Negli ultimi anni della sua
carriera, l’attore Bruce Willis si è dedicato
senza sosta a partecipare ad una serie di film di genere d’azione e
thriller. Tra questi si ritrovano titoli come Detective
Knight, Survive the Night,
Reprisal o Trauma Center – Caccia al
testimone. Tra questi si annovera anche
Fortress – La
fortezza, appartenente allo stesso
genere e diretto da James Cullen Bressack, già
regista di un film con Willis dal titolo Survive the Game.
Barret e Willis si riuniscono dunque per dar vita ad un film
pienamente nelle loro corde, basato su tanta tensione e
adrenalina.
Fortress – La fortezza si concentra infatti su una vicenda
che vede un’ex spia contrapposta a forze criminali particolarmente
agguerrite e pericolose, il tutto mentre deve riallacciare i
rapporti con il proprio figlio. Le riprese si sono svolte in
pochissimo tempo, iniziate il 3 maggio del 2021 a Porto
Rico, si sono poi concluse il 15 dello stesso mese. Un
ritmo dunque molto veloce quello che ha caratterizzato il set, ma
che non ha impedito di sfruttare al meglio la pressoché unica
location prevista per il film e che diventa vera e propria
protagonista delle vicende qui narrate.
Con un budget ridotto e tempi
stretti, il film non ha probabilmente espresso tutte le proprie
potenzialità, ma rimane un buon esempio di thriller d’azione, con
interpretazioni che vanno a compensare i difetti presenti. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama di Fortress – La fortezza
Protagonista del film è
Robert Michaels, ex agente della CIA in pensione
che vive in un complesso residenziale per ex spie. La struttura,
nascosta tra i boschi e lontana da occhi indiscreti, è una specie
di fortezza con un sistema di sicurezza molto sofisticato. Una
recinzione praticamente invalicabile e protetta da guardie armate
tiene al sicuro gli ospiti di questo resort molto speciale,
rendendolo praticamente un bunker imprendibile. E lì, che un giorno
si presenta Paul, il figlio di Robert.
Il ragazzo non ha rapporti con il
padre da molto tempo, ma la sua attività nel campo delle crypto
valute lo ha messo in seri guai, e ora ha disperato bisogno
dell’aiuto dell’ex agente segreto. Purtroppo Paul non è l’unico che
è riuscito a rintracciare Robert: una sua vecchia conoscenza,
Frederick Balzary, vuole dare il ben servito
all’ex agente e invade il villaggio con la sua schiera di
infallibili sicari. Per Robert e suo figlio ha dunque inizio una
vera e propria lotta per la sopravvivenza, potendo però contare su
pareti d’acciaio e armi avanzate.
Il cast di Fortress – La
fortezza e il suo sequel
Come anticipato, nel ruolo del
protagonista Robert Michael si ritrova l’attore Bruce Willis.
Come suo solito per gli ultimi film a cui ha preso parte, a causa
della malattia che avanzava e che ora lo ha costretto al ritiro,
Willis ha ottenuto di poter girare le proprie scene in pochi
giorni. Nonostante ciò, ha comunque dovuto prepararsi fisicamente
per la parte. Ad interpretare suo figlio Paul, invece, si ritrova
l’attore Jesse Metcalf, mentre Frederick Balzary è
interpretato da Chad Michael Murray. Fanno poi
parte del cast Kelly Greyson nel ruolo di Kate,
Ser’Darius Blain in quelli di Ulysses e
Katalina Viteri in quelli di Sophia.
Per ottimizzare i tempi, mentre si
girava questo film, si sono contemporaneamente svolte anche le
riprese del suo sequel, dal titolo Fortress: Snyper Eye,
interpretato anch’esso da Willis, Metcalf e il resto del cast del
primo film. Questo è ambientato alcune settimane dopo gli eventi
del primo film, con Robert Michaels che mette in atto un tentativo
di salvataggio della vedova del suo defunto nemico, Frederick
Balzary. Tuttavia, Sasha – interpretata da Natali
Yura – sembra avere dei piani spietati nei loro confronti.
Robert e suo figlio Paul devono dunque lavorare di nuovo insieme
per fermarla.
Il trailer di Fortress – La
fortezza e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
Fortress – La fortezza grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Google Play, Apple TV e
Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
venerdì 3 novembre alle ore 21:20
sul canale Italia 1.
Il regista di Fast X, Louis Leterrier, vuole realizzare un
film su
Fortnite. In un panel al
Comic-Con di San Diego, Leterrier ha detto di voler realizzare un
film basato sul famoso videogioco di Epic Games. “Perché il
gioco è incredibile”, ha
spiegato Leterrier al collega regista Justin
Simien (tramite GamesRadar+ ). “I
personaggi… voglio dire, c’è molto di più da
raccontare. Sarebbe divertente. Sarebbe pieno di azione e
tutto il resto”.
Leterrier ha recentemente
diretto Fast X, il
decimo film della serie principale di Fast & Furious. È anche pronto a dirigere
l’undicesimo film della serie d’azione. Leterrier ha anche
diretto film come Now You See Me, The Incredible Hulk,
Transporter 2 e Unleashed.
Ci sarà un film su
Fortnite?
Donald Mustard, CCO di Epic
Games, ha affermato che un film
Fortnite dal vivo era una possibilità. Tuttavia, non ci sono
piani ufficiali per trasformare questo popolare gioco in un
film.
Fortapàsc è il
film del 2009 diretto da Marco Risi e con
protagonisti Libero De
Rienzo, Ennio Fantastichini, Massimiliano e Gianfranco Gallo,
Ernesto Mahieu, Renato Carpentieri, Michele
Riondino.
Fortapàsc, la trama
Storia di Giancarlo Siani,
giornalista de Il Mattino ucciso solo perché faceva il suo lavoro
con devozione e professionalità, raccontando le malefatte della
camorra in quel di Torre Annunziata, lavorando per la sede
distaccata del giornale a Castellammare di Stabia (lui era del
Vomero).
Dovendosi occupare dei fatti di
cronaca nera, non si limitò infatti a riportare il nome di chi
veniva ucciso, ma anche tutti i vari movimenti interni ai clan, i
loro intrecci (tra i Nuvoletta, all’epoca altra grande famiglia di
Marano, i Gionta e i Bardellino), i tantissimi omicidi e i loro
perché, le relazioni tra Camorra e istituzioni, in particolare con
il consiglio comunale di Torre Annunziata. La sua devozione e
scrupolosità gli costarono però troppi nemici.
Fortapàsc, il film
Fortapàsc del 2009
è diretto da Marco Risi, figlio del celebre Dino, un regista che ha
spesso affrontato tematiche scomode, non disdegnando però brillanti
virate nella commedia. Fortàpasc racconta la breve esistenza e la
tragica fine del giornalista Giancarlo Siani, interpretato da
Libero De Rienzo, giovane attore napoletano che ha diviso la
propria carriera tra cinema e Tv.
Fortapàsc è
tratto da “Mehari” (nome che trae spunto dal modello dell’auto di
Siani), un cortometraggio realizzato nel 1999 da Gianfranco De
Rosa, che in questo film riveste il ruolo di produttore esecutivo.
Il titolo è invece ispirato al modo ironicamente drammatico con cui
Siani definiva Torre Annunziata, proprio per la guerra in atto tra
clan che funestava il territorio, come all’epoca un po’ tutto il
napoletano.
Anche se le tematiche trattate sono
impegnative e delicate, questa pellicola scorre con facilità di
fruizione, trasmettendo al contempo anche tanta amarezza, e
solleticando nello spettatore sete di giustizia e voglia di
riscatto civico. Siani, ben interpretato (anche esteticamente) dal
succitato De Rienzo, appare come un isolato Don Chisciotte, che a
differenza del personaggio di Cervantes non ha neppure il conforto
della compagnia del buffo Sancho Panza. Resta di fatti solo nella
sua battaglia contro quei feroci mulini a vento, rispetto a questi
ultimi tanto più veri quanto atroci, abbandonato anche dalla
fidanzata Daniela (Valentina Lodovini) e dal
collega Rico (Michele Riondino) il quale sceglie,
da involontario profeta, un altro mestiere. Alla fine Giancarlo
resta solo con i suoi principi, solo fino alla terribile fine.
Tra gli altri interpreti
di Fortapàsc si segnalano: Ennio
Fantastichini (nelle vesti del Sindaco di Torre
Annunziata), Ernesto Mahieux (nei panni del
pittoresco direttore del giornale locale di Torre), i fratelli
Massimiliano e Gianfranco Gallo (nei panni dei fratelli Gionta),
Renato Carpentieri (Amato Lamberti, direttore de
L’Osservatorio sulla camorra) e Gianfelice
Imparato (pretore Rosone).
Veniamo ad alcune curiosità, che in
realtà sono autentiche gaffe “storiche”. Alcune delle automobili
non corrispondono all’epoca dei fatti, ad esempio si nota più di
una volta un’Alfa Romeo 33 di seconda serie, prodotta a partire dal
1990, alla quale è stata apposta molto inverosimilmente la targa di
colore nero con scritte arancio/bianche, in vigore fino al 1985
(anno dell’ambientazione di Fortapàsc).
Per ben due volte viene
indirettamente inquadrata (con l’etichetta al lato opposto, ma
nettamente distinguibile) la birra “Corona” come bevanda
dell’attore principale, nella prima scena addirittura con uno
spicchio di limone, moda molto in voga oggi, ma non nel 1985,
infatti in Italia la Corona arriva nel 1989.
Nella scena in cui viene inquadrata
la bambina vittima dell’agguato, stesa per terra di fronte al
portone della Chiesa, si possono distinguere chiaramente delle
monete in Euro. Nella partita di pallavolo della squadra allenata
da Siani si vede un pallone tricolore, di quelli usati solo dalla
fine degli anni Novanta.
Nella sala del consiglio comunale
c’è la foto del presidente Francesco Cossiga, che sarebbe diventato
Presidente della Repubblica solo qualche mese dopo, e lo stendardo
del comune di Castellammare di Stabia invece di quello di Torre
Annunziata. Il fotografo Rico nella realtà non è mai esistito.
La redazione di Torre Annunziata de
Il Mattino non esiste. Nella realtà esisteva quella di
Castellammare di Stabia, ma gli sceneggiatori l’hanno creata per
razionalità narrativa e per essere liberi nella creazione di
personaggi di fantasia. Il capo della redazione di Torre Annunziata
non esiste nella realtà, ma all’epoca esisteva una tipologia di
giornalisti-impiegati.
