Il regista Zack Snyder ha
rivelato il suo interesse nel realizzare un film su
Gears of War, ma il creatore originale ha
posto una condizione. I piani per un adattamento live-action del
popolarissimo franchise di videogiochi Gears of
War, il quale ha avuto inizio con il gioco originale del
2006, erano iniziati già nel 2007, quando New Line Cinema fu la
prima ad acquistare i diritti del gioco. Dopo essere passato per
più mani, Netflix è stato l’ultimo a puntare a
trasformare i videogiochi in un film, annunciando che lo
sceneggiatore di DuneJon
Spaihts avrebbe scritto la sceneggiatura all’inizio di
quest’anno.
Durante una recente intervista con
IGN, Snyder ha ora rivelato il
suo potenziale interesse a dirigere un film su Gears of
War o Halo, sebbene quest’ultimo abbia già avuto un
adattamento in una serie televisiva Paramount+. Dopo aver appreso questa notizia, il
creatore del gioco originale di Gears of War,
Cliff Bleszinski, si è rivolto a Twitter per
esprimere la sua approvazione, ma solo a condizione che
Dave Bautista interpreti il personaggio centrale
Marcus. Per fortuna, sembra non sia impossibile convincere Bautista
ad accettare il ruolo, avendo egli già espresso il suo interesse a
far parte del progetto.
Ecco invece quanto affermato da
Snyder: “Beh, ce ne sono molti [di videogiochi]. Voglio dire,
abbiamo parlato di un sacco di… Sai, Gears è sempre venuto fuori,
più o meno nel nostro tipo di cerchia. Quindi, ero un fan del
gioco, quindi, a pensarci bene, quello. Sono stato anche sempre
interessato al franchise di Halo… Ovviamente lo hanno già
realizzato, ma è stato qualcosa che ho sempre pensato potesse
essere incredibile“. Dato che Netflix sta ora lavorando al
progetto e che Snyder ha proprio con lo streamer un buon rapporto,
per il quale ha già realizzato Army of the Dead e
l’imminente Rebel Moon, è dunque
molto probabile che venga scelto proprio lui a dirigere Gears
of War.
Tra i dieci film in concorso l’opera
prima KITOBOY (The Whaler Boy) di
Philip Yuryev è il vincitore del GdA
Director’s Award 2020 nella diciassettesima edizione delle
Giornate degli Autori.
L’opera è stata premiata dalla
giuria presieduta dal regista israeliano Nadav
Lapid e composta dai giovani europei del progetto
27 Times Cinema, ventisette spettatori provenienti
ognuno da un diverso Paese dell’Unione Europea.
Tutte le riunioni di giuria sono
state moderate da Karel Och, direttore del
festival di Karlovy Vary, che ha condotto le discussioni
accompagnando Lapid e i suoi giovani colleghi a decretare il
vincitore.
Questa la motivazione con la quale
hanno sostenuto la scelta: “Il vincitore del GdA Director’s
Award è The Whaler Boy di Philipp Yuryev. Era uno dei tre
film selezionati, assieme a Residue di Merawi Gerima,
ritratto intimo e sperimentale della comunità black a
Washington DC, e Conference di Ivan I. Tverdovskiy,
analisi non convenzionale della paura e del dolore, ambientata in
Russia durante una cerimonia in commemorazione di un attacco
terroristico. La giuria ha ritenuto che The Whaler Boy di
Yuryev fosse la prova cinematografica migliore, combinando il
genere drammatico e quello comico, pur mantenendo una forte visione
estetica. Questa opera prima del regista è una storia di
“coming-of-age” che ritrae un mondo mai esplorato prima con tanta
precisione e sapienza filmica. La decisione di avvalersi di attori
non professionisti ha conferito maggiore autenticità e la giuria ha
ritenuto che questo film meritasse di essere premiato.”
Il GdA Director’s Award ha un valore di 20.000 euro: metà
destinata al regista, metà al venditore internazionale del film,
per aiutarne la circolazione.
Leshka vive in un villaggio
sperduto sullo Stretto di Bering che divide la Russia dagli
Stati Uniti, tra il circondario autonomo della Čukotka e
l’Alaska. È un adolescente ed è anche un cacciatore di balene,
come la maggior parte delle persone nel paese. Da poco, è possibile
accedere a Internet. L’unico momento di conforto per i ragazzi è
diventata una video chat erotica che si interrompe continuamente.
Il buffering, comunque, non impedisce di osservare giovani donne
che vivono a migliaia di chilometri di distanza. Per tutti sembra
essere poco più che un passatempo divertente, per Leshka invece si
trasforma in una cosa seria quando si imbatte in una ragazza che
gli cambia la vita. Al mattino presto, Leshka ruba un motoscafo, un
binocolo e un arpione, e parte. Si prospetta un viaggio folle.
Arriverà in Alaska?
Senza alcuna esperienza
cinematografica, Philipp Yuryev (Mosca,
1990) è stato ammesso all’Università Statale Russa di
Cinematografia. Con il suo primo cortometraggio realizzato durante
gli studi, Utro drugimi glazami, si è aggiudicato
numerosi premi internazionali. Eguale successo ha ottenuto
con Vidoizmenennyy landshaft. Il suo film di
diploma, Pesnya mekhanicheskoy ryby, è stato
selezionato al Sundance e al Festival di
Clermont-Ferrand. Kitoboy è la sua opera
prima.
“L’idea di questo film mi è
venuta durante un viaggio nell’estremo nord della Russia,
ricorda il regista, “Arrivati in un piccolo villaggio di
pescatori, notammo che le donne più giovani erano partite per
frequentare le scuole estive in città. Quell’esodo fu una vera
tragedia per i ragazzi locali che dovettero trascorrere tre lunghi
mesi da soli. Di fatto, circondati da una tundra senza fine, quei
giovani furono totalmente abbandonati dalle donne, anche perché le
ragazze del villaggio più vicino non potevano spostarsi per una
semplice visita. La connessione alla Rete era scadente. L’unico
modo per osservare delle ragazze era una video chat erotica che
peraltro si interrompeva spesso. È stato proprio in quel momento
che ho scritto la prima versione di questa storia. Ho deciso di
trasferire la storia a Čukotka, in un piccolo villaggio popolato da
cacciatori di balene. Il protagonista, Leshka, sperimenta i tipici
problemi adolescenziali legati alla solitudine, il desiderio di
trovare l’amore e il sentirsi incompreso dai suoi amici. Sono
proprio esperienze del genere a rendere universale questa
storia.”
La giuria, presieduta dalla
regista Joanna Hogg, coordinata
da Karel Och, direttore del festival di
Karlovy Vary, sostenuta da Europa
Cinemas e Cineuropa e
composta da David Bakum (Germania), Victor Courgeon (Francia),
Maarja Hindoalla (Estonia), Dimosthenis Kontes (Grecia), Amalia
Mititelu (Romania), Saulė Savanevičiūtė (Lituania), Esmée van Loon
(Paesi Bassi), Gregor Valentovic (Slovacchia), Isabella Weber
(Italia) e Chris Zahariev (Bulgaria) – tutti ex partecipanti al
progetto “27 Times Cinema”, inaugurato nel 2010 con il Parlamento
Europeo – ha decretato il vincitore del GdA Director’s
Award. L’annuncio si è svolto nel corso della tradizionale
riunione plenaria trasmessa in streaming sulla pagina Facebook e il
canale YouTube delle Giornate degli Autori. Il GdA Director’s Award
ha un valore di 20.000 euro: metà destinata al regista, metà al
venditore internazionale del film, per aiutarne la
circolazione.
Manas di Marianna Brennand vince il GdA Director’s Award
2014
La motivazione: “È un grande
onore annunciare il film vincitore del GdA Award 2024. In questi
giorni abbiamo discusso con grande passione di 10 film che
esplorano universi cinematografici molto diversi tra loro,
emozionandoci e sorprendendoci, e vorremmo ringraziare le Giornate
degli Autori per la selezione proposta. Un film in particolare ci
ha regalato un’incredibile esperienza condivisa. Manas
è una finestra sul mondo capace, grazie a un’infinita cura per
il dettaglio, di immergere lo spettatore in un viaggio immersivo e
trasformativo. Manas ci ha conquistato con la cura e
l’attenzione con cui mette in scena un tema delicato e difficile
come quello dell’abuso, sia in ambito domestico che in contesti più
sistematici. Con questo racconto preciso e culturalmente specifico
in cui abbiamo esplorato l’isola di Marajó, la regista ha ritratto
qualcosa di profondamente universale. Questo film si è distinto dal
programma per la sua maestria, le brillanti interpretazioni e il
forte messaggio che crediamo risuonerà con gli spettatori di tutto
il mondo, sensibilizzando e chiedendo un cambiamento. Grazie a
Marianna Brennand per aver reso visibili queste storie e grazie
alle Giornate degli Autori per averle portate alla
nostra attenzione”.
Isola di Marajó, foresta amazzonica.
Marcielle (Tielle) vive con i genitori e tre fratelli. Condizionata
dalle parole della madre, venera la sorella maggiore pensando sia
fuggita da quella vita squallida trovandosi un «brav’uomo» su una
delle chiatte che solcano la zona. Man mano, però, Tielle si
scontra con la realtà e comprende di essere intrappolata tra due
ambienti violenti. Preoccupata per la sorellina e per il futuro
desolante che le attende, decide di affrontare il sistema che
opprime la sua famiglia e le donne della comunità.
“Durante una ricerca per un
documentario da girare nei villaggi della foresta amazzonica, ho
incontrato donne vittime di traumi indicibili fin dalla più tenera
età. Avevano subito abusi sessuali all’interno delle loro case,
oltre a essere sfruttate sessualmente su chiatte commerciali,
praticamente, senza alcuna possibilità di fuga. Purtroppo, la
maggior parte di noi donne ha una storia di abuso sessuale, morale
o psicologico, che ha lasciato cicatrici profonde. Il Me Too e
altri movimenti per i diritti delle donne ci hanno incoraggiato e
permesso di rompere il silenzio e di denunciare gli abusatori in
tutto il mondo. Ma che dire di queste donne invisibili di cui non
conosciamo nemmeno l’esistenza? Con Manas voglio dare voce a loro
che altrimenti non sarebbero mai state ascoltate, onorando le
storie che hanno condiviso con me. Vedo il cinema come un veicolo
efficace per la trasformazione sociale e politica e spero che Manas
sia in grado di mobilitare gli spettatori rompendo l’enorme tabù
che circonda questa difficile realtà che riguarda noi tutte”.
(Marianna Brennand)
Marianna Brennand,
dopo essersi laureata in cinema alla UCSB, è tornata in Brasile per
realizzare un documentario sul suo prozio Francisco, un
artista riconosciuto a livello mondiale per i suoi
lavori in ceramica. Puntando su un approccio narrativo poetico
basato sui diari del suo personaggio, Francisco
Brennand è stato presentato in anteprima nel 2012 e ha
vinto i premi per il miglior documentario brasiliano e per il
miglior film brasiliano al Festival di São Paulo. Nel 2007 aveva
diretto un altro documentario, O Coco, a Roda, o Pnêu e o
Farol, sulla ricca tradizione musicale del «coco de roda»
a Olinda, città nello Stato del
Pernambuco. Manas segna il suo debutto alla
regia di un lungometraggio ed è il risultato di una ricerca
decennale sul tema complesso e delicato dell’abuso e dello
sfruttamento sessuale di bambine e adolescenti sull’isola di
Marajó, nella foresta amazzonica.
È vampiresco, romantico e ironico il
film vincitore del
GdA Director’s Award della ventesima edizione, la horror
comedy Vampire humaniste cherche suicidaire
consentant (Humanist Vampire Seeking Consenting
Suicidal Person) di Ariane
Louis-Seize.
“Erano ben quattro i film sui
vampiri alla 80ª Mostra del Cinema”, dicono Giorgio
Gosetti e Gaia Furrer, rispettivamente delegato generale e
direttrice artistica delle Giornate, “La vittoria del nostro
film canadese è il segno dei nostri tempi. Ariane Louis-Seize usa
il mondo dei vampiri con intelligenza e ironia come pretesto per
raccontare l’empowerment femminile, per parlare di empatia e di
quei sentimenti che riporteranno l’umanità nel mondo, tema che
ricorre in tanti film del nostro ventesimo anno”.
Il dramma belga sulla violenza di
genere Quitter la nuit (Through the night)
di Delphine Girard vince il Premio del
Pubblico mentre a guadagnarsi il Label Europa Cinemas
è Photophobia (Slovacchia, Repubblica Ceca,
Ucraina) di Ivan
Ostrochovský e Pavol Pekarčík,
che raccontano la quotidianità durante la guerra in Ucraina
attraverso gli occhi di due bambini.
Si conclude così l’avventura di
questi primi vent’anni delle Giornate degli Autori, iniziata con
l’immagine firmata da Anna Franceschini, in cui il marmo di una
statua si contrappone alla leggerezza giocosa di una figura
femminile vestita in rosso.
La sezione autonoma e indipendente
della Mostra del Cinema di Venezia promossa dalle associazioni ANAC
e 100autori ha accolto il pubblico nella splendida Sala Perla,
appena rinnovata. Dieci i film presentati in concorso, cinque dei
quali diretti da donne. Per la prima volta, tre di queste sono
arrivate in finale per il GdA Director’s Award: oltre
a Vampire humaniste cherche suicidaire
consentant diretto da Ariane Louis-Seize, nella riunione
finale dei cinefili europei del progetto 27 Times Cinema si sono
contesi il premio Melk di Stefanie
Kolk e Quitter la
nuit di Delphine Girard. I
film eventi speciali erano sette. Peter
Sargaard nei panni di un giornalista borghese
all’epoca della pandemia dell’influenza Spagnola (1918), è
protagonista e co-produttore del film di chiusura delle Giornate,
l’americano Coup! di Austin Stark e Joseph
Schuman.
