A24 ha pubblicato un nuovo video di La
zona d’interesse, l’acclamato film drammatico di
Jonathan Glazer sulla Seconda Guerra
Mondiale, che ha recentemente ottenuto cinque nomination agli
Oscar, tra cui quella per il Miglior Film.
La featurette dietro le quinte
mostra Jonathan Glazer che parla della premessa
del film, che racconta di un uomo che vive una vita idilliaca con
la sua famiglia nella casa dei loro sogni, che si trova vicino al
campo di concentramento di Auschwitz. Il direttore della fotografia
Lukasz Zal ha parlato anche del processo di
ripresa, rivelando che hanno cablato l’intera casa con telecamere
visibili e nascoste.
Chi è coinvolto in La zona d’interesse?
Tratto dal romanzo di Martin Amis
del 2014, La
zona d’interesse è scritto e diretto da
Jonathan Glazer, che torna alla regia dopo dieci
anni da Under the Skin del 2013. Il film è interpretato da
Christian Friedel nel ruolo del comandante del
campo di Auschwitz Rudolf Höss, Sandra
Hüller nel ruolo di Hedwig Höss, Johann
Karthaus nel ruolo di Klaus Höss, Nele
Ahrensmeier nel ruolo di Inge-Brigitt Höss, Lilli
Falk nel ruolo di Heidetraut Höss e Medusa
Knopf nel ruolo di Elfriede.
La zona
d’interesse è prodotto da Reno Antoniades, Daniel
Battsek, Len Blavatnik, Danny Cohen, Ke’Lonn Darnell, David
Kimbangi, Ollie Madden e Tessa Ross. I produttori sono
Bugs Hartley, Ewa Puszczynska, Bartek Rainski e James
Wilson. Il film ha vinto il Grand Prix al Festival
di Cannes 2023.
Era dalla Mostra
del Cinema di Venezia del 2013 che non si avevano notizie di
Jonathan Glazer, il quale dopo l’Under
the Skin con Scarlett Johansson continuava a rimandare la
presentazione di questo suo nuovo
film. Prima di arrivare al Festival
di Cannes 2023, infatti, si era già parlato di
La zona d’interesse tra i titoli papabili per
le precedenti edizioni delle kermesse del Lido e della Croisette,
dove finalmente è approdato. Interpretato dalla coppia
Christian Friedel-Sandra Hüller, il film offre uno
sguardo diverso della tragica quotidianità e dell‘orrore
dei campi di sterminio nazisti durante la Seconda Guerra
Mondiale e attraverso lo sguardo dei protagonisti della teorizzata
soluzione finale alla base dell’Olocausto.
Camera con vista, sull’Inferno
Ne La zona
d’interesse Rudolf Höss e sua moglie Hedwig sono una
coppia di coniugi tedeschi, divisi tra famiglia – numerosa – e
lavoro quotidiano, dentro e fuori la loro bella casa. Quel che li
rende unici è il fatto di vivere a ridosso del perimetro del Campo
di concentramento di Auschwitz, del quale lui è il comandante. Un
militare ambizioso e senza scrupoli che, per motivi di carriera,
sembra esser pronto a lasciare la cosiddetta “zona di interesse”
(la Interessengebiet di circa 40 chilometri, che circonda la
triste struttura) e la villetta con giardino nella quale la donna
continua a crescere i loro cinque figli, a godere di una vita
perfetta e della speranza di un brillante futuro e a fare finta di
non vedere cosa accade al di là delle mura di recinzione.
Sandra Hüller in una scena di La zona d’interesse
L’orrore suggerito, più che raccontato
Le prime immagini di
La zona d’interesse fanno ripensare al
Suburbicon del 2017 diretto da George Clooney,
non per il tono né tanto meno per la sostanza del narrato, quanto
piuttosto per la superficie di normalità che nasconde altro. Lì un
conflitto prossimo a esplodere, qui una tragedia della quale
conosciamo l’entità, ma che Glazer mostra attraverso una serie di
indizi lasciati sullo sfondo, impossibili da ignorare.
Lo spunto è quello
offerto dal
romanzo omonimo di Martin Amis “La zona
d’interesse“, storia d’amore e burocrazia che l’immagine
filmata supera e potenzia nella sua possibilità di mostrare – senza
soffermarsi troppo – il fumo e le fiamme che fuoriescono dalle
ciminiere delle famigerate docce. Anche il sonoro segue la stessa
direttrice, con la macchina da presa a restituire il suono della
scena ripresa, senza mai indulgere in sottolineature, ma senza
nascondere i colpi di pistola e gli ordini urlati sullo sfondo.
La zona d’interesse, la vita che continua
Sordi e ciechi
all’inconcepibile, i protagonisti, intanto, continuano la loro
vita. Fatta anche di riunioni con gli ingegneri del Reich, arrivati
a proporre nuove tecnologie e più funzionali soluzioni per il
funzionamento dei forni crematori, o con gli altri direttori dei
vari campi, convocati per organizzare lo smaltimenti dei prossimi
arrivi dall’Ungheria. Una normalità, di nuovo, che si specchia
nella pulizia formale di un racconto familiare qualsiasi e insieme
in quella degli ambienti di Auschwitz oggi.
Dopo i lunghi minuti di
total black con i quali si apre La zona
d’interesse , quasi a suggerirci di aguzzare l’udito
più che la vista, improvvisamente il salto nel futuro, il nostro
presente, ci mostra per l’unica volta cosa resta di quelle vittime:
scarpe, bagagli abbandonati, vestiti, oggetti preziosi. Non la
vita, della quale resteranno depredati in eterno. Una sorte che
continua a capitare anche nelle nostre società civili, giusto fuori
dal nostro giardino, mentre molti continuano a erigere muri di
protezione dando mostra di non aver imparato ad aprire gli occhi
sui limiti della nostra stessa coscienza.
Dai tempi di Schindler’s List, c’è
stata un’esplosione di film sull’Olocausto: tra questi,
La vita è bella,
Il pianista, Il figlio di Saul e l’attuale candidato
all’Oscar come miglior film
The Zone of Interest.
SPIELBERG The
Zone of Interest è il miglior film sull’Olocausto a
cui abbia assistito dai tempi del mio. Sta facendo un ottimo
lavoro nel sensibilizzare l’opinione pubblica, soprattutto sulla
banalità del male.
La Zona d’interesse, il film
La Zona
d’interesse di Jonathan Glaze debutta oggi al cinema in Italia.
Un uomo e sua moglie tentano di costruire una vita perfetta in un
luogo apparentemente da sogno: giornate fatte di gite in barca, il
lavoro d’ufficio di lui, i tè con le amiche di lei e le scampagnate
in bici con i figli. Ma l’uomo in questione è Rudolf Höss,
comandante di Auschwitz, e la curata villetta con giardino della
famiglia si trova esattamente di fianco al muro del campo… Dal
talento di Jonathan Glazer (Under
The Skin), un’opera imprescindibile sulla perdita dell’umanità
e sulla banalità del male, Grand Prix a Cannes 2023.
