Vi avevamo già anticipato di un
nuovo progetto su Peter Pan da parte della Warner
Bros, film intitolato Pan che sarà diretto da
Joe Wright. Anche se ancora non è stato confermato il
coinvolgimento del regista in questa nuova avventura, già si parla
di ipotetici componenti del cast.
Variety riporta la notizia che la Warner Bros
sembrerebbe interessata al premio Oscar Javier Bardem per il
ruolo di Barbanera, pirata brutale contro il quale il giovane Peter
dovrà combattere e guiderà una vera e propria rivolta, salvando i
nativi dell’ Isola che non c’è. Infatti , nella nuova
sceneggiatura, Pan sarà un orfano portato sull’isola che non c’è
dove ricoprirà proprio il ruolo il salvatore dei nativi. L’attore
sarebbe già stato contattato dalla Warner per questo
ipotetico ruolo.
Questo nuovo Peter Pan sarà un
progetto innovativo, nel quale vedremo il personaggio che tutti
amiamo in altre vesti, scopriremo il suo passato più intimo
nonostante la storia sia sempre basata sulle avventure scritte da
J.M. Barrie.
La produzione del film è affidata a
Greg Berlanti ( serie tv Arrow), la
sceneggiatura sarà scritta da Jason Fuchts, sceneggiatore de
Continenti alla Deriva, e tutto sarà supervisionato
da Sarah Schechter.
La vittoria di Katniss Evergreen e
Peeta Mellark ci aveva lasciato una strana malinconia. Come noi,
neanche loro riescono a gioire dopo gli spietati eventi a cui sono
sopravvissuti. Gli Hunger Games, preziosa creazione
letteraria di Suzanne Collins, sono la massima
espressione di un governo dispotico che, per mantenere lo status
quo, indice una lotteria i cui vincitori si contendono la
sopravvivenza. I tributi, così si chiamano i partecipanti,
si aggrappano alle loro vite chiamando in causa gli istinti
primordiali di hobbesiana memoria.
Homo homini lupus, è
la morale di fondo e il successo della saga è dovuto al declinare
tale lezione nel mondo dei giovani. Lo ha fatto nel primo film del
2011, diretto da Gay Ross, senza risultare banale, al
contrario, non lesinando nel mostrare particolari
agghiaccianti.
Per Hunger Games – La ragazza di fuoco, in
uscita il 27 novembre in Italia, al timone c’è Francis
Lawrence confermato per dirigere anche l’adattamento
de Il canto della rivolta che
verrà diviso in due film. Nato come regista di clip musicali
e spot pubblicitari, ha poi trovato il successo grazie a
Constantine (2005), trasposizione del fumetto
Hellblazer, proseguendo con Io sono leggenda
(2007) e Come l’acqua per gli elefanti (2011).
La ragazza di fuoco rappresenta
un’opportunità per mettere alla prova la sua consolidata abilità
nella trasposizione di romanzi e magari mostrarci capacità di
personalizzazione registica.
In questo secondo capitolo i due
vincitori sono il simbolo di una rivolta che il governo non potrà
ignorare. Costretti a lasciare gli affetti più cari per
intraprendere il “Tour dei Vincitori”, diventeranno consci delle
loro responsabilità ma si vedranno opporre, oltre al presidente
Snow (DonaldSutherland), anche il suo braccio destro
Plutarch Heavensbee (Philip Seymour Hoffman).
Jennifer
Lawrence, ormai a suo agio nei panni della protagonista, ha
ammesso la sua lontananza dal personaggio interpretato: lei a
confronto è “una fortunata viziata”. Da quando ha intrapreso
l’avventura di Hunger Games la sua agenda è ormai piena di impegni
fino al 2015: tra i film figurano American Hustle,
X-Men Giorni di un futuro passato e
Hunger Games Il canto della rivolta.
Tuttavia esprime profondo riconoscimento per il ruolo di Katniss
senza il quale non ci sarebbe stato Il lato positivo
(2012), la pellicola con Bradley Cooper che l’ha
vista trionfare agli Oscar come Miglior attrice protagonista.
Con La ragazza di
fuoco, avremo l’occasione di approfondire il
personaggio Peeta Mellark, interpretato da Josh Hutcherson,
che prima di Hunger Games era confinato in ruoli meno impegnativi e
secondari come in Viaggio al centro della Terra 3D,
Aiuto vampiroe I ragazzi stanno
bene. Al cast del primo film che comprendeva Liam
Hemsworth, Woody Harrelson, Stanley Tucci,
Elizabeth Banks e Lenny Kravitz, si aggiungono Sam
Claflin, nel film Finnick Odair, Jena Malone, nei panni
di Johanna Mason e Philip Seymour Hoffman, che interpreta lo
stratega Plutarc.
La saga di Hunger Games ha
risollevato le sorti del romanzo young adult e così sta facendo
anche al cinema prendendo le distanze da Twilight e
presentando un prodotto diverso rispetto da Harry Potter. Un
successo per poter catturare l’attenzione di giovani non più
ingenui.
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
Ha un fratellino, Jake, che fa
l’attore famoso, e un marito, Peter Sarsgaard, che fa
l’attore famoso pure lui (e ha un cognome ugualmente
impronunciabile). A dire il vero, è il fratello che fa conoscere a
Maggie Gyllenhaal il futuro sposo, incontrato sul set di
Jarhead. Dopo 7 anni insieme, nel 2009 i due si
sposano a Brindisi: hanno già una bimba e presto ne sfornano una
seconda. C’è da scommettere che le due pupe finiranno nello
showbiz, con la famiglia che si ritrovano.
Mamma Maggie esordisce col fratello
in alcuni film diretti dal padre (di origine svedese, da qui il
cognome assurdo) per poi dedicarsi alla laurea in letteratura e
religioni orientali alla Columbia. Ma studia anche recitazione a
Londra e nel tempo libero fa la cameriera nel Massachussets, finché
nel 2001 ottiene una particina in Donnie Darko, dove
è la sorella del protagonista, cioè suo fratello Jake, la cui
carriera decollerà grazie a questo inquietante indie. L’anno dopo
però è la volta di Maggie, che conquista finalmente la scena in
Secretary: la sua timida segretaria asservita al
sadico James Spader cattura l’attenzione e pure una
nomination al Golden Globe. Nel 2003 è una delle allieve di
JuliaRoberts in Mona Lisa smile: nel
cast c’è anche Kirsten Dunst, e Maggie ricambia il favore a
Jake presentandogli la collega, ma la relazione fra i due non
durerà. Miss Gyllenhaal ormai è un’attrice affermata e i progetti
successivi sono assai variegati: dalla commedia Vero come la
finzione, al drammone World Trade Center,
fino al blockbuster campione d’incassi Il cavaliere
oscuro, dove sostituisce Katie Holmes nei panni di
Rachel Dawes, l’amata di Batman. Nel 2009 la sua performance in
Crazy Heart al fianco di Jeff Bridges le fa
quasi vincere l’Oscar, ma Maggie riscuote successi anche a teatro,
dove si esibisce in diverse pièce (con un debole per
Checov).
La fanciulla vanta anche un passato
da modella (per Miu Miu e Agent Provocateur) e un
presente da attivista impegnata in svariate cause. Noi le rubiamo
solo qualche minuto per farle spegnere le 36 candeline. HAPPY
BIRTHDAY MAGGIE!
Ottavo giorno del
Festival di Roma 2013 e sono stati
presentati ben tre film in concorso, il primo è
Tir dell’italiano Alberto
Fasulo con Branko Završan, Lučka Počkja e Marijan
Šestak. Mentre il secondo è l’anglo-spagnolo Another
Me di Isabel Coixet con la ex Sansa
Stark di Game of Thrones Sophie Turner, Rhys Ifans, Claire
Forlani, Gregg Sulkin, Leonor Watling, Jonathan Rhys Meyers e
Geraldine Chaplin. Ed infine il film giapponese di Takashi
Miike, The Mole Song – Undercover Agent
Reiji con Toma Ikuta, Shinichi Tsutsumi, Riisa Naka,
Takayuki Yamada, Takashi Okamura, Yusuke Kamiji, Mitsuru Fukikoshi,
Kenichi Endou, Sarutoki Minagawa, Ren Ohsugi e Koichi Iwaki.
