Il poster ufficiale della
54a Quinzaine des Réalisateurs è tratto da “Blue
Flight”, performance fotografica dell’artista multidisciplinare
Cecilia Paredes. Nata a Lima, Cecilia Paredes vive
e lavora tra il Perù e gli Stati Uniti. Il suo lavoro esplora i
temi della natura e dell’interazione tra il corpo e il suo
ambiente.
Visibile e invisibile, l’artista si
fonde con l’immagine che crea, proprio come fanno i registi nei
loro film. Dal 18 al 27 maggio 2022 si svolgerà la 54a edizione
della Quinzaine des Réalisateurs.
Dopo il programma della Semaine de la Critique, anche la
Quinzaine des Réalisateurs ha annunciato la sua
line-up per il prossimo Festival di Cannes 2025. La sezione, lanciata
nel 1969 e supervisionata dalla Gilda dei registi francesi,
presenterà 21 lungometraggi e 10 cortometraggi. “In un mondo
turbolento, assediato su tutti i fronti da atteggiamenti
reazionari, dove i valori repubblicani e universalistici sono sotto
attacco, il ruolo sovversivo dell’arte è minacciato e le grandi
opere vengono cancellate, i cineasti di tutti i continenti si
oppongono ferocemente a queste tendenze“, è quanto si legge
nel comunicato della presentazione del programma dell’edizione
2025.
“La ricchezza e il dinamismo del
cinema della giovane generazione sono intatti. I film – alcuni dei
quali provengono da Paesi in guerra o da regioni in cui prevalgono
oscurantismo e populismo – evitano discorsi altisonanti, preferendo
mostrarci un’altra realtà. Come sempre, il cinema è un passo avanti
rispetto alla società. Invece di giudicare, complica.Invece di condannare, interroga. Piuttosto che fare
affermazioni generali, presta attenzione alle storie su piccola
scala, quelle degli individui che vivono gli eventi. Lo fa con
rabbia o umorismo, e sempre con una buona dose di poesia”.
“La 57a edizione della Quinzaine
è pluralista, mista, ricca di scoperte. Celebra una vivacità
cinematografica che è inestimabile e più che mai essenziale, anche
se registi e produttori hanno sempre più difficoltà a finanziare i
loro progetti. È al fianco dei registi di tutto il mondo nella
lotta contro l’omogeneizzazione, la mercificazione e quindi la
neutralizzazione del cinema. Siamo lieti di condividere con voi un
programma che onora l’arte della messa in scena e la volontà e la
generosità degli autori“, si afferma infine.
La selezione ufficiale di
Quinzaine des Réalisateurs2025
LUNGOMETRAGGI
ENZO (Film d’apertura)
Un film di Laurent Cantet
diretto da Robin Campillo
AMOUR APOCALYPSE
(Peak Everything)
di Anne Émond
BRAND NEW LANDSCAPE (opera prima)
(見はらし世代)
di Yuiga Danzuka
CLASSE MOYENNE
(Middle Class)
di Anthony Cordier
DANGEROUS ANIMALS
di Sean Byrne
LA DANSE DES RENARDS (opera prima)
(The Foxes Round)
di Valéry Carnoy
L’ENGLOUTIE (opera prima)
(The Girl in the Snow)
di Louise Hémon
LES FILLES DÉSIR (opera prima)
(The Girls We Want)
di Prïncia Car
GIRL ON EDGE (opera prima)
(Hua yang shao nv sha ren shi jian)
di Jinghao Zhou
INDOMPTABLES
di Thomas Ngijol
KOKUHO
di Lee Sang-il
LUCKY LU (opera prima)
di Lloyd Lee Choi
MILITANTROPOS
di Yelizaveta Smith, Alina Gorlova & Simon Mozgovyi
MIROIRS No. 3
(Mirrors No.3)
di Christian Petzold
LA MORT N’EXISTE PAS
(Death Does Not Exist)
di Félix Dufour-Laperrière
THE PRESIDENT’S CAKE (opera prima)
(Mamlaket al-Qasab)
di Hasan Hadi
QUE MA VOLONTÉ SOIT FAITE
di Julia Kowalski
SORRY, BABY (Film di chiusura)
di Eva Victor
CORTOMETRAGGI
+10K
di Gala Hernández López
BEFORE THE SEA FORGETS
di Ngọc Duy Lê
THE BODY
di Louris van de Geer
BREAD WILL WALK
(Le pain se lève)
di Alex Boya
CŒUR BLEU
(Blue Heart)
di Samuel Suffren
KARMASH
(کرمش)
di Aleem Bukhari
LOYNES
di Dorian Jespers
LA MORT DU POISSON
(Death of the Fish)
di Eva Lusbaronian
Dopo il programma della Semaine de la Critique, anche la
Quinzaine des Réalisateurs ha annunciato la sua
line-up per il prossimo Festival di Cannes 2024. La sezione, lanciata
nel 1969 e supervisionata dalla Gilda dei registi francesi,
presenterà 21 lungometraggi e 10 cortometraggi. Questa selezione è
la seconda per il Delegato Generale Julien Rejl,
che ha assunto l’incarico lo scorso anno.
Quinzaine des Réalisateurs 2024 Line-Up
Feature Films
This Life Of Mine (Ma Vie Ma Gueule) OPENING
FILM
Dir.Sophie Fillières
(France)
In
His Own Image (A Son Image)
Dir. Thierry de Peretti
(France)
Christmas Eve In Miller’s Point Dir. de Tyler
Taormina
(U.S)
Desert of Namibia (Namibia no sabaku)
Dir. Yôko Yamanaka
(Japan)
East of Noon (Sharq 12)
Dir. Hala Elkoussy
(Egypt)
Eat
The Night
Dir. Caroline Poggi & Jonathan Vinel
(France)
La Quinzaine des
Réalisateurs di Cannes lancia un nuovo premio People’s
Choice nella sua prossima edizione, che si svolgerà parallelamente
al Festival di Cannes 2024 dal 15 al 26 maggio.
La sezione parallela sottolinea che il premio, che prevede un
premio in denaro di 7.500 euro, è in linea con lo spirito della
manifestazione, che è sempre stata aperta al pubblico oltre che ai
professionisti del cinema sin dal suo lancio nel 1969.
Sarà il primo premio del pubblico ad
essere introdotto a Cannes, attraverso la Selezione Ufficiale e le
sezioni parallele della Quinzaine des
Réalisateurs, della Settimana della
Critica e di Acid. “Ogni anno, oltre ai
professionisti e agli altri ospiti accreditati, la Quinzaine apre
le sue porte a migliaia di cinefili provenienti da tutto il mondo,
per condividere la sua selezione in un ambiente accogliente, dando
ai registi l’opportunità di incontrare il primo pubblico dei loro
film e al pubblico la possibilità di prendere parte a domande e
risposte con le troupe cinematografiche”, ha dichiarato la
Quinzaine des Réalisateurs in un comunicato. È
questa dimensione interattiva che vorremmo celebrare oggi invitando
il nostro pubblico a votare: questo segnerà anche il primo premio
del pubblico nella storia del Festival
di Cannes”, ha aggiunto.
La Quinzaine des Réalisateurs ha
affermato che il nuovo premio sarà collegato all’eredità di
Chantal Akerman e che il premio in denaro sarà
sostenuto dalla Fondation Chantal Akerman. La sezione suggeriva che
“la visione pionieristica, eclettica e fieramente indipendente del
defunto regista potrebbe servire da bussola per questa nuova
People’s Choice”. Akerman aveva stretti legami con la Quinzaine des
réalisateurs.
Il suo film classico Jeanne
Dielman, 23 quai du Commerce – 1080 Brussel è stato
presentato in anteprima nella sezione nel 1975. Ha inoltre
presentato in anteprima Golden Eighties (1986), Sud (1999), La
Captive (2000) e Tombée de Nuit sur Shanghaï (2007).
È stata
annunciata la line up della Quinzaine des Realisateurs
2022 che si svolgerà nell’ambito del Festival
di Cannes 2022 (qui
il programma ufficiale). L’evento si svolgerà nella
località francese dal 18 al 24 maggio. Film d’apertura di questa
interessante selezione è l’italiano Scarlet, di Pietro Marcello.
L’ENVOL (Scarlet) by Pietro Marcello (film di apertura)
1976 by Manuela Martelli
THE DAM
(Al-Sadd, السّد , Le Barrage) by Ali Cherri
LES ANNÉES SUPER 8
(The Super 8 Years) by Annie Ernaux & David
Ernaux-Briot
ASHKAL by Youssef Chebbi
LES CINQ DIABLES
(The Five Devils) by Léa Mysius
DE HUMANI CORPORIS FABRICA by Véréna Paravel & Lucien
Castaing-Taylor
LA DÉRIVE DES CONTINENTS (AU SUD)
(Continental Drift (South)) by Lionel Baier
EL AGUA
(The Water) by Elena
López Riera
ENYS MEN by Mark Jenkin
FALCON LAKE by Charlotte Le Bon
FOGO-FÁTUO
(Will-o’-the-Wisp, Feu follet) by João Pedro Rodrigues
FUNNY PAGES by Owen Kline
GOD’S CREATURES by Anna
Rose Holmer & Saela Davis
LES HARKIS
(Harkis) by Philippe Faucon
MEN by Alex
Garland (proiezione speciale)
LA MONTAGNE
(The Mountain) by Thomas Salvador
PAMFIR by Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk
REVOIR PARIS
(Paris Memories) by Alice Winocour
TAHT ALSHAJRA (تحت
الشجرة , Under the Fig Trees, Sous les figues) by Erige
Sehiri
UN BEAU MATIN
(One Fine Morning) by Mia Hansen-Løve
UN VARÓN
(A Male) by Fabian Hernández
LE PARFUM VERT
(The Green Perfume) by Nicolas Pariser (film di
chiusura)
Lo sceneggiatore Skip Woods è in
trattativa con la 20th Century Fox per scrivere un quinto capitolo
della saga di Die Hard con John McClane/Bruce Willis.
Nato nel 1994 da un’idea del
violoncellista Mario Robino, il Quintetto
Architorti (due violini, viola, violoncello,
contrabbasso) si è fin da subito distinto per il costante confronto
con realtà musicale anche apparentemente molto lontane dal mondo
della ‘musica colta’, con collaborazioni con band come Subsonica e
Africa Unite, e per progetti non esclusivamente musicali, con
frequenti escursioni nel mondo del teatro e del cinema: in questo
senso, l’esperienza più significativa del quintetto è sicuramente
quella della collaborazione, ormai decennale, con Peter
Greenaway, rinnovatasi anche in occasione dell’ultimo film
del regista, Goltzius and the Pelican
Company, del quale il quintetto ha firmato la colonna
sonora, avendo anche una parte del cast.
