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Beautiful Anticipazioni: Giovedì 18 ottobre 2018

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Beautiful Anticipazioni: Giovedì 18 ottobre 2018

Le anticipazioni delle nuove puntate di Beautiful, la saop che va in onda alle ore 13.40 su Canale 5. Di seguito le anticipazioni di oggi Giovedì 18 ottobre 2018.

Nella puntata di oggi Hope rivela a Steffy il nome dell’albergo in cui Liam sta alloggiando. Steffy, senza esitare, corre subito da lui decisa ad implorare per l’ennesima volta il suo perdono. Nel frattempo anche strong>Wyatt è andato a trovare Liam. Il giovane spera di convincere il fratellastro a non rinunciare al matrimonio con Steffy solo per un errore. Wyatt gli chiederà di perdonarla in nome del bambino che porta in grembo.

Beautiful Anticipazioni

Beautiful (The Bold and the Beautiful) è una soap opera statunitense, creata da William J. Bell e Lee Phillip Bell per la CBS, che va in onda dal 23 marzo 1987.

La soap viene trasmessa in circa 100 paesi ed è seguita da 300 milioni di spettatori in tutto il mondo ogni giorno con punte di 500 milioni, ed è la soap opera più seguita al mondo. Ha vinto negli anni 31 Daytime Emmy Awards di cui 3 consecutivi come Miglior serie drammatica del daytime (nel 2009, nel 2010 e nel 2011).

In Italia la soap è trasmessa dal 4 giugno 1990, prima su Rai 2 ed in seguito, dal 5 aprile 1994, su Canale 5.

Nell’ultima stagione, del cast iniziale del 1987 sono rimasti solo due attori: John McCook (Eric Forrester) e Katherine Kelly Lang (Brooke Logan, il personaggio più presente nella storia della soap). Altri attori che hanno fatto parte del cast sin dalla prima puntata per molto tempo sono stati Susan Flannery (Stephanie Douglas Forrester) e Ronn Moss (Ridge Forrester), entrambi hanno però lasciato il cast nel 2012 (il personaggio di Ridge è poi ritornato nel 2013, ma interpretato da un nuovo attore, Thorsten Kaye); altre attrici che hanno partecipato a gran parte degli episodi della soap sono state Darlene Conley (Sally Spectra) nel cast fisso dal 1989 al 2007 (anno di morte dell’attrice) e Hunter Tylo (Taylor Hamilton) nel cast fisso dal 1990 al 2002 e dal 2005 al 2013, con apparizioni da guest star nel 2014.

 

Beau Is Afraid: trailer del nuovo film Ari Aster con Joaquin Phoenix

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Il titolo di Beau Is Afraid sembra davvero sintetizzare appieno la premessa, almeno a giudicare dal primo trailer ufficiale diffuso. Il film A24 è l’ultimo del regista di Midsommar e Hereditary Ari Aster e vede Joaquin Phoenix nei panni di un ragazzo stressato che intraprende “un’odissea epica per tornare a casa da sua madre”.

Apparentemente, questa odissea implica viaggiare attraverso un mondo fantastico di papercraft e incontrare versioni di se stesso di vari periodi di tempo. Per far capire quest’ultimo punto, il film presenta una versione estremamente invecchiata di Joaquin Phoenix che è decisamente inquietante, anche se Beau Is Afraid non sembra essere così terrificante come il precedente lavoro di Aster. Tuttavia potrebbe essere solo il primo trailer, però.  Se ciò non bastasse, il film presenta anche un cast di supporto di primossimo piano , tra cui Nathan Lane, Amy Ryan, Parker Posey e Patti LuPone. L’uscita nelle sale è prevista negli USA per il 21 aprile. 

Beau ha paura: un interessante backstage del film con Joaquin Phoenix

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A24 ha rilasciato una nuova featurette backstage di Beau ha paura (qui il trailer), l’attesissimo nuovo film di Ari Aster. Beau ha paura promette di condurre il pubblico in un viaggio psichedelico dalla nascita alla morte, con Joaquin Phoenix che interpreta il personaggio principale in diverse età della vita.

Nella nuova featurette, Aster dice: “Penso a questo film da tipo dieci anni. C’è una parte di me che non riesce a credere che lo stiamo girando”. Anche se non sappiamo ancora molto della trama di Beau ha paura, Aster ha pubblicato un cortometraggio intitolato Beau nel 2011, su un uomo che ha troppa paura di lasciare il suo appartamento e che mantiene un costante contatto telefonico con sua madre. Beau ha paura sembra essere in qualche modo collegato a questo primo cortometraggio, poiché la trama ruota attorno al personaggio di Phoenix che cerca di raggiungere la casa di sua madre e sperimenta ogni sorta di cose stravaganti lungo la strada. Come dice Aster, “È come un ebreo Il Signore degli Anelli, ma sta solo andando a casa di sua madre”.

Dopo Hereditary, presentato al Sundance Film Festival nel 2018 e Midsommar, inserito fra i 10 migliori film indipendenti del 2019 dal National Board of Review Awards, il pluripremiato autore di culto Ari Aster tornaa stupire il pubblico con un’opera che intreccia mistero e humor nero in un viaggio folle e immersivo.

Scritto, diretto e prodotto da Ari Aster, Beau ha paura presenta Joaquin Phoenix nel ruolo del titolo affiancato da un cast che include Nathan Lane (vincitore di un Emmy per “Only Murders in the Building” Tv, “The Producers – Una gaia commedia neonazista”), la candidata all’Oscar e al Golden Globe Amy Ryan (“Il ponte delle spie”, “Birdman”,“Gone Baby Gone”), con l’attrice nominata al Golden Globe Parker Posey (la serie tv “The Staircase – Una morte sospetta”, “Café Society”, “Scream 3”, “Superman Returns”, “Blade Trinity”) e la vincitrice di Grammy Patti LuPone (“American Horror Story” Tv, “L’accademia del bene e del male”).

Beau ha paura: le prime reazioni lo definiscono il film più sfrenato di Ari Aster

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In arrivo nelle sale italiane il 27 aprile, Beau ha paura è il nuovo attesissimo film di Ari Aster, regista di Hereditary e Midsommar, che già dal trailer ha generato forte curiosità e interesse verso quella che sembra essere una storia piuttosto folle. Le prime reazioni in arrivo dagli Stati Uniti confermano tale sensazione definendolo “il progetto più sfrenato del regista“. Stando alla sinossi ad oggi rilasciata, il film segue il personaggio titolare, interpretato da Joaquin Phoenix, un uomo ansioso che, dopo la morte di sua madre, decide di tornare a casa, incontrando una serie di incidenti surreali e soprannaturali lungo la strada.

Beau ha paura di Ari Aster è un audace mix di umorismo e horror. In parte splendido carburante da incubo esistenziale, in parte odissea comica nera come la pece, è un incredibile pilastro del suo genio artistico.”, scrive su Twitter Courtney Howard di Variety, mentre Meagan Navarro di Bloody Disgusting lo definisce come una “odissea folle, fantasiosa e oscuramente comica attraverso il senso di colpa e la repressione”. “Ho appena visto Beau ha paura. Sono così felice che esistano cineasti come Ari Aster. Tre delle ore più estenuanti, spiacevoli, orribili della mia vita. Ho bisogno di circa 2-3 mesi lavorativi per capire se mi è piaciuto tutto o l’ho odiato”, scrive invece Jess Joho del Los Angeles Times.

Quest’ultimo parere, in particolare, mette in risalto la durata del film, 3 ore, e lascia immaginare che Beau ha paura si affermerà come un titolo particolarmente divisivo, che difficilmente lascerà indifferenti i suoi spettatori. Non resta dunque che attendere la sua uscita anche nelle sale italiane per scoprire di più, dopo aver potuto avere un assaggio del tutto grazie al trailer ufficiale. Oltre a Phoenix, ricordiamo che il film è interpretato anche da Patti LuPone, Nathan Lane, Amy Ryan, Parker Posey, Richard Kind e Stephen McKinley Henderson.

Fonte: ScreenRant

Beau ha paura: la spiegazione del finale del film con Joaquin Phoenix

ATTENZIONE – L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU BEAU HA PAURA

Il terzo lungometraggio di Ari Aster, al cinema dal 27 aprile, è sicuramente avvincente per quanto sgangherato. Ci sono molti momenti esilaranti, ma anche qualche scena che meriterebbe un approfondimento e una spiegazione, dal momento che è la prima volta che Aster ci pone di fronte a un racconto così involuto, laddove i suoi film precedenti erano inquietanti ma relativamente semplici nelle loro conclusioni.

Beau ha paura ci porta invece in territori sconosciuti e il suo finale non è proprio diretto ed esplicativo. Dopo che Beau ha affrontato il mondo per tornare dalla madre, che crede morta in un incidente, si trova a fare sesso con la sua cotta d’infanzia, che però muore dopo che lui aveva raggiunto l’orgasmo. L’uomo non aveva mai fatto sesso proprio per paura di morire, e invece si trova a gestire l’improvvisa morte della sua partner e in quel momento, la madre ricompare e gli confessa che tutti i suoi incubi erano veri (compresi un fratello gemello chiuso in soffitta, un padre mostruoso con la forma di fallo gigante) e che la donna gli ha sempre mentito.

Il processo a Beau

Arrabbiato per le menzogne della madre, Beau comincia a strangolarla in un impeto di rabbia. Quando torna in sé, si interrompe improvvisamente, ma lei continua a soffocare e in un rantolo, cade di faccia su un tavolino di vetro. Sconvolto da quello che ha fatto, Beau fugge rapidamente dalla casa, stordito, con la sua espressione congelata in una smorfia di paura. Poi si imbatte in un motoscafo lungo l’argine di quello che sembra il mare, comincia una breve navigazione che lo porta, attraverso un tunnel, in una specie di stadio, dove, ad attenderlo, c’è un numeroso pubblico e persino sua madre, tornata di nuovo dalla morte.

Con Beau al centro di questo stadio, che galleggia nell’acqua, inizia un processo. Si tratta di un momento in cui tutti i suoi numerosi difetti vengono passati al setaccio. A perseguire il processo c’è il dottor Cohen, interpretato da Richard Kind in una forma rara, un amico di famiglia che, fino a questo momento, avevamo sentito solo nelle telefonate.

Il suo avvocato difensore è minuscolo in confronto, riesce a malapena ad alzare la voce quanto basta per farsi sentire prima di essere gettato sugli scogli e ucciso. È un processo farsa in cui la colpevolezza di Beau è quasi certa. Questo culmina con la barca che viene capovolta con lui che presumibilmente annega sotto di essa mentre la folla, come se fosse annoiata dall’intera faccenda, si allontana mentre scorrono i titoli di coda. È quasi deludente, come scena, considerata l’enfasi che era stata la cifra distintiva del viaggio, fino a quel momento.