Anche se esistono i verbali delle
testimonianze di Amato Lamberti ex presidente della Provincia di
Napoli e all’epoca direttore de L’Osservatorio sulla camorra, con
il quale collaborava gratuitamente Siani, non è stato mai provato –
perché ritenuto ininfluente dal magistrato inquirente – che
Giancarlo Siani gli avesse effettivamente telefonato quel giorno.
Le stesse testimonianze di Lamberti sono in contrasto tra loro e
hanno confuso non poco le acque nelle fasi iniziali
dell’inchiesta.
Degne di nota sono anche due
aneddoti: a pochi giorni dal primo ciak, morì il grande regista
Dino Risi, padre di Marco, così ci fu uno stop di tre giorni per i
funerali. Al termine delle riprese la produzione ha voluto far
dedicare la pellicola da Marco Risi alla memoria del padre.
Infine, l’auto Méhari usata per le
riprese era la vera auto di Giancarlo Siani nella quale venne
ucciso la sera di lunedì 23 settembre 1985, che è stata acquistata
da un suo caro amico che non è apparso nel film per sua espressa
volontà. Un particolare questo che impreziosisce un film che è
riuscito nell’intento di raccontare la vita di un giovane
giornalista sacrificatosi per amore della verità.
Potrebbe essere Breck Eisner
(Sahara, La città verrà distrutta all’alba) il regista del film
dedicato a Stretch Armstrong giocattolo che tra gli anni ’70 e
’80 ebbe un grande successo negli USA (un pò meno qui da noi).
L’uscita di Battleship, film dedicato alla battaglia navale ha
inaugurato una collaborazione tra la Universal e la Hasbro, uno dei
leader mondiali del settore del giocattolo: trai prossimi
personaggi a godere di una trasposizione cinematografica potrebbe
dunque esservi Stretch Armstrong: il pupazzetto in questione aveva
come caratteristica principale quella di essere realizzato in una
gomma molto malleabile, che permetteva di allungarne gli arti
dismisura.
Il progetto di un film dedicato al
giocattolo sembrava essere in realtà stato abbandonato, sebbene
fosse stato fatto il nome di Tyalor Lautner come possibile
protagonista. Tuttavia a inizio 2012 il film ha attratto
l’attenzione della Relativity, che ha affidato a Dean Georgaris
(The Manchurian Candidate), il compito di stendere la
sceneggiatura. Nulla si sa al momento sui tempi di realizzazione,
dato che l’agenda di Eisner, che non ha comunque ancora accettato
l’incarico, è al momento occupata dal thriller Manhunt, mentre il
suo nome è stato accostato a vari remake, tra cui quelli di Flash
Gordon e Fuga da New York.
Quello del western è un genere che
nel corso degli anni ha conosciuto un lento ma inesorabile declino,
fino ad essere poco o nulla trattato al cinema se non con sporadici
e coraggiosi lungometraggi. Negli ultimi anni, tuttavia, il fascino
per il western, i suoi paesaggi e i suoi personaggi ha trovato
nuova linfa, arrichendosi di titoli come Hostiles – Ostili, Django Unchained e Quel treno per Yuma. Un
altro film, inizialmente sottovalutato, appartenente a questo
genere è Forsaken – Il fuoco della
giustizia, diretto nel 2015 da John
Cassar, celebre principalmente come regista di molti
episodi della serie 24.
Scritto da BradMirman, il film nasce dalla volta di Cassar e
dell’attore Kiefer Sutherland (protagonista di
24 con il personaggio di Jack Bauer) di realizzare un
western insieme. Nasce così una pellicola che unisce elementi
tipici del genere ad un racconto ricco di vendetta, perdono e
fortemente incentrato sul rapporto padre-figlio. Presentato al
Festival del Cinema di Toronto, Forsaken – Il fuoco della
giustizia è in realtà stato accolto in modo piuttosto tiepido,
passando, come già detto, quasi in sordina. Sono bastati però solo
alcuni anni perché venisse riscoperto e apprezzato, in particolar
modo dai fan del genere.
Tra epici colpi di scena e momenti
di grande emozione, Forsaken – Il fuoco della giustizia è
un western particolarmente affascinante, che rispecchia la volontà
dei nuovi film di questo genere di dar vita a storie più complesse
e attuali, in un cornice che è però quella ben riconoscibile di
quel mondo prima della diffusa civilizzazione. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama e al
cast di attori. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Forsaken – Il fuoco della
giustizia: la trama del film
La vicenda del film si svolge nel
1872 e ha per protagonista il temuto pistolero John Henry
Clayton. Questi è un reduce della guerra di secessione
americana, al termine della quale si è guadagnato da vivere come
assassino e cacciatore di taglie. Stanco però anche di questa vita,
decide di far ritorno al suo paese natale, nella speranza di
ricucire il rapporto con l’anziano padre, il reverendo
Samuel Clayton. Tornato a casa, però, scopre che
quella che un tempo era una bellissima terra è ora un luogo di
paura e dolore. Il perfido proprietario terriero James
McCurdy, infatti, pur di impadronirsi di tutti i terreni
della zona ha ingaggiato una banda di criminali.
Questi, capitanati da Dave
Turner, seminano il terrore tra gli abitanti, spingendoli
a lasciare quelle terre in cerca di luoghi più sicuri.
Profondamente turbato, John Henry si trova dunque costretto a dover
sopportare le provocazioni dei criminali che circolano nel
villaggio, come d’altronde tutti gli altri cittadini. Anche
Mary-Alice, la donna un tempo amata da John Henry
e ormai sposata, deve sottostare alle prepotenze degli uomini di
Turner. Quando però l’ex pistolero viene quasi assassinato dagli
uomini di McCurdy, decide di mettere da parte i suoi buoni
propositi di non uccidere più e riprende le armi in spalla per fare
giustizia.
Forsaken – Il fuoco della
giustizia: il cast del film
Ad interpretare John Henry Clayton
vi è l’attore Kiefer
Sutherland, che come anticipato spinse molto affinché
questo film si realizzasse. L’attore, infatti, desiderava
realizzare un film che avrebbe potuto fare con suo padre Donald
Sutherland, qui presente nel ruolo del reverendo
Samuel Clayton. Kiefer ha affermato di aver aspettato anni prima
che arrivasse la sceneggiatura giusta, ma con Donald che si
avvicinava agli 80 sentivano che il film che li avrebbe visti
recitare insieme avrebbe dovuto essere girato il prima possibile.
Al momento di girare la loro prima scena insieme, Kiefer era così
agitato da non essere riuscito a dormire la notte prima. Giunto sul
set, scoprì che anche suo padre non aveva dormito per lo stesso
motivo.
Kiefer Sutherland, inoltre, ha
affermato che le riprese di questo film hanno rappresentato la
quantità di tempo più lunga che egli aveva trascorso insieme a suo
padre in tutta la sua vita. Sutherland ha aggiunto che è stato
estremamente soddisfacente e gratificante poter passare del tempo
con suo padre a recitare, cosa che entrambi amano e di cui sono
appassionati. Accanto a loro, nei panni di Mary Alice Watson vi è
l’attrice Demi Moore,
mentre il celebre attore Brian Cox
interpreta James McCurdy, proprietario terriero senza scrupoli.
Sono infine presenti gli attori Michael Wincott
nel ruolo di Dave Turner, il criminale a capo della banda che
terrorizza la città.
Forsaken – Il fuoco dellagiustizia: il trailer e dove vedere il film in streaming e
in TV
È possibile fruire di
Forsaken – Il fuoco della giustizia
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple
iTunes e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la
piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o
sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
martedì 21 febbraio alle ore
21:00 sul canale Iris.
Dopo aver già sperimentato di
recente l’immedesimazione di una figura storica realmente esistita
in The Butler e, molto prima, con The
Bird di Clint Eastwood, ora il poliedrico Forrest
Whitaker sembra destinato a dover dare volto e anima al celebre
Martin Luther King nel nuovo progetto biografico di Paul
Greengrass intitolato Memphis. Pare infatti che
l’attore americano sia in piena fase di colloqui per decidere se
partecipare o meno al cast di questa ambiziosa pellicola, la cui
gestazione ha seguito un percorso lungo e travagliato, a partire
già dal 2010 quando Greengrass aveva già cercato di ottenere
finanziamenti ed appoggi produttivi, sfumati però già all’inizio
dell’anno successivo con il ritiro della Universal e la
partecipazione del regista al film di pirati Capitan
Philip scon Tom Hanks.
Eppure, alla fine del 2012,
Greengrass e il produttore Scott Rudin hanno ricevuto nuove
offerte di supporto indipendente da due società – Veritas Films e
Wild Bunch – potendo dunque concretizzare il progetto. La storia,
scritta in parte dallo stesso Greengrass, dovrebbe trattare del
celebre assassinio del predicatore afroamericano, avvenuto il 4
aprile del 1968 durante la famosa visita alla città di Menphis per
sostenere lo sciopero degli spazzini. Ora, con Whitaker seriamente
in pole position per il ruolo, le cose sembrano essere di nuovo in
pista, e Greengrass annuncia di voler usare un formato docu-stile
in sitile United 93.
Il vincitore dell’Oscar per
L’ultimo Re di Scozia conferma la propria predisposizione a
interpretare personaggi storicamente esistiti: è di qualche
settimana fa la notizia che lo dà come probabile del biopic
dedicato all’Archivescovo sudafricano Desmond Tutu diretto da
Roland Joffe, mentre il prossimo ruolo potrebbe essere quello di
Eugene Allen, il maggiordomo che ha servito presso la Casa Bianca
tra il 1952 e il 1986, mettendosi a disposizione di ben otto
Presidenti USA.
Il film, diretto da Lee Daniels, è
tatto da un lungo articolo scritto da Wil Haygood nel 2008 per il
Washigton Post, intitolato A Butler Well Served By This
Election. Daniels stare assemblando un cast del quale tra gli altri
farebbero parte Oprah Winfrey, Hugh Jackman, John Cusack e David
Oyelowo, recitando ruoli di primo piano o semplici cameo. La
Winfrey dovrebbe avere il ruolo della moglie di Allen, Oyelowo
recitare la parte del figlio. Per quanto riguarda Whitaker, due
sono i progetti in dirittura di arrivo: Pawn e The Last
Stand, entrambi acrion thriller ed entrambi in fase di
post-produzione; il primo uscirà entro l’anno, il secondo nel 2013.
The Paperboy, altro thriller, è invece il titolo del prossimo film
firmato da Daniels.
Uno dei più importanti e noti film
degli anni ’90 è senza ombra di dubbio Forrest
Gump, vincitore di ben 6 premi Oscar tra cui
quello per il miglior film e il miglior attore protagonista, ovvero
Tom Hanks.