La zona
d’interesse (la
recensione) di Jonathan Glazer è indubbiamente
uno dei film più discussi del 2024, e lo è stato già dalla sua
presentazione in concorso al Festival
di Cannes 2023, dove si è aggiudicato il Gran
premio della giuria. Il film, candidato a 5 premi
Oscar, analizza la quotidianità della famiglia del
comandante del campo di concentramento di Auschwitz, Rudolf
Höss, che cerca di crearsi una vita idilliaca nella loro nuova
dimora situata proprio al lato del filo spinato, dall’altra parte
del muro dove si svolge tragedia dell’Olocausto.
Basato, in parte, sulla storia
dell’omonimo romanzo di Martin Amis del
2014, che racconta in maniera romanzata la vita dell’ufficiale
nazista, che Glazer stava cercando di adattare da oltre un
decennio. Questo provocatorio dramma sulla Seconda Guerra Mondiale
solleva molte domande, lasciando gli spettatori immersi in un
silenzio contemplativo anche giorni dopo la visione. In occasione
dell’uscita nelle sale italiane de La
zona d’interesse, vogliamo analizzare con la voi la
tragica storia vera dietro al film di Jonathan
Glazer e la prospettiva unica con cui il regista
britannico ha scelto di adattarla.
La zona d’interesse: cosa
è accaduto veramente
Bernhard Walther or Ernst Hofmann or Karl-Friedrich Höcker, Public
domain, via Wikimedia Commons
Anche se La zona
d’interesse si basa su eventi reali, non tutto
ciò che viene rappresentato nel film è necessariamente avvenuto.
Gran parte della trama si focalizza sulle dinamiche della
famiglia Höss, di cui esistono pochi documenti
pubblici, pertanto, una porzione del film si basa su speculazioni e
concessioni creative. Tuttavia, il film apporta una significativa
modifica rispetto al libro originale.
Al posto di scegliere come
protagonista la famiglia Doll, attorno a cui Amis
sviluppa la sua narrazione, il regista Jonathan
Glazer sceglie di concentrarsi sulla famiglia
Höss, realmente esistita. Un approccio che rende il film
più fedele alla Storia, poiché permette di esplorare in maniera più
accurata i nazisti coinvolti nei crimini di massa perpetrati
durante l’Olocausto.
L’orrore di un edificio realmente
esistito
Sandra Hüller in una scena di La zona d’interesse
La villa degli
Höss, nel sud della Polonia, è il luogo d’azione
dell’insidioso dramma sull’Olocausto. All’apparenza idilliaco
edificio a due piani con un giardino curato alla perfezione, si
trova in realtà all’ombra di Auschwitz, il campo
di concentramento più grande e più letale del Terzo
Reich. Qui viveva il comandante nazista Rudolf
Höss, comandante del campo di Auschwitz dal maggio
1940 al dicembre 1943, assieme alla moglie Hedwig
e ai loro due figli.
La
zona d’interesse dipinge un ritratto della felicità
domestica della famiglia Höss, che ha costruito il proprio paradiso
sulle fondamenta di un genocidio, senza mai mettere in contrasto
questa utopia con le vittime dell’Olocausto dall’altra parte del
muro, e concentrandosi (quasi) esclusivamente sui suoi carnefici.
La narrazione si apre con una scena familiare, un tranquillo
pic-nic in riva al lago, sotto il sole splendente.
Tuttavia, mentre ci addentriamo
nell’intimità domestica di questa famiglia, scopriamo che Rudolf
(interpretato da Christian Friedel) è coinvolto
direttamente nello sterminio degli ebrei europei. La moglie
Hedwig (interpretata da Sandra
Hüller), che si autoproclama in maniera agghiacciante
“Regina di Auschwitz”, gestisce con rigore una casa in cui le
regole vengono poste al di sopra di tutto, persino del legame con
il marito. Nonostante la famiglia faccia del suo meglio per
soffocare i suoni di disperazione, pianti e spari, le atrocità che
avvengono al di là del muro sono innegabili e filtrano attraverso
le fessure della normalità apparente.
Ricreare la dimora degli Höss
Fonte: The Movie Database
Lo scenografo Chris
Oddy sapeva che il design della casa era fondamentale per
l’efficacia del film. “All’inizio siamo partiti dalla casa vera
e propria, e credo che l’avremo visitata forse sei o sette volte in
totale“, dice Oddy. “Ho familiarizzato molto con la casa e
l’ho osservata abbastanza a lungo da capire cosa c’era di
originale“. Le ricerche di Oddy gli hanno
permesso di ricreare l’intera casa e il suo giardino come si
presentavano dopo i lavori di ristrutturazione di
Rudolph ed stata costruita nello stesso quartiere,
non lontano dal sito originale.
Secondo lo scenografo, la casa era
stata sottratta a una famiglia polacca e sottoposta a modifiche
architettoniche a immagine e somiglianza della famiglia
Höss. Dopo anni di preparazione e quattro mesi
“molto efficienti” di sforzi pratici, il team di
produzione è stato in grado di allestire un’incarnazione
dell’utopia nazista, una casa che diventa importante quanto
qualsiasi personaggio sullo schermo.
“Quello che Chris ha costruito
lì è davvero una simulazione diretta della casa e del giardino e la
sua vicinanza al campo è stata essenziale per noi“, dice
Glazer. “Non c’è nessuna messa in scena di
fantasia. Si sta guardando come vivevano“. Lo spazio ricreato
era una casa a sè stante, così vicina all’indirizzo originale da
avere una vista sulla ciminiera del campo di concentramento. Il
team ha dovuto rielaborare l’ambiente per garantire spazi dinamici
che consentissero agli attori di muoversi, camere da letto e
l’ufficio di Rudolph
posizionati correttamente, nonché finestre nei punti giusti.
Catturare la banalità del
male
Il film La
zona d’interesse è stato girato con 10 telecamere
nascoste in luoghi diversi della casa e senza troupe sul set, per
creare un senso di neutrale obiettività nella narrazione, un
approccio “da Grande Fratello”, come è stato definito dal regista
stesso. Gli attori entravano sul set “e si limitavano ad
esistere“, svolgendo attività domestiche banali nella casa
mentre le telecamere giravano.
“Anche se ci troviamo in una
sorta di casa intima, non ci lasciamo coinvolgere dalle loro
psicologie sullo schermo“, dice Glazer. “Li osserviamo più
per il loro comportamento e le loro azioni che per il loro
pensiero“. Glazer ha consolidato questa
distanza critica evitando le convenzioni e gli strumenti
cinematografici come i primi piani, l’illuminazione artificiale e
il trucco. In questo modo, lo spettatore non viene manipolato dalla
“gloria e dalla glorificazione dei personaggi“, aggiunge.
Al contrario, ci viene offerta una visione dettagliata e
francamente banale della loro routine domestica: i bambini giocano,
marito e moglie rievocano vecchi ricordi e Hedwig
si trucca con rossetto e abiti presi da donne ebree. Non ci
avviciniamo alla conoscenza di questi colpevoli, eppure le loro
vite non appaiono drammaticamente diverse dalle nostre.