Partiamo subito della
collaborazione con Greenaway: potete raccontarci com’è nata e come
si è sviluppata, rinnovandosi costantemente?
L’inizio è casuale come per tante di queste esperienze. Lo
sviluppo invece è molto più complesso ed articolato sotto l’aspetto
artistico; oserei dire che si tratta di un vero e proprio progetto
ad ampio respiro.
Nel 2004 il mio amico Claudio Ottavi
mi contattò per portare il quintetto Architorti sul set del secondo
capitolo della trologia di Tulse Luper. Dovevamo fare
“l’orchestrina” della festa in costume presso il castello di
Racconigi. In quel frangente ascoltò una mia rielaborazione di un
minuetto di Handel, gli piacque e così cominciò la nostra
collaborazione.
La svolta avvenne nel 2007 con la
colonna sonora dell’installazione multimediale della Reggia Della
Venaria dal titolo “Ripopolare la reggia”(“Peopling the Palaces”).
Con questo lavoro ebbe occasione di capire la mia volontà di
mettermi in gioco su alcune specifiche da lui richieste: la
possibilità di smontare e rimontare a piacimento le produzioni
Architorti, la possibilità di scrivere non solo per quintetto ma
anche per orchestre intere, il coraggio di avere più fiducia sulle
mie possibilità compositive, facendomi capire in questo modo la sua
disponibilità a darmi fiducia.
Contrariamente a quanto succede
spesso tra compositore e regista, dove l’autore delle musiche si
sente violentato se il regista modifica, taglia ed edita i suoi
lavori, io ho in questo caso intravisto una doppia possibilità:
poter imparare dal lavoro di Greenaway per crescere artisticamente,
avendo egli una visione più oggettiva dei miei lavori, ed
acquistare più sicurezza sulle mie potenzialità.
Come si è articolata la
composizione della colonna sonora di “Goltzius”? Avete avuto modo
di vedere il film prima, o è bastato conoscere il soggetto e la
sceneggiatura del film?
In realtà, avendo parlato di
progetto ad ampio respiro, non si realizza una musica sul film di
Greenaway, ma sarà Greenaway a decidere quale brano usare per il
suo film. Lui richiede costantemente del materiale musicale che
valuta, confronta ed archivia per un uso coerente al progetto che
realizzerà. Qualche suggerimento lo elargisce in base alle
“sensazioni” di cui ha bisogno. Un esempio; per molto tempo ha
insistito su un concetto di musica Ironica, dal carattere
grottesco. Un lavoro di ricerca fatto in campo aperto. Trovata la
soluzione nasce e si sviluppa il progetto della Danza Della Morte
(“The Dance of Death – Ein Basler Totentanz”) prodotto nel 2013 a
Basilea dove uno scheletro elabora una coreografia macabra sulle
musiche ironiche composte e sviluppate precedentemente.
La collaborazione con
Greenaway dura ormai da circa dieci anni: avete elaborato un metodo
di lavoro che viene applicato sistematicamente, o ogni nuovo
progetto fa storia a sé?
Un po’ la
risposta è stata già data alla domanda precedente. Piuttosto si può
approfondire il discorso sulla Tecnica Di Produzione delle musiche
che compongo, ma in questo caso lascerei parlare Marco Gentile che
in veste di coautore e produttore dei progetti prodotti per
Greenaway può raccontare meglio.
(Marco Gentile) In
realtà non amiamo granchè parlare delle tecniche di produzione con
cui creiamo le musiche per i lavori di Greenaway. Posso però
affermare che il marchio di produzione Architorti garantisce alcune
specifiche come la possibilità di utilizzare più lunghezze
temporali dello stesso brano senza interventi di stretching dei
files, la possibilità di rimodulazioni tra due o più brani, la
creazione “virtuale” di orchestre vere, suonate. Oltre non voglio
andare.
Come è nata l’idea di partecipare
direttamente alle riprese? Non è la prima volta che vi trovate
davanti alla macchina da presa (è già successo in occasione di
alcune fiction televisive): il coinvolgimento nel progetto diviene
molto più intenso rispetto alla sola cura della colonna sonora.
(sempre Marco
Gentile) Marco Robino, avuta la proposta di far diventare
il quintetto Architorti “L’orchestra del Margravio”, quindi un
soggetto importante nella sceneggiatura del film, mi espose alcuni
dubbi di tipo organizzativo che fugai senza possibilità di replica.
Feci capire senza ombra di dubbio la grande importanza in
visibilità ed accrescimento artistico che sarebbe stato per noi
essere presenti sul set. Per quanto riguardava problemi di
organizzazione, di lingua e di interfaccia tecnica di ripresa mi
assunsi personalmente ogni responsabilità.
(Marco Robino) e
devo ammettere che il ritorno a livello di esperienza ed immagine è
stato molto più incisivo di quello che mi sarei aspettato.
La colonna sonora di
Goltzius and the Pelican Company ha posto
qualche problema particolare? Al centro del film c’è uno spettacolo
che mette in scena gli episodi più ‘scabrosi’ della Bibbia,
mettendo in subbuglio la corte alsaziana della fine del ‘500; la
storia diviene così lo spunto per una riflessione sul sesso, la sua
rappresentazione e i rapporti tra sessualità e religione. Un tema
per certi versi un po’ spinoso…
Nella produzione di un film il
nostro punto di vista è quello di un ingranaggio facente parte di
una grande macchina. A lavoro ultimato vediamo il risultato finale
e capiamo meglio in che quantità e modalità siamo presenti. Il
contenuto del film non ha portato problemi alla storia degli
Architorti.
Parliamo delle vostre
influenze cinematografiche: alcuni brani della colonna sonora
sembrano rimandare direttamente a Michael Nyman, altro storico
collaboratore di Greenaway: è un’impressione esatta? C’è qualche
compositore, non solo di musiche per cinema, al quale vi sentite
particolarmente legati?
Michael Nyman è il compositore che
più di tutti ha caratterizzato il cinema di Greenaway. Mi sembra
naturale riprendere quel discorso. Ma non si pensi che io
scimmiotti questo o quel compositore. Piuttosto emulo una tecnica
di produzione, ed in questo caso le trascrizioni o rielaborazioni
che Nyman fa delle musiche di Purcell non si avvalgono della stessa
tecnica con cui creo le mie composizioni ispirandomi per esempio a
Vivaldi.
Greenaway a parte, c’è
qualche regista col quale vi piacerebbe collaborare prima o
poi?
Sono tanti i registi che amo e che
vorrei conoscere, ma preferisco citare chi sta già lavorando con
noi come il grande documentarista Giosuè Boetto Cohen.
In conclusione: i vostri
prossimi progetti, cinematografici e non?
Ad agosto inizieranno le riprese del
prossimo film di Greenaway. Per ovvi motivi deontologici non
possiamo rivelare niente, ma un indizio possiamo fornirlo per darvi
la misura dell’importanza che Greenaway riserva a questo progetto:
è da cinque anni che lavoriamo alle musiche!
Arriva al cinema
Quijote, il Don Chisciotte di Mimmo Paladino con
Peppe Servillo, Lucio Dalla, Ginestra Palladino, Enzo
Moscato, Alessandro Bergonzoni.
Nello spazio del pensiero l’uomo è
solo e da solo si parla, si guarda. I suoi pensieri costruiscono la
coscienza, divengono forti, più forti di tutto il resto… più forti
di lui. Così, nei suoi pensieri, l’uomo non si trova più. Cos’è
dentro di me e cos’è fuori? Chi può dirlo? Nessuno.
Il Don Chisciotte di Paladino mette
in scena i luoghi e le perdizioni della mente in un’opera visiva di
estrema grandezza ed originalità. Ormai radicato nell’immaginario
occidentale, il capolavoro di Cervantes non necessita più di un
racconto, ma di una rappresentazione: questa la tacita intenzione a
cui sembra obbedire l’opera prima di Paladino, artista tra i più
ammirati della transavanguardia.
Come in un teatro, gli interpreti
creano spazio e tempo, incastrati in installazioni artistiche di
altissimo livello evocativo. Lo spettatore assiste inerme allo
spettacolo dell’uomo e si smarrisce a sua volta in esso: è sogno, è
allucinazione o è realtà? Ogni fotogramma è un affresco
perfettamente concluso, eppure sempre aperto e costellato di
citazioni, da Kounellis a Borges a Bergman. In un periodo in cui i
mondi espressivi sembrano essersi chiusi in circuiti perfettamente
autosufficienti e conclusi, Paladino amalgama sapientemente tutte
le arti per far sì che ritrovino il loro centro: l’emozione.
Un cast ricchissimo, a partire da
Peppe Servillo a Ginestra Paladino, Angelo
Curti, Remo Girone e Lucio Dalla, nel ruolo di Sancho.
Nelle parole del cast lavorare con due artisti e maestri dell’
“intuizione all’improvviso”, come Paladino e Dalla è stata
un’esperienza tanto strana quanto illuminante.
Presentato a Venezia nel 2006,
Quijote ha avuto uno straordinario successo di premi
a livello internazionale… ora non resta che apprezzarlo in Italia a
partire da Venerdì 23 Marzo nelle sale del circuito di
Distribuzione indipendente.
Nel panorama medico esistono ancora
malattie poco conosciute, la cui origine rimane in gran parte un
mistero. Tra queste c’è la Child Resignation Syndrome, o
Sindrome della Rassegnazione Infantile, una
condizione che colpisce bambini e adolescenti rifugiati insieme
alle loro famiglie. Di natura psicologica, questa sindrome
compromette la coscienza, inducendo un coma profondo dal quale il
soggetto potrebbe non risvegliarsi. La Svezia sembra essere
l’epicentro di questo fenomeno, una scoperta inquietante che ha
spinto Alexandros Avranas a sentire la necessita
di portare su schermo questa storia. Nasce così Quiet
Life, film che Avranas scrive e dirige, presentato in
Concorso nella sezione Orizzonti alla
81esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia,
dove ha ricevuto una standing ovation in Sala Darsena. La pellicola
è un dramma, sia nel tono che nel taglio, ma permeato da una
speranza che non cede mai e che cresce gradualmente fino a
sbocciare in un finale profondamente commovente. A interpretare la
famiglia protagonista Chulpan Khamatova, Grigory Dobrygin, Naomi
Lamp e Miroslava Pashutina.
