Dopo l’annuncio dei tre attori che
interpreteranno i Queen in Bohemian Rhapsody, al fianco di Rami
Malek che sarà invece Freddie Mercury, un
altro nome di aggiunge al cast del biopic diretto da Bryan
Singer.
Allen Leech, noto
per il ruolo di Tom Branson in Downton
Abbey, è entrato nel cast per
interpretare Paul Prenter, il manager di
Mercury, con cui però la star litigò, interrompendo per sempre la
loro collaborazione.
Bryan
May e Roger Taylor, membri
dei Queen, saranno i produttori esecutivi.
Questo coinvolgimento potrebbe portare dei problemi di lavorazione,
data la vicinanza emotiva dei due al materiale originale.
Il ruolo di Freddie
Mercury, per molto tempo passato dalle mani di
Sacha Baron Cohen a quelle di Ben
Wishaw, è arrivato adesso all’attore che forse riuscirà a
rendere giustizia alla grande personalità del cantante e musicista
prematuramente scomparso nel 1995. Rami Malek ha
raggiunto la notorietà grazie a Mr. Robot, serie
premiata e arrivata alla terza stagione.
Oltre a Rami Malek, che
interpreterà Freddie Mercury, in Bohemian
Rhapsody ci saranno Ben Hardy, che
sarà il batterista Roger Taylor, Gwilym
Lee il chitarrista Brian May e
Joe Mazzello sarà invece il bassista John
Deacon. Il film è diretto da Bryan
Singer.
Bohemian Rhapsody, recensione del film
con Rami Malek
Dopo il grande successo al box
office, arriva in sala – il 22 e il 23 gennaio – Bohemian
Rhapsody| Sing Along Version.
Per la prima volta in Italia, gli
spettatori avranno l’opportunità di condividere – insieme in sala –
un’esperienza esclusiva e straordinaria, con la musica come unico
comune denominatore: un nuovo modo per vivere il cinema in
compagnia.
Il pubblico italiano avrà infatti
l’opportunità di vedere, o rivedere, l’ormai iconico film sulla
vita di Freddie Mercury in versione karaoke, per cantare con tutti
gli altri spettatori le popolari canzoni della band Queen, mentre
sul grande schermo scorrono i testi dei brani più famosi (We
Will Rock You, We Are the Champions, Another One Bites the Dust,
Crazy Little Thing Called Love e Bohemian Rhapsody).
“Non si arresta l’ascesa di
Bohemian Rhapsody. E la musica, collante di questo successo
globale, diviene ora la vera protagonista.” Afferma Paul
Zonderland, AD di 20th Century Fox Italia. “Con la versione
Sing Along offriremo agli spettatori un valore aggiunto, dando loro
l’opportunità di cantare in sala e in compagnia questi brani che,
da sempre, sono parte della cultura pop del nostro paese.
Un’esperienza di condivisione sociale che solo il cinema può
offrire.”
Dopo il grande successo al box
office italiano (Bohemian Rhapsody è il film più visto del 2018) e
la vittoria ai Premi Golden Globe (Miglior Film Drammatico e Rami
Malek Miglior Attore), 20th Century Fox Italia distribuirà questa
nuova versione in tutto il territorio italiano – con oltre 200
copie – attraverso i circuiti cinematografi delle principali
città.
Bohemian Rhapsody – in sala dal 29
novembre – ha incassato in Italia ad oggi oltre 25 milioni di Euro,
divenendo un successo globale, con un box office internazionale di
oltre 750 milioni di dollari.
Come un’onesta ma non proprio
straordinaria cover band, il collettivo di Bohemian
Rhapsody (regista, sceneggiatore, cast) si stringe
attorno alla figura di Freddie Mercury per
rendergli omaggio con un film che è la versione meno coraggiosa e
trasgressiva della vita di questa leggenda immortale del rock. Non
il disastro che tutti stanno annunciando, ma certamente l’ennesimo
biopic senza personalità confezionato per lo spettacolo – piuttosto
che rivolto alla ricerca di un’idea di racconto e rappresentazione
del personaggio.
Quanto tempo deve coprire una
pellicola di genere musicale per diventare accattivante? Magari un
arco narrativo che coinvolge la nascita di un disco simbolo (vedi
Love and
Mercy sulla registrazione di Pet Sounds dei
Beach Boys) oppure gli ultimi giorni che separano
l’icona dalla sua morte (Last Days, sul suicidio
del leader dei Nirvana)? Forse nel concentrarsi su
un momento specifico di una lunga carriera alcuni registi e autori
sono riusciti a tirare fuori l’essenza e il contraddittorio – quasi
sempre ignorato a Hollywood – dalle star, cercando un diverso modo
per ragionare su un’epoca sull’uomo invece che sulla celebrità,
attraverso l’immagine e gli strumenti del cinema: il montaggio, il
sound design, la scrittura, la regia. Qui è dove fallisce Bohemian
Rhapsody, nonostante l’impegno, quando si scontra con
tutta una serie di problemi legati allo “stile” del film, oltre che
al contenuto.
Bohemian Rhapsody – la recensione
Per più di due ore va in scena una
carrellata di eventi-cartolina dalla fondazione dei Queen fino al
famoso concerto del Live Aid del 1985, tra battibecchi di gruppo e
riappacificazioni, problemi con i discografici, nascita delle
canzoni, amori, famiglia, e come appendice la straripante
personalità di Mercury. Talmente “divina” che non può essere
contenuta da uno spazio – e una sceneggiatura – così limitante. Ne
risulta un ritratto da copertina che ne riduce la bellezza, il
fascino e l’immortalità.
Uguale a tante altre rock star un
po’ dannate e dal passato difficile, il Freddie Mercury di Bryan
Singer è contemporaneamente stereotipo e vittima di un
sistema, lui che poteva accompagnarsi alla tradizione dei suoi
eroi/freaks X-Men (“Siamo quattro emarginati
male assortiti che suonano per altri emarginati“, dirà ad un
certo punto) e finisce per omologarsi alla scia di negativi
cinematografici di grandi leggende che vediamo spesso sul grande
schermo.
D’altronde raccontare il mito
grattando la superficie e scavando a fondo richiede uno sforzo
maggiore, quello che hanno provato Bill Pohlad nel
bellissimo film su Brian Wilson, Gus Van
Sant con la figura di Kurt Cobain e
Todd Haynes con Bob Dylan in
Io non sono qui. Evidentemente non è mai stato
nelle intenzioni del progetto “sconvolgere” l’opinione pubblica e
immacolata della band e del suo frontman; che non è il male
assoluto, ma nemmeno un’operazione che ricorderemo a lungo (e lo
stesso non si può dire della musica dei Queen). Resta il
virtuosismo di un interprete, quel Rami
Malek che è l’unica vera “Bohemian Rhapsody”, intento
a copiare le movenze per tradurre le emozioni di un Dio ancora
troppo lontano dai terrestri.
Il riscontro positivo del pubblico
in sala e i vari riconoscimenti
durante la stagione dei premi sembrano aver oscurato, in parte, le
contraddizioni su Bohemian
Rhapsody relative al licenziamento di
Bryan Singer a poche settimane dalla fine delle
riprese (i cui motivi non sono mai stati realmente giustificati
dalla 20th Century Fox).
L’argomento si è nascosto dietro il
silenzio degli attori fino ad oggi, con le parole di Rami
Malek – interprete di Freddie Mercury nel biopic – che ha
descritto in un’intervista con l’Hollywood Reporter l’esperienza
sul set con parole tutt’altro che positive:
“Credo che tutti meritino di
dire ciò che pensano e che chiunque voglia parlare di quello che è
successo debba far sentire la propria voce. Per quanto riguarda la
mia esperienza con Bryan, non è stata piacevole, per niente. E
questo è ciò che posso dire. Chi vuole una risposta la avrà: Bryan
Singer è stato licenziato. Nessuno sapeva che sarebbe successo, ma
credo che doveva succedere e così è stato“.
Sul clima scatenatosi intorno alle
denunce di violenze e molestie sessuali da parte del regista, Malek
ha poi dichiarato:
“Il mio cuore va a chiunque
debba vivere qualcosa di così terribile. È assurdo che ciò accada,
e capisco quello che hanno passato e quanto sia difficile per loro.
Alla luce dell’era #MeToo e di tutto ciò che è venuto dopo, posso
ancora affermare che è è una cosa orribile.”
Pochi giorni fa nuove e pesanti
accuse di molestie sessuali sono state rivolte
a Singer, dopo che ad Ottobre scorso il
regista era stato pubblicamente denunciato dalla
rivista Esquire. Stavolta le
vittime sarebbero quattro attori, di cui uno soltanto ha rivelato
la sua identità (Victor Valdovinos): nel servizio di Atlantis si
parla di violenze e rapporti sessuali contro la volontà dei
ragazzi.
Non è la prima volta che Singer
viene accusato di un tale crimine: nel 2014,
da Michael Egan e nel 2017, quando
fu Cesar Sanchez-Guzman ad
accusarlo di averlo costretto ad avere un rapporto sessuale nel
2003. Sanchez-Guzman, all’epoca dei fatti un attore, ha
riportato che Singer si era offerto di aiutarlo con la sua
carriera. Il regista ha tentato di far cadere le accuse e indicando
la bancarotta di Sanchez-Guzman nel 2014 come causa principale
dell’accusa.
Si è parlato moltissimo di Bohemian
Rhapsody, principalmente per le cifre da capogiro che
ha incassato in tutto il mondo e soprattutto in Italia, ma adesso
sembra che il film con protagonista Rami Malek,
front runner agli Oscar 2019, stia catalizzando
tutto un altro tipo di pubblicità, a seguito delle accuse di
molestie sessuali mosse a Bryan Singer.
Il regista del film è stato
allontanato durante la produzione, a poco meno di due settimane dal
termine delle riprese. La Fox lo ha licenziato, pare, perché il
regista non si presentava sul set con regolarità, a causa di alcuni
problemi familiari. Probabilmente non sapremo mai la verità sulla
faccenda, visto che le due campane che suonano danno una versione
discordante.
