Vizio di forma è
l’ultimo film di Paul Thomas Anderson, che dopo
aver trattato le lacerazioni del singolo individuo in The Master e ne Il Petroliere torna con un affresco
sul declino del sogno americano, in cui i luoghi comuni prendono il
sopravvento e i personaggi sono spinti da un insostenibile
paranoia. Il regista statunitense, adattando il libro omonimo di
Thomas Pynchon che appartiene al genere del giallo
ma con la struttura da noir, riesce perfettamente a districarsi
nelle maglie dell’intreccio per creare un puzzle di personaggi che
danno vita ad un onirico poliziesco.
In Vizio di
forma 1970 California. Doc Sportello, investigatore
privato con una passione smodata per le droghe e il surf, viene
contattato da una vecchia fiamma, Shasta, che gli rivela
l’esistenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante, un
costruttore miliardario. L’investigatore non fa neanche in tempo ad
avviare le sue indagini che si ritrova arrestato per l’omicidio di
una delle guardie del corpo del costruttore, il quale è intanto
sparito, come pure Shasta.
Storia che mette lo spettatore
nella condizione di subire la visione distorta e contrapposta di
ogni singola scena anziché seguire i classici indizi che portano
alla risoluzione del caso. Così la narrazione procede per incontri
e personaggi che portano agli sviluppi di una vicenda che tinteggia
un vortice di vizi e prende forma attraverso l’accurata visione del
regista. Questa più intenta a creare torpore che un’atmosfera come
simboleggia l’accurata saturazione della fotografia di
Robert Elswitt e il montaggio interno del film,
caratterizzato da primi piani, lunghi carrelli e diverse camere
fisse che fanno sì che la storia si esprima attraverso l’iterazione
degli attori.
Tra questi indubbiamente risalta il
protagonista, Joaquin Phoenix, che insieme a Tom Cruise in
Magnolia, interpreta uno dei personaggi
più caricati del cineasta, riuscendo egregiamente a passare da una
corda comica a una riflessiva senza sconfinare nello stereotipo pur
citandolo. Discorso analogo vale per Josh Brolin che pur recitando il personaggio
che più subisce questa disillusione riesce a destreggiarsi con una
originale prova d’attore tra i momenti comici e quelli da vero
duro. Eccellente anche il resto del cast composto da
Owen Wilson,
Katherine Waterston,
Reese Witherspoon,
Benicio Del Toro e Martin Short che
si ritagliano un proprio spazio e una loro storia che prende vita
in parallelo alle dinamiche del protagonista riuscendo a
contribuire alla freschezza e all’originalità della
sceneggiatura.
Vizio di
Forma rappresenta la capacità di Anderson di saper
trasporre una personale e viva visione di un’epoca transitoria
senza ricorrere ai generi ma utilizzando i loro meccanismi,
restituendo un lento e complesso viaggio in un immaginario fatto di
allucinanti malinconie.
Ecco il primo trailer di
Vizio di
forma(Inherent
Vice) prossimo film che vedrà la collaborazione di
Joaquin Phoenix con Paul Thomas
Anderson, dopo i fasti di The
Master.
Vizio di
forma, presentato al New York Film Festival, sembra
essere stato accolto con tiepido entusiasmo, intanto noi aspettiamo
di vederlo qui da noi, in Italia, a partire dal prossimo 19
febbraio. Come di consueto, grande cast per il regista culto che
vede fra gli altri coinvolti attori del calibro
di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese
Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone, Kevin
J. O’Connor.
Di seguito la trama del romanzo di
Pynchon: California, inizio anni Settanta. Doc Sportello,
investigatore privato con una passione smodata per le droghe e il
surf, viene contattato da una vecchia fiamma, Shasta, che gli
rivela l’esistenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante,
un costruttore miliardario. L’investigatore non fa neanche in tempo
ad avviare le sue indagini che si ritrova arrestato per l’omicidio
di una delle guardie del corpo del costruttore, il quale è intanto
sparito, come pure Shasta. Sembrano le premesse del più classico
dei noir, ma ben presto le coincidenze piú strane si accumulano e
il mistero si allarga a macchia di leopardo. Doc inciampa così in
collezioni di cravatte con donnine discinte, in falsi biglietti da
venti dollari con il ritratto di Richard Nixon, in un’associazione
di dentisti assassini nota come Zanna d’Oro, che è però anche il
nome di un sedicente cartello indocinese dedito al traffico di
eroina.
Ecco nella gallery di seguito nuove
immagini tratte da Vizio di
forma, il nuovo film di Paul Thomas
Anderson con protagonista Joaquin
Phoenix.
[nggallery id=1101]
La pellicola segnerà il ritorno
della coppia Paul Thomas
Anderson e Joaquin Phoenix,
dopo i fasti di The Master e
racconterà la storia dell’eccentrica figura del detective
tossicodipendente Larry “Doc” Sportello la cui sregolata vita è
sconvolta dall’arrivo improvviso della sua ex ragazza. La vecchia
fiamma riesce a convencere Doc a rintracciare il suo nuovo amante,
un magnate del mattone rapito da dei misteriosi criminali. Come di
consueto grande cast per il regista culto che vede fra gli altri
coinvolti attori del calibro di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese
Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone, Kevin
J. O’Connor.
Di seguito la trama del
romanzo di Pynchon:
California, inizio anni Settanta.
Doc Sportello, investigatore privato con una passione smodata per
le droghe e il surf, viene contattato da una vecchia fiamma,
Shasta, che gli rivela l’esistenza di un complotto per rapire il
suo nuovo amante, un costruttore miliardario. L’investigatore non
fa neanche in tempo ad avviare le sue indagini che si ritrova
arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo del
costruttore, il quale è intanto sparito, come pure Shasta. Sembrano
le premesse del più classico dei noir, ma ben presto le coincidenze
piú strane si accumulano e il mistero si allarga a macchia di
leopardo. Doc inciampa così in collezioni di cravatte con donnine
discinte, in falsi biglietti da venti dollari con il ritratto di
Richard Nixon, in un’associazione di dentisti assassini nota come
Zanna d’Oro, che è però anche il nome di un sedicente cartello
indocinese dedito al traffico di eroina.
Questa mattina presso l’Hotel De
Russie a Roma si è tenuta la conferenza stampa del film
Vizio di
forma di Paul Thomas Anderson.
Ad incontrare la stampa c’era il regista statunitense.
Come ha lavorato sul libro
di Pynchon? definito uno degli autori meno adatti alle
trasposizioni cinematografiche.
Paul Thomas Anderson: In realtà non ho mai pensato che
fosse assolutamente e completamente difficile, nel senso che sapevo
che era complesso ma gli altri lo sono ancora di più. Questo si è
presentato come quello leggermente più presentabile, più fattibile.
Ho cominciato a scrivere sapendo che era la storia di un uomo a cui
era stata data una missione che lui cercava di compiere.
Nel rapporto con l’autore,
che scambi avete avuto?
P.A.: Non ci sono stati scambi per sua scelta, dobbiamo
far finta che lui non ci sia, che lui non esista o che potrebbe
essere una bambina, una donna o che potrebbero esserci tanti
Pynchon. Quello che conta è il libro, io se dovessi rinascere, mi
piacerebbe fare come lui, no che non mi piaccia stare qui con voi
giornalisti, ma questa aura di mistero dove è il lavoro che parla
per sé, mi piace.
La logica del film sfugge
alle leggi del reale. Tutto sembra un sogno allucinato, ma la
struttura ha ricordato Eyes Wide Shut, un sogno nel sogno,
un uomo che sogna di tornare dalla sua ex e di recuperare un mondo
che non potrà tornare mai.
P.A.: Mi piace quest’ultimo passaggio, che si tratta di un
sogno su cui non si può tornare indietro ma non sono d’accordo su
cose che sembrano sfuggire o sono distanti dalla realtà. Perché
anche nel leggere il libro c’è la sensazione che per quanto possano
sembrare iper realistiche, eccessive, estreme e distanti da quello
che è la realtà poi ti rendi conto di quanto invece siano assurde e
strane le cose che appartengono alla nostra vita, esperienze
quasi scioccanti quelle che puoi fare, quasi extrasensoriali che
possono essere diventare telepatiche.
Nel libro c’è questo senso
di malinconia per ciò che è passato e finito, dal suo punto di
vista, quell’epoca segna anche l’innocenza perduta
dell’America?
P.A.: Si c’è all’interno del libro il riferimento alla
fine di un certo tipo di innocenza e in effetti hai ragione.
Inoltre nel libro c’è l’ultimo periodo in cui poteva essere fico
essere sentimentali, oggi non è più di moda, non va più bene essere
sentimentali. Quindi la fine di un certo tipo di innocenza presumo,
Charles Manson e la sua banda c’è l’hanno
distrutta. (cantautore statunitense diventato uno degli
assassini più efferati degli Stati Uniti n.d.r.)
Il film costringe il
pubblico a cercare delle citazioni, alcuni momenti ricorda anche
L.A. Confidential in particolare penso a Kevin Spacey.
Oppure il mondo in cui Doc va alla sede della Golden Feng, sembra
James
Bond. Mentre le canzoni vengono lasciate andare di
continuo.
P.A.: La musica che ascoltate nel film è quella che io
ascolto regolarmente Neil Young, Jhonny Greenwood,
Minnie Riperton…che è stata anche mia suocera.
Mentre per quanto riguarda le citazioni, la serie televisiva degli
anni ’60 Dragnet, Joe Friday interpretato
da Jack Webb è stata anche la base per il
personaggio interpretato da Kevin Spacey, di questa polizia di Los
Angeles che hanno interesse a stare in televisione più di quanto ne
hanno di risolvere i casi. Inoltre ho anche molti amici nella
polizia di Los Angeles che ancora se la prendono e criticano quelli
lì per la pessima reputazione di cui gode la polizia, perché ormai
vengono rappresentati come strafighi fantastici, sempre rispettosi
della legge, cosa che a Los Angeles è tutt’altro che così.
Che indicazioni ha dato a
Joaquin Phoenix per interpretare il personaggio di Doc?