Quiet Life, la trama
Svezia, 2018. Sergei e Natalia sono
una coppia che cerca asilo in Svezia, con a carico due figlie,
Alina e Katja. L’uomo è stato minacciato diverse volte in Russia,
con danni anche fisici, dopo aver distribuito agli studenti testi
sulla democrazia e la libertà di espressione nella scuola in cui
era preside. Non potendo più vivere nella loro terra, cercano
riparo in una nazione che però chiude loro le porte. Ed è solo
quando gli viene comunicato che entro dieci giorni dovranno
lasciare la Svezia che la minore, Katja, ha un collasso, entrando
in un misterioso stato di coma. Nella clinica la chiameranno
sindrome della rassegnazione, un attacco alla psiche sottoposta a
forte stress che porta a una perdita di conoscenza rischiosamente
permanente. L’obiettivo della famiglia è salvare la bambina, e
quando anche l’altra subirà la stessa sorte, si impegneranno al
massimo andando contro qualsiasi decisione imposta per poter
tornare a essere felici.
La famiglia, l’unica medicina di
cui si ha bisogno
Basta poco per distruggere i sogni
di una famiglia. Se guerre, repressioni politiche e povertà “non
sono sufficienti” a spezzare intere popolazioni, ci pensano le
istituzioni del Paese dove si cerca asilo. Errol Morris ha
raccontato questa realtà con
Separated, portandoci dentro una delle pagine più cupe
della politica trumpiana, in cui, al confine tra Messico e Stati
Uniti, i bambini venivano separati dalle loro famiglie. Ma non è
necessario guardare così lontano per accorgersi che certe dinamiche
e scelte governative persistono. Nascondendosi dietro la pretesa di
tutelare la nazione e, in particolare, i bambini, le istituzioni
creano barriere così rigide da generare traumi familiari
profondi.
Nel caso di Quiet Life,
il film denuncia direttamente il sistema svedese,
che, come si vede nella pellicola, è il principale
responsabile della disgregazione di un equilibrio
familiare. Le bambine affette dalla sindrome della
rassegnazione, pur vivendo in un ambiente sano, percepiscono le
ripercussioni e il pericolo derivanti dal rigetto della richiesta
d’asilo, e vengono ulteriormente traumatizzate da istituzioni che
alimentano disagio e sofferenza. Oltre alla paura di dover tornare
in Russia, ai genitori viene attribuita la colpa dello stato
vegetativo delle figlie, arrivando perfino a minacciare di
sottrarle loro se non seguono una terapia basata su sorrisi forzati
e pensieri positivi, sostenendo che solo la serenità—che viene
negata a Katia e Alina —può salvarle. Tuttavia, ciò che l’apparato
non comprende è che è proprio l’amore di un padre e una madre che
può rimarginare una ferita così profonda.
Nella geometria formale e
nell’estetica fredda e asettica scelta dal regista—che riflettono
il distacco emotivo della Svezia—la tenacia e la determinazione di
Sergei e Natalia rappresentano la luce vibrante e il colore che
infondono in Quiet Life una necessaria carica di positività,
elevandosi a bellissimo contrasto. Il messaggio, nelle ultime
battute, appare chiaro: anche quando viene indirettamente imposto
di rimanere in silenzio, accettando regole e condizioni che non si
condividono, è possibile alzare la testa e ribellarsi. Per i propri
diritti, per la propria famiglia e per la propria dignità.
Sembra proprio che il destino di
Quicksilver, personaggio dei fumetto figlio di Magneto ma con
importanti coinvolgimenti nelle storyline dei Vendicatori, sia
quello di essere diviso cinematograficamente a metà.
Vi abbiamo appena detto infatti che
Evan Peters, che interpreterà il personaggio in
X-Men giorni di un futuro passato, durante il panel Fox al Comic
Con di San Diego, ha detto che il suo personaggio è “impaziente,
parla e si muove velocemente”, mentre il regista del film
Bryan Singer ha specificato che Quicksilver sarà
nella parte ambientata negli anni ’70.
Parallelamente
SuperHeroHype ha intervistato Kevin Feige
al panel Marvel, che si è pronunciato sul
personaggio, quando gli è stato chiesto di commentare la doppia
presenza di Quicksilver nei prossimi film (The Avengers 2 e
X-Men giorni di un futuro
passato):
Non posso parlare per la Fox,
so che stanno facendo qualcosa, ma non siamo ancora preparati a
fare qualcosa. E’ troppo presto per noi. Sappiamo per adesso che
c’è abbastanza materiale sul personaggio nei fumetti, e ci sono
ragioni per cui sia noi che la Fox abbiamo i diritti di
sfruttamento del personaggio. Infatti lui è collagato sia con gli
Avengers che con gli X-Men. Per quello che so, lo stiamo trattando
in maniera molto diversa”.
Si era pensato che durante il panel
di Kick Ass 2, si sarebbe fatto
l’annuncio che il protagonista del film Aaron Taylor
Johnson, sarebbe stato designato come Quicksilver della
Marvel, stando ai rumors, ma questo
non è avvenuto. Intanto il suo collega in Kick Ass
2, Evan Peters, ha già stretta a sè la parte del
nuovo supereroe mutante più conteso della breve storia dei
cinemafumetti.
Vi ricordiamo che tutte le notizie
le trovate sul nostro speciale: Comic-con 2013. Mentre in calce
trovate la fotogallery aggiornata:
[nggallery id=284]
La trama di X-Men giorni di un futuro
passato, tratta dall’omonimo fumetto del 1981,
ripercorre un arco temporale ambientato in un imprecisato futuro in
cui gli USA sono dominati dalla Sentinelle, mentre i mutanti vivono
confinati in campi di concentramento. Kitty Pride torna indietro
nel tempo e impedisce dal passato che gli eventi precipitino a tal
punto da trasformare la vita dei mutanti del futuro in un inferno
di reclusione.
Evan Peters è ufficialmente entrato a far
parte del MCU dopo la sua sconvolgente
apparizione alla fine del quinto episodio di
WandaVision. Peters ha interpretato Quicksilver nel
franchise di Fox dedicato agli X-Men, mentre Aaron Taylor-Johnson è stato il personaggio
nel MCU, nonostante sia apparso
soltanto nella scena post-credits di Captain America: The Winter Soldier e in Avengers: Age of Ultron (film in cui è stato
ufficialmente ucciso).
Naturalmente, ogni fan della
Marvel ha la sua iterazione
preferita, ma confrontando le abilità e l’uso di entrambi i
personaggi nei rispettivi franchise, quale versione potrebbe
davvero definirsi la migliore? Un nuovo report di
Screen Rant ha provato a rispondere a questa domanda,
sostenendo la tesi che la versione di Quicksilver ad opera di
Peters sia quella vincente.
Essendo i diritti cinematografici
della Marvel divisi, in origine, tra 20th
Century Fox e Disney, i franchise di X-Men e degli Avengers hanno
presentato due diverse versioni del velocista. Il MCU, non potendo utilizzare la
tradizione mutante, e ha dato a Pietro un nuovo background,
rendendolo un orfano dilaniato dalla guerra che riceve i suoi
poteri dalla sperimentazione dell’HYDRA tramite la Gemma della
mente. Dall’altra parte, il franchise di X-Men non poteva includere
l’associazione di Peter con gli Avengers, ma aveva la possibilità
di utilizzare senza problemi l’origine mutante per costruire il
personaggio e rivelare, alla fine, che Magneto era suo padre.
Pietro ha regalato al pubblico un
Quicksilver più cupo e minaccioso in
Avengers: Age of Ultron; un personaggio che aveva
certamente del potenziale, ma che forse è stato ucciso troppo
presto. Introdotto per la prima volta in
X-Men: Giorni di un Futuro Passato, Peters è stato
decisamente più riconoscibile, anche in termini di comicità, al
punto che anche i detrattori del franchise hanno apprezzato
l’iterazione. Si potrebbe quindi dire che, in termini di simpatia,
è sempre stato il Quicksilver di Peters il favorito del
pubblico.
Il dibattito sul design dei
personaggi, invece, è molto più soggettivo, nonostante anche in
questo caso i fan si sono schierati apertamente. Alcuni trovano il
costume di Pietro molto più realistico e conforme ai canoni, mentre
altri sostengono che il personaggio, se messo a paragone con gli
altri Vendicatori, appaia decisamente più anonimo. Anche se alcuni
erano titubanti in merito allo stile anni ’80 di Peters, le sue
ciocche d’argento, la giacca metallica e il merchandising dei Pink
Floyd avevano sicuramente uno stile retrò che è riuscito a lasciare
il segno.
Quicksilver nel MCU: cosa non ha funzionato?
Probabilmente, l’aspetto che ha
deluso di più del Quicksilver di MCU è stato il poco tempo che gli è
stato concesso sullo schermo. Al di là del breve cameo in Captain America: The Winter Soldier,
Taylor-Johnson viene presentato e poi ucciso nell’arco di un solo
film, così che ha rovinato ogni eventuale potenziale in merito allo
sviluppo del suo personaggio. Sebbene non sia un personaggio
canonico per i fumetti, il nuovo retroscena di Pietro avrebbe
potuto creare un arco parecchio interessante. Invece, è stato
utilizzato principalmente come escamotage narrativo, al fine di
portare avanti le storyline di Wanda e Occhio di Falco. Anche l’uso
delle sue abilità in
Avengers: Age of Ultron era piuttosto privo di
fantasia: correva veloce, correva bene, ma il contributo più
emozionante che ha dato al film è stato – purtroppo – la sua
morte.
Al contrario, il Quicksilver di
Peters è partito come personaggio minore, ma ha rapidamente rubato
la scena con sequenze al rallentatore che sono diventate tra le più
amate e apprezzate nella storia recente dei film di supereroi. Gli
X-Men hanno anche utilizzato le abilità di Quicksilver in modi
veramente unici. Quando si tratta dell’uso dei suoi poteri, è
facile intuire quanto il Quicksilver di Peters vinca decisamente a
mani basse, dal momento che in Age of Ultron i poteri di Pietro
sono meno appariscenti e impressionanti rispetto a quelli del
Quicksilver di Peters. Anche nei pochi momenti in slow-motion, il
Quicksilver del MCU non sembra mai raggiungere il
suo pieno potenziale.