Una vita borghese costruita sulla
sofferenza
Fonte: The Movie Database
“In genere possiamo pensare ai
nazisti e alle persone che commettono atrocità come a dei mostri e
quindi non a noi, non a degli esseri umani[…] il che in realtà non
ci insegna nulla“, dice Glazer. “Ci
lascia una distanza molto sicura, immaginando che nessuno di noi
sia in grado di farlo“. Invitando gli spettatori a passare
dalla parte del a quella del colpevole, Glazer ci
invita a riflettere sulle nostre somiglianze con queste persone, a
intendere che potenzialmente siamo tutti capaci di un simile
male.
Trascorrendo il tempo da questa
parte del muro, ci rendiamo conto di come i coniugi
Höss riescano a ripartire senza sforzo il successo
materiale che hanno costruito sulla sofferenza. “Erano persone
normali che erano riuscite a separare i loro cervelli in modo tale
che questo non li preoccupasse“, dice Oddy.
“In un certo senso si rallegravano dello stile di vita da
nouveau riche che si erano ritagliati grazie a questo, senza
battere ciglio“. Questa compartimentazione è presente anche a
livello strutturale. Glazer dice che La zona d’interesse è formato
da due film sovrapposti, uno auditivo e uno visivo. Il film che
sentiamo quando i nostri occhi sono chiusi è informato dai suoni
dei filmati d’archivio, dei documentari e dei libri di storia.
Il potere del fuoricampo
L’impatto de La zona
d’interesse deriva sia da ciò che mostra sia da ciò che
omette, arrivando persino a un frangente documentartistico verso la
fine del film. Con il raro permesso degli amministratori del sito,
gli spettatori vengono portati all’interno del Museo e Memoriale di
Auschwitz-Birkenau nel presente, mentre gli addetti alle pulizie si
occupano dello spazio. “Stavano di nuovo catturando ciò che
accade realmente al museo ogni mattina di ogni giorno“, dice
Oddy. La troupe ha collaborato con il museo per molti mesi,
utilizzando la sua biblioteca d’archivio e la sua vasta collezione
di immagini per la realizzazione del film.
Le scene girate nel museo sono i
nostri unici scorci dell’altro lato del muro, lontano dalla
famiglia Höss. Ci rimane la straziante eredità di
Auschwitz e ci viene ricordata la portata dei crimini del nazismo.
Gli archivi del museo hanno fornito preziose informazioni sulla
vita di Rudolph e Hedwig, che
iniziarono come una famiglia di operai che aspirava a uno stile di
vita borghese. Solo grazie alle promozioni militari di Höss e alla
volontà della coppia di compartimentare le sofferenze di cui la
loro ideologia è responsabile, hanno potuto raggiungere questo
livello di mobilità sociale e finanziare le loro aspirazioni.
Gli ultimi anni di Rudolph
In qualità di comandante di
Auschwitz, Rudolph fu
responsabile dell’uccisione di quasi un milione di ebrei e di altre
persone detenute nel campo. Dopo la fine della guerra, visse sotto
falsa identità prima che i servizi segreti britannici lo
rintracciassero e lo arrestassero. Ruloph testimoniò al processo di
Norimberga – un tribunale congiunto ordinato da Francia, Unione
Sovietica, Regno Unito e Stati Uniti tra il 1945 e il 1946 – prima
di essere processato in Polonia e impiccato il 16 aprile 1947 sul
luogo dei suoi crimini.
Rudolph non ammise
mai la colpevolezza delle sue azioni, insistendo fino alla fine –
con un ritornello che divenne ossessionantemente familiare come
giustificazione di tanti altri nazisti – che stava semplicemente
eseguendo gli ordini. Hedwig si rifece una vita in
Germania, per poi risposarsi e trasferirsi in America, dove visse
fino alla morte, avvenuta a 90 anni. Nel film non vengono mostrate
le vite della famiglia Hoss oltre al periodo ad Auschwitz.
Al contrario,
Glazer lascia il pubblico nell’ossessione di
quello che chiama “genocidio ambientale“. Sono stati
realizzati molti film efficaci sull’Olocausto, molti dei quali
hanno lasciato agli spettatori immagini indelebili di sofferenza.
Glazer ha aggiunto a questo corpus di opere un
film in cui le atrocità più terribili sono appena fuori
dall’inquadratura. “Le atrocità sono perpetue“, dice,
anche se non si possono vedere. “Quando guardo ogni fotogramma
del film, sono sempre lì“.
La
Zona di interesse è uno dei film più audaci dello
scorso anno (qui
la recensione): un esperimento radicale di prospettiva, –
ispirato ad una
storia vera e basato sull’omonimo romanzo di Martin Amis
– che limita il punto di vista del pubblico sulle atrocità
adottando quello delle persone che le perpetrano. Il regista
Jonathan Glazer stabilisce
immediatamente la sua concezione formale, spingendo tutti gli
orrori di Auschwitz appena oltre la linea
dell’inquadratura e concentrandosi invece su una famiglia nazista
beatamente imperturbabile che svolge la sua routine quotidiana
nella periferia del campo.
Poiché il regista non si discosta
mai molto da questo approccio, il suo punto di vista sulla capacità
della società di compartimentare il male – e di tenere la propria
complicità lontana dalla vista e dalla mente – arriva molto più
forte e chiaro delle urla fuori campo della colonna sonora. È un
film che continua a dire una cosa sconfortante più e più volte, e
forse è per questo che molti recensori hanno fatto riferimento alla
stessa citazione di Hannah Arendt sulla banalità del male, ispirata
dallo studio di un burocrate nazista le cui azioni mostruose si
scontravano con l’apparenza ordinaria.
Perché nel finale di La zona
d’interesse Hoss vomita?
La lettura popolare – e forse anche
voluta – del finale di La
Zona d’interesse è che Höss viene finalmente
messo di fronte all’enormità del suo ruolo di primo piano nella
Soluzione Finale di Hitler. Rantola perché l’orribile verità, nella
terribile quiete e oscurità, lo ha trovato. Anche se solo per un
momento, la sua dissociazione sociopatica ha vacillato.
Discutendo del film in una recente
intervista, l’attore Christian Friedel sembra rafforzare questa
interpretazione. “Penso che sia una lotta: il corpo contro la
sua anima“, ha detto l’attore a proposito dell’improvvisa
malattia di Höss. “Perché il corpo dice la verità, anche se
nella nostra mente possiamo tradire noi stessi. Siamo maestri
dell’autoinganno“. Friedel indica anche un’importante fonte di
ispirazione per lui e Glazer: la scena finale del documentario
The Act of Killing, in cui un criminale di guerra – il
genocida gangster indonesiano Anwar Congo – scoppia in una crisi di
vomito, come se fosse finalmente sopraffatto da ciò che ha
fatto.
Tuttavia, vale la pena ricordare che
c’è un modo alternativo di leggere la fine di questo film. Höss
potrebbe sperimentare un altro tipo di brusco risveglio ne La
Zona d’interesse: non tanto l’emergere tardivo di una
coscienza, quanto la consapevolezza di quanto sia piccolo nel
grande schema delle cose.
Non è che Glazer dipinga un chiaro
ritratto della colpevolezza morale che si afferma. Per cominciare,
il vomito avviene prima della visione, il che complica qualsiasi
senso netto di causa ed effetto psicologico. Höss sta sentendo le
onde d’urto fisiche della verità che la sua premonizione illustrerà
ulteriormente – i segni interni rivelatori che si trova dalla parte
sbagliata della storia? O ha semplicemente bevuto troppo alla
festa?
