Sulla fortunata scia delle saghe di
vampiri inaugurata dalla trilogia di Twilight, nei romanzi della
scrittrice americana Richelle Mead arriva Vampire
Academy, i vampiri approdano al college: qui si
intrecciano le vicende di Rose Hathaway, una dhampir ovvero
metàvampira e metàumana e l’amica Lissa Dragomir, una principessa
vampira che ha il compito di proteggere in quanto discendente della
stirpe reale dei vampiri Moroi.
“Non so nella vostra, ma nella
mia scuola siamo un po’fuori di testa… Molti di noi stanno svegli
tutta la notte e ci crediamo tutti immortali…ammesso che si
sopravviva al diploma!”
La coppia di ragazze dovrà
affrontare i pericoli celati nella St. Vladamir Academy minacciata
dagli strogoi, una razza di vampiri malvagi e immortali, mentre
studiano e affrontano le difficoltà tipiche di ogni ambiente
scolastico. La situazione si complicherà ulteriormente quando Rose
si innamorerà del suo aitante istruttore/mentore, il dhampir
Dimitri che nel frattempo la allenerà per renderla una degna
guardia del corpo per la principessa Lissa. Rose sarà in grado di
gestire pericoli, sentimenti e pensare all’incolumità della sua
migliore amica?
Vampire
Academy si presenta con tutti gli ingredienti
possibili per essere un cult fra gli adolescenti: storie di
vampiri, pericolosi intrecci amorosi, una buona dose di ironia,
enigmi da risolvere e un pizzico di azione con un’atmosfera fra il
dark alla Twilight, i misteri e
l’ambientazione scolastica “magica” che ricorda la saga del
maghetto Harry Potter e i combattimenti e
l’umorismo della popolare serie tv Buffy
L’ammazzavampiri.
E’ on line il primo teaser poster
animato di Vampire
Academy, la nuova storia ambientata nel mondo dei
vampiri diretta da Mark Waters e con protagonisti
Zoey Deutch, Lucy Fry, Sarah Hyland, Olga
Kurylenko e Joely Richardson con la
partecipazione straordinaria di Gabriel Byrne.
Vampire
Academy teaser poster animato :
Il film uscirà il 14 febbraio 2014
e di seguito trovate la trama:
Rose Hathaway (Zoey Deutch) è una
diciassettenne Dampira, metà vampiro metà umana, che ha il compito
di proteggere Lissa Dragomir (Lucy Fry) una ragazza Moroi, ovvero
appartenente alla stirpe reale dei vampiri. Dopo un tentativo di
fuga, Rose e Lissa vengono catturate e costrette a ritornare
all’Accademia dalla quale erano fuggite per imparare a difendersi
dagli Strigoi, vampiri immortali e assetati di sangue che
minacciano Lissa. Qui Rose intreccia una relazione proibita con il
suo affascinante e misterioso istruttore Dimitri Belikov (Danila
Kozlovsky).
The Weinstein
Company ha diffuso online il primo trailer ufficiale ed
una serie di immagini in esclusiva di Vampire
Academy, adattamento cinematografico dell’omonimo
romanzo di Richelle Mead, diretto da Mark
Waters (Mean Girls) e sceneggiato da
Daniel Waters.
Vampire Academy
trailer
Vampire Academy immagini
Il film uscirà il 14
febbraio 2014 ed ha
come protagonisti Zoey Deutch, Lucy Fry, Sarah
Hyland, Olga Kurylenko, Joely
Richardson e Gabriel
Byrne.Di seguito trovate la
trama:
Rose Hathaway (Zoey Deutch) è una
diciassettenne Dampira, metà vampiro metà umana, che ha il compito
di proteggere Lissa Dragomir (Lucy Fry) una ragazza Moroi, ovvero
appartenente alla stirpe reale dei vampiri. Dopo un tentativo di
fuga, Rose e Lissa vengono catturate e costrette a ritornare
all’Accademia dalla quale erano fuggite per imparare a difendersi
dagli Strigoi, vampiri immortali e assetati di sangue che
minacciano Lissa. Qui Rose intreccia una relazione proibita con il
suo affascinante e misterioso istruttore Dimitri Belikov (Danila
Kozlovsky).
È online il teaser
trailer italiano della nuova saga sui vampiri che sta appassionando
migliaia di lettori Vampire
Academy che vede nel cast Zoey Deutch,
Olga Kurylenko, Sarah Hyland, Joely Richardson e
Gabriel Byrne.
Vampire
Academy è basato sul romanzo di Richelle
Mead, diretto dal regista di Mean Girls
Mark Waters e sceneggiato da Daniel
Waters.
Lissa Dragomir, principessa Moroi,
vampiro mortale, dev’essere protetta a tempo pieno dalle minacce
degli Strigoi, i vampiri più pericolosi, quelli che non muoiono
mai. La sua migliore amica e custode, Rose, è una Dhampir, un
incrocio fra vampiro e umano. Rose e Lissa, dopo due anni di fuga
dal loro mondo per assaggiare un po’ di realtà, vengono
intercettate e riportate a St. Vladimir’s, l’Accademia dei Vampiri
in cui studiano. Quando ci riescono: perché tra balli e
innamoramenti, flirt con i più anziani, fascinosi tutor e conflitti
sempre aperti con gli insidiosi Strigoi hanno pochissimo tempo per
pensare ai libri.
Il film è basato sul romanzo di
Richelle Mead, diretto dal regista di
Mean Girls Mark Waters e sceneggiato da
Daniel Waters.
Lissa Dragomir, principessa Moroi,
vampiro mortale, dev’essere protetta a tempo pieno dalle minacce
degli Strigoi, i vampiri più pericolosi, quelli che non muoiono
mai. La sua migliore amica e custode, Rose, è una Dhampir, un
incrocio fra vampiro e umano. Rose e Lissa, dopo due anni di fuga
dal loro mondo per assaggiare un po’ di realtà, vengono
intercettate e riportate a St. Vladimir’s, l’Accademia dei Vampiri
in cui studiano. Quando ci riescono: perché tra balli e
innamoramenti, flirt con i più anziani, fascinosi tutor e conflitti
sempre aperti con gli insidiosi Strigoi hanno pochissimo tempo per
pensare ai libri.
L’attrice Olga
Kurylenko è entrata ufficialmente nel cast di Vampire
Academy: Blood Sisters, primo film dell’adattamento
della serie di romanzi di Richelle Mead e
intitolata Vampire Academy.
A rivelarlo è Deadline che annuncia
anche il suo ruolo che sarà quello di Korova, direttrice
dell’Accademia. Vi ricordiamo inoltre che Vampire Academy
Blood Sisters sarà diretto dal regista di
Mean Girls Mark Waters. Nel cast del film
confermati anche Zoey Deutch (apparsa
recentemente in Beautiful Creatures) che interpreterà il ruolo
di Rose, Lucy Fry che sarò Lissa
e Danila Kozlovsky che interpreterà il
ruolo di Dmitri, tutto studenti dell’accademia.
Vampire Academy Blood Sisters sarà prodotto da Susan
Montford, Don Murphy, Deepak Nayer e Michael
Preger.
L’accademia dei vampiri (titolo
italiano del romanzi Vampire Academy) è una serie paranormal
romance e urban fantasy, scritta dalla scrittrice americana
Richelle Mead, e narra le vicende di Rose Hathaway, una dampira di
diciassette/diciotto anni che si allena come guardia del corpo
della sua migliore amica Vasilisa “Lissa” Dragomir, una moroi.
Mentre impara come sconfiggere gli strigoi che hanno invaso la St.
Vladimir Academy, Rose intreccia una relazione proibita con il suo
istruttore, Dimitri Belikov.
La serie è composta da sei volumi,
pubblicati in Italia da Rizzoli a partire
dal 2009. A dicembre 2010, la serie aveva venduto più di 4,5
milioni di copie cartacee e ha fatto il suo debutto
nella New York Times Best Seller list nel
2008 con la pubblicazione di Shadow Kiss,
classificatosi quarto. Anche i romanzi successivi sono
comparsi nella classifica, e Spirit Bound si è
posizionato alla prima posizione poco dopo essere stato
pubblicato.
Vampire
Academy sarà l’adattamento cinematografico del romanzo
di Michelle Meard, che vedrà al lavoro diretto il
regista di Mark Waters e lo
sceneggiatore Daniel Waters.. Vi proponiamo
il nuovo trailer del film, che è stato da poco distribuito
online:
Vampire
Academy uscirà il 14 febbraio 2014. Nel cast del film
confermati anche Zoey Deutch (apparsa
recentemente in Beautiful Creatures) che
interpreterà il ruolo di Rose, Lucy
Fry che sarò Lissa e Danila
Kozlovsky che interpreterà il ruolo di Dmitri,
tutto studenti dell’accademia. Vampire Academy Blood
Sisters sarà prodotto da Susan
Montford, Don Murphy, Deepak
Nayer e Michael Preger.