Tutto è uno scherzo?

Detto questo, dovrebbe essere chiaro che il film potrebbe tranquillamente essere uno scherzo. Dalla telefonata in cui Beau viene informato della morte di sua madre alla scoperta fatta in soffitta, Aster sta sfoderando un tono di racconto che era presente in maniera sottintesa nei suoi lavori precedenti. Ha creato uno spettacolo dell’orrore esistenziale che si intreccia con l’umorismo assurdo per mettere a nudo la rottura di un uomo. Nel film, quest’uomo è Beau, e porta con sé molti traumi. Riprendendo quel punto, è chiaro che il film parla del modo in cui la vita può essere un accumulo di fallimenti che si rivelano troppo pesanti da sopportare. Si potrebbe leggere Beau come il frutto dell’immaginazione di Aster che dà vita a un personaggio basato sulle sue paure profondamente radicate. Con questo in mente, possiamo anche fare il passo successivo e ipotizzare che il film parli anche del suo rapporto con il pubblico.

Beau e Aster hanno più paura di noi

Quando Beau raggiunge la fine del suo cammino, non trova la salvezza. Ha intrapreso un viaggio da eroe quasi classico, completo dell’attraversamento di una soglia letterale per uscire dal suo appartamento, anche se in realtà non è stato realizzato nulla. Dato che Beau è costretto a guardarsi indietro e a esaminare tutto ciò che ha fatto, adesso ha anche tutta una serie di testimoni, gli spettatori, che possono sezionare e smontare ogni passo che ha fatto per arrivare dov’è.

Indipendentemente dal fatto che Beau debba essere letteralmente una versione di Aster o meno, c’è qualcosa che ogni creatore lascia di se stesso quando crea qualcosa. Ogni decisione che prendono i personaggi viene quindi passata al microscopio per essere analizzata. Mentre Beau viene quindi annientato, incapace di difendersi da tutto ciò che gli viene posto contro, Aster si umilia davanti al pubblico. Sebbene molti si siano affrettati a definire il film pretenzioso, c’è anche qualcosa di profondamente senza pretese in questo finale.

Il fatto che ci ritroviamo a vedere il pubblico apparentemente ambivalente allontanarsi, come se non gli importasse davvero di quello che è successo, è significativo. Anche dopo che il personaggio che abbiamo conosciuto è morto, la storia non è finita. C’è un’iper-consapevolezza di come tutti coloro che vi hanno preso parte (inclusi noi come pubblico) ora vivranno le proprie vite. Noi come spettatori abbiamo trascorso tre ore a dare un’occhiata nella mente di Aster proprio come nella mente di Beau. Il processo si è concluso con l’annullamento di quest’ultimo. Questa distruzione non è una risurrezione o rinascita come accadeva in Midsommar o Hereditary.

Invece, c’è una finalità, un riconoscimento da parte di Aster che tutto ciò che realizzerà può essere morto e dimenticato dagli innumerevoli membri del pubblico che se ne andranno senza mai più pensarci. Serve come confronto finale con la paura. Che si tratti di un giudizio sul proprio lavoro, sulla propria vita o su una combinazione di entrambi, questa distruzione porta con sé una desolazione. Non importa quanto uno dia di se stesso per raccontare una bella storia, come lo stesso Beau ha immaginato in vividi dettagli a metà film, c’è sempre la cupa possibilità che morirai annegato, nell’indifferenza di tutti.

Beau ha paura: Joaquin Phoenix suggerisce agli spettatori di “non assumere funghi allucinogeni”

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Arriverà nelle sale italiane dal 27 aprile il nuovo film di Ari Aster, Beau ha paura. Questo nuovo lungometraggio del regista di Hereditary e Midsommar ha già genereato forte curiosità e interesse verso quella che sembra essere una storia piuttosto folle. Le prime reazioni in arrivo dagli Stati Uniti hanno infatti confermato tale sensazione definendolo “il progetto più sfrenato del regista“. Stando alla sinossi rilasciata, il film segue il personaggio titolare, interpretato da Joaquin Phoenix, un uomo ansioso che, dopo la morte di sua madre, decide di tornare a casa, incontrando una serie di incidenti surreali e soprannaturali lungo la strada.

Proprio Phoenix ha ora scherzosamente avvisato gli spettatori di non guardare Beau ha paura se si sono ingeriti funghi allucinogeni. “Mi è stato detto da qualcuno dell’esistenza di una sfida tra amici, dove si assumono funghi allucinogeni e si va a vedere questo film“, ha detto Phoenix nel corso di un’intervista. “E volevo solo fare un annuncio di servizio pubblico e dire di non fare una cosa del genere, non prendete funghi prima di vedere questo film.” Phoenix ha poi però aggiunto: “Ma se lo fate, almeno filmatevi. Ma, seriamente, non fatelo”.

Come dimostrato dal trailer, il film sembra a tutti gli effetti essere un’esperienza visiva particolarmente affascinante, dove si mescolano tecniche di ripresa diverse tra live action e animazione. Non resta dunque che aspettare ancora qualche giorno l’arrivo in sala del film, per poter poi scoprire quanto folle di suo possa risultare, anche senza l’assunzione di funghi allucinogeni. Scritto, diretto e prodotto da Ari Aster, Beau ha paura presenta Joaquin Phoenix nel ruolo del titolo affiancato da un cast che include Nathan Lane, la candidata all’Oscar e al Golden Globe Amy Ryan, con l’attrice nominata al Golden Globe Parker Posey  e la vincitrice di Grammy Patti LuPone.

Fonte: Deadline

Beau ha paura: il nuovo film di Ari Aster al cinema ad aprile

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Beau ha paura: il nuovo film di Ari Aster al cinema ad aprile

Ari Aster è tornato. Il suo nuovo, visionario e fantasmagorico Beau ha paura arriverà nei cinema italiani ad aprile con I Wonder Pictures. Protagonista il premio Oscar Joaquin Phoenix (“Lei”, “Joker”), un individuo paranoico che deve affrontare una strabiliante odissea per tornare a casa da sua madre in questo film audace e genialmente adrenalinico.

Dopo Hereditary, presentato al Sundance Film Festival nel 2018 e Midsommar, inserito fra i 10 migliori film indipendenti del 2019 dal National Board of Review Awards, il pluripremiato autore di culto Ari Aster tornaa stupire il pubblico con un’opera che intreccia mistero e humor nero in un viaggio folle e immersivo.

Scritto, diretto e prodotto da Ari Aster, Beau ha paura presenta Joaquin Phoenix nel ruolo del titolo affiancato da un cast che include Nathan Lane (vincitore di un Emmy per “Only Murders in the Building” Tv, “The Producers – Una gaia commedia neonazista”), la candidata all’Oscar e al Golden Globe Amy Ryan (“Il ponte delle spie”, “Birdman”,“Gone Baby Gone”), con l’attrice nominata al Golden Globe Parker Posey (la serie tv “The Staircase – Una morte sospetta”, “Café Society”, “Scream 3”, “Superman Returns”, “Blade Trinity”) e la vincitrice di Grammy Patti LuPone (“American Horror Story” Tv, “L’accademia del bene e del male”).

Prodotto da A24 e da Lars Knudsen and Ari Aster, Beau ha paura uscirà nelle sale italiane ad aprile distribuito da I Wonder Pictures.

Beau ha paura, il poster italiano

Beau ha paura, la recensione del film di Ari Aster con Joaquin Phoenix

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Dopo il complesso e ambizioso Midsommar, che guardava al linguaggio del folk – horror riadattandone i criteri, Ari Aster si presenta, completamente a briglia sciolta, con il suo terzo film, Beau ha paura, in sala dal 27 aprile distribuito da I Wonder Pictures.

Accompagnato da uno sciame di critiche negative, il film con protagonista un attonito e impaurito Joaquin Phoenix non arriva nelle nostre sale con la migliore delle presentazioni, e probabilmente già soltanto la durata del film, tre ore, basterà a scoraggiare gli spettatori, a meno che non siano proprio estimatori del regista di Hereditary.

E non sarebbe poi una scelta tanto sbagliata andare a vedere il terzo film di quel regista che tanto ha fatto parlare bene di sé e che, insieme a Robert Eggers e Jordan Peele, ha dato una spinta d’autore al genere horror, con molte declinazioni e punti di vista personali. Tuttavia, Beau ha paura non si muove dentro gli argini di un genere soltanto, rivelandosi più una Odissea sotto allucinogeni, una specie di film d’avventura, un road movie a piedi (scalzi) in cui il protagonista si perde dentro le sue stesse paranoie.

Beau ha paura, la trama

E in fondo il film è questo: il racconto della vita di un uomo paranoico, dentro la sua stessa testa. Beau ha paura di ogni cosa, sembra avere una vita normale che gestisce con una immensa fatica, ma, con l’approssimarsi dell’anniversario della morte del padre, deve intraprendere un viaggio per raggiungere la casa della madre, che lui ama e teme in egual misura. Questo viaggio obbligato lo spingerà a interrompere la sua routine e a mettersi in gioco in un mondo che, in ogni sua singola manifestazione, lo atterrisce.

Una progressiva discesa nella mente di Beau

Mentre nella prima parte ci vengono dati strumenti e coordinate per capire cosa stiamo guardando, con tutte le esagerazioni, le paure, gli inseguimenti, i ritmi incalzanti e, appunto, le paranoie che sono solo nella testa di Beau, nella parte centrale il film deraglia in una fiaba, una passeggiata in un bosco esistenziale in cui moltissime contaminazioni narrative si influenzano e si mescolano, sfilacciando non solo la forma del racconto, ma anche quella del linguaggio che si contamina con segmenti animati. Se dal punto di vista linguistico e visivo siano quindi di fronte a una forma se non nuova almeno interessante, dal punto di vista narrativo siamo già completamente persi nella mente di Beau, e vengono meno tutte quelle coordinate che avevamo acquisito nella prima parte del film.

Sembra che Aster guardi al cinema di Charlie Kaufman, provando a mettere in scena situazioni surreali e bizzarre che trovano un’eco nel cinema del cineasta newyorkese, là dove in Kaufman però c’è una maggiore consapevolezza dei limiti e forse anche della potenza del racconto, oltre che una costante e innata dolcezza. Aster invece perde il senso della misura, e così abbonda, aggiunge situazioni, senza procedere organicamente con il racconto ma sovrapponendo suggestioni le une sulle altre, scivolando sempre di più in un mondo che non è più solo la rappresentazione delle paure di Beau, ma è un delirio di input, colorato e senza forma.