Tra le varie cose tra cui
Kevin Feige ha
discusso conIGN,
nel corso della promozione dei Guardianidella
Galassia, c’è stata la
questioneche sia iMarvel Studios che la 20th Century Fox avessero entrambe i diritti di
PietroMaximoff/Quicksilver, permettendo alpersonaggioad apparire
sia inX-MenGiorni di un Futuro Passato,
interpretato daEvanPeters,
sia inAvengersAge ofUltron,interpretato daAaronTaylor-Johnson.
Alla domanda seJossWhedone la Marvel avessero intenzione
dicambiaregli effettivisivi per
ilQuicksilverdi
Johnson per renderli diversi da quelli di Peters, Feige (che è produttore di
Avengers Age of Ultron) avrebbe
risposto così: “No,
non lo abbiamo in programma.“Ha inoltre aggiunto: “E
potrebbero esserci alcune cose somiglianti, visto che corremolto veloce,
eil tempo
rallenta se si vuole mantenere la
suaprospettivamentre stacorrendo veloce.
[…] Tuttavia potrebbero anche esseredue personaggicompletamente diversi.”
Kevin Feigeha continuato: “Stiamo
concentrandoci molto su due aspetti non
sottolineati inGiorni di un
Futuro Passato:
unoèil suo rapportocon la
sorellagemella, Wanda, l’altro è la suastoria passata di bambino proveniente da un paese dell’est Europa
dilaniato dalla guerra, oltre al
fatto che noiseguiremolui eWandaper quantoriguardai loro sentimenti e
cambiamenti riguardanti gli Avengersnel corsodel
film.Quindi si tratterà didue personaggi molto diversi l’uno
dall’altro“.
“Sapevo che il personaggio era
parecchio figo, e sapevo che in sceneggiatura avevano fatto un buon
lavoro ma non avevo idea di quello che avevano intenzione di fare
con gli effetti speciali.” A parlare è Evan
Peters in merito al suo ruolo di Quicksilver in
X-Men Giorni di un futuro passato.
“Non avevo mai fatto nulla di simile, ho girato le scene e mi
hanno detto poi che sarebbero state davvero belle dopo la post
produzione. Sono molto felice che il risultato sia piaciuto così
tanto.”
“Sono cresciuto
guardando i film degli X-Men – ha continuato Peters – e
quando mi sono trovato Hugh Jackman davanti come Wolverine ero un
po’ nervoso. Sono stati davvero simpatici e carini con me (Hugh,
James McAvoy e Nicholas Hoult).”
“Ho cercato di trovare la giusta
attitudine per il personaggio, non volevo che fosse troppo folle o
tipo un caffeinomane, ma è stato sulle sue qualità di malandrino
che abbiamo lavorato io e Bryan. E’ più veloce della legge. E
questa cosa gli permette di farla franca in ogni occasione. Bryan
Singer mi chiamò e mi disse che era fan di American Horror Story e
che mi voleva per un ruolo. Mi è tipo esplosa la testa, perchè
faccio continuamente audizioni e nessuno mi prende, ed ecco che mi
chiamano per un ruolo bello e pronto: Quicksilver in X-Men. Mi sono
detto ‘cosa diavolo sta succedendo? è magnifico!’ Penso che in
tutto siano stati otto o nove giorni di riprese in due sessioni
differenti.”
Riguardo all’ormai celebre scena
della cucina, Evan Peters ha detto che si è
trattato di una scena molto fisica, nella quale ha riportato anche
un paio di contusioni. “E’ stato davvero divertente, nella
scena dell’ascensore io e Fassbender abbiamo un po’ improvvisato.
E’ davvero un tipo cool. Nella cuicna invece p stato tutto molto
tecnico. C’erano un sacco di camere per la motion capture e io ho
girato con una camera fantasma che riprendeva in super slow motion.
La stanza era più luminosa di una giornata di sole. E c’erano
questi quattro ragazzi con gli occhi apperti che facevano finta di
essere immobili, come congelati. E io correvo intorno a loro
facendo finta di muoverli.“
E’ probabile che vedremo Quicksilver
di nuovo all’opera in X-Men Apocalypse,
almeno stando a quello che ha dichiarato Simon
Kinberg, intanto Evan Peters si gode il successo,
confessando: “Sono felice come un bimbo in un negozio di
caramelle. Sono così felice di far parte di questa cosa. Hugh
Jackman ha detto che è andato a vedere il film con il pubblico, in
mezzo alla folla. Credo che lo farò anche io questa
settimana.”
Agli spettatori che non hanno ancora
visto il film consigliamo quindi di tenere gli occhi aperti! Magari
vi ritrovata accanto Quicksilver in carne e ossa!
Tra i componenti della nuova ondata
di X-Men, il Quicksilver di
Evan Peters è senz’altro uno dei migliori
personaggi proposti. La presentazione divertente e scanzonata in
Giorni di un Futuro Passato e lo sviluppo più
drammatico (familiare) in Apocalypse, hanno
permesso ai fan di simpatizzare e poi empatizzare con il
personaggio.
Abbiamo visto il personaggio in una
brevissima scena in Deadpool 2, in cui compare
insieme a molti dei giovani X-Men, e lo vedremo sicuramente tornare
in Dark Phoenix. E Peters sembra divertirsi
moltissimo in questo ruolo, tanto che ha dichiarato che gli
piacerebbe un film tutto suo.
Parlando con Entertainment
Tonight, Peters ha detto che “amerebbe”
interpretare il personaggio in un film tutto per lui. Ha
dichiarato: “Penso che sarebbe davvero divertente. Amo gli
effetti speciali e quelle sequenza e amo lavorare con tutti quei
ragazzi, quindi lo farei in un secondo.”
C’è da dire che la produzione di un
film intero con protagonista Quicksilver sarebbe
davvero tecnicamente impegnativo, ma potrebbe essere anche un
investimento che varrà l’accoglienza dei fan.
Vi ricordiamo
che X-Men: Dark Phoenix vedrà
nel cast Michael Fassbender, Jennifer
Lawrence, Nicholas
Hoult,James McAvoy, Alexandra Shipp, Sophie
Turner, Tye Sheridan e Kodi Smit-McPhee.
Jessica Chastain, con molte probabilità, potrebbe
indossare le vesti di un classico villain di X-Men,
ovvero Miss Sinister.
Nei fumetti la donna è un perfetto
clone genetico di Nathaniel Essex, il cui
potere di mutaforma cellulare l’ha reso celebre tra gli antagonisti
dei mutanti.
La saga della Fenice
Nera è stata male accennata in X-Men:
Conflitto Finale, tanto che gli eventi raccontati
in X-Men: Giorni di un Futuro
Passato hanno completamente cancellato, grazie al
viaggio nel tempo, gli effetti di quel film sulla saga,
contribuendo però a pasticciarne la continuity.
Di seguito
una breve sinossi del film:
Jean Grey inizia a
sviluppare poteri incredibili che la corrompono e la trasformano in
un Dark Phoenix. Ora gli X-Men dovranno decidere se la vita di un
membro del team vale più di tutte le persone che vivono nel
mondo.
Ecco Evan Peters,
interprete di Pietro Maximoff/Quicksilver, protagonista di una
nuova immagine di X-Men Apocalypse, il
nuovo film del franchise Marvel-Fox diretto da Bryan
Singer.
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Con Bryan
Singer alla regia e allo script,
in X-Men Apocalypsetornerà
anche Simon Kinberg a
scrivere la sceneggiatura che si baserà su una storia di Singer,
Kinberg, Michael
Dougherty e Dan Harris.
Inoltre ci sono anche già i
primissimi dettagli relativi alla trama del film: il film sarà
ambientato una decina di anni dopo Giorni di un
Futuro Passatoe rappresenta un passo successivo
nella storia. L’aver alterato la storia nel film precedente ha
causato delle reazioni imprevedibili e incontrollate, e la nascita
di un nuovo e potente nemico. Charles (James
McAvoy), Erik/Magneto (Michael
Fassbender), Raven/Mistica (Jennifer
Lawrence), Wolverine (Hugh Jackman) e
Hank/Bestia (Nicholas Hoult) saranno raggiunti da
Ciclope, Tempesta e Jean Grey e dagli altri X-Men per combattere
contro il formidabile menico, una antica e potente forza,
determinata a causare un’apocalisse come mai si è verificato nella
storia dell’umanità.Oscar Isaac è stato scelto per interpretare
Apocalisse. Al cast si aggiungono anche Sophie
Turner (Jean Grey), Tye
Sheridan (Ciclope), Alexandra
Shipp (Tempesta), Kodi
Smit-McPhee (Nightcrwaler), Lana
Condor (Jubilee), Olivia
Munn (Psylocke).
Nonostante lo “strapotere”
Marvel sui fan degli universi
cinematografici condivisi in fatto di supereroi, è innegabile che,
quando si arriva alla rappresentazione di Quicksilver, i favoriti
dai fan sono la Fox e Evan Peters.
Il giovane attore, che aveva mostrato entusiasmo anche per il
Pietro Maximof degli
Avengers (Aaron Taylor
Johnson), ha raccontato come sarebbe fare un film in
solitaria sul mutante figlio di Magneto: “Oh, mio dio, non
saprei… Ci vorrebbero tre anni per girarlo, più o meno. Non so
proprio, ma sarebbe bello.” Ma più di tutto Peters vorrebbe
incontrare sul grande schermo il Deadpool
di Ryan Reynolds: “Credo che sarebbe molto
divertente vedere un film con Deadpool e Quicksilver.”
In realtà, l’eventualità non è così
remota, dal momento che la Fox sta spostando la sua attenzione dal
franchise principale verso New Mutants e
X-Force, oltre a portare avanti
ovviamente Deadpool. Questo lascia il
futuro di Quicksilver incredibilmente aperto ad altre possibilità
che esulano dagli X-Men in senso
proprio.
Sarebbe davvero divertente vedere un
Deadpool che magari si rivolge al pubblico con qualche commento
sagace durante una delle famigerate scene in slow motion di
Quicksilver! Che ne pensate?
Durante la promozione di
X-Men Apocalypse, parlando con Yahoo Movie, Evan Peters, che
nel franchise degli X-Men interpreta
Pietro Maximoff, alias Quicksilver, ha commentato così la morte di…
Quicksilver, chiaramente parlando del personaggio interpretato da
Aaron Taylor-Johnson in Avengers Age
of Ultron:
“Ero devastato. Volevo che la
cosa andasse avanti, non so perché l’abbiano fatto fuori. Mi
piaceva, era un approccio completamente diverso al personaggio.