Il capovolgimento dell’ordine degli
eventi nega la semplice ottica drammatica di un criminale di guerra
impenitente che prova un sentimento di rimpianto. È da notare che
il film termina nel 1943, ben due anni prima della resa della
Germania. Il vero Höss non ebbe un momento alla Oskar
Schindler. Continuò a servire la visione di Hitler e non si
pentì fino a pochi giorni prima della sua esecuzione. Uno psicologo
americano che parlò con Höss scrisse di lui: “C’è troppa apatia
per lasciare un’idea di rimorso“.
Quindi, se non è il senso di colpa a
premere sul personaggio negli ultimi minuti, sconvolgendo il suo
stomaco e la sua mente, cosa lo fa? Forse qualcosa di più piccolo e
insignificante. La
zona d’interesse presenta Höss come un mostro
decisamente burocratico: l’assassino di massa come un verme
arrivista che vede l’Olocausto – questo male insondabile che sta
direttamente commettendo – come un mero risultato
professionale.
Ricercando per il ruolo, Friedel ha
trovato una citazione del vero comandante: “Era il mio lavoro,
e volevo essere il migliore nel mio lavoro“. Höss, in altre
parole, non si limitava a “seguire gli ordini“, la difesa
di default del nazista medio. Stava cercando di eseguirli molto
bene, per ottenere una stella d’oro.
E forse quello che vede alla fine
della sala è un futuro in cui nessuno apprezza quello che ha fatto:
non l’ingegnosità tecnologica dei suoi omicidi, né l’efficienza del
campo sotto la sua guida. Sono le sue vittime che la gente verrà ad
Auschwitz per onorare. Egli è una nota a piè di pagina nella
storia, ricordato come un mero ingranaggio della macchina della
morte, se viene ricordato. Non è un caso che l’ultimo dialogo che
il personaggio pronuncia sia un gongolamento su come intitoleranno
a lui un futuro atto di genocidio. È un uomo preoccupato
soprattutto della sua reputazione professionale. L’irrilevanza di
quest’ultima con il senno di poi storico è ciò che gli fa rivoltare
lo stomaco
In un certo senso, la breve scena a
cui Glazer salta – un quasi-documentario in miniatura di
inservienti che puliscono quello che era un campo di concentramento
e che ora è un museo – riflette il pensiero ottuso del personaggio,
anche se offre una deliberata pausa da esso. Auschwitz è ancora un
luogo di lavoro. I custodi che vediamo spolverare con calma le sue
superfici stanno facendo un lavoro, proprio come Höss. Se c’è una
qualche correlazione tra il suo mal di pancia e la visione che
segue, probabilmente risiede nella sua consapevolezza di essere lui
stesso una specie di custode.
Il finale è come una mostruosa
distorsione dell’incubo dello stacanovista. Il suo lavoro non sarà
celebrato. Il suo certificato di impiegato del mese verrà ritirato.
Alla fine, La
Zona d’interesse rimane la
storia di un genocidio come progetto Q3, una riga sul
curriculum di un middle manager. Anche quando Jonathan
Glazer taglia, mantiene questa inquietante cornice.
Detto questo, il finale si spinge
anche oltre la complicità specifica di Höss, fino alle barriere che
il mondo intero erige tra sé e l’indicibile. È più facile, come
dice lo spezzone finale, definire il male con il senno di poi,
vederlo come qualcosa che è accaduto una volta, una storia oscura
che possiamo studiare dietro un vetro, un orrore che può essere
pianto ma non più evitato. Ma il male dell’Olocausto non è un
problema strettamente legato al passato. Si ripropone in forme
sempre nuove, ignorato e tollerato mentre parliamo. I monumenti
commemorativi di domani sono le atrocità di oggi che accadono
appena al di là del muro di cinta del giardino.
Il trailer continua a mettere in
risalto la vita idilliaca di una famiglia nazista tedesca, che vive
vicino al campo di concentramento di Auschwitz. Il contributo
presenta anche alcune delle prime reazioni critiche del film. Il
film debutterà negli USA in sale selezionate il 15 dicembre. In
Italia la pellicola arriverà a fine Febbraio 2024.
Di seguito, ecco il trailer di La Zona d’interesse qui
sotto:
Cosa aspettarsi
da La Zona d’interesse?
“Il comandante di Auschwitz,
Rudolf Höss, e sua moglie Hedwig, si sforzano di costruire una vita
da sogno per la loro famiglia in una casa e un giardino vicino al
campo“, si legge nella sinossi.
Basato sul romanzo di Martin
Amis del 2014, La Zona
d’interesse (The Zone of Interest)
(recensione) è scritto e diretto da Jonathan
Glazer che fa il suo ritorno alla regia dopo un decennio
dalla regia di Under the Skin del 2013. Il film vede come
protagonisti Christian Friedel nei panni del comandante più longevo
del campo di Auschwitz Rudolf Höss, Sandra Hüller nei panni di
Hedwig Höss, Johann Karthaus nei panni di Klaus Höss, Nele
Ahrensmeier nei panni di Inge-Brigitt Höss, Lilli Falk nei panni di
Heidetraut Höss e Medusa Knopf nei panni di Elfriede.
La Los Angeles Film
Critics Associationha rivelato oggi i suoi premi 2023
eDeadlineorivela che
La Zona D’interesse trionfa come miglior film!
Il ragazzo e
l’aironedi Hayao
Miyazaki ha vinto il premio per la migliore animazione,
proprio dopo aver registrato un debutto record in
Nord America con 12,8 milioni di
dollari. Laurent Sénéchal si è aggiudicato il premio per il
miglior montaggio per Anatomia
di una caduta, mentre il premio per le
scenografie è andato a Sarah Greenwood di Barbie .
Mica Levi ha vinto il
premio per la colonna sonora per
La Zona D’interesse (The
Zone of Interest), e il
favorito della stagione dei premi, Poor
Things, ha vinto il primo
premio della giornata, quello per la migliore fotografia per Robbie
Ryan. Barbieè arrivato solo secondo
in entrambe le categorie.
La sceneggiatrice nominata
all’Oscar di Europa Europa e la regista
di Treme nominata
all’Emmy Agnieszka Holland riceveranno il LAFCA Career
Achievement Award di quest’anno.
“Pochi registi sono stati così
impavidamente conflittuali con il loro sguardo storico come ha
fatto Agnieszka Holland nel corso dei decenni, e siamo entusiasti
di onorarla quest’anno“, ha affermato il presidente della
LAFCA Robert Abele. “Con chiarezza morale, profonda
empatia e una regia rinvigorente, il suo lavoro mette a nudo il
danno che i regimi oppressivi e i conflitti sociopolitici provocano
nelle anime di tutti i giorni. In un momento di crescenti
disordini a livello mondiale, con l’autoritarismo in aumento, i
film fieramente umani dell’Olanda ci ricordano che la storia non è
del tutto alle nostre spalle, e che un cinema vivacemente politico
è più vitale che mai”.