Ecco la trama:
Rose Hathaway (Zoey Deutch) è una diciassettenne
Dampira, metà vampiro metà umana, che ha il compito di proteggere
Lissa Dragomir (Lucy Fry) una ragazza Moroi, ovvero appartenente
alla stirpe reale dei vampiri. Dopo un tentativo di fuga, Rose e
Lissa vengono catturate e costrette a ritornare all’Accademia dalla
quale erano fuggite per imparare a difendersi dagli Strigoi,
vampiri immortali e assetati di sangue che minacciano Lissa. Qui
Rose intreccia una relazione proibita con il suo affascinante e
misterioso istruttore Dimitri Belikov (Danila Kozlovsky).
Presentato a Venezia nella sezione
Giornate degli Autori 2023, Vampira umanista cerca
suicida consenziente arriva sulla piattaforma
IWONDERFULLdal 4 febbraio.
L’immaginario del vampiro sorge dall’incubo, ma da decenni è ormai
diventato anche sinonimo di bellezza e fascino. I più cool di
sempre sono i protagonisti di
Solo gli amanti sopravvivono di
Jim Jarmusch:
raffinati, si cibano di surrogati e sembrano divi da tappeto rosso.
In qualche modo hanno fatto scuola, alimentando la deriva
adolescenziale che ha come capostipite la saga di
Twilight.
in cui il racconto di vampiri si fonde con il coming of
age.
La trama di Vampira
umanista cerca suicida consenziente
È il caso di
Vampira umanista cerca suicida
consenziente (titolo tra i più creativi dell’anno) di
Ariane Louis-Seize. Potrebbe essere un film di
Tim Burton o una nuova puntata della famiglia
Addams. Sasha, la giovane protagonista, si rifiuta di uccidere per
ottenere la sua dose di emoglobina quotidiana, ed è subito
scandalo. La madre va su tutte le furie, il padre cerca di
aiutarla, la sorella le impone un’educazione siberiana. Sembra che
la situazione non si possa risolvere, finché non entra in scena
Paul, un ragazzo eccentrico che susciterà in Sasha emozioni
inaspettate.
Vampira umanista
cerca suicida consenziente si muove in quella zona grigia
tra commedia e brivido, senza mai virare del tutto verso l’horror o
il dramma puro. Non ha la forza perturbante di Lasciami
entrare (la versione svedese di Tomas
Alfredson, ovviamente), ma si distingue per la leggerezza
e la simpatia con cui affronta una cronaca giovanile dai toni
dark.
Vampira umanista cerca suicida consenziente – Foto Credits Pavlin
Shawn
La “vampira umanista” e il “suicida
consenziente”
La vera intuizione non è
però la “vampira umanista”, bensì il “suicida consenziente”. Dietro
il personaggio di Paul si avverte un disagio esistenziale profondo,
una difficoltà nello stare al mondo che lo porta a esplorare nuove
strade per rivendicare il proprio posto. Il film si rivela così una
parabola sulla sensibilità, sul mettersi nei panni dell’altro,
sulla negazione della violenza. Essere gentili non è una colpa, ma
anzi diventa il motore che trasforma i dannati in santi. Un cinema
non moralista, ma morale, che rispetta gli stilemi del genere e
cerca di strappare un sorriso in mezzo alla tragedia.
Louis-Seize firma
un’opera che si nutre di suggestioni pop e gothic, con un’estetica
che richiama i lavori di Tim Burton e la
malinconia disincantata di Ghost World. L’ironia e
il tono leggero convivono con tematiche più profonde, regalando
un’esperienza che sa intrattenere e far riflettere.
Due traumi che si incontrano
Il film si apre con un
flashback che spiega la fobia di Sasha per il sangue: da bambina, i
suoi genitori avevano pensato di “offrirle” un clown per il suo
compleanno, con la sorpresa finale che sarebbe stata lei a morderlo
e nutrirsene. Il trauma di quell’evento segna la sua crescita:
dieci anni dopo, le sue zanne non si sono ancora sviluppate e si
accontenta del sangue delle prede dei suoi genitori, tra la
frustrazione della madre. Poi, l’incontro con Paul cambia tutto: un
ragazzo emarginato, vittima di bullismo, deciso a togliersi la vita
e che si offre a lei come pasto consenziente. La
loro relazione, più dolce che sensuale, si sviluppa con
naturalezza, portando Sasha a riconsiderare il suo ruolo nel
mondo.
Vampira umanista cerca suicida consenziente – Foto Credits Pavlin
Shawn
Nonostante il tema
macabro, Vampira umanista cerca suicida
consenziente evita il melodramma, preferendo un registro
ironico e distaccato. La regia di Louis-Seize è elegante e
misurata, capace di bilanciare i toni senza mai cadere
nell’eccesso. La colonna sonora sottolinea i momenti chiave con un
mix di malinconia e vivacità, accompagnando il viaggio interiore
dei protagonisti.
Sara
Montpetit nei panni di Sasha è perfetta: il suo volto
esprime tutta l’insicurezza e il desiderio di trovare una strada
diversa da quella imposta dalla sua natura. Félix-Antoine
Bénard offre un’interpretazione toccante di Paul, dando
vita a un personaggio fragile ma determinato.
Un piccolo inno alla
gentilezza, al ribaltamento degli sguardi e delle prospettive,
capace di far sorridere mentre affronta tematiche profonde.
Una storia di formazione diversa dal solito, con
un tocco di umorismo dark e una sensibilità inaspettata.
Presentato alle
Giornate degli Autori di Venezia 2023, Vampira
umanista cerca suicida consenziente (qui
la recensione) di Ariane Louis-Seize ha
finalmente trovato un modo per arrivare al pubblico italiano,
grazie a IWONDERFULL.
In occasione dell’uscita del film
sulla piattaforma il 4 febbraio, abbiamo raggiunto la regista
Ariane Louis-Seize, che ha risposto alle nostre
curiosità sul film:
-Il film è palesemente
figlio di influenze ben precise, il genere vampirismo e quello del
teen movie. È un connubio già visto ma che assume una declinazione
completamente nuova, come avete lavorato per costruire
l’originalità di questa storia e del suo tono?
L’originalità deriva
dalla prospettiva: affrontare il vampirismo non attraverso l’orrore
o la seduzione, ma attraverso il conflitto morale e la comicità
impassibile. Volevo eliminare la grandiosità spesso associata ai
vampiri e concentrarmi invece sull’imbarazzo, la moderazione e il
peso della tradizione. Allo stesso tempo, gli elementi del
passaggio all’età adulta non sono romanticizzati, ma affrontano
questioni esistenziali più profonde: alienazione, scopo e cosa
significhi appartenere. Penso che l’equilibrio tra umorismo nero,
malinconia e momenti surreali mi abbia aiutato a dare forma a un
tono che sembra distinto.
-Per il suo
Nosferatu, Eggers si è ovviamente ispirato a Muranu,
all’espressionismo tedesco e a un cinema molto alto, il risultato è
un horror raffinato con tracce importanti di modernità. Inserendo
“Vampira Umanista” nella tradizione del cinema di vampiri, il film
mi sembra molto più debitore di Herzog e della sua visione dolente
e nostalgica del mondo. Con le dovute differenze, cosa pensa di
questo paragone?
Adoro questo paragone. Nosferatu
di Herzog è un film che si sofferma sul dolore, sul tempo e sulla
natura ineluttabile dell’esistenza. Penso che Vampira
umanista cerca suicida consenziente condivida una
sensibilità simile nel modo in cui rappresenta l’isolamento e
l’esaurimento morale. Sasha è intrappolata, non in senso fisico, ma
in un limbo psicologico ed emotivo, lottando per esistere alle sue
condizioni. Come i vampiri di Herzog, porta con sé un profondo
desiderio, ma invece di essere romantico o esistenzialmente
tragico, è intriso di uno strano umorismo impassibile. C’è qualcosa
di assurdo nel sentirsi così fuori posto nella propria natura, e
questa assurdità è, forse, un punto in cui il mio film diverge
dalla visione di Herzog.
Vampira umanista cerca suicida consenziente – Foto Credits Pavlin
Shawn
-Sara Montpetit e Félix-Antoine
Bénard sono irresistibili, come si è svolto il processo di casting?
Hanno contribuito a creare i loro personaggi con le rispettive
personalità o si sono affidati solo alla scrittura?
Conoscevo già Sara
Montpetit dai suoi ruoli precedenti e ho sentito
istintivamente che sarebbe stata una vampira perfetta. Ha un’aura
di mistero ma anche un’incredibile profondità nel suo sguardo.
Domina lo schermo con una performance precisa e minimalista, ed era
esattamente ciò che volevo esplorare.
Félix-Antoine è stato una scoperta completa
durante il casting. Non lo conoscevo prima, ma dalla sua prima
audizione, ho avuto la sensazione di incontrare il mio personaggio.
In quel momento mi sono tolto un peso enorme dalle spalle.
Poi, quando lui e Sara hanno
fatto l’audizione insieme, la magia è avvenuta completamente. Ho
visto il tono del mio film, questo mix di umorismo imbarazzante e
tenerezza, prendere vita proprio davanti ai miei occhi. Sembravano
due strane piccole creature che si conoscevano con cautela, e mi
hanno completamente sciolto il cuore. Entrambi hanno un incredibile
senso del tempismo e sono stati dei partner creativi straordinari
nel creare questa delicata danza tra commedia e tragedia.
