoltà, che era dimagrito, anche, quindi abbiamo realizzato una camicia un po’ più larga.”

Per quanto riguarda, di nuovo, i costumi di Rachel (Keira Knightley), nella storia è lei che cuce da sola i suoi vestiti, quindi è lei stessa che adatta i suoi abiti ai suoi cambiamenti emotivi. Emblematico è l’abito di velluto blu che indossa a metà film, un abito iconico con cui, simbolicamente, rinuncia al marito e abbraccia la possibilità di una nuova esperienza.

La Conseguenza, le interviste al cast

Oltre a cappotto, i golfini, e il velluto blu, un altro momento importantissimo per il personaggio di Keira Knightley e soprattutto per il lavoro di Bojana Nikitovic è stato l’abito oro, una realizzazione preziosa e fondamentale per ciò che accade nel film.

“Abbiamo realizzato un abito verde acqua, ed era importantissimo che il vestito risaltasse sulla neve. Io volevo usare il fucsia, perché sta benissimo a Keira, ma non potevamo usare quel colore, e nemmeno il rosso, perché nella scena deve risaltare il sangue che macchia l’abito. Non potevamo usare nemmeno il verde, perché il costume di Espiazione è famosissimo ed è verde. Così abbiamo scelto questo verde acqua, che è piaciuto a tutti, era un abito molto bello, ma non ero convinta e così, nonostante le prove fossero andate bene, ho deciso di realizzare un’altra possibilità.

Ho trovato questo tessuto a Praga, ma non è che di questi abiti se ne fa uno soltanto, allora mi servivano almeno 25 metri di tessuto. Di questo abito ne sono stati realizzati almeno sei. E la prima scena che abbiamo girato era proprio questa sulla neve, e il giorno prima dell’inizio delle riprese, Keira è venuta sul set per le prove e quando l’hanno vista con l’abito dorato, tutti hanno scelto quello. Questo abito comunicava proprio perfettamente la sua esigenza di fuggire. Il tessuto era molto difficile da indossare, satin di seta, non poteva mettere niente sotto e nelle scene sulla neve aveva degli scarponi da sci, mentre correva. E poi le pieghe che si creavano ad ogni pausa… insomma, è stato un vestito dalla gestione difficilissima.”

Ma dove vengono conservati gli abiti di scena, dopo il film? “Per la maggior parte finiscono dentro a scatoloni, a portata di mano per delle eventuali riprese aggiuntive, alcuni abiti vengono usati per delle esposizioni, altri invece diventano proprietà della casa di sartoria che li ha prodotti.”

Come ha raccontato Bojana Nikitovic, il percorso di un film si può dunque scoprire e ricostruire anche attraverso il lavoro di artigianato e ricerca che porta alla realizzazione dei costumi. Storie, segreti e percorsi emotivi parlano non solo attraverso sceneggiature e interpretazioni, ma anche attraverso il modo in cui gli attori, i personaggi si presentano a noi.

Di seguito, alcuni bozzetti degli abiti realizzato per La conseguenza:

Bojan, Dietro il Sorriso: trailer del documentario in arrivo su Rakuten TV

Rakuten TV ha diffuso il trailer di Bojan, Dietro il Sorriso, un documentario che racconta nel dettaglio la carriera dell’attaccante catalano Bojan Krkić, evidenziando tutte le difficoltà vissute da uno dei più grandi talenti dell’FC Barcelona. Sarà disponibile sulla piattaforma in 42 paesi a partire dal 3 novembre.

Il documentario, che sottolinea costantemente l’importanza della salute mentale nella carriera del calciatore di Linyola, inizia con una conversazione tra Bojan Krkić e il Dottor Monseny, lo psicanalista che lo ha curato nei momenti più difficili all’FC Barcelona. Il colloquio con il dottore funge da filo conduttore per tutta la trama del film.

La prima parte del film ripercorre la carriera di Bojan Krkić nelle giovanili dell’FC Barcelona e il suo debutto in prima squadra. Un periodo in cui si distingue come capocannoniere di tutta la storia de La Masia ma segnato anche da un difficile inizio in uno spogliatoio pieno di grandi nomi e di momenti complicati. Nonostante le lotte psicologiche e gli attacchi d’ansia, Bojan mostra un rendimento eccezionale sul campo, segnando 12 gol nella sua prima stagione, condividendo la prima linea con Thierry Henry, Ronaldinho o Samuel Eto’o.

Il documentario affronta nel dettaglio la controversia sulla decisione di Bojan di non unirsi alla nazionale spagnola per Euro 2008, dando priorità alla sua salute mentale. Questo episodio, fondamentale per la sua carriera, viene approfondito attraverso la testimonianza cruciale della madre, che chiarisce le ragioni di questa scelta decisiva. Contrariamente alla versione ufficiale, che parlava di gastroenterite, viene svelato il vero motivo, scatenando una polemica mediatica.

In quest’altra parte del documentario viene esplorata la seconda fase di Bojan all’FC Barcelona, che coincide con l’arrivo di Pep Guardiola in prima squadra, una fase in cui Bojan inizia a perdere importanza all’interno del team. Un momento cruciale arriva in occasione delle finali di Champions League a Roma e Wembley, dove il catalano gioca appena un minuto.

Di fronte a questa situazione, Bojan sceglie di lasciare il club della sua vita, l’FC Barcelona. Questo processo è doloroso ma gli permette di esplorare nuovi orizzonti e di ritrovare il suo senso di appartenenza in squadre come Stoke City, Roma, Ajax, Milan, Mainz, Alaves, Montreal e Vissel Kobe.

Bojack Horseman 5: recensione della quinta stagione

Bojack Horseman 5: recensione della quinta stagione

Amanti e detrattori di Netflix a raccolta. Che siate o meno degli estimatori della più famosa piattaforma di streaming online, non potrete evitare di porgerle l’ennesima attenzione. Perché è arrivato Bojack Horseman 5, la quinta stagione di Bojack Horseman, uno dei prodotti originali Netflix più amati di tutti i tempi.

Creata quattro anni fa da Raphael Bob-Waksberg, e disegnata da Lisa Hanawalt, la serie incentrata su un cavallo-attore cinico e alcolizzato è entrata pian piano nel cuore di milioni di spettatori. I riconoscimenti formali non hanno tardato ad arrivare, dalle vittorie ai Critic’s Choice Television Awards fino alle candidature agli Emmy.

Merito soprattutto delle interpretazioni personalissime delle star che prestano la voce ai personaggi animati. A partire da Will Arnett che riesce a rendere la complessità e la cupezza del  protagonista tanto bene da aver affermato che quello di Bojack è forse il ruolo più difficile della propria carriera. Al suo fianco grandi attori come Amy Sedaris, Alison Brie, Aaron Paul e guest star del calibro di Jessica Biel, Zach Braff, Rami Malek, J.K.Simmons e molti altri.

Menzione d’onore, stavolta obbligatoria, per il doppiaggio italiano di Bojack Horseman 5. Dirette da Loris Scaccianoce e Valentina Miccichè, le voci di Francesco Pucci (Bojack), Giò-Giò Rapattoni (Princess Caroline), Chiara Gioncardi (Diane) e Massimo Bitossi (Mr. Peanutbutter) sono perfette, un orgoglio nostrano e un richiamo nostalgico ai tempi d’oro del doppiaggio Simpson.

Quando si vedono le stagioni di Bojack, ognuna rigorosamente composta da 12 episodi, si sale sulle  cosiddette montagne russe delle emozioni. Pare un cliché, ma è inevitabile farsi coinvolgere. Nelle ultime stagioni Bojack, volente o nolente, è annegato negli abissi del suo passato. Seconda e terza serie lo ponevano di fronte alle  proprie mancanze come amico e come figura (pseudo)paterna, errori evidentemente irrecuperabili, proprio come la fine di Sarah-Lynn. Muoiono le persone, in Bojack Horseman 5.

In un panorama di film e serie tv animate dove i protagonisti sembrano (e sono) immortali, dove Bart rimane un mascalzone di otto anni e Brian Griffin può risorgere dopo poche puntate, lo show Netflix se ne frega anche di questi stereotipi e ci pone di fronte alla morte (per cancro, per overdose, per infarto, non certo per idealismo) di persone non perfette, mai belle, ma spaventosamente concrete.

