In Colour from the
Dark in un casolare sperduto nella campagna ferrarese vive
una famiglia di giovani contadini: Pietro (Michael Segal),
lavoratore instancabile e marito appassionato, sua moglie Lucia
(Debbie Rochon), dolce e paziente, e la sorella di
lei, Alice (Marysia Kay), sordomuta affetta anche
da disturbi mentali. La ragazza, ormai ventenne, si comporta come
fosse ancora una bambina, tanto che non si separa mai dalla sua
bambola di pezza, Rosina: la usa quasi come ‘periscopio’, per
sondare il mondo che la circonda. Un mondo pericoloso. C’è la
guerra, il paese è occupato dai tedeschi, e chiunque offra asilo
agli ebrei rischia la vita. Come il signor Giovanni (Gerry
Shanahan) e la figlia Anna (Eleanor
James), che hanno accolto l’ebrea Teresa
(Alessandra Guerzoni) nella loro fattoria, mentre
aspettano con ansia il ritorno dal fronte di Luigi (Emmet
J. Scanlan), fratello di Pietro, nonché fidanzato di
Anna.
Un giorno, quando Alice va a
prendere l’acqua al pozzo, si intravede una strana luce che sembra
sgorgare dal fondo. Il secchio rimane incastrato laggiù e deve
intervenire Pietro. Nel tentativo di sbloccarlo, però, l’uomo
inconsapevolmente libera una sorta di entità misteriosa destinata a
cambiare per sempre tutto ciò con cui entra in contatto. Se
all’inizio si assiste a veri e propri miracoli – Alice riacquista
la parola, Pietro guarisce da una malformazione alla gamba che lo
fa zoppicare, gli ortaggi nei campi crescono rigogliosi ad una
velocità esorbitante – ben presto le cose si metteranno male. Per
tutti. A cominciare dall’amabile Lucia. Tanto da richiedere
l’intervento di Don Mario (Matteo Tosi). Riuscirà il giovane prete
a scacciare questa forza soprannaturale malvagia e sfuggente?
Un casolare isolato, un pozzo
profondo, una luce misteriosa, una bambola di pezza. Tutti gli
indizi puntano all’horror. Per non parlare del soggetto alla base
del film: un racconto del 1927, The colour out of space,
di H.P. Lovecraft, maestro indiscusso del fantasy (horror incluso).
Mentre però l’autore si concentrava su elementi fantascientifici
per caratterizzare la sua storia, il regista di Colour
from the dark, Ivan Zuccon – cultore di Lovecraft di
lunga data, malgrado la giovane età – adatta il racconto in chiave
più ‘intimista’, personalizzandolo. A partire dal teatro che fa da
sfondo alle vicende: l’azione viene trasportata dalla provincia
americana a quella ferrarese, che Zuccon conosce bene perché è
proprio di quelle parti. Il trasferimento geografico presentava per
lui un interesse particolare, quasi una sfida: offriva, infatti, la
possibilità di calare il mito lovecraftiano dentro una realtà
insolita, che non gli appartiene affatto, quella della tradizione
cattolica italiana.
La rivisitazione di Zuccon è
inoltre ambientata in un periodo molto particolare, nel pieno della
seconda guerra mondiale e dell’occupazione tedesca. L’orrore vero
del nazifascismo e della Storia del mondo viene dunque a fondersi
con l’horror fantasy di questa piccola storia familiare. In fondo,
il tema della guerra rappresenta il male dell’uomo, ed è proprio di
questo che l’entità misteriosa si nutre. Tuttavia, il regista
lascia in secondo piano eserciti e combattimenti, per concentrarsi
sui suoi contadini. Dapprima uniti e solidali nel condurre una vita
semplice e al tempo stesso faticosa, i personaggi si allontanano
sempre più gli uni dagli altri, incapaci di comprendersi e
riconoscersi.
“Cosa succede in una famiglia
quando tutto va a rotoli?”. Questa l’intenzione ‘intimista’ che ha
guidato l’adattamento cinematografico di Zuccon. Certo, non tutti
avrebbero pensato all’horror come genere narrativo per trattare una
crisi familiare. E, forse, agli occhi dello spettatore, non è
proprio la crisi familiare a rappresentare il cuore della vicenda.
Che sembra svolgersi seguendo una trama piuttosto banale, infarcita
di tutti i must del film horror. Un forza malvagia arriva
improvvisamente ad interrompere la tranquilla routine di una
famiglia perbene, insinuandosi silenziosa nelle vite dei
personaggi. Seguono possessioni più o meno demoniache,
allucinazioni, morti trucide e compagnia bella. Certo, essendo un
film di genere, è ovvio che vengano rispettati tutti i
diktat che il genere stesso comporta. Ma con una tradizione ormai
centenaria in materia di horror, ci si aspetterebbe qualcosa di
più. Uno sguardo nuovo, un elemento-sorpresa in grado di stupirci
davvero. E di spaventarci nel profondo.
Non bastano le musiche d’atmosfera,
né le scene splatter con litri di sangue al seguito. Tutto questo
ci è fin troppo familiare; ormai sappiamo prevedere ogni mossa. La
regia non è sufficientemente efficace nello spiazzarci. Zuccon ha
un indubbio gusto estetico e ci regala inquadrature assai
suggestive, ma nel quadro complessivo del genere non ci
spaventa. Forse perché l’opera vuole essere più intimista; forse
perché alcuni effetti visivi risultano quasi ‘datati’ (il film è
del 2008); o forse perché il ritmo non è quello classico,
incalzante, cui l’horror ci ha piacevolmente abituati (e di cui si
sente un po’ la mancanza).
Venduto all’estero in numerosi
Paesi, Colour from the Dark esce soltanto adesso
in Italia, sottotitolato, grazie al circuito di Distribuzione
Indipendente.