-Cosa c’è di tanto affascinante
nella creatura del Vampiro che lo rende un soggetto sempre attuale
e interessante da indagare con storie e generi sempre
diversi?
Il mito del vampiro è
infinitamente adattabile perché parla dei più fondamentali dilemmi
umani: mortalità, potere, isolamento, desiderio. Ogni epoca lo
reinventa per riflettere le proprie ansie. Per me, l’aspetto più
interessante è stato esplorare i vampiri attraverso la colpa e la
paralisi etica. Cosa succede quando un predatore si rifiuta di
predare? Cosa significa vivere per sempre quando ci si sente
emotivamente distaccati dalla vita? Eliminando le solite dinamiche
di potere del vampirismo, volevo esplorare qualcosa di più fragile:
una crisi esistenziale avvolta in zanne.
– Oltre all’espressionismo
tedesco, i teen movie, i film di Vampiri nello specifico, ci sono
in “Vampira Umanista” delle ispirazioni più specifiche e ricercate
che magari non sono state ancora portare alla luce?
Oltre alle evidenti influenze di
genere, sono stato profondamente ispirato da un mix di musica,
fotografia e film di formazione non convenzionali. L’immobilità e
la malinconia poetica di Wings of Desire di
Wim Wenders sono stati un riferimento chiave, così
come Under the Skin di Jonathan
Glazer: entrambi i film esplorano figure soprannaturali
che osservano il mondo con profondo desiderio ma senza
appartenergli veramente.
Per l’umorismo impassibile, sono
stato influenzato dal minimalismo di Roy
Andersson, in cui i personaggi provano emozioni profonde
ma lo esprimono in modi sobri, a volte assurdi. Ho anche guardato
lavori fotografici di artisti come Gregory
Crewdson, le cui immagini di periferia catturano
un’inquietante, sospesa immobilità. La musica, tuttavia, gioca un
ruolo importante nel mio processo creativo dalla scrittura alla
post-produzione. Sono attratto dalla musica che evoca
immediatamente un senso di nostalgia e romanticismo in modo
giocoso. Amo anche mescolare suoni di epoche diverse, musica che
parla sia al mio istinto che al mio cuore, creando un contrasto
emotivo che rispecchia il tono del film.
Vampira umanista cerca
suicida consenziente è disponibile sulla piattaforma
IWONDERFULL dal 4 febbraio.
Valley of the
gods è il nuovo film del regista polacco Lech
Majewski. L’artista dalla ricca formazione, e i poliedrici
interessi culturali, ha finito di girare il film al termine del
2019, che però uscirà il 3 giugno prossimo grazie
all’attesa della CG Entertainment a volerlo presentare, proprio per
permetterne l’inaugurazione nelle sale cinematografiche e non su
piattaforma.
Lech
Majewski vanta una carriera che affonda le radici nei
meandri della pittura e di cui Busquiat del 1995, e il
trittico girato dal 2004 al 2013 (composto da Il giardino delle
delizie, I colori della passione e Onirica) ne
sono un chiaro esempio di celebrazione.
Nel corso dei decenni ha
dunque avuto modo di tracciare sempre più chiaramente il suo stile,
assestandosi su un tratto narrativo che rimarca il gusto per il
fantastico e che si muove principalmente sul piano del sogno, se
non addirittura del metacinema. E Valley of the gods è quasi completamente
immerso in questo discorso.
Il film si apre col
mostrare la crisi lavorativa e relazionale dello scrittore John
(Josh Hartnett), che, spinto dal suo analista,
riprende a scrivere raccontando la storia di Wes Tauros
(John Malkovich), l’uomo più ricco del mondo, che
vive angosciato e annoiato in un castello in compagnia del suo
maggiordomo (Keir Dullea), tentando di trovare una
donna che sia l’esatta copia della moglie defunta (Bérénice
Marlohe).
E, in tutto ciò, su un
piano che si potrebbe definire forse più reale, le terre del popolo
dei Navajo sono minacciate dall’azienda dello stesso Tauros, delle
quali vuole impadronirsi per sfruttarne i giacimenti di uranio.
Tutta la storia si
sviluppa quindi su due livelli: John che, perso, devastato dalla
fine del suo matrimonio, scrive circondato dai Navajo che gli fanno
da sfondo, anche loro aggrediti da un nemico che non si vede, ma
che subdolamente attacca ed erode da dentro; e ciò che nasce dalla
penna di John, un mondo in penombra a cui accediamo attraverso i
suoi sogni notturni. E, con cambi talvolta surreali, i due piani si
scambiano e comunicano continuamente, confondendosi e mettendo del
tutto in disparte la fluidità della narrazione, proprio perché
secondaria.
Lo scopo di Lech
Majewski è dichiaratamente quello di parlare dello stesso
linguaggio con il quale racconta. Il popolo dei Navajo,
apparentemente inerme di fronte alla forza predatoria dello
sfruttamento, possiede una ricchezza interiore dall’altrettanto
enorme potere creativo, se non addirittura distruttivo. Esattamente
come John che – a detta proprio di Wes Tauros – con la sua penna
può dare la vita, toglierla o ferire.
E il regista è
esattamente questo che mette in scena: la potenza dell’arte, nella
sua più profonda spiritualità, che racconta se stessa e quel che è
in grado di fare. Poiché, nella sua versione più pura e
primordiale, è la sola in grado di mettere l’uomo in dialogo con la
propria bellezza.
In diretta sulla
piattaforma Zoom, è stato presentato in Italia il nuovo film di
Lech Majewski: autore eclettico, non solo regista,
ma anche scrittore e pittore, dalla carriera più che trentennale e
la collaborazione con i più disparati artisti internazionali.
Valley of the gods è stato il suo ultimo
lavoro, finito di girare appena prima dell’inizio della pandemia, e
che CG Entertainment ha atteso a lungo a distribuire proprio per
realizzarne l’uscita esclusiva nelle sale cinematografiche.
Durante l’incontro stampa
mediato da CG Entertainment, il regista ha narrato la genesi
dell’idea del film e della sua realizzazione. Insieme a lui c’era
parte del cast rappresentata da Bérénice Marlohe
(Song to song e
Skyfall) e Keir Dullea
(2001 Odissea nello spazio), che ha
regalato un piacevolissimo siparietto iniziale nel quale, per
diversi minuti, ognuno dei tre si è festosamente salutato di fronte
alla divertita partecipazione di stampa ed esercenti.
Il film è un racconto che
si addentra nella mente di uno scrittore (Josh Hartnett), senza
curarsi troppo di dettagliati riferimenti cronologici e lineari, la
cui vita entra in collisione con l’uomo più ricco del mondo
(John Malkovich) che sta per appropriarsi di un
vasto territorio appartenente al popolo dei Navajo, per sfruttarne
i giacimenti di uranio.
Lech
Majewski spiega che l’ispirazione gli è venuta qualche
decennio fa. Con Viggo Mortensen stava
pianificando i dettagli del film Gospel according to
Harry e, nel cercare un paesaggio desertico, si era
trovato per la prima volta nella Monument Valley. Il contatto con
quella realtà lo aveva lasciato senza fiato, in particolar modo
quando era riuscito a entrare in relazione con gli abitanti di
quelle terre: «I Navajo sono continuamente proiettati verso gli
spiriti dei loro antenati», racconta Majewski, «E in tutto
ciò che osservano ne colgono i significati, quello che si nasconde.
Nonostante le condizioni di disagio in cui vivono, hanno una vita
interiore ricchissima, che li rende persone sempre in pace e in
armonia. Con questo film ho infatti desiderato creare uno scontro
tra il cinema commerciale, con la sua cultura pop che spesso abusa
degli effetti speciali facendone quasi una pornografia, e la
mitologia antica. E l’ambientazione scelta per il lussuoso castello
con il maggiordomo, ad esempio, è un chiaro riferimento a Batman e
al suo rapporto con Alfred».
Ambientazione che fa da
eco ai ceti più potenti degli Stati Uniti, prosegue il regista:
«Quando stavo scrivendo e producendo Basquiat ho
intervistato alcuni dei miliardari più famosi degli USA, e ciò che
più mi aveva colpito è che, nonostante abbiano una marea infinita
di possibilità, vivono blindati in gabbie dorate, impauriti e
protetti da un mondo esterno pieno di pericoli. E gli unici con cui
hanno rapporti costanti, sono i loro collaboratori».
Persone fragili e
interiormente inconsistenti, proprio come il magnate interpretato
da John Malkovich, Wes Tauros. E alla domanda su come sia stato
lavorare con l’attore, il regista risponde che gli era stato detto
che non sarebbe stato facile: «Secondo alcuni è un tipo
intransigente, invece l’ho trovato di una gentilezza rara.
Disponibile e umile a qualunque indicazione gli dessi».
Così come per Josh
Hartnett, che gli ha addirittura confessato di essere stato
ispirato da Basquiat nella scelta di voler fare l’attore.