Resta il fatto che a cmpletare il
film è stato chiamato Dexter Fletcher, già regista di Eddie
The Eagle con Hugh Jackman e che ha
diretto Rocketman, il biopic su Elton
John in arrivo quest’anno in sala.
Dopo che Rami
Malek stesso si è espresso contro Singer, dicendo che il
regista non ha affatto creato una buona atmosfera sul set, adetto
tocca a Brian May, chitarrista dei
Queen, prendere le distanze dal “papà” degli X-Men
cinematografici.
In occasione dei BAFTA
2019, dove il film ha visto trionfare il suo protagonista
proprio nel Regno Unito, patria della band, May ha dichiarato che
Singer non può essere considerato il regista del film: “L’unica
ragione per cui è ancora associato al film è per le pressioni che
la Guild dei registi ha fatto sulla Fox. Tecnicamente, e dico
davvero, non è il regista del film.“
Sembra chiaro che la posizione di
May sia necessaria a mantenere il film sotto una luce immacolata,
in vista dei prossimi Oscar e delle ambizioni di Malek a portare a
casa il premio per la migliore interpretazione maschile.
Dopo il grande successo al box
office, arriva in sala – il 22 e il 23 gennaio – Bohemian
Rhapsody | Sing Along
Version.
Per la prima volta in Italia, gli
spettatori avranno l’opportunità di condividere – insieme in sala –
un’esperienza esclusiva e straordinaria, con la musica come unico
comune denominatore: un nuovo modo per vivere il cinema in
compagnia.
Il pubblico italiano avrà infatti
l’opportunità di vedere, o rivedere, l’ormai iconico film sulla
vita di Freddie Mercury in versione karaoke, per cantare con tutti
gli altri spettatori le popolari canzoni della band Queen, mentre
sul grande schermo scorrono i testi dei brani più famosi (We
Will Rock You, We Are the Champions, Another One Bites the Dust,
Crazy Little Thing Called Love e Bohemian Rhapsody).
Ecco di seguito l’elenco
delle sale per Bohemian
Rhapsody in versione karaoke.
Bogotà, il thriller
sudcoreano diretto da Seong-je Kim e
disponibile sulla piattaforma Netflix, è ambientato negli anni
Novanta, mentre la Corea del Sud affronta una crisi finanziaria.
Durante questo periodo molti individui decidono di lasciare il
Paese per trovare una vita migliore all’estero. Tra questi ci sono
Kook-hee e la sua famiglia, che si trasferiscono a
Bogotà e questo è il loro viaggio alla ricerca di una vita
migliore. Sebbene le cose non vadano sempre come si aspettano,
Kook-hee è determinato a cambiare la sua vita e a raggiungere le
alte sfere della città con la sua forza e la sua volontà.
Il film segue Kook-hee mentre con la
sua famiglia si trasferisce a Bogotà dopo la crisi finanziaria
della Corea del Sud nel 1990. Sperando in una vita migliore, il
padre porta lì la famiglia, sperando che il suo amico, Park
Jang-su, li aiuti. Tuttavia, Jang-su, alias il
sergente Park, non è una persona facile con andare
d’accordo e, pur non promettendo nulla di importante alla famiglia,
offre un lavoro a Kook-hee. In questo modo, Kook-hee entra a far
parte dei livelli più bassi della società e lavora duramente ogni
giorno per portare il cibo in tavola.
Anche sua madre ottiene un lavoro,
diventando sarta in un’azienda, ma suo padre non fa altro che
ubriacarsi e litigare con tutti. Nel frattempo, Kook-hee attira
l’attenzione del sergente Park, che decide di coinvolgerlo
nell’attività di contrabbando per tenere d’occhio il suo sottoposto
Jeon Soo-young e gli offre un ruolo diverso.
Questo diventa il suo percorso di crescita: all’inizio è un
lavoratore ingenuo, ma poco dopo prende completamente in mano
l’attività. Quando le cose cominciano a farsi più complesse,
Kook-hee si ritrova però ben presto inzuppato di sangue, poiché
anche lui è preso di mira dal sergente Park.
Non avendo nessuno di cui fidarsi,
inizia a crescere da solo facendo in modo che tutti lo temano e
prendendo lentamente il controllo dell’attività. Tuttavia, con il
passare degli anni, nuove leggi vengono introdotte nel sistema e i
membri dell’Associazione coreana temono per il loro futuro.
Kook-hee decide di intraprendere una strada legale e di costruire
un centro commerciale per gli operatori del mercato, ma quando le
cose non vanno di nuovo secondo i piani, prende una nuova
strada.
Song Joong-ki e Lee Hee-joon in Bogotà
Chi ha attaccato Kook-hee?
Quando il centro commerciale
proposto è stato rifiutato dai proprietari del mercato coreano a
causa dell’influenza di Soo-young e altri, un attacco improvviso a
Kook-hee ha cambiato tutto. La sua auto viene bombardata e, pur
sfuggendo per un pelo all’attacco mortale, viene comunque
trasportato d’urgenza in ospedale. Nel frattempo, la confusione su
chi abbia condotto l’attacco lascia tutti scioccati e i suoi nemici
si ritrovano a fuggire dalla città il prima possibile.
Tuttavia, Soo-young non è ancora
riuscito a fuggire e trova temporaneo conforto nella casa del
dottor Hong per qualche tempo. Mentre si trova lì, riceve una
telefonata da Kook-hee che gli dice di essere a conoscenza del
fatto che Soo-young non ha cercato di ucciderlo, in quanto colui
che ha piazzato la bomba non è altro che Kook-hee stesso. Ha
pianificato di far sì che tutti abbiano paura di lui e della sua
ira, proprio come anni fa quando uccise qualcuno per aver tentato
di ucciderlo. Questa volta, però, è stato fatto per Soo-young e per
chiunque abbia cercato di impedirgli di fare ciò che voleva.
Soo-young è scioccato e irritato da
questa confessione e inizia la sua raffica di maledizioni, quando
improvvisamente sente un ago pungergli la nuca. È il dottor Hong,
che è stato in combutta con Kook-hee dietro le quinte e lo aiuta a
sbarazzarsi di Soo-young. Mentre Soo-young esala lentamente
l’ultimo respiro, Kook-hee si trova ad affrontare un’altra
trasformazione in questa scena. Più tardi, Kook-hee e il sergente
Park accompagnano Soo-young a farlo seppellire. Kook-hee lascia
l’orologio che Soo-young gli aveva regalato quando erano giovani e
chiude questo capitolo della sua vita, dopo di che torna a casa con
il sergente Park.
Song Joong-ki in Bogotà
Cosa succede nel finale?
Durante il viaggio di ritorno,
Kook-hee inizia lentamente a rilassarsi, mentre spiega al sergente
Park perché dovrebbe andargli bene che la gente lo chiami
scarafaggio. L’unico in grado di sopravvivere a tutto il caos della
terra è uno scarafaggio e lui dovrebbe essere in grado di assumere
questo significato ogni volta che qualcuno lo chiama così. Mentre
Kook-hee definisce la vita opprimente, il sergente Park ferma
l’auto per una breve pausa.
In piedi sul bordo di una scogliera
in mezzo al nulla, domina la città mentre Kook-hee rimane in
macchina. Proprio in quel momento, un motociclista arriva e spara a
Kook-hee, ma non riesce a ferirlo perché l’auto è a prova di
proiettile. Il sergente Park arriva accanto all’auto e dice
all’uomo che l’auto è a prova di proiettile. Poi chiama Kook-hee al
telefono, dato che l’auto è anche insonorizzata, e gli dice che
l’unico motivo per cui è rimasto a Bogotà nonostante abbia
rimandato moglie e figlia in Corea del Sud è stato Kook-hee.
Ha sempre saputo che Kook-hee era
diverso dagli altri coreani della città, ma era troppo diverso ed
essere diversi porta guai. Non potendo lasciare questo problema in
giro per Bogotà, ha pianificato di ucciderlo. Mentre abbassa i
finestrini per permettere al motociclista di sparare di nuovo a
Kook-hee, è sorpreso quando Kook-hee spara al motociclista e poi a
lui. Kook-hee è sicuramente cresciuto nel corso degli anni e ha
imparato a non fidarsi di nessuno, poiché pone fine alla vita del
sergente Park senza una parola.
I podcast sui true crime hanno
continuato a crescere di popolarità nel corso degli anni,
soprattutto sulla scia di programmi di successo come Only Murders in the Building che hanno
capitalizzato la loro popolarità. Only Murders, in
particolare, è diventato uno degli show più popolari in streaming,
quindi è logico che i concorrenti di Hulu vogliano creare qualcosa
di simile. Ora sembra che Netflix
abbia in serbo quella che potrebbe essere la sua risposta a
Only Murders in the Building, con la nuova
commedia Bodkin, ispirata ai podcast sui crimini
veri.
La nuova serie di Netflix
segue due podcaster americani di true crime, Gilbert (Will
Forte) ed Emmy (Robyn Cara), che sono
alla disperata ricerca di una nuova storia emozionante. La loro
ricerca li porta nell’umile borgo irlandese di Bodkin, dove
assumono una giornalista irlandese di nome Dove (Siobhán
Cullen) per aiutarli a trovare del marcio su questa
comunità immacolata. All’inizio si tratta di un’impresa folle, ma
più il trio scopre qualcosa su Bodkin, più trova le prove del primo
serial killer d’Irlanda. Per saperne di più sull’ambizioso dramedy
di Will Forte e sul cast, il trailer, la data di
uscita e altro ancora, ecco tutto quello che sappiamo finora su
Bodkin.
Quando esce Bodkin?
La ricerca del primo serial killer
irlandese inizierà con la prima di tutti i sette episodi di Bodkin,
giovedì 9 maggio 2024.
Dove si può vedere Bodkin?
Bodkin sarà
disponibile in streaming esclusivamente su Netflix dopo la prima del 9 maggio.