La Casa degli Autori, a pochi passi
dal Palazzo del Cinema e dalla laguna che guarda Venezia, ha
ospitato per il terzo anno consecutivo una programmazione ricca di
film e appuntamenti. A cominciare dalle Notti
Veneziane, presentate in Sala Laguna: realizzate in
accordo con Isola Edipo e co-dirette da Gaia Furrer e Silvia
Jop, hanno visto l’alternarsi di otto film, tra finzione e cinema
del reale. La stessa sala ha ospitato cinque Proiezioni Speciali a
cominciare da Nina dei Lupi di Antonio Pisu.
Ben ventisei sono stati gli
eventi trasversali alla programmazione dei
trentatré film delle Giornate, dalle presentazioni di progetti
futuri come il Venice Kids (Enzo D’Alò testimonial speciale) alle
anticipazioni come quella della serie YOLO – You Only Love
Once prodotta da QMI. Si sono alternate attività votate
all’approfondimento e alla formazione. Fra gli altri: il Premio
Bookciak, Azione! in pre-apertura delle Giornate, le Masterclass in
collaborazione con la Fondazione Centro Sperimentale di
Cinematografia, l’incontro Me too 2023: le donne alla
conquista di un cinema libero in collaborazione con 100autori e
Isola Edipo.
Lo Spazio della Regione del Veneto
ha ospitato gli incontri Miu Miu Women’s Tales con
le registe Antoneta Alamat Kusijanović e Ava DuVernay, le attrici
Maggie Gyllenhaal e Danica Curcic e la costumista Catherine Martin,
intervistate da Penny Martin.
Tantissimi gli
ospiti che si sono alternati nelle due settimane
della Mostra alle Giornate per accompagnare i loro film o
partecipare ad incontri con il pubblico del Lido. Tra questi,
attori, registi, sceneggiatori e artisti come Isabelle
Huppert, Luca Guadagnino, Shirin Neshat, Peter Sarsgaard, Billy
Magnussen, Lola Dueñas, Kasia Smutniak, Salvatore Esposito, Teona
Strugar Mitevska, Hiam Abbass, Céline Sciamma, Monia Chokri,
Donatella Finocchiaro, Chiara Civello, Tommaso Ragno, Maya Sansa,
Sergio Rubini, Sandra Ceccarelli, Ana Torrent, Sara Ciocca,
Ludovica Martino, Giovanni Caccamo.
La Villa, il luogo
fondativo delle Giornate, è stato anche quest’anno uno spazio
animato ed esclusivo grazie al cultural promoter Francesco
Marchetti e alla collaborazione con The Hollywood Reporter Roma,
Main Media partner delle Giornate. Nel corso di dieci intensi
giorni sono stati con noi, tra gli altri, Michael Mann, Sofia
Coppola, Adam Driver, Patrick Dempsey, Priscilla Presley, Pier
Francesco Favino, Matt Dillon, Anna Ferzetti, Caterina Murino, Raul
Bova, Rocío Morales, Stefano Sollima.
SIAE – Società Italiana
degli Autori e Editori, main partner della 21a edizione
delle Giornate degli Autori, torna a sostenere e a promuovere la
creatività del cinema made in Italy conferendo
ad Alice Rohrwacher, regista dalla visione
inconfondibile, il Premio alla Carriera intitolato dal 2023 ad
Andrea Purgatori.
Alice Rohrwacher raccoglie il
testimone di Luca Guadagnino, premiato lo scorso anno, e di autori
come Gianni Amelio e Paolo Sorrentino, ai quali il premio è stato
conferito nel corso delle precedenti edizioni delle Giornate degli
Autori.
Alice Rohrwacher è autrice di grandi
successi internazionali come Corpo
Celeste (2011) e Lazzaro felice (2018)
e del più recente La Chimera (2023). Amata dalla
critica e dal pubblico dei grandi festival internazionali
– da Cannes a Karlovy Vary, dal BFI a Tallin – è una
cineasta capace di raccontare sul grande schermo
sogni allo stesso tempo personali e universali.
Il Premio SIAE Andrea Purgatori alla Carriera va ad Alice
Rohrwacher
Salvatore Nastasi,
Presidente della SIAE, ha annunciato il riconoscimento con la
seguente motivazione: “Alice Rohrwacher è senza dubbio
l’artista del realismo magico italiano di questo secolo, un’autrice
capace di dar voce a un’intera generazione che desidera trovare
nelle chimere uno strumento per trasmettere messaggi positivi,
universali e incredibilmente concreti. Con questo riconoscimento
vogliamo premiare un’autrice la cui poesia visiva è linfa rara e
preziosa per nutrire il pubblico di oggi e il cinema del
domani”.
Alice Rohrwacher,
che sarà al Lido per presentare fuori concorso alla Mostra del
Cinema di Venezia il cortometraggio Allégorie
citadine, co-diretto insieme all’artista francese
JR, ha commentato così la notizia: “Il mio primo
lungometraggio registrato alla SIAE, Corpo celeste,
ha segnato l’inizio di un viaggio incredibile e avventuroso, e
ringrazio la SIAE e il suo Presidente per questo importante
riconoscimento, che è una spinta a viaggiare ancora. Vorrei anche
ringraziare Carlo Cresto-Dina e Tempesta che mi hanno da sempre
accompagnato nelle mie esplorazioni. Stiamo vivendo un momento
difficile per il cinema libero e indipendente. Il cinema
indipendente è il sistema immunitario dell’immaginario collettivo,
e va protetto. Anche per questo accetto con orgoglio il premio SIAE
nel nome di uno spirito libero com’era Andrea Purgatori”.
Il premio verrà consegnato
domenica 1 settembre, alle ore 11:30, presso la
Sala Perla del Palazzo del Casinò, dal Presidente della SIAE
Salvatore Nastasi.
Tornano alle Giornate
degli Autori gli incontri di Miu Miu Women’s Tales con un
programma che, accanto alla proiezione nel Casinò di Venezia di due
cortometraggi firmati da registe, organizza tre conversazioni con
alcune delle più interessanti attrici, performer e filmmaker di
oggi, chiamate a celebrare la femminilità nel
XXI secolo. Le attività del progetto, giunto al suo
decimo anno di attività, raccolgono le voci di professioniste dai
background diversi, unite dalla curiosità e dall’entusiasmo di
portare al Lido testimonianze sul lavoro, la creatività e il
talento al femminile.
Le due registe che
quest’anno presenteranno i corti #22 e #23 sono Isabel
Sandoval e Kaouther Ben Hania. I corti
verranno proiettati in apertura del film in concorso ufficiale
delle Giornate degli Autori Madeleine Collins di Antoine
Barraud, in Sala Perla sabato 4 settembre alle 16.45. Per
assistere all’incontro tra le due registe, l’appuntamento è
domenica 5 settembre alle 10.00 presso lo Spazio
della Regione del Veneto all’Hotel Excelsior.
Isabel
Sandoval, che nel 2019 aveva presentato in concorso ufficiale alle
Giornate il suo intimo esordio alla regia, Lingua Franca,
candidato al John Cassavetes Award, porta sullo schermo della Sala
Perla #21 SHANGRI-LA, un racconto ambientato durante
la Grande Depressione che ci accompagna in un viaggio sensuale e
malinconico nelle fantasie di una bracciante filippina di seconda
generazione. Dopo il successo di The man who sold his skin,
presentato a Orizzonti durante Venezia 77 e primo film Tunisino
candidato all’Oscar, Kaouther Ben Hania torna al Lido con #22 I
AND THE STUPID BOY, cortometraggio che gioca con gli equilibri
di potere tra uomo e donna, la sessualità e la vergogna, una
storia graffiante e profondamente femminista.
Il pomeriggio del 5
settembre, all’Italian Pavillion (Hotel Excelsior), sarà la volta
di Ciara Bravo e Patricia Allison. La statunitense
Ciara Bravo, apparsa in serie televisive come Big Time Rush
e Red Band Society, versione americana di Braccialetti
rossi, dialogherà con Patricia Allison, attrice britannica che
ricorderete per il ruolo di Ola Nyman nella hit-series Netflix
Sex Education. Appuntamento alle 15.00 all’Hotel Excelsior
presso l’Italian Pavilion.
La terza e ultima
conversazione, sarà lunedì 6 settembre alle ore 11.00, nuovamente
presso lo Spazio della Regione del Veneto, vedrà protagoniste
KiKi Layne e Sarah Gadon. Classe 1991, KiKi Layne
ha già all’attivo ruoli in film del calibro di The Old
Guard e If Beale Street Could Talk, per il quale ha
ricevuto il Black Reel Award come miglior attrice. Acclamata per i
suoi ruoli nei film di David Cronenberg A
Dangerous Method, Cosmopolis e Maps to the Stars,
Sarah Gadon porterà al Lido la sua esperienza sui set di altre
grandi produzioni come Enemy di Denis Villeneuve e
Dracula Untold.
Tutti gli incontri
saranno moderati dalla giornalista britannica Penny Martin,
caporedattore della rivista femminile “The Gentlewoman”.
In occasione della diciottesima
edizione delle Giornate degli Autori, SIAE raddoppia gli
omaggi al cinema del presente che, come da tradizione,
conferisce ad autori capaci di superare i confini della creatività.
Sono due i premi a giovani talenti che, attraverso il cinema,
dialogano con le altre arti, questa volta soprattutto la
musica.
Per il 2021, SIAE ha individuato ben
due giovani autori presenti nel programma delle Giornate degli
Autori da sostenere con il Premio al Talento Creativo. “In un
anno complesso come quello che stiamo vivendo”,
dicono Giorgio Gosetti e Gaia Furrer, Delegato
Generale e Direttrice Artistica delle Giornate, “la scelta
della SIAE è certamente indice di una promessa di ripartenza per
l’autorialità italiana. Questo premio va a due personalità molto
diverse tra loro, ma che sono unite nel segno della
musica.”
Elisa Fuksas – di
formazione architetto, per vocazione scrittrice e regista – torna
per il secondo anno alle Giornate: dopo il personalissimo flusso di
coscienza autobiografico
di iSola del 2020, arriva con
Senza fine, un ritratto intimo ma
universale di una icona della canzone italiana come Ornella
Vanoni.
Quella di Francesco
Lettieri è decisamente un’altra musica più simile alle
nuove sonorità indipendenti degli ultimi anni che hanno le voci di
Calcutta, Liberato, Motta e Carl Brave. Dopo numerosissimi
video clip musicali, veri e propri film scritti e diretti per
tanti musicisti italiani, il regista napoletano presenta alle
Giornate Lovely Boy, suo secondo
lungometraggio che racconta la rapida caduta di una promessa
musicale e che SIAE ha scelto di mettere in evidenza con questo
speciale riconoscimento.
Elisa Fuksas e Francesco Lettieri
raccolgono il testimone di autori originali e trasversali che, tra
teatro, fotografia, spettacolo e antropologia, hanno portato al
cinema visioni contemporanee del cinema italiano aperto al mondo,
tra cui: Elisabetta Sgarbi per
Extraliscio– Punk da
balera(2020), Gianfranco Pannone e Ambrogio
Sparagna per Scherza con i fanti
(2019), Francesco Zizola per As If We Were
Tuna, (2018), Claudio Santamaria per The
Millionairs (2017) e Pippo Delbono per
Vangelo (2016). Una “walk of talent” che
dimostra l’impegno di SIAE, in collaborazione con le Giornate degli
Autori, per la promozione del cinema che dialoga con le altre
espressioni, si evolve e riesce a essere vincente nelle sale di
Venezia ed oltre.
La consegna del riconoscimento a
Elisa Fuksas e Francesco Lettieri
avverrà il 10 settembre alle ore 19.00 nel corso della Cerimonia di
premiazione delle Giornate presso la Casa degli Autori (via Pietro
Buratti 1, Lido).
Le Giornate degli Autori,
promosse da
ANAC e 100autori, sono
una sezione indipendente della 78. Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di
Venezia.
Abbiamo tutti scolpiti nella memoria
certi abbracci, sia privati che
cinematografici. Le Giornate degli Autori dopo molti mesi di
privazioni, di distanza forzata e volti filtrati, vogliono
idealmente restituire il gesto più semplice del mondo al pubblico
del Lido, dentro e fuori il cinema.
La sera del 2
settembre (alle 21.00 in Sala Laguna, nuovo spazio
co-gestito dalle Giornate degli Autori e Isola Edipo) sarà
presentata un’anteprima di “FREE HUGS”, mostra
sugli abbracci raccontati attraverso i fumetti, un modo per
scoprire le tante forme dell’abbraccio e una panoramica sulla
varietà stilistica e sulla grande energia creativa del disegno
contemporaneo, italiano ed internazionale:
da Gipi a Manuele
Fior, da Davide Reviati alle
personalità emergenti del graphic novel (tra
cui Zuzu, Antonio
Pronostico e Alice Socal),
dall’umorismo corrosivo di Maicol e
Mirco alla riscrittura dell’immaginario
fantascientifico operata da LRNZ; dal ricordo
di maestri come Will Eisner e Jacovitti fino al raffinato intimismo
di Bianca Bagnarelli, matita del “New York
Times”.
É stato presentato oggi nel corso
della conferenza stampa il programma della diciannovesima edizione
delle GIORNATE DEGLI AUTORI che si svolgerà
nell’ambito della 79 Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia dal 31 agosto al 10
settembre.
Tra i film della Selezione
Ufficiale 2022:
PADRE PIO
di Abel Ferrara con Shia
LaBeouf; BENTU
di Salvatore Mereu; DIRTY,
DIFFICULT, DANGEROUS di Wissam
Charaf;THE LISTENER
di Steve Buscemi con Tessa
Thompson; MARCIA SU ROMA di
Mark Cousins con Alba Rohrwacher;
ACQUA E ANICE di
Corrado Ceron con Stefania
Sandrelli e Silvia
D’Amico; CASA SUSANNA di
Sebastien Lifshitz e i cortometraggi del
progetto MIU MIU WOMEN’S
TALES: HOUSE COMES WITH A
BIRD di Janicza Bravo
e CARTA DE MI MADRE PARA MI HIJO di
Carla Simón.