Viene poi chiesto a
Bérénice Marlohe come si sia trovata a lavorare a questo progetto,
dopo aver interpretato nella sua carriera – tra gli altri – ruoli
in film di Terrence Malick e David Lynch: «Devo stare attenta a
quel che dico perché mi sente», dice ridendo, «Mi sono sinceramente
appassionata al modo in cui Lech ha affrontato temi così complessi
e sfaccettati, proprio com’è lui stesso. Dopo aver letto la
sceneggiatura la prima volta, ho pensato che condividessi
pienamente il suo punto di vista. Vedere film come Valley of the
gods oggi è molto difficile. Penso che sia una sorta di magia
dare voce a civiltà dalle radici così preziose e di cui non si
parla quasi mai».
La parola passa di nuovo
al regista quando gli viene chiesto quale sia il suo rapporto con
il cinema italiano. E Lech Majewski svela quanto la sua formazione
nasca interamente dall’arte italiana, partendo proprio dalla
pittura: «Quando da ragazzo studiavo per diventare pittore, ero
rimasto impietrito davanti alla “Tempesta”, il dipinto del
Giorgione esposto alla Galleria dell’Accademia di Venezia. Avevo
provato la stessa sensazione al cinema per una scena di Blow
Up. Ho pensato che se Giorgione fosse stato ancora vivo sarebbe
stato Michelangelo Antonioni. Così mi è scattata la scintilla che
mi ha fatto scegliere d’iscrivermi alla scuola di cinema».
Il regista rivela che fin
da adolescente guardava film in italiano, pur non capendo quasi
nulla dei dialoghi. E alla curiosità sull’eventualità di un nuovo
film da girare proprio in Italia, risponde: «Mi piacerebbe
tantissimo. Ho un debole per Dino Buzzati».
L’uscita nelle sale italiane,
posticipata a causa dell’emergenza sanitaria, è confermata:
Valley of the Gods, il nuovo film scritto
e diretto da Lech Majewski – il visionario autore
de “I Colori della Passione” e “Onirica” – sarà distribuito
al cinema dal 3 GIUGNO da CG
Entertainment in collaborazione con Lo
Scrittoio.
Con il due volte candidato al
Premio Oscar John Malkovich, Josh Hartnett (“The Black Dahlia”, “Penny
Dreadfull”), Bérénice Marlohe (“Song to Song”,
“Skyfall”) e il protagonista di “2001 Odissea nello spazio”
Keir Dullea, VALLEY OF THE GODS si
presenta come un’esperienza visiva ed emotiva inedita. Il maestro
polacco torna ad affrontare con questa opera temi a lui cari come
l’amore, la perdita, il sogno e ovviamente l’arte:“L’essenza dell’arte è il contrasto. Qui
abbiamo un contrasto enorme tra sistemi di valori diversi: da un
lato il mondo ancestrale dei Navajo, abitanti della Valle degli
dei, e dall’altro quello del magnate Wes Tauros (John Malkovich),
l’uomo più ricco del mondo”. “Tutto ciò che accade lo vediamo
attraverso gli occhi e le descrizioni di uno scrittore(Josh Hartnett). Non sappiamo se abbia rappresentato la pura
realtà o se l’abbia piegata alla sua scrittura. Siamo nella mente
dell’artista, e questa è l’idea alla base del film”.Lech Majewski
Lech Majewski ha ricevuto il premio
alla carriera al Lucca Film Festival-Europa Cinema
2020 e il premio speciale per la regia al 27th
EnergaCAMERIMAGE 2019; VALLEY OF THE GODS ha
vinto il premio come miglior film
all’InternationalUranium Film Festival
Berlin 2020 ed è stato selezionato in competizione al
53° Sitges Film Festival 2020 e al 44th
Polish Film Festival 2019.
La trama
Wes Tauros (John
Malkovich), l’uomo più ricco sulla terra e collezionista
di arte, vive nascosto dal mondo in un misterioso palazzo,
conservando un segreto che lo tormenta. John Ecas (Josh
Hartnett), dopo una separazione traumatica dalla moglie,
inizia a scrivere la biografia di Tauros e accetta un invito nella
sua magione. La società del magnate, che estrae uranio, ha deciso
di scavare anche nella Valle degli Dei, violando una terra sacra:
secondo un’antica leggenda Navajo tra le rocce della Valle sono
rinchiusi gli spiriti di antiche divinità.
Il film è stato co-prodotto da
Lorenzo Ferrari Ardicini, presidente di CG
Entertainment, e la produzione esecutiva per le scene
girate in Italia è stata curata da Clara
Visintini. “In questi mesi così complicati CG
Entertainment non si è mai fermata: abbiamo proseguito il nostro
lavoro di distribuzione, in home video e in digitale. Ora siamo
entusiasti di poter tornare in sala e soprattutto
di poterlo fare con Valley of the Gods,
l’incredibile film di Lech Majewski di cu siamo anche
co-produttori. Siamo rimasti travolti dal suo talento,
dall’originalità della storia narrata – interpretata da un cast
internazionale straordinario – dall’universalità dei temi
affrontati e dalla potenza visiva di ogni scena, che sul grande
schermo farà spiccare il volo all’immaginazione del pubblico”.Lorenzo Ferrari Ardicini, co-produttore e presidente di CG
Entertainment
IL TRITTICO DI LECH
MAJEWSKI
La collaborazione tra CG
Entertainment e Lech Majewski è iniziata nel 2011, quando la sua
fama di artista (poeta, scrittore, pittore, compositore, regista)
era nota a livello internazionale – basti pensare alle
retrospettive a lui dedicate dal MOMA di New York o dal Louvre di
Parigi – ma non ancora in Italia. CG decise di distribuire in
sala (e successivamente in home video e in digitale) quello che è
stato definito IL TRITTICO DI LECH
MAJESKI, una trilogia di film ispirati al mondo della
pittura e dell’arte: Il giardino delle
delizie, ispirato all’omonimo dipinto di Bosch,
I colori della passione, con Rutger Hauer
e Charlotte Rampling, ispirato a La salita al calvario di
Pieter Bruegel, e Onirica, ispirato alla
Divina Commedia.
Una donna cammina lungo una strada
soleggiata, poco traffico attorno e un motel appena dietro
l’angolo. Siamo in America, in California, lungo la zona che
costeggia la fascinosa Death Valley. I telefoni
hanno una pessima ricezione e il caldo asfissiante mette a dura
prova esseri umani e condizionatori d’aria, spinti oltre i limiti.
Ad attendere, in una camera non lontano dal primo lungo piano
sequenza, un uomo enorme, ingrassato e sfatto, probabilmente
malato. Sono un padre e una madre che si rivedono dopo anni e una
separazione traumatica, non tanto per loro che hanno ricostruito le
proprie vite, per il figlio Michael, che da adulto
prende coscienza del vuoto abissale della vita e si suicida
ingoiando una manciata di pillole. Solo, senza il suo compagno
di vita, abbandonato dalla famiglia per quasi un decennio
(presumibilmente per la sua omosessualità, anche se non è
esplicito).
Valley of Love, il film
Prima di lasciare questo mondo,
scrive e invia con estrema lucidità due lettere distinte ma
sostanzialmente simili ai genitori con le quali spiega le sue
ultime volontà. I due dovranno non solo ritrovarsi, dovranno anche
visitare insieme – in una data precisa – una serie di luoghi in
sequenza all’interno della Valle della Morte, il tutto per una
ricompensa solenne: rivederlo faccia a faccia, di ritorno dal mondo
dei morti. Guillame Nicloux scrive, dirige e
dedica al padre un’opera dolorosa e a tratti grottesca, un viaggio
intimo e visionario che tenta di analizzare e scavalcare la
sofferenza che ogni separazione si porta dietro. Un malessere che
colpisce non tanto i genitori coinvolti, che nel loro momentaneo
egoismo hanno il solo scopo di allontanarsi, affonda nella miseria
i figli, che si scoprono abbandonati nella vastità del vivere.
Il sacrificio di Michael, che nel
film si uccide con l’intento di riunire il padre e la madre,
capovolge il significato della morte. È così che la famosa Valley
of Death diventa la Valley of Love del
titolo, la valle dell’amore, un luogo oltre l’umano capace di farci
scontrare con i nostri fantasmi, le nostre paure e i nostri
insormontabili rimorsi. Talvolta abbiamo così tanta fretta di
cambiare le cose, di voltare pagina, da distrarci dall’essenza
degli eventi, inciampando nell’errore. Da spettatori, ci ritroviamo
costantemente dietro le spalle dei protagonisti intenti a seguirli
con attenzione e viva curiosità, anche grazie ad una sceneggiatura
ben bilanciata.
Se poi i genitori in questione sono
sullo schermo Isabelle Huppert e Gérard Depardieu, di nuovo insieme 41 anni
dopo I Santissimi e 35 dopo
Loulou, il racconto diventa ancor più
appassionato. L’attrice francese è sempre statuaria, capricciosa e
severa, capace di fulminare gli elementi con lo sguardo pur
conservando – segretamente – una scintilla di dolcezza per chi lo
merita. Depardieu, goffo e appesantito, è
particolarmente ispirato e colleziona un’interpretazione di
spessore come non regalava al suo pubblico (e alla sua
carriera) da tanto. Un film tecnicamente semplice, lineare, ma con
numerose sfumature e un sottotesto complesso, che nonostante i
dialoghi un po’ scarni merita più di una visione per essere
compreso a fondo.