Guarda il trailer di
Justin Bieber’s Believe, il film sulla
giovane star diretto da Jon M. Chu, già regista
di Never Say Never, GI Joe:
Retaliation. La pellicola ripercorre il successo del
cantante noto in tutto il mondo che fa impazzire migliaia di
giovani, ed è ricco di filmati di concerti mai visti prima e
corredato di dietro le quinte mai pubblicati. Nel film inoltre le
apparizioni speciali di Scooter Braun, Patti Mallette,
Usher, Ludacris e molti altri.
Continua a tenere banco il reboot di
The Fantastic Four, che la 20th
Century Fox ha intenzione di rilanciare al cinema entro il
19 Giugno 2015. Dopo la notizia che il film si girerà in Louisiana,
oggi arriva la conferma da Comingsoon.net che parte di alcune
riprese potrebbero essere fatte a Baton Rouge, nel
periodo di Marzo 2014. Al momento queste sono solo rumors ma se
confermate a breve potrebbe chiudersi anche il casting del film al
momento ancora non ufficializzato, anche se diverse rumors sono
stati diffusi nell’ultimo periodo (LEGGI QUI e QUI) Sappiamo invece che alla
regia del film ci sarà il talentuoso regista di
ChronicleJosh Trank,
per una release prevista per Giugno 2015.
Mancano ancora due
giornate alla conclusione dell’ottava edizione del Festival
Internazionale del film di Roma, ma oggi si è conclusa la
presentazione alla stampa dei film presenti nella selezione
ufficiale per il Concorso, i 18 film che gareggiano per portare a
casa il Marc’Aurelio d’Oro. Lo scorso anno, lo ricordiamo, portò a
casa il premio il regista Larry Clarke, che con
Marfa Girl mise a dura prova le critiche
degli addetti ai lavori. Per non parlare poi del putiferio
scoppiato quando il premio alla migliore regia e alla migliore
interpretazione femminile andarono a Paolo Franchi
e alla sua attrice Isabella Ferrari per
E la chiamano estate.
Il Concorso in generale ha rivelato
poche sorprese, presentandoci un tipo di film che (in più di un
caso) prediligono una regia statica, ‘a seguire’ rispetto
ai personaggi del racconto, e con pochissimo spazio per l’azione.
Altro tema ricorrente del Concorso è stata la famiglia e le
dinamiche domestiche, con tutte le variazioni del caso.
Interessantissimi i tre film provenienti dall’Oriente, che si sono
distinti per una vena sperimentale comune che ne ha fatto tre belle
sorprese: The Mole Song, Seventh Code e
Blue Sky Bones. Sufficienza piena per
l’Italia: Tir, I Corpi Estranei e
Take Five si sono discretamente difesi,
riuscendo a colmare i reciproci limiti e presentandoci opere molto
diverse tra loro. Divide un po’ a metà il grande cinema di lingua
inglese/americana poiché dei quattro film attesi, con tanto di
star, solo due di questi si possono definire dei veri e propri
gioielli. Dallas Buyers Club e
Her sono senza dubbio i film
migliori visti al Festival (in molti anni di Festival), mentre
Out of the Furnace si rivela un film già
visto e Another Me una pellicola
dall’identità incerta e dal risultato deludente.
Il Concorso di
quest’anno ha visto dunque protagonisti dei film abbastanza
omogenei, con almeno un paio di picchi, verso l’alto e verso il
basso. Another Me, come accennato, e
A Vida Invisivel saranno certamente
considerati i protagonisti negativi di questa edizione, mentre per
Her e Dallas Buyers
Club si presenta il problema opposto. La
constatazione che le due pellicole sono così superiori rispetto al
resto del materiale mostrato in Concorso da essere quasi troppo
facile assegnare ad una di loro il nostro virtuale Marco Aurelio ad
uno dei due, dando automaticamente all’altro il premio per la
regia. Entrambi i film si giocano quindi la possibilità di portarsi
a casa l’ambito premio a pieno diritto, e si giocano anche un altro
premio importante, quello alla migliore interpretazione maschile.
Matthew McConaughey (Dallas
Buyers
Club)è
stato un protagonista straordinario, confermando la sua inaspettata
e sorprendente maturazione artistica, ma Joaquin
Phoenix ha dato prova, in Her,
di una profondità emotiva talmente forte da far male allo
spettatore, assolutamente al di sopra di ogni altra cosa vista in
questi giorni al Festival di Roma, e forse anche nelle passate
edizioni. Per quanto riguarda la migliore interpretazione
femminile, il verdetto è decisamente incerto, anche se un premio
collettivo al cast di Acrid, film
iraniano di Kiarash Asadizadeh, sembra un
premio inevitabile ad un film davvero interessante e dalla
struttura abbagliante. Il film, nel parere di chi scrive, potrebbe
ambire anche ad un premio per la migliore sceneggiatura. Premio
della Giuria potrebbe essere, secondo le nostre previsioni, tutto
per quel folle viaggio colorato, violento e rutilante che è
The Mole Song di Takashi
Miike. Il regista giapponese ha davvero fatto breccia nel
cuore del pubblico dell’Auditorium, e forse è riuscito a far bella
mostra di sé anche agli occhi della giuria di James
Grey. Il miglior contributo tecnico potrebbe essere
riconosciuto al rumeno Quod Erat
Demonstrandum, film complesso e forse con qualche
falla nei criteri di racconto, che però avvolge i suoi personaggi
in un bianco e nero da manuale.
Previsioni a parte, tra poco meno di
24 ore sapremo chi sono i vincitori di questa VIII edizione del
Festival di Roma, e allora ci ritroveremo sempre su Cinefilos.it a
leggerne i nomi e a discuterne insieme. Intanto ecco a seguire la
nostra gallery di questo Festival:
E’ uno dei veri maestri
del cinema orientale, riconosciuto in tutto il mondo per il suo
talento, la sua linea autoriale e soprattutto per la grande
prolificità artistica, è Takashi Miike che dopo
aver partecipato lo scorso anno al Festival di Roma come ospite
d’onore, quest’anno si presenta alla stessa manifestazione con un
film in concorso che ha letteralmente folgorato la platea di
spettatori. Stiamo parlando di The Mole Song Undercover
Agent Reiji, straordinario ed eclettico viaggio di
Miike nel mondo della yakuza giapponese. Il protagonista della
storia è Reiji, un agente di polizia senza nessuna qualità, che
viene scelto per diventare un agente sotto copertura per cercare di
stanare un noto boss dell’organizzazione mafiosa. Il ragazzo,
pasticcione, rumoroso e molto lontano dall’ideale di agente
infiltrato, riesce in qualche modo ad entrare nelle grazie dei boss
minori, sviluppando un certo legame con Crazy Papillon, un uomo
particolarmente pericoloso che ha una passione smodata per la
farfalle. Presto però il suo legame con questo personaggio losco lo
metterà davanti a scelte difficili che il nostro dovrà compiere
mentre su di lui pende la minaccia di una sanguinosa guerra tra
clan.
A prima vista la trama
del film fa pensare ad un ‘classico’ di Miike, che da sempre nei
suoi film si cimenta con storie di mafia e di faide, caratterizzate
da una violenza chiara e manifesta, senza mezzi termini. Questa
volta però i fan del regista giapponese devono prepararsi ad una
sorpresa, perchè The Mole Song Undercover Agent Reiji è
un viaggio delirante a metà tra cinema e fumetto, o meglio manga.
Infatti la storia è tratta dal manga di Noboru
Takahashi, che ha supervisionato la storia, e racconta le
vicende del protagonista in toni decisamente comici e grotteschi,
senza badare alla credibilità. La violenza, raccontata qui
attraverso scenografie colorate e costumi fuori dall’ordinario,
assume contorni comici e il protagonista (Toma
Ikuta) è un rutilante vulcano di invenzioni. Strizzando
l’occhio a noti personaggi provenienti dallo stesso mezzo di
comunicazione, il film si divide in due parti: all’inizio
prevalgono i toni grotteschi, pieni di inserti animati e di trovate
registiche straordinarie e innovative; poi il registro, senza
perdere il suo tono beffardo, si fa più serio e il film diventa un
(quasi) tradizionale film sulla mafia.