Il confronto con il “mostro” finale

Beau ha pauraNel terzo atto, poi, ci confrontiamo direttamente con ciò di cui Beau ha veramente paura. Tra complessi freudiani, inibizioni sessuali, incomprensioni e traumi, la paura più grande del protagonista si rivela essere proprio quella madre, il mostro di fine livello, dalla quale, per tutto il film, tenta di tornare, ma dal cui è irrimediabilmente spaventato. In questo rapporto così contraddittorio con una madre manipolatrice e effettivamente spaventosa Beau può trovare un punto di contatto con il pubblico, tra cui ci saranno sicuramente persone con un rapporto complicato con la figura materna. Ma ovviamente lui è un paranoico, e quindi tutto viene esagerato, esasperato, addizionato, sovrapponendo strati di significato su strati di metafora, con il risultato che, alla fine, lo spettatore risulta stordito e sfiancato dal fiume in piena dei pensieri di Ari Aster, che, dal canto suo, sembra estremamente compiaciuto del proprio lavoro, senza risparmiarsi niente, neppure la più piccola idea bizzarra, che sia un gemello cattivo o un mostro/padre rinchiuso in soffitta.

Un racconto a briglia sciolta

La sensazione è che, fuori dal linguaggio di genere, Ari Aster abbia perso le briglie del suo stesso racconto, dando libero sfogo al suo immaginario e così auto-sabotandosi, senza una macchina filmica che gli abbia offerto sponde e limiti per razionalizzare al meglio la sua idea che comunque è intrigante, ma disordinatamente realizzata. Ma forse lo spirito di Beau ha paura è proprio questo: la paura è irrazionale e incontrollata, non ammette ragionevolezza né limiti di azione, a maggior ragione se si annida dentro la testa di un paranoico che ha avuto paura di tutto dal momento in cui è nato, ancora prima di emettere il primo vagito.

Un enorme contenitore di idee

Più che un film ambizioso, come spesso si legge, Beau ha paura è un film contenitore, in cui Ari Aster ha riversato, senza riguardo per nulla e nessuno, idee, traumi, sensazioni, situazioni e forse anche paure personali.

È un film squilibrato, un flusso di coscienza per immagini senza però la profondità e il bisogno di riflessione e confronto che ha una vera coscienza quando si mette a nudo sullo schermo. Beau ha paura è delirio cinematografico, addizione di suggestioni e incontrollata glorificazione del proprio ego. Sicuramente si tratta di una visione ostica e per niente rassicurante, ma forse era giusto aspettarsi qualcosa del genere da Aster, perché il cinema non deve sempre per forza essere organico e rassicurante.

Beau ha paura, il trailer italiano del nuovo film di Ari Aster

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Beau ha paura, il trailer italiano del nuovo film di Ari Aster

Ari Aster è tornato. Il suo nuovo, visionario e fantasmagorico Beau ha paura arriverà nei cinema italiani ad aprile con I Wonder Pictures. Protagonista il premio Oscar Joaquin Phoenix (“Lei”, “Joker”), un individuo paranoico che deve affrontare una strabiliante odissea per tornare a casa da sua madre in questo film audace e genialmente adrenalinico.

Dopo Hereditary, presentato al Sundance Film Festival nel 2018 e Midsommar, inserito fra i 10 migliori film indipendenti del 2019 dal National Board of Review Awards, il pluripremiato autore di culto Ari Aster tornaa stupire il pubblico con un’opera che intreccia mistero e humor nero in un viaggio folle e immersivo.

Scritto, diretto e prodotto da Ari Aster, Beau ha paura presenta Joaquin Phoenix nel ruolo del titolo affiancato da un cast che include Nathan Lane (vincitore di un Emmy per “Only Murders in the Building” Tv, “The Producers – Una gaia commedia neonazista”), la candidata all’Oscar e al Golden Globe Amy Ryan (“Il ponte delle spie”, “Birdman”,“Gone Baby Gone”), con l’attrice nominata al Golden Globe Parker Posey (la serie tv “The Staircase – Una morte sospetta”, “Café Society”, “Scream 3”, “Superman Returns”, “Blade Trinity”) e la vincitrice di Grammy Patti LuPone (“American Horror Story” Tv, “L’accademia del bene e del male”).

Beau DeMayo dice che l’episodio 4 di X-Men ’97 è sembrato “strano” perché la Marvel lo ha affidato a un editor di What If…?

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X-Men ’97 ha ricevuto recensioni molto positive ed è stato accolto con calore dalla maggior parte dei fan. Alcuni episodi sono stati migliori di altri, ma una puntata in particolare si è distinta come un punto basso della stagione per molti spettatori.

L’episodio 4, “Motendo; Lifedeath – Parte 1”, presentava un’avventura di Jubilee per lo più autoconclusiva insieme alla prima parte di una storia incentrata su Tempesta/Forge che avrebbe dovuto costruire una relazione romantica tra i personaggi.

Sfortunatamente, questa parte dell’episodio è sembrata molto affrettata, con lamentele sul fatto che la connessione tra Ororo e il mistico inventore mutante sembrava forzata, soprattutto considerando quanto è importante questo momento nei fumetti, per Tempesta. “Lifedeath – Parte 1” ha anche introdotto l’avversario demoniaco di Tempesta, una creatura simile a un uccello che arriva verso la fine dell’episodio con poche spiegazioni.

In un thread, l’ex showrunner Beau DeMayo sostiene che il motivo per cui questo episodio è sembrato così “strano” è perché il co-produttore esecutivo dello show (supponiamo si riferisca a Victoria Alonso) “odiava” la sua idea originale, “ha rubato l’episodio e l’ha dato a un editor di What If per rifarlo secondo la sua visione, il che per coincidenza ha sviscerato circa 1/3 della storia di Tempesta e ha diviso l’Ep4 in due parti separate”.

DeMayo dice anche che ha dovuto lavorare molto duramente per convincere l’attore di Yellowstone Gil Birmingham a dare la voce a Forge dopo che i Marvel Studios hanno rovinato il loro rapporto tagliando il suo personaggio di un Dio nativo americano da Thor: Ragnarök senza dirglielo (DeMayo potrebbe sbagliarsi, dato che Birmingham era effettivamente elencato nei titoli di coda di Eternals). Mentre tutto ciò che DeMayo dice potrebbe essere corretto, è importante contestualizzare il suo problema con la Marvel.

Beau DeMayo vs Marvel, la saga continua

L’anno scorso, abbiamo saputo che i Marvel Studios/Disney avevano licenziato Beau DeMayo poco prima della première mondiale dello show animato. Da allora, Internet è stato pieno di voci e speculazioni su cosa avrebbe potuto portare al suo licenziamento, e la Marvel ha finalmente rilasciato una dichiarazione sulla questione alla fine del 2024. “Il signor DeMayo è stato licenziato a marzo 2024 a seguito di un’indagine interna. Data la natura scandalosa delle conclusioni, abbiamo immediatamente reciso i legami con lui e non ha più alcuna affiliazione con la Marvel.”

Sebbene ci siano alcuni resoconti contrastanti su cosa sia successo esattamente, si dice che DeMayo sia stato licenziato per aver inviato foto oscene a membri del suo staff, e ci sono state ulteriori accuse che affermano che era fisicamente e sessualmente inappropriato con molti dei suoi colleghi.

DeMayo ha sempre negato, suggerendo che il suo licenziamento fosse semplicemente dovuto all’omofobia e affermando che è stato privato del suo credito nella seconda stagione di X-Men ’97 poco dopo aver condiviso una fan art del Gay Pride Month di se stesso in un succinto costume da Ciclope.

Beatrice Fiorentino è il nuovo Delegato Generale della Settimana Internazionale della Critica

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Beatrice Fiorentino è il nuovo Delegato Generale della Settimana Internazionale della Critica (SIC), sezione autonoma e parallela nell’ambito della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Nominata all’unanimità dal Consiglio Nazionale del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI), sostituirà Giona A. Nazzaro, chiamato, dopo cinque anni alla guida della SIC, a dirigere il Festival di Locarno. A Nazzaro, il SNCCI esprime gratitudine e augura buon lavoro per il nuovo prestigioso incarico.

Laureata in Filmologia all’Università di Trieste, Beatrice Fiorentino è giornalista freelance e critico cinematografico. Ha insegnato linguaggio cinematografico e audiovisivo all’Università del Litorale di Capodistria e oggi scrive per Il manifesto, Il Piccolo, Cinecittà News, 8 e ½. Nel 2014 ha ricevuto il Premio Akai come “Miglior critico cinematografico” alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia e dal 2015 è parte della commissione “Film della Critica” del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani. Dal 2016 è selezionatore per la Settimana Internazionale della Critica di Venezia e dal 2018 è membro della European Film Academy.

Raccolgo questa sfida con entusiasmo e orgoglio, ben consapevole della grande responsabilità che mi è stata affidata. Assieme alla commissione di selezione e alla nuova squadra di programmatori lavoreremo in continuità con la consolidata tradizione della Sic, sulla scia di chi molto autorevolmente ci ha preceduti. Non dobbiamo inventare nulla. Resteremo con gli occhi ben puntati al presente del mondo e al futuro del cinema” – afferma Beatrice Fiorentino, nuovo Delegato Generale della Settimana Internazionale della Critica.

Il Sindacato Critici ritiene molto positivo il lavoro svolto in questi anni da Giona Nazzaro e la nomina di Beatrice Fiorentino, la più stretta collaboratrice del delegato uscente, intende proprio dare continuità al progetto, che ha fatto della SIC l’appuntamento principe per intercettare e segnalare le novità e le trasformazioni del linguaggio cinematografico ed individuare i più interessanti autori emergenti. Particolarmente negli ultimi anni, la SIC ha dimostrato grande capacità di indagare anche fra le cinematografie meno note e meno condizionate da logiche di mercato, che spesso penalizzano la libertà creativa” – dichiara Franco Montini, Presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani.

La commissione di selezione della SIC, composta oltre che da Beatrice Fiorentino, Paola CasellaSimone Emiliani e Roberto Manassero, è stata integrata con la nomina di Enrico Azzano.

Per ciò che riguarda la struttura organizzativa della SIC, a sostituire Eddie Bertozzi, cui ugualmente il SNCCI esprime vivo ringraziamento per il prezioso lavoro svolto nel corso di dodici anni, saranno Alessandro Gropplero e Suomi Sponton alla guida dell’ufficio programmazione insieme ad Anette Dujisin-Muharay.