Tra i film delle Notti Veneziane,
realizzate in accordo con Isola Edipo:
LAS LEONAS
di Isabel Achával e Chiara
Bondì; LE FAVOLOSE di
Roberta
Torre; SPACCAOSSA di
Vincenzo Pirrotta con Selene
Caramazza, Ninni Bruschetta, Luigi Lo
Cascio; SE FATE I BRAVI di
Stefano Collizzolli e Daniele
Gaglianone.
La presidente di giuria
dell’edizione 2022 è Céline Sciamma, che insieme
ai 27 giovani giurati provenienti dai 27 paesi dell’Unione Europea,
sceglierà il vincitore del GdA Director’s Award. Tra gli ospiti
delle Giornate degli Autori anche: Daniele Ciprì, Filippo
Timi, Artavazd Pelešjan, Bob Odenkirk, Edgar Reitz e
molti altri.
Con un salto dorato, realizzato per noi dall’artista
italiana Rä
di Martino che
firma l’immagine di quest’anno, tratta dalla sua serie
“Allunati”, la diciannovesima edizione delle Giornate degli
Autori mira ad atterrare sulla Luna, il satellite dove sono
custoditi i sogni e il senno degli uomini. E lo fa
con un
balzo poetico che è espressione dell’urgenza di andare
avanti,
di esplorare terreni ignoti, di sondare nuove possibilità. È un
salto che vuole essere gesto attivo e politico, così come sono
politici e pieni di desiderio i film che abbiamo scelto.
Nel corso del processo di selezione abbiamo infatti scoperto e dato
risalto a
opere che raccontano i distanziamenti, i dolori e i disagi del
mondo,
ma che in modo ancor più deciso narrano
di sodalizi e complicità.
Storie sociali, personali, fantastiche, ispirate alla realtà o a
una sua forma immaginaria capace, però, di restituirci una visione
imprevista del contemporaneo.
Questione politica, rielaborazione del passato, osservazione dello
status quo e tentativo di proiettarsi in un futuro diverso,
solitudine umana e
conseguente bisogno di alleanze,
sono i temi portanti del nostro programma.
Temi che non sono solo contenutistici ma che attraversano anche la
pratica del fare cinema e del fare festival. Le sezioni delle
Giornate – Concorso, Eventi speciali, Notti Veneziane, alle quali
si aggiungono come da tradizione i Miu Miu Women’s Tales –
dialogano tra loro portando avanti un
discorso comune.
Abbiamo numerosi film co- diretti (a rafforzare l’idea del cinema
come pratica che si svolge al plurale), c’è una parità di genere
che rispecchia la crescita di autrici finalmente libere di
esprimersi e, soprattutto, di accedere a quella complessa
macchina economica che è il cinema. E, infine, avremo l’onore
di accogliere al nostro fianco una Presidente di giuria
come Céline
Sciamma
che con il suo fare cinema ha rovesciato le strutture fondamentali
della nostra società tracciando una nuova rotta.
Film in cui il passato è materia viva per fare i conti con il
presente èMarcia su Roma,
il nuovo lavoro del regista irlandese Mark
Cousins,
evento di apertura dei film fuori concorso.
Tra i film in gara, inBlue Jean la
regista britannica Georgia
Oakley ci
immerge nell’Inghilterra thatcheriana della fine degli
anni ’80 per parlaci di omofobia; in El
Akira. La dernière reine Adila
Bendimerad e Damien Ounouri
ci fanno fare un balzo indietro nel XVI secolo narrando le gesta
epiche, tra testimonianze e leggende, dell’ultima regina di
Algeri.
E sempre al passato con la lente dell’oggi, guardano i due film
italiani in concorso. Di produzione, storia e ambientazione
italiana, è il nuovo film di Abel
Ferrara che
con il suo mistico e febbrile Padre
Pio, interpretato
da uno straordinario
Shia LaBeouf, rivisita un episodio tragico della storia
italiana del secolo scorso, l’eccidio di San Giovanni Rotondo
dell’ottobre del 1920. Mentre Salvatore
Mereu torna
alla Mostra del Cinema a distanza di due anni e ci offre
con Bentu
una dolente e allo stesso tempo luminosa storia di grano e vento
ambientata nella Sardegna degli anni Cinquanta, una storia che
è metafora, quanto mai attuale, della sfida che l’uomo ingaggia
con la natura.
Vicende tutte al presente, dove il presente è oppressivo e
contraddittorio e allo stesso tempo contiene tracce di speranza,
sono quelle raccontate inDirty, Difficult, Dangerous di Wissam
Charaf e
in Les
damnés ne pleurent pas di Fyzal
Boulifa.
Nel primo, due giovani amanti, un profugo siriano e una badante
eritrea, rincorrono la leggerezza della passione sullo sfondo di un
Libano al collasso; nel secondo una madre e un figlio attraversano,
uniti e distanti allo stesso tempo, un Marocco lacerato dalle
disparità economiche e sociali.
Ritratto di una Cina più che mai contemporanea è quello che ci
offreStonewalling, ultimo
capitolo di una trilogia femminista che la regista
cinese Ji
Huang (qui
in co-regia con il marito, il direttore della fotografia
giapponese Ryuji
Otsuka)
sviluppa dal 2014 quando vinse il primo premio al Festival di
Rotterdam con il suo film d’esordio.
Dal passato al presente arriviamo al futuro e a quella promessa di
futuro che è l’adolescenza. Sono adolescenti infatti i
protagonisti di The
Maiden,
esordio del canadese Graham
Foy che
ci offre un racconto lirico, sospeso tra realtà e immaginazione,
sul fragile e traumatico passaggio all’età adulta. Al suo
primo film di finzione, Lobo
e Cão,
la documentarista portoghese Cláudia
Varejão
si è immersa nella giovane comunità queer dell’isola di Sao
Miguel, nel remoto arcipelago delle Azzorre, per dipingere un
ritratto poetico di giovani solitudini che cercano di rompere
l’ordine morale per incontrarsi e imparare a vivere meglio in un
mondo ostile nei loro confronti.
È da una autrice a metà tra il cinema e l’arte, la ceca
Cristina Groșan che,
con proviene un monito su un mondo che sta misteriosamente
crollando e al contempo la spinta per non cedere alla vertigine
dell’apocalisse e per reagire stringendo patti col prossimo: lo
racconta in Ordinary
Failures,
film in cui tre donne si ribellano ai “fallimenti
ordinari”.
I dieci film in concorso trovano inThe Listener di Steve
Buscemi una
chiusura ideale. L’attrice statunitense Tessa Thompson, volontaria
notturna per una linea telefonica di supporto psicologico, sembra
quasi ascoltare tutti i personaggi dei nostri film dando loro, con
la sua voce, una promessa di guarigione.
Tra gli Eventi speciali riscopriamo certe affinità dei titoli in
concorso. A partire dal documentario iranianoAlone di Jafar
Najafi,
in cui il ragazzino protagonista che non vuole che le
sorelle-bambine si sposino, cerca di sovvertire una regola e così
il mondo. In Siamo
qui per provare, Greta
De Lazzaris e Jacopo Quadri inseguono
un’altra coppia, i registi teatrali Daria Deflorian e Antonio
Tagliarini, a loro volta sulle tracce di uno spettacolo che tarda a
prendere forma o che, forse, proprio in quel suo non esplicitarsi
trova una forma, un modo peculiare di essere, come se fosse la vita
in divenire con le sue imprevedibili traiettorie.
InCasa Susanna,
terzo capitolo di una trilogia sulla transessualità, il regista
francese Sébastien
Lifshitz,
rielabora il passato attraverso materiale di repertorio, rendendolo
materia viva, incandescente.
Un’alleanza al femminile, dolce, vitale e malinconica è, infine,
il viaggio on the road di Stefania Sandrelli e Silvia D’Amico
nell’opera prima del regista veneto Corrado
Ceron, Acqua
e anice.
Alla vigilia del loro ventennale e in un mondo sempre più in crisi
e in mutazione, le Giornate degli Autori propongono un programma
che è sì eco dei tempi bui e angosciosi che stiamo vivendo, ma è
anche
un atto di resistenza
e vuole offrire una finestra, un barlume di speranza contro tutte
le solitudini, le tensioni identitarie e i diktat politici che
imprigionano e opprimono il pensiero in tutto il mondo.
SELEZIONE UFFICIALE
IN CONCORSO
DIRTY, DIFFICULT,
DANGEROUS di Wissam Charaf – film di apertura
Francia, Italia, Libano, 2022, 101’, prima mondiale
Con: Clara Couturet, Ziad Jallad, Rifaat Tarabey, Darina Al
Joundi
Produzione: Aurora Films
Co-produttori: Intramovies, Né à Beyrouth
Vendite internazionali: Intramovies
Storia dell’amore contrastato nella
Beirut di oggi tra Ahmed, un rifugiato siriano, e Mehdia, una
badante immigrata etiope. Mentre Mehdia cerca di affrancarsi
dall’agenzia dell’impiego che la tiene sotto ricatto, Ahmed cerca
di sopravvivere commerciando in componenti metalliche di seconda
mano ed è affetto da una malattia misteriosa. I due amanti sembrano
non aver futuro, ma non hanno neanche niente da perdere e così un
giorno decidono di tentare la sorte e di lasciare insieme
Beirut.
BENTU di Salvatore
Mereu
Italia, 2022, 70’, prima mondiale
Con: Giuseppe Cuccu, Giovanni Porcu
Produzione: Viacolvento
Co-produttore: ISRE – Istituto Superiore Regionale Etnografico
Produttore associato: Università di Cagliari – Corso di Laurea
Magistrale in produzione multimediale
Con il sostegno: Fondazione Sardegna Film Commission, Regione
Autonoma della Sardegna, MIC, Regione Lazio, Comune di Guasila,
Comune di Sanluri, Comune di Turri
Vendite internazionali: Pascale Ramonda
Raffaele ha appena raccolto il suo
piccolo mucchio di grano che sarà la provvista di un anno intero.
Per non farsi trovare impreparato, da giorni dorme in campagna,
lontano da tutti, in attesa che il vento arrivi e lo aiuti a
separare finalmente i chicchi dalla paglia. Ma il vento non ne
vuole sapere di farsi vedere. Solo Angelino viene a trovarlo ogni
giorno per non farlo sentire meno solo. Un giorno, forse, quando
sarà grande, Raffaele potrà prestargli la sua indomita cavalla e
lui potrà finalmente cavalcarla. Ma Angelino non vuole
aspettare…
BĔŽNÁ SELHÁNY (ORDINARY
FAILURES) di Cristina Groşan
Repubblica Ceca, Ungheria, Italia, Slovacchia, 2022, 84’, prima
mondiale
Con: Tatjana Medvecká, Beáta Kaňoková, Nora Klimešová, Vica
Kerekes, Adam Berka
Produzione: Xova Film
Co-produzioni: Laokoon Filmgroup, Rosamont, Czech Television, Super
film
In associazione con: ARTE G.E.I.E.
Con il sostegno di: Czech Film Fund, Eurimages, National Film
Institute Hungary, MiBACT, Slovak Audiovisual Fund, Prague Film
Fund, Fondo Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, Pilsen Region,
Regione Lazio, Filmovà NADACE
Vendite internazionali: Totem Films
La giornata di un’adolescente
inquieta, una madre ansiosa e una donna rimasta da poco vedova
viene sconvolta da un misterioso fenomeno naturale. Mentre tentano
di affrontare le loro difficoltà quotidiane, la loro vita si
trasforma in un caos e le tre donne si ritrovano a dover cercare
disperatamente il loro posto nel mondo.
BLUE JEAN di
Georgia Oakley – opera prima
United Kingdom, 2022, 93’, prima mondiale
Con: Rosy McEwen, Lucy Halliday, Kerrie Hayes
Produzione: Kleio Films
Con il sostegno di: Creative England, BFI, BBC Films, Creative
Skillset
Vendite internazionali : Films Constellation
È il 1988. Il governo Thatcher ha
appena approvato una legge che mette sullo stesso piano lesbiche,
gay e pedofili, tutti assurdamente omologati a uno stile di vita
“deviato”. Le insegnanti di educazione fisica diventano il
bersaglio principale di queste accuse omofobiche e così Jean si
trova a dover condurre una doppia vita. Durante la settimana è una
persona rispettata del corpo docente; nei weekend frequenta
furtivamente la scena gay di Newcastle con la sua ragazza Viv. Ma
quando incontra una delle sue studentesse
in un bar per lesbiche, Jean è costretta a salvaguardare il lavoro
e il suo stato mentale.
EL AKHIRA. LA DERNIÈRE REINE
(THE LAST QUEEN) di Adila Bendimerad e Damien Ounouri –
opera prima
Algeria, Francia, Arabia Saudita, Qatar, Taiwan, 2022, 110’, prima
mondiale
Con: Adila Bendimerad, Dali Benssaleh, Tahar Zaoui, Nadia
Tereszkiewicz, Imen Noel
Produzione: Taj Intaj, Agat Films
Co-produzione:, Centre Algérien de Développement du Cinéma – CADC,
Birth, Sofinergie 5, Long Hu Bao International Entertainment Co.,
Taiwan Creative Content Agency (TAICCA) – Taiwan’s International
Co-funding Program, The Red Sea Film Festival Foundation
In collaborazione con: FDATIC du Ministère de la Culture et des
Arts d’Algérie, Aide aux Cinémas du Monde – CNC, ART
Con il sostegno di: Doha Film Institute – DFI, Institut Français
d’Algérie, The Arab Fund for Arts and Culture – AFAC
Vendite internazionali: The Party Film Sales per conto di Orange
Studio
Algeria, 1516. Il pirata Aroudj
Barbarossa libera Algeri dalla tirannia degli spagnoli e assume il
potere nel regno. Voci dicono che abbia ucciso il Re Salim Toumi
nonostante fosse suo alleato. Contro ogni probabilità sarà solo una
donna a tenergli testa: la Regina Zaphira. A cavallo tra storia e
leggenda le gesta di questa donna sono il simbolo di una lotta, di
un travaglio personale e politico affrontato con coraggio per il
bene di Algeri.