Netflix è diventato la casa di alcuni incredibili
contenuti provenienti da oltreoceano. Proprio il mese scorso,
Netflix ha ottenuto un altro successo a sorpresa
con
Baby Reindeer, uno sguardo difficile da guardare ma
incredibilmente profondo sul passato traumatico di un comico
stand-up e sul suo continuo tormento da parte di uno stalker
seriale. Maggio è anche il mese in cui uno dei più grandi show
attuali di Netflix, Bridgerton,
tornerà per la sua
terza stagione.
Bodkin ha un trailer?
Netflix ha
rilasciato il primo trailer di Bodkin il 2 aprile 2024, dando
ufficialmente inizio al mistero di questa città europea un tempo
tranquilla. Gilbert ed Emmy sono entrambi qui perché vogliono fama
e fortuna grazie alla divulgazione di una storia che nessuno ha mai
sentito prima. Sono in totale contrasto con la loro compagna, Dove,
che all’inizio aiuta il duo americano solo per avere qualche soldo
in più. Tuttavia, più si addentrano nella città, più scoprono le
prove di un macabro e letale assassino seriale che potrebbe essere
collegato ad almeno tre diverse persone scomparse. Man mano che
questi detective dilettanti continuano a scavare in cerca di
risposte, si attirano prevedibilmente le attenzioni di alcuni
personaggi sgradevoli e pericolosi. Ma questo non li convince:
Gilber ed Emmy sono determinati a diventare famosi per la loro
storia, mentre Dove vuole semplicemente smascherare un vile
assassino.
Il cast di Bodkin
Il primo a far parte del cast di
Bodkin è il comico e veterano del Saturday Night Live Will Forte. Forse noto soprattutto per la
parodia di MacGyver, MacGruber, Forte ha una lunga storia nel mondo
della commedia, avendo già recitato in storie comiche di successo
come L’ultimo uomo della Terra e in storie più drammatiche come
Sweet Tooth. Più di recente, il lavoro di Forte si è radicato
principalmente nella commedia d’animazione, con un ruolo da
protagonista in Scoob!, The Great North e nel revival di Clone
High. Forte è affiancato dalla star di Trying Robyn Cara nel ruolo
di Emmy e dalla star di The Dry Siobhán Cullen nel ruolo di
Dove.
La sinossi ufficiale di Bodkin recita come segue: Bodkin è un
thriller dalla comicità cupa che racconta di un gruppo eterogeneo
di podcaster che si mettono a indagare sulla misteriosa scomparsa
di tre sconosciuti in un’idilliaca cittadina costiera irlandese. Ma
quando iniziano a tirare le fila, scoprono una storia molto più
grande e strana di quanto avrebbero mai potuto immaginare.
Thriller dai tratti
fantascientifici, Bodies è la nuova serie Netflix scritta e diretta da Paul
Tomalin e basata sull’omonima graphic novel della DC
Vertigo. La serie, formata da una sola stagione di otto episodi,
ognuno da circa 50 minuti, è avvolta in un perenne velo di mistero.
Il cast presenta figure già note nel panorama cinematografico anche
internazionale: Jacob Fortun-Lloyd (La
regina degli scacchi) qui interpreta il detective Charles
Whiteman, mentre Kyle Soller (Anna
Karenina,
Fury) è nei panni del detective Hillinghead. L’attore
Stephan Graham (Pirati
dei caraibi: la vendetta di Salazar,
Rocketman) è nel ruolo del comandante Mannix.
Bodies: il corpo del passato, del
presente e del futuro
Luglio 2023: durante una
manifestazione a Whitechapel, Londra, la detective Shahara Hassan
trova un cadavere a Longarvest Lane. Il cadavere ha una ferita da
arma da sparo in corrispondenza di un occhio. Il corpo, non
identificato, ha fatto altre apparizioni nella storia: nel 1890,
nel 1941 e ritornerà nel futuro, nel 2053.
Sono quattro i detective che nelle
rispettive epoche storiche cercano di risolvere il caso, senza
arrivare a smascherare il colpevole.
Se il primo episodio di
Bodies si concentra maggiormente sul presente e
sui casi passati, diventa fondamentale in un secondo momento la
narrazione attraverso gli occhi del detective Maplewood nel 2053.
La società ha subito in questo periodo storico un cambiamento
radicale rispetto al passato: ciò è dovuto ad un misterioso
attacco, avvenuto il 14 luglio del 2023, che porterà alla morte di
centinaia di migliaia di persone ed all’instaurazione del nuovo
governo di stampo totalitario, con il comandante Mannix al
potere.
Le vite dei quattro detective,
apparentemente legati solo dalla scoperta di un corpo, finiranno
per intrecciarsi indissolubilmente, creando una realtà in cui il
tempo viene piegato ai voleri di un uomo, in un perenne paradosso
temporale.
Un loop temporale che
sorprende il pubblico
Pian piano che si prosegue con la
visione attraverso i vari episodi, sarà subito chiara allo
spettatore la particolare complessità che caratterizza questa
serie. Già da qui non si può che elogiare la bravura nella
sceneggiatura e nella realizzazione: talvolta, quando si punta a
dare vita ad un qualcosa di così complicato, si potrebbero
tralasciare alcuni elementi creando così dei controsensi nella
trama. Qui, nonostante i vari salti temporali, si garantisce allo
spettatore un quadro completo e credibile degli avvenimenti.
Ad ogni modo,
Bodies presenta tanti piccoli elementi che
potrebbero non essere colti subito in una prima visione:
sicuramente in un rewhatch si noteranno tanti particolari con cui
si rimette più facilmente insieme tutti i pezzi del puzzle.
Nonostante la trama si svolga in
quattro periodi storici differenti, vengono mantenuti in tutti gli
episodi degli elementi di collegamento: un esempio sono le indagini
di Shahara sui detective del 1890 e 1941. Altro particolare tecnico
utilizzato come ponte tra presente e passato è lo split screen:
questo permette allo spettatore la visione in contemporanea di due
periodi storici, per poi effettuare il passaggio verso le vicende
nel passato, presente o futuro.
Ad alleggerire le vicende
contribuiscono anche le storie personali dei singoli detective: la
relazione clandestina tra Hillinghead ed il giornalista nel 1890,
il rapporto forte che si instaura tra la bambina Ester ed il
detective Whiteman, le tante attenzioni che Shahara dedica ad
Elias, incolpato dell’assassinio dell’uomo nel vicolo, ed il
rapporto tra Maplewood e lo scienziato De Foe.
Bodies: predestinazione o libera
scelta?
La libera scelta non esiste, è un’illusione.
Un altro tema attorno al quale si
sviluppa tutta la narrazione di Bodies è la
predestinazione: per quanto si cerchi di modificare il passato,
questo sembra essere ormai marchiato nella pietra. Non sembra
essere possibile modificare le scelte di una persona: ciò è almeno
quello che il professore Gabriel De Foe spiega alla detective
Maplewood. Le nostre scelte non sono realmente nostre, ma dipendono
da tante variabili esterne che influenzano il nostro giudizio.
Ad ogni modo nel finale
effettivamente si riescono a fare dei cambiamenti nel passato: non
tutto sembra essere già scritto. Ma allora sorge spontaneo
chiedersi quanto delle nostre scelte dipende da noi e quanto
dipende dall’universo?
Un elemento che si può analizzare
che rende molto la contrapposizione predestinazione/ libera scelta
sono gli amori e le relazioni che si sviluppano durante la
narrazione. Nel finale, senza fare spoiler, le piccole modifiche
attuate nel passato non permetterebbero al detective Hillinghead di
conoscere il giornalista di cui si innamora, ed allo stesso modo il
detective Whiteman non avrebbe avuto l’occasione di conoscere la
piccola Ester. Ma l’Universo, o magari il loro affetto sopito, fa
si che l’amore e l’affetto trovino il modo di germogliare
ugualmente tra questi personaggi.
Un’interessante rappresentazione
dei viaggi nel tempo
Già nei primi episodi di
Bodies il professore De Foe spiega durante una
lezione universitaria la teoria dei viaggi nel tempo. Si tratta di
una rappresentazione molto originale di questo fenomeno
fantascientifico: secondo le parole di De Foe, un corpo, nel
viaggiare nel tempo, si duplica, creando delle versioni alternative
di sé nel passato o nel futuro. Questa teoria ricorda molto la
clonazione: si crea un clone del soggetto che viene catapultato
nell’epoca designata.
Ci sarà sempre un posto per le
storie di viaggio nel tempo ben fatte all’interno del genere
fantascientifico. Il nuovo thriller di NetflixBodies (qui la
recensione) è basato sulla graphic novel della DC Vertigo
di Si Spencer e copre un arco di tempo che parte dai giorni nostri
e arriva fino al 1890, per poi proseguire fino al 2053. La serie è
ambientata a Londra e nel cast ritroviamo attori quali Amaka Okafor, Shira Haas,
Stephen Graham (Rocketman),
Jacob-Fortune Lloyd (la
regina degli scacchi) e Kyle Soller (Anna
Karenina).
Si tratta di una premessa
affascinante che inizia con il sergente Shahara Hasan, che si
imbatte nel corpo nudo e morto di un uomo misterioso che giace in
una stradina, Longarvest Lane. Il corpo sembra essere apparso dal
nulla e presenta una ferita da proiettile all’occhio sinistro e uno
strano segno simile a un tatuaggio sul polso. Altri tre detective
si imbattono nello stesso corpo, tutti in periodi temporali
diversi. È una di quelle serie che inizia con un’idea così
sconcertante che non si può fare a meno di guardarla tutta d’un
fiato. Prima di parlare del meraviglioso colpo di scena finale,
analizziamo un po’ la serie in sé.
Di che cosa parla
Bodies?
Bodies si
svolge in quattro epoche diverse e distinte a Londra prima e dopo
la Seconda Guerra Mondiale. Il sergente Hasan
lavora inizialmente al misterioso caso di omicidio nell’attuale
anno 2023. Ma la serie si spinge fino al periodo successivo a Jack
lo Squartatore, nella stessa zona della città che egli rese
tristemente famosa, Whitechapel, nel 1890. Lì, l’ispettore
Alfred Hillingshead ha la sfortuna di imbattersi
nello stesso corpo, circa 130 anni prima di quello in cui si è
imbattuto il sergente Hasan.