Con The Mole Song
Undercover Agent Reiji, Takashi Miike si conferma un
vero e proprio maestro del cinema, capace di spaziare trai generi e
gli stili senza perdere mai la sua verve creativa e ammaliando, e
in questo caso in particolare facendo molto ridere, un pubblico che
sempre più numeroso si avvicina alla sua arte.
Dopo Rumore
Bianco, Alberto Fasulo, regista italiano con la
vocazione per il documentario, torna al cinema con
Tir, avventura on the road di un
camionista che cerca di dividersi tra un lavoro stressante, una
moglie lontana e le difficoltà quotidiane di chi lavora tutti i
giorni, e le notti, sulla strada.
Branko è un camionista. La sua vita
si svolge scandita tristemente dalle ore di guida e le ore di
sosta. la strada è la sua compagna, mentre gira per tutta l’Europa
facendo ogni tipo di consegna. La sua vita però e caratterizzata
anche dalla difficoltà di coltivare il rapporto con la moglie, con
la quale lui si sente al telefono in lunghe e laconiche
conversazioni che sembrano ogni volta di più assottigliare il loro
legame.
Alberto Fasulo ci accompagna per
mano sulla strada, la vera vita di Branko (Branko
Zavrsan), nelle sue notti insonni al volante, nei suoi
pasti solitari cucinati a bordo del suo tir/casa, nelle sue lotte
contro il tempo per effettuare una consegna improvvisa o un carico
richiesto con poco anticipo. E’ una vita solitaria e forse triste,
che Fasulo ci racconta mettendoci in condizioni di capire a fondo
il personaggio: siamo nell’abitacolo con Branko, così vicino a lui
da sentire il suo respiro e allo stesso modo gli stiamo vicino
mentre cerca di dormire. La regia ci inserisce nella sua vita e la
fa anche un po’ nostra, grazie anche alla grande naturalezza di
Zavrsan, che sembra essere nato per questo ruolo. Niente orpelli,
niente grande recitazione ostentata, solo la fotografia di una
vita, la messa in scena di una fatica e di una condizione davvero
pesante da sostenere e che però si rende necessaria nel momento in
cui rende (da un punto di vista economico) molto meglio di un
lavoro qualsiasi che lo faccia rimanere a casa con la famiglia.
Alberto Fasulo
realizza un vero e proprio omaggio a questo mondo così poco
conosciuto, che vediamo di sfuggita in autostrada, dalle nostre
automobili, e lo fa con tocco delicato e oggettivo, confermando un
vero talento documentaristico.
Tir è
stato presentato in Concorso all’ottava edizione del Festival
Internazionale del Film di Roma.
Il
regista Alberto Fasulo si cimento al cinema
con Tir, film ambientato nel mondo un po’
nomade dei camionisti. Il film, distribuito da Taker Film, è stato
presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2013
gareggia in Concorso.
– Aspettavamo questo film
con ansia, dopo il Rumore Bianco. Quel film parlava di un fiume che
portava delle storie, qui c’è la strada che racconta una storia.
C’è un legame tra le due cose? E’ un tuo gusto personale o è un
caso?
“Non ci ho mai pensato.
Sicuramente nella storia influisce il fatto che ci metta molto
tempo a fare un film e che quindi intanto io mi muovo e procedo con
la mia vita. Nel Rumore Bianco ho raccontato il rapporto tra il
fiume e le persone e qui ho parlato di un rapporto tra il
protagonista e il suo lavoro e una moglie lontana.”
– E’ possibile che la
sceneggiatura in questo film abbia bloccato il tuo respiro più
documentaristico?
“Non credo. Anzi lavorare al
progetto è stata una sfida, soprattutto per l’empatia che si è
creata dopo qualche giorno con il protagonista (Branko Zavrsan). E’
stato molto interessante lavorare sul confine tra la realtà e la
finzione, e per me è stato fondamentale raccontare una storia
immersa nella realtà. Ho fatto quattro anni di ricerche e quando
poi ho incontrato Branko, è stato importantissimo non perdere il
mio rapporto con la realtà.”
– Quanto tempo sono durate
le riprese?
“Ci sono stati cinque anni di
scrittura e di ricerca sul campo per cercare di capire cosa valesse
a pena raccontare, cosa volesse dire crisi e cosa potesse essere
funzionale a dire ciò che volevo far passare nel film. Cinque anni
di riflessioni, ricerca e messa in scena.”
– Quanto è importante essere
in prima persona dietro la macchina da presa e effettuare le
riprese senza l’intermediazione di un operatore?
“Il fatto di dover stare dentro
una cabina e di filmare io è preferibile per me perchè così non
devo spiegare niente a nessuno. Mostro semplicemente quello che mi
interessa. E’ un motivo fisico e etico: il posto dove mi pongo crea
una connessione. Cerco di trovare la giusta distanza dalle cose che
sto raccontando.”
Il festival del cinema accoglie nel
suo spazio dedicato alle ‘chiacchierate’ cinematografiche
Checco Zalone. Il comico pugliese, giunto al
suo terzo film con Sole a Catinelle, ha diviso pubblico e
critica, arrivando ad un strepitoso successo al
botteghino. Zalone arriva sul palco della sala Petrassi
con l’aria di chi, essendo capitato per caso in una situazione che
non conosce o conosce comunque molto poco, esordisce con un “in
che consiste ‘sta cosa che facciamo?”, conquistandosi (come se
ne avesse bisogno) seduta stante il pubblico presente, compresa la
critica che ha tanto disprezzato il suo successo. Poi, è
cominciata l’intervista, o meglio, la chiacchierata tra due amici
e, anche solo rispondendo a delle semplici domande, Zalone è stato
l’esilarante showman al quale siamo abituati.
Marco Giusti: Perché non sei
andato da Vespa?
Checco Zalone: Perché ho
troppa visibilità in questo momento. Non voglio nemmeno più
guardarmi allo specchio, non ce la faccio più a vedermi. Mi
chiuderò a Capurzo, ho pure chiamato Mina. Mi riposo, sto a casa,
c’ho la bambina… non faccio niente. Poi questo lavoro è fatto anche
da momenti di pausa in cui uno pensa se vuole fare ancora cinema.
Anzi non è cinema quello faccio io, così hanno detto i critici
colleghi tuoi, però i cinema erano pieni. Ho letto molte
polemiche per l’uso che si farà di questi soldi perché non verranno
investiti nel cinema, cioè quello vero. Però il mio cinema fa
bene ai locali intorno al cinema, tipo le pizzerie, praticamente…
fa bene anche alla pirateria a Capurzo.
MG: Che ti hanno scritto i
critici?
CZ: Penso di aver diviso la
critica… Tu sei corrotto, sei amico quindi hai scritto bene.
Meneghetti mi ha dato due palle, però era una recensione ben
scritta, puntuale… non sto scherzando. Va bene per uno che si
sta avvicinando al mondo del cinema.
MG: Ma a te piace il
film?
CZ: No, bruttissimo. Quando
uno fa un film passa quattro mesi a vedere il prodotto, a fare il
montaggio ecc.. c’era roba inguardabile che avrebbe dato da
mangiare a voi critici.. ma col cavolo che l’ho messa, l’ho
tagliata. Alla fine vedi e rivedi ormai mi fa schifo, non
sono neanche andato al cinema a vederlo. Però la critica, quella
istituzionale, adesso purtroppo sta venendo soppiantata dai social
network, leggi pure la recensione del gommista sotto casa.
MG: Però in questo film c’è
un salto di classe, è anche un film politico.
CZ: non è un film ideologico,
non è un film politico..c’è questo personaggio che è un
anticomunista che però non sa neanche perché odia il comunismo,
l’idea me l’ha data mio fratello.
MG: Parliamo di comici: chi
ti piace di più?
CZ: Beppe Grillo.
MG: Tra i classici?
CZ: Sordi è stato il più
grande attore italiano, inarrivabile. Ho rivisto con grandissimo
piacere Il vigile ed ho trovato delle scene straordinarie. Guardo a
lui come riferimento, era una spanna sopra tutti gli altri.