Vallanzasca – Gli angeli
del male racconta un uomo con il lato oscuro un po’
pronunciato. Renato Vallanzasca è un rapinatore di banche. Lui e la
sua banda operano perlopiù a Milano e nell’hinterland, irrompono
negli edifici e con fare da film americano, depredano gli istituti
di credito. Vallanzasca dice di essere nato ladro, come si nasce
biondi o a Roma o Milano e che quindi non ci può fare niente, è la
sua natura.
Passa quindi dalla rapina ai
rapimenti, entra ed esce dalla galera, alla fine viene arrestato a
Roma. Renato è ha una buona parlantina e davanti ai
giornalisti e alle telecamere che stanno riprendendo l’evento dà
esempio della sua battuta pronta. E’ anche belloccio, il che gli
vale diverse copertine sulle riviste e l’appellativo di “Bel Renè”.
In carcere riceve moltissime lettere di ammiratrici, una la sposa,
addirittura. Quindi evade per l’ultima volta, e ne approfitta
per andare a Radio Popolare a concedere un’intervista, poi sulla
strada per forse ricominciare la propria vita in qualche altro
modo, si addormenta, viene raggiunto dalla polizia che lo arresta
definitivamente. Vallanzasca è tutt’ora in carcere, dallo scorso
Marzo può uscire per lavorare.
Vallanzasca – Gli angeli del male, il film
Michele Placido affronta ancora una volta il
decennio più attivo, controverso e vivace della storia italiana:
gli anni settanta. Questa volta affronta la biografia di Renato
Vallanzasca, scritta a quattro mani con il giornalista di
Repubblica Carlo Bonini “I fiori del male”. A differenza di
“Romanzo criminale” e “Il grande sogno”, questa storia non è
collettiva, ma riguarda un solo uomo, Renato, interpretato da
Kim Rossi Stuart, questa volta alle prese con
il dialetto milanese, e l’incoscienza apparente con cui attraversa
la sua vita. Non esiste una banda a cui portare rispetto e fedeltà,
non esiste un gruppo politico di cui rispettare le regole.
Il bel Renè è il re
dell’improvvisazione, fa quello che gli viene in mente. Il regista
non sembra prendere una posizione giudicante nei suoi confronti, il
personaggio Vallanzasca è già controverso di suo,
appare come un immaturo effettivamente condannato da un destino già
segnato a fare il criminale, anche se senza troppi rimorsi. Il
personaggio non si riesce a ben delineare, è un uomo immaturo con
la battuta pronta che non si rende conto della gravità delle cose
che sta facendo o un lucido criminale che intesse in prigione
relazioni e redige trattati di amicizia usando come sigillo il
matrimonio con una delle tante ammiratrici? Sono del suo carattere
che rimangono un po’ sospesi.
A differenza della storia delle
Brigate Rosse e della Banda della Magliana, qui non c’è una
parabola. Sia perché Vallanzasca è ancora vivo, ma anche perché
effettivamente, non si avverte mai un sentimento di sconfitta o di
naturale fine, si tratta semplicemente di un gioco di guardia e
ladri in cui alternativamente vince uno o l’altro personaggio.
Quello che viene fuori dal film è comunque un ritratto interessante
della nostra nazione in quegli anni, con alcune anticipazioni di
ciò che sarà. Le copertine dei giornali, le interviste alla radio,
la creazione del personaggio Vallanzasca avviene tramite i media
che da lì a poco avranno un ruolo principale nella costruzione
dell’opinione pubblica. La volontà di rimanere fuori, Placido la
sottolinea anche con i piani fissi accentuati che sono presenti in
buona parte del film, in cui ha un ruolo importante anche il suono,
più volte usato come connessione tra una sequenza e l’altra e
anche in termini evocativi.
La fotografia di
Vallanzasca – Gli angeli del male è calda e con
molto chiaroscuro, nei momenti drammatici, ossia gli scontri in cui
perdono la vita i membri della banda della Comasina di Vallanzasca
o i poliziotti, sono invece desaturati e contrastati, forse a
sottolineare di essere capitoli importanti per il cambiamento del
personaggio. Un capitolo a parte va dedicato poi al personaggio di
Enzo, interpretato drammaticamente da Filippo Timi. Una mina vagante nella banda
della Comasina, completamente schiavo della dipendenza da droga.
Valeria Solarino, che interpreta la prima
compagna di Vallanzasca, appare nella prima mezz’ora di film, per
poi eclissarsi. La produzione che è dietro alla pellicola è Fox, la
stessa di Romanzo Criminale, film e serie. Il che mi lascia
ipotizzare che forse ci sia un interesse a tentare la stessa
operazione anche con questo personaggio, vedremo.
Tra i più apprezzati attori italiani
vi è Valerio Mastandrea, personalità versatile che
negli hanno ha dato vita ad interpretazioni memorabili, ricche di
emotività e gentilezza. Apprezzato da critica e pubblico,
Mastandrea si è distinto come una delle personalità più influenti
nell’attuale panorama cinematografico italiano, continuando a
rinnovarsi senza concedersi facilmente, partecipando solo ai
progetti in cui crede davvero.
Ecco 10 cose che non sai di
Valerio Mastandrea.
Valerio Mastandrea: i suoi
film
1. Ha recitato in celebri
lungometraggi italiani. Mastandrea debutta al cinema nel
1994 con il film Ladri di cinema, per poi recitare in film
come Bruno aspetta in macchina (1996), La classe non è
acqua (1997), Viola bacia tutti (1997), L’odore
della notte (1998), La carbonara (2000), Velocità
massima (2002), Gente di Roma (2003), Il
caimano (2006), N – Io e Napoleone (2006), Tutta
la vita davanti (2008), Non pensarci (2008), Un
giorno perfetto (2008), Nine (2009), La prima
cosa bella (2010), Nessuno mi può
giudicare (2011), Romanzo di una
strage (2012), Gli equilibristi
(2012), Viva la
libertà (2013), Pasolini
(2014), La felicità è un
sistema complesso (2015), Perfetti
sconosciuti (2016), Fiore (2016), The Place
(2017), Tito e gli
alieni (2018), Euforia (2018), Moschettieri del
re (2018), Il grande salto (2019) e
Figli (2020).
2. Ha ricoperto il ruolo di
produttore. Nel corso degli anni Mastandrea ha più volte
prodotto diversi film, tra cui Good Morning, Aman (2009),
L’Aquila bella mè (2009), Pezzi (2012), La
mia classe (2013) e Non essere cattivo (2015), per
cui è stato apprezzato lo sforzo produttivo, e in seguito i film
Fiore (2016) e Ride (2018).
3. Ha esordito alla
regia. Nel 2018 Mastandrea esordisce alla regia con il
film Ride, di cui ha firmato anche la sceneggiatura.
Questo è incentrato su una donna che, rimasta vedova, non riesce a
versare lacrime di dolore. Particolarmente apprezzato, il
lungometraggio ha permesso a Mastandrea di ricevere la nomination
ai David di Donatello come miglior regista esordiente.
Valerio Mastandrea è su
Twitter
4. Ha un account
personale. L’attore è presente sul social network Twitter,
con un profilo seguito da ltre 196 mila followers. Qui l’attore è
solito condividere tweet particolarmente ermetici, con cui esprime
la propria opinione sui principali fatti di cronaca.
Valerio Mastandrea e Paola
Cortellesi
5. Sono in ottimi
rapporti. Mastandrea è stato fidanzato per diverso tempo
con l’attrice Paola
Cortellesi, con cui è rimasto in ottimi rapporti anche
in seguito alla loro separazione. I due attori reciteranno insieme
nel film Figli, scritto da Mattia
Torre.
Valerio Mastandrea: chi è sua
moglie
6. È stato sposato.
Mastandrea è stato sposato con Valentina Avenia, attrice e autrice
televisiva. I due hanno avuto un figlio, chiamato Giordano, nel
marzo del 2010. Particolarmente riservati, e lontani dai social, i
due coniugi hanno raramente rilasciato notizie circa la loro vita
privata. Nel 2018, tuttavia, i due attori hanno annunciato la
separazione.
Valerio Mastandrea e il monologo
“Figli”
7. Il suo monologo diventerà
un film. Scritto da Mattia Torre, il
monologo figli diventerà un film per il cinema. Il testo fu
interpretato da Mastandrea in occasione di un episodio dello show
E Poi C’è Cattelan, riscuotendo ottimo successo di
pubblico. Il monologo descrive la fatica dell’essere genitore senza
sfociare in facili stereotipi.
Valerio Mastandrea in Diabolik
8. Reciterà nell’adattamento
dell’omonimo fumetto. L’attore sarà tra i protagonisti del
film Diabolik, dove avrà il ruolo dell’ispettore Ginko. A
ricoprire il ruolo del protagonista mascherato sarà invece l’attore
Luca Marinelli, mentre Miriam
Leone darà vita al personaggio di Eva Kant.