Beatrice Fiorentino confermata Delegata Generale della Settimana Internazionale della Critica per il 2025-2027

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In data 9 dicembre il Consiglio Nazionale del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) si è riunito per eleggere la nuova commissione della Settimana Internazionale della Critica (SIC) per il triennio 2025-2027. Confermando all’unanimità il mandato a Beatrice Fiorentino in qualità di Delegata Generale, ha incaricato come selezionatori i soci: Matteo Berardini, Marianna Cappi, Francesco Grieco e Marco Romagna.

La presidente del SNCCI Cristiana Paternò ha così commentato: «La conferma di Beatrice Fiorentino quale Delegata Generale della Settimana Internazionale della Critica, va nella direzione di proseguire per il prossimo triennio il grandissimo lavoro svolto per la valorizzazione del cinema d’autore e la scoperta di nuovi talenti».

La Delegata Generale della SIC Beatrice Fiorentino ha così accolto la conferma del suo incarico: “Ringrazio il SNCCI per avermi confermata alla guida della Settimana Internazionale della Critica per un secondo mandato, reiterando così la fiducia e la stima reciproca che in questi anni è stata alla base di una collaborazione sempre costruttiva, stimolante e proficua. Consapevole delle responsabilità che derivano da questo incarico, sento di dover rinnovare il mio impegno con nuove energie, non solo in direzione di una selezione di qualità, ma sempre più a sostegno di un cinema “nuovo”. In questo periodo di incertezze produttive e dilagante mainstream, va infatti difeso e portato avanti con convinzione uno spazio di cinema libero e originale, a garanzia di una pluralità di sguardo che sia sinonimo di vitalità della settima arte e di ricchezza artistica e culturale. Il mio impegno, nel prossimo triennio, sarà quello di sostenere, difendere e promuovere con ogni mezzo quegli autori e quelle autrici che fin dal loro esordio vogliano raccogliere assieme a noi questa sfida per il futuro. Un ringraziamento speciale al comitato di selezione uscente che mi ha accompagnato fin qui con infinita generosità, e un caloroso benvenuto alla nuova squadra con l’augurio di buon lavoro”.

La Settimana Internazionale della Critica (SIC) è una sezione autonoma e parallela organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) nell’ambito della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

Beatrice Fiorentino
Photo credit: © Alice Durigatto

Beatles: il biopic di Sam Mendes ha aggiunto al cast Paul Mescal

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Beatles: il biopic di Sam Mendes ha aggiunto al cast Paul Mescal

Paul Mescal è uno dei nomi più caldi di Hollywood in questo momento, soprattutto grazie alla sua interpretazione ne Il gladiatore 2, il sequel storico del regista Ridley Scott che ha incassato oltre 350 milioni di dollari al botteghino mondiale. Il suo ruolo di Lucius nel secondo film del Gladiatore è probabilmente il più importante della sua carriera, ma è stata finalmente confermata la sua presenza in un altro progetto imminente che potrebbe conquistare la corona.

Mentre parlava con il regista premio Oscar Christopher Nolan dopo una proiezione del Gladiatore 2 alla Directors Guild of America giovedì scorso, come riportato da THR, Ridley Scott ha rivelato che il suo protagonista del Gladiatore 2, Paul Mescal, reciterà nel prossimo biopic sui Beatles di Sam Mendes. È stato inoltre confermato che Barry Keoghan interpreterà Ringo Starr e si vociferava che Joseph Quinn avrebbe avuto un ruolo nel film, ma non è ancora stato confermato.

La rivelazione è arrivata quando a Scott è stato chiesto se era vero che era in corsa per riunirsi con Mescal nel prossimo film The Dog Stars, cosa che lui ha confermato e ha anche detto scherzando: “Paul è impegnato con i Beatles. Quindi potrei doverlo lasciare andare”. Le informazioni su The Dog Stars sono state mantenute segrete, ma il film è basato sull’omonimo romanzo di Peter Heller e la sceneggiatura è stata scritta da Mark L. Smith e Christopher Wilkinson. Il libro è ambientato in un mondo post-apocalittico in cui un virus spazza via l’umanità. Gli unici sopravvissuti sul pianeta affrontano degli spazzini conosciuti come Mietitori e Hig, un pilota, è sopravvissuto alla pandemia ma ha perso la moglie. Si dice che Mescal interpreterà Hig, ma non è stato confermato.

Cos’altro ha in serbo Paul Mescal?

Paul Mescal - Lucio Vero Il Gladiatore II
Foto di Photo Credit: Cuba Scott/Cuba Scott – © 2024 Paramount Pictures.

Mescal è stato anche scritturato per recitare al fianco di Josh O’Connor in The History of Sound, un dramma sentimentale in uscita nel 2025 del regista Oliver Hermanus. Interpreterà inoltre William Shakespeare accanto a Emily Watson in Joe Alwyn in Hamnet, il prossimo film del premio Oscar Chloé Zhao. Mescal è anche attualmente in produzione in Merrily We Roll Along, il prossimo progetto del regista di Richard Linklater, che vede anche la partecipazione di Ben Platt, Boo Arnold, e Beanie Feldstein.

Il biopic sui Beatles non ha ancora una data di uscita ufficiale.

Beata Te, la nuova commedia Sky Original con Serena Rossi

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Beata Te, la nuova commedia Sky Original con Serena Rossi

Sky annuncia le riprese di Beata Te, la nuova commedia Sky Original prodotta per Sky da Cinemaundicie Vision Distribution che affronta, con toni leggeri ma mai banali, il delicato tema della maternità e dell’autodeterminazione femminile. Il set è in corso a Roma.

Prodotto da Olivia Musini, con la regia di Paola Randi (La Befana vien di notte – Le origini) e la sceneggiatura di Lisa Nur Sultan e Carlotta Corradi, il film è liberamente tratto dall’opera teatrale “Farsi Fuori” di Luisa Merloni e vede protagonista Serena Rossi (Ammore e malavita, Song ‘e Napule, La tristezza ha il sonno leggero).Accanto a lei Fabio Balsamo ((Im)perfetti criminali, Generazione 56 k).

Nel cast anche Paola Tiziana Cruciani, Gianni Ferreri, Valentina Correani, Elisa Di Eusanio, Corrado Fortuna, Emiliano Masala, Alessandro Riceci e con la piccola Caterina Bernardi.

La trama

Marta (Serena Rossi) è una regista di teatro, single e bene o male soddisfatta della sua vita, a un passo dal debutto del suo Amleto. Al suo 40esimo compleanno riceve una visita inaspettata: l’Arcangelo Gabriele (Fabio Balsamo), che vorrebbe annunciarle la nascita di un figlio. Ma Marta non è sicura di volere un figlio “in dono” e chiede tempo per pensarci. Preso alla sprovvista da questa richiesta, costretto a fermarsi sulla Terra più del previsto, Gabriele si trasferirà a casa sua e le starà accanto per le due settimane che a Marta serviranno per capire cosa vuole per sé stessa e per essere felice.

La regista Paola Randi ha dichiarato: Quando Lisa Nur Sultan mi ha parlato dell’idea di ‘Beata te’ l’ho trovata folgorante. Una donna che compie quarant’anni e vede materializzarsi davanti ai suoi occhi il famigerato orologio biologico nei panni dell’Arcangelo Gabriele. La sceneggiatura, da lei scritta insieme a Carlotta Corradi, ha fatto il resto. La commedia italiana di grande tradizione incontra qui un sapore contemporaneo, internazionale, metropolitano, che sa essere graffiante, ma caldo e coinvolgente.  

È stato impossibile non farsi coinvolgere da un progetto come questo che mi dà, tra l’altro, l’opportunità di lavorare con una squadra di donne straordinarie che stimo molto come Lisa, Carlotta e la produttrice Olivia Musini, e con uno splendido cast, capitanato dalla protagonista Serena Rossi e da Fabio Balsamo nei panni dell’Arcangelo. E sono felice di fare questo film con Sky e Vision.

Mi ha conquistata anche l’occasione di affrontare un tema importante come quello del diritto delle donne di scegliere se avere o meno un figlio, con leggerezza e al contempo profondità. Perché, come ci insegnano le maestre e i maestri, la commedia è libertà.

Il film Sky Original BEATA TE arriverà in prima assoluta prossimamente su Sky e NOW.

Beata te dal 25 dicembre su SKY

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Beata te dal 25 dicembre su SKY

Arriverà il 25 dicembre in prima assoluta su Sky Cinema e in streaming solo su NOW BEATA TE, la nuova commedia Sky Original prodotta per Sky da Cinemaundici e Vision Distribution che affronta, con toni leggeri ma nonbanali, il delicato tema della maternità e della libera scelta.

Prodotto da Olivia Musini, con la regia di Paola Randi (La Befana vien di notte – Le origini) e la sceneggiatura di Lisa Nur Sultan e Carlotta Corradi, il film è tratto dall’opera teatrale “Farsi Fuori” di Luisa Merloni e ha come protagonista Serena Rossi (Ammore e malavita, Song ‘e Napule, La tristezza ha il sonno leggero). Accanto a lei Fabio Balsamo ((Im)perfetti criminali, Generazione 56 k).

Nel cast anche Paola Tiziana Cruciani, Gianni Ferreri, Valentina Correani, Elisa Di Eusanio, Corrado Fortuna, Emiliano Masala, Alessandro Riceci e con la piccola Caterina Bernardi.

 La trama

Marta (Serena Rossi) è una regista di teatro, single e tutto sommato soddisfatta della sua vita, a un passo dal debutto del suo Amleto. Al suo 40esimo compleanno riceve una visita inaspettata: l’Arcangelo Gabriele (Fabio Balsamo), che vorrebbe annunciarle la nascita di un figlio. Ma Marta non è sicura di volere un figlio “in dono” e chiede tempo per pensarci. Preso alla sprovvista da questa richiesta, costretto a fermarsi sulla Terra più del previsto, Gabriele si trasferirà a casa sua e le starà accanto per le due settimane che a Marta serviranno per capire cosa vuole per sé stessa e per essere felice.

Beata Ignoranza: trailer del film di Massimiliano Bruno

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Guarda il trailer del film Beata Ignoranza, la nuova commedia di Massimiliano Bruno con protagonisti nel cast  Alessandro Gassmann e Marco Giallini.

La trama del film Beata Ignoranza

Ernesto (Marco Giallini) e Filippo (Alessandro Gassmann) hanno due personalità agli antipodi e un unico punto in comune: sono entrambi professori di  liceo. Filippo è un allegro progressista perennemente collegato al web. Bello e spensierato è un seduttore seriale sui social network. E’ in grado di sedurre anche i suoi studenti grazie a un’app, creata da lui, che rende immediata la soluzione di ogni possibile calcolo. 