MG: A chi credi di
somigliare? Hanno detto totò..
CZ: Non penso di
somigliargli, tendo a Sordi ma è troppo grande, poi qui devo
fingere di essere umile, dentro c’ho un ego grosso come te!
MG: Quanto ti ispira la tua
famiglia?
CZ: Tantissimo. Per esempio
nel film il personaggio che prende tutto a rate esiste davvero a
Capurzo. Vedi stipendiati a 1000 euro al mese che prendono
l’Audi con 27 anni di mutuo. Le zie tirchie di Capurzo pure.. poi
io non vivo a Roma, che secondo me fa bene a quelli che fanno ‘sto
mestiere..
MG: Sei sempre il ragazzo
semplice di una volta?
CZ: No, me la tiro..
MG: sembri un ragazzo
semplice e stupidotto e di provincia, ma in realtà affronti temi
come l’omosessualità.
CZ: nel primo film l’ho
affrontato: quello nella mia filmografia è stato il pezzo più
bello che doveva secondo me essere premiato, ma niente—quindi non
accetterò nessun premio.
Nel bel mezzo dell’intervista, poi
Zalone si fa suggerire dalle domande che gli vengono poste i
pretesti per cantare le sue canzoni. Canta, infatti “Gli uomini
sessuali” e “Samba senza u culo” per poi
tornare “serio” con un “BASTA, BASTA VOLGARITA’! PARLIAMO DI
CINEMA!”
MG: Ma tu lo faresti un film
di un autore italiano, quelli considerati quattro stelle?
CZ: Quattro stelle
Meneghetti? Non mi incassa un cazzo! Sinceramente non sono un
attore, non sono capace di mettermi in un altro personaggio. Quindi
per pietà della platea direi che non è il caso.
MG: I vostri film cercano di
essere sempre nuovi.
CZ: Ora non per fare il
presuntuoso, però noi guardiamo come riferimento alla commedia
italiana e, a parte Fantozzi, non è mai stata grottesca.
MG: Invece io trovo che state
sempre attenti a mettere le cose sul livello della realtà
italiana.
CZ: Sì, muoviamo dalla
realtà. In generale prendiamo i temi forti in quel momento storico,
i musulmani, l’integrazione razziale. Però non è che facciamo dei
saggi, non li spieghiamo, li prendiamo strumentalmente… per
ancorare alla realtà una storia, per renderla più efficace e
realistica..senza profondità, perché le cose brutte le conosciamo
già.
MG: E dei comici americani
che mi dici?
CZ: Mi piace Ben Stiller,
Sasha Baron Cohen. Non so se può essere proposto in Italia, però,
perché arriva a livelli di scorrettezza politica forse
inaccettabili per il nostro paese.
Si presenta al Festival
di Roma di quest’anno, ancora una volta con un film straordinario,
il maestro Takashi Miike, che spiazza tutti i suoi
fedelissimi fan con The Mole Song Undercover Agent
Reiji, storia di un poliziotto infiltrato nella
yakuza basato su un manga di Noboru
Takahashi, Mogura no Uta.
“Volevo ringraziarvi perché
avete visto il film proprio come io volevo – ha esordito il maestro
Miike – In Giappone le storie intorno alla yakuza sono sotterranee,
e le giovani generazioni guardano questo tipo di storia come se si
trattasse di cose passate, perciò raccogliamo pochi spettatori. Ma
facendo questo film ho cercato di far divertire gli spettatori
anche guardando alla nuova generazione, con riguardo verso il
passato. Ho affrontato così anche momenti molto seri.”
– Nel film si sente molto
l’influenza del manga e dell’anima giapponese, in particolare
sembra che ci siano riferimenti al personaggio di Naruto, ideato da
Masashi Kishimoto.
“Non direttamente, forse però
quando si tratta di manga c’è qualcosa che attira e scuote le
persone. avrei voluto farlo ma non è possibile. Il manga
rappresenta tutto ciò che vorremmo fare ma non possiamo, e per
questo che avendo come protagonista un personaggio tratto dal
manga, probabilmente abbiamo qualcosa in comune con Naruto, però
ovviamente il riferimento diretto è il manga di Noboru
Takahashi, Mogura no Uta. Takahashi è il mio primo spettatore
e così ho scelto di seguire le sue direttive. In ogni modo è
probabile che ci sia qualche punto di contatto con Naruto, manga
che amo molto.”
– Non è la prima volta che
lei ha a che fare con il mondo della yakuza in un suo film. Cosa la
attira di questo argomento? Come sono percepiti al giorno d’oggi i
film sulla yakuza in Giappone?
“Avevo valutato in modo organico
la storia del cinema giapponese, cercando di imparare qualcosa dal
passato del cinema, per cercare di essere più vicino agli
spettatori. Credo di essere un po’ fuori dal sentito comune dei
registi giapponesi, molte mie tematiche si incentrano sulla mafia,
ma alcune persone non ne parlano per ragioni etiche.”
– Come ha scelto di fare
questo film?
“Tutte le opere hanno qualcosa
in comune e io come regista mi rendo conto di ciò che devo fare nel
mio quotidiano. Man mano cerco di compiere tutti gli obblighi di un
regista. Cerco di non avere una tematica specifica. In
collaborazione con l’attore e i produttori ho cercato di dare vita
ad un film che potesse essere anche un riferimento alla società
attuale.”
– Ci sarà un sequel per
questo film?
“Se ci saranno spettatori che
guarderanno questo primo film, ovviamente lo farò, anche in fretta.
Però si tratta di un film basato su un manga che sta ancora
uscendo, quindi aspetterò prima che esca la storia del manga e poi
dopo un anno farò il film.”
Portatore di un nome importante e
grande presenza ai Festival di tutto il mondo, il regista
giapponese Kiyoshi Kurosawa presenta in Concorso
al Festival Internazionale del Film di Roma Seventh
Code, un atipico film romantico che si trasforma
inaspettatamente e con grande efficacia in una spy-story con tanto
di sangue, combattimenti, violenza e sparatorie.
Vladivostok, Russia. Akiko, una
giovane donna che sembra essere sola al mondo, giunge da Tokyo per
incontrare l’imprenditore Matsunaga, perché non riesce a
dimenticarlo da quando le è capitato di cenare con lui un mese
prima in Giappone. Finalmente lo ritrova, ma Matsunaga si limita a
raccomandarle di non fidarsi di nessuno in terra straniera e poi
scompare. Akiko ricomincia a cercarlo trovando provvisoriamente
rifugio in un ristorante gestito da un giapponese che la prenderà
con sé e la aiuterà. Sembra quasi che la giovane donna riesca così
a trovare un po’ di pace, sembra che sia riuscita a dimenticare il
suo amore perduto, fino a che l’uomo misterioso ricompare,
rivelandoci involontariamente una sua doppia vita che sembra
mettere in pericolo tutto il precario mondo della nostra
protagonista e di che le sta intorno.
Il film colpisce per la sua ottima
coesione narrativa, che ci immette nella storia senza preamboli e
spiegazioni e ci accompagna con fare complice, come se noi
sapessimo tutto dei protagonisti che in realtà per tutto il film si
confermano essere dei perfetti sconosciuti. A dare corpo alla
protagonista una vera star giapponese, Atsuko
Maeda, che in patria è praticamente un idolo. E’ lei anche
l’interprete della canzone di chiusura del film che regala un
effetto straniante inaspettato, data la serietà della storia fino a
quel punto. Il film è stato costruito interamente intorno alla
brava protagonista che porta a casa un one (wo)man show di tutto
rispetto.
Sono arrivati al Festival
Internazionale del Film di Roma 2013 i protagonisti del
film in concorso Another Me di Isabel
Coixet, Sophie Turner , Gregg Sulkin e Leonor
Watling e le produttrici Rebekah Gilbertson,
Nicole Carmen Davis e Mariela Besuievsky.
Tante domande alla regista
Isabel Coixet che ci spiega perché ha voluto raccontare questa
storia :“Molti anni fa stavo lavorando ad un’altro
progetto con Rebekah Gilbertson e lei mi diede questo libro. Nel
volo tra Londra e Barcellona lo lessi e arrivata a casa ero certa
che c’era un film in quel testo: era una storia che mi toccava in
modo molto personale perché anch’io ho una figlia adolescente e
quel libro mi ricordava anche come ero io da adolescente, e così è
cominciata.”