Accento russo, una scia che si lasciava dietro… era un personaggio
fico. […] Poteva esserci una bella competizione. Del tipo: ‘Oh,
hanno fatto quella cosa bellissima, ora dobbiamo cercare di fare
qualcosa di meglio!’. Poteva essere fonte di grande
stimolo.”
Con Bryan Singeralla regia e allo
script, in X-Men
Apocalypsetornerà anche Simon Kinberga
scrivere la sceneggiatura che si baserà su una storia di Singer,
Kinberg, Michael
Dougherty e Dan Harris.
Inoltre ci sono anche già i
primissimi dettagli relativi alla trama del film: il film sarà
ambientato una decina di anni dopo Giorni di un
Futuro Passatoe rappresenta un passo successivo
nella storia. L’aver alterato la storia
nel film precedente ha causato delle reazioni imprevedibili e
incontrollate, e la nascita di un nuovo e potente nemico. Charles
(James McAvoy), Erik/Magneto
(Michael Fassbender), Raven/Mistica (Jennifer Lawrence) e Hank/Bestia
(Nicholas Hoult) saranno raggiunti da
Ciclope, Tempesta e Jean Grey e dagli altri X-Men per combattere
contro il formidabile menico, una antica e potente forza,
determinata a causare un’apocalisse come mai si è verificato nella
storia dell’umanità. Oscar Isaac è stato scelto per interpretare
Apocalisse. Al cast si aggiungono anche Sophie Turner(Jean
Grey), Tye
Sheridan(Ciclope), Alexandra
Shipp (Tempesta),Kodi
Smit-McPhee(Nightcrawler), Lana
Condor(Jubilee), Olivia
Munn (Psylocke).
X-Men
Apocalypse arriverà il 18 maggio 2016 nelle sale
italiane.
Qui: dieci storie
di dieci attivisti NO TAV con provenienze differenti e a volte
opposte. Dieci punti di vista su di una questione che riguarda la
Val di Susa, che conta sessantamila abitanti di cui più della metà
hanno procedimenti giudiziari a loro carico, la media più alta di
Italia. 25 anni di contestazione contro un progetto che nessuno
sembra capire. Daniele Gaglianone, dopo l’ibrido
tra fiction e documentario realizzato lo scorso anno,
La mia classe, torna alla sua materia di
sempre: il documentario classico, ma come nel suo precedente film
in cui puntava l’obiettivo sui migranti, anche in questo dà voce a
chi molto spesso ha lo spazio di poche righe nella cronaca
nazionale o tre minuti durante un tg.
Lo fa intervistando,
approfonditamente, realizzando un’opera che sfiora le due ore di
durata, dieci persone diverse, per estrazione sociale, studi,
lavoro, religione ma che sono unite nel riconoscersi oggetto di una
prepotenza giuridica autorizzata dallo Stato: la realizzazione
della ferrovia e della stazione dei treni ad Alta Velocità che
dovrebbe collegare Torino a Lione. La valle, che dista due ore e
mezza da Torino, è tratto di unione con la Francia ed è già
attraversata da un’autostrada e da due linee ferroviarie.
Qui, il film
Le testimonianze descrivono quella
che è stata l’evoluzione del progetto in questi 25 anni e come sia
diventato negli anni sempre più chiaro che la prima conseguenza
della costruzione della linea ferroviaria sarebbe stata la
devastazione della valle. Del suo ecosistema, delle foreste, ma
anche delle persone, costrette, per sfuggire ad anni di cantiere e
di polveri tossiche dal paese che avevano scelto come casa. Lo
stile è molto neutro, il montaggio ad effetto o emotivo quasi
assente,sono interessanti e rivelatori gli imprevisti registrati
comunque dalla camera, che rivelano come gli abitanti della Val di
Susa vivano in uno stato quasi di occupazione militare.
Il taglio scelto da Gaglianone non
è quello della denuncia risentita e urlata, né si fa un processo
alle forze dell’ordine, esecutrici di ordini superiori. Vengono
espresse le testimonianze di chi nella Valle vive e vuole restare
ed è disposto a un dialogo ma che sia costruttivo e non solo votato
ad ottenere profitto. Sotto questo obiettivo comune si uniscono le
voci di un attivista dei centri sociali, di un carabiniere in
congedo, di un sindaco persone diverse che vogliono tenersi stretta
la Valle così com’è evitando il compimento di un progetto di cui
al momento sembra essersi dimenticato anche la politica.
Il racconto di Qui
svela che ci sono storie più complesse e che la questione non si
limita ai soli tafferugli mostrati dalle televisioni e dal quale
emerge la passione per la lotta per una giusta causa, e la
resistenza data dal sapere di essere dalla parte giusta.
Qui è stato presentato durante il Torino Film
Festival di quest’anno e uscirà in sala in anteprima il 27 Novembre
solo a Roma e dal 4 dicembre essere distribuito in tutta
Italia.
Sono iniziate le riprese
diQui Rido
Io, il nuovo film di Mario
Martone sul re dei comici napoletani, il grande
attore e commediografo Eduardo Scarpetta, che
saràinterpretato da Toni
Servillo. Scarpetta,che fu padre
naturale di Titina, Eduardo
e Peppino De Filippo, dedicò tutta la
sua vita al teatro, realizzando opere che sono diventate dei
classici intramontabili, come Miseria e
Nobiltà.
Ottenne straordinari
successi e fu protagonista della celebre disputa con Gabriele
D’Annunzio per Il figlio di Iorio, parodia dell’opera
del Vate, che fu oggetto di un memorabile processo. Le riprese del
film si svolgono in questi giorni al Teatro
Valle, storico teatro romano in cui nel 1889 debuttò
Miseria e Nobiltà. Dopo una prima parte a
Roma, il set si sposterà a
Napoli.
Qui Rido
Io scritto da Mario Martone e
Ippolita di Majo, è una coproduzione
italo-spagnola Indigo Film con Rai
Cinema per l’Italia e Tornasol per
la Spagna. La fotografia è firmata da Renato
Berta, il montaggio da Jacopo
Quadri, la scenografia da Giancarlo
Muselli, i costumi da Ursula
Patzak. Interpreti di Qui Rido
Io, insieme a
ToniServillo, sono Maria
Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta,
Paolo Pierobon, Lino Musella, Roberto De Francesco, Gianfelice
Imparato e Iaia Forte. La produzione
ringrazia il Teatro di Roma per la gentile
concessione del Teatro Valle e per aver individuato uno spazio
all’interno delle attività previste in un luogo così prestigioso e
importante per tutto il teatro nazionale.
Due anni dopo aver adattato in
chiave moderna per il cinema l’opera teatrale Il sindaco del rione
Sanità, scritta da Eduardo De Filippo, il
regista Mario Martone porta sul grande schermo la
storia degli ultimi anni di vita di Eduardo
Scarpetta, padre dei De Filippo e tra i più celebri
commediografi e attori della scena teatrale napoletana. Il film in
questione è Qui rido io (affermazione che
riprende quella presente sulla facciata di Villa La Santarella, di
proprietà di Scarpetta), presentato in concorso alla Mostra del
Cinema di Venezia e interpretato da Toni Servillo. Da Martone scritta insieme a
Ippolita Di Majo, la pellicola è però ben più che
un semplice racconto biografico.
La vicenda si apre infatti sui primi
anni del Novecento, quando Scarpetta è un uomo di teatro già
affermato e popolarissimo. Le sue repliche di Miseria e
nobiltà registrano sempre il tutto esaurito e il successo
sembra destinato a non dover finire mai. In questo clima di
euforia, Scarpetta si concede però un pericoloso azzardo: realizza
una parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande
poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. Al
momento del debutto, la commedia viene interrotta tra urla e fischi
e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso
Vate. Inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in
Italia, che scuoterà profondamente Scarpetta e la sua ricca
famiglia composta da mogli, amanti e figli legittimi e
illegittimi.
L’arte di saper far ridere
Come anticipato, ad un primo impatto
Qui rido io potrebbe sembrare una classica biografia
di un personaggio tanto stravagante quanto importante del teatro e
della cultura italiana. Addentrandosi sempre più nel racconto,
tuttavia, ci si accorge come quella messa in atto da Martone sia
un’operazione molto più interessante, che non solo esplora le
origini di una dinastia teatrale ma si avvale di un caso storico
esemplare per riflettere sul concetto di commedia e di autore. Vero
punto centrale del film è infatti la causa per plagio che
D’Annunzio muove contro Scarpetta. Durata dal 1906 al 1908, questa
portò ad una sempre più necessaria definizione dell’odierno diritto
d’autore.
Ciò che emerse durante quella causa,
però, fu particolarmente interessante per la definizione della
commedia stessa, all’epoca considerata un genere infimo, che
distraeva dai veri problemi della vita e della gente. Quello tra
D’Annunzio e Scarpetta era dunque lo scontro tra chi si ergeva
intellettualmente a rappresentante del popolo e chi quello stesso
popolo lo raccontava in modo molto più sincero di quanto si
credesse. Non mancano le contraddizioni nello stesso Scarpetta, che
Martone sceglie saggiamente di non omettere, ma ciò che affascina è
il ritrovare qui quei primi segnali di riscatto che avrebbero
portato la commedia ad essere uno dei generi primari dello
spettacolo italiano.
E se per alcuni un altro film
biografico di Martone come Il giovane favoloso,
dedicato a Leopardi, poteva essere risultato particolarmente
pesante, Qui rido io risulta invece essere non solo un
racconto scorrevole e piacevole, ma anche una visione
particolarmente divertente. Il merito va in primis ad un Toni Servillo
mattatore assoluto che, in un ruolo come quello di Scarpetta che
non poteva che essere interpretato da lui, dà sfogo ad un carisma
eccezionale. Accanto a lui spiccano poi anche Maria
Nazionale nel ruolo della moglie Rosa, Cristiana
Dell’Anna in quelli dell’amante Luisa e Eduardo
Scarpetta (discendente della dinastia) nel ruolo di
Vincenzo, suo bisnonno e figlio dell’originale Eduardo.