Questo è stato infatti uno dei film che più di altri ha contribuito
alla definitiva consacrazione dell’interprete nel panorama
mondiale. Nonostante quello che Forrest Gump rappresenti
per lui, o forse proprio per via di ciò, Hanks ha di recente
affermato di aver respinto l’idea di realizzare un sequel del
film.
Ospite di una puntata del podcast
Happy Sad Confused, l’attore ha infatti confermato di come
in seguito al successo del film si è effettivamente discusso della
possibilità di realizzare un seguito: Abbiamo parlato per circa
40 minuti riguardo l’ipotesi di dar vita ad un altro Forrest Gump,
ma dopo un po’ ci siamo detti “ragazzi, andiamo…”. Una cosa
intelligente che ho fatto è che non ho mai firmato un contratto che
presentasse anche un obbligo contrattuale per un sequel. Ho sempre
detto “ragazzi, se c’è un motivo per farlo, facciamolo. Ma non
potete costringermi”.
L’attore ritiene infatti che non c’è
era motivo per dar vita ad un sequel, poiché tutto ciò che contava
era stato già raccontato con quel film. Un seguito di quel
racconto, in realtà, esiste ma non è cinematografico bensì
letterario. Come noto, il film con Hanks è tratto dall’omonimo
romanzo di Winston Groom, il quale nel 1995, in
seguito al successo del lungometraggio, ha scritto il libro
Gump & Co., che racconta nuove vicende vissute
dall’omonimo protagonista. Sembra però che tale nuovo romanzo non
avrà mai un adattamento per il grande schermo.
Oltre ad essere una delle pellicole
più iconiche del cinema degli anni ’90, Forrest Gump è anche annoverato tra i ruoli
più amati di Tom Hanks, che di fatto riuscì a conquistare
per quell’interpretazione il suo secondo Oscar come migliore attore
protagonista nel 1995, eguagliando un record detenuto nella storia
soltanto dall’iconico Spencer Tracy: riuscire a vincere due Oscar
al migliore attore consecutivamente (già l’anno precedente infatti,
nel 1994, Hanks era stato premiato per
Philadelphia).
Adesso, è stato lo stesso attore a
rivelare un dettaglio alquanto particolare sul film di Robert Zemeckis, a dimostrazione di quanto il
progetto fosse davvero importante per entrambi. Il dettaglio in
questione fa riferimento ad una memorabile scena del film:
svegliatosi e resosi conto della fuga della sua amata Jenny,
Forrest si alza ed inizia a correre, partendo da casa sua e
arrivando fino alla fine della strada, poi della città, poi
dell’Alabama; corre quindi fino all’oceano Pacifico e poi
indietro fino a quello Atlantico, suscitando l’attenzione
mediatica e l’ammirazione della gente.
Ebbene, come rivelato da Tom Hanks in una recente intervista con
Graham
Bensinger, quella scena non sarebbe neanche dovuta esistere. A
quanto pare la Paramount Pictures non aveva intenzione di stanziare
fondi per la sua realizzazione, mentre Zemeckis riteneva che la
scena in questione fosse di vitale importanza ai fini della storia.
Per questo motivo – come spiegato proprio da Hanks -, sono stati
lui e Zemeckis a mettere a disposizione dei soldi per realizzare la
sequenza. Di seguito le dichiarazioni complete dell’attore:
“Lo studio disse semplicemente:
‘Non possiamo affrontare economicamente la corsa interstatale, non
puoi girarla’. E Bob Zemeckis disse: ‘È una parte del film troppo
importante, non posso toglierla. Dobbiamo trovare un modo per far
funzionare la cosa economicamente’. Ma loro continuavano a dire di
no. Venni a sapere della cosa e rimasi spiazzato, perché Bob mi
disse: ‘C’è questa corsa che costerà X dollari. Io e te ci
accolleremo la spesa e la recupereremo’. Dicemmo allo studio che
avremmo recuperato la cifra, ma che loro dovevano condividere con
noi una porzione maggiore dei profitti. Lo studio accettò. Durante
le riprese, però, si presentò una situazione analoga. Ci dissero:
‘Non possiamo assicurarci la copertura dell’assicurazione per via
delle condizioni meteo. Non potete girarla’. E io e Bob ci
accollammo tutto. Alla fine fu tutto molto più facile.”
Il film del 1994 del regista
Robert Zemeckis, Forrest
Gump – con Tom
Hanks nei panni del protagonista – sarà oggetto di un
remake di Bollywood. Mentre come ogni film, Forrest
Gump ha i suoi detrattori, l’adattamento di Zemeckis
dell’omonimo romanzo del 1986 di Winston Groom è
riuscito a catturare il cuore degli spettatori al momento della sua
uscita.
Realizzato con un budget di $ 55
milioni, Forrest Gump è arrivato fino a quasi $
700 milioni al botteghino mondiale, un totale sbalorditivo per un
film che pochi si aspettavano essere un successo.
Forrest Gump è
stato anche uno dei film preferiti della critica, andando a vincere
sei premi Oscar, incluso il miglior film. Molti sostengono che
Le ali della libertà o Pulp
Fiction meritassero di più il premio, ma c’è anche chi
arriva a dire che Forrest Gump è proprio un brutto
film. Inoltre, il film di Zemeckis è stato selezionato per la
conservazione nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti nel
2011, un onore dato solo a meno di 1000 film, fino ad oggi.
Anche considerando l’enorme successo
di Forrest Gump nel 1994, è improbabile che molti
si aspettassero di leggere oggi le notizie di THR che il film
drammatico di Zemeckis sarà rifatto da Bollywood, l’industria
cinematografica indiana in lingua hindi. Come ormai molti dei fan
del cinema sanno, l’India produce effettivamente più film di
qualsiasi altro mercato, a volte anche 2000 all’anno. Ora,
Bollywood si prepara a una nuova versione del film la cui battuta
più famosa recita “la vita è come una scatola di
cioccolatini“.
A interpretare la versione indiana
di Forrest ci sarà Aamir Khan, il cui curriculum
vanta già dozzine di film. La pellicola si intitolerà Lal
Singh Chadha e sarà diretta da Advait Chandan. Chissà cosa
ne pensavo Zemeckis e Tom Hanks!
Uno dei più celebri e premiati film
degli anni Novanta è ForrestGump, diretto dal regista Robert
Zemeckis. Questi segnò profondamente il decennio,
ripercorrendo gli ultimi trenta, intensi, anni di storia americana,
portando in scena situazioni, personaggi o battute divenute
iconiche. Inoltre, è stato caldamente apprezzato per le novità
introdotte in materia di CGI, contribuendo al perfezionamento di
tali effetti speciali. Delicato e toccante, il film è oggi
considerato a livello mondiale come un grande classico.
Ecco 10 cose che non sai di
Forrest Gump.
Parte delle cose che non sai sul
film
Forrest Gump: la trama del
film
10. Viene narrata
l’incredibile vita del protagonista. La pellicola segue la
storia di Forrest Gump (TomHanks), un uomo dotato di uno sviluppo
cognitivo inferiore alla norma. Durante il corso della sua ricca
vita, questi si ritroverà coinvolto in alcuni dei principali eventi
della storia statunitense, dalla guerra in Vietnam alla cultura
hippy, dal diventare una stella del ping-pong al conoscere
personaggi come Elvis Presley, John Lennon e Richard Nixon. In
mezzo a tutto ciò, non dimenticherà mai la donna di cui è
innamorato: Jenny (Robin
Wright).
9. La storia è tratta da un
romanzo. L’idea per il film nasce nel momento in cui si
decide di realizzare una trasposizione dell’omonimo romanzo
pubblicato nel 1986 da Winston Groom. Tuttavia, la pellicola finì
con l’essere soltanto “liberamente ispirata”, poiché molti degli
eventi presenti nel libro vengono riadattati, e la sua struttura
viene pressoché modificata in favore del linguaggio
cinematografico.
Forrest Gump: i premi vinti dal
film
8. Ha vinto numerosi premi
Oscar. Il film risultò essere il più premiato del 1995, ed
in particolare arrivò a vincere sei premi Oscar a fronte di tredici
nomination. Tra questi si annoverano quelli per il miglior film, la
miglior regia, il miglior attore protagonista e i migliori effetti
speciali. In tutto, Forrest Gump arrivò a vincere ben
44 premi su 74 nomination in diverse cerimonie da tutto il
mondo.
Forrest Gump: la colonna sonora
del film
7. È ricca di grandi
successi. All’interno del film, che ripercorre oltre
trent’anni di storia americana, sono presenti alcuni tra i brani
più celebri di quegli anni, come Hound Dog, di Elvis
Presley, All Along theWatchtower, di Jimi
Hendrix, People areStrange, dei The Doors,
Fortunate Son, dei Creedence Clearwater Revival, Mrs.
Robinson, di Simon & Garfunkel e Blowin in the wind,
di Bob Dylan. La colonna sonora del film fu inoltre uno tra gli
album più venduti di sempre negli Stati Uniti, con oltre 12 milioni
di copie.
Forrest Gump: la celebre corsa del
protagonista
6. È una delle sequenze più
celebri del cinema. Verso la fine del film, il
protagonista inizia a correre semplicemente per il desiderio di
farlo. Questa sua voglia si trasforma inaspettatamente in una corsa
ininterrotta della durata di oltre tre anni. Divenuta estremamente
celebre, la sequenza è oggi ricordata come una delle più
affascinanti metafore sull’America, ed è stata presa come filosofia
di vita, venendo citata in diversi contesti e occasioni.
Parte delle cose che non sai sul
film
Forrest Gump: il cast del
film
5. È il film che ha reso
Tom Hanks una star. A dar volto all’iconico protagonista,
è l’attore Tom Hanks, all’epoca ancora poco
conosciuto. Proprio per questo motivo, Hanks non percepì un vero e
proprio compenso, ma solo una percentuale degli incassi. Ciò gli
permise alla fine di guadagnare circa 40 milioni di dollari,
all’epoca una cifra notevolmente alta.
4. Ha improvvisato una
celebre battuta. Nella sceneggiatura non vi è traccia
della frase “il mio nome è Forrest Gump. La gente mi chiama
Forrest Gump”. Questa fu infatti improvvisata dall’attore, e
al regista piacque a tal punto che decise di tenerla all’interno
del film. In seguito, sarebbe divenuta una delle battute più
celebri del film.
3. Hanks ha richiesto un
requisito fondamentale per il film. Prima di accettare il
ruolo, l’attore ha espressamente richiesto al regista e ai
produttori che la ricostruzione storica narrata avvenisse in modo
estremamente preciso. Per far ciò, si è dunque operata una lunga
ricerca sugli eventi previsti da sceneggiatura. Solo a quel punto,
Hanks accettò il ruolo.