LES DAMNÉS NE PLEURENT PAS
(THE DAMNED DON’T CRY) di Fyzal Boulifa
Francia, Belgio, Marocco, 2022, 110’, prima mondiale
Con: Abdellah El Hajjouji , Aicha Tebbae, Antoine Reinartz,
Produzione: Vixens Films
Co-produzioni: Frakas Productions, Kasbah Films
In associazione con: Proximus, New Story, BELGA Productions, Tax
Shelter du Gouvernement Fédéral Belge via Belga Film Fund
Con in sostegno di: BBC Film, Eurimages, Aide aux cinémas du monde,
Centre du Cinéma et de l’Audiovisuel de la Fédération
Wallonie-Bruxelles, Centre Cinématographique Marocain, Fonds Image
de la Francophonie
Vendite internazionali: Charades
Con fiducia infantile, Selim segue
sua madre Fatima-Zahra da un luogo all’altro, cercando ogni volta
di mettere a tacere gli scandali in cui lei si fa coinvolgere.
Arrivati a Tangeri, ai due si presentano occasioni che sembrano
finalmente offrire loro quel po’ di normalità di cui entrambi hanno
bisogno; ma il prezzo da pagare sarà l’incrinarsi di quel fragile
legame di affetto che li lega uno all’altra.
LOBO E CÃO (WOLF AND
DOG) di Cláudia Varejão – opera prima
Portogallo, Francia 2022, 111’, prima mondiale
Con: Ana Cabral, Ruben Pimenta, Cristiana Branquinho, Marlene
Cordeiro, João Tavares, Nuno Ferreira
Produzione: Sterratemi Filmes
Co-produzione: La Belle Affaire
Vendite internazionali: MPM Premium
Ana è nata in un’isola, seconda di
tre fratelli che vivono con la madre e la nonna. Crescendo, Ana si
rende conto che alle donne vengono affidati compiti diversi da
quelli degli uomini, mentre Luis, l’amico che Ana ammira di più, se
ne infischia e veste indifferentemente abiti femminili e maschili.
Un giorno arriva dal Canada Chloé, un’amica che porta con sé una
ventata di novità e l’entusiasmo della gioventù. Con lei Ana
scoprirà
cose che la porteranno verso nuovi orizzonti.
PADRE PIO di Abel
Ferrara
Italia, Germania, UK, 2022, 104’, prima mondiale
Con:
Shia Labeouf, Cristina Chiriac, Marco Leonardi, Asia Argento,
Vincenzo Crea, Luca Lionello, Salvatore Ruocco,
Brando Pacitto, Stella Mastrantonio, Martina Gatti, Roberta
Mattei
Produzione: Maze Pictures
Co-produzioni:Interlinea Film, Rimsky Productions
Con il sostegno di: MiC, Apulia Film Commission
È la fine della Prima Guerra
Mondiale e i giovani soldati italiani tornano a San Giovanni
Rotondo, terra di povertà, storicamente violenta, sulla quale la
Chiesa e i ricchi proprietari terrieri esercitano un dominio
ferreo. Le famiglie sono disperate, gli uomini sono distrutti ma
vittoriosi. Arriva anche Padre Pio, in uno sperduto convento di
cappuccini, per iniziare il suo ministero, evocando un’aura
carismatica, la santità e visioni epiche di Gesù, Maria e del
Diavolo. La vigilia delle prime elezioni libere in Italia fa da
sfondo a un massacro storico e metaforico, un evento apocalittico
che cambierà il corso del mondo.
SHIMEN
(STONEWALLING) di Huang Ji e Ryuji Otsuka
Giappone, 2022, 148’, prima mondiale
Con: Honggui Yao, Xiaoxiong Huang, Zilong Xiao
Produzioni: YGP-FILM LLC
Co-produzioni: HKIFF – HAF Program
Vendite internazionali: Good Move Media
La ventenne Lynn, che si mantiene
facendo i lavori più disparati mentre studia per diventare
assistente di volo, scopre improvvisamente di essere incinta. Con
poco tempo a disposizione, indecisa se tenere il bambino o se
interrompere la gravidanza, torna a casa dai genitori, sempre alle
prese con i loro litigi e con la loro clinica di medicina
tradizionale che versa in condizioni precarie. Attraverso lo
sguardo di una giovane donna, la coppia – sul set e nella vita –
Huang Ji and Ryuji Otsuka rivela in questo film le nuove regole
della gig-
economy, del mercato grigio e parallelo, del Multi Level Marketing
e delle sue truffe nella Cina delle metropoli moderne.
THE MAIDEN di
Graham Foy – opera prima
Canada, Stati Uniti, 2022, 117’, prima mondiale
Con: Jackson Sluiter, Marcel T. Jimenèz, Hayley Ness
Produzione: FF Films Inc., MDFF
Vendite internazionali: Celluloid Dreams
Una perfetta giornata estiva finisce
in tragedia, creando un legame cosmico nella vita di tre
adolescenti. I due amici per la pelle Colton e Kyle scendono al
fiume, si raccontano sogni e desideri e disegnano con una
bomboletta spray sul dirupo sotto la ferrovia. La loro vita sembra
scorrere perfetta tra meraviglia e bellezza, ma un’ombra scura si
addensa sul loro futuro. Proprio come i ragazzi, Whitney si aggira
vicino al dirupo cercando conforto nel suo diario, che riempie di
testi e disegni. Quando però la sua migliore amica la abbandona,
Whitney sparisce. La scoperta del diario di Whitney ci trasporterà
in un mondo riflesso come in uno specchio dove sarà possibile fare
incontri ultraterreni.
FUORI CONCORSO
THE LISTENER di
Steve Buscemi – film di chiusura
Stati Uniti, 2022, 96’, prima mondiale
Con: Tessa Thompson
Produzione: Hantz Motion Pictures
Co-produzione: Olive Productions, Sight Unseen
US Sales: Verve
Beth lavora come volontaria per una
“helpline”, in quel piccolo esercito di persone che stanno al
telefono ogni notte in tutta l’America, raccogliendo chiamate da
chi si sente solo, finito, senza speranza. Nel corso dell’ultimo
anno l’ondata di telefonate è diventata uno tsunami. Mentre
affronta il suo turno Beth sa che la posta in gioco è sempre più
alta: sarà questa la notte in cui perderà qualcuno? Oppure riuscirà
a salvare qualcuno? Alla fine sarà la storia personale di Beth ad
emergere, rivelando perché si è messa al servizio degli
altri. Nel film siamo sempre accanto a lei: ascoltando,
confortando, comprendendo, rincollando il mondo, un pezzo alla
volta.
EVENTI SPECIALI
MARCIA SU ROMA (THE MARCH ON
ROME) di Mark Cousins
Italia, 2022, 97’, prima mondiale
Con: Alba Rohrwacher
Produzioni: Palomar e Luce Cinecittà
In collaborazione con: Il Saggiatore
Vendite internazionali: The Match Factory
Distribuzione italiana: I Wonder Pictures
Con raro materiale d’archivio e con
il suo caratteristico stile narrativo, Mark Cousins racconta
l’ascesa del fascismo in Italia e il suo espandersi in Europa negli
anni ’30. In Marcia su Roma, che è al tempo stesso “essay film” e
documento storico, Cousins contestualizza la storia osservando il
mondo contemporaneo, mostrando un paesaggio politico oggi
caratterizzato da un’inquietante estrema destra e un uso
manipolatorio dei media.
CASA SUSANNA di
Sebastien Lifshitz
Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna 2022, 97’, prima mondiale
Produzione: Agat Films
Co-produzione: Arte France, American Experience Films
In associazione con: BBC Storyville
Con il sostegno di: La PROCIREP- ANGOA, CNC
Vendite internazionali: PBS WGHB
Negli anni ’50 e ’60, nell’America
rurale ai piedi delle Catskills, una piccola casa in legno con un
fienile sul retro era il rifugio del primo gruppo clandestino di
cross-dresser. Diane e Kate sono oggi delle ottantenni che
all’epoca erano uomini che appartenevano a quel gruppo segreto e ci
raccontano di quell’essenziale ma dimenticata esperienza agli
albori della scoperta della trans-identità.
ALONE di Jafar
Najafi
Iran, 2022, 61’, prima mondiale
Con: Amir Mohammad, Razieh, Marzieh
Produttore: Jafar Najafi
Amir è un ragazzo quattordicenne
che, alla morte di suo padre, è diventato capofamiglia ed è
responsabile della madre e delle sorelle, le gemelle dodicenni
Marzieh e Razieh. Amir cerca di fare il possibile per tenere le
sorelle al riparo dagli obblighi imposti dalla tradizione. Il film
racconta il dramma di Amir e il suo essere “solo”.
SIAMO QUI PER
PROVARE di Greta De Lazzaris e Jacopo Quadri
Italia, 2022, 88’, prima mondiale
Con: Daria Deflorian, Antonio Tagliarini, Monica Demuru, Emanuele
Valenti, Francesco Alberici, Martina Badiluzzi,
Andrea Pizzalis
Produzione: Ubulibri con Rai Cinema
Distribuzione italiana: Lo Scrittoio
Daria si sposa, Antonio è testimone.
Sono una coppia artistica. Da anni abitano nella stessa palazzina,
ora lei trasloca in un altro quartiere. Cominciano a lavorare a un
nuovo progetto ispirato al “Ginger e Fred” di Fellini. Con loro
Emanuele, Monica, Francesco, Martina, Andrea. Si comincia dalle
lezioni di tip tap, la drammaturgia viene scritta giorno per
giorno, provando nei teatri svuotati dalla pandemia, a Roma, a
Rimini e in Francia. Tra i dubbi, nell’euforia creativa, i nostri
attori finiscono per assomigliare sempre di più ad un gruppo di
naufraghi, in uno spaesamento dove si mescola continuamente la vita
reale con lo spettacolo che sta forse prendendo forma.
ACQUA E ANICE (OLIMPIA’S
WAY) di Corrado Ceron – opera prima
Italia, 2022, 115’, prima mondiale
Con: Stefania Sandrelli, Silvia D’Amico, Paolo Rossi, Luisa De
Santis
Produzione: K+ srl
In collaborazione con: Rai Cinema
Con il sostegno di: Film Commission Regione Emilia Romagna
Vendite internazionali: Fandango
Olimpia è una leggenda del liscio e
delle balere. All’età di 70 anni rimette in strada il furgone della
sua orchestra e parte per un viaggio in cerca delle persone che
l’hanno amata e dei luoghi che l’hanno resa una star. Da qualche
tempo però la donna dimentica le cose, così ingaggia come autista
Maria. Olimpia è eccessiva, scorretta, passionale; Maria è
l’opposto, è silenziosa e lunatica. Le due donne impareranno un po’
alla volta a comprendersi e a volersi bene e Maria capirà un po’
alla volta cosa davvero quel viaggio significhi per Olimpia.
MIU MIU WOMEN’S TALES
#23 HOUSE COMES WITH A
BIRD di Janicza Bravo
Los Angeles, USA, gennaio 2022, 15’
Con:
Natasha Lyonne, Kelsey Lu, Katherine Waterston, Poorna
Jagannathan, Pedro Pascal
Produzione: Hi Production, PRETTYBIRD
Mentre indossa le scarpe con perle e
infila gli occhiali da sole decorati di cristalli, con tono
arrogante Penn da istruzioni a Jean sulla casa. Trova un posto
giusto per i fiori. Mangia all’aperto (l’odore del cibo persiste).
Cosa – ci viene detto – è una domanda e cosa un’affermazione? Jean
rinfresca i costosi cuscini, suona malinconicamente il violoncello
e accoglie i potenziali acquirenti di questa straordinaria villa
modernista, mentre uno splendido pappagallo ara se ne sta
appollaiato nella sua gabbia e una goffa tartaruga gironzola nel
giardino sul retro.
#24 CARTA DE MI MADRE PARA
MI HIJO di Carla Simón
Bacellona, Spagna, maggio 2022
Con: Angela Molina, Cecilia Gómez, Ainet Jounou
Produzione: Hi Production, KINO produzioni
Carla è incinta e nuda, imitando le
pose che sua madre assumeva quando era incinta di Carla. La luce
del sole filtra dalle finestre. Si vedono immagini in Super-8 di
madri e padri, nonne e nonni, che sorridono, cuciono, recitano
poesie. Poi, una giovane ragazza viaggia dagli anni Sessanta agli
anni Ottanta, fino a oggi, attraversando le soglie della
femminilità e della storia, fino all’incontro con Carla in riva al
mare azzurro della Catalogna e con Manel, il figlio di Carla appena
nato.
Paddy Conlon è un ex
pugile, veterano della guerra in Vietnam, il cui alcolismo ha
distrutto la sua famiglia. Dopo diversi anni il figlio minore, Tom,
torna a casa e Paddy, padre che ha perso molte chance con il
figlio, decide di allenarlo per competere ad una gara di arti
marziali miste e cercando di recuperare il suo rapporto con lui.
Nel suo percorso Tom però si dovrà scontrare con lo spirito di
competizione tutt’altro che sportivo del fratello maggiore
Brendan.
Il regista di
Warrior, Gavin O’Connor,
in accordo con Variety, è il front runner per la regia di
Massacre in the Himalayas, un adattamento
cinematografico del racconto del reporter Freddie
Wilkinson che ha documentato l’attacco di un gruppo di
terroristi pachistani ai danni di una spedizione di scalatori.
Il regista ha di recente assunto la regia del tormentato
Jane Got a Gun, dopo che Lynne
Ramsay, il regista precedentemente incaricato di dirigere
il film, ha lasciato il progetto. Nel film O’Connor ritrova
Joel Edgerton, già diretto in
Warrior accanto a Tom
Hardy, e dirige anche Natalie Portman, Rodrigo
Santoro, Noah Emmerich e Ewan McGregor.