P.A.: Non gli ho dato suggerimenti, indicazioni o
consigli. Abbiamo buttato giù un po’ di idee su quello che
poteva essere il suo aspetto fisico, abbiamo guardato insieme
il documentario The Most Dangerous Man,
che parla degli anni ’60, le foto di Neil Young. E
poi ho lasciato che lui facesse da solo.
Una domanda sugli attori,
il film è corale e pieno di volti noti ma a dare l’innesco alla
storia è Katherine Waterston, perché lei?
P.A.: Devo dire che lavorare a questo film è stato molto
bello proprio per questo aspetto, il libro ha dei personaggi
fantastici che noi abbiamo potuto assegnare sia ad attori
famosi o non. Offriva questa vasta gamma di personaggi dove potevi
veramente metterci tutti. Io ho scelto lei anche prima del provino,
l’avevo già vista in un film, mi era piaciuta, avevo in mente
questa idea di lavorare con lei. Poi l’ho convocata proprio perché
ha questo corpo e volto di ragazza degli anni ’60-’70 quindi dal
provino è risultato chiaro che doveva essere lei.
Quanto ha contribuito alla
creazione della locandina? perché sembra un po’ la creazione della
mente di Doc.
P.A.: Si, l’immagine la racconta perfettamente, difatti la
parte che mi piace di più e l’immagine di Shasta che preme con la
sua mano sulla testa di Doc. Questa era l’idea che avevamo e la
Warner Bros ha trovato degli artisti in grado di
fare le copertine simile a quelle della paperback, associata a quel
tipo di immagine e disegno.
Per quanto riguarda il
caso, quanto è stato difficile interpretare la realtà e
l’enigma?
P.A.: Questa è più una cosa di Pynchon, poiché io mi sono
più preoccupato della resa del libro. Questo è un argomento che lui
ha già trattato in The Crying of Lot 49
dove lui parla di questa ricerca di risolvere l’enigma e il mistero
e di come una persona potrebbe inseguire le risposte all’infinito
senza ottenerle mai. E lui spesso parla di questa cosa, o c’è
questa ampia cospirazione che contribuisce a tutte le cose negative
che si verificano e succedono oppure c’è proprio questo vizio di
forma che è insisto e intrinseco in ogni cosa.
Come riesce a tirare il
meglio dall’attore per farlo diventare un personaggio alla P.T.
Anderson?
P.A.: Io penso che bisogna togliere tutte le parti brutte,
fatte male, scritte, dirette e recitate male. Devi partire sempre
da qualcosa che sia ben scritto perché se è finta non funziona,
mentre se è ben fatta è molto facile pensarla e girarla.
Questa mattina presso l’Hotel De
Russie a Roma si è tenuta la conferenza stampa del film
Vizio di
forma di Paul Thomas Anderson.
Ad incontrare la stampa c’era il regista statunitense e l’attore
protagonista Joaquin
Phoenix.
Nel film riesce
perfettamente a rievocare i temi del libro, ha fatto qualche lavoro
d ricerca per costruire l’atmosfera e il suo personaggio?
JoaquinPhoenix: Beh non so, forse una
questione di fortuna comunque devo dire che non ho avuto la
sensazione di avere il bisogno di andare a rivedere vecchi film
perché nel libro c’era tutto il materiale di cui avevo bisogno,
c’era veramente tanto materiale. Poi c’è questo tono veramente
unico della storia di Pynchon e questa è stata la mia più grande
fonte di ispirazione, lavorando con Paul Thomas Anderson devo dire
che lui riesce a mettere insieme foto, album e altri oggetti che il
suo ufficio diventa proprio quell’epoca, quel periodo storico. È
lui che riesce a raccogliere tutto e mettere insieme, non c’è una
scienza e parlarne in questi termini sarebbe veramente troppo
noioso.
Il film è contraddistinto
dalla melanconia, una riflessione sul mondo che non c’è più e che
non può tornare, questa atmosfera è ben visibile sul suo volto,
come ci ha lavorato? J.P.: Non ho
fatto uno sforzo consapevole per avere un’espressione particolare,
comunque hai ragione è un sentimento che permea tutto il film e
devo dire che è una delle peculiarità del libro stesso, si intuisce
proprio dalla citazione iniziale, qualcosa che appena la leggi ti
colpisce. Io comunque cerco sempre di non prendere delle decisioni
consapevoli sul tipo di espressione che dovrei adottare perché
sembrerebbe come se cercassi di vendere qualcosa al
pubblico e a volte quello che è più interessante e più profondo
potrebbe uscire da qualcosa che non ti aspetti. Quindi non ero
consapevole di aver usato una mimica particolare per comunicare
questo senso di malinconia, però tu lo attribuisci a me perché lo
vedi nel mio volto ma ci sono stati anche tanti riferimenti, il
colore, i costumi che hanno contribuito a questo sentimento. Quello
che cerco di fare e di non dominare questi sentimenti.
Com’è lavorare in uno dei
mondi di Paul Thomas Anderson e come è il vostro rapporto?
J.P.: Devo dire che a volte è semplicemente il fatto che
una persona che ti piace, ti ci trovi bene e vuoi stargli intorno.
Poi lui che ha dei mondi molto calmi, riesce ad emozionarsi
facilmente per alcune cose. Comunque lui è un costruttore di
mondi. Lui obiettivamente fa questo e io cerco di inseguirlo ma c’è
questa sensazione di calarsi in questo mondo, ed è una sensazione
molto bella.
Che differenza
c’era tra questa lavorazione e con The Masters?
J.P.: Si devo dire che Doc è un personaggio che tende un
po’ ad abbracciare un mondo, mentre invece il personaggio di
Freddie in TheMasters era più isolato, è stata
un’esperienza più insulare, se vogliamo. Anche sul set ho avuto
un’esperienza simile, proprio quasi di isolamento mi sentivo
estraniato dalla produzione. Invece in questo particolare caso
c’era proprio uno sforzo per abbracciare il set e tutti gli attori
che hanno lavorato, qui era viva la sensazione di far parte alla
lavorazione del film.
Un periodo della sua vita
ha vissuto in una comunità hippie con la tua famiglia, ha
influenzato la preparazione al tuo personaggio?
J.P.: Avevo due anni! Ero troppo piccolo non mi ha
influenzato!
Ha una grande capacità di
bilanciare gli aspetti più bizzarri con toni reali ed umani, come
si raggiunge questa cifra? J.P.: Grazie! In genere si gira una scena si
fanno 12 take con delle piccole variazioni e poi il regista ne
sceglie una, quindi spesso quando si va a vedere il film finito si
ha una sorta di combinazione tra ciò che faccio e la scelta del
regista e di chi si occupa del montaggio. Ma in genere nei film a
cui ho lavorato io, c’è sempre il regista che ha supervisionato il
montaggio. Quindi non penso di potermi di assumere la
responsabilità di quello che vedete voi, se la cosa che vedete voi
funziona e voi vedete personaggi ed elementi diversi non so se
effettivamente potete imputare il tutto esclusivamente a me. Vorrei
poter dire che sono un genio, che sono bravissimo e che faccio
tutto bene ma forse non è così.
Ecco tutti i character poster
italiani di Vizio di
forma, prossima incursione nella commedia di
Paul Thomas Anderson con protagonista
Joaquin Phoenix, alla seconda collaborazione con
il regista.
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La pellicola segnerà il ritorno
della coppia Paul Thomas
Anderson e Joaquin Phoenix,
dopo i fasti di The Master e
racconterà la storia dell’eccentrica figura del detective
tossicodipendente Larry “Doc” Sportello la cui sregolata vita è
sconvolta dall’arrivo improvviso della sua ex ragazza. La vecchia
fiamma riesce a convencere Doc a rintracciare il suo nuovo amante,
un magnate del mattone rapito da dei misteriosi criminali. Come di
consueto grande cast per il regista culto che vede fra gli altri
coinvolti attori del calibro di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese
Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone, Kevin
J. O’Connor.
Di seguito la trama del romanzo di
Pynchon:
California, inizio anni Settanta.
Doc Sportello, investigatore privato con una passione smodata per
le droghe e il surf, viene contattato da una vecchia fiamma,
Shasta, che gli rivela l’esistenza di un complotto per rapire il
suo nuovo amante, un costruttore miliardario. L’investigatore non
fa neanche in tempo ad avviare le sue indagini che si ritrova
arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo del
costruttore, il quale è intanto sparito, come pure Shasta. Sembrano
le premesse del più classico dei noir, ma ben presto le coincidenze
piú strane si accumulano e il mistero si allarga a macchia di
leopardo. Doc inciampa così in collezioni di cravatte con donnine
discinte, in falsi biglietti da venti dollari con il ritratto di
Richard Nixon, in un’associazione di dentisti assassini nota come
Zanna d’Oro, che è però anche il nome di un sedicente cartello
indocinese dedito al traffico di eroina.
Ecco due nuove clip italiane da
Vizio di Forma, grande ritorno di
Paul Thomas Anderson al cinema con protagonista
Joaquin Phoenix. Il film è nelle nostre sale dal
26 febbraio.
La pellicola segnerà il
ritorno della coppia Paul Thomas
Anderson e Joaquin Phoenix,
dopo i fasti di The Master e
racconterà la storia dell’eccentrica figura del detective
tossicodipendente Larry “Doc” Sportello la cui sregolata vita è
sconvolta dall’arrivo improvviso della sua ex ragazza. La vecchia
fiamma riesce a convencere Doc a rintracciare il suo nuovo amante,
un magnate del mattone rapito da dei misteriosi criminali. Come di
consueto grande cast per il regista culto che vede fra gli altri
coinvolti attori del calibro di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese
Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone, Kevin
J. O’Connor.
Di seguito la trama del romanzo di
Pynchon:
California, inizio anni Settanta.