Ernesto è un severo conservatore, rigorosamente senza computer, tradizionalista anche con i suoi allievi, che fa della sua austerità un punto d’onore e vanta una vita completamente al di fuori della rete. E’ probabilmente l’ultimo possessore vivente di un Nokia del ’95.

Un tempo erano “migliori amici” ma uno scontro profondo e mai risolto li ha tenuti lontani, fino al giorno in cui si ritrovano fatalmente a insegnare nella stessa classe. 

I loro punti di vista opposti li portano inevitabilmente a una nuova guerra. Saranno obbligati ad affrontare il passato, che ritornerà nelle sembianze di Nina, una ragazza che li sottoporrà a un semplice esperimento che si trasforma in una grande sfida: Filippo dovrà provare a uscire dalla rete ed Ernesto a entrarci dentro. 

Questo viaggio li cambierà profondamente, costringendoli a trovare un equilibrio, sempre più raro e delicato ai giorni nostri, tra la coscienza globale di chi si affida alla rete e la totale indifferenza di chi si ostina a resistere a oltranza all’epoca digitale.

Beata ignoranza: recensione del film di Massimiliano Bruno

Beata ignoranza: recensione del film di Massimiliano Bruno

Dopo aver scelto Marco Giallini per Confusi e felici (2014) e Alessandro Gassmann per Gli ultimi saranno ultimi (2015), Massimiliano Bruno li ha voluti insieme per la sua quinta regia, Beata ignoranza, una commedia incentrata su un tema relativamente nuovo, ma già un classico del genere: l’uso di internet, social media e smartphone e il loro impatto sulla vita quotidiana. Ha scelto di parlarne facendo perno sulla contrapposizione fra due protagonisti opposti: l’analogico, fieramente old style, che si mantiene alla larga da tutto ciò che è social, Ernesto (Marco Giallini), e l’internauta che per sentirsi sempre giovane, è al passo con ogni novità dell’era digitale e non può fare a meno di internet, Filippo (Alessandro Gassmann).

Beata ignoranza, la trama

In Beata ignoranza di Paolo Genovese Ernesto e Filippo si incontrano di nuovo dopo 25 anni, professori nello stesso liceo, e subito si scontrano, non solo perché sono così diversi, ma anche a causa di una vecchia ruggine: entrambi hanno amato la stessa donna, Marianna (Carolina Crescentini) ed ora hanno in comune una figlia, Nina (Teresa Romagnoli). Dopo una lite furibonda che finisce sul web, in cui uno attacca e l’altro difende la rete, Nina propone loro una sfida: Filippo dovrà tentare di uscire dal mondo di internet, Ernesto tentare di entrarvi, per dar vita a un documentario sull’uso dei social media. La sfida li porterà a confrontarsi con opposti punti di vista, oltre che con il passato, mentre Nina cercherà di costruire con loro un vero rapporto.

Più che due anime, una che dibatte sul mondo di internet e l’altra che indaga i rapporti umani, Beata ignoranza ha due parti che si distinguono abbastanza nettamente: la prima, più efficace per forma e contenuto, in cui si presentano i protagonisti con il loro diverso modo di essere e di insegnare, e si riassumono la nascita e le alterne vicende della loro amicizia, balzando avanti e indietro nel tempo, con Ernesto, Filippo e Marianna che raccontano sé stessi allo spettatore guardando direttamente in macchina.

Il racconto i rapporti umani al tempo delle nuove tecnologie

La seconda parte, in cui  i due professori si sfidano e il film dovrebbe evolversi, affiancando alla superficie della diatriba social sì, social no, un reale approfondimento sulle figure dei protagonisti, su Nina, su Marianna e una riflessione sui legami familiari, non soddisfa a pieno le aspettative, rivelando meno freschezza nella costruzione. È proprio sui rapporti umani che la sceneggiatura diventa ricorsiva – all’orizzonte nuovi triangoli sia tra i giovani che tra gli adulti, complice anche l’entrata in scena di una prof emancipata e disinvolta, Margherita (Valeria Bilello). Nel mondo della scuola, poi, non si entra davvero, rimanendo alla contrapposizione tra un insegnante eccessivamente all’antica e uno fin troppo moderno.

Un cast eccellente per Beata ignoranza che però non è supportato da una storia che va a fondo

Anche se la comicità nel gioco delle parti tra Filippo ed Ernesto diverte e intrattiene, alimentandosi della bravura di Giallini e Gassmann, che giungono così alla loro terza prova come “coppia comica” (erano apparsi insieme già in Tutta colpa di Freud di Paolo Genovese e Se Dio vuole di Edoardo Falcone), e sebbene il film possa contare sul solido talento di Carolina Crescentini, oltre che su brillanti caratterizzazioni quali quelle di Luca Angeletti, Michela Andreozzi e Pietro De Silva, il lavoro rivela i suoi limiti e si conclude non essendo andato molto oltre il suo punto di partenza, ovvero quello di una commedia leggera su argomenti di tendenza come  internet e i social. In sala dal 23 febbraio.

Beasts of No Nation: teaser trailer del film con Idris Elba

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Beasts of No Nation: teaser trailer del film con Idris Elba

Netflix ha diffuso on line il teaser trailer di Beasts of No Nation, film prodotto dall’azienda statunitense che sarà presentato in anteprima mondiale a settembre alla Mostra del Cinema di Venezia, prima di approdare al Festival di Toronto.

Beasts of No Nation, diretto dal regista della prima stagione di True Detective Cary Fukunaga, è basato sull’omonimo romanzo dell’autore nigeriano Uzodinma Iweala: una drammatica incursione nella storia di un bambino soldato, interpretato da Abraham Attah, che viene preso sotto l’ala protettrice di un signore della guerra, Idris Elba, coinvolto in un sanguinario conflitto civile in Africa.

Il film sarà rilasciato su Netflix il 16 ottobre ma, grazie a un accordo con la casa di distribuzione Bleecker Street e i Landmark Theatres, sarà proiettato anche in alcuni cinema selezionati americani (New York, Los Angeles, Boston, Philadelphia, Baltimore, Washington, D.C., Atlanta, Indianapolis, Detroit, Chicago, Minneapolis, Milwaukee, St. Louis, Houston, Dallas, Denver, Seattle, San Francisco, San Diego), potendo così entrare di diritto nella corsa agli Oscar. Beasts of No Nation se la vedrà sul grande schermo con Crimson Peak di Guillermo Del Toro e Bridge of Spies di Steven Spielberg.

Fonte: Variety

Beasts of No Nation: recensione del film di Cary Fukunaga #Venezia72

Quando in futuro le nuove generazioni studieranno l’evoluzione dei media e della TV di oggi, certamente si imbatteranno nel nome Netflix. Basti nominare l’oscura House of Cards, di un rigore stilistico superbo, tanto che vi si può scorgere anche lo zampino di David Fincher, Daredevil, che ha reinventato e ampliato il senso di cine-comic, Orange is the New Black e Sense8 dei fratelli Wachowski. Ora il colosso americano è oltre il piccolo schermo e ci troviamo a parlare di Beasts of No Nation, film in piena regola affidato alla direzione di Cary Fukunaga, il genio dietro il successo della prima stagione di True Detective.

Beasts of No Nation: la trama

Basato sul libro Bestie senza una patria (Beasts of No Nation) di Uzodinma Iweala, è a tutti gli effetti una discesa agli inferi, un viaggio profondo dentro le guerre ‘silenziose’ dell’Africa occidentale, dove i bambini vengono strappati all’infanzia per essere trasformati in soldati, in macchine da guerra pronte a sparare e a uccidere. Un’opera che incanta a livello produttivo, ma anche a livello registico, nonostante l’assenza di qualsivoglia tecnicismo fuori dal comune.

Non c’è infatti tempo e spazio per i piani sequenza alla True Detective, la strada è violenta, brutale, spietata, la camera da presa è mossa, instabile, frenetica, come l’animo di Agu (interpretato dal piccolo Abraham Attah), un bambino che si scopre mercenario all’ombra di un fantomatico comandante che ha il volto di Idris Elba, a causa di un conflitto che gli ha portato via gli affetti, l’esistenza, l’essenza. Attraverso i suoi occhi inermi, camminiamo lungo un sentiero di macerie, spirituali ancor più che letterali, capace di trasformare la guerra in gioco, in terra promessa, in danza tribale, in unico ideale da seguire per un futuro prospero e ricco di belle promesse, di belle speranze. Dietro ogni omicidio, dietro ogni imboscata, si nasconde però un atroce inganno, una linea retta che non si interrompe mai.

Beasts of No NationCary Fukunaga, anche autore della sceneggiatura, prende le nostre viscere e gioca a stritolare, a ferire, a stringere, facendoci diventare spettatori dell’incubo. Pazienti della cura Ludovico, con gli occhi sbarrati sul precipizio, sul burrone; nonostante il riferimento ad Arancia Meccanica, lo spirito kubrickiano rivive in alcuni momenti, alcune inquadrature che citano esplicitamente Full Metal Jacket. Scheletri di edifici in fiamme, tenebrose marce nel fango con voce off, ma non solo: Fukunaga fa pensare implicitamente a Furiosa di Mad Max: Fury Road, alla disperata ricerca della terra fertile che non esiste, ma soprattutto al mondo dei videogiochi.

Agu è quasi la nemesi perfetta di Ajay Ghale, vendicativo protagonista di Far Cry 4, riferimento che si fa ancor più marcato quando lo schermo vira completamente al rosso come nei sogni allucinogeni del titolo Ubisoft. Unico rammarico un finale troppo edulcorato, come uno spaghetto cotto più del dovuto, che somiglia più ad uno spot Unicef; il dolore che resta impigliato nell’anima, il senso di soffocamento e di angoscia, sono però troppo forti per farci caso.

Beasts of No Nation: prima foto con Idris Elba

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Si intitolerà Beasts of No Nation il prossimo lavoro cinematografico del regista di True Detective, Cary Fukunaga. Protagonista del film è Idris Elba, che vediamo nella prima immagine del film: Beasts of No NationL’immagine è stata diffusa da Deadline, che informa che le riprese del film sono ancora in corso in Ghana. Il film prende spunto dal romanzo di Uzodinma Iweala che racconta la storia di Agu, un ragazzino che viene arruolat in milizie mercenarie quando nel suo Paese scoppiala guerra. Elba interpreterà il Comandante che guida il gruppo di guerriglia.