E il conseguente dolore della perdita, l’impossibilità di tornare indietro, si sussumono nella figura sempre più tormentata di Bojack. Che nella quarta stagione fa i conti con le proprie origini, intese come discendenza diretta. La storia di Beatrice Sugarman-Horseman (stagione 4, episodio 2) è forse una delle trame più struggenti mai partorite da una serie tv. Sulle note stupende di “I will always think of you”, sfidiamo chiunque a non versare qualche lacrima nel vedere nonna Sugarman lobotomizzata e Beatrice bambina lasciata a sé stessa.

Tornati ai giorni nostri, la relazione tra Bojack e sua madre sembra evolversi in senso positivo, finché la donna – ormai affetta da demenza senile – non mette a repentaglio la vita della ritrovata sorellastra Hollyhock. E Bojack sprofonda nell’ennesimo abisso di alcol e droghe, in attesa di nuovi sviluppi.

Che sono arrivati. Eccoli, in questa quinta stagione che – ormai da prassi – parte piano, senza apparenti premure. Spariscono i riferimenti, una volta numerosissimi e più o meno divertenti, al vecchio show anni ’90 Horsin’ Around, lasciando che tutto sia assorbito dalla nuova crime-series di cui Bojack è protagonista: Philbert. Il set, come il mood, sono metacinematografici. Devono rispecchiare un “detective spartano, solitario, in equilibrio precario sopra una collina di desolazione”. Più Bojack di così…

BoJack (left, voiced by Will Arnett) in Netflix’s “BoJack Horseman.” Photo courtesy of Netflix.

Bojack Horseman 5 funge poi da definitiva consacrazione di quelli che, già in precedenza, si erano rivelati due mostri sacri: Diane e Princess Caroline. Come già in passato, le due donne rubano più volte la scena (e la puntata) al protagonista. Perfetta incarnazione, ognuna a suo modo, delle donne del nuovo millennio, Diane e Princess Caroline sono in costante lotta con sé stesse e con il mondo che le circonda, neofemminista e ipocrita allo stesso tempo.

Avevamo lasciato Diane con la chiusura del suo matrimonio con Mr. Peanutbutter, e la ritroviamo sola  e con la volontà illusoria di riprodursi nella propria personale versione di “Magia, Prega, Ama”. Ma Diane non è un personaggio fittizio, nel senso che non le bastano un nuovo taglio di capelli e tante buone intenzioni per stare meglio con sé stessa. La sua mancanza di legami con le proprie origini è superata solo dall’incapacità, in qualche modo similare, di crearsi dei rapporti duraturi. E così Diane continua a spezzarsi. Ma sopravvive.

Come tutti in questa serie, dove ogni personaggio porta un bagaglio emozionale tale che alla fine, nel faticoso atto di cadere e rialzarsi, coglie anche l’occasione per mandare lo spettatore a quel paese.

Uno show così crudo e critico come Bojack Horseman, non poteva mancare di dire la sua anche sul movimento “MeToo”e sull’ondata di femminismo hollywoodiana, denunciandone però anzitutto le ambiguità. All’indomani delle denunce sessiste e delle false dichiarazioni/pentimenti che ne sono conseguite, Bojack punta il dito contro il pubblico sovrano che fraintende e santifica, giudica e condanna senza pietà e raziocinio. La morale è sempre in stile Horseman: nessuno si emenda, nessuno si pente davvero.

Allora è inutile scavare troppo a fondo, “il dolore fisico è molto peggio della sofferenza emotiva prolungata”, dice Bojack in uno slancio di sartriano citazionismo. Forse per questo nella serie rimangono invariati, anzi “inanimati”, alcuni personaggi secondari come Todd e Mr. Peanutbutter, emblema di una certa superficialità leggera (che è tale forse anche per stemperare il clima altrimenti troppo serioso di Bojack), e che è tuttavia necessaria per rispecchiare alcuni lati del carattere umano. Se Mr. Peanutbutter rappresenta fin dal principio della serie il lato più positivo e solare di alcune persone, Todd doveva incarnare quel versante più celato dell’animo umano, quello fatto di vizi, dipendenze, e apatia. Ma con il tempo il suo personaggio è arrivato solo ad un’ambivalenza inerte, e persino la trattazione di una tematica tanto nuova e delicata coma la asessualità risulta poco accattivante, se non proprio di cattivo gusto.

Ma si sa, Bojack Horseman gioca scorretto, persino quando sembra stia trasmettendo un messaggio particolarmente educativo. Persino quando si rende conto della propria fama e del successo mondiale che ha riscosso.

Per questo, nel pieno della propria consapevolezza di essere una delle serie tv più amate e in voga del momento, lo show di Raphael Bob-Waksberg ci prende in contropiede. E in questa quinta stagione tinge tutto di un sottile, eppur palpabile ottimismo. Ebbene sì, stavolta il messaggio è positivo. Positivo in stile Bojack, ma pur sempre positivo.

Senza spoilerare un finale che comunque non è affatto come ci si aspettava, la serie non sprofonda più – come invece aveva fatto in passato – nell’oscuro baratro della disperazione, condita di una buona dose di psicofarmaci e autoindulgenza. Stavolta tutto sembra appianarsi, forse non risolversi, ma quanto meno equilibrarsi. E tutto sa di troppo “semplice”.

Se la sofferenza interiore come ci è stata mostrata nell’arco delle prime quattro stagioni è lunga e tortuosa, ma estremamente interessante, la via della guarigione e lo scioglimento di alcuni drammi diventano automaticamente più banali e quindi meno interessanti? Cosa ne è allora dello show empatico, drammatico, lunatico e tanti altri -atico che gli sono stati attribuiti?

Forse niente altro che il puro rifiuto, mai gridato troppo forte, di attribuirsi – o farsi attribuire – le classiche false etichette. Di sfuggire a quella “obsolescenza programmata” che vorrebbe definire forzatamente Bojack Horseman quale prodotto di intrattenimento fine a sé stesso, con un inizio, uno svolgimento e una fine. Nella speranza invece, che uno show del genere possa ambire a qualcosa di più che uno schermo piatto e una piattaforma di streaming.

Boiling Point – Il disastro è servito: recensione del film di Philip Barantini

Stephen Graham e Philip Barantini ci avevano già provato, nel 2019, con un corto omonimo nel quale recitavano anche le stesse Alice Feetham e Hannah Walters. Un punto di partenza solido e un’idea interessante che vediamo sviluppata nel Boiling Point – Il disastro è servito, nelle sale italiane da giovedì 10 novembre, distribuito da Arthouse, nuovo progetto editoriale di I Wonder Pictures dedicato al cinema d’essai in collaborazione con Valmyn. Un’opera seconda per il regista di Villain, che con il partner e la sous chef Vinette Robinson sta preparandoci una versione televisiva seriale della drammatica serata dello chef Andy Jones.

Boiling Point – una vigilia di fuoco

Che troviamo sin da subito distratto da altre preoccupazioni, ma costretto a concentrarsi su quanto sta succedendo nel suo ristorante – tra i più ‘in’ di Londra – nella serata più impegnativa dell’anno, la Vigilia di Natale. La visita a sorpresa di un ispettore sanitario mette il personale in difficoltà e Andy fa il possibile per attenuare le tensioni. Ma è lui il primo a essere sotto stress. Il suo ex mentore, divenuto una super star televisiva, si presenta senza preavviso e accompagnato da un feroce critico gastronomico. Il tutto mentre il nervosismo continua a crescere tra i membri della squadra, e crisi personali e professionali minacciano di distruggere tutto ciò per cui ha sempre lavorato. 

Cotti o scottati, gli chef delle cucine da incubo

The Bear, The Menu e ora Boiling Point… dopo averci raccontato la cucina come gesto e luogo d’amore (non solo per il cibo), dopo averci sommerso di reality o talent culinari e averci invitato a cucinare per questo o quel talent o canale tv, ora sembra arrivato il momento della vendetta. Degli Chef. Finalmente liberi di mostrarci l’altra faccia di un ruolo sempre molto celebrato e mitizzato, un dark side che a seconda dei casi rischia di inghiottire clienti, collaboratori o loro stessi.

Niente rivincite professionali o psico-thriller in questo caso, il dramedy ambientato tra i fornelli e dietro le quinte di un ristorante alla moda ha un ritmo che molti film di genere potrebbero invidiargli. Merito di una scrittura capace e di una regia intelligente, che hanno saputo ampliare l’idea originale realizzando un crescendo che si sviluppa in un unico piano-sequenza (per altro girato subito prima del lockdown del marzo 2020, e facendo solo quattro tentativi in due giorni di riprese).