Poi toccherà al sergente
Charles Whiteman che scopre di nuovo lo stesso
corpo, questa volta nel 1941, proprio mentre gli inglesi vengono
bombardati dalla Luftwaffe tedesca nella Seconda Guerra Mondiale.
Infine, ci spostiamo nel futuro e incontriamo la detective
Iris Maplewood che sta lavorando allo stesso
identico caso nell’anno 2053. Il passaggio da un’epoca all’altra è
costante, ma avviene senza soluzione di continuità e non fa altro
che aumentare la suspense nel cercare di capire chi sia quest’uomo
morto e perché continui a comparire nella stessa posizione nello
stesso vicolo così tante volte.
Chi è Elias Mannix/Sir Julian
Harker?
Prima di andare avanti, dobbiamo
parlare di chi sia veramente il comandante del 2053 Elias
Mannix e del perché sia così determinante nel finale di
Bodies. Mannix affida a Maplewood il
compito di scoprire il maggior numero di informazioni su quello che
ritiene essere un gruppo terroristico sovversivo che vuole far
esplodere una grande bomba nucleare nel cuore di Londra. Maplewood
è portata a credere che un gruppo noto come Chapel Perilous si stia
organizzando da qualche parte in città e voglia distruggere tutto
ciò che Mannix ha fatto per portare un “ordine” distopico nella
Londra del 2053.
Si scopre che Mannix è anche
l’opportunista manipolatore del 1890 e del 1941, conosciuto come
Sir Julian Harker, il quale trae profitto dalla
compravendita di azioni che conosce già dal futuro. Nel 2053 ha
trovato una porta per viaggiare nel tempo chiamata “La Gola” e ha
iniziato a creare un mondo in cui la versione quindicenne di sé
stesso nel 2023 sa finalmente cosa significa essere amati. Nel
2023, Harker/Mannix è un adolescente orfano che ha intrapreso una
vita di crimini perché è stato abbandonato da entrambi i genitori.
Il futuro Mannix sta cercando di tornare indietro nel tempo e di
crearsi una vita alternativa a quella miserabile che ha ai giorni
nostri. Quindi, Harker è una versione più vecchia dell’Elias Mannix
adolescente con cui vediamo il detective Hasan lavorare duramente
per stabilire un legame nel corso della serie.
Tutti i quattro detective ed un
fisico contribuiscono a rompere il loop di Mannix
Una volta che Hasan ha capito che
l’adolescente problematico di nome Elias Mannix è la copia chiave
del Mannix/Harker che viaggia nel tempo, tutti e quattro i
detective e un fisico, Dr. Gabriel Dafoe, giocano un ruolo cruciale
per assicurarsi che il suo piano di uccidere mezzo milione di
londinesi innocenti non si realizzi. Iris Maplewood insegue Mannix
nel portale della Gola; finisce in una cella del 1890 accanto al
sergente Hillingshead e lo convince di venire dal futuro.
Gli spiega che Harker è un mortale
viaggiatore nel tempo che deve essere fermato. Alla fine, dopo aver
scoperto che il misterioso corpo che continuava a comparire morto
nel tempo è quello del dottor Dafoe, il finale si riduce a tre sole
persone: il sergente Hasan, il sergente Whiteman e l’adolescente
Mannix che viaggia nel tempo.
Qual è il messaggio registrato che
Whiteman trasmette ad Hasan?
Più volte nel corso della stagione,
Harker/Mannix si lascia dietro dei dischi in vinile come una sorta
di diario per tenere il pubblico al corrente di tutto ciò che sta
accadendo. La registrazione più importante che Mannix detta è
quella di sé stesso nel 1941 al Mannix più giovane nel 2023. Dopo
essersi reso conto di non essere riuscito a cambiare nulla della
sua vita difficile e svantaggiata, invia un ultimo messaggio che
Whiteman consegna ad Hasan dopo che questi ha sparato e ucciso
Mannix. In esso, la versione più anziana di Mannix cerca di
convincere la versione più giovane di sé stesso a non far esplodere
la bomba. Mentre giace morente, spiega di essere amato, e che ha
cercato di definire cosa sia l’amore in un modo terribilmente
sbagliato e malvagio.
Il più anziano Elias Mannix convince
il più giovane che dovrebbe amare sé stesso e rendersi conto di
essere degno anche degli altri. In un clima di grande emozione, nel
2023 Mannix strappa il foglietto con il numero di detonazione del
cellulare e viene abbracciato da Hasan e dalla madre
biologica. Il loop temporale è stato finalmente interrotto, ma
l’adolescente Mannix scompare perché non fa più parte dell’attuale
continuum spazio-temporale. Hasan viene mostrata stordita e
disorientata nel suo appartamento mentre chiede al marito che
giorno sia. Non ha memoria degli eventi perché il loop interrotto
ha alterato la realtà attuale. Vediamo però che Whiteman è ancora
vivo nel 1941 anche nella nuova realtà.
La scena finale: varco per una
seconda stagione di Bodies
Nella sequenza finale di
Bodies, il pubblico vede Shahara
Hasan salire su un Uber. Affannata, dice subito
all’autista di portarla a Spencer Street. “What a Difference a
Day Makes” suona dolcemente alla radio e Hasan chiede
all’autista di alzare un po’ il volume. Lei guarda fuori dal
finestrino e dice: “A volte mi sento come se l’intera città
stesse per ribollire. Che esploda. Mi fa preoccupare per il futuro.
Capisce cosa intendo?”. L’autista risponde: “So
esattamente cosa vuoi dire”.
Segue un’inquadratura ravvicinata
dello specchietto retrovisore che mostra quella che sembra essere
Iris Maplewood, l’agente di polizia del 2053 che
ha inseguito Mannix nel 1890 per interrompere il loop; fa una pausa
e la chiama per nome. Shahara ha uno sguardo di stupore e di
consapevole familiarità. È un grande colpo di scena che presuppone
che Iris sia riuscita in qualche modo ad arrivare nell’anno 2023,
mentre avrebbe dovuto scomparire quando il loop è stato interrotto,
essendo originaria dell’anno 2053. È una bella conclusione tra i
due personaggi principali e lascia la porta aperta per altre
stagioni di Bodies.
Bobby Fischer Against the
World è il documentario prodotto da HBO che ripercorre il
cammino di uno dei più grandi campioni della storia degli scacchi,
nonché riconosciuto da tutti gli americani come il più grande
giocatore degli Stati Uniti. Il regista statunitense Liz Garbus
ripercorre in maniere impeccabile e a tratti maniacale la vita del
enfant prodigeBobby Fischer, dalla sua
prima infanzia sino agli ultimi giorni della sua esistenza. Le
vicende di Fischer sono ben note al pubblico più avvezzo ma
sorprende come la pellicola sia capace di lasciarsi alle spalle i
luoghi comuni di una storia così legata al periodo della Guerra
Fredda, lasciando al centro della narrazione la vera essenza del
personaggio spesso esagerata e completamente folle.
La cosa che emerge predominante e
che riesce a dare quella componente di autenticità all’affresco del
personaggio è il fatto che Fischer non combatta la
Guerra Fredda come un comune soldato statunitense,
Bobby combatte la propria di guerra: una guerra
contro il suo passato, contro la famiglia, contro le sue nevrosi e
contro il successo che tanta insofferenza gli provoca, fino a farlo
cadere in un baratro di delirio e onnipotenza. Bobby
Fischer Against the World procede chirurgicamente nel
descrivere l’ascesa e la caduta del personaggio, in maniera
affascinante e commovente. Sotto i suoi colpi da maestro prima
cadono le certezze di uno stato come l’URSS, poi il suo antagonista
per eccellenza Boris Spassky e in fine se stesso, riuscendo
al contempo a diventare una vera e propria leggenda.
Grazie alla sua follia riesce ad
essere al di sopra di ogni condizionamento politico, addirittura
anche al disopra di ogni individuo che si presenti sulla propria
strada. Le testimonianze di amici, colleghi e compagni di vita ne
sono la prova. Un bambino che ha fatto della dedizione e della
totale abnegazione per la disciplina una ragione di vita ma che nel
momento in cui arriva all’apice del successo in così poco tempo, ad
una giovanissima età per l’ambiente, perde ogni ragione di vita ed
ogni obiettivo. Fino a morire all’età di 64 anni nevrotico e
completamente fuori controllo. Particolare inquietante, 64, come il
numero di caselle presenti in una scacchiera.
Torna per il 15esimo anno il
BobbioFilmFestival con un programma ricco di
proposte. Tre sono le sue anime, riunite dalla presenza del
direttore artistico Marco Bellocchio:
Boba Fett è il
protagonista del teaser fan-made che vi proponiamo di sotto diretto
da Eric
Demeusy.
IntitolatoStar
Wars:The New
RepublicAnthology,la clipmostra un
notevolevalore nella
produzione, nei costumie negli effetti visivi–di gran lunga superiorea moltialtri fan filmdello stesso genere.Forse questo prodotto di così buona qualità potrebbe
contribuire aconvincereDisney e Lucasfilmacontinuare a lavorare a quella sfuggente possibilità di uno
spin-off su Boba Fett, quello
che doveva essere diretto da Josh Trank di
Chronicles e Fantastic
Four.
Dopo qualche mese di silenzio,
preceduti da altri di intensa conversazione, sembra proprio che lo
spin-off di Star
Wars dedicato a Boba Fett sia tornato
definitivamente in pista con il titolo provvisorio Tin
Can (lo stesso venuto fuori quando Josh
Trank avrebbe dovuto dirigere il film) . La notizia, di
cui si attende ovviamente la conferma ufficiale dalla
Lucasfilm, è stata diffusa nelle ultime ore
da Omega Underground.