Beasts of no Nation: il trailer finale del film di Cary Fukunaga

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Beasts of no Nation: il trailer finale del film di Cary Fukunaga

Ecco il trailer finale di Beasts of no Nation di Cary Fukunaga, film presentato al Festival di Venezia 2015 che ha riscosso un discreto successo di critica.

LEGGI LA RECENSIONE

Il film prende spunto dal romanzo di Uzodinma Iweala che racconta la storia di Agu, un ragazzino che viene arruolato in milizie mercenarie quando nel suo Paese scoppiala guerra. Elba interpreterà il Comandante che guida il gruppo di guerriglia.

Beasts of No Nation: il nuovo trailer con Idris Elba

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Beasts of No Nation: il nuovo trailer con Idris Elba

Ecco il nuovo trailer di Beasts of No Nation, film diretto da Cary Fukunaga appena presentato al Festival di Venezia in corso al Lido.

LEGGI LA RECENSIONE

Di seguito anche il nuovo poster del film:

Beasts of no nation

Il film prende spunto dal romanzo di Uzodinma Iweala che racconta la storia di Agu, un ragazzino che viene arruolato in milizie mercenarie quando nel suo Paese scoppiala guerra. Elba interpreterà il Comandante che guida il gruppo di guerriglia.

Fonte: CS

Beastly: recensione del film di Daniel Barnz

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Beastly: recensione del film di Daniel Barnz

Ci sono pochi luoghi in cui l’apparenza eserciti più fascino che in un liceo. Questo il pensiero di Daniel Barnz (Phoebe in Wonderland) sceneggiatore e regista di Beastly film tratto dal romanzo omonimo di Alex Flinn, ispirato al noto cartone Disney La Bella e La Bestia. Un film costruito equilibrando toni fantastici a messaggi profondi, come l’andare al di là delle apparenze.

In Beastly Kyle (Alex Pettyfer) è un diciassettenne ricco, bello, pieno di sé, cresciuto con la convinzione che non conta ciò che sei ma ciò che appari. Insegnamento datogli dal padre (Peter Krause), giornalista affermato, con poco tempo da dedicare al figlio. Ma Kyle sembra cavarsela benissimo da solo, tra la sua sicurezza e la fama che ha nel suo liceo. La sua vita sembra essere perfetta, fin quando egli non offenderà Kendra, una sua compagna di classe dark che si vocifera sia una strega. Kyle la umilierà per la sua bruttezza, facendo un errore che gli rovinerà la vita. Kendra farà su di lui un incantesimo trasformandolo in un orribile mostro. Kyle ha un anno di tempo per trovare qualcuno che lo ami, così com’è. Se non ci riuscirà rimarrà una bestia per sempre. La vita di Kyle diverrà un inferno, sempre chiuso tra le mura del suo appartamento, ma un giorno, per una serie di accadimenti, nella sua vita entrerà Lindy (Vanessa Hudgens), una compagna di classe a cui Kyle non ha mai prestato attenzione e da allora qualcosa cambierà. Un rapporto dapprima ostile che si trasformerà in una splendida storia d’amore, entro i canoni della Disney.

Beastly, il film

E’ il 2008 quando la CBS Film acquista i diritti per la produzione cinematografica del romanzo per adolescenti di Alex Flinn. Un film basato su un libro, ispirato a sua volta ad un noto pilastro del mondo dei cartoon. Una sfida non facile, ma ben riuscita grazie al regista. Dopo aver visto Phoebe in Wonderland al Sundance Film Festival nel 2008, la casa di produzione non ha avuto alcun dubbio nel fare il nome di Daniel Barnz, il quale non ha deluso alcuna aspettativa e ha saputo unire perfettamente la realtà alla fantasia, una trama per adolescenti a una sceneggiatura sofisticata. Una versione del mito de La Bella e la Bestia diversa da tutte le precedenti.

Ottima anche l’interpretazione dei giovani attori (Alex Pettyfer, Vanessa Hudgens) di soli 21 e 23 anni, della streghetta (Mary-Kate Olsen) e di tutto il cast. Sorprendente l’aspetto della bestia, per nulla copiato a quello del cartone. Un film che farà furore tra gli adolescenti e che non dispiacerà anche ai più maturi.

Beast: trailer ufficiale del film con Idris Elba

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Beast: trailer ufficiale del film con Idris Elba

La Universal Pictures ha diffuso il trailer ufficiale di Beast, il film diretto da Baltasar Kormákur che ha diretto Everest, Cani sciolti e Contraband di Universal Pictures e con protagonista Idris Elba. A volte il fruscio tra i cespugli è davvero causato da un mostro.

Idris Elba (Fast & Furious: Hobbs & Shaw, The Suicide Squad) è il protagonista di un nuovo thriller al cardiopalma che racconta di un padre e delle sue due figlie adolescenti che si ritrovano braccati da un enorme leone solitario intenzionato a dimostrare che nella savana c’è solo un predatore supremo.

Elba interpreta il Dottor Nate Daniels, un marito rimasto vedovo da poco, che torna in Sudafrica, dove ha conosciuto sua moglie, per un viaggio a lungo pianificato con le figlie in una riserva di caccia gestita da Martin Battles (in serie tv come Sharlto Copley e Russian Doll, e film come Maleficent), un vecchio amico di famiglia e biologo della fauna selvatica. Quello che inizia come un viaggio di guarigione si trasforma in una spaventosa lotta per la sopravvivenza quando un leone, sopravvissuto a bracconieri assetati di sangue, inizia a perseguitarli sentendosi ormai minacciato dagli esseri umani.

Iyana Halley (Il coraggio della verità – The Hate U Give, e la serie TV This is Us) interpreta la figlia diciottenne di Daniels, Meredith, e Leah Sava Jeffries (serie TV Rel e Empire) interpreta la tredicenne Norah.

Dall’intenso regista Baltasar Kormákur che ha diretto Everest, Cani sciolti e Contraband di Universal Pictures, Beast è prodotto da Will Packer, produttore di Il viaggio delle ragazze, della serie Ride Along e di dieci film che hanno raggiunto il primo posto al botteghino americano, tra cui La scuola serale, Ossessione omicida e Think Like a Man, da James Lopez, presidente della Will Packer Productions, e da Baltasar Kormákur. Il film è scritto da Ryan Engle (Rampage – Furia animale, Non-Stop), tratto da una storia originale di Jaime Primak Sullivan che ne diventa anche produttore esecutivo con Bernard Bellew.

Beast: recensione del film con Idris Elba

Beast: recensione del film con Idris Elba

Il regista islandese Baltasar Kormákur ha spesso e volentieri con i suoi film raccontato situazioni estreme, riflettendo attraverso di esse e i personaggi protagonisti, sui limiti del corpo umano. Film come The Deep, Everest e Resta con me sono esempi ideali a riguardo e a questi titoli si aggiunge ora anche Beast, con protagonista l’attore Idris Elba. Il film, al cinema dal 22 settembre, non prevede però pericolose scalate in montagna né viaggi in mare aperto ai limiti del possibile, bensì uno scontro con la natura selvaggia. Girato nella savana sudafricana, Beast porta infatti i protagonisti a scontrarsi con un ferocissimo leone.

Come ormai risaputo, non sono i leoni ad andare a caccia, bensì le leonesse. Ai leoni spetta invece il ruolo di difendere il branco, anche a costo della propria vita. Il leone protagonista del film fallisce questo intento e vede i suoi simili venire massacrati da un branco di bracconieri. L’animale sviluppa a questo punto un desiderio di vendetta tale nei confronti dell’essere umano, che inizia ad attaccare e uccidere senza distinzione chiunque finisca sul suo percorso. Tra i malcapitati vi sono anche il dottor Nate Samuels e le sue figlie Meredith e Nora, intenti a fare un safari insieme per metabolizzare la recente scomparsa della moglie e madre. Padre e figlie dovranno dunque trovare il modo di salvarsi mentre ricercano il loro legame perduto.

Beast film recensione

La natura sfida l’uomo, ma con qualche novità

Beast è ascrivibile ad un filone di film noti come “men vs. nature”, di cui uno dei massimi capolavori è proprio Lo squalo di Steven Spielberg. Da questo titolo ad oggi sono stati realizzati innumerevoli film di questa tipologia, ogni volta con animali diversi pronti a mettere a dura prova l’esistenza umana. Il leone è tra questi, essendo già stato al centro di film come Prey – La caccia è aperta (2007) e Prey – La preda (2016). Diverso è però il modo in cui viene raccontato nel film di Kormákur. Se nei due titoli poc’anzi citati questo è il vero e proprio elemento di rottura dell’equilibrio nella convivenza tra uomo e natura, in Beast tale elemento è invece incarnato dall’uomo.

Si tratta di un cambio non indifferente, certamente al tempo con le nuove sensibilità, che non demonizza l’animale ma va invece a ribadire la dannosità dell’azione umana quando si intromette nel regolare svolgersi della natura. L’oggetto di insulti da parte degli spettatori non sarà dunque il leone, che per quanto rappresenti la principale minaccia per i protagonisti è qui dotato di buone motivazioni per ciò che compie, bensì i bracconieri che hanno alterato il suo status quo. Visto da questa prospettiva, Beast acquisisce un valore in più, lasciando inoltre aperta la domanda su chi possa davvero essere la “bestia” del titolo.

Beast Idris Elba
Sharlto Copley, Iyana Halley, Idris Elba e Leah Sava Jeffries in una scena di Beast.

Leoni, padri e figlie… e i limiti della scrittura

Naturalmente Nate e le sue figlie non hanno alcuna colpa a riguardo e ciò consente al film di avere i suoi eroi umani per cui spingere a fare il tifo. Un tifo che potrebbe anche verificarsi, se non fosse che le azioni compiute dai tre personaggi sfidano fin troppo la sospensione dell’incredulità dello spettatore. Se c’è un punto su cui Beast è principalmente carente è proprio la costruzione dei suoi personaggi umani, i quali dicono e compiono cose fin troppo forzate, oltre ad essere guidati da una necessità di elaborare un lutto e le mancanze del padre che mal si incastrano con il resto del racconto, emergendo sempre in momenti inappropriati.

Ciò li porta a stridere in modo evidente rispetto a quanto sta avvenendo, poiché affrontati sempre di petto, in modo esplicito, senza che si abbia poi la sensazione di un effettivo progresso a riguardo. Un film a suo modo simile come Crawl – Intrappolati aveva saputo invece trattare molto meglio la dinamica tra padre e figlia. Da questo punto di vista, risulta dunque molto più convincente la caratterizzazione psicologica del leone. Fortunatamente Idris Elba, da bravo attore qual è, riesce a far avvertire meno questi limiti della sceneggiatura Jaime Primak Sullivan, il quale in generale non sembra riuscire a gestire le molteplici sfumature tematiche e di tono inserite nel racconto.