Qui rido io: la recensione del film
Come si potrà intuire, la dinastia
degli Scarpetta-De Filippo è un altro degli elementi centrali del
film. Particolarmente articolata e ricca di nomi identici che si
ricorrono, questa ha percorso l’intero Novecento. Seguendo anche le
vicende di più membri della famiglia, molti dei quali sul punto di
ottenere la fama poi cresciuta e consolidatasi nel tempo, Qui
rido io diventa anche il ritratto di un uomo potentissimo al
momento del suo declino. La causa in cui Scarpetta si ritrova
coinvolto, e dalla quale comunque uscirà vittorioso, segnerà
comunque la fine della sua carriera. A partire da quel momento il
racconto si incupisce, il ritmo sembra rallentare proprio come il
suo protagonista.
Proprio come nel teatro si giunge ad
un ultimo atto in cui qualcosa sta finendo e qualcos’altro ha
invece inizio. Si svela anche così il continuo intrecciarsi tra
teatro e vita, con tutte le similitudini e le discordanze del caso.
Non per nulla Martone costruisce il suo film proprio come se ci si
trovasse dinanzi ad un palcoscenico, con frequenti inquadrature
totali, scene corali, caos e battute pronunciate a raffica. Si
tratta probabilmente del modo più interessante per far emergere
tutta la forza di un film come Qui ridoio, dove
la vita è teatro e dove il teatro è vita, dando vita ad un
cortocircuito da cui emergono spunti e riflessioni particolarmente
brillanti.
Da sempre diviso tra cinema e
teatro, nel 2021 il regista Mario Martone ha
nuovamente coniugato le due cose con Qui rido
io (qui la recensione), con il quale
ha portato sul grande schermo il racconto della vita del celebre
attore e commediografo Eduardo Scarpetta,
vissuto a Napoli tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi due
decenni del Novecento. In particolare, però, Martone si concentra
sul raccontare un episodio specifico della vita di Scarpetta,
quello relativo al processo per plagio di un’opera di
Gabriele D’Annunzio.
Un caso che ha dato vita ad un
precedente particolarmente importante nel mondo artistico e che qui
riproposto permette di riflettere sul concetto di commedia e di
autore. La dinastia degli Scarpetta-De Filippo è poi un altro degli
elementi centrali del film. Particolarmente articolata e ricca di
nomi identici che si ricorrono, questa ha percorso l’intero
Novecento. Qui rido io diventa dunque anche il
ritratto di un uomo potentissimo al momento del suo declino, con il
vasto impero costruitosi intorno che inizia a sfaldarsi e prendere
direzioni diverse.
Martone, dunque, va oltre il
semplice film biografico per ricostruire un’epoca, i suoi
personaggi, i suoi vizi, le sue contraddizioni e il suo lascito
artistico. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle
principali curiosità relative a Qui rido io.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alla storia vera di cui
narra. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di Qui rido io
La vicenda si apre sui primi anni
del Novecento, quando Eduardo Scarpetta è un uomo
di teatro già affermato e popolarissimo. Le sue repliche di
Miseria e nobiltà registrano sempre il tutto esaurito e il
successo sembra destinato a non dover finire mai. In questo clima
di euforia, Scarpetta si concede però un pericoloso azzardo:
realizza una parodia de La figlia di Iorio, tragedia del
più grande poeta italiano del tempo, Gabriele
D’Annunzio. Per via di tale affronto viene però denunciato
e inizia così la prima storica causa sul diritto d’autore in
Italia, che scuoterà profondamente Scarpetta e la sua ampia
famiglia.
Ad interpretare Eduardo Scarpetta vi
è Toni Servillo,
premiato poi con il Premio Pasinetti al miglior attor alla Mostra
del Cinema di Venezia, dove il film è stato presentato.
Maria Nazionale interpreta la moglie Rosa De
Filippo, da cui ha avuto i figli Maria e Vincenzo, interpretati
rispettivamente da Greta Esposito ed Eduardo
Scarpetta, con quest’ultimo che è un reale discendente
della famiglia Scarpetta. L’Eduardo Scarpetta protagonista di
questo film è infatti il suo trisavolo.
Cristiana Dell’Anna
interpreta invece Luisa De Filippo, nipote di Rosa e da cui
Scarpetta ha avuto i figli Titina, Peppino ed Eduardo De Filippo,
qui interpretati dai giovani Marzia Onorato,
Salvatore Battista e Alessandro
Manna. Si annoverano poi nel cast anche Antonia
Truppo nel ruolo di Adelina De Renzis, Gianfelice
Imparato in quelli di Gennaro Pantalena e Paolo
Pierobon nei panni di Gabriele D’Annunzio.
La vera storia di Eduardo Scarpetta
Nato nel 1853 e morto nel 1925,
Eduardo Scarpetta ha vissuto la sua intera vita a Napoli, dove
godeva di una popolarità e un potere indiscussi. Non è però sulla
sua formazione che si concentra Martone, bensì su uno degli ultimi
episodi della sua vita nonché tra i più indiscutibilmente
importanti. Come raccontato anche nel film, intorno al 1904
Scarpetta assiste a Roma ad una rappresentazione teatrale di La
figlia di Iorio, dramma in tre atti di Gabriele
D’Annunzio.
Rimasto colpito da quell’opera,
Scarpetta decide di rendervi omaggio a suo modo, scrivendo una
parodia dal titolo Il figlio di Iorio, dove sbeffeggiare
il ridondante talento poetico di D’Annunzio, capovolgendone la
trama e trasformando gli interpreti maschili in femminili e
viceversa. Rosa, la moglie di Scarpetta, espresse tutto il suo
dissenso al progetto del marito per la rappresentazione di una
parodia che metteva in discussione il clamoroso successo dell’opera
di un poeta alla moda e con una così alta considerazione del
proprio genio.
Abbandonare le commedie con il
personaggio di Felice Sciosciammocca, che tante soddisfazioni
artistiche e materiali aveva loro dato, sembrava inoltre un azzardo
troppo rischioso. Ma Scarpetta non si lasciò convincere dalla
moglie e prima di portare in scena il nuovo testo, come novità
rispetto al suo celeberrimo Miseria e Nobiltà, chiederà il
benestare di D’Annunzio. Il poeta, stando a quanto riferito,
avrebbe apprezzato la parodia di Scarpetta ma temendo ripercussioni
sulla credibilità della propria opera negò il consenso alla
rappresentazione.
Tale consenso, tuttavia, fu
comunicato a Scarpetta quando era ormai troppo tardi per sospendere
lo spettacolo. Il 3 dicembre del 1904 andò dunque in scena al
teatro Mercadante di Napoli Il figlio di Iorio. In platea
erano però presenti degli infatuati dannunziani che all’inizio del
secondo atto, proprio nel momento dell’entrata in scena di
Scarpetta in abiti femminili, iniziarono ad inveire contro
l’attore, che fu costretto a far calare il sipario.
Dopo qualche giorno, inoltre,
Scarpetta si trovò querelato per plagio e contraffazione da
Marco Praga, direttore generale della Società
Italiana degli Autori ed Editori (SIAE). La notizia suscitò subito
reazioni in campo internazionale e nell’opinione pubblica italiana.
Vi fu addirittura l’intervento di letterati come Salvatore
di Giacomo a sostegno di D’Annunzio e filosofi come
Benedetto Croce a favore di Scarpetta. La contesa
di tribunale assunse ben presto i toni di uno scontro letterario
fra l’arte alta della tradizione poetica italiana della Figlia
di Iorio e quella plebea dialettale e volgarmente
sbeffeggiatrice del Figlio di Iorio.
Questo divenne dunque il primo
processo in Italia riguardante il diritto d’autore. La causa si
protrasse sino al 1908, quando il tribunale emanò una sentenza in
cui dichiarava il non luogo a procedere nei confronti di Eduardo
Scarpetta perché il fatto non costituiva reato, dando così
un’impronta di legittimità a tutte le successive parodie che
avrebbero caratterizzato la storia dello spettacolo.
Il trailer di Qui rido
io e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Qui
rido io grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV, Prime Video, Netflix e Rai Play. Per
vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà
noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale.
Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della
qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo
di sabato 20 luglio alle ore
21:10 sul canale Rai Movie.
Arriverà il 9 settembre al cinema
Qui rido
io, il nuovo film di Mario Martone
che sarà presentato a Venezia 78. Nel cast del film
Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia
Truppo, Eduardo Scarpetta, Roberto De Francesco, Lino Musella,
Paolo Pierobon, con Gianfelice Imparato e
con Iaia Forte. Il film è distribuito da 01
Distribution.
La trama di Qui rido io
Agli inizi del ‘900, nella Napoli
della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il
grande attore comico Eduardo Scarpetta è il re del
botteghino. Il successo lo ha reso un uomo ricchissimo: di
umili origini si è affermato grazie alle sue commedie e alla
maschera di Felice Sciosciammocca che nel cuore del
pubblico
napoletano ha soppiantato Pulcinella. Il teatro
è la sua vita e attorno al teatro
gravita anche tutto il suo complesso nucleo
familiare, composto da mogli, compagne, amanti, figli
legittimi e illegittimi tra cui Titina,
Eduardo e Peppino De Filippo. Al culmine
del successo Scarpetta si concede quello che si
rivelerà un pericoloso azzardo. Decide di realizzare
la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande
poeta italiano del tempo, Gabriele D’Annunzio. La sera del
debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene
interrotta tra urla, fischi e improperi sollevati dai poeti e
drammaturghi della nuova generazione che gridano allo
scandalo e Scarpetta finisce con
l’essere denunciato per plagio dallo stesso
D’Annunzio. Inizia, così, la prima storica causa sul
diritto d’autore in Italia. Gli anni del processo saranno
logoranti per lui e per tutta la famiglia tanto che il
delicato equilibrio che la teneva insieme pare sul punto
di dissolversi. Tutto nella vita di Scarpetta sembra
andare in frantumi, ma con un numero da grande
attore saprà sfidare il destino che lo voleva perduto e
vincerà la sua ultima partita.
In ottemperanza al
provvedimento emesso dal Tribunale di Taranto e in attesa
dell’udienza fissata per il 5 novembre, Groenlandia e Disney
informano che il titolo della serie sarà ora Qui non è
Hollywood. Qui non è Hollywood sarà
disponibile in Italia dal 30 ottobre sulla piattaforma Disney+.
Diretta dal regista Pippo
Mezzapesa, che ne ha scritto anche la sceneggiatura
insieme ad Antonella W. Gaeta, Davide Serino, Carmine
Gazzanni e FlaviaPiccinni, la serie è prodotta da Matteo Rovere,
una produzione Groenlandia.