Sembra essere un continuo tira e
molla quello tra i DC Studios e Gal Gadot riguardo Wonder Woman. Dopo l’iniziale assenza
di piani per riportare il personaggio sul grande schermo, a seguito
dell’annuncio riguardante il nuovo DCU, nell’agosto del 2023 Gal Gadot ha dichiarato ai media di aver
incontrato Gunn e Safran e di aver ricevuto la garanzia che sarebbe
tornata nel ruolo. Da allora, si sono susseguite una serie di voci
e rapporti contrastanti che affermano che la Gadot tornerà a
vestire i panni della supereroina o che è fuori dal progetto.
Nel settembre del 2023, il sempre
“affidabile” scooper @MyTimeToShine aveva cercato di fare chiarezza
affermando che la Gadot sarebbe tornata ad interpretare il
personaggio. Tuttavia, un nuovo rapporto di Variety afferma che Gunn e
Safran “stanno creando un nuovo Universo DC e la Wonder Woman
di Gadot non ne fa parte”. Si tratta di una fonte più
autorevole, che suggerisce dunque come ad oggi non sia previsto un
ritorno dell’attrice nei panni della supereroina. Inoltre, è
riemersa online un’interessante dichiarazione di Gunn dove il
regista afferma di voler inserire Wonder Woman in progetti
d’animazione.
“Stiamo lavorando per portarla
in più animazione. Sono d’accordo sul fatto che non c’è stato
abbastanza di lei in quell’area ed è stata una delle prime cose che
ho fatto presente ai responsabili dell’animazione“, ha detto
Gunn via Twitter. Il luogo più probabile per la comparsa di Wonder
Woman è la serie televisiva Paradise
Lost per HBO, che si dice sia fortemente ispirata a
Games of Thrones. Tuttavia, si dice che la serie sia una
storia delle origini dell’isola di Themyscira, quindi potrebbe
svolgersi molto prima della nascita di Diana. Ad oggi, dunque, non
sembra esserci traccia di Gal Gadot nel DCU.
Non ci sono notizie certe riguardo
ciò che sarebbe stato incluso in Wonder
Woman 3, ma secondo l’insider @CanWeGetSomeToast il film
sarebbe stato ambientato ai giorni nostri, successivamente agli
eventi di Justice League e al cameo di Diana in
The Flash. Secondo quanto riferito,
altri personaggi DC, incluso il Batman di Ben Affleck, sarebbero apparsi nel film.
Questi sono solo dettagli non ufficialmente confermati, ma
l’ambientazione contemporanea sembra decisamente probabile,
considerando che il primo film si svolge durante la Seconda guerra
mondiale e il suo sequel passa poi al 1984. Ciò avrebbe permesso di
raccontare la supereroina nel presente, comprendendo anche i
rapporti con i suoi colleghi supereroi.
Nella giornata di lunedì 19 marzo la
Weinsten Company ha ufficialmente dichiarato
bancarotta. La società di produzione e distribuzione
cinematografica fondata dai fratelli Bob e Harvey
Weinsten chiude così un periodo di lunghe trattative,
proposte di vendita mai concretizzate e, come ultima spiaggia, una
richiesta di fallimento che risale a fine Febbraio.
I guai sono sopraggiunti dopo
le accuse di abusi sessuali contro il
co-fondatore Harvey Weinstein lo scorso autunno.
Da allora quasi tutte le uscite previste sono state posticipate a
data da destinarsi.
Secondo quanto scritto da
Variety (sul sito trovate
maggiori dettagli), che ha riportato la notizia e il comunicato
ufficiale, la compagnia potrebbe ancora essere in grado di
riorganizzare e continuare a produrre programmi televisivi e film
sotto le direttive di una nuova proprietà.
Inoltre la società ha anche annunciato di aver liberato i suoi
dipendenti dagli accordi di non divulgazione, come parte di una
trattativa in corso con il Procuratore Generale di New York,
Eric Schneiderman.
La Weinstein
Company, in collaborazione con la Weinstein
Books, ha annunciato di aver acquistato i diritti per la
trasposizione cinematografica di A Speck in the
Sea, romanzo scritto da Anthony
Sosinski e John Aldridge.
La pellicola sarà prodotta da
Rachael Horovitz, nominata all’Oscar per
Moneyball, insieme a Jason
Blum e naturalmente Harvey Weinstein.
A Speck in the
Sea racconta la storia vera del pescatore John
Aldridge, che nel 2013 cadde nell’oceano in piena notte, a 40
miglia da Montauk, senza alcuna speranza di sopravvivere. A
lanciare l’allarme fu l’amico d’infanzia dell’uomo, Anthony
Sosinski. La vicenda fece il giro del mondo e venne seguita in
maniera approfondita da Paul Tough del New York Times.
La Warner Bros. ha opzionato i
diritti di sfruttamento cinematografico del romanzo “Carter e il
Diavolo”, scritto da Glen David Gold (in foto), pubblicato in
Italia da Baldini Castoldi Dalai.
Il libro è ambientato negli anni
venti, per l’America un decennio dorato che precedette la crisi
della grande Depressione iniziata nel 1929, e racconta la vita
dell’illusionista Charles Carter, che ben presto diventa famoso
come Carter il Grande.
La sua volontà di affermarsi come
il più grande mago del suo tempo lo porterà a prendersi più rischi
del dovuto…
Fumetti al cinema, non solo
Marvel: la Warner sarebbe
seriamente intenzionata a portare sugli schermi Mandrake,
personaggio che tra gli anni ’30 e ’40 godè negli Stati Uniti di
un’enorme popolarità, trai primi a varcare i confini delle pagine
disegnate, per approdare in radio e al cinema; il personaggio ebbe
una certa notorietà anche in Italia, con la pubblicazione delle sue
strisce e perfino un’esilarante parodia ad opera di Jacovitti.
Da decenni Mandrake è ormai stato
consegnato agli archivi, diventando materiale per appassionati di
memorabilia, ma ora la Warner ne vuole rinverdire i fasti. Sebbene
sia stato ribattezzato Mandrake Il Mago, il personaggio non ha
poteri soprannaturali: si tratta invece di un illusionista che
decide di usare le sue potentissime facoltà di ipnosi e suggestione
per raddrizzare torti e combattere il male; ad aiutarlo c’è Lothar,
un forzuto africano suo fedele compagno.
Nel corso delle sue avventure,
Mandrake si ritrova a combattere criminali comuni, alieni e anche
il classico gemello malvagio con poteri analoghi ai suoi. Il
personaggio è stato protagonista di un breve revival
negli ’80, quando venne inserito nel cast delle serie animata
Defenders of The Earth, a fianco di altri personaggi ripescati dal
passato, come Phantom e Tarzan. L’idea di riportare il personaggio
sullo schermo venne accarezzata negli anni ’60 anche da Federico
Fellini; a inizio anni ’80 al progetto si dedicò Michael Almereyda,
ma il tutto sfumò dopo poche settimane.
In anni recenti, vi era stato
l’interesse della Disney: per il ruolo del protagonista si fecero i
nomi di Jonathan Rhys Meyers e Hayden Christiansen. Arrivando
ai tempi attuali, della produzione è stato incaricato Charles Roven
(The Dark Kinght); a quanto sembra, per Mandrake la Warner vuole
seguire lo stesso percorso di riattualizzazione già compiuto per
Sherlock Holmes.