Quello su Boba Fett
non è però l’unico standalone previsto dal franchise: da tempo si
vocifera infatti che anche Obi Wan Kenobi avrà il
suo spazio in uno spin-off. Di recente sono stati rivelati un
titolo (Joshua Tree) e un papabile regista
(Stephen Daldry).
Nel frattempo vi ricordiamo che
Star Wars tornerà a breve sul grande schermo con
l’ottavo capitolo, Gli Ultimi Jedi, la cui uscita è fissata per il
13 dicembre in Italia. Diretto da Rian Johnson,
vede nel cast Daisy Ridley, John
Boyega, Oscar Isaac, Laura
Dern, Gwendoline Christie, Mark
Hamill, Carrie Fisher e Adam
Driver.
Il flop di Solo: A Star Wars Story ha
dimostrato che non basta che i fan amino il protagonista di un film
per garantirne il successo, e questo è ciò che avrà pernsato
Kathleen Kennedy, comunicando che il progetto di
un film solo su Boba Fett è stato abortito.
La Disney aveva messo in cantiere
diversi progetti molto interessanti, ma nessuno di questo è
sembrato poi essere all’altezza di quanto costruito e sviluppato
con i fatti. Lo spin off su Boba Fett, di cui
avevamo sentito parlare, è adesso ufficialmente fuori dai giochi.
DUrante una speciale proiezione dedicata a Black
Panther, Kathleen Kennedy ha confermato
che il film non si farà più e che la Lucasfilm è al momento
impegnata nella produzione della
serie tv The Mandalorian. Lo show andrà in
onda sulla piattaforma streaming della Disney e vedrà protagonisti
tutti personaggi nuovi.
Per quanto riguarda il futuro
cinematografico della Lucasfilm, tutti i suoi sforzi sono adesso
concentrati su Star
Wars: Episodio IX, che è attualmente in fase di
riprese.
Nel cast del film
tornano Daisy Ridley, Adam Driver, John Boyega, Oscar
Isaac, Lupita Nyong’o, Domhnall Gleeson, Kelly Marie Tran, Joonas
Suotamo e Billie Lourd. Si uniranno al
cast di Star Wars: Episodio IX Naomi Ackie e
Richard E. Grant, insieme ai veterani del
franchise Mark Hamill, Anthony Daniels e
Billy Dee Williams, che riprenderà il ruolo di
Lando Calrissian.
È stato riportato da Omega Underground che la
produzione dello spin-off su Boba Fett, annunciato
dalla Lucasfilm nei mesi scorsi e ora affidato a James
Mangold (Logan), non partirà prima del
2020, per permettere al regista di concentrarsi su un altro
progetto, ovvero il biopic Ford vs Ferrari.
Ciò significa che il primo, in
ordine di calendario lavorativo, dei film in cantiere sarà
Star
Wars: Episodio IX, le cui riprese partiranno tra poche
settimane con la regia di J.J.Abrams, e mentre in
inverno inizieranno i preparativi per la serie di Jon
Favreau.
Sarà dunque James
Mangold a scrivere e dirigere il film
su Boba Fett, terzo spin-off ufficiale del
franchise di Star Wars programmato dalla
Lucasfilm. Questo non è però l’unico standalone previsto nei
prossimi anni: la produzione è già al lavoro su una pellicola
interamente dedicata al personaggio di Obi Wan
Kenobi e potrebbe essere affidata al
regista Stephen Daldry.
Per quanto riguarda Boba Fett, vi
ricordiamo che il cacciatore di taglie, amatissimo dai fan della
saga, fu introdotto in l’Impero
colpisce ancora per poi riapparire in Il
Ritorno dello Jedi come mercenario che consegna
a Jabba the Hutt il
prigioniero Han Solo.
Dunque si profila per Mangold
un’altra illustre partecipazione ad un franchise dopo aver diretto
due capitoli su Wolverine, tra
cui Logan, uscito nel 2017 e candidato
all’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale.
Sarà James Mangold
a scrivere e dirigere il film su Boba Fett, terzo
spin-off ufficiale del franchise di Star
Wars programmato dalla Lucasfilm. La notizia è stata
confermata nelle ultime ore dall’Hollywood Reporter.
Questo non è però l’unico standalone
previsto nei prossimi anni: la produzione è già al lavoro su una
pellicola interamente dedicata al personaggio di Obi
Wan Kenobi e potrebbe essere affidata al regista
Stephen Daldry.
Per quanto riguarda Boba Fett, vi
ricordiamo che il cacciatore di taglie, amatissimo dai fan della
saga, fu introdotto in l’Impero
colpisce ancora per poi riapparire in Il Ritorno
dello Jedi come mercenario che consegna a Jabba
the Hutt il prigioniero Han Solo.
Dunque si profila per Mangold
un’altra illustre partecipazione ad un franchise dopo aver diretto
due capitoli su Wolverine, tra cui
Logan, uscito nel 2017 e candidato all’Oscar per
la miglior sceneggiatura non originale.
Chi avrebbe mai pensato che il
casco di Boba Fett, uno dei personaggi più amati
di Star
Wars diventasse ora un’acconciatura? .. probabilmente tutti
dato che Star Wars è ormai è diventato una moda
pop. Ecco la creazione bizzara di lollypoplocks:
Apparso come antagonista nei tre
film della trilogia originale di Star
Wars, Boba
Fett è un cacciatore di taglie il cui passato è
avvolto nel mistero. Tuttavia la corazza Mandaloriana e la
nave ereditata dal padre (la Slave I) sono solo i primi dettagli di
una origin story affascinante raccontata meglio nei
fumetti.
Ecco 10 curiosità sul personaggio apprese dal
canone di Star
Wars:
Era un “fan” dei cacciatori di taglie fin da piccolo
Difficile a credersi, eppure
Boba Fett si è innamorato della figura del
cacciatore di taglie da bambino, quando già conosceva i nomi e le
storie di alcuni dei migliori tracker della galassia (e questo succedeva
all’età di otto anni).
Probabilmente una passione del
genere è stata ereditata dal padre Jango.
Niente può fermarlo, nemmeno un alieno a sei braccia
Nella trilogia originale di Star
Wars non abbiamo visto molto di Boba
Fett come guerriero, mentre nei fumetti il personaggio
affronta una serie di considerevoli minacce come l’enorme e
mostruosa bestia aliena a sei braccia.
Il duello finì con la vittoria di
Boba che lasciò l’avversario annichilito e senza un singolo
arto.
Guanti speciali
Boba Fett riesce a essere un fiero
combattente con o senza armi, e proprio come ogni buon cacciatore
di taglie e serial killer, gli spiace tenere nascosti i suoi
segreti del mestiere.
Uno dei posti preferiti dove tenere
i gadget sono i guanti, custodia di lame estremamente pericolose
chiamate “vibroblades“, abbastanza robuste da
reggere il confronto con una spada laser.
Utilizza dei gadget simili a quelli di Batman
Sempre parlando dell’equipaggiamento
di Boba Fett, lo strumento maggiormente utilizzato
dal cacciatore di taglie nelle sue avventure dei fumetti è un
grappino molto simile a quello di Batman nel DC
Universe.
Il personaggio lo sfoggia durante un
combattimento, per catturare bersagli in fuga, e per sfuggire a
situazioni pericolose.
Conosce quasi tutto dei criminali della galassia
Il fatto che Boba
Fett si sia diretto con facilità nel luogo dove sapeva di
trovare Han
Solo in Episodio
IV ci porta a credere che il cacciatore di taglie
abbia una conoscenza piuttosto ampia dei criminali della galassia,
soprattutto perché sembra avere familiarità con qualsiasi pianeta
al di fuori dalla mappa come Tatooine.
Per tutti i viaggi compiuti, avere
tutte quelle informazioni memorizzate nella sua testa è un’impresa
piuttosto incredibile.
Ha avuto uno Wookie come spalla
Ci sono molte cose che Boba Fett ha
in comune con Han Solo: entrambi sono piloti
brillanti, e hanno lavorano per Jabba the Hutt, ed
entrambi hanno avuto come spalle due Wookie.
Quello del cacciatore di taglie si chiama Black
Krrsantan anche se i due colleghi non sono mai stati amici
come Han e Chewie.
Ha combattuto contro Luke Skywalker
Boba Fett odia i
Jedi? Probabilmente si, e non sorprende affatto scoprire che la
ragione è radicata nel passato del personaggio: un giovanissimo
Luke Skywalker è infatti uscito vittorioso dallo
scontro con il nemico, quando fu Darth
Vader a ordinargli la sua cattura in modo che il
Signore Oscuro potesse interrogarlo.
Così un duello che sembrava scontato
finì con un risultato inatteso: usando la combinazione della sua
spada laser e della Forza, Luke fuggì da Boba Fett vivo e libero.
In ogni caso Boba Fett riuscì a portare qualcosa a Darth Vader: il
nome di suo figlio.
La grande rivelazione a Darth Vader
Ricorderete tutti la scena in cui
Darth Vader rivela a
Luke di essere suo padre, ma in pochi sanno quando il personaggio
ha appreso questa verità.
Bisogna ringraziare Boba
Fett per questa notizia: mentre stava combattendo contro
Luke su Tatooine, il cacciatore di taglie scoprì il misterioso nome
del pilota, e non essendo in grado di portarlo vivo dal suo
mandante, gli consegnò l’unica informazione a disposizione.
Un’infanzia particolare
Probabilmente non sarà una sorpresa
scoprire che Boba Fett ha iniziato la sua carriera
come cacciatore di taglie più micidiale della galassia nella tenera
infanzia, all’età di otto anni, quando si ritrovò a lavorare per un
mercenario alieno.
Non passò troppo tempo e il giovane
uccise sia il padrone che la sua compagna con la piccola pistola
che aveva nascosto sotto i vestiti. D’altronde le abilità con
un’arma erano già così definite che suo padre non intervenne
nemmeno per salvare suo figlio.