Forrest Gump: non è mai stato
realizzato il sequel
2. Si è a lungo tentato di
riportare il personaggio al cinema. Dato il successo del
film, l’autore del romanzo decise di scrivere un seguito alla sua
storia. Si cercò allora di adattare anche questa in un
lungometraggio, ma il progetto morì in seguito al rifiuto di Hanks
di riprendere il ruolo. Per la produzione, sostituire l’attore era
impensabile, e si decise pertanto di abbandonare il progetto.
Forrest Gump: le frasi migliori
del film
1. È ricco di frasi
divenute celebri. Tutti almeno una volta nella vita hanno
recitato una delle tante celebri battute del film. In Forrest
Gump sono infatti contenute alcune della frasi più note del
cinema. Ecco le migliori:
– “Perché non mi ami Jenny, non
sono un uomo intelligente, ma so che cos’è l’amore.” (Forrest
Gump)
– “Mamma diceva sempre: la vita
è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti
capita” (Forrest Gump)
– “Stupido è chi lo stupido
fa” (Forrest Gump)
– “Da quel giorno stemmo sempre
insieme, Jenny e io, come il pane e il burro.” (Forrest
Gump)
– “Quel giorno, non so proprio
perché decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla
fine della strada, e una volta li pensai di correre fino la fine
della città, pensai di correre attraverso la contea di greenbow,
poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre
attraverso il bellissimo stato dell’ Alabama, e cosi feci.”
(Forrest Gump)
Quello del
thriller è da sempre uno dei generi più popolari e amati del
cinema. Film appartenenti a questo si sono visti declinati in tutti
i modi possibili, pur mantenendo sempre le stesse caratteristiche
di base. Ci sono poi opere che traggono ispirazione da eventi
realmente accaduti, e tra questi si colloca Formula per
un delitto, diretto nel 2002 da Barbet
Schroeder, regista candidato all’Oscar per il
film Il mistero Von Bulow. Con questo suo film, uno
degli ultimi da lui diretti, si è così confrontato con la storia
scritta da Tony Gayton, incentrata su di un
omicidio apparentemente perfetto ma che, come ogni delitto,
presenta in sé anche le cause del proprio smascheramento.
Come accennato, la vicenda qui
narrata è ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto negli
anni Venti del Novecento, ovvero l’omicidio perpetrato dagli
studenti Leopold e Loeb. Un
evento che ha avuto un grande impatto nella cultura di massa,
divenendo in più occasioni oggetto di rielaborazione per opere
cinematografiche. Tra le più celebri si ricordano Nodo alla
gola, diretto dal maestro Alfred Hitchcock, e
Funny Games di Michael Haneke. Con il
film del 2002 si riporta dunque al cinema tale storia, adattata
ovviamente al proprio tempo. Presentato fuori concorso al Festival
di Cannes, Formula per un delitto non ottenne da subito un
particolare favore di critica e pubblico, passando in sordina al
suo debutto in sala.
Con gli anni ha però acquisito lo
status di cult, ed è divenuta un’opera che tutti gli amanti del
genere riguardano con piacere, ritrovandovi tutti gli elementi più
classici relativi all’omicidio e alle relative indagini. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alla vera storia che ha
ispirato il film. Infine, si elencheranno anche le
principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
La trama di Formula per un
delitto
Protagonisti del film sono
Richard Haywood e Justin
Pendleton, compagni di scuola i quali nutrono il desiderio
di mettere in pratica le regole per commettere l’omicidio perfetto,
quello che nessun potrà mai risolvere. Dopo aver studiato e
preparato tutto nei dettagli, i due giovani passano così al rapire
un’innocente e casuale vittima. Per evitare che il delitto possa
essere ricondotto a loro, fanno in modo che la colpa ricada sul
bidello Ray Feathers, il quale non è nuovo allo
spaccio di marijuana tra gli studenti. Quando il corpo della
vittima viene ritrovato in un sacco, le indagini hanno inizio.
Per i due ragazzi, convinti
dell’accuratezza di quanto fatto, sorge così il più grande degli
imprevisti. A gestire il caso è infatti la detective Cassie
Mayweather, esperta e assolutamente non disposta a scedere
a compromessi. Questa, infatti, individua da subito una serie di
tracce che farebbero ricadere la colpa sui due ragazzi,
sopravvalutatisi nelle rispettive capacità. A causa dell’influenza
dei genitori di Richard, però, Cassie si vede privata del caso.
Dovrà a questo punto operare in autonomia, trovando il modo di
smascherare quelli che ritiene i veri colpevoli del caso.
Formula per un delitto: il
cast del film
Ad interpretare la determinata
detective Cassie Mayweather vi è l’attrice premio Oscar Sandra Bullock.
Questa non era nuova a film di questo genere, ma era
prevalentemente conosciuta per diverse commedie romantiche. Con
questo ruolo contribuì dunque una volta di più a dimostrare le
proprie capacità anche con personaggi e storie diverse da quelle a
cui era solita partecipare. L’attrice dovette inoltre raggiungere
una notevole forma fisica, necessaria per poter eseguire alcune
delle scene più complesse previste per lei. Nel ruolo del suo
collega, il detective Sam Kennedy vi è invece l’attore Ben
Chaplin, noto per film come
La sottile linea rossa,
The New World e The Water
Horse. Chris Penn, noto per Le iene e America oggi, interpreta qui il
bidello Ray Feathers.
Nei panni dei due ragazzi omicidi,
Justin Pendleton e Richard Haywood, si ritrovano rispettivamente
gli attori Michael Pitt e Ryan Gosling.
Pitt, noto per film come
The Dreamers e Last Days, ha poi avuto modo
qualche anno dopo di recitare in un altro dei film ispirati al
reale omicidio, ovvero il già citato Funny Games. Gosling,
invece, era qui ad uno dei suoi primi ruoli cinematografici, e
raccontò in seguito di aver avuto molta difficoltà ad interpretare
alcune scene del film. In particolare, quella in cui i due
protagonisti commettono l’omicidio lo ha portato ad uno stato di
stress tale da culminare nel vomito. Il set fu però per lui anche
un nido d’amore, dato che proprio qui conobbe la Bullock, con cui
ebbe poi una relazione per circa un anno.
La vera storia che ha ispirato il film Formula per un
delitto
Come anticipato, il film è ispirato
ad un reale caso di cronaca verificatosi nel 1924, e che ha visto
protagonisti gli studenti Nathan Freudenthal Leopold
Jr. e Richard A. Loeb. Ricchi e
provenienti da agiate famiglie dell’alta borghesia, i due si
conobbero nel 1919, e trovarono da subito nel proprio status, nella
passione per i crimini e nel disprezzo per le donne i loro
interessi in comune. Da subito iniziarono a commettere alcuni furti
e vandalismi per spezzare la noia delle loro vite borghesi. Con il
passare del tempo, però, iniziarono a diventare sempre più
ambiziosi, fino a progetterare quello che consideravano il piano
perfetto per un delitto.
I due studiarono per mesi ogni
dettaglio affinché non potessero essere identificati e catturati.
Il 21 maggio del 1924 misero infine in atto il loro piano, rapendo
e uccidendo il quattordicenne Bobby Frank, figlio di un ricco
imprenditore. Dopo averlo deturpato con l’acido, si sbarazzarono
del corpo gettandolo in un canale. Successivamente, inviarono una
lettera ai genitori di Bobby con la richiesta di riscatto. A
tradirli, tuttavia, fu un semplice paio di occhiali. Rinvenuti sul
luogo del ritrovamento del cadavere, questi presentavano una
speciale montatura, indossata da sole tre persone a Chicago.
Leopold, il proprietario di questi,
venne così interrogato, e con l’emergere di ulteriori indizi questi
fu costretto a confessare. Grazie ad un esperto avvocato i due
ragazzi riuscirono ad evitare la pena di morte, venendo però
condannati all’ergastolo. Il delitto scosse l’opinione pubblica del
periodo per vari motivi: per l’efferatezza dell’omicidio, per lo
status sociale dei ragazzi, e per l’aver ucciso un innocente per
tedio e per il solo gusto di farlo e provare le proprie abilità. La
cosa sollevò dunque accesi dibattiti, spingendo a riflettere sul
ruolo delle nuove generazioni.
Il trailer di Formula per un
delitto e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Formula
per un delitto grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV,Google Play, Apple TV e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
sabato 24 febbraio alle ore 21:00
sul canale Iris.
Notizie entusiasmanti per gli
appassionati di drammi sportivi ad alto numero di giri: Abbiamo
appreso che il prossimo film di Formula
Uno di Brad Pitt, ancora senza titolo, sarà
proiettato in IMAX per due settimane a partire dal 27 giugno 2025,
anche se Apple non ha ancora rivelato quale sarà lo studio che
distribuirà il film.
L’attesissimo film, che vede
Brad Pitt nei panni di un pilota anziano
e in pensione che torna a fare da mentore a un pilota alle prime
armi, promette di offrire un’esperienza adrenalinica sul grande
schermo. Il film vedrà la partecipazione di Damson
Idris (Snowfall) nel ruolo del giovane pilota che
riceve l’addestramento dal personaggio di Brad Pitt. La storia ruota attorno al rapporto
mentore-allievo e al loro viaggio per raggiungere il successo sulla
pista. Dato che Gran
Turismo della Sony ha già suscitato scalpore con una
premessa simile alla sua uscita l’anno scorso, sarà affascinante
vedere come i fan risponderanno a quest’ultima aggiunta al genere
dei drammi sportivi.
Il film è diretto da Joseph
Kosinski, noto per il suo amore per gli effetti pratici e
le acrobazie reali, come dimostrato in Top
Gun: Maverick. Kosinski ha sottolineato l’importanza
di catturare la fotografia reale e gli effetti pratici nel film,
dichiarando:
“È quasi buffo per me vedere
persone che sono così innamorate della fotografia reale. I giovani
non ne hanno viste molte. Sono così abituati alla CGI (immagini
generate al computer) come strumento dei grandi film che quando si
gira qualcosa di vero, sembra innovativo. Questo è esattamente
l’approccio per la Formula
Uno… girare le vere gare e le vere auto e catturarle.
Sarà una sfida enorme ma entusiasmante per me“.
Chi farà il film sulla Formula
Uno?
Il team di produzione dietro al film
è una potenza del settore. Kosinski produrrà il film insieme a
Jerry Bruckheimer e Chad Oman della Jerry Bruckheimer
Films, segnando una riunione del team dietro Top
Gun: Maverick. Inoltre, il sette volte campione di
Formula Uno Sir Lewis Hamilton
produrrà attraverso la sua Dawn Apollo e Plan B,
mentre Penni Thow, CEO di Copper, sarà il produttore esecutivo. La
sceneggiatura è firmata da Ehren Kruger, noto per
il suo lavoro su Top
Gun: Maverick e Dumbo.