Valerio Mastandrea e Paolo
Ruffini
9. Ci sono state
incomprensioni su un loro scambio di battute.
Nell’edizione dei David di Donatello del 2014, dove Paolo
Ruffini era conduttore, Mastandrea ha dato vita con ad uno
scambio di battute che ha fatto ipotizzare molti circa un loro
conflitto. In seguito è stata chiarata la natura ironica delle loro
battute, fugando ogni dubbio.
Valerio Mastandrea età e
altezza
10. Valerio Mastandrea è
nato a Roma, in Italia, il 14 febbraio 1972. L’attore è
alto complessivamente 183 centimetri.
“La mamma è faticosa.”
Dice perentorio il buttafuori Sergej al suo collega Cianca, che gli
racconta del suo difficile rapporto con la medesima, in una serata
di lavoro come tante, fuori dalla discoteca UFO. I due bizzarri
personaggi sono interpretati rispettivamente da Marco
Giallini e Valerio Mastandrea e danno
vita a una esilarante miniserie comico-demenziale-filosofica in
onda su Rai 3: Buttafuori. È il 2006. Torna in mente ora,
non solo per la sua ingegnosità, ma perché in effetti, stare dietro
alle innumerevoli declinazioni di Valerio
Mastandrea è faticoso: il cinema, il teatro, la
letteratura, l’impegno civile, il pessimismo, l’ottimismo, Roma e
la Roma. Ma lo si fa con piacere, perché si da il caso che sia uno
dei più bravi attori italiani in circolazione.
L’ultimo Festival di Venezia l’ha visto
protagonista della pellicola di Ivano De Matteo
Gli equilibristi, ora nelle sale, in cui veste
egregiamente i panni drammatici, ma anche ironici, dell’impiegato
statale Giulio, in equilibrio precario sull’orlo dell’indigenza. A
Locarno invece, è andato con l’opera seconda di Edoardo Gabriellini
I padroni di casa, in uscita il prossimo 4
ottobre. Mentre, sempre a ottobre, lo vedremo nel nuovo film di
Silvio SoldiniIl comandante e la cicogna.
In circa vent’anni di carriera ha
interpretato giovani in cerca di sé, trentenni in crisi, ladri,
poliziotti, sindacalisti, scrittori, ex mariti ossessivi, ex pugili
depressi, per citarne solo alcuni. I suoi personaggi sono
disillusi, pessimisti, tristi, con un disagio, un malessere
esistenziale più o meno pronunciato, ma sono anche – quasi sempre –
ironici, sarcastici, a volte comici e buffi. Ed è proprio questo
mix a renderli unici. Per interpretarli, ha messo a frutto la sua
indole da romano doc, fatta di disincanto e pungente ironia, ma in
fondo, non priva di un cauto ottimismo. Tuttavia, ha dimostrato
negli anni di saper anche prendere artisticamente le distanze da
quella romanità che incarna così bene, ma che rischiava di
intrappolarlo in un cliché. Così sono nati personaggi come il
protagonista de La prima cosa bella di Virzì, o
quello di Un giorno perfetto di Ozpetek, che ne
hanno rivelato la versatilità.
Oltre a recitare,
produce, dirige – finora solo un cortometraggio e uno spettacolo
teatrale – e scrive, ma sempre mantenendo nell’atteggiamento quel
basso profilo che è dote piuttosto rara nel panorama
cinematografico nostrano. Non è da lui auto incensarsi, anzi,
semmai il contrario. Partecipa e si spende in opere di registi
emergenti. È attore, ma anche cittadino, volto noto che si impegna
in iniziative culturali e sociali: presiede la Scuola Provinciale d’Arte
Cinematografica Gian Maria Volontè, che offre corsi
gratuiti a chi vuole imparate “i mestieri del cinema”; ha
collaborato a un documentario sull’Aquila post terremoto e diretto
il corto Trevirgolaottantasette riguardo le morti
sul lavoro; ha prestato il suo volto per spot pubblicitari a scopo
benefico e di sensibilizzazione (Amref, FAO, test HIV); non teme di
metterci la faccia, quando c’è da schierarsi e manifestare le
proprie idee (a sostegno della legge 194, del Teatro Valle,
del Cinema Palazzo e di altri centri culturali occupati, perché
restino tali e non vengano sottratti alla loro funzione, o contro i
tagli al FUS).
Valerio Mastandrea
nasce a Roma, alla Garbatella, il 14 febbraio del 1972. Frequenta
la scuola fino al diploma, poi due esami all’università e lascia
gli studi per intraprendere il percorso da attore. Esordisce in
teatro nel ’93 e l’anno successivo al cinema, con una commedia di
Piero Natoli, seguita da una piccola parte in Cuore
cattivo di Umberto Marino. Poi è ospite in alcune puntate del
Maurizio Costanzo Show. Ed è il primo incontro con la
notorietà.
Nel ’95 entra a far parte della
scorta che conduce un ragioniere della mafia e sua figlia da
Palermo a Milano per un processo in Palermo – Milano solo
andata di Claudio Fragasso. Interpreta Tarcisio: il più
fragile del gruppo, il più giovane, quello con meno
esperienza, che guadagna e perde di più da quel viaggio. La sua
scena finale è drammaticamente ironica. L’anno successivo, si fa
notare nell’esordio di Fulvio Ottaviano, Cresceranno i carciofi
a Mimongo.
Ma il primo film a vederlo
protagonista indiscusso e a far emergere in maniera inequivocabile
il suo talento è l’intelligente e originale commedia Tutti giù
per terra di Davide Ferrario (1997). Qui, è estremamente
convincente nel dare corpo ai tormenti del giovane Walter, ventenne
degli anni Novanta non molto dissimile da tanti ventenni di oggi,
senza particolari ideali od orizzonti, a disagio in famiglia e
nella società, che mal si adatta al conformismo e vive con
apprensione l’imminente passaggio all’età adulta. L’andatura
dinoccolata, l’espressione sconsolata e rinunciataria
che Valerio Mastandrea dà al personaggio già
dicono tutto, ma a rendere il film divertente e godibilissimo sono
anche una brillante sceneggiatura e una sapiente regia, che
consentono all’attore di dare il meglio di sé in un’interpretazione
senz’altro memorabile. La colonna sonora, affidata ai CSI, non
poteva essere più azzeccata. Così Valerio conquista il pubblico,
specie quello più giovane: impossibile per molti adolescenti
dell’epoca non identificarsi, almeno in parte, col suo personaggio.
Ma convince anche la critica, che gli assegna il Pardo e la Grolla
d’Oro.
Valerio Mastandrea …
filmografia
Conferma le sue doti lo stesso anno
nella commedia-dramma In barca a vela contro mano, di cui
è protagonista nei panni di un giovane laureato in medicina che si
trova ad indagare su presunti traffici tra le corsie di un ospedale
romano. E non sfigura affatto, accanto ad attori del calibro di
Antonio Catania e Maurizio Mattioli. L’atmosfera del nosocomio
romano è resa in modo del tutto realistico grazie alla
perizia nelle caratterizzazioni, mentre la trama oltre che
divertire, avvince e fa riflettere. Il ’98 è un anno di prove dagli
esiti discontinui, ma due sono da segnalare: L’odore della
notte di Claudio Caligari e
Barbara di Angelo Orlando. In
entrambi i film vediamo Valerio Mastandrea
affiancato da Marco Giallini inaugurare un
sodalizio artistico che li vedrà insieme su molti set e regalerà al
pubblico momenti impagabili. La pellicola di Caligari è drammatica
e illustra le gesta di una banda di rapinatori, sulla scorta di
vicende di cronaca di fine anni ’70, primi ’80.
Il capo è il poliziotto Remo Guerra
(Valerio Mastandrea), che lungi dall’essere un
fedele servitore dello Stato, riversa al sua rabbia, la sua
frustrazione, il suo sentimento di rivalsa e una certa presunzione
di superiorità sulle ricche famiglie della “Roma bene”, che deruba
e terrorizza con i suoi compagni di borgata. Per lui quelle
famiglie sono l’emblema del conformismo perbenista e ipocrita al
quale non si vuole arrendere fino in fondo, pur facendone già parte
come poliziotto. Ribellione, dunque, ma non più come fisiologica
fase adolescenziale, bensì come unico orizzonte nel quale sentirsi
vivi. Valerio Mastandrea è perfetto in
questa ulteriore declinazione del disagio esistenzial-sociale con
deriva violenta. E non manca neppure lo spazio per ironia e
sarcasmo.
Di tutt’altro tenore invece, la
commedia dai toni surreali e dagli echi letterari diretta da Angelo
Orlando, che vede il duo Valerio
Mastandrea-Giallini in una prova comica esilarante e
stralunata, basata su una situazione costrittiva (i due sono legati
a un letto) e claustrofobica (lo spazio è quello di una stanza) e
sull’estenuante attesa di un personaggio – la Barbara del titolo. A
completare il tutto, una galleria di personaggi improbabili che
entrano ed escono dalla stanza.