Questo é un
thriller psicologico che però al contrario di altri, lavora
direttamente a carte scoperte già dalle prime scene e dal titolo,
come mai questa scelta?“Per me la scelta è stata
‘Come viviamo con i nostri fantasmi’, la parte più importante nella
narrazione è stata mostrare come noi conviviamo con i problemi del
passato. Questo per me è più importante di un mistero. Io sono una
di quelle persone che quando va a vedere i film del mistero, già
dopo due minuti dall’inizio capisce cosa succederà , quindi per me
la sfida era più rappresentare questa situazione chiusa in un
appartamento, queste persone che si tengono dentro tanti segreti e
come queste quattro persone convivono con il peso del
passato.”
Ci sono influenze in stile
giapponese, anche lei vede questo genere di cinema nel suo
film?“Io amo molto il Giappone, e amo i film
giapponesi che prendono questa cosa dei fantasmi come un elemento
naturale. Ma penso che il mio film più che influenzato dal cinema
giapponese, sia più influenzato dalla letteratura giapponese, come
Banana Yoshimoto e Murakami che scrivono proprio storie di
fantasmi. Perché come in quei libri anche noi dobbiamo convivere
con dei fantasmi e anche se il film è strutturato come thriller io
volevo mostrare come noi integriamo nelle nostre vite queste
morti.”
Ma anche suggestione come Le
Due Sorelle di Brian De Palma o il tunnel di A Volte Ritornano di
Stephen King…“Ho avuto la possibilità di parlare
spesso con Brian De Palma ultimamente e parlando con lui gli ho
raccontato questa storia e lui mi ha detto ‘Si questo film è come
Fascination ma con un atteggiamento moderno’ e io gli risposi ‘ Si,
ma il tuo film era come un film di Hitchcok con un atteggiamento
moderno!’.”
Sophie Turner,
Sansa Stark della famosa serie tv Il Trono di
Spade è al suo debutto sul grande schermo
: “L’esperienza di un lungometraggio è stata così
entusiasmante. Innanzitutto lavorare ad una storia contemporanea
con una grande regista. Il cambiamento maggiore dal piccolo al
grande schermo è stato il passaggio dal lavorare con un gruppo di
cast e staff enorme ad un gruppo molto più ristretto , con cui è
facile legare, che quello è il limite delle grandi produzioni.
Quindi per me quest’esperienza è stata un grande cambiamento, anche
un grande sollievo poter portare i jeans e maglietta. E’ stata per
ora forse l’esperienza di lavoro più entusiasmante.”
Il personaggio di
Sansa è molto diverso da Fay in Antoher Me
: “Si , avevo bisogno di liberarmi dalla
depressione di Sansa e dal fatto che in ogni scena il mio
personaggio piange. Un cambiamento completo di personaggio è stato
molto bello. E’ come uscire dalla porta laterale del Trono di Spade
per un po’.”
Ma ti ritrovi di più nel
ruolo di Fay in Another Me o in Sansa ne Il Trono di
Spade? :“Credo di mettere un po‘ di
me stessa in ogni personaggio che faccio, mi piace dire che io sono
Sansa. Ma quando ero più piccola ero sicuramente più Fay che Sansa,
perché come dicevo a Gregg per scherzo facevo parte della Lega
Wrestling. E anche ora sono forse un po‘ più vicina a
Fay semplicemente perché è un personaggio contemporaneo.”
Classe 1996, la Turner è
contentissima del lavoro che svolge : “Il Trono
di Spade non è mai stato un lavoro stressante e non lo è adesso.
Considero la recitazione un lavoro divertente, magari sarà diverso
quando dovrò pagare il mutuo, ma per ora no. Ci sono certi elementi
che riguardano la recitazione che sono stressanti, perchè sei sotto
una grande pressione,e poi ad esempio vengono scritte cose su di te
che a volte ti possono ferire, ma fa parte del pacchetto che tu
accetti e una volta che lo accetti non devi prendertela ma
godertela.”
Altro protagonista, il giovanissimo
Gregg Sulkin, riconoscibile per un piccolo ruolo
nella serie tv Pretty Little Liars , che ci dice come
reagirebbe se fosse al posto del suo personaggio, se la sua ragazza
gli dicesse che vede i fantasmi:” Probabilmente
scapperei! Ma la cosa più bella di questa storia è che il
personaggio di Fay è un’adolescente molto normale che si ritrova in
una strana situazione, è una situazione così realistica in un mondo
non realistico. Domande irrisolte, fantasmi e situazioni irrisolte
ed è questo che mi ha attratto di più nel copione.”
Ecco a voi una colonna sonora
candidata agli Oscar 2013, si tratta delle musiche di Skyfallcomposte
da Thomas Newman, pellicola che ha ottenuto ben 5
nomination, tra queste anche per la migliore canzone originale con
il brano “Skyfall”
interpretato da Adele premiata anche con un
Golden Globe.
1. Grand Bazaar, Istanbul (05:14)
2. Voluntary Retirement (02:22)
3. New Digs (02:32)
4. Severine (01:18)
5. Brave New World (01:50)
6. Shanghai Drive (01:26)
7. Jellyfish (03:22)
8. Silhouette (00:56)
9. Modigliani (01:04)
10. Day Wasted (01:31)
11. Quartermaster (04:58)
12. Someone Usually Dies (02:29)
13. Komodo Dragon (03:20
14. The Bloody Shot (04:46)
15. Enjoying Death (01:13)
16. The Chimera (01:58)
17. Close Shave (01:32)
18. Health & Safety (01:29)
19. Granborough Road (02:32)
20. Tennyson (02:14)
21. Enquiry (02:49)
22. Breadcrumbs (02:02)
23. Skyfall (02:32)
24. Kill Them First (02:22)
25. Welcome to Scotland (03:21)
26. She’s Mine (03:53)
27. The Moors (02:39)
28. Deep Water (05:11)
29. Mother (01:48)
30. Adrenaline (02:18)
Riportiamo anche un estratto della
nostra recensione:
Dopo quattro anni di
gestazione ed un difficile avvio, il Bond numero 23 Skyfall è
arrivato al cinema, esattamente in tempo per festeggiare i suoi
primi 50 anni. E se 50 sembrano pochi per un agente segreto che
trova sempre il modo di rinnovarsi e di rimanere giovane, gli anni
a disposizione del nostro sono trascorsi, e questa volta James
Bond il sente tutti.
Dopo un’operazione andata male, che
ha fatto saltare le coperture di moltissimi agenti in tutto il
mondo causandone la morte, l’agente segreto 007 si ritira a vita
priva, fingendosi morto, e annegando la sua amarezza nell’alcool e
nelle donne. Solo quando vedrà in pericolo l’intera struttura
dell’MI6, una casa per lui, Bond deciderà di tornare, di rimettersi
in gioco e di sfidare il tempo e il destino, contro un nemico
doppiamente insidioso, perché proveniente dal suo passato e in più
completamente folle.
Lee Pace commenta il suo
personaggio ne Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug, ossia
il Re degli Elfi Silvani Thranduil, descrivendo l’esperienza più
divertente sul set della trilogia di Peter Jackson.
Dopo averlo visto di sfuggita nella
prima parte della trilogia di Peter
Jackson, tra un mese potremo ammirare Lee
Pace al cinema nell’attesissimo Lo
Hobbit: La Desolazione di Smaug. L’attore interpreta
uno dei personaggi più carismatici della storia, il Re degli Elfi
Silvani Thranduil, e avrà un ruolo molto importante nel secondo
film.
Intervistato da
SFX Magazine, Lee Pace ha parlato del suo personaggio e
dell’esperienza sul set de Lo Hobbit. Alla domanda “Qual è
stato l’aspetto più divertente durante le riprese del film?”,
l’attore ha risposto:
“Una delle cose più divertenti
è stato l’allenamento per le scene di combattimento, perché ho
avuto la possibilità di fare moltissimi stunt, soprattutto per la
Battaglia dei Cinque Eserciti. Mentre Galadriel è l’essere più
potente della Terra di Mezzo, Thranduil è un guerriero leggendario.