Doc Sportello, investigatore privato con una passione smodata per
le droghe e il surf, viene contattato da una vecchia fiamma,
Shasta, che gli rivela l’esistenza di un complotto per rapire il
suo nuovo amante, un costruttore miliardario. L’investigatore non
fa neanche in tempo ad avviare le sue indagini che si ritrova
arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo del
costruttore, il quale è intanto sparito, come pure Shasta. Sembrano
le premesse del più classico dei noir, ma ben presto le coincidenze
piú strane si accumulano e il mistero si allarga a macchia di
leopardo. Doc inciampa così in collezioni di cravatte con donnine
discinte, in falsi biglietti da venti dollari con il ritratto di
Richard Nixon, in un’associazione di dentisti assassini nota come
Zanna d’Oro, che è però anche il nome di un sedicente cartello
indocinese dedito al traffico di eroina.
Warner Bros. Italia ha appena reso
disponibile sul suo canale Youtube la prima clip in italiano tratta
da Vizio di
forma, il nuovo film dell’acclamato regista americano
Paul Thomas Anderson. La pellicola è un
adattamento dell’omonimo romanzo del 2009 di Thomas Pynchon, noto
in patria come Inherent Vice. Nel cast di Vizio di
formaaccanto a Joaquin
Phoenix nel ruolo del protagonista figura un cast a dir poco
eccezionale tra i quali Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese
Witherspoon, Joanna Newsom, Josh Brolin, Jena Malone, Sasha
Pieterse, Maya Rudolph, Katherine Waterston e
Martin Short.
Al centro della storia un
investigatore privato Doc Sportello (Phoenix), che
esercita il suo lavoro nella Los Angeles degli anni Settanta. Una
visita inattesa della sua ex fiamma (Waterston) lo
coinvolge in un caso bizzarro che coinvolge ogni sorta di
personaggi, surfisti, traffichini, tossici e rocker, uno strozzino
assassino, detective della LAPD, un musicista sax tenore che lavora
in incognito ed una misteriosa entità conosciuta come Golden Fang,
che potrebbe essere solo una manovra per eludere il fisco messa in
piedi da alcuni dentisti…
Qui di seguito potete vedere la
prima clip dal film:
Candidato a due premi
Oscar, Vizio di Forma esce nelle
sale cinematografiche italiane a partire da domani giovedì 26
febbraio 2015.
Ecco Benicio Del Toro nelle nuove
immagini da Vizio di
forma, il nuovo film di Paul Thomas
Anderson con protagonista Joaquin
Phoenix.
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Come di consueto, grande cast per
il regista culto che vede fra gli altri coinvolti attori del
calibro di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson,
Reese Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone,
Kevin J. O’Connor.
Di seguito la trama del romanzo di
Pynchon: California, inizio anni Settanta. Doc Sportello,
investigatore privato con una passione smodata per le droghe e il
surf, viene contattato da una vecchia fiamma, Shasta, che gli
rivela l’esistenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante,
un costruttore miliardario. L’investigatore non fa neanche in tempo
ad avviare le sue indagini che si ritrova arrestato per l’omicidio
di una delle guardie del corpo del costruttore, il quale è intanto
sparito, come pure Shasta. Sembrano le premesse del più classico
dei noir, ma ben presto le coincidenze piú strane si accumulano e
il mistero si allarga a macchia di leopardo. Doc inciampa così in
collezioni di cravatte con donnine discinte, in falsi biglietti da
venti dollari con il ritratto di Richard Nixon, in un’associazione
di dentisti assassini nota come Zanna d’Oro, che è però anche il
nome di un sedicente cartello indocinese dedito al traffico di
eroina.
Vizio di forma è
un film di Paul Thomas Anderson che, ancora una volta, ha saputo
raccontare il declino del sogno americano, adattando l’omonimo
libro di Thomas Pynchon. Questo film ha saputo conquistare critica
e pubblico grazie alla decisa impronta autoriale del regista e
delle performance incisive e di rilievo attuate da un cast stellare
ed eccezionale. Ecco, allora, dieci cose da sapere su Vizio
di forma.
Vizio di forma film
1. La sceneggiatura
originale era molto diversa. Lo scrip del
film è degno di nota per essere drasticamente diverso dal film
finito. Ciò è dovuto al fatto che conteneva più informazioni e più
scene, inclusa una in cui Doc ha una conversazione immaginata con
Thomas Jefferson in una tavola calda.
2. È stato girato su
pellicola. Anche per questo film, il regista ha girato
interamente su pellicola, senza se e senza ma. Addirittura, quando
il film è stato presentato in anteprima al New York Film Festival,
si è vociferato che il regista avesse coinvolto il suo personale
proiezionista che curava entrambe le versioni del film, in
pellicola e in digitale, mentre Anderson stava scegliendo quale
formato presentare.
3. Una sceneggiatura
scritta passo passo. Secondo quanto riferito, Paul Thomas Anderson ha adattato il libro, da
cui il film è stato tratto, parola per parola, realizzando già una
bozza della sceneggiatura nel 2011, ben 3 anni prima della
definitiva realizzazione del film. In seguito, il regista e
sceneggiatore ci ha rimesso mano, arrivando alla realizzazione
dello script finale.
Vizio di forma streaming
4. Il film è disponibile in
streaming digitale. Per vedere o rivedere Vizio di forma
basta accedere alle diverse piattaforme digitali legali che
dispongono il film, come Rakuten Tv, Chili, Google Play e
iTunes.
Vizio di forma trailer
5. Un trailer
esplosivo. Prima di visionare il lungometraggio, è bene
dare un’occhiata al
trailer di Vizio di forma, per capire se possa essere
un film adatto a sè e lo stile, nonchè gli argomenti trattati,
siano fatti per la propria persona.
Vizio di forma cast
6. Reese Witherspoon ha
girato le sue scene in quattro giorni. Il regista e
sceneggiatore
Paul Thomas Anderson ha amato talmente tanto lavorare con
lei che lui e Joaquin Phoenix, con cui ha diviso il set in
Quando l’amore brucia l’anima (2005), hanno iniziato a parlare con
l’attrice riguardo la possibilità di cambiare la storia, in modo
che il suo personaggio potesse essere più presente. Tuttavia,
l’attrice ha convinto i due del fatto che non sarebbe stata una
buona idea.
7. Robert Downey Jr. poteva essere il
protagonista. L’attore è stato originariamente assegnato
al ruolo principale, ma
Joaquin Phoenix è riuscito a soffiarglielo anche a causa di
Anderson che voleva lavorare di nuovo con lui dopo The
Master. Downey Jr. ha invece rivelato che il regista
lo trovava essenzialmente troppo vecchio per il ruolo.
8. Josh Brolin non è stata
la prima scelta.Michael Shannon e Jim Carrey sono stati originariamente
considerati per interpretare il ruolo del Detective Christian F.
“Bigfoot” Bjornsen. Tuttavia, il ruolo è stato in seguito affidato
a Josh Brolin.
Vizio di forma trama
9. Un investigatore privato
al centro di tutto. Al centro di Vizio di forma è
posto l’investigatore Doc Sportello, che esercita il suo lavoro
nella Los Angeles degli anni ’70. La visita, totalmente inattesa,
della sua ex fidanzata lo coinvolge in un caso che coinvolge
personaggi bizzarri e grotteschi.
Vizio di forma libro
10. Il film è l’adattamento
di un romanzo. Questo film è il primo adattamento di uno
dei diversi romanzi di Thomas Pynchon ad essere
realizzato per il grande schermo. Pare che la sceneggiatura di Paul
Thomas Anderson abbia avuto la benedizione dell’autore dell’omonimo
romanzo su cui si basa.
L’attesissimo nuovo film
Vizio di
forma , diretto da Paul Thomas
Anderson con Joaquin Phoenix cambia
data ed esce al cinema il 26 febbraio
2015. Vizio di forma vede protagonista
un cast d’eccezione composto anche da Josh
Brolin, Owen Wilson, Katherine
Waterston, il Premio Oscar Reese
Witherspoon, il Premio Oscar Benicio Del Toro, Martin Short, Jena Malone
e Joanna Newsom.
Vizio di forma è il settimo film di
Paul Thomas Anderson ed il primo adattamento di un romanzo di
Thomas Pynchon.
Quando la vecchia fiamma del
detective privato Doc Sportello si presenta inaspettatamente
raccontando la storia del suo attuale compagno, il miliardario
proprietario terriero del quale è innamorata, e delle trame di sua
moglie e del suo ragazzo nel tentativo…beh, facile a dirsi per lei.
Siamo alla fine dei psichedelici anni ’60 e la paranoia è
all’ordine del giorno e Doc sa che “amore” è un’altra di quelle
parole in voga in quel momento storico, come “trip” o “groovy”, che
vengono usate a sproposito—solo che questa di solito porta
guai.
Con un cast di personaggi che
include surfisti, traffichini, tossici e rocker, uno strozzino
assassino, detective della LAPD, un musicista sax tenore che lavora
in incognito ed una misteriosa entità conosciuta come Golden Fang,
che potrebbe essere solo una manovra per eludere il fisco messa in
piedi da alcuni dentisti… Parte noir sul surf, parte commedia
psichedelica—in poche parole Thomas Pynchon.
I candidati all’Oscar® Joaquin
Phoenix (“The Master,” “Walk the Line”), Josh Brolin (“True Grit”,
“No Country For Old Men”) e Owen Wilson (“The Royal Tenenbaums”,
“Midnight in Paris”); Katherine Waterston (“Michael Clayton,”
“Boardwalk Empire”); i premi Oscar Reese Witherspoon (“Walk the
Line”) e Benicio Del Toro (“Traffic”); Martin Short
(“Frankenweenie”); Jena Malone (la serie di “The Hunger Games”) e
Joanna Newsom (“Portlandia”).
Il candidato all’Oscar® Paul Thomas
Anderson (“There Will Be Blood”, “The Master”) ha diretto “Vizio di
forma” da una sua sceneggiatura tratta dal romanzo di Thomas
Pynchon. Anderson ha anche prodotto il film, insieme ai
produttori candidati all’Oscar® Joanne Sellar e Daniel Lupi (“There
Will Be Blood”). Scott Rudin e Adam Somner sono stati i
produttori esecutivi.
Il team creativo dietro la macchina
da presa comprende il direttore della fotografia premio Oscar®,
Robert Elswit (“There Will Be Blood”), lo scenografo David Crank
(“The Master”), il montatore candidato all’Oscar®, Leslie Jones
(“The Thin Red Line”) ed il costumista premio Oscar®, Mark Bridges
(“The Artist”). Le musiche sono di Jonny Greenwood dei
Radiohead.