Il rapporto con il padre
Star Wars è una saga familiare che
trae molte delle sue riflessioni dal rapporto complicato fra padri
e figli, e quella tra Jango Fett e suo figlio non
sfugge a questa tematica,
Jango non avrà insegnato a Boba
lezioni sulla morale, eppure ha sempre nutrito un sincero desiderio
di vedere suo figlio avere successo. Fin dalla sua “nascita” lo
istruì su come sopravvivere e prosperare nella dura galassia in cui
vive.
Tell It Animated su YouTube ha
condiviso un video che racconta dettagliatamente l’evoluzione del
personaggio di Boba Fett sullo schermo (grande e
piccolo).
Data la lunga storia del personaggio
e la varietà di raffigurazioni, non sorprende che l’armatura, le
armi e gli accessori del cacciatore di taglie siano cambiati
parecchio nel corso degli anni.
Bob’s
Burgers – Il Film, la nuova avventura
d’animazione comedy per il grande schermo, basata sull’omonima
sit-com animata per la TV pluripremiata agli Emmy e agli Annie
Award, arriverà il 25 maggio nelle sale italiane. Bob’s
Burgers – Il Film è diretto da
Bernard Derriman e co-diretto da Loren
Bouchard. La sceneggiatura è firmata da Loren Bouchard &
Nora Smith. Il film è prodotto da Loren Bouchard, Nora
Smith e Janelle Momary.
Bob’s Burgers – Il Film, trama
La storia ha inizio quando una
conduttura dell’acqua rotta crea un’enorme voragine proprio di
fronte a Bob’s Burgers, bloccando l’ingresso per un tempo
indefinito e rovinando i piani dei Belcher per l’estate. Mentre Bob
e Linda faticano per tenere a galla l’attività, i ragazzi cercano
di risolvere un mistero che potrebbe salvare il ristorante di
famiglia. Quando i pericoli aumentano, i Belcher si aiutano a
vicenda per trovare la speranza e lottano per tornare al loro posto
dietro al bancone.
Nel giro di pochi anni, Bob
Odenkirk è diventato uno degli attori più apprezzati,
quotati e richiesti di Hollywood. Talmente brillante in
Breaking Bad con il suo Saul Goodman da
ottenere uno spin-off tutto dedicato a lui. Odenkirk ha avuto
inoltre modo di provare ulteriormente il suo talento e la sua
versatilità partecipando a celebri film di importanti autori,
ottenendo in più occasioni prestigiosi riconoscimenti da parte
della critica. Ecco 10 cose che non sai su Bob
Odenkirk.
Parte delle cose che non sai sull’attrice
Bob Odenkirk: i suoi film e le
serie TV
1. Ha recitato in film da
Oscar. I primi, marginali, ruoli di Odenkirk al cinema
furono per film come Fusi di testa 2 – Waynestock (1993),
Il rompiscatole (1996) e Monkeybone (2001).
Inizia ad ottenere maggior popolarità soltano nel 2013, nel momento
in cui grazie al suo ruolo nella serie Breaking Bad,
ottiene delle parti in film come The Spectacular Now
(2013), Nebraska
(2013), Boulevard (2014), The Disaster
Artist (2017), The Post (2017),
Non succede, ma se
succede… (2019), Piccole
donne (2019) e Dolemite Is My Name (2019).
2. È celebre per i suoi
ruoli televisivi. Dopo aver recitato per anni in celebri
serie TV, tra cui How I Met Your Mother (2008-2011),
Odenkirk si consacra grazie al ruolo di Saul Goodman nella serie
Breaking Bad (2009-2013), dove recita accanto a Bryan
Cranston. Successivamente recita nella prima stagione
di Fargo (2014) e dal 2015 ha il ruolo di protagonista
nella serie spin-off Better Call Saul, dove riprende il
personaggio che lo ha reso celebre. Nel 2019 è invece tra i
protagonisti della serie Undone.
3. Ha ricoperto il ruolo di
produttore. Particolarmente affezionato alla serie
Better Call Saul, Odenkirk ha svolto il ruolo di
produttore per tutti gli episodi fino ad ora girati. Ha inoltre
partecipato alla produzione delle serie Undone, Bob and
David (2015) e The Birthday Boys (2013-2014).
Bob Odenkirk ha recitato in How I
Met Your Mother
4. Ha interpretato un
personaggio di rilievo. Nel corso della serie How I
Met Your Mother, l’attore si è fatto apprezzare nel ruolo di
Arthur Hobbs, il capo di Marshall, interpretato da Jason
Segel, alla Goliath National Bank. Questi era
costantemente in contrasto con il personaggio di Segel, per via del
suo cinismo e del suo menefreghismo nei confronti di ciò che non
riguardasse la banca.
Bob Odenkirk in Breaking Bad
5. Stava per rinunciare al
ruolo. Quando gli fu proposto il ruolo dell’avvocato Saul
Goodman in Breaking
Bad, Odenkirk parlò con l’ideatore Vince
Gilligan che non si sentiva adatto a ricoprire il ruolo di
un ebreo, non essendolo lui. Gilligan gli rivelò tuttavia che
quello non era il vero nome dell’avvocato, il quale si fingeva
ebreo come strategia per attirare più clienti.
Parte delle cose che non sai sull’attrice
6. Ha ideato il look del
personaggio. Durante un’intervista, l’attore ha dichiarato
di essere lui l’ideatore della buffa acconciatura di capelli di
Saul Goodman. Odenkirk propose l’idea a Gilligan, il quale trovò
che aggiungeva particolarità ad un personaggio che avrebbe dovuto
continuamente dare l’impressione di nascondere qualcosa.
Bob Odenkirk in Undone
7. Ha partecipato alla
rivoluzionaria serie Amazon. Nel 2019 l’attore ha
partecipato alla serie Amazon Prime Undone, interpretando
Jacob Winograd, padre della protagonista interpretata dall’attrice
Rosa Salazar. Odenkirk si è dichiarato entusiasta
di poter partecipare alla prima serie televisiva in assoluto girata
con la tecnica del rotoscope, che permette di raggiungere risultati
visivamente sbalorditivi.
Bob Odenkirk in Piccole donne
8. Ha interpretato il padre
delle protagoniste. Nel film Piccole donne,
scritto e diretto da Greta Gerwig, l’attore
interpreta il ruolo del padre delle giovani protagonista. Il suo
personaggio ha in realtà un breve minutaggio nel film, poiché per
lo più del tempo è lontano da casa, impegnato nella guerra.
Bob Odenkirk in The Post
9. Ha recitato nel film di
Steven Spielberg. Nel film The
Post, candidato all’Oscar, Odenkirk ricopre il ruolo di Ban
Bagdikian, assistente redattore al Post, il quale riesce ad
ottenere i documenti che daranno origine al celebre scandalo. Nel
film l’attore recita insieme a Tom
Hanks e Meryl
Streep.
Bob Odenkirk: età e altezza
10. Bob Odenkirk è nato a
Naperville, nell’Illinois, Stati Uniti, il 22 ottobre
1962. L’attore è alto complessivamente 175 centimetri.
Si intitola World
Apart – Mondi Lontaniil film diretto
da Cecilia Miniucchi, presentato durante una delle tre
Masterclass SIAE per le Giornate degli Autori, nell’ambito della
79a Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. In
questa occasione, abbiamo incontrato Bob Odenkirk, trai protagonisti del film, che
ci ha raccontato com’è stato lavorare a un progetto tanto
particolare, in un momento in cui il mondo cambiava per sempre.
Ma come mai l’attore di
Better Call Saul ha detto di sì a questo
progetto?
“Ho accettato perché volevo
essere spaventato – ha spiegato – Mi piace essere
spaventato e mi piace correre rischi. Abbiamo cominciato a girare
il film all’inizio del lockdown: la vita era molto spaventosa, i
miei figli seguivano le lezioni universitarie nelle loro stanze e
stavamo fingendo che tutto andasse bene, ma non avevamo idea della
situazione. I giorni erano opprimenti e difficili, ma dal nulla mi
è arrivata una chiamata da Cecilia, che mi ha chiesto se volevo
fare un film girato con gli iPhone attraverso FaceTime. Mi ha detto
che avrebbe scritto una sceneggiatura con 3 coppie chiuse nelle
loro case e io ho detto sì. Volevo di nuovo sapore nella mia vita, volevo recitare perché
non ero sicuro che avremmo potuto farlo di nuovo. Non avevamo
ancora girato la sesta stagione di Better Call Saul, non sapevamo
come saremmo finiti e io volevo restare in contatto con la
recitazione. Inoltre io sono un fan di Danny Huston, sono un suo
fanboy. Quando ho saputo che Danny Huston avrebbe fatto del
progetto ho accettato, perché volevo lavorare con lui.”
L’attore ha raggiunto la
fama soprattutto per il ruolo di Saul Goodman nella serie Breaking
Bad, e poi diventato protagonista di Better Call Saul, serie spin
off di grande successo. Come avrebbe reagito il suo avvocato al
lockdown?
“Sarebbe diventato matto!
Sarebbe stato inferocito e frustrato, perché lui vive una vita di
interazione sociale e non vuole stare da solo con i suoi pensieri.
A questo proposito ero un po’ preoccupato per Worlds Apart, perché
penso che la storia riguardi queste persone, la loro frustrazione e
il fatto che stanno soffocando. Quando tutto questo passerà
definitivamente, le persone si dimenticheranno di come ci si
sentiva. Sono contento che Cecilia abbia messo in background i
report di notizie sulla diffusione del coronavirus, perché i
protagonisti sono davvero personaggi dentro una pentola a
pressione.”
Una delle principali
difficoltà del personaggio in World Apart è stata per Odenkirk,
paradossalmente, l’estrema vicinanza tra la sua situazione di
reclusione e quella del personaggio.
“Questi personaggi vivono il
momento che vivevamo noi stessi mentre giravamo. Cercano di
distrarsi, ma non possono fare altro se non aspettare e sperare che
la cosa si risolva. In un modo strano, abbiamo usato i sentimenti
che tutti stavamo provando in quel momento. Io ho guardato la TV
per settimane, con i report di notizie che invadevano casa mia.