Qui non è Hollywood è
interpretata da Vanessa Scalera, nel ruolo di Cosima Misseri, Paolo
De Vita in quello di Michele Misseri, Giulia Perulli nei panni di
Sabrina Misseri, Imma Villa in quelli di Concetta Serrano, Federica
Pala nel ruolo di Sarah Scazzi; Anna Ferzetti è invece la
giornalista Daniela, Giancarlo Commare è Ivano e Antonio Gerardi
interpreta il Maresciallo Persichella.
La serie è basata sul libro
“Sarah la ragazza di Avetrana“, scritto da Carmine
Gazzanni e Flavia Piccinni ed edito da Fandango Libri.
Marracash è autore e interprete di
“La Banalità del Male”, end credit song di Qui non è
Hollywood. Il brano nasce dalla collaborazione tra Marracash e
il produttore Marz, che ne ha creato la musica.
Un efficace sistema di parental
control assicura che Disney+ rimanga un’esperienza di
visione adatta a tutti i membri della famiglia. Oltre alla
“Modalità Junior” già presente sulla piattaforma, gli abbonati
possono impostare dei limiti di accesso ai contenuti per un
pubblico più adulto e creare profili con accesso tramite PIN, per
garantire massima tranquillità ai genitori.
“Questo mondo
non mi renderà cattivo”. Una frase di una canzone che
dà il titolo alla serie Netflix, ma anche un proposito. E prendere una
decisione del genere richiede coraggio, soprattutto quando un po’
il mondo lo hai girato e sai quanto può essere difficile rimanere
delle persone “per bene” di fronte a ingiustizie, soprusi e
sfortune varie ed eventuali a cui il suddetto mondo ci mette di
fronte. È la decisione che prende
Zero, alterego di Zerocalcare, nella nuova
serie di Netflix,
disponibile dal 9 giugno con 6 episodi di animazione prodotta
ancora una volta da Movimenti Production, in
collaborazione con BAO Publishing e ovviamente
della piattaforma della grande N rossa.
Questo mondo non mi renderà
cattivo, la trama
Protagonisti di questa
seconda avventura animata del fumettista di Rebibbia sono ancora
una volta Zero, Secco e Sara. In
una situazione sociale complicata, in cui il quartiere è teatro di
forti scontri (per il momento solo ideologici) in merito alla
legittimità di un centro di accoglienza vicino a una scuola, Zero
ritrova Cesare, un suo vecchio amico che dopo
tantissimi anni in comunità, torna a casa ma fatica a ritrovare il
ritmo. Dal canto suo, Zero, che in quegli anni ha costruito una
solida carriera facendo fumetti e distinguendosi, suo malgrado,
dalla massa di scapestrati del quartiere, vorrebbe fare qualcosa
per aiutarlo, ma si rende conto che non sa più nulla di quello che
una volta era un suo caro amico.
Tornare ai frame animati
con le immagini e lo stile inconfondibile di
Zerocalcare è confortante. Siamo in un mondo che,
per quanto nuovo e per molti aspetti metaforico, ci è familiare
perché comein
Strappare lungo i bordi, siamo davanti a
personaggi che abbiamo imparato a conoscere prima dalle tavole a
fumetti. Questo mondo non mi renderà cattivo è
quindi un territorio “amico” per tutti coloro che amano sia
Zerocalcare che il suo modo di raccontare.
La seconda volta nel
Calcare-Verse
Questa seconda incursione
nel Calcare-Verse porta con sé una serie di
elementi a favore del grande investimento che Netflix,
Movimenti e BAO stanno facendo su
questo progetto. Questo mondo non mi renderà
cattivo è infatti un perfezionamento, dal punto di vista
tecnico, di quanto già visto in Strappare lungo i bordi. L’animazione ha
fatto un passo in avanti, implementando diverse tecniche mixandole
in maniera organica e valorizzando maggiormente espressioni e
movimenti, si lavora anche più di astrazione, dato che moltissimi
dei momenti migliori della serie (limitatamente alle 4 puntate
visionate) sono ambientate in angoli della mente, durante le
non poche elucubrazioni meditabonde del personaggio di
Zero.
Immancabile è il
personaggio dell’Armadillo (Valerio
Mastandrea), che continua a essere per il protagonista
bussola morale e ancora con la realtà; l’Armadillo non è solo un
contro-campo della sua stessa coscienza, è anche quella parte di sé
(molto divertente, c’è da ammettere) che lo tiene sempre con i
piedi per terra e che allo stesso tempo offre i migliori momenti
meta-testuali in cui lo Zero personaggio e lo
Zero autore coincidono e parlano direttamente al
pubblico (la parentesi sulla dizione è senza dubbio un momento
molto divertente).
Il sistema di riferimento
di Zerocalcare è quello popolare, condiviso,
vissuto e amato da tutti i suoi lettori, un gruppo così trasversale
e ricco che lo stesso autore fatica a comprenderlo (è plausibile
che molti sostenitori dell’estrema destra siano anche avidi lettori
delle pagine di Zerocalcare). E forse proprio per questo cerca a
suo modo di farsi capire da tutti, offrendo continuamente
riflessioni esistenziali su qual è il nostro posto nel mondo, quale
il nostro ruolo, quali le nostre scelte.
Poco racconto, tante
parentesi
Questa continua ipotassi
di pensiero denuncia però una incapacità narrativa sulla lunga
distanza; Questo mondo non mi renderà cattivo
svela quello che forse è il difetto anche di
Zerocalcare fumettista. Per quanto sia denso e
interessante quello che racconta, si tratta sempre di piccole
parentesi, attaccate a un flusso narrativo mai effettivamente
robusto e interessante. Sono più le singole tavole a generare
interesse e partecipazione, che il volume per intero. E a
differenza di Strappare lungo i bordi, che era la
ri-narrazione de La Profezia dell’Armadillo, la
storia di Questo mondo non mi renderà cattivo
sembra attingere a tanti spunti di riflessione e concetti visivi
che l’autore ha seminato in tante delle sue opere (si
riconosceranno sicuramente le “macerie” e il “polpo”), aumentando
quindi la sensazione di trovaci di fronte a una serie di piccole
storie, parentesi e discorsi brevi, messi insieme in maniera
pretestuosa. Il che non toglie certo il piacere di immergerci nel
Calcare-Verse, ma allo stesso tempo denota dei limiti relativi alla
capacità di raccontare tout court.
Quello che invece Zerocalcare riesce a fare ancora
una volta bene, forse meglio di tutti, è dare voce alla sensazione
di disagio e inadeguatezza, male principe indiscusso del nostro
tempo.
Questo mondo non mi renderà cattivo
si fa portavoce della difficoltà di “rimanere se stessi in
mezzo alle contraddizioni della vita”; è quello che prova a
fare Zero, ritrovando Cesare, confrontandosi con Secco, discutendo
con Sara. In fondo è quello che proviamo a fare tutti noi, ogni
giorno, quando veniamo messi davanti al rischio di scegliere la
strada facile, piuttosto che quella giusta.
Questo mondo non mi renderà cattivo, la
seconda serie di animazione per Netflix scritta e diretta da
Zerocalcare, debutterà il 9 giugno in tutti i Paesi in cui il
servizio è attivo. Nel teaser trailer che Netflix rilascia oggi, le
prime immagini dell’attesissima serie animata.
Prodotta da Movimenti
Production, società del gruppo Banijay, in collaborazione con BAO
Publishing, sarà composta da 6 episodi, da circa mezz’ora ciascuno,
che entreranno ancora più a fondo nelle tematiche care
all’autore.
In Questo mondo non mi renderà cattivo torneranno
il mondo narrativo, il linguaggio unico e i personaggi storici e
inconfondibili dell’universo di Zerocalcare. A Zero, Sarah, Secco,
l’Armadillo, l’immancabile coscienza di Zero, doppiato anche questa
volta dalla voce inconfondibile di Valerio Mastandrea, si aggiunge
un nuovo, centralissimo personaggio: Cesare.
Un vecchio amico torna
nel quartiere dopo diversi anni di assenza e fatica a riconoscere
il mondo in cui è cresciuto. Zerocalcare vorrebbe fare qualcosa per
lui ma si rende conto di non essere in grado di aiutarlo a sentirsi
di nuovo a casa e a fare la scelta giusta per trovare il suo posto
nel mondo.
Questo mondo non mi renderà cattivo racconta
la difficoltà di rimanere se stessi in mezzo alle contraddizioni
della vita. Il titolo stesso della serie, che trae ispirazione da
un brano di un cantautore romano, rappresenta una sorta di mantra,
una frase che lo stesso Zerocalcare si ripete, quasi per
auto-convincersi, nei momenti più difficili, quelli in cui diventa
più forte il rischio di fare scelte sbagliate e rinnegare i propri
ideali pur di togliersi dai guai.
Schietto, irriverente, dissacrante,
depresso, cazzone: tutto questo è
GIANCANE, al secolo Giancarlo
Barbati, pronto a tornare con un nuovo lavoro discografico
per Questo mondo non mi renderà cattivo. Dopo
“Una vita al top” (2015) e “Ansia e disagio”
(2017) e dopo “Strappati lungo i bordi” (2021), colonna
sonora della serie di animazione scritta e diretta da
Zerocalcare, sarà disponibile da venerdì 9 giugno sulle
piattaforme digitali e in diversi formati fisici TUTTO
MALE, nuovo album del cantautore romano. Il disco
uscirà per Woodworm e sarà distribuito da Universal Music Italia ed
è già in preorder.
Dopo l’annuncio dell’uscita
dell’album e la release del primo estratto VOGLIO
MORIRE, già in radio e sulle piattaforme digitali,
arriva oggi per GIANCANE un’altra importante
novità: si rinnova la collaborazione con ZEROCALCARE, che
ha scelto i brani del cantautore romano per la sua nuova serie
originale Netflix
Questo mondo non mi renderà cattivo, prodotta
da Movimenti Production – società del gruppo Banijay – in
collaborazione con BAO Publishing. Le 11
tracce saranno disponibili in digitale e in un doppio
vinile – in uscita sempre il 9 giugno –
che vedrà nel primo LP il nuovo album TUTTO
MALE, contenente la title track nonché sigla della
serie SEI IN UN PAESE MERAVIGLIOSO, che
dà il nome al secondo LP, la raccolta di canzoni scelte per la
serie. La cover del doppio LP è disegnata da ZEROCALCARE
stesso. Anche il doppio LP è disponibile da oggi in
preorder: https://giancane.lnk.to/TuttoMaleSIUPM
Così GIANCANE
commenta la rinnovata collaborazione con
Zerocalcare: “Sono molto onorato di aver
contribuito a musicare la nuova serie di Zerocalcare: ho composto
le musiche di alcune parti mentre finivo il mio nuovo disco e ho
potuto metterci un po’ di depressione accumulata nel tempo, che
nelle tracce del disco non ha trovato sbocchi. La cosa che mi ha
divertito molto è stata quella di poter dare ad alcune canzoni,
apparentemente divertenti, una veste minimale riprendendo i temi
solo con il pianoforte e provando ci siamo accorti che calzavano a
pennello su alcune scene”.