Spesso gioco formale, qui la scelta risulta perfettamente funzionale alla volontà di rendere il lavorio incessante e forsennato – oltre che organizzato e sincronizzato – di una cucina, soprattutto di alto livello. E che ci regala la condizione rara di osservare una storia nel suo svolgersi, in tempo reale, lasciando all’attenzione di ciascuno per i dettagli la possibilità di approfondire la caratterizzazione dei vari personaggi, soprattutto quelli secondari.

Che seguiamo a turno, senza dimenticare nessuno. Altra dimostrazione dell’equilibrio complessivo dell’intreccio, nel quale a ogni crisi segue un’apparente ristabilirsi della calma, e lo spalancarsi di un nuovo fronte, come una diga nella quale continuino ad aprirsi nuove crepe. L’inondazione sembra inevitabile, ma per sapere da quale parte arriverà si dovrà attendere fino al conto.

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

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Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare The Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

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Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare Lo Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

Bohemian Rhapsody: trovato il sostituto di Bryan Singer

Dexter Fletcher è il nuovo regista di Bohemian Rhapsody, dopo il licenziamento di Bryan Singer. La produzione del film riprenderà la prossima settimana. Per maggiori dettagli sul licenziamento di Singer dal progetto e per la conseguenza delle scelte della Fox, e le conseguenti accuse da parte del regista, leggete qui.

Dexter Fletcher è conosciuto per aver diretto Eddie the Eagle, Sunshine on Leith, Wild Bill. Come attore ha preso parte ai film Lock, Stock and two Smoking Barrels, Kick-Ass e Tospy-Turvy.

Bryan Singer licenziato: lascia Bohemian Rhapsody e denuncia la Fox

Bohemian Rhapsody è scritto dallo sceneggiatore nominato all’Oscar Anthony McCarten (La Teoria del Tutto) e parla di Mercury, interpretato da Rami Malek, e della storica band Queen. I Queen si sono formati a Londra negli anni Settanta e i loro brani sono tutti grandi successi come “We Will Rock you”, “Another  One Bites the Dust”, “Killer Queen”, “Don’t Stop me now”  e molti altri. Non sappiamo quanto storia dei Queen ci sarà nel film ma sappiamo che coprirà vent’anni (dalla formazione della band  alla tragica morte di Mercury nel 1991).

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Gli altri componenti dei Queen sono interpretati da Joe Mazzello, Ben Hardy e Gwilym Lee. Il film uscirà il 25 Dicembre 2018.

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Fonte: Comingsoon

Bohemian Rhapsody: trama, cast e curiosità del film su Freddie Mercury

Ci sono cantanti e musicisti le cui vite spericolate e ricche di eccessi non potevano non diventare oggetto di celebrazione al cinema. Nel corso dei decenni, infatti, sono molti i titoli biografici dedicate alle leggende della musica. Da Ray per Ray Charles al più recente Rocketman per Elton John. Un successo clamoroso è però stato quello di Bohemian Rhapsody (qui la recensione), dedicato a Freddie Mercury e i Queen. Diretto da Bryan Singer (il quale però si allontanerà dalla produzione a seguito di contrasti, lasciando il posto a Dexter Fletcher), il film ripercorre i primi quindici anni del gruppo, dal 1970 al Live Aid del 1985.

L’intenzione di raccontare la vita di Mercury al cinema circolava già da anni in quel di Hollywood e inizialmente il progetto era stato affidato a Sacha Baron Cohen. L’attore voleva però dar vita ad un film che esplorasse in profondità il privato di Mercury e i suoi modi di fare dissoluti, cosa che ai restanti membri dei Queen non sembrò andare a genio. Con l’abbandono di Cohen, si decise così di puntare su un biopic più canonico, celebrativo tanto del cantante quanto della band. Con l’arrivo in sala nel 2018, Bohemian Rhapsody si rivelò un successo straordinario, diventando un inaspettato caso mediatico.

Ad oggi è il biopic musicale di maggior successo nella storia del cinema, con un incasso globale di oltre 900 milioni di dollari in tutto il mondo. Pur se storicamente non sempre preciso, il film ha certamente il merito di aver riportato in auge uno dei grandi gruppi della storia del rock. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e a molto altro. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Bohemian-Rhapsody-Queen

La trama di Bohemian Rhapsody

Il film segue le vicende del giovane Farrokh Bulsara, studente britannico di origine parsi il quale nel 1970 assiste all’esibizione di una band che lo colpirà in particolare. Dato il suo forte desiderio per la musica, il giovane si propone poi a questa come nuovo frontman, dimostrando grandi capacità canore. Fatta così la conoscenza di Roger Taylor e Brian May, Farrokh assume il nome di Freddie Mercury e rinomina la band in Queen. Da quel momento ha inizio un’avventura ricca di eccessi e successi, che porterà il gruppo a doversi scontrare con il dirigente discografico Ray Foster, con i problemi legati alla droga e con il desiderio di offrire sempre di più. L’ideazione di un brano chiamato Bohemian Rhapsody sembrerà però cambiare ogni cosa.

Bohemian Rhapsody: la vera storia dietro al film

Nonostante si sia cercato di rimanere quanto più fedeli alla realtà di come si svolsero gli eventi, il film dà vita ad una serie di modifiche necessarie ai fini del racconto cinematografico. Una prima sostanziale differenza si ritrova nella descrizione dell’incontro tra Mercury e gli altri membri dei Queen. Questi, nella realtà, si conoscevano già tramite la scuola e l’amico in comune Tim Staffell, il quale era il cantante del gruppo all’epoca noto come Smile. Quando poi Staffell lasciò tale ruolo, Mercury venne arruolato come nuovo cantante, dando così vita ai Queen. L’ingresso del bassista John Deacon, invece, risale al 1971, quando il gruppo aveva già provinato diversi altri musicisti per quel ruolo.

Di particolare importanza all’interno del film è poi il rapporto tra Mercury e la sua storica fidanzata Mary Austin. I due, a differenza di quanto mostrato nel film, non si sono conosciuti la stessa sera in cui Mercury incontrò gli Smile. Si conobbero infatti solo in seguito, instaurando un rapporto di amore e amicizia durato anche oltre la loro rottura. Un altro personaggio su cui si sono prese diverse licenze è quello di Ray Foster, il quale è in realtà fittizio e solo vagamente ispirato al capo della Emy Roy Featherstone. Questo, pur se contrario all’idea di pubblicare Bohemian Rhapsody, rimase sempre un sostenitore della band.

Per quanto riguarda i rapporti tra Mercury e il gruppo, invece, va segnalato che i Queen non si sono mai sciolti come lasciato intendere nel film, ma al massimo si presero alcune pause dai loro progetti. L’esibizione al Live Aid, quindi, non rappresentò una reunion. Il gruppo, infatti, prima di tale concerto avevano da poco rilasciato l’album The Works. Arrivando a raccontare solo fino a questo storico concerto, svoltosi nel 1985, il film ha inoltre anticipato un evento accaduto in realtà solo nel 1987, ovvero la scoperta di Mercury di essere positivo all’HIV. In Bohemian Rhapsody il protagonista annuncia dunque tale scoperta ben prima di quanto in realtà avvenuto.

Bohemian Rhapsody canzone

Bohemian Rhapsody: il cast del film

Con la rinuncia di Cohen di interpretare Mercury, ad interpretare il celebre frontman è stato chiamato l’attore Rami Malek, divenuto particolarmente noto per la serie Mr. Robot. Egli si dedicò moltissimo al personaggio, studiandolo in ogni sua movenza e modo di fare.  Ha poi passato ore e ore alle prove costumi, indossato un trucco preciso e dei denti posticci Inoltre, Malek ha cercato di capire che cosa avesse ispirato Freddie, cercando di esprimere il suo carattere meraviglioso e le sue sfumature, di renderlo umano, un umano che fa errori come tutti gli altri. Arrivò così a dar vita ad una performance estremamente realistica del cantante, ottenendo per questa innumerevoli premi tra cui l’Oscar al miglior attore.

Nel ruolo degli altri membri della band si ritrovano invece Ben Hardy nei panni del batterista Roger Taylor, Joseph Mazzello in quelli del bassista John Deacon e Gwilym Lee in quelli del chitarrista Brian May. L’attrice Lucy Boynton interpreta invece Mary Austin, la compagna di Mercury. Proprio sul set di questo film è nato anche l’amore tra l’attrice e Malek, oggi coppia nella realtà. L’attore Allen Leech interpreta Paul Prenter, il manager personale di Mercury e suo compagno per un certo periodo. Gli attori Aidan Gillen e Tom Hollander interpretano rispettivamente John Reid e Jim Beach, il primo e il secondo manager dei Queen. Mike Myers compare nei panni del dirigente discografico Ray Foster, mentre Aaron McCusker è Jim Hutton, compagno di Mercury.