Il film è un western che dovrebbe uscire negli USA il 20 febbraio
2015.Fonte: CS
Il remake del bellissimo thriller
francese Ne le dis a Personne di
Guillaume Canet ha il suo regista, che risponde al
nome di Gavin O’Connor,autore di ottimi film quali
Pride and Glory
eWarrior,
e alla prese con Jane Got a
Gun(ormai ultimato) con Natalie
Portman e Ewan McGregor.
Inizialmente il film doveva essere
affidato a Ben Affleck,sia come regista che come
attore, ma i numerosi impegni del novello Batman hanno fatto
saltare il tutto. Il remake,sceneggiato da Chris
Terrio(Argo) sarà basato
principalmente sul romanzo Tell no One di
Harlon Coben e cercherà di proporre un’estetica
diversa dalla pellicola francese per non incorrere in ulteriori ed
inevitabili paragoni. Di seguito trovate la sinossi del libro di
Coben e il trailer del(consigliatissimo) film francese: “Un lago
nei pressi di New York: Elizabeth, una giovane donna, viene uccisa
e sfigurata. Otto anni dopo, sulla sponda di quello stesso lago,
vengono trovati altri due cadaveri. Intanto David, il marito della
donna assassinata, riceve inquietanti messaggi che solo la moglie
potrebbe inviargli. Un macabro scherzo? L’FBI riapre l’indagine, e
principale sospettato diventa proprio David. Ma se Elizabeth fosse
ancora viva? David deve trovarla, e deve farlo prima che gli
inquirenti trovino lui.”
Secondo Variety, Showtime sta
attualmente sviluppando un adattamento in serie del thriller
fantascientifico Gattaca
della Sony Pictures del 1997. Il progetto proviene dai
creatori di Homeland,Alex Gansa
e Howard Gordon.
La serie Gattaca sarà
creata e prodotta esecutivamente da Gansa, Gordon e Craig
Borten, con Gansa che sarà anche showrunner. Il progetto è
prodotto anche da Sony Pictures Television per
Showtime. Ulteriori dettagli sulla trama e
sui personaggi sono ancora tenuti nascosti.
“Ethan
Hawke, Uma Thurman, Alan Arkin e
Jude Law sono i protagonisti di questo avvincente
thriller fantascientifico su un uomo fin troppo umano che osa
sfidare un sistema ossessionato dalla perfezione
genetica. Hawke interpreta Vincent, un ‘In-Valid’ che assume
l’identità di un membro dell’élite genetica per perseguire il suo
obiettivo di viaggiare nello spazio con la Gattaca Aerospace
Corporation”, si legge nella sinossi
dell’originale. “Tuttavia, una settimana prima della sua
missione, Vincent finisce trai sospettati per un’omicidio commesso.
Con un implacabile investigatore sulle sue tracce e il collega di
cui si è innamorato che inizia a sospettare il suo inganno, i sogni
di Vincent si disfano costantemente. Nessuno del DNA “preordinato”
che gli garantirà il successo. Nel disperato tentativo di
realizzare il suo sogno di esplorare lo spazio, Vincent assume
l’identità di un atleta geneticamente superiore (Jude
Law). Evitando di essere individuato utilizzando i marcatori
genetici dell’atleta, Vincent diventa una stella nascente al
Gattaca Aer”
Nonostante sia stato una delusione
al botteghino con un incasso interno di oltre $ 12 milioni contro
il suo budget dichiarato di $ 36 milioni,
Gattaca è stato ben accolto dalla critica
grazie alla sua stimolante storia di fantascienza. L’imminente
adattamento di Showtime non è il primo tentativo di Sony Pictures
Television di adattare il film in una serie. Nel 2009, lo
studio ha provato a sviluppare un dramma procedurale poliziesco
basato sul classico cult del 1997
In Gattaca Vincent
vuole diventare un astronauta, ma nella società in cui vive è un
non valido. Essendo stato concepito naturalmente, già dalla
nascita si conoscono i suoi difetti genetici. Invece, i
validi creati in provetta, sono geneticamente perfetti e
possono aspirare a ruoli importanti nella società. Per realizzare
il suo sogno, Vincent assume l’identità di Jerome, un valido
paraplegico a causa di un incidente.
Gattaca tra fantascienza e eugenetica
Nell’universo di Andrew
Niccol l’eugenetica ha vinto. Ciò che rimane nella testa
dello spettatore è l’idea che la selezione degli individui
attraverso la modifica del DNA, non appartiene al passato, ma
diventa una possibilità vicina nel tempo. Osserva l’opera
d’Iddio, chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto storto?
(Ecclesiaste 7:13) è una delle citazioni che apre il film e la
risposta ci viene data poco dopo. La scienza, nella sua corsa per
misurarsi con la religione, ha preteso di raggiungere persino Dio,
ecco perché esistono i nati per fede, anche detti non
validi, come Vincent, e i validi, gli uomini
fabbricati, come Jerome. Me se la perenne opposizione tra
scienza e religione è soltanto una delle possibili interpretazioni,
il tema principale è il confronto dell’uomo con la scienza. Quanto,
quest’ultima, può determinare il destino umano? E fino a dove può
spingersi?
Risponderemmo che è impossibile
confrontarsi con il rigore scientifico, ma poi vediamo
Vincent che, con tanta dedizione, elimina pelle, unghie e capelli,
fa scorta di urine, sangue, per non lasciare tracce nel mondo dei
validi.
Perfezione genetica contro
imperfezione umana. Parole destinate a invertirsi, grazie
all’abilità di Ethan Hawke nel recitare due persone insieme, alternando
la freddezza e la sicurezza degli uomini perfetti, ai sentimenti
che lo avvicinano alla natura umana. Uno dei personaggi più
riusciti è quello di Jude Law. Anche “non più valido” vivrà la
discriminazione e solo di fronte alla determinazione dell’amico si
renderà conto che “non esiste un gene per lo spirito umano”, come
recita uno degli slogan che presentano il film. Una riflessione a
cui giunge anche Uma Thurman, a proprio agio nei panni di Irene Cassini,
la donna che si innamora del protagonista. Non sarebbe corretto
relegare questo film nel genere della fantascienza. Lo stesso
regista e sceneggiatore Andrew Niccol circonda i personaggi
di tecnologia avanzata, ma richiama atmosfere steampunk, inserendo
alcuni oggetti tipici degli anni sessanta. Il film è povero di
effetti speciali, ma l’intento di Niccol è indurre riflessioni
partendo dalla semplicità. Non ci sono misteri insondabili, gli
elementi della storia sono tutti lì, sta allo spettatore ricavare a
ogni visione una diversa interpretazione. E noi speriamo che ci
regali altre visioni come ha fatto con S1m0ne (2002),
e come in
In Time,il grande successo del
2011.
Il genere della fantascienza al
cinema ha negli anni acquisito sempre nuove forme e temi, evolvendo
di pari passo all’evolvere del mondo e delle sue caratteristiche.
Uno dei filoni più interessanti formatisi negli ultimi due decenni
è senza ombra di dubbio quello del biopunk, dove si
descrive e affronta la nascente società biotecnologica, incentrata
sul potenziamento di individui non attraverso mezzi meccanici bensì
grazie alla manipolazione genetica. Uno dei massimi esponenti di
tale genere è il film Gattaca – La porta
dell’universo, diretto nel 1997 da Andrew
Niccol, autore di noti film di fantascienza come In Time e
Anon.
Con questa sua opera prima, da lui
anche scritta, Niccol ha così affrontato tematiche che di lì a
breve sarebbero diventate sempre più centrali nel mondo del cinema
e della cultura in generale. La sua non è però tanto una
riflessione su di un contesto fantascientifico quanto sulle
capacità umane raggiungibili attraverso il potenziamento biologico.
Nel trattare ciò, il regista si è avvalso di approfondi studi ed
esperti del settore, arrivando ad ottenere importanti primati. Il
film è infatti stato definito da molti scienziati come il film di
fantascienza più accurato mai realizzato. Un risultato che ha a suo
modo contribuito a rendere ulteriormente popolare la pellicola e il
suo fascino.
Non rivelatosi da subito come un
grande successo economico, Gattaca – La porta
dell’universo è solo con il passare degli anni divenuto un
vero e proprio cult. Ancora oggi, infatti, non manca di affascinare
spettatori di ogni tipo, sfoggiando un’attualità che sembra farsi
ogni giorno più concreta. Prima di intraprendere una visione del
film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e le frasi più belle. Infine, si
elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Gattaca – La porta dell’universo:
la trama del film
La vicenda qui narrata si svolge in
futuro prossimo, dove è possibile far nascere esseri umani con un
preciso corredo genetico. Tramite tale processo è possibile
prevedere in anticipo le caratteristiche del nascituro,
permettendogli dunque di venire al mondo privo di imperfezioni. In
questo contesto, la società si divide in Validi, ovvero
gli esseri dal corredo genetico perfetto, e i Non Validi,
ovvero i nati con genomi naturali, condannati a restare ai margini.
Il protagonista, Vincent Freeman vuole diventare
un astronauta, ma essendo nato come Non Valido, questa
possibilità gli è preclusa. Per realizzare il suo sogno, Vincent
decide dunque di assumere l’identità di Jerome, un
valido paraplegico a causa di un incidente. Tenere nascosta
la propria identità sarà però tutt’altro che semplice.
Gattaca – La porta dell’universo:
il cast del film
Protagonista del film, nei panni di
Vincent Freeman, è l’attore EthanHawke, celebre per titoli come
Boyhood e Prima di mezzanotte. Per interpretare
il ruolo, l’attore ha affermato di essersi basato in buona parte
sulle suggestioni dategli dal nome di questi. Il personaggio
presenta infatti un nome particolarmente esplicativo. “Vincent”
indica una personalità vincente, mentre “Freeman”, significa “uomo
libero”. Da ciò Hawke è partito per costruire la psicologia e la
personalità del personaggio. Ad interpretare il ruolo di Jerome
Eugene Morrow è invece l’attore Jude Law.
Questi, in particolare, si è concentrato sulla costruzione del
personaggio attraverso il sentimento della frustrazione. Egli si
trova infatti ad essere un Valido reso invalido da un
incidente, una condizione piuttosto insolita nella società del
film.
L’attrice Uma Thurman è
invece la protagonista femminile, Irene Cassini. Questa è una
collega di Vincent, la quale lo aiuterà a realizzare il suo sogno.
Fu proprio sul set di questo film che la Thurman e Hawke
intrapresero una relazione, sposandosi nel 1998 e divorziando poi
nel 2005, dopo aver dato vita a due figli, tra cui Maya
Hawke. Nel film sono poi presenti diversi altri noti
attori, tra cui Loren Dean, nei panni di Anthony
Freeman, padre di Vincent, e Gore Vidal, in quelli
del direttore Josef. Il premio Oscar Ernest
Borgnine, noto per Marty, vita di un timido,
interpreta qui il personaggio di Caesar, mentre Tony
Shalhoub è German. Il premio Oscar AlanArkin, infine, è presente nei panni del
detective Hugo, che indaga sul caso di Vincent.
Gattaca – La porta dell’universo:
le caratteristiche, le frasi, il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
Per dar vita al mondo futuro in cui
si svolgono le vicende del film, il regista decise di avvalersi di
elementi provenienti da diverse epoche. Lo stile degli abiti, delle
acconciature e l’architettura degli edifici e delle automobili
rispecchia infatti quelle dei primi anni Sessanta. Tutto ciò,
infatti presentava già di suo elementi futuristici, qui accentuati
attraverso alcuni precisi dettagli. Inoltre, durante il film è
possibile udire alcuni annunci vocali all’interno di Gattaca.
Questi sono recitati in esperanto, una lingua che contribuisce a
sottolineare l’atmosfera universale e avanzata della società
rappresentata. Per ampliare l’effetto della perfezione fisica
umana, dovuta alla selezione dei geni, il regista ha infine scelto
di utilizzare nel film prevalentemente modelli e modelle.
È possibile fruire di
Gattaca – La porta dell’universo grazie alla sua presenza
su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV,Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes e
Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 3 febbraio alle ore
21:10 sul canale Paramount
Channel.
Qui di seguito si riportano invece
alcune delle frasi più belle e significative pronunciate dai
personaggi del film. Attraverso queste si potrà certamente
comprendere meglio il tono del film, i suoi temi e le variegate
personalità dei protagonisti. Ecco dunque le frasi più belle del
film:
Per uno che non doveva far parte di questo mondo, devo
confessare che all’improvviso mi costa lasciarlo. Però dicono che
ogni atomo del nostro corpo una volta apparteneva a una stella…
forse non sto partendo, forse sto tornando a casa. (Vincent
Freeman)
Jerome era stato progettato con tutto quello che serviva
per entrare a Gattaca salvo il desiderio di entrarci. (Vincent
Freeman)
Non esiste un gene per il destino. (Vincent
Freeman)
Si diceva che un figlio concepito nell’amore avesse
maggiori probabilità di essere felice… oggi non lo dicono più.
(Vincent Freeman)
La Disney ha regalato
all’immaginario collettivo una precisa versione di Cenerentola, ma
quello che in molti non sanno è che l’originale storia, macabra e
oscura, viene dal ventre di Napoli, da quel Seicento letterario,
ferbido di arte, che ha visto nascere La Gatta
Cenerentola di Giambattista Basile,
compresa in Lo Cunto de Li Cunti (stessa ispirazione
letteraria de Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone).
Grazie a Alessandro Rak,
Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario
Sansone la storia riceve una nuova rilettura animata,
lontana da ogni altra versione mia arrivata al grande pubblico e
lontana anche dall’originale letterario, nonostante la chiara
ispirazione.