Aspettavamo la parola vaccino o qualche altra buona notizia, e i
personaggi del film fanno la stessa cosa. Poi hanno la loro vita
personale, che è un disastro completo. Cecilia voleva scrivere una
commedia romantica, ma c’era la pressione di una pandemia. Il
nostro desiderio è quello di intrattenere, lei voleva che il tono
fosse leggero e infatti il cuore di questa storia non è
minaccioso.”
È giusto dimenticare il
periodo del lockdown?
“Penso che dobbiamo farlo. È
stato veramente difficile fare un film durante una pandemia e un
lockdown. Cecilia su FaceTime controllava l’angolo di ripresa
attraverso un computer che guardava un altro computer. Ha scritto
una storia in poche settimane con tre personaggi che si preoccupano
l’uno dell’altro e si desiderano a vicenda e ha dato a tutti una
sorta di arco narrativo. Questo è stato davvero difficile, sono
orgoglioso che lei sia riuscita a realizzare una storia in cui si
riescono a sentire le pressioni di quei personaggi. Ma il pericolo,
oltre alla sfida stessa, è che la gente non voglia più sentirne
parlare. Le persone vogliono dimenticare.”
I film Marvel hanno negli anni attirato
molti importanti attori di Hollywood, ma a quelli che hanno
affermato di non essere interessati a prendere parte a questo
enorme universo narrativo si aggiunge ora Bob Odenkirk.
L’attore di Better
Call Saul ha infatti recentemente parlato del tipo di
personaggi che gli piace interpretare e di come questi non siano in
linea con ciò che produce Marvel Studios. “Mi piace sempre mantenere
le cose con i piedi per terra, riconoscibili e più piccole. Non
credo di essere fatto per quel mondo“, ha dichiarato nel corso
di una recente intervista. “Sono fatto per personaggi che ti
fanno sentire come se quella persona potesse vivere nella porta
accanto.”
Anche il violento protagonista di
Io sono nessuno, Hutch, interpretato da
Odenkirk nel 2021, sembra rientrare in questa categoria. “Hutch
è ancora un padre di famiglia, ma il suo rapporto con la violenza è
diverso. È cambiato, ma ha ancora molta strada da fare per trovare
un vero equilibrio nel modo in cui sta vivendo la sua vita“,
ha detto a proposito del personaggio, che riprenderà in un prossimo
sequel. Nel 2022 e durante il Festival del cinema di Venezia,
Odenkirk ha poi dichiarato di essere propenso a fare più film
d’azione dopo aver recitato in Nobody. Sempre, però, mantenendo
quelle caratteristiche da uomo comune da lui ricercate.
Per quanto sia dunque interessato a
prendere parte a sempre più film action, quelli del Marvel Cinematic Universe sembrano
non essere tra questi per Odenkirk. L’attore è stato più volte
suggerito dai fan come interprete ideale per un ruolo nell’MCU, ma evidentemente il diretto
interessato non la pensa allo stesso modo ed ha ora messo a tacere
le speranze di un suo coinvolgimento presso casa Marvel. Ora che ha terminato le
riprese della serie Better Call Saul, la carriera di
Odenkirk si può aprire ad innumerevoli nuovi entusiasmanti
progetti, purché rientranti nei suoi interessi.
Popolare attore televisivo,
Bob Morley si è affermato grazie al suo ruolo
nella serie The 100, ed in breve è diventato uno dei più
apprezzati volti giovanili del piccolo schermo. Versatile e
carismatico, all’attore occorre solo qualche altro ruolo di rilievo
per poter consolidare il proprio momento d’oro.
Ecco 10 cose che non sai di
Bob Morley.
Bob Morley: i suoi film e le serie
TV
10. Ha recitato in celebri
serie televisive. L’attore ha ottenuto una prima
popolarità grazie alla soap opera australiana Home and
Away, dove ha recitato dal 2006 al 2008. In seguito, si è
distinto per la sua partecipazione a titoli come BancoPaz
(2008), The Strip (2008), Sea Patrol (2010) e
Neighbours (2010-2013), dove recita accanto a Margot
Robbie. Nel 2014 viene poi scelto per ricoprire il
ruolo di Bellamy Blake in The 100, dove
recita tutt’ora.
9. Ha preso parte a film
per il cinema. Con l’horror Road Train (2010),
l’attore debutta per la prima volta sul grande schermo, tornando
poi a recitarvi per il drammatico Blinder (2013), nel
ruolo di Nick, e per The White City (2014), dove ricopre
il personaggio di Avi. Da quel momento l’attore non è più comparso
al cinema, attualmente impegnato nelle riprese della serie di cui è
protagonista.
8. Ha ricevuto diverse
nomination per importanti premi. Grazie alla serie
The 100, a
partire dal 2015 l’attore è stato nominato ogni anno come miglior
attore in una serie televisiva fantasy/sci-fi. Nel 2016 concorreva
invece nella categoria “miglior intesa televisiva” insieme alla
collega Eliza
Taylor. Ad oggi Morley non ha ancora riportato
vittorie, ma ha certamente avuto modo di consolidare il proprio
status.
Bob Morley e Eliza Taylor
7. Ha sposato la celebre
attrice. Grazie alla serie The 100, Morley
conosce l’attrice Eliza Taylor, che ricopre il
ruolo della co-protagonista Clarke Griffin. I due, inizialmente
legati da profonda amicizia, intraprendono in seguito una
relazione, e nel giugno del 2019 annunciano tramite i rispettivi
social network di essersi sposati in gran segreto il 5 marzo di
quello stesso anno.
6. Nessuno sapeva della
loro relazione. Nel momento in cui hanno rivelato del loro
matrimonio, la notizia è stata un vero e proprio shock per i loro
fan, i quali non avevano mai avuto indizi su un possibile
coinvolgimento sentimentale tra i due. La coppia è stata infatti
particolarmente attenta a non rendere pubblica la propria relazione
sino a quel momento.
Bob Morley in The 100
5. Ha diretto un
episodio. Nel 2019, ormai “veterano” della serie, l’attore
decide di esordire alla regia dirigendo l’episodio Ashes to
Ashes, l’undicesimo della sesta stagione. Per
l’attore si è trattato di un’esperienza particolarmente formativa,
ma ha anche ricordato la pressione di dover gestire tutti i reparti
coinvolti, come anche la difficoltà di dover essere regista e
attore allo stesso tempo.
4. Ha recitato in quasi
tutti gli episodi. Ad oggi la serie, composta da 7
stagioni, vanta un totale di ben 100 episodi. Morley è l’unico
membro del cast, insieme alla Taylor ad essere comparso in quasi
tutti questi. Il suo personaggio è infatti presente in 99 degli
episodi fino ad ora realizzati, essendo assente soltanto in uno di
questi.
Bob Morley non ha figli
3. Non è ancora diventato
padre. Con il recente matrimonio avvenuto tra lui e la
Taylor, in molti fan si sono chiesti se per caso l’attore sia anche
già diventato padre o se sia in procinto di diventarlo.
Attualmente, tuttavia, non vi sono informazioni a riguardo, e né
lui né la compagna hanno fatto annunci a riguardo, lasciando
presagire che non vi siano figli in arrivo per il momento.
Bob Morley è su Twitter
2. Ha un account
personale. L’attore è presente sul social network
Instagram con un profilo verificato e seguito da oltre 630 mila
persone. All’interno di questo è solito condividere notizie
relative ai suoi progetti da interprete, come anche immagini o
video promozionali. Non mancano poi anche post di vario tipo, come
alcuni pensieri dell’attore riguardanti questioni di attualità.
Bob Morley: età e altezza
1. Bob Morley è nato a
Victoria, in Australia, il 20 dicembre 1984. L’attore è
alto complessivamente 178 centimetri.
Mentre fervono i lavori attorno a
Batman V Superman Dawn of
Justicenuova pellicola diretta
da Zack Snyder ed interpretata
da Ben Affleck ed Henry
Cavill, una notizia nuova di zecca non potrà che rendere
onore ai fan di vecchia e nuova data dell’Uomo Pipistrello. Risulta
ufficiale, infatti, che Bob Kane, la mente
dietro Batman, sarà insignito di una stella
lungo la Hollywood Walk of Fame per la
categoria Motion Pictures.
La DC Comics
ha prontamente commentato la notizia attraverso il proprio sito
internet: “Accendete il Batsegnale – è in programma una
celebrazione! Questa mattina la Hollywood Chamber of Commerce ha
annunciato che il creatore di Batman, Bob Kane, è stato selezionato
per la Walk of Fame 2015. Kane sarà aggregato agli altri nominati
del 2015 che includono il regista Peter Jackson, il produttore
televisivo James L. Brooks, gli attori Will Ferrell, Daniel
Radcliffe e
Chris O’Donnell, che interpretò Robin in due film di
Batman negli anni novanta.
Sin dalla sua prima apparizione
nel maggio 1939 sul numero 27 di Detective Comics – concepito e
disegnato da un Kane 22enne in collaborazione con Bill Finger
che scrisse la storia – il Batman di Kane è diventato la star di
fumetti, cartoni animati, vignette, show radiofonici, una serie tv
in live actions, film d’animazione, video games e numerosi film di
maggior impatto di tutti i tempi. In poche parole, il Batman di
Kane è il super eroe più famoso mai creato.”
Motivo d’orgoglio, dunque, sia per
chi ai tempi puntò sul Cavaliere Oscuro, sia per lo scomparso Kane
che non avrebbe potuto che dirsi soddisfatto per i risultati
raggiunti dalla sua creazione.
Bob Iger ha
recentemente risposto alle critiche secondo cui la
Disney sarebbe diventata “woke“, un
termine che secondo lui la maggior parte delle persone non capisce
nemmeno più.
Parlando con The Hollywood
Reporter dopo la vittoria della
sua battaglia per la procura, Bob Iger è stato
interrogato sulle critiche mosse da molti al fatto che la Disney
sia diventata “woke” nei suoi messaggi e nei suoi film.