La Warner Bros. Pictures presenta,
in associazione con IAC Films, una produzione Joanne
Sellar/Ghoulardi Film Company, “Vizio di forma”. il film sarà
distribuito nel mondo dalla Warner Bros. Pictures, una compagnia
della Warner Bros. Entertainment.
Stash, chitarra e
voce dei The Kolors, è stato scelto da Netflix per doppiare Vivo,
il protagonista peloso dell’omonimo film d’animazione disponibile
sulla piattaforma di streaming dal 6 agosto. Ecco la nostra
intervista.
Netflix e Sony Pictures Animation
presentano Vivo,
un’emozionante avventura musicale animata in arrivo il 6 agosto su
Netflix con canzoni inedite di Lin-Manuel Miranda, vincitore di
Tony, Grammy e Pulitzer, nonché ideatore di Hamilton e
In the Heights. Il 31 luglio Vivo sarà presentato in
anteprima italiana al Giffoni Film Festival nella sala Alberto
Sordi e nella sala Lumière, davanti al pubblico dei giurati della
sezione Elements +6.
La versione italiana del film sarà
arricchita dalle voci di Stash, frontaman della
band multiplatino The Kolors (voce e chitarra),
cantautore e produttore, interprete di tutte le canzoni
dell’originale protagonista Vivo, e di Massimo
Lopez, attore, doppiatore, show man, conduttore televisivo
e componente del noto trio “Lopez, Marchesini, Solenghi”, che
doppia il personaggio di Andrès nelle canzoni e nei dialoghi.
Disponibile su Netflix dal 6 agosto, VIVO è la nuova creatura animata con le
canzoni di Lin Manuel Miranda. Ne abbiamo parlato
con il co-regista, Kirk DeMicco, che con
Brandon Jeffords ha portato in vita il film.
Netflix e Sony Pictures Animation
presentano Vivo,
un’emozionante avventura musicale animata in arrivo il 6 agosto su
Netflix con canzoni inedite di Lin-Manuel Miranda, vincitore di
Tony, Grammy e Pulitzer, nonché ideatore di Hamilton e
In the Heights. Il 31 luglio Vivo sarà presentato in
anteprima italiana al Giffoni Film Festival nella sala Alberto
Sordi e nella sala Lumière, davanti al pubblico dei giurati della
sezione Elements +6.
La versione italiana del film sarà
arricchita dalle voci di Stash, frontaman della
band multiplatino The Kolors (voce e chitarra),
cantautore e produttore, interprete di tutte le canzoni
dell’originale protagonista Vivo, e di Massimo
Lopez, attore, doppiatore, show man, conduttore televisivo
e componente del noto trio “Lopez, Marchesini, Solenghi”, che
doppia il personaggio di Andrès nelle canzoni e nei dialoghi.
Arriva direttamente su
NetflixVIVO, il film d’animazione
co-prodotto dallo streamer con Sony Animation che porterà allegria,
colori, e tanta tanta musica nelle case degli abbonati. Il film
presenta una cast tecnico di grande pregio, a partire dal regista
nominato agli Oscar per I Croods, Kirk
DeMicco (guarda
la nostra intervista), insieme a Brandon
Jeffords. Nome di spicco della produzione è quello di
Lin-Manuel Miranda, una vera e propria gallina dalle uova d’oro per
Hollywood, negli ultimi anni, e che è in sala con Sognando a New York – In the Heights, film
basato sull’omonimo musical da lui creato.
Anche in questa
occasione, Miranda mette il suo talento a servizio di una storia
musicale, che racconta appunto la musica come principale tramite
per legami fondamentali nella vita di ognuno: che sia quello tra
padre e figlia, tra due silenziosi amanti che non hanno mai avuto
il coraggio di dichiararsi reciprocamente, o che sia addirittura la
sintonia tra uomini e animali, che pur non parlando la stessa
lingua si capiscono.
La trama di VIVO
VIVO è
il nome di un simpatico cercoletto (un piccolo abitante delle
foreste tropicali), che trascorre le sue giornate suonando
musica in una vivace piazza a L’Avana insieme al suo amato
padrone/amico Andrés. Sebbene non parlino la stessa lingua, Vivo e
Andrés sono un duo perfetto grazie alla passione per la musica che
li accomuna. Ma una tragedia li colpisce poco dopo l’arrivo di un
invito della celebre Marta Sandoval ad assistere al proprio
concerto di addio che si terrà a Miami, con la speranza di rivedere
il suo vecchio partner. Toccherà a Vivo consegnare il messaggio che
Andrés ha sempre tenuto segreto: una lettera d’amore per Marta,
scritta molto tempo fa sotto forma di canzone. Per riuscire a
raggiungere Miami, Vivo dovrà accettare l’aiuto di Gabi,
un’energica ragazzina con un ritmo tutto suo.
VIVO è
un on the road particolare, anarchico per certi versi, perché
imbevuto dello spirito di questa simpatica protagonista, Gabi, una
ragazzina che non riesce a trovare il suo posto nel mondo, ma che
troverà un amico in questo simpatico animaletto. L’elaborazione del
lutto, la ricerca di se stessi, la capacità di amare e di
ascoltarsi sono i grandi temi che scorrono sotto alla superficie
chiassosa, variopinta e spericolata della storia.
E naturalmente le canzoni
del film sono il cuore pulsante della storia. Lin-Manuel Miranda si
sbizzarrisce, creando un pastiche musicale che spazia trai generi,
adeguandosi non solo alle personalità dei personaggi che di volta
in volta cantano e interpretano i brani, ma omaggiando anche i
ritmi tipici delle aree geografiche in cui si muove. Il risultato è
ricco e vario, curato e originale, proprio come VIVO.
Se da un punto di vista
tecnico e visivo il film si assesta su standard molto buoni ma
ormai consolidati, senza particolari guizzi, è lo spirito di VIVO a
determinarne la bellezza e il carattere.
Un cast di doppiatori stallare
La versione italiana di VIVO presenta alcune voci
d’eccezione: Stash, frontaman della band multiplatino The
Kolors (voce e chitarra), cantautore e produttore, interpreta tutte
le canzoni dell’originale protagonista Vivo, Massimo Lopez,
attore, doppiatore, show man, conduttore televisivo e componente
del noto trio “Lopez, Marchesini, Solenghi”, doppia il personaggio
di Andrés nelle canzoni e nei dialoghi, mentre Simona
Bencini, cantante e storica front woman dei “Dirotta su Cuba”,
è l’interprete delle canzoni di Marta Sandoval, a cui è dedicata la
canzone di Andrés.
Per quanto riguarda
invece la versione originale,
Lin-Manuel Miranda la fa invece da padrone, doppiando, canto e
voce, il simpatico protagonista peloso, e con lui ci sono
Zoe
Saldaña (Rosa), Juan de Marcos (Andrés), Brian
Tyree Henry (Dancarino), Michael Rooker (Lutador),
Nicole Byer (Valentina), Gloria Estefan (Marta) e,
per la prima volta sugli schermi, Ynairaly Simo (Gabi).
Ballando e cantando su
melodie sudamericane, a ritmo sfrenato, VIVO
regala un’esperienza visiva divertente e leggera con una buona dose
di cuore, un ottimo modo per stare insieme in famiglia.
Netflix e Sony Pictures
Animation presentano Vivo,
un’emozionante avventura musicale animata in arrivo il 6 agosto su
Netflix con canzoni inedite di Lin-Manuel Miranda, vincitore di
Tony, Grammy e Pulitzer, nonché ideatore di Hamilton e
In the Heights. Il 31 luglio Vivo sarà presentato in
anteprima italiana al Giffoni Film Festival nella sala Alberto
Sordi e nella sala Lumière, davanti al pubblico dei giurati della
sezione Elements +6.
La versione italiana del film sarà
arricchita dalle voci di Stash, frontaman della band multiplatino
The Kolors (voce e chitarra), cantautore e produttore, interprete
di tutte le canzoni dell’originale protagonista Vivo, e di Massimo
Lopez, attore, doppiatore, show man, conduttore televisivo e
componente del noto trio “Lopez, Marchesini, Solenghi”, che doppia
il personaggio di Andrès nelle canzoni e nei dialoghi.
Vivo
è una storia entusiasmante su come dimostrare coraggio, sulla
capacità di trovare una famiglia in amici improbabili e su come la
musica possa aprire la mente a nuovi mondi.
Il cast originale è composto da
Lin-Manuel Miranda (Vivo), Zoe
Saldaña (Rosa), Juan de Marcos (Andrés), Brian Tyree Henry
(Dancarino),Michael Rooker (Lutador), Nicole Byer (Valentina),
Gloria Estefan (Marta) e, per la prima volta sugli schermi,
Ynairaly Simo (Gabi).
Il film è diretto dal candidato
agli Oscar Kirk DeMicco (I Croods), co-diretto da Brandon
Jeffords (Piovono polpette 2 – La rivincita degli avanzi),
sceneggiato da Quiara Alegria Hudes (In the Heights) e
prodotto da Lisa Stewart (Mostri contro alieni), Michelle
Wong (Hotel Transylvania 2) e dal premio Oscar Rich Moore
(Zootropolis), con la consulenza visiva del regista premio
Oscar Roger Deakins (Blade Runner 2049). Il premio Tony e
Grammy Alex Lacamoire (The Greatest Showman) ricopre il
ruolo di compositore e produttore esecutivo musicale, mentre la
produzione esecutiva è di Lin-Manuel Miranda, del premio Golden
Globe Laurence Mark (Dreamgirls) e di Louis Koo Tin Lok
(I Mitchell contro le macchine).
La vita
dell’attrice Vivien Leigh, celebre per il
ruolo di Rossella O’Hara in Via col vento,
sta per diventare un biopic. Il film è scritto da Michael
Zam e Jaffe Choen, famosi per la serie
Feud: Betty and Joan ed è tratto dal
libro Vivien Leigh: A biography scritto da Hugo
Vickens.