Mia è rimasta orfana dopo che
Salvatore ‘o Rre, capoclan del riciclaggio, ha ammazzato suo padre,
don Vittorio Basile, uomo di grande ingegno che aveva il progetto
di trasformare Napoli in una virtuosa città della scienza.
Costretta a vivere in una nave da crociera dismessa nel porto con
la matrigna e le sorellastre, viene chiamata Gatta Cenerentola
dalle stesse, per cui è costretta a lavorare. Il ritorno di
Salvatore rivoluzionerà la sua posizione, mentre verrà a conoscenza
di un segreto a lungo ignorato.
Ambientato in una Napoli
di cenere, Gatta Cenerentola coniuga toni e temi, tuffandosi nel
torbido di una città distopica, in cui il Vesuvio ha ricoperto
tutto di un grigio strato che soffoca colori e speranze. In questo
tragico e triste scenario si muove il Principe, Primo Gemito, la
speranza, o forse, meglio, l’ostinazione nel trovare una via
d’uscita dall’impero della malavita rappresentato da Salvatore ‘o
Rre.
Sangue, droga e cenere sono gli
elementi intorno a cui ruota il racconto che si pregia di momenti
musicali dal grande potere evocativo e che rappresentano le battute
d’arresto di una storia altrimenti fluida e solida. I colori freddi
della città cozzano con l’immaginario napoletano nel mondo e
contrastano con i toni invece caldi che vengono utilizzati per i
personaggi e le scenografie all’interno della nave da crociera,
principale scenario delle vicende legate a Gatta
Cenerentola.
Una lettura non convenzionale quella
di Rak e compagnia che anche da un punto di vista della narrazione
vera e propria sceglie di tagliare il racconto, privando lo
spettatore di un finale esaustivo, regalando una piccola speranza
di lieto fine senza la certezza che questo ci sia effettivamente
per Mia e Primo.
Una fiaba dark, moderna, violenta e
sanguigna, come i personaggi che racconta, come la città in cui è
ambientata. Gatta Cenerentola è stato presentato
in Concorso nella sezione Orizzonti della 74° Mostra d’Arte
Cinematografica di Venezia.
Sarà presentato nella sezione
Orizzonti di Venezia 74 Gatta Cenerentola, il
film d’animazione di ALESSANDRO RAK, IVAN CAPPIELLO,
MARINO GUARNIERI, e DARIO
SANSONE.
Una produzione Mad
Entertainment con Rai Cinema in
partecipazione con Big Sur, in collaborazione
con SkyDancers, in collaborazione con
Tramp Ltd e O’Groove. In
associazione con Optima Italia S.p.A. ai
sensi delle norme sul tax credit prodotto da Luciano
Stella con il contributo di Maria Carolina
Terzi eMauro
Luchetti. Una distribuzione Videa
– Film riconosciuto di interesse culturale con
contributo economico del Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del Turismo – Direzione Generale per il
Cinema.
Film realizzato anche grazie all’utilizzo del credito d’imposta
previsto dalla Legge 24.12.2007 n. 244 International Sales
Rai Com.
La trama di Gatta
Cenerentola
Cenerentola è cresciuta
all’interno della Megaride, un’enorme nave ferma nel porto di
Napoli da più di 15 anni. Suo padre, ricco armatore della nave e
scienziato, è morto portando con sé nella tomba i segreti
tecnologici della nave e il sogno di una rinascita del porto. La
piccola vive da allora all’ombra della temibile matrigna e delle
sue perfide sei figlie.
La città versa ora nel degrado e
affida le sue residue speranze a Salvatore Lo Giusto, detto ‘o Re,
un ambizioso trafficante di droga che, d’accordo con la matrigna,
sfrutta l’eredità dell’ignara Cenerentola per fare del porto di
Napoli una capitale del riciclaggio. La nave, infestata dai
fantasmi-ologrammi di una tecnologia e di una storia dimenticate,
sarà il teatro dell’intera vicenda e metterà in scena lo scontro
epocale tra la miseria delle ambizioni del presente e la nobiltà
degli ideali del passato. Il futuro della piccola Cenerentola
e della povera città di Napoli sono legati ad uno stesso,
sottilissimo, filo.
Dal 1° luglio 2022, gli spettatori
di tutto il mondo attendono pazientemente il ritorno
della serie probabilmente più importante di
Netflix.
Per la quinta e ultima volta,
Stranger Things si appresta a spaventare e ad
assecondare un pubblico globale con intricatezze fantascientifiche
e drammi profondamente coinvolgenti, anche se la lunga attesa ha
lasciato alcuni insoddisfatti. Per questo motivo, i ritardi, le
anticipazioni, i teaser e qualsiasi tipo di materiale promozionale
sono stati pochi. Ora, però, in un’intervista al Radio Times, il beniamino dei fan
Gaten Matarazzo – l’uomo che interpreta
Dustin Henderson – ha dato un aggiornamento stuzzicante su ciò che
la serie ha in serbo per i fan nella
quinta stagione. Quando gli è stato chiesto di parlare della
portata e dello stile della stagione, Matarazzo ha dichiarato:
“Penso che la [Stagione] 5… sia
enorme, ovviamente, è una delle più grandi stagioni televisive che
credo abbiamo visto da molto, molto tempo.E credo che molte
persone stiano dicendo che potrebbe essere un mix di [Stagione] 1 e
[Stagione] 4, principalmente.E penso che sarebbe un bel
modo di vederla.Ma in termini di scala, è un’opera di
dimensioni enormi”.
Stranger
Thingsè certamente noto per la sua portata e
le sue scelte di design, quindi sapere che l’uscita finale
sarà più grande e più audace che mai potrebbe aiutare ad attenuare
il colpo che è stato questa attesa terribilmente lunga. Dal
punto di vista stilistico, Matarazzo suggerisce che potrebbe essere
simile sia alla prima che alla quarta stagione, cosa che
ha ampliato dicendo: “Ricordo che per la [Stagione] 2 volevano
puntare su un’atmosfera un po‘ più horror di Halloween, e poi la
[Stagione] 3 l’hanno completamente ribaltata, e hanno detto:
’Grande, estate, neon, audace, mutevole’”. E ha continuato: “E la
[Stagione]
4 è tornata esteticamente a quello che abbiamo visto nella
[Stagione] 1, e penso che la [Stagione] 5 sia solo una
continuazione più audace di questo”.
La quinta stagione di Stranger
Things si avvarrà del talento di uno dei più grandi registi del
2024
Non si può nascondere l’enorme
successo di Deadpool
& Wolverine al box office di 2024. Con un
totale globale di quasi 1,3 miliardi di dollari e in
aumento, il trequel è stato un indiscutibile successo
di pubblico. Naturalmente, l’unione di Ryan
Reynolds e Hugh Jackman era il sogno di
molti fan, ma il merito va attribuito al regista Shawn
Levy per aver compreso lo stile e la posta in gioco
necessari per il successo del film.
È interessante notare che
Levy applicherà il suo talento ad almeno un episodio
della quinta stagione diStranger
Things , dopo aver diretto i famosi
episodi 3 e 4 di ogni stagione dello show.
Anche se non sarà dietro la macchina da presa per il finale, resta
da vedere di quale o quanti episodi Levy si occuperà. È possibile
guardare tutti gli episodi delle prime quattro stagioni di
Stranger Things su Netflix.
Presentato nella
selezione ufficiale in concorso del Noir in Festival XXX,
Gatecrash tradisce la sua origine teatrale
nell’impianto basato sulla totale unità di tempo e spazio. Il film,
diretto da Lawrence Gough, si basa infatti su una
piece teatrale di Terry Hughes e mette in scena
una mascolinità tossica che si conclude in un violento
epilogo.
Questo dramma da camera,
compresso in spazi angusti, ruota attorno a un incidente
automobilistico che non ci viene mai mostrato, ma solo raccontato.
L’evento causa dei conflitti tra una manciata di personaggi che
costituiscono il punto fermo di un ritmo della narrazione
crescente, nonostante non ci sia grande movimento, né dei
personaggi, né del montaggio stesso del film.
Nicole (Olivia
Bonamy) e Steve (Ben Cura), una coppia
che chiaramente vive di abusi, tornano a casa, una graziosa ma
isolata villetta di campagna, una casa che nei colori e negli
arredi, prugna, tortora e grigi, ricorda i lividi che Nicole porta
sul volto, dopo che, sulla via del ritorno, Steve ha investito
qualcosa o qualcuno con la macchina.
Gatecrash, un noir che non è all’altezza della
fonte
Non ci viene mostrato
niente, ma dai discorsi della coppia, capiamo che era lui a
guidare, quando hanno investito un misterioso passante, ma che dà
la colpa a lei, perché dice di essere stato distratto dalla sua
conversazione. Mentre questo dispiegamento di mascolinità tossica
si avvicina al suo momento più alto, la conversazione trai due
viene interrotta da qualcuno che arriva alla porta: un poliziotto
(Samuel West) che con fare fintamente disinvolto chiede alla coppia
se hanno visto qualcosa di strano nei dintorni. Da questo momento
in poi, la situazione degenera.
A questo punto del film
cominciano a verificarsi diverse cose strane, che mirano
probabilmente a confondere e sedurre lo spettatore, ma che
purtroppo conferiscono al film, nel suo svolgimento, un andamento
caotico, fuori controllo. Monti dialoghi si ripetono, pronunciati
da personaggi diversi, nessuno dei protagonisti ha motivazioni
chiare e i toni cominciano ad oscillare dal fantasy macabro al
thriller senza però trovare una loro dimensione vera e
propria.
A questa dinamica già
confusa, si aggiunge un altro elemento dissonante, ovvero
l’apparizione, apparentemente senza motivazione alcuna, di un altro
personaggio, l’anziano Sid, interpretato da Anton
Lesser (meglio conosciuto in TV per Game of
Thrones in cui interpreta l’infido Qyburn). Il personaggio
risulta il più risolto e strutturato di tutti, e sembra quindi che
sia stato l’attore stesso a dargli spessore, visto che da
sceneggiatura, firmata da Lawrence Gough e Alan Pattinson, nessuno
degli altri sembra avere lo stesso approfondimento.
Se dalle recensioni degli
specialisti di teatro, la storia aveva un suo interesse e la piece
in sé è stata accolta con grande favore, la versione
cinematografica di Gatecrash non possiede né lo
stesso appeal, né l’allure lynchiano che ha fatto la fortuna del
testo originale.
Si terrà a Narni la 16esima
edizione de “Le Vie del Cinema” dal 4 al 13 luglio. Protagonisti
principali di questa edizione due mattatori del nostro grande
cinema passato: Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, per i quali
ricorrono il ventennale e il decennale della morte.
È morto Gaspard
Ulliel, attore francese di appena 37 anni. La causa della
morte è stata un incidente su una pista di sci, Ulliel si è
scontrato con un altro sciatore nel primo pomeriggio di ieri
all’incrocio tra due piste a La Rosiere, nella zona orientale della
Francia.
Nonostante la giovane età era già un
volto iconico del cinema francese, scoperto a soli 19 anni per
l’interpretazione in Anime erranti di
André Techiné al fianco di Emmanuelle
Beart, la consacrazione arriva nel 2005, quando vince il
Cesar, l’Oscar francese, per l’interpretazione in Una lunga
domenica di passioni di Jean-Pierre
Jeunet.
Nel 2014 ha interpretato il ruolo
del protagonista nel biopic su Yves Saint-Laurent per la regia di
Bertrand Bonello. Mentre è del 2017 la sua interpretazione più
sentita ed emozionante, in È solo la fine del mondo scritto e diretto da
Xavier Dolan, per il quale ha vinto di nuovo il Cesar.
Nel 2007 si era già affacciato al
cinema hollywoodiano, recitando nel ruolo di un giovane Hannibal
Lecter in Hannibal Lecter – Le origini del
male, tratto dall’omonimo romanzo di Thomas
Harris, al fianco di Gong Li.
Trai progetti che usciranno postumi,
ricordiamo Moon Knight, la serie Marvel in arrivo su Disney+ a marzo prossimo.
Gasoline Rainbow è
stato presentato in anteprima durante la scorsa edizione della
Mostra internazionale del cinema di Venezia nella sezione
Orizzonti. Questo film diretto da
Bill Ross IV e Turner Ross fonde, fin dalle prime inquadrature,
un coming of age con un documentario amatoriale in
grado di raccontare la vacanza, rito di qualsiasi nuova
generazione, di un gruppo di diplomati tra la fine del liceo e
quello verrà. Non importa cosa succederà poi, tra proseguire gli
studi o scegliere altre strade l’importante è vivere al meglio
quest’ultima avventura con gli amici di sempre, senza aver ancora
la consapevolezza dell’età adulta e le responsibile che ormai sono
dietro l’angolo.
La trama di Gasoline Rainbow
Gasoline Rainbow
dei fratelli Ross segue un gruppo di neodiplomati
mentre intraprendono un viaggio verso la costa del Pacifico alla
ricerca della famosa “Festa alla Fine del Mondo”.
I protagonisti sono cinque amici: Tony Abuerto, Micah
Bunch, Nichole Dukes, Nathaly Garcia, Makai Garza, tutti
accreditati come loro stessi. I registi ci tengono a spiegarlo
subito all’inizio del film con un montaggio delle loro personali
tessere di riconoscimenti come studenti della Wiley High
School. Tre ragazzi e due ragazze lasciano quindi la loro
piccola cittadina dell’Oregon e si dirigono verso
la costa del Pacifico, ammassati in un
van con solo uno zaino ciascuno e un playlist che fonde
vari generi musicali d’ascoltare e cantare durante il lungo viaggio
che gli aspetta.
Come insegnano tutti i road
movie, la strada però non sarà priva d’ostacoli, e il
primo è quello di ritrovarsi, dopo una notte passata a bere e
conoscere nuova gente, privi delle ruote del loro pulmino. Da qui
il gruppo dopo aver sfogato tutta la rabbia nei confronti dei
ladri, che sono effettivamente i giovani che gli hanno invitati
alla festa della sera precedente, cammineranno per kilometri
interminabili nel deserto. Arrivati ad una tipica tavola calda
americana fanno amicizia con una coppia di vagabondi, di neanche
vent’anni, che gli consignano di prendere un treno per continuare
l’avventura.