È stato confermato che il film
debutterà nelle sale cinematografiche americano in IMAX il 27
giugno prima di approdare in esclusiva su Apple
TV+, anche se non è stata fissata una data per
l’arrivo del film su Apple. La collaborazione tra Kosinski e
Bruckheimer, insieme alla potenza delle star Pitt e Idris, rende
questo film uno dei più attesi dell’anno. Restate sintonizzati per
ulteriori aggiornamenti sul film senza titolo di Brad Pitt sulla Formula Uno e sulla sua uscita
in IMAX. Gli appassionati di corse e di drammi ad alta velocità non
vorranno perdersi questo esilarante evento cinematografico.
Analisi approfondita, impegno, temi
mai scontati e uno stile registico che punta alla semplicità e
all’immediatezza. Queste le qualità che lo hanno reso un regista
apprezzato in tutto il mondo, spesso presente in festival
internazionali, senza però perdere quello zoccolo duro di
appassionati che ne fanno un regista di culto ancor prima che una
star. È l’inglese Michael Winterbottom, nato a
Blackburn (Lancashire) il 29 marzo 1961. In vent’anni di attività,
prima per la tv e poi per il cinema, ha dimostrato di non aver
nulla da invidiare a più blasonati colleghi suoi connazionali: uno
per tutti, Ken Loach. Anzi, forse per questioni anagrafiche,
Winterbottom allarga il suo campo d’azione e interesse oltre quello
dell’analisi socio-politica – di cui pure si occupa- toccando altri
temi caldi e nervi scoperti dell’ultima generazione: il disagio
esistenziale, l’inaridimento dei rapporti umani, la malattia
mentale e fisica, le perversioni, la violenza. Perciò la sua
produzione è quanto mai eclettica e sempre interessante, curiosa
della realtà e che incuriosisce.
Dopo gli studi di cinema e televisione
alla Bristol University e al Polytechnic di Londra, si occupa di
montaggio alla Thames Television. Non fa mistero
di riconoscersi nel lavoro di grandi maestri del cinema europeo:
Godard, Wenders Truffaut e Bergman. È proprio con
un documentario su quest’ultimo che esordisce dietro la macchina da
presa alla fine degli anni ’80: Ingmar Bergman –
The Magic
Lantern (1989). Al contempo, firma alcuni
lavori televisivi (Rosie The Great –’89- Forget
about me –’90- Under the sun –’92). In questi anni inizia la sua
prolifica collaborazione con lo sceneggiatore Frank
Cottrell Boyce. Nel 1994 dirige per la BBC la serie Family, prodotta da
Andrew Eaton, con cui nello stesso anno fonda la
sua casa di produzione: la Revolution Films. Tutto
è pronto per l’esordio sul grande schermo, che avviene con
Butterfly Kiss. Ci sono tutte le caratteristiche del cinema del
regista inglese in questo drammatico racconto del rapporto intenso,
ma distruttivo, tra due donne: una forte, decisa, violenta
(Eunice/Amanda Plummer), l’altra remissiva (Miriam/Saskia Reeves),
accomunate da un disagio che è insieme esistenziale, mentale e
fisico. Un viaggio nel nord dell’Inghilterra a caccia di vittime da
uccidere. E anche tra le due protagoniste, un rapporto
“carnefice-vittima” o se si preferisce, sadomasochistico, in cui
Miriam alternativamente subisce la furia cieca di Eunice e ne
diventa complice, nell’illusione che quella possa essere per
entrambe la via d’uscita da un’esistenza mortificante e senza
alcuno sbocco. C’è lo squallore dei sobborghi industriali inglesi,
perfetta cornice del dramma, ma c’è anche la natura, l’acqua che
accompagna l’ultimo gesto violento, l’unico possibile, che riporta
pace ed equilibrio in una sequenza finale in bianco e nero. C’è la
musica (Cramberries, Bjork, New Order), che si fonde con l’immagine
e l’azione, adattissima, come sempre quando a sceglierla è qualcuno
che ama questo mezzo espressivo, forse al pari della macchina da
presa. Il film non ottiene un grandissimo successo, ma colpisce i
giovani, che ne fanno una pellicola di culto, e mette senz’altro in
luce il talento di Winterbottom: la forza e al
contempo la delicatezza con cui riesce a trattare temi complessi e
inusuali e a muoversi su terreni impervi.
Forma e contenuto: Michael
Winterbottom
Nel ’96 torna alla tv, dirigendo
ancora per la BBC uno straordinario Robert Carlyle in Go now. Anche
qui si pone al centro l’individuo e si affrontano temi spinosi e
delicati: Carlyle interpreta infatti un operaio inglese che si
scopre affetto da sclerosi multipla. L’irrompere di questo dramma
sconvolge la normalissima vita di Nick/Carlyle, i suoi rapporti
umani, ma lui, con straordinaria forza e grazie anche all’aiuto di
chi caparbiamente gli resta vicino, riesce a non darsi per vinto, e
a compiere il duro percorso verso l’accettazione della malattia e
il raggiungimento di un nuovo equilibrio. Tuttavia, non è un film
“patetico”, giocato sulla compassione e sulla commozione, è anzi
fiero e battagliero, come il suo protagonista. Inoltre, il film è
stato scritto da chi ha vissuto in prima persona l‘esperienza (Paul
Henry Powell, assieme a Jimmy McGovern). Si manifesta dunque qui la
passione documentale di Winterbottom e la sua determinazione a non
cadere in facili stereotipi.
Il regista si dedicherà ancora ad
indagare la sfera dei rapporti umani, all’interno della coppia e
nel nucleo familiare in special modo, in alcune pellicole
successive: I want you (1998) e
With or without you: il primo su un
rapporto d’amore ossessivo, il secondo riguardante un triangolo
amoroso (1999); Wonderland (1999), quadro di
famiglia moderna dai rapporti inariditi, in cui i problemi si
moltiplicano, perché le tre figlie (Molly/Molly Parker, Nadia/Gina
McKee, Debbie/Shirley Anderson) sono a loro volta alle prese con la
difficile gestione delle loro vite di relazione e con la
genitorialità; 9 songs (2004), storia di
sesso senza amore tra due giovani, scandita dalla musica e dalla
frequentazione di concerti, da cui il titolo. Tenta la riflessione
su una sessualità che allontana anziché avvicinare, accomunando la
sensazione che ne deriva alla solitudine che prova il protagonista,
anni dopo, in una spedizione scientifica tra i ghiacci.
A dimostrazione del suo eclettismo,
delle tante passioni che lo portano in territori sempre diversi –
qui di certo gioca l’amore per la letteratura inglese, studiata a
Oxford- nel ’96 inaugura anche un altro filone del suo cinema:
quello delle trasposizioni su grande schermo di opere letterarie. È
infatti alle prese con Giuda l’oscuro di Thomas
Hardy, che diventa Jude. Proseguirà su questa direttrice
nel 2000 con Le bianche tracce della vita
(The claim), ancora tratto da Hardy, e poi forse
con la sua scommessa più azzardata in campo di trasposizioni
letterarie: Tristram Sandy – A cock and bull
story (2005), tratto dal romanzo di Laurence
Sterne, già di per sé al di fuori di ogni regola
narrativa, trasgressivo e rivoluzionario all’epoca – siamo nel
‘700. Insomma, le caratteristiche adatte per interessare il
fondatore della Revolution Films.
Nel 1997 intraprende un altro
cammino, quello più spiccatamente impegnato e politico del suo
cinema. Con Benvenuti a Sarajevo affronta
infatti per la prima volta il tema della guerra – qui quella in ex
Jugoslavia – e degli effetti devastanti di questa sulla vita di chi
abita i territori del conflitto. Anche qui c’è una fonte
documentale da cui è tratto lo spunto della storia: il racconto da
parte del giornalista britannico Michael Henderson
della sua esperienza a Sarajevo e del tentativo di portare
l’attenzione del mondo sulla condizione di un gruppo di bambini in
un orfanotrofio, lasciati sotto i bombardamenti nell’indifferenza
generale. È dunque la storia di una presa di coscienza da parte del
giornalista, che agisce oltre i limiti del suo mestiere, ma si
spende in prima persona per salvare delle vite. Ed è insieme una
critica a tutte le forze impegnate nel conflitto, che non si curano
dei possibili “danni collaterali”. Ma è anche una denuncia forte
contro chi vi assiste senza far nulla: la comunità internazionale,
i mezzi di comunicazione e pure i comuni cittadini di tutto il
mondo, che assistono alla spettacolarizzazione del tutto, senza più
neppure un barlume d’indignazione. È proprio una reazione emotiva
forte da parte di chi guarda, quella che Winterbottom cerca,
invece, chiamando tutti alle proprie responsabilità. Tuttavia, la
pellicola è forse troppo scopertamente a tesi e non riesce a
sfuggire a una certa quota di retorica. Ciò che invece non accade
in Cose di questo mondo (2002). Nel frattempo c’è stato l’11
settembre, la guerra in Afghanistan e quella in Iraq sono in corso
e il tema della popolazione in fuga dal conflitto è attualissimo.
In questa pellicola – ancora una volta e assai più delle
precedenti, dal piglio documentaristico – girata in digitale nei
luoghi raccontati, assistiamo alle peregrinazioni di due giovani
(Enayat e Jamal) da Peshawar verso l’Inghilterra, in un
viaggio a tappe dove rischiano la vita e sopravvivono con mezzi di
fortuna, passando per il Kurdistan, poi Istanbul e finalmente
l’Europa: prima l’Italia, poi Parigi e infine Londra. L’approccio
documentaristico quasi fa dimenticare che si tratta di un film ed è
efficacissimo nel mostrare tutto il necessario senza cedere a
sentimentalismi e retorica. Il regista lascia parlare l’azione e il
risultato è di grande forza. Il film, selezionato per vari festival
internazionali, come spesso accade a Winterbottom, gli vale l’Orso
d’Oro al Festival
di Berlino e il Premio come Miglior Film non in inglese ai
BFTA. Non contento, il regista inglese continuerà ad esplorare
l’universo dell’umanità in guerra e delle atrocità cui gli uomini
si trovano sottoposti in queste circostanze in altre due pellicole,
sempre attualissime. The road to
Guantanamo (2006), premiato ancora a Berlino con
l’Orso d’Argento, tocca un nervo tuttora scoperto riguardo gli USA
e la loro gestione dei prigionieri di guerra. È la storia di
quattro ragazzi pakistani che nel 2001 tornano nel loro paese
d’origine perché uno di loro sta per sposarsi. Decidono poi di
andare a portare aiuto in Afghanistan alla popolazione vittima dei
bombardamenti e lì, in tre vengono arrestati con l’accusa di
terrorismo e portati a Guantanamo, dove subiscono torture. Saranno
liberati e completamente scagionati due anni dopo. Anche in questo
caso Winterbottom fonde documentario e film: ci sono le
testimonianze dei ragazzi coinvolti e la ricostruzione della
vicenda da parte del regista. E se la parte iniziale, che riguarda
il viaggio e le vicende precedenti all’arresto rimanda al
precedente Cose di questo mondo, il racconto della detenzione a
Guantanamo non potrebbe essere più efficace e costringe ad una
riflessione sul significato delle parole “democrazia” e “civiltà”.