Il film sarà incentrato sulla vita
dell’attrice e sulla sua vita con con Lawrence Olivier con il
quale è stata sposata dal 1940 al 1960. Il film è prodotto e
finanziato da Tim MacReady per la MGR Film e da
Mira Vucvic con David A.
Stern.
Vivien Leigh ha
vinto l’Oscar due volte: la prima per il suo ruolo di Rossella
O’Hara e la seconda per la sua interpretazione di Blanche Dubois
nel film Un tram chiamato desiderio. Ha preso
parte anche ai film Waterloo Brigde e Ship
of fools.
Zam e Cohen stanno lavorando anche a
un progetto su William Haines, la prima gay star di Hollywood e su
un biopic basato sulla vita di Katharine Hepburn.
Una stanza spartana, una
manciata di personaggi, la fine di una storia d’amore che non è mai
esistita, una legge assurda. La vita di Vivane Amsalem, di cui
possiamo farci un’idea durante il processo per il suo divorzio, ci
sembra spoglia e priva di positività come l’aula da tribunale in
cui i personaggi agiscono per tutto il film. Da tre anni la donna
cerca invano di ottenere il divorzio dal marito Elisha. Siamo
nell’Israele del presente, dove il matrimonio civile non esiste, ma
vige soltanto la legge religiosa, indipendentemente dalla comunità
di appartenenza dei coniugi e del fatto che possano essere o meno
laici. Una legge religiosa che attribuisce tutto il potere al
coniuge maschile che è anche il solo a poter concedere il divorzio
legale e che lo innalza difatti anche dinanzi la legge civile,
poichè non ne esiste alcuna che possa costringerlo nella sua
decisione.
Viviane
completa una trilogia, ed è preceduto da To take a
wife e 7 Days, con cui
Ronit e Shlomi Elkabetz hanno
messo in scena le fasi fondamentali della vita sociale di una
donna, in modo a dir poco singolare. I movimenti di macchina, la
fotografia, la colonna sonora (quasi inesistente) e la scenografia
seguono un minimalismo pieno di rigore. Tutt’altro fanno la regia e
la sceneggiatura. I fratelli Elkabetz ci calano in un ambiente
innocuo che caricano di significato tramite la scelta di
sottomettere lo sguardo dello spettatore a quello dei personaggi.
La macchina da presa è sempre posizionata dall’angolazione di uno
dei peronaggi mentre osserva un altro. L’occhio dello spettatore
non è libero di vagare, ma fastidiosamente dipendente dagli
attanti. Ecco che la cattività di cui Viviane cerca di liberarsi,
chiedendo disperatamente il divorzio, diventa cifra stilistica e
imprigiona anche noi, che sentiamo fisicamente l’impossibilità di
muoverci nello spazio del film. La libertà di sguardo ci è negata e
ci sentiamo, insieme a lei, prigionieri e dipendenti da decisioni
che non possiamo controllare. La sceneggiatura, brillante e arguta,
è l’arma che ci allieta la prigionia. I 115 minuti che separano
l’inizio dalla fine dell’opera dei fratelli Elkabetz li sentiamo
tutti e, stranamente, non è un difetto del film, ma pregio e
provocazione. E’ una domanda: come può
una donna sopportare la prigionia così a lungo? La sua vita non è
un film amaro con una sceneggiatura brillante. Poi ci pensiamo un
attimo e capiamo che invece, è proprio così: Viviane si guarda
attorno, lotta con tutte le sue forze e ride in faccia
all’assurdità della Legge, travestendo la sua tragedia in una
commedia.
Viviane
veste di leggerezza una questione di fondamentale importanza.
Spoglia di retorica una denuncia necessaria. Ci fa vivere
un’esperienza cinematografica diversa.
È stato diffuso il trailer di
Vivere,
il nuovo film di Francesca Archibugi che sarà
presentato in anteprima mondiale alla Mostra d’Arte cinematografica
di Venezia nella selezione ufficiale, Fuori Concorso.
Trasportati dalle note magiche
della canzone Il cuore è uno zingaro ci immergiamo
nell’intreccio di storie ed emozioni raccontate da
Vivere. Diretto da Francesca
Archibugi, con Micaela Ramazzotti, Adriano
Giannini, Massimo Ghini, Marcello Fonte, Roisin O’Donovan, Andrea
Calligari, Elisa Miccoli, Valentina Cervi econ la
partecipazione straordinaria di Enrico
Montesano.
Distribuito da 01 Distribution,
Vivere arriverà
in sala il 26 settembre 2019.
Si intitola Vivere, che
rischio il documentario che Michele
Mellara e Alessandro Rossi hanno dedicato
alla vita e all’operato di Cesare Maltoni, uno dei
più brillanti scienziati di questo secolo: un pioniere nell’ambito
della cancerogenesi ambientale e industriale, della prevenzione
oncologica, della chemio prevenzione. Un uomo di scienza noto in
tutto il mondo e dalle cui ricerche si è stabilita una prassi e una
metodologia scientifica ancora oggi insuperata.
I due registi adottano il racconto
in prima persona, utilizzando una voce fuori campo, che si fa
portavoce di Maltoni stesso, e così facendo conferiscono una certa
vitalità al prodotto e innescano un rapporto di fiducia con lo
spettatore che è invitato ad entrare nella storia, proprio dal tono
colloquiale e diretto che assume il voice over.
Il ritratto che ne viene fuori è
quello di uno scienziato instancabile, curioso e moderno, che si
scontra contro un sistema rigoroso e passatista per portare alla
luce le sue scoperte e soprattutto la sua ricerca sul cancro. Un
pioniere della biologia, dunque, più noto all’estero che nel nostro
Paese, e la cui figura questo documentario potrebbe aiutare a
sdoganare anche tra gli italiani che, ignari, tanto gli devono.
Vivere, che rischio racconta la
vita di un pioniere
È stato infatti lui a mettere a
punto l’ormai comunissimo pap test per la prevenzione del tumore al
collo dell’utero, un controllo preventivo che è diventato routine
ma che per prendere piede ha dovuto affrontare pregiudizi, timori,
mentalità, tutti muri contrari affinché tale pratica venisse
applicata. Soprattutto, Maltoni si è battuto perché il concetto di
prevenzione venisse applicato proprio alle malattie come il cancro,
da cui la sua battaglia per rendere accessibili gli screening
periodici (tra cui il pap test, appunto).
Suo grande merito, e punto
nevralgico del documentario, è il lavoro di Cesare
Maltoni contro le industrie e la scoperta della
cancerosità di sostanze utilizzate nell’industria e a cui l’uomo
cominciava ad essere esposto per via del progresso industriale. Tra
questi materiali dannosi c’è l’amianto, ad esempio, che come
sappiamo rilascia nel corso di diverse decadi il suo potenziale
mortale.
Una vita da scienziato che però non
era chiuso tra le pareti del suo laboratorio. Maltoni è stato un
uomo curioso e avventato che non ha mai voltato le spalle a un
principio o ad una causa se questa poteva portare beneficio ad un
paziente. E questa sua passione per il lavoro si riversava anche in
una condotta tumultuosa per quello che riguarda la vita privata,
aspetto che pure il documentario affronta.
Cesare Maltoni, affamato di
verità
Il ritratto che i registi scelgono
di dipingere e che sembra essere molto vicino alla verità, stando
alle numerose testimonianze dirette raccolte nel film, è quello di
un uomo diretto e ligio, passionale ma devoto al suo lavoro,
soprattutto devoto alla parte umana da curare e preservare da
malattie che si sono palesate e trasformate con il cambiamento e la
modernizzazione della vita dell’uomo, un campo inesplorato in cui
Cesare Maltoni ha fatto scuola.
Vivere, che
rischio racconta di un uomo difensore del diritto
pubblico alla salute, coraggioso pioniere nella ricerca sulla
sostanze chimiche e inquinanti dannose per la salute, promotore di
screening importantissimi come il pap test e creatore del primo
hospice in Italia per l’assistenza ai pazienti con cancro in fase
avanzata. Uno scienziato che ha precorso i tempi, un uomo
eccezionale che ha lottato per la difesa della salute pubblica e
dell’ambiente con tutte le sue straordinarie capacità.
Vivere, che
rischio è prodotto con il supporto di Istituto
Ramazzini, in associazione con I Wonder Pictures, in collaborazione
con RAI Cinema e con il contributo di MIBAC (Direzione generale
Cinema), Fondo Audiovisivo della Regione Emilia Romagna. Il
documentario è stato inoltre insignito di numerosi premi, tra cui
il Premio del pubblico, Storie italiane (2019), al Biografilm
Festival di Bologna.
Debutterà dal 15 maggio su Rai 1
Vivere non è un gioco da ragazzi, la nuova Fiction
RAI diretta da Rolando Ravello con
Stefano Fresi,
Nicole Grimaudo e con la partecipazione di
Claudio Bisio. Una coproduzione Rai Fiction –
PICOMEDIA.
Dove vedere Vivere non è un gioco
da ragazzi
Vivere non è un gioco da
ragazzi sarà messa in onda in tre serate da 100’ in prima
visione su Rai 1 lunedì 15 maggio alle 21.25, lunedì 22 maggio alle
ore 21.25 emartedì 23 maggio alle ore 21.25. Vivere non è
un gioco da ragazzi in streaming dal 12 maggio in
anteprima su RaiPlay.
La trama della fiction Vivere non
è un gioco da ragazzi
Il 18enne Lele, bravo ragazzo di
umili origini, frequenta il liceo con i figli dell’élite bolognese
ed è innamorato di Serena, bellissima, intelligente e perfetta
reginetta della scuola. Invitato una sera in discoteca da Serena e
dal suo gruppo di amici, Lele per fare colpo su di lei prende una
pasticca di Mdma. Risucchiato nel mondo delle discoteche e della
droga, Lele rimane però presto senza soldi e, per continuare a
frequentare Serena, si ritrova a comprare le pasticche nel suo
quartiere e a rivenderle in discoteca al doppio del prezzo. Una
sera vende una pasticca al suo amico Mirco, che viene trovato morto
il giorno dopo proprio a causa della droga. Per Lele, corroso dai
sensi di colpa perché convinto di essere l’assassino di Mirco,
inizia un calvario che stravolge il rapporto con Pigi, suo migliore
amico, con Serena e con i genitori. Anche il resto del gruppo,
legato da un patto di omertà volto a custodire il segreto sull’uso
di droghe, vive una profonda crisi che porta ciascun membro a fare
i conti con la verità e con i propri fantasmi interiori. Dopo molte
vicissitudini, dolori e scoperte, Lele decide di liberarsi dal peso
delle menzogne e del senso di colpa. Perciò confessa tutto prima al
padre e poi al poliziotto Saguatti. La sua confessione scatenerà
una sorta di “epidemia di verità” che porta tutti i principali
personaggi a fare i conti con i propri segreti.