Nel frattempo, l’attore dà prova di
saper incarnare più d’ogni altro della sua generazione la romanità
autentica e verace – sbruffona, irridente, al solito ironica, ma
anche tragicamente dolente – anche in teatro. Ottiene infatti
una vera e propria consacrazione con Rugantino, commedia
musicale di Garinei e Giovannini, ambientata nell’800, che lo vede
protagonista nel ruolo già affidato ai grandi Manfredi e Montesano.
Accanto a lui Sabrina Ferilli, Maurizio Mattioli e Simona Marchini.
Lo spettacolo viene replicato per due anni con grande successo di
pubblico. Atmosfere di una Roma che fu si respirano anche
nell’ultima opera di Luigi Magni, La carbonara,
cui Valerio Mastandrea partecipa unendosi a
un variegato cast.
Il nuovo millennio inaugura anche
un nuovo sodalizio: quello tra l’attore romano e il regista Daniele
Vicari. Infatti, quest’ultimo sceglie proprio Valerio per il suo
esordio nel lungometraggio Velocità massima, e gli affida
il ruolo di Stefano: inaridito e cinico meccanico, con la passione
per la velocità, che modifica macchine nella sua officina assieme
al neoassunto Claudio. I due si danno alle corse clandestine. Non
può mancare una donna da contendersi. Vicari punta il suo obiettivo
sul mondo delle corse, mostrando una capitale per molti inedita e
un’umanità squallida, grigia, greve, che cerca di sentirsi
protagonista almeno sulle quattro ruote. David di Donatello per la
regia. Del cast del film fa parte come attore Ivano De Matteo, che
a sua volta esordirà dietro la macchina da presa con Ultimo
stadio, avvalendosi della collaborazione
di Valerio Mastandrea e lo ritroverà in
seguito in Codice a sbarre (2004) e ne Gli
equilibristi (2012).
Ettore Scola lo vuole
per un affresco di Roma e della sua gente. Partecipa a
Lavorare con lentezza di Guido Chiesa ed è nel
nuovo film di Vicari, L’orizzonte degli
eventi, che però non bissa il successo dell’esordio. Lo
ritroviamo ne Il Caimano di
Moretti. E poi, da amante del pallone (è indefesso
tifoso della Roma) Valerio
Mastandrea non si lascia sfuggire un film a episodi
sul gioco del calcio, opera prima di quattro registi esordienti
(Michele Carrillo, Claudio Cupellini, Francesco Lagi e Roan
Jhonson). Così è nel cast di 4-4-2: il gioco più bello
del mondo, nei panni di un portiere che vende la gara decisiva
dei suoi.
Valerio Mastandrea, il film
Notturno Bus
Nel 2007 lo troviamo in due
riuscite commedie. La prima è Notturno bus (2007),
dove caratterizza al meglio un malinconico e disincantato autista
di bus, Franz, coinvolto in un rutilante vortice di eventi
dall’incontro con la bella ladra Leila/Giovanna Mezzogiorno,
sullo sfondo di una intrigante Roma by night. La coppia
funziona, coadiuvata da ottimi comprimari in un’originale
commistione di generi. L’altra commedia, in cui l’attore dà vita a
uno dei suoi personaggi più riusciti, è la divertente Non
pensarci, di Gianni Zanasi. Il personaggio di Stefano Nardini
sembra cucito addosso a lui (che è anche un appassionato di
musica). Trentaseienne musicista punk frustrato e sfortunato, che
in un momento di crisi esistenziale torna nel natio e operoso nord,
a cercare conforto nella famiglia, salvo scoprire che lì tutti
hanno problemi anche più grossi dei suoi, e che sembrano fare
affidamento proprio su di lui per risolverli. Situazione
paradossale, quindi, una famiglia sconclusionata, stravagante, ma
alla fine unita da un profondo affetto.
Inoltre, un’evoluzione rispetto ai
ruoli precedenti: se infatti finora i personaggi
di Valerio Mastandrea erano stati
contestatari, ribelli, fieri nemici del perbenismo e del
conformismo, chiusi in una loro presunta superiorità, qui il
protagonista – che pure parte da questi presupposti e critica
aspramente la famiglia – vedrà alla prova dei fatti che questa non
è un mondo non così chiuso e lontano da lui, anzi, per certi
aspetti è certo più autentico di quello che ha lasciato a Roma. Si
troverà a dare una mano per risolvere i problemi reali, anziché
limitarsi alle critiche auto compiaciute: un proficuo scambio
d’esperienze che prende il posto della mera contrapposizione. Il
tutto, sorretto non solo dalla sua magistrale interpretazione – per
la quale è candidato al David e al Nastro d’Argento e si aggiudica
il Ciack d’Oro – ma da un’ottima sceneggiatura, che lo rende
protagonista di gag esilaranti e dà il giusto ritmo all’azione, e
da un cast di ottimo livello – basti pensare a Giuseppe Battiston
nel ruolo del fratello maggiore. Il film diventerà poi una serie
televisiva diretta da Lucio Pellegrini e Gianni Zanasi, che lo
vedrà ancora protagonista.
Nel 2008 partecipa al
fortunato Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, tra le
prime pellicole a prendere di petto il problema della precarietà
tra i giovani, protagonista Isabella Ragonese nei panni di una
giovane laureata che trova lavoro in un call center. Virzì ci fa
entrare in questo mondo spietato, dominato da un’agguerrita
competizione, da ipocrisia e logiche da sfruttamento selvaggio,
dipingendolo nei particolari, con personaggi assai
vividi. Valerio Mastandrea interpreta il
sindacalista che aiuterà la protagonista a denunciare gli abusi
commessi dall’azienda. Ma questo è soprattutto l’anno in cui
l’attore romano affronta un’ardua sfida. Ozpetek gli affida infatti
un personaggio che non ha nulla a che vedere con quelli da lui
interpretati finora: è Antonio, l’ex marito ossessivo e violento di
Un giorno perfetto.
È un percorso complesso negli
abissi della follia umana, anzi, al limite dell’umano, come
l’attore stesso ha affermato: “è un personaggio al limite tra
l’animale-uomo e l’uomo, un personaggio devastante” ma dal
quale, dice, “non mi sono fatto devastare”. Antonio non
accetta la realtà – la separazione da sua moglie Emma/Isabella
Ferrari, la rottura del nucleo familiare che lo allontana anche dai
due figli. La rabbia e il desiderio di possesso e controllo
esploderanno nella maniera più devastante. Pur con qualche
ingenuità e qualche caduta nel melodramma, specie nelle storie che
ruotano attorno alla principale, la vicenda dei due protagonisti
non può che impressionare lo spettatore, con un
inedito Valerio Mastandrea che brilla in
questo ruolo cupissimo, da orco, da incarnazione del male, dando
prova di grande versatilità – è premiato con il Golden Graal come
miglior attore drammatico. Mentre Isabella Ferrari rende
ottimamente lo spaesamento stralunato, lo scollamento da una realtà
che nonostante tutte le prove, non riesce a guardare col necessario
realismo.
Altro ruolo di simile cupezza, e
pari straziante efficacia, dove però la violenza si rivolge più
contro sé stesso che contro altri, è quello dell’ex pugile depresso
di Good morning Aman, esordio del regista Claudio
Noce e primo lungometraggio di cui Valerio
Mastandrea è anche produttore – “ho dato
una mano”, perché “oggi non basta più fare i film solo con
la propria faccia”. È la storia di due vite ai margini – l’ex
pugile Teodoro e il giovane italo-somalo Aman/Said Sabrie – e di
un’inattesa amicizia. Crudo realismo, assenza di retorica, di
pietismo; rabbia esibita o repressa, desolazione sono le chiavi del
film, che nonostante le buone prove, non ha avuto un gran
riscontro.
Il 2010 invece, è
l’anno del grande successo che mette d’accordo pubblico e critica.
Arriva grazie ad una nuova collaborazione con Virzì, nel suo film
forse più personale: La prima cosa bella,
ambientato nella sua città natale, Livorno. Con un ottimo cast,
tutto straordinariamente in parte: oltre a Valerio
Mastandrea, Stefania Sandrelli, Micaela
Ramazzotti, Marco Messeri, Claudia Pandolfi. Tutti assieme
a colorare una commedia che è un affresco della provincia italiana
degli ultimi quarant’anni, che parla di affetti e legami familiari
in modo non banale o stereotipato, ma ironico e disincantato e vede
il figlio Bruno/Valerio Mastandrea, insegnante
quarantenne perennemente a disagio, introverso e con molti
“vuoti” da colmare, fare i conti con la figura dell’ingombrante,
esuberante, affettuosa mamma Anna/Ramazzotti e Sandrelli, da cui si
era allontanato tanti anni prima. Il risultato fa sorridere e
commuove al tempo stesso. Il film fa incetta di David e Nastri:
finalmente il nostro ottiene il David di Donatello, con cui sarà
premiata anche Micaela Ramazzotti. Nastro d’Argento per Ramazzotti
e Sandrelli, ma anche per il miglior film, sceneggiatura e
costumi.