È in grado di modificare l’esito di un conflitto al quale
partecipa. È un tipo tosto… ed è divertente interpretare un
tipo tosto!“
Trama: Le avventure di Bilbo
Baggins e della compagnia di dodici nani di Thorin Scudodiquercia,
formata da Balin, Dwalin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin,
Bifur, Bofur e Bombur. Il gruppo deve recuperare il tesoro posto
nel cuore della Montagna Solitaria, sorvegliato dal drago
Smaug.
Another
me è stato presentato in concorso al
Festival Internazionale del Film di Roma 2013. In
Another me Fay (Sophie
Turner) è una ragazza adolescente che sta
attraversando un brutto periodo. Il padre (Rhys
Ifans) ha una malattia e sta per morire e la madre già
intrattiene una relazione con un altro uomo. La ragazza comincia a
credere di essere perseguitata da un curioso “doppio”, un’altra lei
come recita il titolo, che la segue ovunque e sembra voler prendere
il suo posto.
Another me di
Isabel Coixet è, o meglio vorrebbe essere,
una sorta di thriller dagli accenti psicologici, ma riesce male
nell’una e nell’altra cosa. Siamo di fronte ad una totale mancanza
di suspense, ad una sceneggiatura che vive di situazioni a se
stanti in attesa di epslodere (se mai esploderà). Non c’è
nulla che conduca lo spettatore “dentro” la vicenda, che lo porti
nell’intreccio. L’introduzione sembra uguale al resto. Si è
catapultati subito nella storia e le verità che vengono a galla
mano a mano risultano insulse, ripetitive, mai simboliche. Il
simbolismo è totalmente assente anche in regia, nessun riferimento
a ciò che accadrà, nessuno sfizio lasciato al piacere
dell’occhio.
Another me, il film
L’aggettivo psicologico poi calza
ancora meno: è difficile trovare anche una minima caratterizzazione
dei personaggi. Se non nei secondari, era doveroso almeno nella
protagonista femminile. Ammettendo pure di voler trattare il tema
del doppio, com’è possibile apprezzare le differenze tra i
potenziali due personaggi se non ce ne viene delineato nessun dei
due?
A volte possiede i tratti del “teen
movie” all’americana, anche se non vorrebbe. L’unica nota
positiva è il personaggio interpretato da Geraldine
Chaplin, l’unica a mettere il dubbio sin da subito, pur
senza interesse, che di Fay ne “esistano” due. Ma essendo una
vecchia signora, non gli si dà peso, l’errore sarà il suo. La
protagonista Sophie Turner è la
Sansa de Il Trono
di Spade. Dura 86 minuti. Poco per
gli standard di genere; troppo per questo film.
Come ogni anno arriva, prima della
stagione dei premi, la conversazione stile tavola rotonda
dell’Hollywood Reporter meglio conosciuta come
Hollywood Reporter Roundtable. L’ultimo video
caricato coinvolge sei registi che in questi mesi hanno lanciato i
loro film, si tratta di Alfonso
Cuaron(Gravity),Paul
Greengrass(Captain Phillips:Attacco in Mare
Aperto),Ben Stiller(I
Sogni Segreti di Walter Mitty),Steve
McQueen(12 Years a
Slave),David O.
Russell(American Hustle) e
Lee Daniels(The
Butler).
Si tratta di una conversazione
(solitamente sincera e illuminante) tra grandi personalità del
cinema, che tocca svariati argomenti e in questo caso ascoltiamo i
problemi che arrivano dagli studi,cambiamenti durante le
riprese,esperienze deludenti e nuovi progetti(Russell rivela di un
horror a cui Eli Roth pare sia molto interessato)
ecc.
Di seguito trovate una galleria con
alcune immagini prese dalla conversazione e il video con l’intero
roundtable per la durata di un’ora!
Martin Scorsese, oltre ad essere quell’immenso
regista che tutti conosciamo, è anche uno dei più grandi
conoscitori di cinema esistente. Il suo sapere deriva dalla
passione sfrenata per la settima arte che lo ha portato a fondare
nel 1990 l’organizzazione non-profit The Film
Foundation, fondazione che si occupa di
proteggere e preservare pellicole datate e in via di
deperimento(sono già oltre 560 i film salvati in questo modo), e
grazie alla quale ha avuto modo di scoprire centinaia di film.
Di recente Scorsese ha messo
nuovamente in mostra le sue conoscenze stilando una lista degli
undici film più spaventosi di sempre secondo il suo parere. Di
seguito trovate la lista con tanto di commento del regista e
trailer(o clip) tratto dal film citato:
The Haunting – Gli Invasati “Potrai
anche non credere ai fantasmi, ma non puoi negare l’orrore!”. Era
questa la tagline dello spaventoso film di Robert
Wise uscito nel 1963 incentrato sulle indagini paranormali
all’interno di una casa colpita da violenti episodi spiritici.
Il vampiro
dell’Isola C’è un momento in questo film prodotto da
Val Lewton che racconta la vicenda di un gruppo di
persone intrappolate su un’isola durante la Guerra Civile in Grecia
che non fallisce mai quando si tratta di terrorizzare il
sottoscritto: diciamo solo che implica un seppellimento
prematuro.
La Casa sulla
Scogliera Un altro film, ambientato in Inghilterra,
che propone una casa infestata magari un po’ più benigna, ma di
sicuro non meno atmosferica di quella de Gli Invasati. Il tono è
molto delicato e la trasmissione della paura è affidata al setting,
alla gentilezza dei personaggi
EntityBarbara Hershey interpreta una donna che viene
violentemente aggredita, stuprata da un’entità invisibile in una
pellicola letteralmente terrificante. L’ambientazione banale – una
moderna casa californiana – accentua l’inquietudine trasmessa dal
lungometraggio.
Incubi
Notturni Un classico British: quattro racconti
narrati da altrettanti sconosciuti che si riuniscono all’interno di
una magione di campagna. Tutti molto inquietanti e montati in una
maniera che amplifica il crescendo di follia. Come La Casa sulla
Scogliera pare molto giocoso… ma poi ti penetra sotto la
pelle.
Changeling Un’altra casa infestata.
Un’altra opera piena di tristezza e senso di minaccia.
George C. Scott, che sta cercando di riprendersi
dalla morte di sua moglie e suo figlio, scopre che nell’abitazione
dove risiede alberga il fantasma di un altro bambino morto.
Shining Non ho mai letto il romanzo di
Stephen King quindi non ho la più pallida idea
di quanto il film possa o non possa essere fedele, ma
Stanley Kubrick ha confezionato un lungometraggio
realmente agghiacciante dove quello che non si vede o non viene
compreso oscura ogni mossa dei personaggi
L’Esorcista Un classico, pariodiato in
ogni modo, così familiare e terrificante oggi come nel giorno in
cui è arrivato nei cinema. Quella stanza… Il freddo, la luce viola,
la trasformazione in demone. Ti tormenta davvero
–La Notte del
DemonioJaques Tourneur ha girato
questa pellicola che racconta di antiche maledizioni verso la fine
della sua carriera. Ma è così potente… E anche qua, la forza arriva
non da quello che si vede, ma da quello che non si vede.
Suspense
L’adattamento di Giro di Vite fatto da Jack
Clayton è una delle rare pellicole che rendono giustizia a
Henry James. E’ girato con maestria e interpretato con altrettanta
bravura, senza dimenticare la fotografia immacolata di
Freddie Francis. E, naturalmente, è
spaventoso.
www.youtube.com/embed/p9m-kvY-GNg
Psycho
Ancora una volta. E’ una pellicola così familiare che tendi a
pensare che non sia più così spaventosa. Poi lo riguardi. La
doccia. La palude. La relazione madre e figlio. Disturba a più
livelli. Ed è un’opera d’arte.
Arrivano le locandine
dedicate a tutti e sei i protagonisti del film The Lego
Movie,film diretto da Phil Lord e
Chris Miller(21 Jump Street, Piovono
Polpette)in cui ogni singolo dettaglio è stato
realizzato con i classici mattoncini colorati.
Negli Stati Uniti il film uscirà il 7 febbraio mentre in Italia
sarà in sala dal 20 dello stesso mese.