Ultima pellicola firmata dal regista inglese sui temi
guerra/terrorismo è A mighty heart – Un cuore
grande (2007), dove sceglie Angelina
Jolie come protagonista per interpretare il ruolo di
Mariane, moglie del giornalista Daniel Pearl, inviato dal Pakistan
del Wall Street Journal, rapito e ucciso dai terroristi. Il film è
tratto dal libro di Mariane che ricostruisce la vicenda. Ancora una
volta lo stile è documentaristico, la direzione mira a restituire
l’atmosfera concitata creatasi intorno alla donna nei frenetici
giorni che seguono il sequestro. Il fulcro della vicenda qui è
proprio Mariane/Jolie. In secondo piano, stavolta, le riflessioni
di carattere generale sul contesto socio-politico. Riflessioni
socio-politiche che invece non possono mancare, assieme a quelle
economiche, nel più recente documentario sul sistema capitalistico
e le sue storture The shock
doctrine (2009), in cui Michael
Winterbottom, che dirige insieme a Mat Whitecross, si
avvale della collaborazione di Naomi Klein.
Abbiamo però parlato
dell’eclettismo del regista di Blackburn. Ebbene, nella sua
carriera non si è fatto mancare un’incursione nella fantascienza
con Codice 46 (2003), in cui ha diretto
Tim Robbins e Samantha Morton. Così come, da
appassionato di musica quale è, nonché conoscitore
dell’Inghilterra, non poteva farsi sfuggire l’occasione di
realizzare un film sulla scena punk e post-punk di Manchester e più
esattamente sull’etichetta discografica che ha tenuto a battesimo
molti dei suoi protagonisti: Joy Division, New Order,
Happy Mondays tra gli altri, e ha gestito il locale
simbolo dell’epoca, che ha ospitato negli anni anche
Chemical Brothers e Moby. Si tratta della
Factory Records e del suo fondatore Tony Wilson (Steve
Coogan). Il film è 24 Hour Party
People (2002) e ricostruisce le gesta del vulcanico
produttore, oltre ai suoi rapporti con i gruppi in questione,
cercando al tempo stesso di rendere l’atmosfera della Manchester
degli anni ’80 e ’90, altrimenti eloquentemente detta
“Madchester”.
E sempre da amante della musica,
nonché amico dei Coldplay, Michael
Winterbottom ha diretto anche il loro primo video: quello
del brano Bigger Stronger, in cui ritroviamo la sua passione per
l’elemento acquatico.
Per tornare alle produzioni più
recenti, infine, due anni fa il regista ha scelto Colin
Firth per il suo Genova, pellicola di ambientazione
italiana ancora sul tema dei legami affettivi e familiari, messi
alla prova da eventi estremi. Infine, e siamo a quest’anno,
l’ultima sfida: ha diretto Casey Affleck nel
thriller The killer inside me, in cui l’attore
interpreta Lou Ford, vicesceriffo psicopatico nel profondo sud
degli Stati Uniti, negli anni ’50.
La sindrome di Peter Pan che da
sempre sembra preoccupare Fausto Brizzi, ritorna
prepotentemente in questa sua ultima opera, Forever
Young, scritta dal regista e dal suo ormai abituale
sceneggiatore Marco Martani. Come d’abitudine, la
pellicola è una commedia corale nella quale si intrecciano diverse
storie parallele, molte delle quali forse pleonastiche e poco
incisive (si veda la vicenda di Teocoli –
Fresi, che manca di mordente e originalità).
Ma il fulcro principale si può
individuare nelle vicende di Giorgio (FabrizioBentivoglio), neo cinquantenne che, non
badando troppo agli anni che porta, tira tardi in discoteca e si
diletta, poi lamentandosene, in prestazioni amorose con la
fidanzata ventenne. Attorno a lui si svolgono le vicende dei
personaggi di Lillo (all’anagrafe Pasquale
Petrolo), di
Sabrina Ferilli e di Luisa Ranieri, tutti impegnati nel dimostrare
ostinatamente la propria (ormai passata) giovinezza.
Forever Young, il film
Il mondo piccolo borghese di Brizzi
pare costituito esclusivamente di problemi di cuor “leggero”, dove
l’ipocrisia dilagante delle persone è sottolineata dall’uso di
termini perbenisti (“Non siamo vecchi, siamo maturi!” – esclama
Bentivoglio ad inizio film). Ciò che più irrita è la
stereotipizzazione dell’essere umano, dove i “vecchi” amano i film
di Woody Allen mentre una gioventù odiosa e poco realistica è
rappresentata da una massa di inetti che non conosce l’esistenza
della pasta fatta in casa o di classici musicali senza tempo.
Eppure nel complesso la commedia di
Brizzi risulta un godibile divertissement, dove anche allo
spettatore più restio viene strappata una risata in virtù di
quell’inclinazione al luogo comune tipica della cultura italiana,
aiutata per altro da una colonna sonora scontata ma che colpisce
nel segno (da Bonnie Tyler ai
Supergrass, dai The Buggles fino
ad arrivare alla Forever Young degli
Alphaville che dà il titolo al film e qui
rivisitata da Nina Zilli).
E se tra un cliché e l’altro si
inserisce anche la piacevole visione di una Roma da cartolina, la
pellicola fa centro anche grazie ad una messa in scena azzeccata e
alla buona resa recitativa degli attori sui quali spiccano gli
spassosi camei di Nino Frassica e Riccardo
Rossi.
Guarda
le clip di FOREVER YOUNG, la nuova commedia di
Fausto Brizzi con (in ordine alfabetico) Fabrizio
Bentivoglio, Sabrina Ferilli, Stefano Fresi, Lorenza Indovina,
Lillo, Luisa Ranieri, Teo Teocoli e Claudia
Zanella.
Il film
sarà al cinema da domani 10 marzo distribuito da
Medusa.
Sinossi
Oggi
nessuno insegue più un sogno, un ideale o banalmente il denaro,
tutti sono alla ricerca della giovinezza perduta. Se sei giovane
sei “in”, se sei vecchio sei “out”. Questa è la storia di un gruppo
di amici “Forever Young”, ambientata nell’Italia di oggi.
L’avvocato FRANCO (Teo Teocoli) è un adrenalinico settantenne,
appassionato praticante di sport e di maratona in particolare. La
sua vita cambia quando scopre che sta per diventare nonno grazie a
sua figlia MARTA (Claudia Zanella) e a suo genero LORENZO (Stefano
Fresi) e che il suo fisico non è poi così indistruttibile. ANGELA
(Sabrina Ferilli), un’estetista di 49 anni, ha una storia d’amore
con LUCA (Emanuel Caserio), 20 anni, osteggiata dalla madre di lui,
SONIA (Luisa Ranieri), sua amica. DIEGO (Lillo), DJ radiofonico di
mezz’età, deve fare i conti con gli anni che passano e con un
nuovo, giovanissimo e agguerrito, rivale (Francesco Sole). GIORGIO
(Fabrizio Bentivoglio) ha 50 anni e una giovanissima compagna
(Pilar Fogliati), ma la tradisce con una coetanea di 50 (Lorenza
Indovina). Chi sceglierà quando si troverà messo alle
strette?
Oggi a Roma è stato presentato il
settimo lungometraggio di Valeria Bruni Tedeschi dal titolo
Forever Young. Il film riporta lo spettatore
indietro nel tempo fino al 1986 quando Patrice
Chéreau e Pierre Romans creano la scuola
Les Amandiers. Il lavoro fatto dalla regista e dal team di
co-sceneggiatrici composto da Noémie Lvovsky e
Agnès De Sacy è quello di aver preso i loro
ricordi e metterli nero su bianco attraverso la macchina da presa.
Lungo la chiacchierata con la stampa, oggi in conferenza stampa la
regista e il coproduttore, Angelo Barbagallo hanno
spiegato il processo creativo che ha portato alla realizzazione del
film.
Forever Young, la trama
Francia, 1986. Stella, Adèle, Victor
e Frank sono nel pieno della propria esplosiva giovinezza. Entrati
nella prestigiosa scuola teatrale Les Amandiers creata da Patrice
Chéreau e Pierre Romans sentono di avere il mondo nelle mani.
Lanciati a piena velocità nelle proprie passioni, vivranno insieme
l’entusiasmo, le paure, gli amori, ma anche le loro prime grandi
tragedie.
Questa breve trama che fa da base
per il lavoro fatto in Forever Young racconta
invece molto di più: “Io e le mie co-sceneggiatrici abbiamo
lavorato in modo schematico. Abbiamo preso del materiale
autobiografico, e ci siamo divertite a cambiarlo con la nostra
immaginazione. Lo abbiamo adattato costruendoci attorno le nostre
idee creative. Prendiamo il caos della realtà e ne facciamo una
finzione”, dichiara Valeria Bruni Tedeschi. La sua pellicola è
stata presentata a Cannes e in Francia ha già avuto il suo debutto
avvicinando anche i commenti positivi del pubblico. In Italia,
invece, il film uscirà il 1° dicembre per Lucky Red, in 120
sale.
In Forever Young in
particolare vediamo questa messa in scena di due figure
contrapposte: da una parte gli allievi e dall’altra i registi, che
hanno ispirato proprio il film: “Les Amandiers non era una
scuola convenzionale. ne ho voluto fare un film perché volevo
raccontare questa strana scuola, questa esperienza che questi
registi hanno fatto insieme a noi allievi. Les Amandiers non era
una scuola teatrale convenzionale come il conservatorio, per
esempio, era una scuola dove ci hanno il gusto di cancellare la
frontiera tra la vita e la scena. Di poter dare sulla scena e ai
nostri personaggi le nostre verità, di non recitare ma di essere.
Questa frontiera cancellata però metteva noi studenti un po’ in
pericolo”.