Chi canta in Bohemian Rhapsody?

Per quanto Malek si sia preparato a lungo per il ruolo, non è davvero lui ad eseguire le canzoni presenti nel film. Queste sono state interpretati da diversi cantanti la cui voce ricorda quella di Mercury, tra cui Marc Martel. Questi, oltre ad essere il leader di una tribute band dei Queen (Ultimate Queen Celebration), ha anche pubblicato una cover molto apprezzata del duetto Queen/David Bowie “Under Pressure“, in cui l’artista indie rock Kevin Max ha cantato la parte di Bowie. Proprio per via della sua somiglianza vocale con Mercury è stato chiamato a partecipare al progetto e quello che si può sentire nel film è dunque un mix della sua voce, di quella di Freddie Mercury, oltre a quella di Rami Malek. La presenza di una traccia vocale dell’attore è stata necessaria per far sì che non si avvertisse un’eccessiva differenza tra cantato e parlato.

Bohemian Rhapsody: la canzone e il suo significato

Pubblicato il 31 ottobre del 1975, il singolo Bohemiam Rhapsody è uno dei brani più celebri e osannati di sempre. Primo estratto del quarto album dei Queen, A Night at the Opera, questo è celebre per la sua particolare struttura musicale, composta da cinque diverse parti principali: un’introduzione corale cantata a cappella, un segmento in stile ballata che termina con un assolo di chitarra, un passaggio d’opera, una sezione di hard rock e un altro segmento in stile ballata che conclude su una sezione solo piano e chitarra. Il testo, scritto da Mercury, è quantomai misterioso ma è spesso stato indicato come il messaggio tramite cui il cantante ha dichiarato la propria omosessualità.

Il trailer di Bohemian Rhapsody e dove vedere il film in streaming e in TV

Per gli amanti del gruppo e del film, è possibile fruire di Bohemian Rhapsody grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Google Play, Apple TV, Prime Video, Netflix e Disney+. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di giovedì 18 gennaio alle ore 21:20 sul canale Rai 2.

Fonte: IMDb, HistoryvsHollywood

Bohemian Rhapsody: Rami Malek nel primo trailer del film su Freddie Mercury

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Come annunciato ieri, ecco arrivare online il primo trailer ufficiale di Bohemian Rhapsody, film dedicato al frontman dei Queen Freddie Mercury (interpretato sullo schermo da Rami Malek) e diretto da Bryan Singer.

Nel cast di Bohemian Rhapsody anche Gwilym Lee (Brian May), Ben Hardy (Roger Taylor), Joe Mazzello (John Deacon) e Gwilym Lee (Brian May).

Vi ricordiamo che il biopic uscirà nelle sale americane il 2 novembre 2018.

Bohemian Rhapsody: prime foto ufficiali dal Cinemacon

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: Rami Malek in una nuova foto

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Bohemian Rhapsody: Rami Malek in una nuova foto

Continua la trasformazione di Rami Malek in Freddie Mercury sul set di Bohemian Rhapsody, il biopic sul cantante e sul suo gruppo, i Queen, diretto da Bryan Singer.

Proprio il regista, tramite il suo account Instagram ufficiale, ha condiviso una nuova foto di Malek mentre è a lavoro sul personaggio. Che ve ne pare?

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Bryan May e Roger Taylor, membri dei Queen, saranno i produttori esecutivi. Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione, data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.

Il ruolo di Freddie Mercury, per molto tempo passato dalle mani di Sacha Baron Cohen a quelle di Ben Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie premiata e arrivata alla terza stagione.

Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, nel film ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon. Il film è diretto da Bryan Singer.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

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Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Ecco la prima immagine ufficiale di Rami Malek nei panni di Freddie Mercury per il biopic Bohemian Rhapsody, che sarà diretto da Bryan Singer.

A dirigere Bohemian Rhapsody è stato chiamato Bryan Singer, che conferma ufficialmente la sua partecipazione al progetto dopo una lunga trattativa. Bryan May e Roger Taylor, membri dei Queen, saranno i produttori esecutivi. Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione, data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.

Il ruolo di Freddie Mercury, per molto tempo passato dalle mani di Sacha Baron Cohen a quelle di Ben Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie premiata e arrivata alla terza stagione. Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, in Bohemian Rhapsody ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon. Il film è diretto da Bryan Singer.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: prime foto ufficiali dal Cinemacon

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Bohemian Rhapsody: prime foto ufficiali dal Cinemacon

The Hollywood Reporter ha diffuso due nuove foto ufficiali di Bohemian Rhapsody in cui in una vediamo Rami MalekGwilym Lee, che rispettivamente interpretano Freddie Mercury e Brian May e nell’altra un momento della band durante il Live AID del 1985.

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, nel film ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: Mike Myers in trattative

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Bohemian Rhapsody: Mike Myers in trattative

Anche se le riprese di Bohemian Rhapsody sono già cominciate, la produzione del biopic su Freddie Mercury è ancora alla ricerca degli ultimi nomi per completare il cast.

Arriva infatti da  Deadline la notizia che Mike Myers sarebbe in trattative per entrare a far parte del gruppo di attori guidato da Rami Malek e diretto da Bryan Singer.

Non ci sono ancora dettagli sul tipo di ruolo che Myers potrebbe interpretare, ma nel caso venisse coinvolto, sarebbe il volto più noto del cast insieme al protagonista di Mr. Robots.

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

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Bryan May e Roger Taylor, membri dei Queen, saranno i produttori esecutivi. Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione, data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.

Il ruolo di Freddie Mercury, per molto tempo passato dalle mani di Sacha Baron Cohen a quelle di Ben Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie premiata e arrivata alla terza stagione.

Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, in Bohemian Rhapsody ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon. Il film è diretto da Bryan Singer.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: le differenze tra il film e la storia vera

Bohemian Rhapsody: le differenze tra il film e la storia vera

Bohemian Rhapsody (qui la recensione), il film campione d’incassi e vincitore di quattro premio Oscar diretto da , racconta la vera storia dell’ascesa alla fama e alla fortuna di Freddie Mercury e dei Queen. Tuttavia, il film non è del tutto accurato nel raccontare la storia della band. Interpretato da Rami Malek (premiato con l’Oscar al Miglior attore) nel ruolo di Freddie Mercury e da Gwilym Lee in quello di Brian May, il film mostra i Queen mentre concepiscono i loro successi iconici e realizzano il loro trionfo finale al concerto Live Aid del 1985.

Tuttavia, gli appassionati dei Queen noteranno sicuramente che le linee temporali sono state alterate e che a volte alcuni dettagli non tornano. In un certo senso c’era da aspettarselo. Da Argo a BlacKkKlansman, Hollywood ha una lunga tradizione di sensazionalizzazione di eventi reali per i biopic del grande schermo. Tuttavia, non sempre questo viene fatto per aumentare la posta in gioco drammatica. Alcune pietre miliari devono essere condensate per rientrare in quel lasso di tempo di due ore, oppure non possono essere rappresentate a causa di diritti o permessi negati.

Nel caso di Bohemian Rhapsody, diversi eventi vengono riorganizzati per creare un potente effetto drammatico. Questo approccio è particolarmente evidente verso la fine del film, quando si profila il concerto Live Aid. Come hanno notato molte recensioni, il risultato è una celebrazione a tratti spettacolare – anche se asettica – della storia dei Queen, che mostra la band al suo meglio. In questo approfondimento, andiamo dunque alla scoperta delle differenze che intercorrono tra il film e la storia vera a cui fa riferimento.

Joseph Mazzello, Rami Malek, Ben Hardy e Gwilym Lee in Bohemian Rhapsody
Joseph Mazzello, Rami Malek, Ben Hardy e Gwilym Lee in Bohemian Rhapsody. PersoneJoseph Mazzello, Rami Malek, Gwilym Lee, Ben Hardy
TitoliBohemian Rhapsody
Foto di Alex Bailey

Bohemian Rhapsody cambia quasi tutto sulla formazione dei Queen

Il primo atto di Bohemian Rhapsody racconta come i Queen siano emersi dalle loro umili origini. È vero che queste personalità eclettiche – un dentista, un astrofisico, un ingegnere elettrico e un immigrato – sono arrivate a formare i Queen. Ma Bohemian Rhapsody cambia il modo in cui si sono incontrati. Nel film, il giovane e timido Farrokh Bulsara (vero nome di Mercury) va a vedere l’esibizione della band Smile. Quando il bassista Tim Staffell abbandona il gruppo alla fine dello spettacolo, Bulsara si fa coraggio e incontra il chitarrista Brian May e il batterista Roger Taylor. Ben presto li impressiona con il suo talento e Freddie viene prontamente accettato come nuovo cantante.