NOTA DELLO SCENEGGIATORE
La storia ha la forma di un
sassolino che rotola e diventa valanga. Un gesto percepito come
innocente da molti adolescenti – passare una pasticca a un amico –
spezza una giovane vita e un’altra resta schiacciata sotto il peso
della colpa. Il dramma si allarga alle famiglie, agli amici e a
tutto il piccolo mondo intorno, rivelando la coralità di un disagio
che in qualche modo contagia tanti, tra i ragazzi ma anche tra gli
adulti. Un grande tema è quella della responsabilità, il giovane
Lele ha fatto una cosa orribile ma nessuno lo sa, quindi si trova
di fronte a una scelta adulta, con grandi implicazioni etiche: è
meglio pagare per le proprie colpe o tentare di nasconderle?
È l’inizio di un gioco spietato, in
cui Lele e il suo gruppo di amici si trovano stretti fra forze
troppo grandi per loro: le indagini di un poliziotto ambiguo, le
minacce di una banda criminale, le ansie delle famiglie, i tormenti
della coscienza. Dallo scontro di queste forze nasce un gioco di
mosse e contromosse, a volte scompigliato dal vento imprevedibile
dell’adolescenza, che finirà per far uscire segreti e
contraddizioni di tutti i personaggi, non solo i ragazzi. Nella
storia sono coinvolti fin dall’inizio i genitori che, sotto la
corazza da adulti, rivelano spesso fragilità non troppo diverse da
quelle dei loro figli. Il filo conduttore è il tema molto attuale
della droga ricreativa, quella ormai percepita come “quasi
normale”. Ma il vero tema è quello della fuga da sé stessi e dalle
proprie emozioni, la storia mostrerà che la droga è solo un mezzo
ma ce ne sono molti altri e chiunque può trovare il suo.
Fuga, colpa, responsabilità,
segreti: sono i termini-chiave di una storia di formazione che dai
giovani si allarga agli adulti, con la stessa domanda che incombe
su tutti. Si può davvero fuggire da sé stessi? O per diventare
grandi, a qualunque età, è necessario accettare la verità delle
proprie azioni e delle proprie emozioni? La serie ha svolte e colpi
di scena, ma sempre ispirate alla verità della vita quotidiana,
nella speranza che possano riconoscersi molti figli e molti
genitori. Magari -sognare non è vietato- anche per vederla insieme.
Il tono è quello di un viaggio drammatico nel dolore e nella colpa,
che però incrocia spesso la leggerezza dell’adolescenza e la
naturale commedia della vita, con un finale aperto alla speranza:
se non scappi da ciò che sei, se stai lì e affronti quel che devi,
ce la puoi fare. Fabio Bonifacci
Le clip
Sinossi prima
serata
Vivere non è un gioco da ragazzi –
EPISODIO 1
Lele ha 17 anni, è un bravo
ragazzo, vive a Bologna in periferia ma va in un liceo del centro
coi figli dei ricchi. Il padre artigiano è appena stato truffato da
un imprenditore senza scrupoli e la paghetta di Lele è bassa. Ma è
innamorato di Serena, che gli sfugge per un suo problema segreto,
per uscire con lei Lele sperimenta le droghe e inizia a vendere una
pasta a settimana perché non ha i soldi per le serate. Ma una sera
dà una “pasta” all’amico Mirco che viene trovato morto.
Vivere non è un gioco da ragazzi –
EPISODIO 2
Lele si sente un assassino,
vorrebbe confessare ma il suo amico del cuore Pigi, figlio di un
penalista, lo convince a non farlo. Iniziano i tormenti della sua
coscienza, uniti a pericoli più concreti: un poliziotto ambiguo
sospetta di lui e vuole farlo confessare, gli spacciatori da cui ha
comprato la pasticca minacciano di ucciderlo se parla. E due
genitori già alle prese con mille guai vedono sparire il loro
figlio in un tunnel di angosce di cui nulla è dato sapere.
Sinossi seconda serata
Vivere non è un gioco da ragazzi –
EPISODIO 3
Su Lele aumenta la pressione di
polizia e spacciatori che cercano di tirarlo in direzioni opposte.
Crescono anche i rimorsi perché la madre del ragazzo morto si
rivolge a lui per sapere chi fosse davvero suo figlio. Intanto i
vari genitori, dopo la tragedia, vogliono sapere se anche i loro
figli si drogano. I ragazzi negano e si discute in ogni
casa, soprattutto in quella di Lele, dove il padre ha reagito
alla truffa facendo una sciocchezza che aggrava la sua situazione e
fa infuriare la moglie.
Vivere non è un gioco da ragazzi –
EPISODIO 4
Un anonimo avverte le famiglie che
tutti i ragazzi del gruppo al sabato si drogavano: la
bomba esplode nelle case, iniziando a rivelare le ferite segrete di
qualche genitore e facendo esplodere la crisi fra quelli di Lele.
Lele riallaccia i rapporti con Serena ma il poliziotto ha fatto una
scoperta su di lui e lo costringe a fare i nomi della banda
di quartiere da cui compra. Ma i criminali lo intuiscono e lo
sequestrano: Lele ha pochi minuti per convincerli che non sta parla
alla polizia.
Sinossi terza serata
Vivere non è un gioco da ragazzi –
EPISODIO 5
Il gioco di mosse e contromosse
delle varie forze in campo (ragazzi, genitori, scuola, polizia,
criminali), genera una sorta di “epidemia di verità” che fa saltare
maschere e uscire segreti, sia tra i ragazzi che tra gli
adulti. Lele, per amore di Serena si decide ad affrontare le
sue responsabilità e scopre il fine dell’ambiguo poliziotto che lo
indaga. Ma l’amore per Serena ha un nuovo, imprevedibile ostacolo,
e la minaccia dei criminali diventa una vera minaccia di morte.
Vivere non è un gioco da ragazzi –
EPISODIO 6
I diversi personaggi sono costretti
a regolare i conti sospesi con gli altri e con sé stessi,
affrontando dolorose ma necessarie trasformazione o continuando a
fuggire. Il finale però si apre alla speranza, la storia dimostra
che crescere è difficile per tutti, non solo per i giovani: però se
non scappi da ciò che sei, se stai lì e affronti quel che devi, ce
la puoi fare.
PERSONAGGI
Il gruppo di ragazzi
Lele (Riccardo De Rinaldis Santorelli): È di umili
origini, studioso, sportivo, solo un pò sgangherato
dall’adolescenza. Ama l’irraggiungibile Serena e, come spesso
accade alla sua età, si butta nelle cose senza pensare troppo alle
conseguenze.
Serena (Matilde Benedusi): Bella, simpatica,
intelligente, empatica, è la ragazza perfetta ma nasconde un
male oscuro che solo lei conosce.
Pigi (Pietro De Nova): È il Sancho Panza di Lele,
l’amico fedele. Secchione e poco popolare, di fronte a dure prove
rivelerà carattere e umanità. Ne avrà bisogno anche in casa
sua.
Mirco (Tommaso Donadoni): È l’inquieto che alterna
vitalità estrema e cupezza. Sfugge con la trasgressione a fragilità
che non sa affrontare, forse nemmeno vedere.
Spinoza (Luca Geminiani): è il comico della classe,
scherza su tutto e odia i discorsi pesanti. Ma le risate nascondono
paure che pesano come macigni.
Patti (Alessia Cosmo): È l’amica del cuore di Serena:
insicura, non crede nel proprio valore e va a caccia di conquiste
per certificarlo. Scoprirà che esistono strade diverse.
Ruggine (Simone Baldasseroni): è il trapper della
scuola, rivale in amore di Lele. È il cattivo, o forse solo quello
che vuol fare la parte. Ma troverà qualcuno molto più cattivo di
lui.
Gli adulti
Saguatti (Claudio Bisio): È
la scheggia impazzita della storia. Poliziotto ruspante e popolare,
con metodi poco ortodossi e finalità ambigue. Entra in scena come
nemico di Lele, pronto a incastrarlo con ogni mezzo. Ma rivelerà
risvolti imprevedibili e ferite non troppo diverse da ciò su cui
indaga. Il suo braccio destro è Paternò (Antonio Perna),
grande umanità e cervello non sempre reattivo.
Anna (Nicole Grimaudo) e Marco (Stefano Fresi)
(genitori Lele): Famiglia di periferia che arranca sul filo del
fine mese.
Marco
è idraulico, gli hanno rubato un anno di lavoro devastando i conti
di casa. Di cuore ma impulsivo, in crisi di mezza età, Marco si
sente superato dai tempi e guarda tutte le partite.
Anna,
ex stella di periferia, fa la barista e ama la lettura. Più
sofisticata del marito, subisce un ricatto che potrebbe risolvere i
problemi economici a casa, anche lei avrà di fronte una dura
scelta. La vicenda del figlio Lele farà deflagrare le
contraddizioni della coppia. Ma in famiglia c’è anche la
piccola
Linda (Ginevra Culini),
che soffre i conflitti.
Sonia (Lucia Mascino):
Madre di Serena e donna di successo: imprenditrice e candidata
Sindaca, una vita di battaglie illuminate per la parità. Ma mentre
si candida a guidare una città, scopre di non sapere cosa accade
nella stanza e nel cuore di sua figlia.
Claudio (Fausto Sciarappa):
È il padre di Serena, se n’è andato quando lei era piccola e poi ha
sbagliato tutto quel che si poteva sbagliare. Per la figlia è
l’origine di tutti i suoi mali, l’ex moglie non lo vuole vedere. Ma
anche gli uomini sbagliati amano i propri figli.