Beast, buon intrattenimento tra regia ed effetti speciali

Messi da parte questi problemi di scrittura, Beast riesce comunque ad offrire un godibile intrattenimento, merito in particolare della regia di Kormákur e della fotografia del premio Oscar Philippe Rousselot. I due trovano infatti il giusto modo di raccontare per immagini la difficile situazione dei protagonisti, puntando in particolare su di una serie di eleganti piani sequenza che permettono di conferire una certa continuità all’azione e allo spettatore di potersi sentire ancor di più accanto ai protagonisti, provando dunque paura insieme a loro. Ancor di più, però, si sfrutta il potenziale di uno spazio esteso come la savana, nella quale risulta difficile individuare il leone prima che questi sferri il suo attacco.

L’insegnamento di Lo squalo viene qui in parte recuperato, con il leone che meno si vede più fa paura. Gli attacchi non sono dunque molti e quelli che ci sono restituiscono nella maggior parte dei casi quel senso di sorpresa e terrore che ogni film di questo genere aspira a suscitare. È dunque un peccato che tali aspetti più legati all’azione non riescano ad amalgamarsi a dovere con le parti più introspettive del film. Il loro è uno scontro che, pur vedendo trionfare l’azione, limita fortemente il potenziale del film, che non riesce dunque ad essere più di quello che ci si aspetterebbe da un prodotto simile. Forse, però, vedere Idris Elba intento a fare a pugni con un leone potrebbe bastare a garantire a Beast una certa popolarità.

Beast: il film con Idris Elba è ispirato ad una storia vera?

Beast: il film con Idris Elba è ispirato ad una storia vera?

Il film di genere survival del 2022 Beast (qui la nostra recensione), diretto da , può raccontare una storia apparentemente irrealistica di un leone divoratore di uomini che perseguita un padre e le sue due figlie, tuttavia gli eventi di base del film sono realmente accaduti e sono ancora più spaventosi di quanto raccontato sullo schermo. Ma scopriamo prima qualcosa in più sul film: Idris Elba è il protagonista nei panni di Nate, padre di due bambine che porta in Africa per avere la possibilità di riavvicinarsi a loro. La famiglia, infatti, è in lutto per la perdita della madre delle bambine e dell’ex moglie di Nate, morta di cancro.

Qui, durante un’escursione, si imbattono però in un leone africano che sembra più intelligente della media degli animali, che uccide quasi un intero villaggio prima di mettere gli occhi su Nate e le sue figlie. Ad averlo scatenato, vi è lo sterminio del suo branco da parte di crudeli bracconieri. Nel corso di Beast, la famiglia vive dunque diversi momenti terrificanti, affrontando agguati, sbranamenti e pedinamenti da parte del leone. Alla fine, Nate e le sue figlie ne escono vivi, più forti di prima, ma devono sacrificarsi e soffrire prima di arrivarci. Alla fine il leone viene abbattuto dai suoi stessi simili e il pericolo viene finalmente debellato.

La storia vera dietro Beast: I Mangiatori di uomini dello Tsavo

Anche se l’idea di leoni che cacciano gli esseri umani può sembrare improbabile, gli eventi di Beast sono a loro modo realmente accaduti in Kenya nel 1898 ad opera di una coppia di leoni successivamente chiamati Mangiatori di uomini dello Tsavo. Ma le morti che questi due hanno provocato sono molto diverse da quelle viste nel film. I mangiatori di uomini dello Tsavo si trovavano nella regione dello Tsavo, in Kenya, e prendevano di mira gli operai che lavoravano alla ferrovia Kenya-Uganda. Il periodo di massima attività è stato da marzo a dicembre del 1898 e ha causato enormi disordini nell’area, poiché gli operai hanno iniziato a fuggire dai loro posti di lavoro per paura di essere attaccati.

Idris Elba in Beast
Idris Elba in Beast. Foto di Lauren Mulligan/Universal Pictures – © 2022 Universal Studios. All Rights Reserved.

Complessivamente, si dice che i Mangiatori di uomini dello Tsavo abbiano ucciso 135 persone nell’arco di circa 10 mesi, anche se una ricerca più recente ha suggerito che questa cifra potrebbe essere un’esagerazione e che solo 25-30 uomini sarebbero morti a causa dei leoni. In ogni caso, i felini si sarebbero concentrati sui vari accampamenti sparsi nella regione dello Tsavo, dove era appena iniziata la costruzione di un ponte sul fiume Tsavo.  A pochi giorni dall’inizio del progetto, sono iniziate le sparizioni e le uccisioni. I leoni prelevavano gli uomini dalle loro tende durante la notte e li mangiavano. In seguito, gli attacchi si intensificarono al punto che si verificava un omicidio al giorno.

I lavoratori cercarono di scoraggiarli con recinzioni e incendi, ma nulla di ciò ebbe effetto. Il consenso generale sul motivo per cui i due leoni prendevano di mira gli esseri umani in quel periodo aveva a che fare con l’approvvigionamento di cibo dei leoni e con problematiche dentali. Gli scienziati ritengono che i due leoni non mangiassero gli esseri umani come ultima risorsa, ma come supplemento alla loro dieta. Nella regione dello Tsavo, non sarebbe stato insolito per un leone imbattersi in un cadavere umano, e questo potrebbe aver contribuito alla loro spinta a mangiare gli esseri umani.

Inoltre, uno dei felini aveva un’infezione alla radice di uno dei denti, mentre l’altro una ferita a un dente e una nella mascella. La carne umana risulta molto più tenera rispetto a quella di altri animali come zebre, antilopi, bufali o giraffe; i due felini avrebbero sofferto meno nella masticazione, meno impegnativa che in carni coriacee come quella delle loro prede abituali. Alla fine, i mangiatori di uomini dello Tsavo furono uccisi dal tenente colonnello John Henry Patterson. Riuscì ad abbattere il primo leone il 9 dicembre 1898, e il secondo tre settimane dopo.

Idris Elba, Sharlto Copley e Iyana Halley in Beast
Idris Elba, Sharlto Copley e Iyana Halley in Beast. Foto di Lauren Mulligan/Universal Pictures – © 2022 Universal Studios. All Rights Reserved.

Egli documentò poi la sua esperienza di caccia ai due leoni nel suo libro semi-biografico, The Man-Eaters of Tsavo, e nel 1924 vendette le pelli dei due leoni al Field Museum di Chicago, dove sono conservate ed esposte ancora oggi. Tuttavia, tale evento non è da considerarsi così eccezionale come Patterson lo dipinse: i leoni della regione dello Tsavo avevano probabilmente iniziato a predare gli uomini prima del 1890 e, stando ad alcune ricerche, continuarono forse fino agli anni quaranta.

Beast è davvero basato sui Mangiatori di uomini dello Tsavo?

Anche se Beast è stato probabilmente ispirato dalla storia dei mangiatori di uomini dello Tsavo, il film non è basato su eventi realmente accaduti. Ci sono molte differenze tra le due storie, come ad esempio l’ambientazione del villaggio presente nel film anziché di un cantiere edile e l’attenzione al personaggio e alla famiglia di Idris Elba. Inoltre, in Beast c’è un solo leone, che viene infine ucciso da altri leoni maschi, mentre gli eventi reali comprendevano due leoni maschi e l’intensa caccia da parte del tenente colonnello John Henry Patterson. La mancanza di questi dettagli fondamentali dimostra che il film non è un adattamento diretto, ma certamente potrebbe essere stato ispirato da quella vicenda.

Poiché Beast è molto diverso dalla storia dei mangiatori di uomini dello Tsavo, gli eventi della vita reale sarebbero sicuramente un grande film a sé stante. Data l’intensità degli attacchi e l’interessante figura di John Henry Patterson, il film potrebbe seguire molte strade, tra cui quella di fornire ulteriori informazioni sull’Africa e sulle ragioni degli attacchi dei leoni. Nel complesso, Beast e quell dei mangiatori di uomini dello Tsavo sono storie che fanno venire i brividi e che possono far riflettere sul potere degli animali selvatici ma anche sugli abusi dell’uomo nei loro confronti.

Bear Grills: la legge del più forte su National Geographic

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Bear Grills: la legge del più forte su National Geographic

Dalle profondità più estreme ai luoghi più freddi della Terra. Bear Grylls ci accompagna alla scoperta dei luoghi più impervi e ostili presenti in natura.

Bear Grills: la legge del più forte è una serie in 6 episodi, in onda su National Geographic (Sky, 403) dal 28 aprile la domenica alle 20.55 che ci porterà nei luoghi più estremi del nostro pianeta mostrandoci gli straordinari modi in cui gli animali si sono adattati alle avversità per sopravvivere.

Il nostro pianeta è cambiato più negli ultimi 40 anni che in qualsiasi altro periodo della sua storia. Gli animali che popolano gli ambienti più ostili della Terra si sono dovuti adattare ai cambiamenti in un vero e proprio battito di ciglia in termini evolutivi. La loro sfida è una sola: adattarsi o morire.

Beanpole: recensione del film di Kantemir Balagov

Beanpole: recensione del film di Kantemir Balagov

Classe 1991, il regista russo Kantemir Balagov torna al Festival di Cannes 2019 con la sua opera seconda, Beanpole, selezionata all’interno della sezione Un Certain Regard. Il titolo è traducibile con “spilungona”, l’aggettivo con cui viene spesso appellata la protagonista, Iya, il cui appassionante racconto d’amore e speranza, si snoda all’interno di un contesto traumatico come quello che segue di poco la fine della seconda guerra mondiale. Con un film tanto poetico, Balagov dà nuovamente prova del suo talento, dimostrando di meritare l’attenzione che ora gli si rivolge.

Il film si apre a Leningrado, nel 1945. La guerra ha devastato la città, demolendo i suoi edifici e lasciando i suoi cittadini in uno stato fisico e mentale particolarmente fragile. Con la fine dell’oppressione e delle ostilità, la vita sembra riprendere il suo normale corso. È qui che si svolge la storia di Iya (Viktoria Miroshnichenko) e Masha (Vasilisa Perelygina), le quali cercano, ognuna a suo modo, di ricostruire la propria vita tra le rovine.

Prima di abbagliare visivamente con una delle tante bellissime composizioni di cui è ricco il film, il regista cattura l’attenzione facendo udire su schermo nero un boccheggiamento, che riesce a presentarci allo stesso tempo il personaggio protagonista e, metaforicamente, anche la situazione di sfinimento di un popolo logorato dalla guerra. Con l’avanzare della narrazione, si tende a dimenticare il contesto storico, visto come qualcosa da lasciarsi alle spalle il più in fretta possibile, per concentrarsi su una dimensione più intima, che è quella messa in gioco dalle due bellissime e bravissime protagoniste.