Torna a casa Nolan. Stando a quanto
riportato, la Warner Bros. vorrebbe ardentemente riallacciare i
rapporti con il regista di Oppenheimer, Christopher
Nolan, così da poter dunque tornare a lavorare insieme
su nuovi progetti. Nel corso di un’intervista esclusiva su Variety, i co-CEO di Warner
Bros. Film Group Michael De Luca e Pam
Abdy hanno rivelato come la società voglia cambiare le
sorti dello studio, peggiorate a seguito della deludente strategia
di rilascio dei film nello stesso giorno in salae su HBO Max.
Tra i miglioramenti che De Luca e
Abdy vogliono apportare c’è dunque anche quello di convincere il
regista della trilogia de Il cavaliere
oscuro a tornare a collaborare con loro, in nome
del lungo rapporto lavorativo che li ha sempre contraddistinti.
“Speriamo di riavere Nolan“, ha detto De Luca. “Penso
che ci sia un mondo.” Nolan e la Warner Bros. sono infatti
stati legati l’uno all’altro per circa 20 anni, durante i quali il
regista ha realizzato la maggior parte dei suoi grandi successi,
dai film su Batman fino al fantascientifico Inception e, più
recentemente, Tenet.
Il loro forte rapporto si è però
spezzato quando la Warner Bros. ha iniziato a cambiare la sua
strategia di rilascio del film durante la pandemia. L’allora CEO di
WarnerMedia Jason Kilar ha preso la decisione nel
2021 di inviare l’intera lista di film della compagnia direttamente
a HBO Max a causa della pandemia in corso e della generale
diffidenza del pubblico a tornare nei cinema. Ciò che ha portato
all’attuazione di una strategia ritenuta frustrante da molti
registi, tra cui Nolan, il quale alla fine ha interrotto i legami con lo
studio, portando il suo nuovo film Oppenheimer alla Universal.
Con parole molto dure Christophern
Nolan aveva in quell’occasione dichiarato: “Non capiscono
nemmeno cosa stanno perdendo. La loro decisione non ha alcun senso
economico e anche l’investitore più casuale di Wall Street può
vedere la differenza tra interruzione e disfunzione. Alcuni dei più
grandi registi del nostro settore e le più importanti star del
cinema sono andati a letto la sera prima pensando di lavorare per
il più grande studio cinematografico e invece si sono svegliati
scoprendo che stavano lavorando per il peggior servizio di
streaming“.
Con la nuova direzione, potrebbero
ora esserci segnali che lo strappo potrebbe ricucirsi. Per prima
cosa, la Warner Bros. ha inviato a Nolan un succoso assegno di
royalty a sette cifre per Tenet come bonus in buona fede per il film. Anche
Christopher Nolan sembra però essersi dimostrato ricettivo nei
confronti dello studio, tornando alla Warner Bros. per buona parte
della post-produzione di Oppenheimer. Attualmente, il
regista non ha un nuovo film in programma, quindi potrebbe esserci
il tempo per la Warner Bros. di riallacciare definitivamente i
rapporti e assicurarsi i diritti sul prossimo film di Nolan.
Recentemente la Warner
Bros. ha affermato di avere intenzione di portare al
cinema nuovi film di Harry
Pottere Il Signore degli
Anelli. Per quanto riguarda la prima di queste
due popolarissime saghe, il CFO della Warner Bros. Discovery
Gunnar Wiedenfels ha annunciato un promettente
aggiornamento sull’espansione del franchise. Il videogioco
Hogwarts Legacy recentemente rilasciato ha infatti
rinnovato l’interesse per la serie, mentre un nuovissimo tour di
Harry Potter verrà lanciato a Tokyo entro la fine dell’anno, e
Wiedenfels ha colto l’occasione di queste estensioni della saga per
anticipare che ci sarà ancora dell’altro nel futuro di Harry
Potter.
Sebbene queste osservazioni svelino
un punto di vista particolarmente ottimista, resta il dubbio su in
quali altri modi il mondo magico di Harry Potter
potrebbe espandersi, date anche le recenti e continue controversie
legate a J.
K. Rowling e il doloroso flop della saga di
Animali fantastici. Per quanto riguarda Il
Signore degli Anelli, invece, il CEO di Warner Bros.
Discovery, David Zaslav, ha anticipato che lo
studio e la New Line Cinema collaboreranno con il nuovo detentore
dei diritti del franchise, Embracer Group, per
nuovi film, per i quali però non vi sono ancora dettagli relativi
alle storie che verranno raccontate.
Mentre parlava durante un panel alla
conferenza degli investitori, Wiedenfels ha però vagamente
anticipato i possibili tempi di realizzazione per questi nuovi
progetti. “David ha fatto una promessa per rivitalizzare molto
presto parte di quell’iconico universo e stiamo iniziando a fare
progressi”. Sembra dunque la fase di sviluppo di questi nuovi
film sia già in atto presso la Warner Bros., che potrebbe voler
sfruttare il rinnovato interesse per Il Signore degli
Anelli sull’onda del successo della serie Prime VideoGli Anelli delPotere, portando dunque in tempi relativamente brevi tali
nuovi progetti sul grande schermo.
La Warner Bros. ha comunicato il
rinvio di Mickey
17, il nuovo film di Bong
Joon-ho, con protagonista Robert Pattinson, annunciando però l’uscita
anticipata di di
Godzilla e Kong: Il Nuovo Impero, ora fissata per
gli Stati Uniti al 29 marzo. Secondo le fonti di Variety, la decisione di
spostare l’attesissimo film di fantascienza del regista
coreano, reduce dalle molteplici vittorie agli Oscar nel 2019
per Parasite,
è stata presa per avere più tempo per terminare il progetto, che
era stato condizionato dagli scioperi dello scorso anno e da altri
vari spostamenti di produzione. Pertanto, il nuovo capitolo della
saga di Godzilla e Kong della Warner Bros. e della
Legendary Entertainment, che in precedenza doveva
arrivare nelle sale il 12 aprile, debutterà ora due settimane
prima.
Nel comunicare ciò, la Warner Bros.
non ha indicato una nuova data di uscita per Mickey17, segno che potrebbe volerci più del previsto per
vedere il nuovo film. Idealmente, però, il film dovrebbe in ogni
caso uscire entro la fine del 2024. Come noto, questo nuovo
progetto del regista sudcoreano, successivo a Parasite, è
tratto dal romanzo di Edward Ashton del 2022, descritto dalla casa
editrice St. Martin Press come un thriller cerebrale high-concept
facente parte di quel filone di film come “The
Martian” e “Dark Matter“. Pattinson interpreta
qui un “sacrificabile”, ovvero un dipendente usa e getta di una
spedizione umana inviata a colonizzare un pianeta ghiacciato, che
improvvisamente si rifiuta però di lasciare che il suo clone
sostitutivo prenda il suo posto.
Oltre che una semplice immagine e un
breve teaser, ad oggi non è stato mostrato altro del film, su
cui vige dunque un certo mistero. Sappiamo però che nel cast vi
sono anche gli attori Naomi Ackie, Steven Yeun, Toni Collette e Mark Ruffalo. Bong, oltre ad aver scritto e
diretto, produce anche il film attraverso la sua società Offscreen.