I protagonisti quindi
ascoltano i nuovi amici, in modo molto illegale, prendono al volo
un treno merci che li porta direttamente a
Portland dove gli aspetta, finalmente, un vero
letto su cui dormire. Infatti Tony, Micah, Nichole, Nathaly, Makai
vengono accolti a casa di un parente stretto di un dei tre ragazzi.
Questa parte forse è quella in cui più si svelano i cinque
neodiplomati che esprimono le loro paure e incertezze sul loro
futuro, il pensiero comune di ogni nuova generazione pronta per
diventare adulta. Il viaggio del gruppo continuerà, anche navigando
su una barca, raggiungendo la metà che hanno
inseguito per tutta la durata del film che si rivelerà una festa
con un falò di fuoco sulla spiaggia. Alla fine
però di questo racconto di formazione i giovani diplomati
realizzeranno la triste realtà che da qui in poi la loro vita sarà
piena solo di responsibilità ma che potranno sempre contare sulla
loro forte e profonda amicizia.
Un vero spaccato della Generazione
Z
Girato in quello che è diventato il
tipico stile dei Ross Brothers, con fotocamera del
cellulare e filmati amatoriali come in un
documentario, di una versione inedita della voglia di viaggiare
d’oggi degli adolescenti. La mancanza di una sceneggiatura si vede,
ma questa è un aspetto vincente che lascia spazio al cast, alle
prime prove attoriali, per colmare le lacune e creando un ritratto
così più autentico della gioventù contemporanea della Gen Z.
I cinque sono infatti figli di
quella profonda provincia americana dove le scelte sono poche,
ancora adesso, come le possibilità per borse di studio e
frequentare università o una famiglia benestante ancora molti
optano per l’esercito inconsapevoli di quello che gli aspetta.
Questa opzione è quella che ricorre nei pensieri dell’unico maschio
bianco del quintetto che non sa cosa fare e sceglie la svolta più
facile in una nazione guerrafondaia. Per fortuna la coppia di
registi non si sofferma solo su questo aspetto, ma mostra quanto la
Generazione Z è fluida e capace d’accetarsi, si mostra benissimo
nelle scene girate sulla barca dove anche i ragazzi si truccano
come quando vai ad un Pride.
Per concludere con Gasoline
Rainbow i fratelli Ross rifiutano i cliché che sono
endemici in un film del genere, come atleti o cheerleaders, ma
giovani di buon cuore, provenienti dai margini della società, che
trovano anime e nuovi amici che la pensano allo stesso modo nella
loro ricerca della felicità e di un futuro migliore.
MUBI annuncia la data di uscita streaming, il
trailer di Gasoline Rainbow, l’ultimo film dei
Fratelli Ross (Bloody Nose Empty Pockets,
Contemporary Color) che, con un approccio ibrido al genere road
trip, dipingono un ritratto sincero e profondamente affettuoso
delle nuove generazioni.
Il film, presentato in anteprima
alla Mostra del Cinema di Venezia del 2023 e in seguito al SXSW,
sarà in esclusiva su MUBI
dal 31 maggio 2024.
Con la fine della scuola
superiore, cinque adolescenti dell’Oregon si imbarcano in un’ultima
avventura insieme. Saliti su un furgone con un fanalino rotto, la
loro missione li porta in un luogo dove non sono mai stati: la
costa del Pacifico, a cinquecento miglia di distanza.
Attraverso la natura selvaggia
del deserto, le zone industriali periferiche e le strade della
città, entrano in contatto con persone ai margini della società e
scoprono che le loro vite saranno determinate dai sentieri che loro
stessi tracceranno. Sono ragazzi dimenticati che provengono da una
città dimenticata, ma hanno la loro libertà e hanno l’un l’altro,
sfrecciando verso un futuro ignoto – e verso La festa alla fine del
mondo.
GASOLINE RAINBOW è uno scatenato
racconto di formazione. Con un cuore pulsante e uno spirito
incontenibile, questo sguardo rapsodico sul West americano di oggi
ci ricorda le gioie senza tempo date dalla condivisione e dal senso
di comunità.
I FRATELLI ROSS sono un duo di
registi americani il cui lavoro li ha resi celebri come alcuni dei
più innovativi filmmaker indipendenti che lavorano oggi –
dipingendo ritratti disinibiti di luoghi e persone con
tutta la complicata, umanistica e lirica verità che ciò comporta.
Il loro lavoro è stato presentato in musei e festival di tutto il
mondo, tra cui la Berlinale e il Sundance, dove hanno presentato in
anteprima Bloody Nose Empty Pockets nel 2020, che ha ricevuto
il Premio speciale della giuria per il western nel 2015. Hanno
ricevuto un Independent Spirit Award e riconoscimenti da CPH:DOX,
Full Frame e SXSW.
Secondo Metacritic sono a pari
merito al sesto posto con Paul Thomas Anderson nella classifica dei
registi meglio recensiti del 21° secolo. Nel 2023, il loro lavoro è
stato celebrato con una retrospettiva al Centro Pompidou di Parigi.
Sono membri dell’Academy of Motion Pictures Arts & Sciences.
Disponibile dal 24
aprile sulla piattaforma streaming Starzplay,
Gaslit è
una serie che rende possibile l’impossibile, ovvero raccontare
una storia conosciutissima e inflazionata, attraverso un punto di
vista nuovo e sconosciuto ai più. Cosa raccontare di ancora poco
noto sul Watergate, il più grande scandalo che la politica
americana si sia mai trovata ad affrontare?
Sembra davvero difficile
che dopo documentari, inchieste e il meraviglioso film di Alan
J. Pakula del 1976 Tutti gli uomini del
presidente, si possa davvero dire qualcosa di nuovo in
argomento, ma la verità è che fino a questo momento non erano state
prese in considerazione le donne del Presidente, o
meglio una donna a lui molto vicino: Martha Mitchell.
Martha Mitchell è la protagonista di Gaslit
Gaslit
vede al centro delle sue vicende proprio la moglie di John
Mitchell, il più fidato consigliere di Nixon e coinvolto in prima
linea nella campagna per la rielezione. La coppia, all’inizio molto
affiatata, piano piano di disintegra sotto il peso di segreti e
bugie, di fronte a una donna che decide di non stare al
gioco.
Il pregio principale
dell’idea dietro a Gaslit è proprio il punto di vista insolito,
inedito e che permette a Julia Roberts, interprete di Martha Mitchell,
di ricordare a tutto il suo pubblico il motivo per cui da tanti
anni resta una delle attrici più amate del panorama hollywoodiano,
nonostante scegli con grande parsimonia i suoi ruoli.
Roberts riesce a dare al
suo personaggio una gamma incredibilmente varia di sfumature,
rendendola amabile e temibile, fragile e inattaccabile, una donna
che la storia ha tentato di dimenticare ma che è trai principali
artefici della caduta di Nixon, subendo anche delle conseguenze
pesanti a livello personale, con un matrimonio che si sgretolerà
sotto il peso delle infamanti accuse al presidente. Accanto a lei
un irriconoscibile Sean Penn nei panni di John Mitchell,
sboccato e capriccioso, tanto respingente con la stampa e il
pubblico quanto la moglie è accogliente e conciliante. Due modi di
lavorare alla campagna di rielezione diametralmente opposti che
infatti non si conciliarono alla fine con il marcio che emerge sul
conto del presidente che entrambi, all’inizio sostengono.
“L’effetto
Martha Mitchell è il processo mediante il quale uno
psichiatra, psicologo o altro specialista della salute mentale si
sbaglia sulla percezione che un paziente abbia un evento ancora
reale e lo interpreta come un delirio, commettendo quindi un errore
medico”. Si legge così su Wikipedia ed è quello che succede
alla nostra eroina, che con la sua schiettezza ha messo in pericolo
un piano di rielezione che, sappiamo dalla storia, essere poi
naufragato.
Un ricco cast di supporto
Come accennato, Julia Roberts è l’assoluta regina della scena,
nonostante la serie si trovi a raccontare diverse situazioni
satellite, rispetto ai grandi eventi che la Storia ha tramandato.
Oltre alla splendida attrice premio Oscar e all’irriconoscibile
Sean Penn sotto montagne di trucco prostatico,
nel cast della serie compaiono anche Dan Stevens, Betty
Gilpin, Shea Whigham, Robbie Pickering, Sam Esmail e
Chad Hamilton.
In un momento storico in
cui l’originalità non sempre riesce a trovare spazio e le storie
originali faticano a emergere, Gaslit è l’esempio
di come si possono raccontare storie molto note da un punto di
vista differente, cambiando angolazione, e regalando una ricchezza
insospettata anche a quello che credevamo di conoscere bene.
Abbandonato il progetto Hunger
Games, Gary Ross ha visto aprirsi davanti a sé le strade di almeno
due progetti: il primo è incentrato sulla storia del Mago Houdini;
il secondo, del quale si è cominciato a parlare solo di recente, è
una nuova versione cinematografica di Peter Pan, naturalmente
targata Disney. Il film in questione non sarebbe però una
rivisitazione della classica vicenda, ma l’adattamento di un libro
più recente, firmato da Dave Barry (quella con l’autore del Peter
Pan originale, James Matthew Barrie, è solo un’assonanza) e Ridley
Pearson nel 2004, Peter and The Starcathers. La storia costituisce
una sorta di prequel del romanzo originale, pubblicato a inizio
‘900: la vicenda vede Peter e la sua amica Molly cercare di
impadronirsi di un baule pieno di oggetti magici, prima che lo
faccia un pirata… che nel corso dell’avventura perderà una mano…
diventando Capitan Uncino.
Ecco una nuova intervista a
Gary Oldman diffusa dalla Universal Pictures International Italy,
con l’avvicinarsi dell’uscita in sala de L’Ora Più
Buia, il nuovo film di Joe Wright che
racconta il momento più difficile della storia dell’Inghilterra
durante la Seconda Guerra Mondiale.
L’ora più
buia, un film Focus Features, produzione Working Title
Films. Un’avvincente ed entusiasmante
storia vera che inizia alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale e
che vede Winston Churchill (il nominato agli Oscar Gary
Oldman), pochi giorni dopo la sua elezione a Primo
Ministro della Gran Bretagna, affrontare una delle sfide più
turbolente e determinanti della sua carriera: l’armistizio con la
Germania nazista, oppure resistere per poter combattere per gli
ideali, la libertà e l’autonomia di una nazione.
Mentre le
inarrestabili forze naziste si propagano per l’Europa occidentale e
la minaccia di un’invasione si rivela imminente, con un pubblico
impreparato, un re scettico ed il suo stesso partito che trama
contro di lui, Churchill deve far fronte alla sua ora più buia,
unire una nazione e tentare di cambiare il corso della storia
mondiale.
Basta andare su Google Immagini e
cercare il suo nome. Sfogliando la galleria di foto, vi
chiederete se Gary Oldman, per interpretare tutti
quei personaggi così diversi tra loro, non abbia vissuto due volte.
E invece l’attore, sceneggiatore e produttore londinese, dal giorno
della sua nascita, il 21 marzo 1958, ha avuto una sola esistenza
costellata di successi (ben 55 lungometraggi interpretati), ma
anche segnata da esperienze non proprio piacevoli. Figlio di
Kathleen Oldman e di Leonard, un saldatore e marinaio dedito
all’alcol, Gary viene abbandonato dal padre a soli 7 anni. Cresce,
così, con la mamma e le due sorelle maggiori.
Sarà la musica a segnare uno
spartiacque tra un’infanzia difficile e l’inizio di una brillante
carriera. Gary, infatti, è deciso a diventare pianista e impara da
solo a suonare il pianoforte. Durante l’adolescenza, a 15 anni,
capisce che la sua vita sarà nel mondo della recitazione ed entra
nel Greenwich Young People’s Theatre. Due anni dopo viene respinto
dalla Royal Academy of
Dramatic Art di Londra, ma non si dà per vinto e
ottiene una borsa di studio da una scuola del Kent, dove si diploma
nel 1979. Fino alla metà degli anni Ottanta, la sua è una vita
tutta dedicata al teatro e alle esibizioni sui palcoscenici
inglesi, dove si distingue per le sue camaleontiche
interpretazioni. Nel 1986, però, arriva la prima partecipazione a
un film per il cinema come protagonista. Il suo ruolo è nientemeno
che quello di Sid Vicious, nel film Sid &
Nancy: un’interpretazione apprezzata dai fan dei Sex
Pistols, ma anche dalla stampa. In questi anni, viene scelto per
ruoli in film indipendenti, come Prick Up –
L’importanza di essere Joe di Stephen
Frears, e The Firm di
Alan Clarke, nel quale presta il volto a un
hooligan.
Gary Oldman,
filmografia
È nel 1990 che conosce Tim
Roth e lo affianca nel film Rosencrantz e
Guildenstern sono morti. L’opera vince il Leone d’Oro
come miglior film al Festival di Venezia. Nello stesso anno,
affianca Sean Penn ed Ed Harris
in Stato di Grazia. Dopo questa
interpretazione viene identificato come una delle migliori giovani
promesse del cinema.
Gli anni Novanta sono quelli
dell’affermazione a livello internazionale, e Gary
Oldman si specializza particolarmente nei ruoli da
villain. Da Oswald in JFK di
Oliver Stone, a Norman Stansfield
in Léon, indimenticabile pellicola di
Luc Besson, fino all’interpretazione che,
probabilmente, più lo ha impresso a fuoco nella mente dei cinefili:
quella di Dracula, nel lungometraggio di Francis Ford
Coppola. Anche la musica continua a condizionare le sue
scelte cinematografiche, portandolo a calarsi nei panni di Ludwig
van Beethoven nel film Amata Immortale
del 1994. Un po’ più sottotono, forse per via della natura più
“romantica” e meno “maledetta” del personaggio, lo ritroviamo in
La lettera scarlatta, film del 1995
tratto dal romanzo di Nathaniel Hawthorne, dove
veste i panni del reverendo Dimmesdale. È di nuovo Luc
Besson a riportarlo in una dimensione oscura, in cui si
sente sicuramente più a suo agio, facendogli interpretare il
mercante di armi Jean-Baptiste Emanuel Zorg nel film cult di
fantascienza Il quinto elemento.