Balagov racconta così di personaggi alla disperata ricerca di vita e speranza, un bisogno che fino a quel momento sembrava essere stato spento dagli orrori subiti e visti e che facilmente può trasformarsi in ossessione. È una ricerca che però si scontra inevitabilmente con l’apparente incapacità di riuscire ad aprirsi a nuove emozioni. L’insolita altezza della protagonista non è, a tal proposito, un caso. Tramite questa scelta il regista ci sottolinea la volontà di affrontare la storia attraverso gli occhi di una “diversa”, non vista come tale dagli altri quanto da sé stessa. Questa condizione fisica porta la protagonista ad assumere un atteggiamento che la pone al margine, facendola ben presto diventare succube di quanto la circonda. La sua è una condizione difficile, è in maniera del tutto naturale si arriva ad empatizzare per lei.

Merito anche di una meravigliosa Viktoria Miroshnichenko, attrice di grande grazia che riesce a comunicare la sua instabilità emotiva con pochi gesti del corpo o del volto. La sua Iya è un personaggio fin troppo buono, alla ricerca di un sentimento vero in un mondo che invece non sembra averne più. Balagov tratta con grande rispetto lei e la sua storia, firmando una sceneggiatura che fugge da ogni cliché e colpisce invece per il risvolto poetico di molte delle vicende. Tutto ciò è accompagnato da una regia che non cerca di colpire con virtuosismi o simili, ma trova nella scelta di una messa in scena contenuta, come l’emotività della protagonista, la possibilità di un maggior impatto emotivo.

Con Beanpole, Balagov regala al Festival un piccolo grande gioiello, dotato di sentimenti sinceri, che pervadono l’intera opera di un’atmosfera incantevole, capace di rubare gli occhi e il cuore dello spettatore. Attraverso i desideri e le speranze delle due affiatate protagoniste, il regista ritrae un’umanità intera, ferita, ridotta in ginocchio, ma capace ancora di cullare un sogno di rinascita ad ogni costo.

Be Water Film annuncia i primi titoli del suo listino per il 2024.

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Il primo film in distribuzione è Il segreto di Liberato di Francesco Lettieri, un lavoro sorprendente che unisce documentario, musica e animazione, dedicato al nuovo fenomeno della scena musicale partenopea. Il film-evento sarà in sala per una settimana dal 9 maggio.

Grandi nomi e grandi storie arricchiscono un listino eclettico che si muove fra generi diversi, coniugando qualità e mainstream con la volontà di rivolgersi a pubblici ampi e diversificati nel nome dell’originalità.

Il leggendario autore di Taxi Driver e Toro scatenato, Paul Schrader, e Richard Gere tornano a collaborare assieme, per la prima volta dopo l’iconico American Gigolo, in I tradimenti (Oh, Canada). Completano un cast d’eccezione il nuovo divo del cinema americano Jacob Elordi (Saltburn, Priscilla) e Uma ThurmanIl film sarà presentato in Concorso al prossimo Festival di Cannes.

Un Nicolas Cage assolutamente inedito è il protagonista di Longlegs di Osgood Perkins, una caccia al serial killer feroce e dagli inaspettati risvolti occulti. Già al centro di una campagna marketing virale, in attesa della grande uscita americana prevista per l’estate, il film è già fra i thriller più attesi dell’anno.

Il maestro e Margherita, uno dei capolavori più amati della letteratura mondiale, illumina il grande schermo in un adattamento sontuoso firmato da Michael Lockshin, mantenendo inalterato il potere sovversivo e immaginifico del romanzo. Protagonisti Claes Bang (The Square) e August Diehl (La vita nascosta).

Dal concorso dell’ultima Berlinale, l’acclamato Architecton del maestro Victor Kossakovsky, fra i più importanti documentaristi contemporanei. Un viaggio vertiginoso fra antico e moderno, pietra e cemento, che affronta con urgenza tematiche greenattraverso la potenza di immagini incredibili.

Completano l’offerta del listino Le avventure di Jim Bottone e Jim Bottone e la banda dei tredici pirati, una doppia proposta per tutta la famiglia tratta dei celebri libri per l’infanzia firmati da Michael Ende (La storia infinita).

Be Water annuncia l’ingresso di nuovi soci, tra cui Alessandro Borghi

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Be Water, società di produzione e distribuzione di contenuti artistici, culturali e giornalistici, nasce nel 2021 con l’intento di creare un racconto contemporaneo e multiforme sui grandi temi ed eventi del nostro tempo e su ciò che riguarda il futuro di tutti noi. Producendo contenuti nei quali l’arte, l’informazione e la creatività si fondono in un flusso costante di progetti come podcast, film, documentari, live show e inchieste giornalistiche l’intenzione è quella di sollecitare nuove occasioni di riflessione su questioni strutturali del nostro presente come ad esempio la sostenibilità, l’inclusione, la tecnologia, lo scenario geopolitico in continua evoluzione e il mondo della finanza.

A Guido Brera, Filippo Sugar, Barbara Salabè, Mario Calabresi, Mattia Guerra e Saverio Costanzo, soci di Be Water già precedentemente annunciati, si uniscono ora Stefano Bises, Alessandro Borghi, Claudio Erba, Riccardo Haupt e Cecilia Sala.

Guido Brera, socio fondatore di maggioranza di Be Water insieme a Filippo Sugar, racconta così l’ingresso dei nuovi soci:

“Sono convinto che il cambio paradigmatico della percezione di vero o falso, di bene e male, di origine e storia, di povertà e ricchezza, chieda nuove forme di racconto capaci di proporre una visione sia olistica dei contenuti, sia contemporanea dei linguaggi, della durata e della tecnologia. Con Be Water vogliamo costruire una media company moderna, in grado di catalizzare idee, temi, provenienze, ed esperienze diverse eppure affini.

Per fare questo negli ultimi due mesi Be Water ha aperto le proprie porte a talenti desiderosi di investire in un sistema di connessioni ideali, partecipativo e polifonico, dando vita così a una compagine azionaria compatta ed eclettica unica nel nostro panorama: Barbara Salabè, tra i manager più capaci e completi nella costruzione di squadre e progetti pioneristici nel mondo dei media; Mario Calabresi, giornalista straordinario, nostro primo compagno di viaggio e co-fondatore di Chora, oggi CEO di Be Content, la società che raggruppa le attività Chora e Will (podcast, digital media e journalism), affiancato dal COO, Riccardo Haupt, che con il team di Will ha costruito una comunità di oltre 2 milioni di giovani tra i 18 e 35 anni; Mattia Guerra, AD della nostra società di produzione e distribuzione Be Water Film, brillante produttore cinematografico e televisivo, già creatore della linea produttiva di Lucky Red; Filippo Sugar, Presidente e CEO di Sugarmusic tra i più importanti editori musicali in Europa che ha contribuito a definire la cultura musicale italiana nel mondo spaziando da Andrea Bocelli, Ennio Morricone, Nino Rota e Paolo Conte fino a Madame e Sangiovanni; Saverio Costanzo, regista riconosciuto e acclamato dalla scena internazionale; Alessandro Borghi, attore tra i più talentuosi e amati del cinema europeo; Stefano Bises, sceneggiatore di importanti serie televisive dell’ultimo decennio; Cecilia Sala, autorevole firma del giornalismo indipendente d’inchiesta e di guerra e infine Claudio Erba, fondatore di Docebo, tra le più grandi piattaforme di e-learning al mondo e recentemente quotata al Nasdaq.”

“Quando penso a Be Water – dichiara Barbara Salabè, Executive Chairman di Be Water – mi viene in mente una girandola, in cui ogni parte fa girare l’altra. Forse perché la nostra squadra gli somiglia: i piedi ben piantati a terra e i pensieri senza briglie. Noi di Be Water vogliamo costruire assieme ai nostri ascoltatori, spettatori e consumatori una comunità nella quale potersi riconoscere attraverso tre parole: audio, video, live.

Chora e Will, quindi podcast, video e brevi formati giornalistici, creano IP contemporanei, rilevanti e immaginifici, con una loro autonomia produttiva e di pubblico. Sono loro la sorgente, la fucina, il sensore delle domande, delle aspirazioni.

Il compito di Be Water Film sarà anche quello di trasformare le storie frutto delle inchieste in veri e propri prodotti di finzione, cioè sviluppare, produrre e distribuire film e serie in linea con la nostra missione narrativa, che naviga nel solco della realtà fattuale. Anche l’immenso bacino di storie e personaggi del mondo musicale di Sugar sarà di ulteriore ispirazione per le nostre produzioni.

A seguire con Be Water Live porteremo sulla scena i temi e i personaggi più popolari per farli incontrare con il loro pubblico.

  • Unire in un unico volano mercati, talenti, personaggi e pubblico, ne sono certa, permetterà a Be Water di superare gli ostacoli di un mercato oggi molto segmentato e parcellizzato con una particolare attenzione a un mondo giovanile, così affamato di risposte alle loro inquietudini.
  • “Be Water è il luogo dove creare contenuti informativi, formativi e di intrattenimento, nei formati più diversi, che siano liberi e indipendenti.” Stefano Bises
  • “Be Water è un luogo di pensiero libero e creazione, di relazioni e di idee che prendono forma.
  • È un luogo in cui mi sento al sicuro.” Alessandro Borghi
  • “La missione di Be Water è di creare storie autentiche e profonde capaci di trovare ascolto e attenzione in un mondo di rumore.” Mario Calabresi
  • “Be Water è la squadra con cui fare un’avventura.” Saverio Costanzo
  • “Be Water è un ecosistema con un incredibile impatto sociale, con il potenziale di espandersi oltre i segmenti in cui ha già avuto successo.” Claudio Erba
  • “Be Water è uno spazio libero dove il talento può esprimere la creatività attraverso tutti i media. Vogliamo parlare alle persone utilizzando un linguaggio innovativo, creando un tratto distintivo nell’industria dell’audiovisivo.” Mattia Guerra
  • “In un panorama mediatico sempre più conservatore e statico, Be Water rappresenta una sfida allo status quo che mira a cambiare le regole del gioco del settore dei media in Italia.” Riccardo Haupt
  • “Be Water sono i ragazzi e le ragazze, ancora troppo poche, con cui fare un viaggio.” Cecilia Sala
  • “Be Water è un luogo libero e indipendente dove far nascere idee, proteggerle mentre crescono e poi liberarle in forme nuove e diverse per farle viaggiare in Italia e nel mondo.” Filippo Sugar
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