Lungi dall’essere quel giovane timido che appare sullo schermo, Freddie è sempre stato “estremamente sicuro di sé”, secondo Brian May. Secondo diverse fonti, sembra che il giovane Freddie Mercury abbia sempre creduto che sarebbe diventato una star. Infatti, aveva già fatto parte di un gruppo chiamato Ibex, prima di entrare a far parte dei Queen. Inoltre, a quel punto non era sconosciuto alla band; Freddie condivise per un certo periodo un appartamento con May, Taylor e Staffell, che si unirono a Freddie e agli Ibex per il loro bis a Liverpool, nel 1969. Pertanto, la sostituzione di Staffell da parte di Freddie non fu così spontanea come suggerisce il film.

Bohemian Rhapsody elimina gran parte di Mary Austin dalla vita di Freddie

Quel primo concerto degli Smile è una serata in qualche modo fatale per Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody. Prima di entrare a far parte della band che diventerà i Queen, il giovane Freddie si imbatte in una giovane Mary Austin (Lucy Boynton) con la quale entra subito in sintonia. Poco dopo Freddie va a trovarla a Biba, il negozio dove lavora, e da lì il loro legame si evolve. Il lungo e duraturo amore di Freddie e Mary Austin è rappresentato in modo generalmente fedele in Bohemian Rhapsody, tuttavia le loro controparti cinematografiche vivono le cose in modo un po’ diverso dalla realtà. Infatti, Brian May ha rivelato di aver frequentato la Austin prima che Freddie la incontrasse per la prima volta nel negozio.

Dopo averla notata, Freddie chiese il permesso a May prima di chiederle di uscire, e lei iniziò a seguire gli Smile (che presto sarebbero diventati Queen) solo in seguito. È altrettanto vero che Freddie le chiese di sposarlo e che i due rimasero vicini durante le loro relazioni con altre persone e per tutta la durata dell’ascesa dei Queen. Nella vita reale, lei è stata persino la sua assistente personale per un certo periodo. Inoltre, Freddie ha dichiarato che lei era “impossibile da rimpiazzare”, e Mary ha espresso sentimenti simili sulla cantante dei Queen. Questo legame d’amore duraturo contrasta un po’ con il film di Bryan Singer, che descrive invece una spaccatura dopo la fine del rapporto dei due.

Rami Malek e Lucy Boynton in Bohemian Rhapsody
Rami Malek e Lucy Boynton in Bohemian Rhapsody © 2017 Twentieth Century Fox Film Corporation. All Rights Reserved

La sessualità di Freddie Mercury viene minimizzata in Bohemian Rhapsody

I Queen saranno anche conosciuti come leggende per la loro musica, ma Freddie Mercury era anche noto per le sue feste e per il suo notevole appetito sessuale. Tuttavia, Bohemian Rhapsody si rifiuta di mostrare questo aspetto, a parte un occasionale scorcio di polvere bianca e una strana scena di Freddie in un club. Ciò è dovuto al fatto che il produttore Graham King volle mantenere il film il più possibile adatto alle famiglie, in modo da poter vendere più biglietti a un maggior numero di fasce demografiche. Per quanto sia una mossa commerciale comprensibile, per un film sui Queen è una decisione strana, dal momento che la sessualità – soprattutto l’omosessualità – è così fondamentale nella storia di Mercury.

Tuttavia, da quando compie coming out con Mary, il film mostra Mercury solo con partner dello stesso sesso, come Paul Prenter (Allen Leech) e Jim Hutton (Aaron McCusker). Tuttavia, Mercury rifiutò di etichettarsi e, pur avendo frequentato molti uomini dopo essersi confidato con Mary, ci sono molte prove che dimostrano che Freddie era interessato anche alle donne. In effetti, l’attrice tedesca Barbara Valentin fu una delle numerose amanti femminili di Mercury in quegli anni. Alcuni potrebbero ritenere che questo non sia un punto così importante da sottolineare. Ma non distinguendo chiaramente il suo orientamento, il film rende un cattivo servizio al cantante.

Paul Prenter era una “cattiva influenza” (ma i Queen non si sono davvero sciolti)

In Bohemian Rhapsody i Queen, il loro management e i loro cari sono perlopiù ritratti come persone gentili e corrette. Non si può dire lo stesso, però, di Paul Prenter. Complottista e manipolatore, Prenter appare per la prima volta come assistente manager dei Queen, che presto si infatua di Freddie Mercury. È proprio lui a convincere poi il cantante a sciogliere i Queen per poter intraprendere una carriera da solista. Bohemian Rhapsody lo mostra mentre isola un Freddie sempre più malato a Monaco. Quando però Freddie scopre che Paul non gli ha detto nulla del Live Aid, viene licenziato.

A differenza di molti altri punti della trama di Bohemian Rhapsody, molte di queste cose sono in parte accadute. I membri superstiti dei Queen hanno dichiarato di essere spesso in disaccordo con le decisioni prese da Prenter per la band. A causa del modo in cui controllava sottilmente Freddie Mercury, May e Taylor lo hanno inoltre definito una “cattiva influenza”. Tuttavia, la sua presenza non portò allo scioglimento dei Queen, cosa che anzi non è mai avvenuta. La band amichevolmente di diminuire la propria produzione e per concentrarsi anche sulle loro carriere soliste. Inoltre, Bohemian Rhapsody cambia i motivi del licenziamento di Prenter, che avvenne solo nel 1986, un anno dopo l’esibizione al Live Aid.

Bohemian Rhapsody canzone
Joseph Mazzello, Rami Malek, Ben Hardy e Gwilym Lee in Bohemian Rhapsody. PersoneJoseph Mazzello, Rami Malek, Gwilym Lee, Ben Hardy
TitoliBohemian Rhapsody
Foto di Alex Bailey

La separazione da John Reid e il manager inventato

Aidan Gillen interpreta in Bohemian Rhapsody il manager di supporto dei Queen, John Reid, che guida la band verso la gloria nei primi anni di carriera. Ad un certo punto del film, però, Reid viene bruscamente licenziato da Mercury, il quale era stato portato a credere che Reid volesse spingerlo ad abbandonare il gruppo. Anche qui la storia vera differisce dal resoconto piuttosto drammatico del film. John Reid si è effettivamente separato dai Queen nel 1977, ma la cosa non è affatto avvenuta nel modo furioso che si viene mostrato nel film. L’avvocato e manager dei Queen, Jim Beach, ha dichiarato di aver sempre “avuto un buon rapporto di lavoro con John” e sembra che Reid e i Queen si siano lasciati in buoni rapporti.

Nel film, oltre a Reid, nella gestione della band vi è anche Ray Foster (Mike Myers). Egli è raffigurato come un dirigente prepotente dell’etichetta discografica EMI, che odia il brano Bohemian Rhapsody convinto che nessuno vorrà ascoltarlo. Diversi siti hanno già confermato che Ray Foster non è mai esistito, e che il personaggio di Myers è un composit di vari funzionari che non erano entusiasti del capolavoro dei Queen. Uno di questi era Paul Watts, che in seguito ricordò: “Mi aspettavo qualcosa di molto speciale. Così, quando mi hanno fatto ascoltare Bohemian Rhapsody, la mia reazione è stata: ‘Che cazzo è questo? Siete impazziti?”. Tuttavia, il tempo ha poi dato ragione ai Queen sul valore del brano.

Bohemian Rhapsody cambia la linea temporale della battaglia di Freddie contro l’HIV

In Bohemian Rhapsody, il Live Aid del 1985 è un momento estremamente importante nella vita di Freddie. Non solo inizia una relazione con Jim Hutton, ma scopre anche di avere l’HIV. Freddie lo rivela subito ai suoi compagni di band, che decidono di dare il massimo per l’imminente concerto. Mentre le voci sulla malattia di Freddie circolavano sui tabloid di quell’anno, il virus gli fu effettivamente diagnosticato solo nel 1987. Inoltre, non mise subito al corrente i Queen delle sue condizioni. Sebbene avessero sospettato di essere malato, Freddie impiegò almeno due anni per informarli e rese pubblica la notizia solo nel novembre 1991.