GIANCANE è pronto a
tornare sui palchi di tutta Italia e lo fa con le prime date
annunciate di TUTTO MALE TOUR ESTIVO 2023: gli
appuntamenti prenderanno il via il 9 giugno a
Fiorano Modenese, MO (Quarantenna Festival), per
poi proseguire il 10 giugno a
Casaleone, VR (Click Park Festival), il 27
giugno a Bologna (BOtanique Festival), il
30 giugno a Torino(Flowers
Festival), il 1 luglio a Teramo
(Remind Festival), il 5 luglio a
Padova (Sherwood Festival), il 6
luglio ad Arezzo(Men/Go Music Fest), il
7 luglio a Cenaia, PI (Melasòno
Music Fest), il 14 luglio a
Milano (Circolo Magnolia), l’8
agosto a SquillaceLido,
CZ (Ondarock Festival), l’8 settembre a
Bergamo (NTX Station).
Durante il tour i grandi classici
della carriera del cantautore, ma soprattutto i brani del nuovo
disco TUTTO MALE: “È il mio terzo
disco di inediti – racconta GIANCANE – e
racchiude 5 anni di vita, di tour, di depressione, di felicità, di
infelicità, di malattie, di autostrade, concerti, lutti, vabbè
insomma 5 anni di vita. È un disco un po’ depresso, un po’ cazzone
ed è una raccolta che racchiude anche tutto ciò che musicalmente
volevo fare”.
Giancarlo Barbati torna sulle scene
e lo fa in pieno stileGIANCANE,
decidendo di complicarsi la vita, ma solo per regalare ai
fan un disco che sia un vero e proprio oggetto di culto. Oltre al
doppio vinile, TUTTO MALE saràdisponibile infatti in diversi formati, tutti corredati da
un album di figurine, un booklet alternativo che comprende, oltre
alla cover, 10 illustrazioni – una per ciascun brano – di 8 artisti
diversi, coinvolti da GIANCANE nella
realizzazione dell’apparato grafico del disco. Primo tra tutti
ZEROCALCARE, con cui il sodalizio è già
consolidato dal 2018 per il video di Ipocondria che ha costituito
la colonna sonora degli short animati di “Rebibbia
Quarantine”, prodotti nel 2020, e per la OST della serie
“Strappare lungo i bordi”. Ma non solo, al team di lavoro
si sono presto aggiunti anche GLISCARABOCCHIDIMAICOLEMIRKO,
MARCELLO CRESCENZI, DOMENICO MIGLIACCIO (che ha disegnato
la cover), TIMIDESSEN,NOVA, SILVIA
SICKS e WALLIE.
L’album sarà disponibile nei
seguenti formati:
CD + album di
figurine
LP azzurro, in edizione
limitata con sticker numerato + album di figurine
LP verde con cover
alternativa, in edizione limitata con sticker numerato + card
autografata + album di figurine (esclusiva Discoteca
Laziale)
LP rosso, in edizione
limitata con sticker numerato + album di figurine (esclusiva
Amazon)
Doppio vinile con cover di
Zerocalcare che contiene “Tutto Male” e “Sei in un Paese
Meraviglioso”
Prodotta da Movimenti Production,
società del gruppo Banijay, in collaborazione con BAO Publishing,
scritta e diretta da Zerocalcare,Questo mondo non
mi renderà cattivo sarà composta da 6 episodi, da circa
mezz’ora ciascuno, che entreranno ancora più a fondo nelle
tematiche care all’autore.
Il titolo dello show rappresenta una
sorta di mantra, una frase che lo stesso Zerocalcare si ripete,
quasi per auto-convincersi, in quei momenti della vita in cui ci si
sente accerchiati, senza via di fuga, in cui sarebbe più facile
fare scelte sbagliate, rinnegare ideali e princìpi pur di togliersi
dai guai. Una frase che ciascuno, con le proprie esperienze, le
proprie vite e le proprie storie, potrebbe trovare utile
ripetersi.
In Questo mondo non mi
renderà cattivo torneranno il mondo narrativo, il
linguaggio unico e i personaggi storici e inconfondibili
dell’universo di Zerocalcare. Zero, Sarah, Secco, l’Armadillo,
l’immancabile coscienza di Zero, doppiato anche questa volta dalla
voce inconfondibile di Valerio Mastandrea, saranno
i protagonisti di una narrazione fatta di digressioni,
aneddoti, emotività e colpi di scena.
Questo mondo non mi renderà cattivo, la
seconda serie di animazione per Netflix scritta e diretta da
Zerocalcare, debutterà il 9 giugno in tutti i Paesi in cui il
servizio è attivo. Nel teaser trailer che Netflix rilascia oggi, le
prime immagini dell’attesissima serie animata.
Prodotta da Movimenti
Production, società del gruppo Banijay, in collaborazione con BAO
Publishing, sarà composta da 6 episodi, da circa mezz’ora ciascuno,
che entreranno ancora più a fondo nelle tematiche care
all’autore.
In Questo mondo non mi renderà cattivo torneranno
il mondo narrativo, il linguaggio unico e i personaggi storici e
inconfondibili dell’universo di Zerocalcare. A Zero, Sarah, Secco,
l’Armadillo, l’immancabile coscienza di Zero, doppiato anche questa
volta dalla voce inconfondibile di Valerio Mastandrea, si aggiunge
un nuovo, centralissimo personaggio: Cesare.
Un vecchio amico torna
nel quartiere dopo diversi anni di assenza e fatica a riconoscere
il mondo in cui è cresciuto. Zerocalcare vorrebbe fare qualcosa per
lui ma si rende conto di non essere in grado di aiutarlo a sentirsi
di nuovo a casa e a fare la scelta giusta per trovare il suo posto
nel mondo.
Questo mondo non mi renderà cattivo racconta
la difficoltà di rimanere se stessi in mezzo alle contraddizioni
della vita. Il titolo stesso della serie, che trae ispirazione da
un brano di un cantautore romano, rappresenta una sorta di mantra,
una frase che lo stesso Zerocalcare si ripete, quasi per
auto-convincersi, nei momenti più difficili, quelli in cui diventa
più forte il rischio di fare scelte sbagliate e rinnegare i propri
ideali pur di togliersi dai guai.
A un anno esatto dal debutto di
Strappare lungo i bordi, il primo progetto
seriale di Zerocalcare osannato da pubblico e
critica, il fumettista romano annuncia, attraverso una delle sue
tavole, il titolo della seconda, attesissima serie di animazione
per Netflix: Questo mondo non mi renderà
cattivo, un progetto completamente originale, che sarà
disponibile sul servizio nel 2023.
Prodotta da Movimenti Production,
società del gruppo Banijay, in collaborazione con BAO Publishing,
scritta e diretta da Zerocalcare,Questo mondo non
mi renderà cattivo sarà composta da 6 episodi, da circa
mezz’ora ciascuno, che entreranno ancora più a fondo nelle
tematiche care all’autore.
Il titolo dello show rappresenta una
sorta di mantra, una frase che lo stesso Zerocalcare si ripete,
quasi per auto-convincersi, in quei momenti della vita in cui ci si
sente accerchiati, senza via di fuga, in cui sarebbe più facile
fare scelte sbagliate, rinnegare ideali e princìpi pur di togliersi
dai guai. Una frase che ciascuno, con le proprie esperienze, le
proprie vite e le proprie storie, potrebbe trovare utile
ripetersi.
In Questo mondo non mi
renderà cattivo torneranno il mondo narrativo, il
linguaggio unico e i personaggi storici e inconfondibili
dell’universo di Zerocalcare. Zero, Sarah, Secco, l’Armadillo,
l’immancabile coscienza di Zero, doppiato anche questa volta dalla
voce inconfondibile di Valerio Mastandrea, saranno
i protagonisti di una narrazione fatta di digressioni,
aneddoti, emotività e colpi di scena.
Questo mondo non mi renderà cattivo – l’annuncio del
titolo
All’età di 21 anni, Tim Lake
(Gleeson) scopre di essere in grado di viaggiare nel tempo … Dopo
l’ennesima, deludente festa di Capodanno, il padre di Tim (Nighy)
rivela a suo figlio che gli uomini della loro famiglia hanno sempre
avuto il potere di viaggiare attraverso il tempo. Tim non può
cambiare la storia ma può cambiare quel che accade e che è accaduto
nella sua vita, perciò decide di rendere il suo mondo migliore …
trovandosi una fidanzata. Sfortunatamente questa impresa non sarà
facile come potrebbe sembrare.
Giunto a Londra dalla Cornovaglia
per diventare avvocato, Tim incontra la bella ma insicura Mary
(McAdams). I due si innamorano, ma per colpa di un fatale viaggio
nel tempo, si allontanano per sempre. Ma si incontrano di nuovo,
come se fosse la prima volta, e continuano ad incontrarsi ancora …
fino a quando, giocando d’astuzia contro il tempo, Tim riuscirà
finalmente a conquistare il suo cuore. Il giovane a quel punto usa
il suo potere per dichiararsi romanticamente nel modo migliore, per
tutelare il suo matrimonio dal peggiore discorso mai fatto da un
testimone di nozze, per salvare il suo migliore amico da un
disastro professionale e per riuscire ad arrivare in tempo in
ospedale per far partorire sua moglie, nonostante un terribile
ingorgo di traffico ad Abbey Road. Tuttavia, nel corso della sua
insolita vita, Tim si rende conto che il suo dono straordinario non
può preservarlo dalle sofferenze, e dagli alti e bassi che tutte le
famiglie, ovunque, sperimentano. Sono grandi i limiti di ciò che un
viaggio nel tempo può ottenere, senza contare che può rivelarsi
alquanto pericoloso. Questione di Tempo è una commedia che parla
dell’amore e del potere dei viaggi temporali e che insegna che in
fondo, per vivere una vita piena e soddisfacente, non c’è bisogno
di viaggiare nel tempo.