Nel Festival che vorrei i critici
sono sempre sorridenti e rilassati, le sale stampa silenziose e
vuote, le code per i film scorrevoli e ombreggiate. I badge
lasciapassare sono tutti dello stesso colore, perché alla fine –
diciamocelo – siamo tutti in coda come stronzi per lo stesso
motivo. Nel Festival che vorrei la temperatura delle sale è fresca
se fuori c’è il sole, mite se fa freschino. Il caffè è sempre
disponibile, no che un anno ti illudono quello dopo abbello
t’arrangi. Ma si sa, il mondo reale è insidioso. E se vogliamo il
gioco dei Festival è anche riuscire a uscirne illesi, anzi persino
divertiti, da molte, solite, disavventure.
O per lo meno provare a riderci su.
L’anno scorso io e quel gran bel
figliolo di Ang scrivevamo recensioni per le nostre rispettive
testate e, parallelamente e inconsapevolmente, scrivevamo cronache
cazzare delle giornate festivaliere sul profilo Facebook. Qualcuno
se ne è accorto e ci ha fatto notare la simpatica simmetria, così
abbiamo iniziato a scherzarci su, fino a pensare alla nascita di
questo blog.
Istruzioni per
l’uso: Questo blog non è una testata giornalistica,
tantomeno un bisogno fisiologico. Si scherzerà -oh ma tanto- su
film, personaggi, serate, feste e altre amenità. Per cui, per
favore, se non siete ironici o autoironici perdonateci: noi siamo
un po’ cazzoni.
In attesa della partenza vi va il prequel? A Venezia! (Vì)
Correva Venezia
2014…
Venezia, giorno 9 –
Si inizia a vedere la luce. Pensate che stronzo: invece de dormì
so’ andato a recuperà Pasolini di Ferrara. Sono un vero uomo, lo
so. Al contrario di quello che hanno detto tutti, il film è
bellissimo, e parla di quel giorno che Furio Colombo intervistò
Gianni Morandi mascherato da Pasolini, con grande prova d’attore di
Willem Dafoe. Interessante l’articolata teoria avanzata sulle reali
ragioni dell’omicidio: era frocio. Scamarcio interpreta Ninetto
Davoli, con la parrucca da negretto. Non ridete, quella di Morandi
è una battuta, questa no. Passiamo ad ‘Arance e martello’, dove c’è
un personaggio che dice ‘ancora co’ sta cazzata de Pasolini e dei
poliziotti a Valle Giulia? Ma non je poteva finì l’inchiostro?’.
Complimenti ai selezionatori per il tempismo. Fatevi mandare tutti
dalla mamma a prendere il latte, vah. Il film è nacazzata, pieno di
simpatiche battute e metafore sul devolversi della sinistra ma
sempre nacazzata. Assomiglia a un documentario, e vincerà il Leone
d’oro, anche se è della Settimana della Critica.
(Ang)
Venezia giorno 8
-la stanchezza inizia a farsi sentire, anche perché non si beve
acqua da queste party. siccome è ‘na settimana che me gufano perché
giro per il lido rigorosamente in tacco 12, per strada ne scasso
uno. Si ferma un tipo in bici e mi chiede se voglio approfittare
del suo tubo. Voi capite bene che dopo 2 g che me la menano con
nymphocose fraintendere è un attimo. Così lo mando affanculo con
estrema grazia e mi dirigo verso il primo negozio di scarpe che non
siano da frate, che qua spaccano. Ora ho un paio di scarpe nuove,
niente può farmi male, nemmeno il film turcomanno che mi aspetta al
varco come una sciagura. (Vì)
Venezia, giorno 8 –
Sabina Guzzanti denuncia la trattativa tra Stato e Mafia. Il suo è
un punto di vista coraggioso e lei è un personaggio scomodo che non
ha paura di attirarsi addosso critiche, acredine e malevolenza. Ad
esempio, a causa di una fattura, la sua imitazione di Silvio
Berlusconi non fa ridere più nessuno dal ’97.
(Ang)
Venezia, giorno 4 –
mi sveglio e trovo la colazione, finalmente qualcuno che un po’ di
pietà ce l’ha. In casa abbiamo adottato una zanzara, io ormai mi
trascino pattinando che non ho la forza di alzare i piedi da terra.
Ieri se non s’era capito mi è piaciuto il film di Bogdanovich,
tanto tanto, e the Humbling, abbastanza, soprattutto per i
sottotitoli che non paiono scritti da una russa che ha imparato
l’italiano con un corso de Agostini. Ho sonno, me sta a venì la
sindrome di tourette, ma ho imparato la sublime arte di dormire ad
occhi aperti. (Vì)
Venezia, giorno 7 –
Mia moglie sarà felice di sapere che ieri ho rinunciato a una festa
di ninfomani. Avevo mal di testa, e non è una scusa. Mi sono detto
mi rilasso e magari disegno un po’, il che ha portato all’orrenda
scoperta dello schermo frantumato della mia tavoletta grafica.