La banda dei cattivi:
i delinquenti del quartiere, che insieme al poliziotto Saguatti
stringono Lele tra due fuochi. Il capo è
Caminito (Francesco Mastrorilli),
studia i Samurai e ha fatto il master in galera, è uno che quando
serve sa far male.
Spazzola (Samuele Brighi)
è il braccio armato, a lui far male piace, attende goloso
l’ordine.
Pizzi
(Francesco Morelli)
è il ragazzo di bottega, era alle medie con Lele che una volta lo
salvò dai bulli, quindi forse sta dalla sua parte, o forse
no.
Angela (Fabrizia Sacchi):
È la madre di Mirco, una donna sola che deve confrontarsi col
dramma più terribile. Anche nel dolore più estremo riesce a
mantenere la dignità e in qualche modo, con fatica, forse persino a
crescere.
Renzo (Jerry Mastrodomenico):
Padre di Pigi, avvocato prestigioso e di grande rigore morale: è il
mito del figlio ma si sgretolerà in malo modo nel corso della
storia.
Renata (Carlotta Miti):
Madre di Pigi, sul lavoro ha l’occhio infallibile della chirurga ma
in casa ha finto per troppo tempo di non vedere. Saprà stimolare il
figlio a superare lo shock.
Madre Patti (Francesca Castaldi):
Ha fatto figli quando non era pronta e commesso errori. È dura
doverci fare i conti insieme a una figlia che te li rinfaccia con
la spietatezza della gioventù.
Magnani (Stefano Pesce):
Elegante costruttore edile. Ha fregato il padre di Lele fingendosi
fallito e le sue mire sulla famiglia non sono finite.
Prof Palmieri (Anna Redi):
La Prof di italiano che chiunque vorrebbe avere, quella che ha
letto tutti i libri ma, quando ti parla, parla ai tuoi 17 anni,
alle tue paure, sogni, debolezze.
Viva la Sposa è la
storia di Nicola (Ascanio Celestini), un alcolista
che passa il tempo fingendo sempre di voler smettere. È la storia
di Anna (Veronica Cruciani), una prostituta con un
figlio, Salvatore, di cui non sa chi sia il padre, che cerca di
imparare come fare piccole truffe da Sasà (Salvatore
Striano). È la storia di Sofia (Alba
Rohrwacher), chiamata così dal padre perché avrebbe
voluto che fosse come la Loren nei film di De Sica, che vuole
scappare da Roma alla volta della Spagna, ma alla fine resta a
Cinecittà. È la storia della madre di Nicola (Barbara
Valmorin), che prima di morire vorrebbe vedere suo figlio
sposato con Sofia. È la storia del carrozziere Abruzzese, dal quale
Nicola nasconde Anna, dopo che lei ha sparato al suo
protettore.
Tutte queste storie ritratte da
Celestini sono abitate da personaggi senza speranza, emarginati,
che nella loro condizione quasi disperata, non riescono immaginare
una ribellione possibile e si lasciano, quindi, trascinare dal
caso.
Viva la Sposa
generalmente è un’espressione usata come buon augurio, ma in questo
film indica, invece, un’altra storia, che sta al di sopra di tutte
le altre, quella di un’attrice americana che, dopo essersi
svegliata dal coma si sposa e fa un lungo viaggio di nozze girando
l’Italia. I personaggi la seguono attraverso la televisione e i
giornali: la vedono che passeggia tra le rovine dell’Aquila
piuttosto che in gondola a Venezia o in giro per Roma, sempre con
il suo vestito da sposa e ogni volta gli italiani che la vedono
applaudono dicendo “Viva la sposa! Viva la sposa!”. In realtà ‘la
sposa’ è una storia di cornice che incrocia la strada con i
personaggi del film, che sembrano marionette senza nessuna
possibilità di attaccarsi ad un filo. Tutti quanti vivono in un
flusso continuo e casuale di eventi, a cui nessuno sembra in grado
di opporsi; la loro visione fatalistica della vita li porta ad
accettare passivamente le loro vite senza mai tentare di modificare
lo status quo.
Con la sua ambientazione nel
Quadrato, quartiere periferico romano, amato, indagato e filmato da
Pier Paolo Pasolini, il riferimento al
poeta-regista risulta immediato e le storie di vita che racconta
Celestini ricordano vagamente quelle pasoliniane.
Con la sua performance Celestini dà
l’ennesima prova di essere un attore straordinario e, per seconda
volta dietro la macchina da presa dopo il suo debutto nel 2010 con
La Pecora Nera, si dimostra bravissimo
sia nella veste di regista cinematografico che in quella di
sceneggiatore, in quanto il film è ben costruito anche nella
narrazione.
Vanno inoltre menzionate le
interpretazioni del bravo Salvatore Striano e di
Alba Rohrwacher, sempre magnifica in ogni
ruolo.
Dopo le torbide ossessioni di
Viaggio Segreto e la parentesi documentaristica sul Maestro
Francesco Rosi, Roberto Andò torna al cinema con il film
Viva la libertà, tratto dal suo romanzo Il trono
vuoto. Enrico Olivieri, leader del principale partito politico
di opposizione, a ridosso delle elezioni, in seguito a numerosi
contestazioni fugge a Parigi da una vecchia fiamma conosciuta
durante la sua gioventù nel mondo del cinema. L’assistente e la
moglie decidono allora di ingaggiare come sostituto il fratello
gemello di Olivieri, un eccentrico filoso dimesso da poco da una
clinica psichiatrica, il quale ben presto, grazie alle sue idee
anticonformiste, intraprenderà una sfavillante carriera
politica.
In un clima di forte contestazione
come quello attuale, il film di Andò ha il merito di trattare con
spensieratezza e intelligenza la tematica dell’insicurezza delle
istituzioni, senza rinunciare ad una cinica e profonda riflessione
sui ruoli del potere e del desidero individuale. Straordinaria e
poliedrica prova d’attore per Toni Servillo, il quale riesce perfettamente nel
caratterizzare la duplice psicologia dei due fratelli, così diversi
tra loro, regalandoci anche una serie di gustose gag comiche che
servono però a nascondere una provocazione di fondo molto pesante,
incarnata dal fratello filosofo. In un cast di tutto rispetto
troviamo anche un Valerio Mastandrea leggermente impacciato e una
dolcissima Valeria BruniTedeschi, i quali vengono
ovviamente eclissati dalla mastodontica performance di
Servillo.
Pregevole e ricercatissima la
fotografia desaturata di Maurizio Calvesi, la quale scava
nel profondo della psicologia doppelganger del protagonista,
creando delle fortissime distinzioni cromatiche che differenziano
le esistenze dei due gemelli. Il lavoro più grande è comunque
quello di sceneggiatura compiuto da Andò, il quale non a caso si
focalizza sulle coalizioni politiche di una fittizia Sinistra
italiana che però risulta paurosamente simile a quella attuale,
rigirando più volte il coltello nella piaga riguardo la mancanza di
unità e di forza da parte dei suoi rappresentati. Pare quasi che il
regista voglia dirci che solo una mente folle, quella del filosofo,
è in grado di dare una scossa e di procedere su di una strada
libera da preconcetti e dagli interessi.
Andò compie inoltre un pregevole
lavoro metacinematografico, in quanto paragona la politica ad un
film dove in entrambi i casi la realtà e la bugia finiscono per
coesistere e confondersi tra loro. Se un politico decide di
diventare regista, può allora un filosofo pazzo diventare leader di
un paese?
Dopo il bel lavoro svolto in
Nessuno Mi Può Giudicare, Massimiliano
Bruno torna con Viva l’Italia, un’altra
commedia sociale che racconta di politica, corruzione, bugie e
precariato, in poche parole fa un ritratto fedele del nostro
paese.
In Viva
L’Italia, il politico Michele
Spagnolo (Michele
Placido) ha tre figli: Riccardo (Raul
Bova), medico integerrimo e socialmente impegnato; Susanna
(Ambra Angiolini), attrice di fiction senza alcun
talento; Valerio (Alessandro
Gassman), un buono a nulla in carriera che deve tutto
al padre. In oltre trent’anni di carriera Michele ha sempre
anteposto i suoi interessi personali a quelli della collettività ed
è passato indenne attraverso i mille scandali che hanno flagellato
il paese. L’ultima cosa al mondo che dovrebbe succedere ad un uomo
del genere è dire la verità… Eppure, dopo una notte trascorsa con
una “promettente” soubrette televisiva, Michele viene colto da un
malore, si salva, ma non senza conseguenze. L’apoplessia ha colpito
proprio la parte del cervello che controlla i freni inibitori ed
ora il politico dice tutto ciò che gli passa per la testa, fa tutto
quello che gli va e non ha la minima cognizione della gravità delle
sue azioni.
Viva L’Italia, il film
In un crescendo di confessioni
scomode e pericolose, per quanto anche esilaranti, il politico
mette a nudo la sua stessa classe, l’incapacità dei propri figli di
affrontare i problemi della vita e la sua colpevolezza di fronte
alla società con candore disarmante. Massimiliano Bruno mette
insieme un buon cast ed una buona sceneggiatura, scritta a quattro
mani con Edoardo Falcone, realizzando un buon
film, che partendo in quarta come una commedia brillante,
trascinata anche da un Michele Placido particolarmente calato
nel ruolo, si trasforma poi in un’occhiata acuta e amara su quello
che è il nostro “sistema Paese”.
Parole coraggiose e situazioni ai
limiti dell’inverosimile che però si sono rivelate, nella realtà,
possibili e mentalità tristemente italiana finiscono però nel film
di Bruno, in una classica redenzione collettiva, in cui, sì è vero,
non tutti vincono, ma neanche tutti perdono, né tantomeno rimane
fino alla fine quel senso di sincerità schietta e pura che aveva
aleggiato per tutta la prima parte del film. Tecnicamente Bruno si
conferma invece un bravo regista, capace di raccontare i suoi
personaggi, senza lasciarsi trascinare dalla storia ma scrivendola
con ogni inquadratura. Buona prova collettiva del cast che oltre ai
citati comprende anche
Edoardo Leo, Maurizio Mattioli, il bravissimo Rocco Papaleo e tra le tante partecipazioni,
anche una bellissima particina per
Lucia Ocone.