Fred Buscaglione, Bertolucci e
tanti altri riferimenti
“Ho un particolare attaccamento
a Fred Buscoglione. Avevo già preso un’altra sua
canzone per un altro film. Ho avuto l’intuizione di mettere la
canzone Guarda che luna su una scena molto particolare perché
avevamo voglia con la montatrice di dare un contrasto tra il dramma
e questa canzone che ha tinte allegre”, afferma la regista.
“Il contrasto fa parte della vita e io vedo la vita così e la
racconto così. Poi questa canzone ci è ritornata in mente nella
scena finale e quasi alla fine del mix Sandy Notarianni ha avuto
l’idea di farla cantare al personaggio di Etienne
[interpretato da
Sofianne Bennacer] come se fosse un modo supplementare
di convocarlo”.
Chereau,
interpretato da
Louis Garrel, è stato il mentore di Valeria Bruni
Tedeschi, l’ha lanciata al teatro ed è stato un maestro: “È
stato un mio amico, Thierry De Peretti, a darmi l’idea per il film.
Dare a qualcuno un’idea è un bel regalo. Poi io e le mie colleghe
abbiamo iniziato a lavorare alla sceneggiatura, non senza
difficoltà. In particolare, dovevamo scegliere che cosa raccontare
di questa scuola – che nella realtà dura due anni, molto di più
rispetto alla rappresentazione nel film. In quegli anni abbiamo
lavorato tantissimo ma nel film volevamo raccontare la stranezza di
questa scuola ma semplificarla per portarla allo
spettatore“.
Ha continuato dicendo: “Un altro
problema era proprio il personaggio di Chereau
perché io ero intimidita e rispettosa nel portarlo in scena.
Abbiamo proprio preso alcune sue frasi nei dialoghi per essere
fedeli il più possibile. Lui era un genio e quello che mi ha
aiutato a mettere tutto in disordine è stato il pensiero che lui
leggesse le sceneggiature. In questo disordine Louis
Garrel è stato un interprete fantastico: “Quando è
arrivato nel film mi ha detto che era scritto male e gli ho chiesto
di improvvisare. Ha portato nel film il suo
Chereau perché sapevo che era dentro di lui, un
personaggio con cui sognava di lavorare”.
In Forever Young
c’è un riferimento a
Bernardo Bertolucci: “Io ho fatto un cortometraggio con
Bernardo Bertolucci in passato. Di questo
cortometraggio mi resta l’incontro con lui. È una persona che è
stata decisiva nel mio lavoro e nella mia vita. Sono stata felice
di riportarlo in scena a modo mio. il film ha la sua valenza
proprio il fatto che mette in scena queste personalità così forti,
che ormai non ci sono più”.
Valeria Bruni Tedeschi: “Preferisco
fare la regista che l’attrice”
Il settimo film come regista non è
davvero una cosa da poco per
Valeria Bruni Tedeschi che durante la conferenza stampa di
Forever Young ammette cosa sceglierebbe se
potesse: “Il mio lavoro da attrice è molto più spensierato.
quasi una vacanza. Oggi sto facendo un film con Valeria Golino in Sicilia e il mio personaggio
è un po’ particolare. Sono felicissima sul set, non mi sentivo così
felice da tanto ma il mio personaggio è duro e doloroso. Invece,
fare un film è una responsabilità più grande. Se dovessi scegliere,
preferirei osservare gli altri, fare la regista. Questo perché
quando faccio i film lo uso come un pretesto per stare insieme alle
persone che amo”.
Nel suo modo di fare la regista il
suo obiettivo è la costante ricerca della verità:
“Un personaggio che ha ispirato il mio film è la mia coach
che ha scritto un libro che si intitola The Truth, La verità.
Questo è quello che io ho sempre chiesto ai miei attori dei miei
film. Io avevo voglia di filmare loro e non volevo filmare delle
imitazioni dei miei ricordi o me stessa. Volevo filmare i miei
attori in questo ambiente della scuola negli anni 80 e volevo
guardare le loro anime”.
Valeria Bruni Tedeschi, la celebre attrice
italo-francese torna a dirigere un film, tra l’altro, da lei stessa
sceneggiato (con Noémie Lvovsky e
Agnès de Sacy):
Forever Young (Les Amandiers). Dopo I
villeggianti(2018), questa volta
vediamo Bruni
Tedeschisolo alla camera di regia.
Paradossalmente, in un film estremamente autobiografico, sceglie di
non comparire sulla scena: attraverso una giovane e abilissima
protagonista, Valeria Bruni Tedeschi realizza un’opera
evocativa e nostalgica che affronta la giovinezza con estrema
intensità emotiva.
La trama di Forever
Young
Stella (Nadia
Tereszkiewicz) è una ragazza benestante che sogna di fare
l’attrice. Insieme ad altri dodici giovani, viene presa nella
celebre scuola di recitazione teatrale diretta da Patrice
Chéreau (Louis
Garrel), l’École des Amandiers a Nanterre.
All’interno degli spazi teatrali, le gioie e i tormenti degli
aspiranti attori si liberano e si mescolano alle ambizioni. Amori,
passioni carnali e droghe sono insiti negli spiriti di questi
giovani artisti: se da un lato sono aspetti essenziali per dare
profondità alla recitazione, dall’altro causano grandi drammi.
Così, dentro e fuori dal teatro, gioia e dramma
sono essenziali per vivere (e recitare) appieno. Croce e
delizia.
Passioni carnali, passioni
artistiche
Forever Young è una
storia autobiografica: Valeria Bruni Tedeschi
sceglie di raccontare i suoi esordi, quando era allieva del celebre
regista Patrice Chéreau. Oltre al tema della
recitazione, nel film vengono affrontati quello
della droga e dell’AIDS, problematiche intrinseche al mondo
dell’arte e alla gioventù.
C’è chi si droga per avvicinarsi
all’arte, chi si buca per evadere dalla realtà, chi fa sesso
spensieratamente e chi ha il vizio di tradire. In Forever
Young anche i temi più impegnativi sono approcciati
attraverso quel mix di drammaticità e spensieratezza tipici della
giovinezza. All’interno del gruppo di ragazzi, la promiscuità
regna sovrana e i problemi di uno diventano quelli di tutti, non
solo in senso spirituale e metaforico. La condivisione delle
passioni e delle difficoltà è un aspetto enfatizzato nel film e
dona profondità sia ai momenti allegri che a quelli drammatici. Il
gruppo è una necessità in Forever Young, una
dipendenza e un’ancora di salvezza allo stesso tempo.
Un cast giovanissimo
ForeverYoung. Giovani per sempre. Così ci si sente a
vent’anni e così si sente la regista facendo rivivere la sua
gioventù sul grande schermo. Probabilmente, anche il freschissimo
cast scelto da Bruni Tedeschi condivide questo
sentimento: al di là del grande Louis
Garrel(che ha da poco recitato nei panni
di Godard), il resto degli interpreti
di Forever Young sono ventenni pressoché
sconosciuti a livello internazionale. Nonostante ciò, tutti
recitano perfettamente la propria parte. Un film così
meta-narrativo ha bisogno di attori in grado di
percepire l’emotività dei personaggi. Nadia
Tereszkiewicz, la protagonista, ha
relativamente poche battute
perché Stella comunica sé stessa attraverso il
volto ed il corpo. Estremamente comunicativi sono anche i grandi
occhi di Sofiane Bennacer nei panni
di Étienne o i capelli rosso fuoco e il sorriso di
Clara Bretheau.
I personaggi di Forever
Young sono belli e dannati, il prototipo degli artisti, ma
non solo: esprimono esattamente come ci si sente a vent’anni,
quando si è allo stesso tempo egocentrici (si pensa alla carriera)
e pronti a darsi totalmente a quell’altro significativo.
Densità e stratificazione
Forever Young è un
film denso e intenso: autobiografico, meta-narrativo,
teatrale, drammatico. Lo spettatore segue il lavoro che gli artisti
fanno su sé stessi e può condividere i loro sentimenti. La
profondità narrativa è espressa molto bene sia dalla colonna sonora
che dalle immagini. Le scelte musicali di François
Waledisch sono tutte significative. In
particolare, Guarda che luna di Fred
Buscaglione riecheggia come canzone di scena e come musica
extra-dietetica.
Le inquadrature strette, intime,
insieme alla grana della pellicola delle immagini danno l’idea di
un’opera realizzata per essere condivisa tra amici. L’aspetto
vintage, gli anni Ottanta fatti di auto a scatolette colorate e di
cappotti ampi, possono solo accompagnare. Forever
Young è come un filmino realizzato dietro le quinte, è
onesto e sporco, impreciso e quindi perfettamente vero e vivo.
Lucky Red ha
diffuso il trailer di
Forever Young (Les Amandiers), il nuovo film di
Valeria Bruni Tedeschi, che dopo essere stato
presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes, uscirà in
sala il 1 dicembre in Italia.
ProtagonistiNadia Tereszkiewicz,
Sofiane Bennacer,
Louis Garrel, Micha Lescot, Clara Bretheau,
Noham Edje, Vassili Schneider, Eva Danino, Liv Henneguier,Baptiste Carrion-Weiss, Léna Garrel, Sarah
Henochsberg, Oscar Lesage, Alexia Chardard,
Suzanne Lindon, Franck Demules, Isabelle Renauld, Sandra Nkake,
Bernard Nissille.
prodotto da ALEXANDRA
HENOCHSBERG e PATRICK SOBELMANcoprodotto
da ANGELO BARBAGALLO una co-produzione AD
VITAM PRODUTION, AGAT FILMS, ARTE FRANCE CINÉMA e BIBI
FILM con LUCKY RED, RAI CINEMA, CANAL+, CINÉ+ e
ARTE FRANCE distribuito da LUCKY RED
Francia, 1986. Stella, Adèle,
Victor e Frank sono nel pieno della propria esplosiva
giovinezza.Entrati nella prestigiosa scuola teatrale Les
Amandiers creata da Patrice Chéreau e Pierre Romans sentono di
avere il mondo nelle mani.Lanciati a piena velocità nelle
proprie passioni, vivranno insieme l’entusiasmo, le paure, gli
amori, ma anche le loro prime grandi tragedie.
Ecco il trailer di
Forever Love con James Franco,
Mila Kunis, Jessica Chastain e Zack
Braff.
Il film, presentato
nella seziona CinemaXXI al Festival Internazionale del Film di Roma
del 2012 con il titolo di Tar, è un film
del 2012 scritto e diretto da registi vari, con protagonista James
Franco, nelle vesti di Charles Kenneth Williams, vincitore di
numerosi premi letterari, tra cui il National Book Award per la
poesia nel 1999 ed il Premio Pulitzer per la poesia nel 2000. Il
primo trailer viene diffuso online l’11 novembre 2013.