“The Lego Movie segue la storia di Emmett, il pupazzetto Lego
più ordinario, rispettoso delle regole e del tutto nella media in
circolazione. Un giorno viene scambiato per errore come la persona
più straordinaria esistente, la chiave per la salvezza del
mondo,così viene trascinato da una combriccola di gente che non
conosce per intraprendere un’epica avventura atta a fermare
l’operato di un malvagio tiranno. Chris Pratt è Emmett,
mentre Elizabeth
Banks e Morgan
Freeman sono i suoi compagni di viaggio. Freeman è
Vitruvius, un vecchio mistico, mentre Banks è la tosta Lucy, che
scambia Emmett per il salvatore del mondo e lo accompagnerà lungo
la sua quest. Will Arnett dà invece voce
a Batman, con cui Lucy ha una storia.
Il film incorporerà alcuni dei più celebri personaggi LEGO, insieme
ad altri nuovi di zecca, permettendo ai fan del brand che, per
generazioni, hanno giocato coi celebri mattoncini tanto nella loro
forma di giocattolo quanto in quella videoludica, di godere un
nuovo livello d’intrattenimento grazie a un nuovo mondo Lego
visivamente innovativo”
Qualche giorno fa si è aperto un
casting per alcuni personaggi di Star
Wars Episodio VII ed ora arriva da Twitter la
prima foto dal backstage. Si tratta di uno scatto postato sul
profilo della Bad Robot,casa di produzione di
proprietà del regista J.J. Abrams in cui
vediamo.oltre al regista, la produttrice Kathleen
Kennedy e il “nuovo” R2-D2.
Il sito ufficiale del film
The Kingdom of Dreams and Madness ha
pubblicato online il trailer per il documentario di Sunada
Mami(Ending Note) dedicato allo
Studio Ghibli.
Il documentario sarà incentrato su Hayao Miyazaki, Toshio
Suzuki e Isao Takahata, ovvero i tre co-fondatori dello
studio,seguendoli durante le fasi di progettazione e lavorazione di
Kaze Tachinu(The WInd
Rises) e Kaguya-hime no
Monogatari(The Tale of Orincess
Kaguya).
Sunada Mami ha ricevuto inoltre i complimenti dallo studio Ghibli
per essere stata praticamente un fantasma che non ha minimamente
fatto sentire o pesare la sua presenza mentre lo staff dello studio
era al lavoro sulle opere sopraccitate.
Online il trailer di
Heaven is for Real, film diretto da
Randall Wallace(La Maschera di Ferro,
We Were Soldiers) e sceneggiato da Chris
Parker sulla base del omonimo bestseller di Todd
Burpo e Lynn Vincent.
La storia racconta la vita della famiglia Burpo,e in particolare
delle vicende legate al piccolo Colton,che durante un’esperienza
pre-morte dichiara di aver visitato il paradiso.
Il piccolo rivela tutto il suo “viaggio” ai genitori che, dopo
un’iniziale diffidenza, cominciano a credergli quando Colton
racconta loro alcune vicende che non poteva sapere.
I coniugi Burpo saranno così chiamati a indagare sul significato di
questo straordinario evento.
Ad interpretare la famiglia Burpo sono stati chiamati Greg
Kinnear e Kelly Reilly; di seguito
trovate il trailer in lingua originale
A margine della presentazione alla
stampa americana, i vari membri del cast artistico e tecnico di
Oldboy hanno ribadito le differenze tra
l’originale coreano di Park Chan-Wook e il remake
di Spike Lee.
Lo sceneggiatore Mark
Protosevich ha espresso così il suo parere:
“Il nocciolo della storia è il medesimo, ma c’erano
alcuni aspetti della pellicola originale molto legati al contesto
culturale in cui è stata fatta, per cui ho cercato di dargli un
tocco più occidentale. Ero molto consapevole dell’importanza del
tentare di dare questa sfumatura all’opera. Certe cose erano troppo
stilizzate e io ho voluto ancorarle maggiormente alla realtà. O
almeno la mia intenzione è stata quella di rendere il tutto più
diretto. Ho tentato di catturare la storia e lo spirito
dell’originale e ho cercato di renderla “nostra”. Le idee di base
che vengono investigate e affrontate sono le stesse: un uomo che
attraversa delle esperienze insolite, traumatiche. Fatti che lo
trasformano. Ma si parla anche dell’isolamento e degli effetti di
ciò sulla psiche. Cerchi di arrenderti o di sopravvivere? Tutta
questa orribile situazione in qualche modo lo rende una persona
migliore.”
A seguire invece le dichiarazioni
di Samuel L. Jackson:
“Ci sono tante cose che sono
diverse e tante altre che sono simili, per quanto riguarda i temi
di base, ma non l’esecuzione. Spike mi ha lasciato molta libertà
per quanto riguarda il mio personaggio, che ho tentato di rendere
interessante e “sballato” in maniera fisica e
temperamentale”
Il film, remake dell’omonima
pellicola di Park Chan-wook, è diretto
da Spike Lee ed è atteso nei cinema
statunitensi il 27 novembre. Oldboy
è un thriller provocatorio e viscerale che racconta la storia di
Joe Doucette, un uomo che senza alcuna ragione apparente, viene
improvvisamente rapito e tenuto in ostaggio in completo isolamento,
per vent’ anni. Al momento del suo rilascio inaspettato, e senza
alcuna spiegazione, inizia una missione ossessiva per scoprire chi
lo ha imprigionato, anche se quel che emergerà è che il vero
mistero è il motivo della sua liberazione.
Nel remake
firmato Spike Lee vedremo un cast
comprendente gli attoriJosh
Brolin, Elizabeth Olsen, Sharlto Copley, Samuel L.
Jackson e James Ransone.
Arriva dal forum Technodrome
un’immagine,postata da un utente di nome “polvere”, che rivelerebbe
il design delle Tartarughe e di Shredder in Teenage
Mutant Ninja Turtles.
L’utente che ha postato l’immagine pare abbia contatti vicino alla
produzione del film e prima di postare i bozzetti ha cercato varie
conferme sulla validità di questi.
Ancora non si sa molto sulla trama ma il cast è già confermato con
Alan Ritchson,Pete Ploszek,Jeremy Howard e Noel
Fisher nei panni delle quattro tartarughe,Megan
Fox in quelli di April O’Neil mentre William
Fichtner sarà Shredder.
Shawn
Levy(Una notte al Museo, Real
Steel) è ufficialmente a bordo di The
City That Sailed,nuova avventura fantasy di 20th
Century Fox con protagonista assoluto Will
Smith,che a questo punto con i vari impegni già
ufficializzati(Selling Time,Focus e il
remake de Il Mucchio Selvaggio)
difficilmente potrà prendere parte a Indipendece Day
2.
Il film,scritto da Audrey
Wells(Shall we Dance, Cambio di
Gioco) parlerà di un padre e una figlia che si
trovano sull’isola di Manhattan mentre è alla deriva attraverso
l’oceano, a causa di alcune magie scatenate da oggetti ritrovati
dalla figlia.
Nel settimo giorno del
Festival di Roma2013 a
dominare la scena, pur essendo un Film Fuori Concorso è Hunger Games – La ragazza di fuoco, sequel
della celebre saga di Suzanne Collins per la regia di Francis
Lawrence e con Jennifer Lawrence, Liam Hemsworth, Josh Hutcherson,
Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Lenny Kravitz, Philip Seymour
Hoffman, Jeffrey Wright, Stanley Tucci e Donald Sutherland. Mentre
come film in concorso è stato presentato il film cileno
Volatin Cortao di Diego Ayala e Anihbal
Jofrè con Loreto Velasquez, René Miranda, Victor Montero, Alejandro
Lafuente, Isaac Arriagada e Isis Kraushaar.