Inoltre, molti spettatori hanno ipotizzato che una delle hit più soul dei Queen, “Who Wants To Live Forever”, sia stata scritta in risposta alla malattia di Freddie. Dopo tutto, nel film questa canzone si può ascoltare nei momenti in cui Freddie affronta la malattia. In realtà, Brian May ha composto la canzone per Highlander, un film di culto che rappresenta una lotta tra guerrieri immortali. In esso, l’accorata e malinconica canzone dei Queen si può ascoltare mentre il protagonista, Connor MacLeod, sfida la morte e guarda sua moglie soccombere alla vecchiaia. Questo film uscì solo un anno dopo il Live Aid e un anno prima che a Freddie fosse diagnosticato l’HIV.

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Joseph Mazzello, Rami Malek, Gwilym Lee e Ben Hardy in Bohemian Rhapsody © 2018 Twentieth Century Fox Film Corporation. All Rights Reserved.

I Queen furono leggendari al Live Aid, ma non ne furono la salvezza

La sezione di Bohemian Rhapsody dedicata al Live Aid è un trionfo scintillante e di grande impatto sulla folla. La maggior parte del clamore suscitato dalla performance dei Queen al Live Aid nel film è senza dubbio giustificato e la loro esibizione è tuttora considerata uno dei migliori spettacoli dal vivo di tutti i tempi. Poco dopo la loro esibizione, Elton John si lamentò addirittura che avessero rubato lo spettacolo. Inoltre, Bohemian Rhapsody mostra scene in cui nessuno dona alla causa fino a quando Freddie Mercury non prende il microfono.

Considerando che molte superstar contemporanee (come David Bowie, lo stesso Elton John, Paul McCartney e molti altri ancora) suonarono all’evento, è altamente difficile indicare i Queen come unici salvatori dell’evento e motivo per le crescenti donazioni.  Per questo motivo, le inquadrature di Bob Geldof (Dermot Murphy) che osserva con sollievo e gratitudine l’accumularsi dei soldi sono un tocco di licenza artistica esagerata, che rende il momento piuttosto eccessivo. In realtà, dunque, il Live Aid avrebbe potuto comunque essere un evento di grande successo. Indubbiamente, la presenza dei Queen lo ha reso ancor più memorabile.

Cosa succede dopo il finale del film?

Il biopic di Bryan Singer sui Queen si chiude con le inquadrature persistenti del Live Aid 1985. Anche se nella vita reale questa non fu affatto la fine per i Queen. Continuarono a produrre canzoni acclamate dalla critica fino a poche settimane prima che Freddie morisse nel 1991. Durante questi sei anni, Freddie e Jim Hutton rimasero insieme, nonostante anche a Hutton fosse stato diagnosticato l’HIV. Mary Austin vive ancora oggi nella villa di Freddie, che le ha lasciato in eredità nel suo testamento. Ma che ne è dei restanti membri dei Queen? Beh, come rivelano gli ultimi titoli di coda, hanno formato il Mercury Phoenix Trust per combattere l’AIDS in tutto il mondo.

A parte alcuni concerti negli anni ’90 – tra cui il Bejart Ballet a Parigi nel 1997 – John Deacon si è ritirato completamente dalla musica. Ma questo non ha impedito a Brian May e Roger Taylor di continuare la loro eredità. Da quando Deacon ha lasciato, tra il 2004 e il 2009 sono andati in tour con Paul Rogers come voce principale. Quando poi si sono separati, il cantante americano Adam Lambert è stato reclutato per formare i Queen + Adam Lambert. Il nuovo gruppo è tuttora in tournée e si è anche esibito all’edizione degli Oscar a cui Bohemian Rhapsody è stato candidato.

Bohemian Rhapsody: la reazione di Bryan Singer ai Golden Globes

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Allontanato dal set a poche settimane dalla fine delle riprese, Bryan Singer figura ancora come regista di Bohemian Rhapsody, il biopic dedicato al frontman dei Queen Freddie Mercury che domenica notte ha conquistato due importanti riconoscimenti durante la cerimonia dei Golden Globes 2019 (Miglior Film Drammatico e Miglior Attore Protagonista nella categoria Drama).

La reazione di Singer, grande assente della serata, non ha tardato ad arrivare: sul suo profilo Instagram ufficiale infatti, è stata pubblicata una foto dal dietro le quinte della pellicola con la didascalia “Che onore, grazie Hollywood Foreign Press“.

Vi ricordiamo che il regista è stato licenziato dalla 20th Century Fox mentre era ancora in corso la lavorazione a causa di divergenze creative insanabili.

https://www.instagram.com/p/BsUtnmCn68A/

Bohemian Rhapsody trionfa ai Golden Globes 2019

Sarebbe stato davvero difficile prevederlo, eppure i Golden Globes 2019 si sono chiusi con la più grande delle sorprese: A Star Is Born, dato per favorito nelle categorie principali, soprattutto Migliore Attrice Drammatica e Miglior film Drammatico, ha ceduto il passo a concorrenti insospettabili, accontentandosi del premio alla migliore canzone originale. Ebbene sì, perché se Lady Gaga ha dovuto, e a ragione, cedere il posto a Glenn Close, che con The Wife – Vivere nell’ombra, porta a casa il suo primo Golden Globe per un ruolo cinematografico, Rami Malek e Bohemian Rhapsody hanno portato via a Bradley Cooper e al film stesso i premi nelle categorie ‘drama’.

Il biopic su Freddie Mercury e sui Queen, che sarebbe più corretto definire un film-omaggio alla band inglese, ha vinto a sorpresa, sbaragliando una concorrenza alquanto importante. Non solo A Star is Bron, ma anche i bellissimi Blackkklansman e Se la Strada potesse parlare, oltre al cinecomic MarvelBlack Panther.

Bohemian Rhapsody – la recensione

Fonte: Bryan Singer

Bohemian Rhapsody: la Fox ferma la produzione del film di Bryan Singer

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La Fox ha fermato le riprese di Bohemian Rhapsody, il film biografico su Freddie Mercury e i Queen, con Rami Malek nei panni del cantante e con la regia di Bryan Singer.

Secondo THR, nel comunicato ufficiale Fox si legge che la produzione è bloccata a causa di “imprevista indisponibilità” di Singer. Nel comunicato completo Fox si legge: “Twentieth Century Fox ha temporaneamente fermato la produzione di Bohemian Rhapsody a causa di inaspettata indisponibilità di Bryan Singer“.

Stando invece a un report della BBC l’assenza del regista è dovuta a “una questione personale di salute, che riguarda Bryan e la sua famiglia“.

Tuttavia, d’accordo con THR, Singer non tornerà a lavorare al film dopo le vacanze del Giorno del Ringraziamento, lasciando la produzione nervosa in merito al film e dando inizio a discussioni su una eventuale sostituzione del regista.

Alcuni report parlano anche di ripetute liti di Rami Malek con il regista sul set.

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Bryan May e Roger Taylor, membri dei Queen, saranno i produttori esecutivi. Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione, data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale. Il ruolo di Freddie Mercury, per molto tempo passato dalle mani di Sacha Baron Cohen a quelle di Ben Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie premiata e arrivata alla terza stagione.

Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, in Bohemian Rhapsody ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon. Il film è diretto da Bryan Singer.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: la censura cinese taglia le scene sulla sessualità di Mercury

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Si torna a parlare di Bohemian Rhapsody, dopo la contraddittoria stagione dei premi e le dichiarazioni di Brian May circa il presunto boicottaggio della stampa, e stavolta in merito ad un’analisi riportata dalla CNN che ha rilevato l’esclusione di due minuti di scene dal film da parte della censura cinese. Il footage in questione riguarderebbe momenti legati alla sessualità di Freddie Mercury, tra cui i baci con un altro uomo e il taglio della parola “gay”.

Questa politica che definire medioevale è alquanto approssimativo viene adottata dal governo del paese dal 2016, da quando è stata legalmente vietata la rappresentazione di “comportamenti sessuali anormali” (comprese le relazioni gay e lesbiche) in televisione e spettacoli online. Come diretta conseguenza, diversi membri della comunità LGBT cinese hanno definito l’uscita di Bohemian Rhapsody nelle sale una “vittoria” per la loro comunità, considerando il cospicuo numero di titoli occidentali che ogni anno raggiunge i cinema locali.