È ovvio, ma bizzarro per
chi lo segue da anni, che le sue abilità vengano conosciute a
livello mondiale soprattutto grazie alla trilogia di Batman firmata
Christopher Nolan, ma ancor più per la sua
interpretazione di Sirius Black nella saga
cinematografica Harry
Potter. Il tutore e padrino del
maghetto compare a partire dal terzo film Harry
Potter e il prigioniero di Azkaban e,
successivamente, in Harry Potter e il calice di
fuoco,
inHarry Potter e l’Ordine della
Fenice ed infine nell’ultimo capitolo della
serie Harry
Potter e i Doni della Morte – Parte 2. I ruoli di
Sirius e di Gordon, pur essendo resi magistralmente dall’attore,
non rendono probabilmente giustizia al ventaglio di doti
interpretative che, negli anni, Gary Oldman
dimostra di possedere. Soprattutto considerando che, come lui
stesso ammise in seguito, accettò il ruolo del mentore di Harry
Potter per problemi economici, dichiarando di essersi ispirato, per
il look da adottare, a John Lennon.
Facendo un passo indietro e
tornando agli anni cruciali del suo percorso, i Novanta,
evidenziamo anche il mai reciso legame con la musica che lo porta a
registrare una canzone con l’amico David Bowie
(You’ve been around, nell’album
Black tie with noise) e di prender parte
al videoclip Since I don’t have you dei
Guns N’ Roses.
Ma il 1997 è anche l’anno del suo
debutto alla regia con Niente per bocca,
che vale all’attrice protagonista Kathy Burke il premio per la
migliore interpretazione femminile al 50esimo Festival di Cannes.
Il film, che vede anche la partecipazione della sorella di Oldman,
Laila Morse, contiene riferimenti alla sua
infanzia e alla sua vita privata. Anche le sue relazioni
sentimentali sono, in quegli anni, molto chiacchierate dalla
stampa, perché vissute in maniera tormentata anche a causa della
grave dipendenza dall’alcol ereditata dal padre. Alla fine degli
anni Ottanta, Gary Oldman sposa
l’attrice Lesley Manville, dalla quale divorzia
nel 1989, tre mesi dopo la nascita del primo figlio, Alfie.
Risale al 1990, invece, il matrimonio con Uma
Thurman, conosciuta sul set di Stato di
grazia. Ma anche questa unione si conclude con il
divorzio, due anni più tardi. Nel frattempo, viene arrestato a Los
Angeles per guida in stato di ebbrezza, insieme
a Kiefer Sutherland. L’alcol è anche causa
della rottura con la fotografa e modella Donya
Fiorentino, conosciuta dopo il breve flirt con
Isabella Rossellini, e con la quale mette al mondo
due bambini. Nel 2008, infine, Gary
Oldman ha sposato la cantante jazz
inglese Alexandra Edenborough e vive
attualmente Los Angeles.
L’ultima definizione che di se
stesso affida alla stampa è quella di “brutalmente onesto”. Hanno
fatto scalpore, nelle ultime settimane, le sue dichiarazioni a
difesa di Mel Gibson e Alec
Baldwin (uno accusato di antisemitismo, l’altro di
omofobia), e anche il suo parere sul film 12 Anni Schiavo, (simile, per altro,
a quello di tanti altri che hanno visto il film: bello, sì, ma non
da Oscar).“Se non votavi per 12 Anni Schiavo,
allora eri razzista. Devi essere molto cauto nello scegliere le
parole”,ha ammesso, e, rincarando la dose ha precisato
che“a Hollywood regna l’ipocrisia”. Tuttavia,
ilDraculaper eccellenza è super partes e
critica senza peli sulla lingua anche i franchise in cui è stato
direttamente coinvolto. A proposito del nuovo film di su Batman
(Batman V Superman: Dawn of
Justice) in cui l’uomo pipistrello incontrerà
niente meno che Superman,Gary Oldman,
che ha dato uno splendido e compassato volto a Jim Gordon, ha
detto“Batman e Superman insieme? Vedremo. Il fatto,
riguardo a Nolan, era che c’era questo senso di ancoraggio alla
realtà. Nella nostra trilogia, tanto fantastica quanto lo era il
Joker, c’era una base di realismo alla quale ci potevamo
rapportare. Ma ora abbiamo Batman e abbiamo questo tizio che vola
ed è un alieno? Vedremo… dovranno rispondere di grandi aspettative
(tradotto da ‘It’s got big shoes to fill’)”.
Oldman, tuttavia, tra una
critica e l’altra, non si smentisce, ed è tuttora impegnatissimo.
In questi giorni è uscito al cinemaApes Revolution l’Alba del Pianeta delle
Scimmie, in cui sarà colui che guida la
guerra degli uomini contro la nascente nazione delle scimmie. Lo
vedremo, nella primavera del 2015, inChild
44, nuovo lavoro
di Daniel Espinosa ambientato nella
Russia stalinista degli anni ’50 e tratto dal romanzo
di Tom Rob Smith. Il film vedrà il nostro nei
panni del capo dei servizi segreti. L’attore ha confermato la sua
presenza anche in Criminal, un film d’azione diretto da
Ariel Vromen e in cui reciterà insieme a Kevin Costner. La storia è
quella di un serial killer al quale viene impiantato il cervello di
un agente deceduto in servizio. Oldman, ovviamente, sarà il
cattivo.
Gary Oldman è uno
degli attori che ha letteralmente fatto la storia del cinema,
grazie al suo talento e all’abilità dell’essere versatile e sempre
brillante. L’attore ha sempre avuto la capacità di scegliere ruoli
iconici e rimasti nell’immaginario collettivo grazie anche alle sue
eccellenti ed ineccepibili interpretazioni.
Ecco, allora, dieci cose sa
sapere su Gary Oldman.
2. È anche doppiatore,
regista, produttore e sceneggiatore. L’attore non ha
svolto solo questa attività, ma, ad esempio, ha prestato la propria
voce diverse volte per film come La spada magica – Alla ricerca
di Camelot (1998), Planet 51 (2009), Kung Fu Panda 2 (2011)
e Tau (2018), oltre che per alcuni videogiochi come
The Fifth Element (1998), Call of Duty: World at
War (2008) e LEGO Dimensions (2015). Inoltre, ha
vestito i panni del produttore, lavorando ai film Punkett /
Macleane (1999), The Contender (2000), Nobody’s
Baby (2001), oltre dirigere, sceneggiare e produttore
Niente per bocca (1997).
Gary Oldman: chi è sua moglie
3. Si è sposato cinque
volte. L’attore ha avuto una vita sentimentale abbastanza
turbolenza in passato e culminata in ben cinque matrimoni. Oldman
si è sposato la prima volta nel 1987 con Lesley
Manville, per poi divorziare nel 1990 e, nello stesso
anno, sposare una giovane Uma Thurman con cui è
rimasto legato fino al 1992. Cinque anni dopo, si è sposato per la
terza volta con Donya Fiorentino, da cui si è
separato nel 2001. Nel 2008 ha dato vita al suo quarto matrimonio
con Alexandra Edenborough, da cui ha divorziato
nel 2015, per poi sposarsi l’ultima volta con Gisele
Schmidt nel settembre del 2017.
4. È padre di tre
figli. Il primo figlio, Alfie, è nato nel
1988, dall’unione con la sua prima moglie Lesley Manville, mentre
gli ultimi due, Gulliver Flynn (nato il 20 agosto
del 1997) e Charlie John (nato ben febbraio del
1999) sono nati dal matrimonio con Donya Fiorentino. Pur non
essendo più legato alle due donne che lo hanno reso padre, Oldman
ha affermato di cercare comunque di stare vicino ai suoi figli e di
crescerli nel migliore dei modi.
Gary Oldman è Dracula
5. Ha accettato il ruolo
solo per poter pronunciare una nota frase. Sembra che Gary
Oldman non fosse particolarmente interessato al ruolo di Dracula
in Dracula di Bram Stoker. L’attore, però, ha detto
che quando ha letto per la prima volta la sceneggiatura ha deciso
che sarebbe valsa la pena fare il film solo per poter pronunciare
la battuta “ho attraversato gli oceani del tempo per
trovarti“, da lui considerata tra le più belle mai lette in
tutta la sua carriera.
6. Non andava d’accordo con
Winona Ryder. Pare che sul set del film tirasse una brutta
aria, determinata dal cattivo rapporto con la
co-protagonistaWinona Ryder. Il resto del cast era
rimasto sconvolto da questa cosa, anche perché i due erano stati
amichevoli durante le prove, per poi arrivare ad odiarsi a vicenda,
come se tra di loro fosse successo qualcosa di irreparabile.
Gary Oldman in Léon
7. Ha improvvisato molte sue
battute. Nel film del 1994 Léon Oldman interpreta
lo spietato Norman Stansfield. Come raccontato in più occasioni
dallo stesso attore, sul set egli ha avuto grande libertà di
improvvisazione. Alcuni di questi momenti poi finiti nel film sono
quando egli parla del suo apprezzamento per Ludwig van Beethoven al
padre di Mathilda o quando grida l’iconica frase “bring me
everyone!”. Quest’ultima fu da lui ideata semplicemente per
divertire il regista, il quale la apprezzò così tanto da inserirla
nel film.
Gary Oldman in Harry
Potter
8. Ha suggerito
l’hairstyle. Sul set di Harry Potter e il prigioniero
di Azkaban, film in cui Sirius Black compare per la prima
volta, pare che Oldman abbia fornito egli stesso dei suggerimenti
circa l’acconciatura del suo personaggio e i costumi del
personaggio. L’attore, che ha sempre dichiarato di considerare
quello di Sirius uno dei ruoli più belli della sua carriera, vi si
è infatti dedicato con grande cura e dedizione al fine di
costruirlo al meglio.
9. Si è fatto aiutare da
Cuaron. Per costruire il suo personaggio, pare che
l’attore abbia tratto ispirazione da come Alfonso
Cuaron aveva descritto Sirius, ovvero “con tanto
entusiasmo e gioia di vivere”, comparandolo con John Lennon.
Per Oldman, infatti, Black è una sorta di rockstar all’interno
della saga di Harry Potter e voleva che la sua personalità
spiccasse particolarmente.
Gary Oldman: età e altezza
10. Gary Oldman è nato il 21
marzo del 1958a New Cross, a Londra. La
sua altezza complessiva corrisponde a 174 centimetri.
STX
Entertainment ha annunciato il cast del loro prossimo
progetto (ancora senza titolo): una storia d’amore intergalattica
che avrà come protagonisti Gary Oldman, Asa
Butterfield, Britt Robertson e Carla
Cugino.
La notizia è stata diffusa
ufficialmente da Adam Fogelson, chairman
della STX Entarteinment Motion Picture Group, e da Oren
Aviv, presidente e capo della STX.
Sinossi ufficiale: Gardner
Elliot è il primo umano nato su Marte ed è segretamente
cresciuto in una colonia dopo che sua madre astronauta è morta
dandolo alla luce. Sedici anni
dopo, Gardnerinizia una storia d’amore
online con una ragazza che vive in Colorado e organizza un piano
per viaggiare nello spazio e incontrarla. Con la forza di gravità
terrestre che minaccia la sua
esistenza, Gardnerdeve correre contro
il tempo e la natura per trovare il suo amore. Una volta uniti, i
due giovani chiedono aiuto a un enigmatico miliardario che ha
finanziato l’originale esplorazione su Marte, con la speranza di
ricavare informazioni sulla madre
di Gardnere sulle misteriose
circostanze attorno alla sua esistenza.
Il film, che inizierà la produzione
quest’autunno, sarà diretto da Peter Chelsom
e prodotto daRichard
Lewis.
A Hollywood si sono finalmente
accorti di Gary Oldman, straordinario attore
inglese che, grazie alla sua performance ne L’ora più
buia, si avvia con decisione a conquistare la sua seconda
nomination agli Oscar e probabilmente il suo primo premio
dell’Academy Awards.
Durante un’intervista
con PEOPLE è
stato chiesto all’attore quali fossero i ruoli che lui ha ancora
nella sua lista di preferenze. E candidamente,
Oldman ha affermato che gli piacerebbe recitare in
un film Marvel, cosa che piacerebbe
tantissimo ai suoi figli.
“La Marvel non mi ha ancora chiamato,
ma ora che me lo dici, se mi tirassero dentro, mio figlio ne
sarebbe estasiato!”.
L’attore però non è nuovo al mondo
dei fumetti al cinema, visto che per Christopher
Nolan ha interpretato il Commissario Jim Gordon nella
trilogia de Il Cavaliere Oscuro.
L’Ora più
buia, un film Focus Features, produzione Working Title
Films. Un’avvincente ed entusiasmante
storia vera che inizia alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale e
che vede Winston Churchill (il nominato agli Oscar Gary
Oldman), pochi giorni dopo la sua elezione a Primo
Ministro della Gran Bretagna, affrontare una delle sfide più
turbolente e determinanti della sua carriera: l’armistizio con la
Germania nazista, oppure resistere per poter combattere per gli
ideali, la libertà e l’autonomia di una nazione.
L’ora più buia, leggi al recensione del film con
Gary Oldman
Mentre le
inarrestabili forze naziste si propagano per l’Europa occidentale e
la minaccia di un’invasione si rivela imminente, con un pubblico
impreparato, un re scettico ed il suo stesso partito che trama
contro di lui, Churchill deve far fronte alla sua ora più buia,
unire una nazione e tentare di cambiare il corso della storia
mondiale.