Viva L’Italia è un
film divertente ma a tratti molto forte, soprattutto nell’ultima
parte che potrebbe ricordare la vera commedia all’italiana che fu,
se non fosse per quell’indulgere nel lieto fine del quale sembra,
almeno al cinema, non sappiamo fare a meno.
Ecco il trailer ufficiale di Viva
L’Italia pubblicato da ComingSoon.it, il socondo film di Massimiliano
Bruno dopo Nessuno mi Può Giudicare, che ancora una
Cala il sipario sul Vittorio Veneto
Film Festival sabato 21 aprile col Gran Galà di premiazione a cui
hanno partecipato le autorità istituzionali, gli ospiti che hanno
preso parte alle tre giornate della manifestazione,
Si è spento a Roma a 88 anni il
regista Vittorio Taviani, che con il fratello
Paolo ha firmato alcuni dei capolavori della storia del cinema
italiano da Padre Padrone (Palma d’oro a Cannes
nel ’77) a La Notte di San Lorenzo a
Caos fino a Cesare deve morire
(Orso d’oro a Berlino).
Ad annunciare la morte del regista,
malato da tempo, è stata Giovanna, una delle sue figlie. La
famiglia ha deciso che per Vittorio Taviani non ci
sarà camera ardente pubblica, né funerale, solo una cerimonia di
cremazione riservata ai familiari.
Divisa tra cinema e televisione,
l’attrice Vittoria Puccini è tra le più
apprezzate interpreti del panorama italiano. Protagonista di alcuni
celebri film, come anche di note serie televisive, la Puccini ha
infatti potuto affermare la propria persona presso il grande
pubblico, ottenendo apprezzamenti per la sua scelta di progetti
innovativi e al di fuori dai soliti schemi. Ecco 10 cose
che non sai di Vittoria Puccini.
Vittoria Puccini: i suoi film e le
serie televisive
10. Ha recitato in celebri
lungometraggi italiani. Il debutto cinematografico
dell’attrice risale al 2000, quando recita nel film Tutto
l’amore che c’è, di Sergio
Rubini. Successivamente recita nei film Paz!
(2002), Operazione Appia Antica (2003) e Ma quando
arrivano le ragazze? (2005), che le fa ottenere maggior
popolarità. Si consolida prendendo parte ai film Colpo
d’occhio (2008), Baciami ancora (2010), di Gabriele
Muccino, dove recita accanto agli attori
Stefano Accorsi,
Pierfrancesco
Favino e Claudio
Santamaria. Negli anni seguenti è tra i protagonisti
di film come La vita facile (2011), Acciaio
(2012), Magnifica
presenza (2012), Tutta colpa di
Freud (2014), con Marco
Giallini e Anna
Foglietta, Meraviglioso Boccaccio (2015),
Tiramisù (2016), The Place
(2017), Cosa fai a Capodanno (2018) e 18
regali (2020), dove recita accanto a Benedetta
Porcaroli e Edoardo
Leo.
9. È nota per i ruoli
televisivi. La Puccini si fa scoprire come interprete
recitando nel ruolo di protagonista nella miniserie Elisa di
Rivombrosa (2003-2004). Con il successo conseguito prende poi
parte alle serie Imperium: Nerone (2004), Elisa di
Rivombrosa 2 (2005), Le ragazze di San Frediano
(2006), Tutta la verità (2009), C’era una volta la
città dei matti… (2010), Violetta (2011), Anna
Karenina (2013), L’Oriana (2015), romanzo
famigliare (2018), Mentre ero via (2019) e Il
processo (2019).
8. Ha partecipato al
doppiaggio di un film Disney. L’attrice ha partecipato al
doppiaggio italiano del film Disney La bella e la
bestia (2017), con Emma
Watson. Qui ha dato voce alla maga Agata, colei che
trasforma il principe protagonista in una bestia per punirlo della
sua arroganza.
Vittoria Puccini e Alessandro
Preziosi
7. Ha avuto una relazione
con l’attore. Il set di Elisa di Rivombrosa non
ha significato solo grade popolarità per l’attrice, ma è anche dove
conosce l’attore Alessandro Preziosi, che nella
miniserie ricopre il ruolo del Conte Fabrizio Ristori di
Rivombrosa. I due intraprenderanno una relazione, dalla quale nel
2006 nascerà la prima figlia dell’attrice. Nel 2010 tuttavia
annunciano la separazione, indicando come causa la mancata alchimia
di coppia.
Vittoria Puccini e Fabrizio
Lucci
6. Ha un nuovo
compagno. Durante le riprese della miniserie Anna
Karenina, l’attrice conosce il direttore della fotografia
Fabrizio Lucci, con il quale avrà modo di
convididere nuovamente il set per i film Tutta colpa di
Freud e The Place. La coppia si è negli anni
dimostrata particolarmente legata, e sul profilo Instagram di Lucci
vengono spesso pubblicate foto di loro momenti insieme.
Vittoria Puccini è su
Instagram
5. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un profilo seguito da 109 mila persone. All’interno
di questo l’attrice è solita condividere fotografie ritraenti
momenti quotidiani della sua vita, ma anche di servizi realizzati
per riviste di moda. Particolarmente presenti, infine, sono anche
le immagini o i video promozionali dei suoi progetti da
interprete.
Vittoria Puccini in Elisa di
Rivombrosa
4. La serie era la sua
ultima possibilità. L’attrice ha dichiarato che per
seguire il mondo della recitazione ha rinunciato alla carriera
universitaria. I suoi genitori acconsentirono a tale cambiamento,
con la promessa che se entro due anni non fosse successo nulla
avrebbe ripreso gli studi. Fortunatamente, le venne proposto il
ruolo della protagonista nella miniserie, che le permise di
ottenere il successo sperato.
3. Ha vinto un importante
premio. Per il suo ruolo nella miniserie l’attrice ottiene
una nomination ai Telegatti come personaggio femminile dell’anno,
in categoria con Maria De Filippi e Simona
Ventura. L’attrice infine vinse il premio, e afferma che
da quel momento per la sua carriera si sono aperte porte
inaspettate.
Vittoria Puccini in Il
Processo
2. Le sembrava di essere
tornata a casa. Nel girare la miniserie Il
processo, l’attrice ha affermato di essersi sentita come a
casa in mezzo a tutti quei discorsi sulla legge, avvocati e
pubblici ministeri. I suoi genitori sono infatti avvocati, e la
stessa Puccini prima di diventare attrice aveva intrapreso gli
studi presso la facoltà di Giurisprudenza.
Vittoria Puccini: età e
altezza
1. Vittoria Puccini è nata
a Firenze, Italia, il 18 novembre 1979. L’attrice è alta
complessivamente 171 centimetri.
Vittoria e Abdul recensione del film
di Stephen Frears
La straordinaria storia vera di
un’inaspettata amicizia nata durante gli ultimi anni
dell’incredibile regno della Regina Vittoria (interpretata dal
premio Oscar (R) Judi Dench). Quando il giovane
commesso Abdul Karim (Ali Fazal) si mette in
viaggio dall’India per partecipare al Giubileo d’oro della Regina,
si ritrova sorprendentemente nelle grazie della Regina stessa.
Mentre quest’ultima si interroga
sulle costrizioni della sua antica posizione, i due instaurano
un’improbabile e devota alleanza, mostrando una lealtà reciproca
che la famiglia e la cerchia ristretta della Regina cercano di
distruggere. Mentre la loro amicizia si intensifica, Vittoria
comincia a vedere un mondo in evoluzione con occhi diversi,
rivendicando con gioia la sua umanità.
Diretto da Stephen Frears e interpretato
da Judi Dench, Ali Fazal, Adeel Akhtar, Simon Callow,
Michael Gambon, Eddie Izzard, Ruth McCabe, Tim Pigott-Smith, Julian
Wadham, Olivia Williams, Fenella Woolgar, Vittoria
e Abdul arriverà in Italia il 26 ottobre.
Vittoria e Abdul recensione del film
di Stephen Frears
La straordinaria storia vera di
un’inaspettata amicizia nata durante gli ultimi anni
dell’incredibile regno della Regina Vittoria (interpretata dal
premio Oscar (R) Judi Dench). Quando il giovane commesso Abdul
Karim (Ali Fazal) si mette in viaggio dall’India per partecipare al
Giubileo d’oro della Regina, si ritrova sorprendentemente nelle
grazie della Regina stessa. Mentre quest’ultima si interroga sulle
costrizioni della sua antica posizione, i due instaurano
un’improbabile e devota alleanza, mostrando una lealtà reciproca
che la famiglia e la cerchia ristretta della Regina cercano di
distruggere. Mentre la loro amicizia si intensifica, Vittoria
comincia a vedere un mondo in evoluzione con occhi diversi,
rivendicando con gioia la sua umanità.
Diretto da Stephen Frears e interpretato da Judi Dench, Ali Fazal,
Adeel Akhtar, Simon Callow, Michael Gambon, Eddie Izzard, Ruth
McCabe, Tim Pigott-Smith, Julian Wadham, Olivia Williams, Fenella
Woolgar, Vittoria
e Abdul arriverà in Italia il 26 ottobre.
La straordinaria
storia vera di un’inaspettata amicizia nata durante gli ultimi anni
dell’incredibile regno della Regina Vittoria (interpretata dal
premio Oscar® Judi Dench).
Quando il giovane
commesso Abdul Karim (Ali Fazal) si mette in viaggio dall’India per
partecipare al Giubileo d’oro della Regina, si ritrova
sorprendentemente nelle grazie della Regina stessa.
Mentre quest’ultima
si interroga sulle costrizioni della sua antica posizione, i due
instaurano un’improbabile e devota alleanza, mostrando una lealtà
reciproca che la famiglia e la cerchia ristretta della Regina
cercano di distruggere. Mentre la loro amicizia si intensifica,
Vittoria comincia a vedere un mondo in evoluzione con occhi
diversi, rivendicando con gioia la sua umanità.