Se tutti si accontentano di questo tipo di ‘vittoria’, allora il mondo intero si sottometterà sempre all’autorità, gli artisti non saranno rispettati e non ci sarà protezione per gli interessi del pubblico”, ha detto Fan Popo, documentarista e attivista.

Queste, nel dettaglio, le scene tagliate dal montaggio finale di Bohemian Rhapsody:

  • Un primo piano del bacino di Mercury ripreso in tv
  • Il bacio tra Mercury e Paul Prenter, il suo manager
  • Il confronto tra Freddie e Maria sulla sua sessualità
  • Il dialogo tra Mercury e il suo futuro partner Jim
  • Tutta la sequenza del video di “I want to break free”

Bohemian Rhapsody – in sala dal 29 novembre – ha incassato in Italia ad oggi oltre 25 milioni di Euro, divenendo un successo globale, con un box office internazionale di oltre 750 milioni di dollari.

Bohemian Rhapsody: i Queen pensano a un sequel?

Per quanto riguarda il futuro del film, nelle scorse settimane è tornato a parlarne lo stesso May, membro originale dei Queen e produttore della pellicola, aprendo le porte ad un possibile seguito:

Credo che il film finisca con un climax naturale, ed era qualcosa che avevano deciso fin dall’inizio nella sceneggiatura. Tutti pensavamo che fosse quello l’apice, il concerto del Live Aid, e non la morte di Freddie come molti avrebbero voluto, lasciando che il resto raccontasse la vita della band senza di lui. Beh, non è così. Il film è dedicato a Freddie, e ricordare il Live Aid era il modo giusto per lasciarlo andare. Ma chissà, potrebbe esserci un seguito…“.

Fonte: CNN

Bohemian Rhapsody: John Ottman si scusa per il montaggio di una scena

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Il “processo” a Bohemian Rhapsody continua e non c’è Oscar o risultato al box office che possano arginare l’ondata di critiche rivolte al biopic su Freddie Mercury e i Queen uscito nelle sale lo scorso novembre e vincitore di ben quattro Academy Awards.

Tra questi c’è stato il riconoscimento al lavoro del montatore John Ottman, bersaglio di una video-analisi pubblicata su YouTube dal canale Thomas Flight che studia tutto ciò che c’è di sbagliato, almeno tecnicamente e ritmicamente, sull’editing di una scena in particolare (quella del confronto tra la band e il futuro manager John Reid.

Ottman aveva già collaborato con Bryan Singer in Public Access, I soliti sospetti, L’allievo, X-Men 2, Superman Returns, Operazione Valchiria, Il cacciatore di giganti, X-Men: Giorni di Un futuro passato e X-Men: Apocalisse, oltre a vantare una rinomata carriera a Hollywood e il rispetto dei colleghi, dunque un errore del genere è sembrato a molti ingiustificabile e non meritevole dell’Oscar.

La replica del montatore è arrivata in un’intervista con il Washington Post insieme alle  sue scuse: “Quella era una delle scene girate da Dexter Fletcher dopo il licenziamento di Bryan Singer. Fletcher ha lavorato principalmente ai passaggi dedicati alle relazioni di Freddie insieme a quelli sulla creazione dei brani We Will Rock You e Another One Bites the Dust. Ma anche la storyline è stata rivista a tal punto che i dialoghi dell’incontro fra la band e John Reid non avevano più alcun senso […] Ogni volta che la vedo vorrei mettermi una busta in testa perché non rispecchia la mia estetica di montaggio. E se mai dovessimo realizzare una versione estesa del film dove avrò la possibilità di inserire un paio di scene la rimonterei”.

Qui sotto il video che abbiamo menzionato prima e che illustra i vari passaggi sbagliati nel montaggio della sequenza.

Bohemian Rhapsody: i Queen pensano a un sequel?

Fonte: The Washington Post

Bohemian Rhapsody: il trailer due del film sui Queen

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Bohemian Rhapsody: il trailer due del film sui Queen

La 20th Century Fox ha diffuso il trailer due di Bohemian Rhapsody, il film che ripercorrerà a vita e la carriera di Freddie Mercury e dei Queen, diretto da Bryan Singer. A interpretare il leggendario frontman della band inglese, Rami Malek.

Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, nel film ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon.

ANCHE IN ORIGINALE

  • Bohemian Rhapsody: Rami Malek nel primo trailer del film su Freddie Mercury

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: il Live AID del 1985 nel primo video dal set

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Bohemian Rhapsody: il Live AID del 1985 nel primo video dal set

Dopo la prima immagine di Rami Malek nei panni di Freddie Mercury, è stato diffuso il primo video dal set di Bohemian Rhapsody, il biopic in produzione sul Queen e sul suo leggendario frontman, diretto da Bryan Singer.

Nel video vediamo la riproposizione del concerto Live AID del 1985. Il Live Aid è stato un concerto rock tenutosi il 13 luglio 1985 in diverse località. L’evento è stato organizzato da Bob Geldof dei Boomtown Rats e Midge Ure degli Ultravox, allo scopo di ricavare fondi per alleviare la carestia in Etiopia. È diventato uno dei più grandi eventi rock della storia, caratterizzando gli anni ottanta.

Ecco il filmato:

https://www.youtube.com/watch?v=5NNE_qFeR4E

Bohemian Rhapsody: Rami Malek è Freddie Mercury nella prima foto

Bryan May e Roger Taylor, membri dei Queen, saranno i produttori esecutivi. Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione, data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.

Il ruolo di Freddie Mercury, per molto tempo passato dalle mani di Sacha Baron Cohen a quelle di Ben Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie premiata e arrivata alla terza stagione.

Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, nel film ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon. Il film è diretto da Bryan Singer.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Fonte: Queen Recensioni Fan

Bohemian Rhapsody: i Queen pensano a un sequel?

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Bohemian Rhapsody: i Queen pensano a un sequel?

Bohemian Rhapsody ha vinto quattro premi Oscar, tra cui quello al miglior attore protagonista, Rami Malek, e ha incassato in tutto il mondo la stratosferica cifra di 870 milioni (con le dovute proporzioni rispetto al budget). E sembra che Brian May e company non ne abbiano ancora abbastanza.

Page Six ha diffuso un rumor secondo cui la “famiglia Queen” vorrebbe realizzare un altro film, con lo stesso cast. Rudi Dolezal, regista dei videoclip della band inglese e amico fraterno dei membri del gruppo, ha dichiarato che si sta discutendo l’idea di realizzare un sequel ma che ovviamente non si sa ancora niente di ufficiale in merito.

Il regista ha detto che il sequel del grande successo al botteghino ora “è molto discusso nella famiglia Queen”. Purtroppo non abbiamo notizie ufficiali né infiltrati attendibili, ma sembra che Dolezal abbia anche un’idea di quello che il film potrebbe raccontare.

“Sono sicuro che [il manager dei Queen, Jim Beach] progetta un sequel che inizia con il Live Aid”, ha detto Dolezal. Esattamente da dove finiva il film con Malek, quindi.

Live Aid non è stato solo l’evento e il cuore di Bohemian Rhapsody, ma anche un’impresa filologica importante, visto che il concerto è stato ricreato scena per scena, per il grande schermo. L’idea che sorge naturale è che si stia pensando di raccontare gli ultimi anni di Mercury, che lo hanno visto soccombere alla malattia che se l’è portato via.

Naturalmente, speriamo che questa rimanga soltanto una voce e che sia il film che soprattutto la memoria di Freddie Mercury, rimangano entrambe inalterate. Dopotutto già la formula di Bohemian Rhapsody era artisticamente povera, replicarla potrebbe portare soltanto un beneficio: profitto per i Queen.

Fonte: ThePlaylist

Bohemian Rhapsody: final trailer con Rami Malek

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Bohemian Rhapsody: final trailer con Rami Malek

La 20th Century Fox ha diffuso il final trailer di Bohemian Rhapsody, l’atteso biopic su Freddy Mercury diretto da Bryan Singer con protagonisti Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joe Mazzello, Aidan Gillen, Tom Hollander, Allen Leech, Aaron McCusker e Mike Myers.

Bohemian Rhapsody è il racconto realistico, elettrizzante e coinvolgente degli anni precedenti alla leggendaria apparizione dei Queen al concerto Live Aid nel luglio del 1985.
La performance che consacrò la band alla storia.