A questo punto non resta dunque che attendere novità sulla nuova
data di uscita, comunicazione che potrebbe essere accompagnata da
qualche nuovo materiale promozionale. Per quanto riguarda Godzilla
e Kong: Il Nuovo Impero, si attende invece l’ufficialità
dell’anticipo nella sua uscita in sala anche per quanto riguarda il
territorio italiano.
La Warner Bros. ha
annunciato di avere in cantiere un progetto di espansione dei
Leavesden Studios, famosi per aver ospitato la
produzione dei vari Harry Potter per oltre 10 anni. Il progetto di
espansione prevede, entro la fine dell’anno, la realizzazione di
tre nuovi teatri di posa di circa 3200 mq e di due nuovi edifici di
1580 mq.
L’annuncio del progetto è stato
dato in seguito all’inizio delle riprese di
Tarzan di David Yates,
con Alexander Skarsgård nel ruolo di
Tarzan,Margot Robbie, Samuel L. Jackson,
Christoph Waltz e Djimon Hounsou.
L’uscita del film è prevista per il primo luglio 2016.
Basato su una sceneggiatura di
Stephen Sommers e Stuart Beattie,
il film in live action sarà un adattamento del romanzo
di Edgar Rice Burroughs del 1912 Tarzan
of the Apes. Secondo le prime indiscrezioni, il film riporterà
Tarzan alle origini.
Attualmente i Leavesden Studios
ospitato anche la produzione di Pan di
Joe Wright, che come sappiamo vedrà protagonisti
un cast d’eccezione composto da Hugh
Jackman, Garrett Hedlund, Rooney Mara e
Amanda Seyfried.
Pan è un adattamento del romanzo
di J.M. Barrie, Peter Pan, il
ragazzo che non voleva crescere. Il film sarà ambientato durante la
Seconda Guerra Mondiale e seguirà le vicende di un irfano, Peter,
che viene rapito dai pirati e portato nell’Isola che non c’è. La
sceneggiatura del film è firmata da Jason Fuchs, mentre la
produzione è affidata a Greg
Berlanti e Paul Webster. Il
film uscirà in tutto il mondo il 17 luglio 2015.
Non se ne parlava da molto
tempo ma oggi Deadline annuncia che la la Warner Bros. non ha
ancora rinunciato a sviluppare un sequel di Io Sono Leggenda.
Infatti lo studio ha appena chiuso un accordo con il produttore e
sceneggiatore Akiva Goldsman e con la Overbriook Entertainment di
Will Smith per la realizzazione di un seguito.
Ieri l’annuncio che il film sulla
Justice League sarà diretto da
Zack Snyder; adesso, un’altra interessantissima
notizia circa l’universo cinematografico DC è
approdata in rete. E’ da tempo, infatti, che la Warner
Bros. cerca di sfruttare al meglio le sue proprietà
DC Comics, e sembra crescere sempre di più
l’intenzione di dare vita ad un universo tanto grande quanto quello
dei Marvel Studios. Nell’annunciare il
film sulla Justice League e il relativo regista, il Wall
Street Journal ha riportato anche la notiza che la Warner
ha in cantiere la realizzazione di ben altri 9 film basati sui
fumetti DC.
Naturalmente, non sappiamo ancora
di quali pellicole si tratti, ma è possibile che la grande major
voglia adattare Shazam, MetalMen, 100Bullets, Fables e
The
Sandman (quest’ultimo già in lavorazione, con
David Goyer e Joseph
Gordon-Levitt alla produzione), oltre ad un possibile
spin-off dedicato a Wonder Woman e ad un film su
Flash. Naturalmente, tra tutti questi progetti non
bisogna escludere un altro film su Superman o,
addirittura, un reboot della trilogia di
Batman. Restiamo in attesa di ulteriori
chiarificazioni…
La Warner
Bros ha in programma una trasposizione cinematografica per la serie
in quattro libri, The Monstrumologist, scritta da
Rick Yancey. Lo scopo dello studio è quello di
lanciare un nuovo franchise. Jessica Postigo,
sceneggiatrice di Shadowhunter, è stata
assunta per realizzare una riduzione cinematografica della prima
parte delle storie.
The Monstrumologist
è il primo romanzo di una tetralogia che continua con The Curse
of Wendigo, The Isle of Blood e The Final
Descent, pubblicato l’anno scorso.
Di seguito il book trailer dellìintera raccolta:Fonte: CS
Ancora una volta gli
americani saccheggiano la letteratura tradizionale classica della
vecchia Europa e portano avanti progetti cinematografici di
pericolosa realizzazione.
La Warner Bros ha annunciato che, a
partire dal 29 dicembre di quest’anno, smetterà per un periodo di
tempo non determinato di stampare dvd e Blu-ray della saga di Harry
Potter. La strana decisione della Major Sinclude anche Harry Potter
e i Doni della Morte Parte II, in uscita il 2 dicembre.
Arriva una notizia che in molti
aspettavano e secondo quanto apprendiamo daVariety, al Warner
Bros ha nominato il nuovo capo della
divisione DC Films. Si
tratta di Walter Hamada, che supervisionerà
essenzialmente tutti i film tratti dai fumetti dello
studios.
Hamada, vecchia conoscenza dello
studio è stato per molti anni Direttore di Produzione della New
Line, aiutando la Warner Bros ha produrre successi
e franchise quali
IT e The Conjuring. Naturalmente
Hamada ha legami con il regista di
Aquaman
e ConjuringJames
Wan che insieme hanno lavorato a espandere il marchio con
la serie Annabelle.
Precedentemente Hamada ha lavorato per la
TriStar e la Columbia Pictures.
In merito al nuovo
ingresso Toby Emmerich che è stato promosso nel 2016 come
presidente e chief content officer della Warner Bros ha
commentato: “Walter è creativo, intraprendente e impegnato
per l’eccellenza e porterà queste qualità alla sua supervisione dei
nostri film di supereroi”.
Emmerich ha continuato aggiungendo: “Sono fiducioso che
Walter e Geoff, lavorando con i nostri partner di produzione
cinematografica, offriranno film che saranno in sintonia sia con il
vasto pubblico globale sia con i fan e le fan della DC”.
Per quanto riguarda il modo in cui ciò influenzerà l’attuale
roster di DC
Films:
Gli ex dirigenti DC Films Jon Berg
e Geoff Johns sono stati spostati. Berg lavora come partner di
produzione con Roy Lee (IT, LEGO Movie); Geoff
Johns sarà ancora a lavoro con la DC Films, in un “ruolo di
consulenza”.
Courtenay Valenti, che ha lavorato
per la WB ai franchising di Harry
Potter continuerà nel suo recente incarico
di presidente della produzione.
Diane Nelson continuerà come capo
della DC Entertainment.
Hamada si staccherà completamente
dalla New Line, e supervisionerà anche tutti i film
di fumetti della Warner Bros. al di fuori del canone
DC.
Vi
ricordiamo che mentre Justice
League sta finendo la sua corsa nelle sale
cinematografiche. Il film sarà seguito da Aquaman il
21 dicembre 2018, Wonder
Woman 2 il 1 ° novembre 2019, Shazam il
5 aprile 2019 e Cyborg nel 2020
e Green Lantern
Corpsnel 2020.