Il film viene presentato in
anteprima mondiale il 16 novembre 2012 alla 7ª edizione del
Festival internazionale del film di Roma, dove partecipa in
concorso nella sezione CinemaXXI. Successivamente viene presentato
al South by Southwest nel marzo 2013.
L’anteprima statunitense avviene il
7 agosto 2013 a New York, mentre nel resto delle sale
cinematografiche statunitensi viene distribuito a partire dal 1º
dicembre dello scorso anno. Il trailer internazionale che vi
abbiamo mostrato è stato diffuso in occasione dell’uscita del film
nel Regno Unito.
Si intitolerà Skinny
Dipper, Forever 1×11, l’undicesimo
episodio della prima stagione di Forever
lo show di successo trasmesso dal network americano della ABC.
In Forever 1×11 Quando
un tassista viene ucciso da un’antica spada ed è solo l’inizio di
una complicata rete di telefonate anonime legate a Henry e
alla sua influenza. Ma cosa sta cercando Adam?
Dopo l’uccisione della seconda vittima, Adam tenta di incastrare
Henry accusandolo di aver commesso l’altro crimine. Può
Henry fidarsi di Jo e raccontarle la verità? O è
tempo per Henry e Abe di lasciare
la città? Proprio quando sono pronti a scappare, Henry cerca la
vendetta esatta su Adam che finisce con una rivelazione choc sulla
vera identità del secondo stalker di Henry.
Si intitola New York Kids,
Forever 1×07, settimo episodio della prima stagione
di Forever, la nuova serie
televisiva con protagonista l’attore Ioan
Gruffudd.
In Forever 1×07
Il dottor Tyler Forester, fondatore di
una clinica medica gratuita e figlio di un milionario di Wall
Street, viene premiato con i più alti onori cittadini per i
suoi sforzi umanitari. Qualche ora dopo, viene trovato morto nel
suo piccolo
appartamento. Henry e Joscoprono
che lo stile di vita di Tyler e dei suoi
compagni di classe della Hamilton School hanno avuto una svolta
negativa qualche notte fa anni fa. Adesso, l’incubo che
pensavano di aver seppellito anni fa, è tornato a tormentarli.
Nel frattempo, Henry ricorda di un
dilemma di qualche anno fa, essere forzato a decidere fra salvare
la vita di un uomo e proteggere il suo
segreto. Cosa
farà? Anche Abe gli svela un
segreto.
Si intitola The Pugilist
Break, Forever 1×05,
il quinto episodio della prima stagione di Forever.
In Forever 1×05 Quella
che sembra come una morte per orverdosi di un ex tossicodipendente
diventato un attivista porta Henry e Jo sono alla ricerca
dell’omicida. L’indagine complessa include affari loschi fra uno
sviluppatore di e un organizzatore di comunità con milioni di
dollari in palio. Henry viaggia nella New York di fine ‘800, quando
lavorava com medico per aiutare i poveri, incluso un bambino che
gli regala un dono. Nel frattempo, Abe cucina un pranzo domenicale
per Henry, Jo e lui stesso. Quando Jo tenta di capire come i due
uomini si conoscono, Henry riesce a nascondere la verità.
Si intitola The Art of
Murder, Forever 1×04, il quarto episodio della
prima stagione di Forever, la serie
Televisiva trasmessa dal network americano della ABC e con Ioan
Gruffud.
In Forever 1×04, La morte di Gloria
Carlyle, l’elegante, spietata matriarca di una delle più
ricche e vecchie famiglie di New York porta molta sofferenza nella
famiglia. Gloria è stata trovata morta
aun gala dedicato alla sua attività filantropica. Henry esamina una
serie di sospetti e motivi, ma viene allontanato dal caso quando la
famiglia richiede risposte immediate.
Abe
assiste Henry e Jo mentre
entrano in una vendita di beni immobiliari della famiglia per
raccogliere indizi tramite le sue vecchie connessioni. Nel
frattempo, Henry è tormentato da alcuni
ricordi che questo museo nasconde e che sono legati alla donna
della sua vita, Abigail, e la sua storia con
Gloria. Tutto lo spinge ad agire, cosa fareste voi per amore
Si intitolerà Fountain of
Youth, Forever 1×03, la terza puntata
della serie televisiva con protagonista l’attore Ioan
Gruffid e trasmessa sul network americano della ABC.
In Forever 1×03,
Henry è interessato al processo di
invecchiamento e a modi di morire, l’affascinante ospite ha trovato
un modo per tornare indietro con il tempo. In una clinica, viene
venduto un prodotto che dovrebbe dare l’eterna giovinezza. Henry e
Jo devono fare, invece, i conti con il numero dei decessi a causa
della pozione che serve per ringiovanire; l’unguento trasforma i
loro cervelli in “formaggio”. Henry va a
trovare un amico a cui avevano diagnosticato una la tubercolosi nel
1906. Abe, che vuole restare giovane per sempre, vorrebbe ritrovare
Athena.
Si intitolerà Look
Before You Leap, Forever 1×02,
il secondo episodio della prima stagione
di Forever, la nuova serie TV di ABC
con Ioan Gruffud.
In Forever 1×02, Dopo
che Henry (Ioan Gruffud) segue un caso
di un ragazzo che ha tentato di lanciarsi da un ponte che viene
etichettato come omicidio, lui
e Jo vanno a investigare sul campo. Nel
frattempo, l’anonimo visitatore torna. All’apparenza sta cercando
Henry da anni. Una lettera scritta su vecchia carta da lettere che
potrebbe portare a Henry un indizio sul
visitatore. Henry chiede l’aiuto di Abe (Judd Hirsch) per cercare
una vecchia nota in un locale straniero. Alcuni flashback svelano
la storia d’amore fra Henry e la sua prossima moglie Abigail.
Debutta oggi la nuova
serie Forever 1×01, con il primo
episodio che andrà in onda sul network americano ABC e che vede
protagonista l’attore Ioan
Gruffud.
In Forever
1×01, il dottor Henry
Morgan (Gruffud) ha un’interessante e avventurosa
lunga vita… insieme a delle ottime capacità di osservazioni e
intelligenza. Quando Henry e il detective Jo
Martinez (Alana De La Garza) indagano sulla
collisione in una stazione della
metropolitana, Jo è piacevoltmente
colpita e incuriosita dalla sua
figura. Henry scopre che qualcun altro
conosce il suo segreto: potrebbe non essere l’unico immortale a NY.
Chi è questa persona? E cosa vuole da lui?
L’unica persona che gli può infondere un po’ di speranza
è Abe (Judd Hirsch), il suo migliore
amico. Il destino li ha fatti incontrare e i due condividono un
legame anticonvenzionale. Questa è solo una parte del mistero che
si aleggia su Henry, l’uomo tenta anche di scoprire le ragioni
della sua fuga.
Il network americano della ABC ha
diffuso il promo ufficiale di Forever 1×22, il ventiduesimo e
ultimo episodio che si intitolerà “The Last Death of Henry
Morgan”:
Forever è una serie
televisiva statunitense trasmessa dal 22 settembre 2014 dal network
ABC. Il 7 novembre 2014 è stata confermata dal network ABC una
prima stagione completa di 22 episodi.
Il dottor Henry Morgan è un
brillante medico legale di New York, dalle straordinarie capacità
deduttive e larghe conoscenze acquisite durante la sua lunga vita;
ha oltre duecento anni ed è immortale. Ogni qual volta muore,
infatti, il suo corpo scompare per riemergere in non lontane acque
naturali. Non immune alle sofferenze fisiche, considera la sua
caratteristica un’afflizione, avendo assistito alla morte di tutte
le persone a lui care, e porta avanti da anni ricerche sulla morte
sperando un giorno di ottenerla. Pensa di essere l’unico in tale
condizione fino a quando non viene contattato da una persona che
afferma di essere anch’egli immortale. Una detective del
dipartimento per il quale lavora, Jo Martinez, impressionata dalle
sue capacità, decide di farne un assistente per le sue
indagini.
Si intitola 6 AM,
Forever 1×09, la nona puntata dell’atteso
primo ciclo di episodi della nuova serie televisvia trasmessa dal
network americano della ABC.
In Forever 1×09
omicidio musicale in una comunità di jazz di Harlem, l’uccisione è
probabilmente legata ai diritti di una leggendaria canzone jazz:
6 AM. Chiunque in modo legittimo si avvicini alla hit
viene segnato a vita. Dunque, la storia del jazz va protetta quando
Henry e Jo indagano sull’omicidio
del sassofonista, figlio di Pepper Evans. Allo
stesso tempo, memorie dolci amare affiorano alla mente di
Henry, Jo e Pepper mentre
riflettono sulla relazione padre-figlio. Nel frattempo
Henry, grande fan della musica classica, e Abe,
fan del jazz, hanno uno scontro all’ultima nota per produrre della
nuova musica emozionante.
Forever è una serie
televisiva statunitense trasmessa dal 22 settembre 2014 dal network
ABC. Il 7 novembre 2014 è stata confermata dal network ABC una
prima stagione completa di 22 episodi.
Il dottor Henry Morgan è un
brillante medico legale di New York, dalle straordinarie capacità
deduttive e larghe conoscenze acquisite durante la sua lunga vita;
ha oltre duecento anni ed è immortale. Ogni qual volta muore,
infatti, il suo corpo scompare per riemergere in non lontane acque
naturali. Non immune alle sofferenze fisiche, considera la sua
caratteristica un’afflizione, avendo assistito alla morte di tutte
le persone a lui care, e porta avanti da anni ricerche sulla morte
sperando un giorno di ottenerla. Pensa di essere l’unico in tale
condizione fino a quando non viene contattato da una persona che
afferma di essere anch’egli immortale. Una detective del
dipartimento per il quale lavora, Jo Martinez, impressionata dalle
sue capacità, decide di farne un assistente per le sue
indagini.
Si intitola The Ecstasy of the Agony, Forever
1×08, l’ottava puntata della prima stagione della nuova serie
televisiva trasmessa dal network americano della ABC.
In Forever
1×08 Henry e Jo scoprono
che c’è una sottile linea fra piacere e dolore quando la
morte di un uomo di affari di e marito foveate porta a una
punizione rituale. Henry scopre che si tratta di una mera questione
di fiducia. Un terapista viene messo sotto esame perché papabile
sospetto, il terapista voule dare una mano a Henry che lavora a
risolvere i suoi problemi. Nei flashback scopriamo che la storia
emotiva di Henry è caratterizzata dal tradimento a opera della
prima moglie Nora. Abe non sta più nella pelle quando
l’oggetto dei suoi desideri, Maureen
Delacroix (Jane Sezmour), sua moglie per ben due
volte riappare