LEGGI ANCHE Rami Malek a Roma per Bohemian Rhapsody: “Come Freddie Mercury, siamo in cerca di identità”

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: ecco chi interpreterà i Queen

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Bohemian Rhapsody: ecco chi interpreterà i Queen

Sono stati annunciati i nomi dei tre attori che interpreteranno i rimanenti membri dei Queen in Bohemian Rhapsody, il biopic diretto da Bryan Singer su Freddie Mercury che, come sappiamo, avrà il volto di Rami Malek.

Stando a quanto riporta Tracking BoardBen Hardy sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee sarà il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon.

Rami Malek sarà Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody, ufficiale

Bryan May e Roger Taylor, membri dei Queen, saranno i produttori esecutivi. Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione, data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.

Il ruolo di Freddie Mercury, per molto tempo passato dalle mani di Sacha Baron Cohen a quelle di Ben Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie premiata e arrivata alla terza stagione.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: da oggi al cinema, una nuova clip

Bohemian Rhapsody: da oggi al cinema, una nuova clip

Arriva oggi in sala Bohemian Rhapsody, il film biografico su Freddy Mercury e su i Queen, la rock band inglese che ha fatto storia. Il film è diretto da Bryan Singer con protagonisti Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joe Mazzello, Aidan Gillen, Tom Hollander, Allen Leech, Aaron McCusker e Mike Myers.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Ecco la nuova clip:

Bohemian Rhapsody è il racconto realistico, elettrizzante e coinvolgente degli anni precedenti alla leggendaria apparizione dei Queen al concerto Live Aid nel luglio del 1985.
La performance che consacrò la band alla storia.

LEGGI ANCHE Rami Malek a Roma per Bohemian Rhapsody: “Come Freddie Mercury, siamo in cerca di identità”

 

Bohemian Rhapsody: Bryan Singer sarà accreditato come regista

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Bohemian Rhapsody: Bryan Singer sarà accreditato come regista

Bryan Singer sarà accreditato come regista nei credits di Bohemian Rhapsody. Il regista degli X-Men aveva lasciato la produzione del film a riprese non ancora terminate in coincidenza con le accuse di molestie contro di lui a seguito dello scandalo Weinstein. Dopo il licenziamento, Singer ha affrontato una causa con l’accusa di aver stuprato un teenager.

Come si legge su Collider, il nuovo numero di Empire riporta che Bryan Singer è stato accreditato come regista del film, nonostante le riprese siano poi state portate a termine da Dexter Fletcher (Eddie the Eagle). Il produttore del film, Graham King, ha dichiarato a Collider: “Bryan Singer è il regista accreditato del film. In pratica, Bryan ha avuto dei problemi personali. Voleva che le riprese si interrompessero per risolverli, ma il film doveva essere finito. Questo è accaduto e non si è trattato di reinventare il progetto. Avevamo solo bisogno di qualcuno che finisse il lavoro, e Fletcher ci ha fatto un grande favore.”

Bohemian Rhapsody: Rami Malek nel primo trailer del film su Freddie Mercury

Oltre a Rami Malek, che interpreterà Freddie Mercury, nel film ci saranno Ben Hardy, che sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym Lee il chitarrista Brian May e Joe Mazzello sarà invece il bassista John Deacon.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Bohemian Rhapsody: Brian May parla di un possibile sequel

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Bohemian Rhapsody: Brian May parla di un possibile sequel

Bohemian Rhapsody è indubbiamente il “caso” della stagione cinematografica appena conclusa, accolto negativamente dalla critica ma premiato dal pubblico in sala, capace di portarsi a casa due importanti riconoscimenti ai Golden Globes 2019 (Miglior Film Drammatico e Miglior Attore Protagonista) decretando così un successo incredibile e per nulla pronosticabile viste le premesse.

Sul film è tornato a parlare nelle ultime ore Brian May, membro originale dei Queen e produttore della pellicola, aprendo le porte ad un possibile seguito:

Credo che il film finisca con un climax naturale, ed era qualcosa che avevano deciso fin dall’inizio nella sceneggiatura. Tutti pensavamo che fosse quello l’apice, il concerto del Live Aid, e non la morte di Freddie come molti avrebbero voluto, lasciando che il resto raccontasse la vita della band senza di lui. Beh, non è così. Il film è dedicato a Freddie, e ricordare il Live Aid era il modo giusto per lasciarlo andare. Ma chissà, potrebbe esserci un seguito…“.

Che ne pensate?

Bohemian Rhapsody, Sing Along Version: in sala il 22 e 23 gennaio

Dopo il grande successo al box office, arriva in sala  – il 22 e il 23 gennaio – Bohemian Rhapsody| Sing Along Version.

Per la prima volta in Italia, gli spettatori avranno l’opportunità di condividere – insieme in sala – un’esperienza esclusiva e straordinaria, con la musica come unico comune denominatore: un nuovo modo per vivere il cinema in compagnia.

Il pubblico italiano avrà infatti l’opportunità di vedere, o rivedere, l’ormai iconico film sulla vita di Freddie Mercury in versione karaoke, per cantare con tutti gli altri spettatori le popolari canzoni della band Queen, mentre sul grande schermo scorrono i testi dei brani più famosi (We Will Rock You, We Are the Champions, Another One Bites the Dust, Crazy Little Thing Called Love e Bohemian Rhapsody).

Non si arresta l’ascesa di Bohemian Rhapsody. E la musica, collante di questo successo globale, diviene ora la vera protagonista.” Afferma Paul Zonderland, AD di 20th Century Fox Italia. “Con la versione Sing Along offriremo agli spettatori un valore aggiunto, dando loro l’opportunità di cantare in sala e in compagnia questi brani che, da sempre, sono parte della cultura pop del nostro paese. Un’esperienza di condivisione sociale che solo il cinema può offrire.

Bohemian Rhapsody, recensione del film con Rami Malek

Dopo il grande successo al box office italiano (Bohemian Rhapsody è il film più visto del 2018) e la vittoria ai Premi Golden Globe (Miglior Film Drammatico e Rami Malek Miglior Attore), 20th Century Fox Italia distribuirà questa nuova versione in tutto il territorio italiano – con oltre 200 copie – attraverso i circuiti cinematografi delle principali città.

Bohemian Rhapsody – in sala dal 29 novembre – ha incassato in Italia ad oggi oltre 25 milioni di Euro, divenendo un successo globale, con un box office internazionale di oltre 750 milioni di dollari.

Bohemian Rhapsody: Brian May conferma che stanno considerando un sequel

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È innegabile che Bohemian Rhapsody sia diventato uno dei biopic di maggior successo della storia del cinema. Non solo il film è riuscito ad incassare cifre esorbitanti al box office mondiale, ma è anche riuscito ad ottenere ben cinque nomination ai premi Oscar 2019, portando a casa quattro statuette (inclusa quella al miglior attore protagonista, Rami Malek, premiato per la sua interpretazione di Freddie Mercury).

Al di là dell’effettivo valore del prodotto finale (aspetto sul quale si è già dibattuto ampiamente, anche a causa del responso misto che la critica ha riservato al film), il successo di Bohemian Rhapsody è ormai un fatto e – come spesso accade in questi casi – non dovrebbe sorprendere che le persone coinvolte nella sua realizzazione abbiano iniziato a pensare ad un eventuale sequel.

In una recente live su Instagram (via NME), Brian May, lo storico chitarrista dei Queen (coinvolto attivamente nella realizzazione del primo film), ha confermato che l’idea di un sequel è stata ufficialmente presa in considerazione. “Ci stiamo pensando. Abbiamo provato a cercare alcune idee. Sarà comunque difficile, perché nessuno di noi avrebbe potuto prevedere il successo che ha avuto il primo. Ci abbiamo messo tanto cuore e tanta anima nel realizzarlo e nessuno avrebbe potuto prevedere il suo successo”, ha spiegato May. “Ma sì, stiamo pensando a cosa potrebbe accadere in un nuovo film, ma la sceneggiatura dovrebbe essere davvero grandiosa. Ci vorrà un po’ per capire se ne varrà la pena.

Bohemian Rhapsody è uscito nelle sale italiane il 29 novembre 2018. Il film è il racconto realistico, elettrizzante e coinvolgente degli anni precedenti alla leggendaria apparizione dei Queen al concerto Live Aid nel luglio del 1985, la performance che consacrò la band alla storia. Il film è diretto da Bryan Singer, che nonostante il licenziamento da parte della 20th Century Fox nel bel mezzo delle riprese (venne temporaneamente sostituito da Dexter Fletcher, che si occupò di terminare le riprese e seguire la post-produzione), alla fine è stato l’unico ad essere accreditato alla regia.

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