Niente, tra me e il disegno non funziona proprio. Non ho altro da
aggiungere se non che un oggetto portatile e al contempo fragile è
progettato demmerda per natura. Vado a letto presto, che stamattina
devo seguire all’alba ‘La zuppa del demonio’, di Davide Ferrario.
Entro in sala appena in tempo e appare scritto ‘Un film di Gabriele
Salvatores’. Eppure il programma l’ho letto bene. Ma hanno deciso
di praticare una simpatica inversione che incasina
irreversibilmente il resto della giornata. Il film di Salvatores,
‘Italy in a day’, è un film di montaggio, ma purtroppo non riguarda
Rocco Siffredi. La domanda principale sollevata da ‘La zuppa del
Demonio’ è invece: come cazzo fa a cuocerla, se prima non fa i
coperchi? (Ang)
Venezia, giorno 6.
‘Il giovane favoloso’ di Mario Martone narra la toccante storia di
un ristoratore del Lido dal cuore tenero, che accetta di
accompagnare in macchina un bizzarro trio rimasto bloccato in una
pizzeria in chiusura dallo scatenarsi improvviso di una bufera
selvaggia. Il trittico è composto da due poveri disgraziati di nome
Andrea e Marco, famigerati Gigolò a buon mercato della zona di Via
Dandolo, e da una bella ragazza ben vestita di nome Valentina,
giunta sul luogo quasi per caso dopo essere sopravvissuta a
molteplici disavventure e tentativi di approcci facinorosi da parte
di diversi mentecatti del Gran Viale. Il ristoratore – che, ormai
si capisce, è il ‘giovane favoloso’ del titolo – si lascia
intenerire dalla condizione disperata dei tre e, incredibilmente,
invece di lasciarli inghiottire dalla tempesta li carica in
macchina e li riporta a casa. Chiaro che se non fosse stato per il
carisma della bella ragazza ben vestita il trio sarebbe andato
incontro a morte certa. ATTENZIONE SPOILER: Veramente commovente il
finale del film, dove Valentina, ancora digiuna, apre il portone di
casa sotto il temporale abbracciando una bruschetta, ancora nel suo
incarto zuppo d’acqua piovana, simbolo della caducità
dell’esistenza materiale e rappresentazione ideale del concetto di
pessimismo cosmico. Senza dubbio uno dei candidati più probabili
per il Leone d’oro (Ang)
Venezia, giorno 10
– Oramai siamo sopravvissuti a una strage atomica. Al lido
è tornato il sole, ma non credo più a niente. Volevo partire domani
ma ho deciso di farla fino alla fine, questa follia, tanto dopo si
torna a fare le persone serie. Sono la definizione sul vocabolario
della parola ‘sciatta’, ma che me frega qua va de moda, so
trendissima. Vado a scrivere e poi a recuperare il film russo, che
sta bene su tutto come un blazer. (Vì)
E insomma, così girava Venezia nel
2014.
E i nostri attributi, reali o figurati, giravano con essa. Però ci
siamo anche divertiti. E come fai a non divertirti con un bel
tipetto peperino come Vì? Quindi quest’anno abbiamo deciso di far
divertire anche voi. Che magari già ci conoscete, ma in caso che
no, ecco i nostri profili, che da davanti io vengo male. Vì invece
è sempre impeccabile: fa un lavoro serissimo e poi recensisce anche
film. Nel tempo che resta prende treni, fa valigie, compra scarpe.
Una vita campata in Arial, una ragazza con la testa a post. In
poche parole, scrive. Io invece scrivo direttamente al lavoro, per
varie testate. A volte non riesco a incastrare i vari impegni e le
testate le do al muro. Ma mi conoscono maggiormente per le boiate
che pubblico su Facebook e per aver fondato il famigerato progetto
‘Vendicazzari uniti !!!’ insieme a dei benemeriti e lodevoli
buontemponi che non so per quale motivo continuano a darmi corda.
Forse vogliono che mi impicchi. Sono anche un saggista, ma in
definitiva non così saggio.
Tra collaborazioni varie e le mille cose che facciamo, credo che né
io né Vì abbiamo veramente idea di quale sia il motivo reale per
cui ogni anno ci ritroviamo al Lido a guardare film iraniani per
ubriacarci e a sfondarci di Spritz per elevare il nostro spirito,
ma alla fine ci siamo. Seguiteci. Ma per picchiarci, dovete prima
prenderci! (Ang)
NOTA. Memorizzate bene, perché non ve lo diremo più. Non è vero, ma
così fa più scena. Ang sta per Andrea Guglielmino,
Vì sta per Valentina Pettinato.
Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è
assolutamente voluto e cosciente. Se se ne hanno a male peggio per
loro. Per esempio, il ristoratore dal cuore d’oro gestisce
veramente una trattoria del Lido e il gigolò Marco è il collega
Marco Lucio Papaleo, direttore editoriale
dell’area cinema & home video di Everyeye.it (mica cazzi). Insomma,
persone serie, che al contatto con noi diventano irrimediabilmente
dei mentecatti. Siamo contagiosi!