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
Questa sera al Festival di Roma
2013 è stato presentato Fuori Concorso il tanto atteso
sequel di Hunger Games – La ragazza di
fuoco,(recensione) sequel della celebre saga di
Suzanne Collins per la regia di Francis
Lawrence. Ad attendere i
protagonisti, Jennifer Lawrence, Josh
Hutcherson, Liam Hemsworth e Francis
Lawrence, una folla di fan che già da questa aveva preso
posizione lungo il redcarpet e negli spazi vicini all’Auditorium
Parco della Musica. Oltre ai tre giovani attori erano presenti
anche il produttori Nina Jacobson e Jon
Kilik. Il film vede nel cast anche Woody
Harrelson, Elizabeth Banks, Lenny Kravitz, Philip Seymour Hoffman,
Jeffrey Wright, Stanley Tucci e Donald
Sutherland. Dal 27 novembre al cinema.
La trama del film:
Katniss Everdeen torna a casa incolume dopo aver vinto la 74ª
edizione degli Hunger Games, insieme al suo amico, il “tributo”
Peeta Mellark. La vittoria però vuol dire cambiare vita e
abbandonare familiari e amici, per intraprendere il giro dei
distretti, il cosiddetto “Tour di Victor”. Lungo la strada Katniss
percepisce che la ribellione sta montando, ma che il Capitol cerca
ancora a tutti i costi di mantenere il controllo proprio mentre il
Presidente Snow sta preparando la 75ª edizione dei giochi (The
Quarter Quell), una gara che potrebbe cambiare per sempre le sorti
della nazione di Panem.
Senza confermare né negare se
ritrarrà il mutante per l’ottava volta, Hugh
Jackman dice che, a seguito di X-Men
giorni di un futuro passato, esistono le prime
idee per il sequel di Wolverine
l’Immortale.
Parlando con Entertainment
Weekly l’attore ha infatti rivelato:
Ero al
telefono con James Mangold la notte scorsa. Ci sono alcune
idee davvero cool che sto morendo dalla voglia di dirvi, ma sarebbe
come rivelarvi un segreto che non è ancora nemmeno completamente
formato. Ho iniziato con un contratto per i primi due
film sugli X -Men, e da lì in poi, è stato un film dopo
l’altro. Voglio farlo con Jim e con il produttore Lauren
Shuler Donner, perché abbiamo avuto una grande esperienza. Sono
davvero orgoglioso di Wolverine l’Immortale. Me lo sto godendo
più che mai… Essere anziani aiuta ad interpretare Wolverine. Lui ha
200 o 300 anni, nessuno lo sa veramente, e lui ha una sorta di
stanchezza del mondo. L’attuale sviluppo diventa più difficile, lo
ammetto. Non voglio fare immersioni in un altro film su
Wolverine finché non avremo un motivo valido per farne un
altro. Amo il personaggio, è un po’ come un migliore amico per
me, e non vorrei mai prenderlo per scontato… Penso
che abbiamo una grande opportunità per fare qualcosa di veramente
fresco, ma deve essere grande. Questo è quello su cui tutti stiamo
lavorando…
Staremo a vedere.
Basato sul celebre arco narrativo a
fumetti, in Wolverine:
L’immortale troviamo Logan, il guerriero eterno, in
Giappone. Lì, l’acciaio dei samurai si scontrerà con gli artigli
d’adamantino, mentre Logan affronterà una misteriosa figura dal suo
passato, in un’epica battaglia che lo cambierà per sempre. Il film
uscirà in Italia il 25 luglio 2013. Tutte le news
sul film nel nostro speciale: Wolverine. Tutte le info
invece del film nella nostra scheda: Wolverine:
L’immortale.
Venere in
Pelliccia: In un teatro parigino, dopo una giornata
passata a fare audizioni per trovare l’attrice che possa
interpretare il lavoro che si prepara a mettere in scena, Thomas si
lamenta al telefono del basso livello delle candidate. Nessuna di
loro possiede lo stile necessario per il ruolo da protagonista.
Mentre sta per uscire appare Vanda, un vero e proprio vortice di
energia, sfrenata e sfrontata. Vanda incarna tutto quello che
Thomas detesta. E’ volgare e stupida e non si fermerà davanti a
niente pur di ottenere la parte. Praticamente costretto, Thomas
decide di lasciarla provare e con stupore vede Vanda trasformarsi.
Non solo la donna si procura oggetti di scena e costumi, ma capisce
perfettamente il personaggio (che d’altronde ha il suo stesso
nome), di cui conosce tutte le battute a memoria. L’audizione si
prolunga e diventa più intensa e l’attrazione di Thomas si
trasforma in ossessione. (qui la recensione)
The Canyons: The
Canyons è un thriller noir ambientato a L.A. che parla dei
pericoli, sia personali che professionali, che derivano
dall’ossessione per il sesso e per l’ambizione. La storia ruota
attorno alla turbolenta relazione tra Tara (Lindsay Lohan) una
giovane aspirante attrice, e Christian (James Deen) un giovane e
ricco produttore di film. La vicenda si complica quando nella vita
di Tara si riaffaccia il suo ex, Ryan (Nolan Funk), in
un’escalation di sangue, violenza, paranoia e crudeli giochi
mentali. (qui la recensione)
Stai Lontana da
Me: Jacopo (Enrico Brignano) è il miglior
consulente matrimoniale su piazza: dategli una coppia ormai alla
deriva e lui in men che non si dica ne farà un esempio di vita
coniugale! Purtroppo l’unico caso che non riesce a risolvere è
proprio il suo: da sempre infatti porta una sfortuna nera a tutte
le donne che si fidanzano con lui! Alcune finiscono al Pronto
Soccorso, altre ci rimettono la carriera e ad un certo punto
l’unico rimedio diventa la fuga. Jacopo lo sa e, proprio per
evitare disastri, impara a fuggire per primo. Ma un giorno incontra
Sara (Ambra Angiolini), una bella e ambiziosa architetta, della
quale si innamora perdutamente. Lei lo ricambia, decisa ad amarlo e
a resistere alle sventure che cominceranno a pioverle addosso, ma
l’impresa non sarà facile. Riuscirà il loro amore a sopravvivere a
tanta sfortuna? (qui la recensione)
L’ultima ruota del
carro: Attraverso le vicende tragicomiche di
Ernesto, un uomo qualunque che tenta di seguire le proprie
ambizioni senza mai perdere i valori veri della vita, riviviamo le
fasi cruciali della storia d’Italia dagli anni ’70 ad oggi. Con il
sostegno di Angela, la compagna di una vita, Ernesto impara l’arte
di adattarsi ai grandi cambiamenti del Paese, senza tradire se
stesso ma partecipando alla strane imprese dell’amico Giacinto e
degli stravaganti personaggi che il destino metterà sul suo
cammino. (qui la recensione)
Il paradiso degli
orchi: Tratto dal primo libro della fortunata
saga di Monsieur Malaussène di Daniel Pennac, il film narra dello
strampalato universo di Benjamin Malaussène. Professione: capro
espiatorio presso i grandi magazzini di Parigi. Quando cominciano
ad esplodere alcune bombe dentro il centro commerciale, Benjamin
diventa il sospettato numero uno, e aiutato dai fratelli e
dall’amata “zia Julie”, dovrà per la prima volta scagionarsi e
trovare il vero colpevole. (qui la recensione)
Jobs: Interpretato da
Ashton Kutcher nel ruolo del co-fondatore di Apple Steve Jobs, il
film racconta la vita del giovane, brillante e appassionato
imprenditore, la cui genialità ha dato il via alla rivoluzione
digitale che ha cambiato per sempre il nostro modo di vivere e
comunicare. Cresciuto in un sobborgo operaio nel nord della
California, dopo essersi ritirato dal Reed College, Steve Jobs è
un’anima persa alla disperata ricerca di un’identità. Viaggia in
India alla ricerca dell’illuminazione e, come tanti della sua
generazione, sperimenta droghe allucinogene, trovandosi alla fine a
sgobbare nell’anonimato per un creatore di videogame senza grandi
speranze. Insofferente verso i limiti della vita impiegatizia, si
tuffa nel marketing per promuovere una scheda computer inventata da
un suo amico d’infanzia, il cervellone Steve “Woz” Wozniak (Josh
Gad). Usando le sue innate qualità di marketing unite alle
conoscenze tecnologiche, Jobs convince il proprietario di un vicino
negozio di elettronica ad acquistarne 100 unità. Arruola una
manciata di amici per assemblarle nel garage dei suoi genitori, ed
è così che nasce la Apple!