Nel suo report
sull’universo DC che WarnerBros
sta portando al cinema, la famosa rivista The Hollywood Reporter ha
esaminato la strategia della WB rispetto al competitor
Marvel, sottolineandone il
più evidente punto debole: la mancanza di un supervisore unico, una
figura che porti avanti in maniera coesa e integrata la visione dei
film e dei personaggi che fanno parte dell’universo cinecomic della
major.
Se la Marvel può infatti contare su
Kevin Feige, in ambito Warner Bros questa figura
stenta ad affermarsi. Si può citare Zack Snyder,
responsabile anche della composizione attoriale della
Justice League, ma il regista risulta
al momento troppo concentrato su Batman
V Superman per dedicarsi ad altro. In Warner
sembra prevalere un atteggiamento orientato alla personalità del
singolo regista, a cui viene lasciato un sufficiente margine di
azione e di libertà creativa, come sta accadendo a David
Ayer per Suicide Squad.
The
Hollywood Reporter fa notare come questa scelta possa rivelarsi non
del tutto sbagliata sul lungo periodo. Se, da una parte, i film
Marvel portano avanti una filosofia
condivisa e sbancano al botteghino di tutto il mondo, è
altrettanto vero che rischiano di assomigliarsi tutti,
annullando le peculiarità di registi e personaggi stessi. Insomma,
la strategia della WB è più rischiosa, ma potrebbe condurre a
film qualitativamente migliori. Non manca poi la competizione
intera: 5 diversi sceneggiatori sono al lavoro su Wonder Woman e lo stesso modello verrà
ripetuto con Acquaman.
Chi avrà ragione allora: la
Marvel con il suo supervisore o il
pluralismo della Warner Bros? Ai posteri l’ardua sentenza.
Come annunciato da
Variety, la Warner Bros Pictures si
appresta a realizzare la sua prima produzione in lingua coreana
con Secret Agent, diretto
dall’acclamato regista Kim Jee-woon.
Ambientato in Corea, nel 1930,
durante il periodo coloniale giapponese, il dramma
Secret Agent vedrà l’attore sud
coreano Song Kang-ho al fianco
di Gong Yoo.
La Corea del Sud è diventata uno
dei più grandi mercati per i film stranieri, ottenendo un introito
di 1,52 miliardo solo lo scorso anno. Non solo, il paese è
diventato anche un luogo scelto dalle grandi major Hollywoodiane
per girare i loro film, come nel caso di Avengers
Age of Ultron, alcune grandi scene d’azione sono
state girate a Seoul, infatti; così come per il
prossimo Star Trek Beyond, che ha in
programma di filmare nella capitale.
Secret
Agent sarà una co-produzione della Warner e
della Grimm Pictures del regista Kim, che inizierà a girare in
Cina e in Corea questo ottobre.
La Warner Bros ha
finalmente preso una decisione definitiva su Akira. Dopo mesi di
stallo il film si farà. La major ha infatti dato il via libera al
proseguo dei lavori del progetto tratto dal celebre anime
giapponese di Katsushiro Otomo.
La Warner
Bros ha annunciato che è in lavorazione il film
basato sul noto gioco Dungeons &
Dragons, 10 mesi dopo la fine del processo su chi
deteneva i diritti del gioco fantasy.
Dopo mesi di
trattative, Warner Bros, Allspark Pictures della
Hasbro e Sweetpea Entertainment
rivelano che sono venuti ad un accordo riservato, ponendo fine
alla vecchia causa di due anni, e si stanno muovendo in avanti con
il franchising del film.
David Leslie
Johnson ha già scritto la sceneggiatura ambientato nel
mondo fantasy di “D & D” Forgotten Realms. Brian Goldner e
Stephen Davis della Hasbro, Courtney Solomon e Allan
Zeman della Sweetpea Entertainment, e Roy Lee (The Lego Movie)
produrranno il film con alta priorità.
”Questo è di gran lunga il
marchio più noto nel fantasy, genere che guida i
seguaci cinematografici più appassionati”, ha
affermato Greg Silverman, presidente della
Warner Bros, dello sviluppo creativo e produttivo mondiale.
”D & D ha infinite possibilità creative, dando ai nostri
cineasti immense opportunità per deliziare ed emozionare sia i fan
che gli spettatori nuovi”.
Dungeons &
Dragons divenne popolare nel 1974, e ha accumulato
milioni di fan accaniti di tutto il mondo da allora.
“Siamo entusiasti che questa
proprietà amata può finalmente fare la sua strada sul grande
schermo dopo 20 anni, e che soprattutto venga realizzata dalla
Warner Bros, che è stata responsabile dei più grandi franchise
di fantasy negli ultimi due decenni”.
La Warner infatti ha dato vita
ai franchise di Harry Potter e
Il Signore degli Anelli, due delle serie
di film con il più alto incasso di sempre.
Otherland, primo volume di un ciclo
di romanzi sci-fi di Tad Williams (inedito in Italia, dove dello
stesso autore sono stati pubblicati i libri del Ciclo delle Spade)
sarebbe avviato ad avere una trasposizione cinematografica, ad
opera della Warner e prodotta Dan Lin, già produttore di Sherlock
Holmes. La vicenda di Otherland è ambientata 100 anni nel
futuro e vede protagonista un gruppo di improbabili eroi cercare di
scampare ad un assassino mentre si trovano ad operare nel mondo
virtuale, finendo per scoprire una cospirazione il cui scopo è
niente meno che la distruzione dell’umanità.
I cinque volumi del Ciclo di
Otherland sono usciti negli USA tra il 1996 e il
2001: la Warner potrebbe quindi lanciare una nuova saga
in più capitoli. Nel frattempo, Dan Lin sta lavorando, tra gli
altri, su Gangster Squad di Ruben Fleischer, e si
appresterebbe a portare sullo schermo anche la pluripremiata
serie a fumetti Bones di Jeff Smith. Per la sceneggiatura di
Otherland si è invece pensato a John Scott III, attualmente
impegnato sull’adattamento di Abissi d’acciaio, uno dei capolavori
di Isaac Asimov.
La Walt Disney sta
lavorando ad un live action sul personaggio di Crudelia De
Mon. Dopo La carica dei 101 – Questa volta la
magia è vera del 1996 e La carica
dei 102 – Un nuovo colpo di coda del 2000,
entrambi interpretati dalla straordinaria Glenn
Close, la grande major ha in cantiere un nuovo progetto,
dal titolo Cruella, per riportare sul
grande schermo, in carne e ossa, uno dei villain femminili più
amati dell’universo cinematografico Disney.
Secondo The Hollywood Reporter,
Aline Brosh McKenna, sceneggiatrice de
Il diavolo veste Prada e del prossimo
Cinderella di Kenneth Branagh, starebbe
attualmente lavorando alla sceneggiatura della pellicola, anche se
al momento nessun dettaglio sulla trama è stato rivelato. Tra i
produttori del film ci sarà Andrew Gunn, mentre la
stessa Glenn Close sarà uno dei produttori
esecutivi. Il regista verrà ufficializzato nei prossimi mesi.