Bob Iger ha detto che “il termine “woke”
viene usato in modo piuttosto libero, senza alcun gioco di
parole. Credo che molte persone non capiscano nemmeno cosa
significhi“.
Tuttavia, Bob Iger
ha sottolineato che la priorità dell’azienda deve essere sempre
quella di intrattenere e che non è “in grado” di infondere
messaggi come priorità assoluta.
“Penso che il rumore si sia un
po’ placato. L’ho predicato a lungo all’interno dell’azienda, prima
di andarmene e da quando sono tornato, il nostro obiettivo numero
uno è quello di intrattenere“, ha detto Iger. “Il punto è
che infondere messaggi come una sorta di priorità numero uno nei
nostri film e spettacoli televisivi non è il nostro obiettivo.
Devono essere divertenti, e quando la Disney può avere un impatto
positivo sul mondo, che si tratti di promuovere l’accettazione e la
comprensione di persone di ogni tipo, è fantastico“.
Bob Iger vuole che la Disney
sia “prima di tutto un’azienda di intrattenimento”.
L’amministratore delegato della
Disney ha poi affermato che l’azienda deve essere “prima di
tutto un’azienda di intrattenimento“, pur cercando di
raggiungere un pubblico eterogeneo.
“Ma in generale, dobbiamo
essere un’azienda che privilegia l’intrattenimento… E capire che
stiamo cercando di raggiungere un pubblico molto, molto
eterogeneo“, ha detto Iger. “E per farlo, da un lato,
quello che fai, le storie che racconti, devono davvero riflettere
il pubblico che stai cercando di raggiungere, ma quel pubblico,
essendo così eterogeneo, in realtà, prima di tutto, vuole essere
intrattenuto, e a volte non può essere spento da certe cose. E noi
dobbiamo essere più sensibili all’interesse di un pubblico ampio.
Non è facile, sapete, non possiamo accontentare sempre tutti,
giusto?“.
Bob Iger, l’attuale
CEO di The Walt Disney Company, ha dichiarato durante la conferenza
sugli utili che spera che il doppio sciopero, che coinvolge i
sindacati WGA e SAG-AFTRA, possa “finire
rapidamente“. La dichiarazione arriva al 100° giorno di
sciopero degli sceneggiatori.
Il conflitto ha iniziato a
intensificarsi quando gli studi si sono rifiutati di pagare salari
equi ai propri lavoratori, spingendo SAG-AFTRA a unirsi agli
sceneggiatori dopo un breve periodo di tempo. Ecco cosa ha detto
Bob Iger sullo sciopero in corso:
“È mia fervida speranza che si
trovino rapidamente soluzioni ai problemi che ci hanno tenuto
distanti in questi ultimi mesi, e mi impegno personalmente per
raggiungere questo risultato.”
Uno degli argomenti centrali
discussi nello sciopero in corso è il modo in cui attori e
sceneggiatori vengono pagati quando una serie o un film a cui hanno
lavorato riceve molte visualizzazioni sulle piattaforme di
streaming.
Indipendentemente dal fatto che il
prodotto faccia parte dei cataloghi Netflix o Prime, la maggior parte dei membri delle
corporazioni non può guadagnare abbastanza per avere una carriera
sostenibile dal proprio lavoro, mentre i progetti di cui fanno
parte generano milioni di dollari per gli studi. L’unico modo per
porre fine al doppio sciopero è che gli studi offrano un accordo
sia agli attori che agli sceneggiatori che possa consentire loro di
essere adeguatamente ricompensati per il loro lavoro.
La Disney per prima subirà ritardi
nelle sue produzioni a causa del doppio sciopero. In particolare,
Deadpool 3 ha interrotto la sua produzione e
quindi la sua uscita verrà probabilmente ritardata, ma anche il
franchise di Star
Wars, soprattutto quello legato alle serie Disney+, subirà un notevole ritardo,
dal momento che tutti i set sono stati chiusi per l’adesione degli
attori allo sciopero, e tutte le sceneggiature, che ricordiamo,
vengono scritte e riscritte anche in fase di produzione attiva (le
riprese) non vengono più realizzate dalle braccia incrociate degli
sceneggiatori.
“I cinecomic Marvel
non sono cinema“, “I film Marvel sono
spregevoli“. Queste due affermazioni risuonano da giorni
rimbalzando da un lato all’altro del web, scatenando la reazione
contrariata di molte personalità del mondo dello spettacolo che non
hanno gradito i commenti di Martin Scorsese e
Francis Ford Coppola. Tra questi c’è anche
Bob Iger, CEO della Disney che finalmente rompe il
silenzio e in un’intervista con il Wall Street Journal dice la sua
sulla questione:
“Non mi danno fastidio. Però mi
dispiace a nome delle persone che hanno lavorato a quei film. Non
lo prendo sul personale. Credo che non vedano come il pubblico sta
reagendo a quei film, prima di tutto. Hanno il diritto di esprimere
le loro opinioni. Francis Ford Coppola e Martin Scorsese sono due
persone che tengo in grande considerazione, perché in termini di
film che hanno realizzato, sono cose che mi piacciono e che abbiamo
visto tutti“.
Nell’articolo Iger sembra
consapevole dell’idea che gli esterni si siano fatti dello studio,
un’azienda che pare concentrarsi più sugli aspetti commerciali che
su quelli creativi del processo, ma ci tiene a confermare che con
la Disney lavorano persone e cineasti chiaramente qualificati:
“A chi si rivolge Coppola? A
Kevin Feige che gestisce la Marvel? O a Taika Waititi e Ryan
Coogler, che hanno diretto i nostri film? O a Scarlett Johansson o Chadwick Boseman?
Potrei nominare un’infinità di persone, perfino Robert Downey
Jr….“
E se la critica avanzata dai due
autori giudica i film Marvel come qualcosa che ha il solo
scopo di intrattenere il pubblico, Iger si ritiene più che felice
di accettarla. “Non capisco esattamente cosa stiano cercando di
criticare…noi giriamo dei film che intrattengono la gente, e
francamente il settore della distribuzione cinematografica ha
margini relativamente sottili. Quando le sale sono piene e si
incassano molti soldi, questo dato ci permette di girare altri film
che potrebbero non avere altrettanto successo, ma ci sono persone
in luoghi diversi che vogliono vederli […]
[…] Se vogliono lamentarsi dei
film è certamente il loro diritto. Non lo so. Non capisco. Sembra
così irrispettoso nei confronti di chi ci lavora duramente come le
persone che lavorano ai loro film e mettono in gioco le loro anime
creative. Volete dirmi che Ryan Coogler con
Black Panther sta facendo qualcosa di diverso da
Martin Scorsese o Francis Ford Coppola con i loro film?“
Sul palco della conferenza di
Morgan Stanley Technology, Media, and
Telecom a San Francisco, Bob Iger CEO di
Disney ha parlato di ciò che stava facendo per correggere la rotta
dello STUDIOS che è tornato a dirigere.
“Devi uccidere le cose in
cui non credi più“, ha detto, “e non è facile perché o hai
iniziato, o hai dei costi irrecuperabili, o è una relazione con i
tuoi dipendenti o con la comunità creativa.”
Bob Iger non
ha dichiarato i titoli di quali progetti sono stati accantonati e
ha continuato: “Devi fare quelle scelte difficili. In realtà
abbiamo fatto quelle chiamate difficili. Non siamo stati così
pubblici a riguardo, ma abbiamo già eliminato alcuni progetti, che
semplicemente non ritenevamo fossero abbastanza
forti”.
Il dirigente è noto per i
suoi forti rapporti con i talenti a Hollywood e ha affermato di
aver trascorso del tempo con i registi dando loro “i suoi appunti”
e chiedendo loro di guardare i film più volte prima del rilascio
per garantire che lo studio mantenga il suo standard di
eccellenza.
La scorsa settimana la Disney
ha annunciato che Sean
Baileyavrebbe lasciato la
carica di presidente degli studi cinematografici e sarebbe stato
sostituito dall’ex co-presidente della Searchlight
PicturesDavid Greenbaum mentre Bob
Iger tentava di rimescolare le carte all’interno del team
esecutivo e riavviare lo studio cinematografico.
Dopo che The Marvels ha
incassato poco più di 200 milioni di dollari in tutto il mondo lo
scorso anno – in calo dell’81% rispetto al botteghino di 1,1
miliardi di dollari dell’originale Captain Marvel del
2019 – e Ant-Man
And The Wasp: Quantumania ha deluso
con 476 milioni di dollari in tutto il mondo, Iger ha messo in
discussione il concetto secondo la quale “il pubblico sarebbe
stanco dei film di supereroi e franchise”.
I buoni film, ha detto,
attirano la gente al cinema e ha citato come esempio il
candidato all’OscarOppenheimer
della Universal.
Bob Iger ha
sottolineato che non è un caso che i primi 33 film dei
Marvel Studios abbiano prodotto quasi
30 miliardi di dollari al botteghino globale. Il programma dei
Marvel Studios è stato
ridotto e ha detto di sentirsi bene con la squadra. L’unica
uscita di supereroi dello studio quest’anno è
l’atteso Deadpool &
Wolverine, la cui uscita
è prevista per il 26 luglio negli Stati Uniti e nel Regno
Unito.
Bob Iger ha
anche fatto riferimento alla lotta per procura in corso con gli
investitori attivisti Nelson Peltz di Trian
Partners e Blackwells Capital e ha detto che stava
cercando di non lasciarsi distrarre dalla questione.“Sto lavorando davvero duramente per non lasciare che
questo mi distragga perché quando mi distraggo, tutti quelli che
lavorano per me si distraggono e non è una buona cosa“, ha
detto.
Gli investitori attivisti
sono in lizza per un posto nel consiglio di amministrazione e hanno
pubblicato un libro bianco sulla governance aziendale di Disney
chiedendo tagli, azioni urgenti sul business della TV lineare e la
necessità di unire Disney+ e Hulu.La
questione dei posti nel consiglio sarà determinata durante
l’assemblea generale annuale della Disney il 3 aprile.