Nel 2011 l’attore romano partecipa
a diversi progetti, spaziando dalla commedia al dramma – da
Nessuno mi può giudicare e Cose
dell’altro mondo a
Ruggine. Ed esordisce anche come scrittore
con lo pseudonimo di Saverio Mastrofranco, firmando assieme a
Francesco Abate il romanzo ispirato dalla vicenda di quest’ultimo,
Chiedo scusa.
Quest’anno, lo abbiamo visto in
quello che definisce “il lavoro più difficile che ho fatto
finora”, ovvero vestire i panni del commissario Luigi
Calabresi nel film di Marco Tullio Giordana
Romanzo di una strage. Nella ricostruzione storica che
Giordana fa della strage di Piazza Fontana, delle indagini e dei
processi che la seguirono, dei personaggi che in tutta questa
complessa e lunga vicenda ebbero un ruolo, il controverso
personaggio del commissario capo della questura milanese esce come
avvolto in una nebbia, resta in gran parte oscuro. La morte di
Pinelli, che vola dalla finestra della questura, proprio quella
dell’ufficio di Calabresi, mentre lui non c’è. La violenta campagna
di stampa e d’opinione contro di lui che ne consegue, infine
l’agguato di cui rimane vittima. Ma dell’uomo Calabresi, di come
viva tutto ciò, sappiamo poco, restiamo distanti, non possiamo
approfondire. Forse un eccessivo pudore del regista, che però
influisce sulla resa del personaggio: freddo, trattenuto.
Con Gli
equilibristi di Ivano De Matteo siamo in
tutt’altro ambiente, epoca e situazione, ma c’è anche tutt’altro
coinvolgimento: pur nella chiave estremamente misurata, fatta di
sguardi più che di parole, mai sopra le righe, qui passa tutta
l’emozione necessaria a farci soffrire con l’impiegato Giulio, che
sbaglia e paga caro, non riuscendo poi a sopportare il peso
economico ed esistenziale di una separazione ai tempi della crisi.
Se all’inizio ridiamo amaramente con lui di una realtà cinica, che
non perdona, poi viviamo la sua vergogna, il senso d’indegnità che
lo portano a chiudersi sempre più in sé. Con lui riflettiamo sul
momento che stiamo vivendo e di cui finalmente negli ultimi tempi
si parla anche al cinema. Anche se, dice Valerio
Mastandrea, “la crisi c’è sempre stata, c’è da
quindici anni. Per questo non condivido chi parla di nuova povertà.
Ciò che colpisce oggi, invece, è la normalità con cui ci si può
sprofondare. Oggi tutto è pronto per tirarti giù. È questa la
novità”. Con questa interpretazione si è guadagnato il Premio
Pasinetti al Festival di Venezia, dove il film, attualmente nelle
sale, è stato accolto con dieci minuti di applausi.
Dal prossimo 4 ottobre lo vedremo
invece ne I padroni di casa di Edoardo
Gabriellini, assieme ad Elio Germano,
mentre dal 18 ottobre sarà nelle sale con l’ultima fatica di Silvio
Soldini Il comandante e la cicogna. Nel cast con
lui, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini,
Luca Zingaretti.
Chi invece volesse vederlo sul
palcoscenico, dovrà aspettare il prossimo febbraio. Debutterà
infatti il 14 al Teatro Ambra Jovinelli di Roma con uno spettacolo
da lui anche diretto e scritto da Mattia Torre: Qui e ora,
in scena fino al 3 marzo.
Dal 18 al 22 maggio, al
Lingotto Fiere di Torino, tanti sono stati gli
ospiti che hanno attraversato lo specchio al Salone
Internazionale del Libro 2023. Fra questi, Valerio Mastandrea e Alessandro
Borghi, che nella Sala Azzurra al Padiglione 3,
moderati da Francesca Serafini, hanno incontrato
il pubblico per parlare di Claudio Caligari, in un
bell’omaggio al maestro e al modo di fare cinema.
Per l’occasione i due attori hanno ripercorso alcune tappe salienti
della loro carriera, regalando aneddoti e momenti toccanti. Del
regista, scomparso per una malattia nel 2015,
Valerio Mastandrea ricorda subito L’odore
della notte del 1998, film facente parte di una
trilogia apertasi con Amore tossico e conclusasi con
Non essere cattivo, ultimo lavoro di Caligari
prima di morire.
Il primo a prendere la parola, con
la sua ironia, è proprio Mastandrea che in L’odore
della notte interpreta Remo, il protagonista: “Io
ho fatto Remo solo alla fine”, inizia, “ero stato chiamato
per interpretare uno dei compagni del protagonista, tutt’altro
personaggio, e ho conosciuto Claudio in quella occasione. Non lo
avevo mai visto per intero, quindi quando l’ho incontrato pensavo
fosse uno di Ostia e invece mi sono ritrovato davanti un uomo di
Arona. E ho detto: Oh cavolo! Era la seconda volta che mi capitava
perché avevo visto un altro film, Un’altra vita, di un altro grande
maestro, Carlo Mazzacurati, ambientato in una Roma che soltanto un
romano poteva conoscere, e quando scoprii che era di Padova mi
prese un colpo.“
“Eppure in queste occasioni
capii una cosa importante: come il cinema poteva essere
strumento per conoscere le cose, raccontarle anche
non essendoci natodentro.”,
prosegue l’attore, “Questo
è un grande insegnamento: bisogna immergersi tanto prima di poter
raccontare qualsiasi cosa. Tornando al film di Caligari, a venti
giorni dalle riprese venni richiamato ed esaminato, e alla fine lui
mi voleva chiedere se volevo fare Remo, il protagonista. Ci volevo
pensare perché la proposta mi aveva emozionato. Alla fine ho
accettato e da lì in poi con Claudio è nato un sodalizio così, come
nascono le amicizie tra coetanei, che non sai quando ti sei
conosciuto, perché ti sembra che nella tua vita avete sempre
camminato insieme. E secondo me quelli sono gli amici con cui
riesci a camminare nel presente.”
Claudio Caligari, il suo cinema con
Alessandro Borghi e Luca Marinelli
Mastandrea, che con Claudio
Caligari ha instaurato un rapporto di amicizia, è stato
poi produttore della sua ultima opera, Non essere cattivo, diventato un cult.
Proprio come ricorda Serafini, Caligari apprezzava molto Alessandro Borghi e Luca Marinelli, che nel film interpretano
rispettivamente Vittorio e Cesare. Ed è proprio il
primo a ricordare commosso il suo maestro, che come conferma lo
stesso Borghi è stato fra quelli che più gli hanno insegnato la
materia cinematografica. “Io sono stato molto travolto
dall’aver conosciuto Claudio Caligari. Mi ha dato tanti
insegnamenti senza rendersene neanche conto, e questa è una cosa
molto bella. Era sempre uno scambio continuo di qualcosa
che aveva a che fare con il racconto, con la grande
passione di raccontare una storia.”
“La prima cosa che ho imparato
era la necessità di raccontare delle storie, a prescindere da
tutto, al di fuori della dinamica del commercio, dei soldi, del tax
credit. Io ho fatto dieci anni di televisione brutta e non mi
rendeva felice. Facevo delle cose che quando le riguardavo mi
vergognavo e non mi facevano stare bene. Poi ad un certo punto sono
arrivati prima Stefano Sollima che mi ha fatto fare Suburra e
subito dopo il film di Claudio Caligari, Non essere cattivo, una
svolta. Ogni volta che ho un nuovo progetto, penso sempre a quello
che mi ha insegnato, e lo applico. Io ho un prima e un dopo
Claudio”, come “esiste un prima e un dopo Cristo”,
gli fa eco il collega accanto.
Mastandrea ricorda anche le parole
di Fabrizio Gifuni ai David di Donatello 2023, in memoria di
Caligari e del suo saper “stare dentro le storie”:
“Per lui doveva essere tutto credibile. Doveva filtrarlo prima
lui, verificarne la credibilità.” Subito dopo, per rafforzare
le parole del collega Borghi, è stato mostrato un video-saluto di
Luca Marinelli, il quale ha omaggiato il regista con un aneddoto
divertente ma profondo: “Un giorno, in una scena di Non essere
cattivo, andai da Claudio preso da un dubbio sull’atteggiamento del
mio personaggio (Cesare ndr). Arrivai da lui spiegandogli
le sensazioni che secondo me il personaggio sentiva e tutti i
ragionamenti che faceva nei confronti della madre. Ad un certo
punto lo guardo, lui mi guarda e mi dice: se Cesare ragionasse così
sarebbe un idiota.”
“All’inizio pensavo si riferisse
proprio a me, ma poi lui mi disse che non dovevo mai giudicare il
personaggio che stavo interpretando, perché lui è un pianeta che fa
parte di un sistema e sicuramente vuole entrare in comunicazione
con un altro pianeta in orbita (che sono gli altri personaggi,
in questo caso la madre di Cesare ndr). Questo mi aiutò molto e
fu una grande lezione di cinema, molto diretta. E poi, se Valerio
Mastandrea, Alessandro Borghi e io siamo diventati una grande
famiglia è proprio grazie a Claudio.”
Inevitabile, verso la fine, il
pensiero a Le otto montagne, film di Felix Van Groeningen e
Charlotte Vandermeersch, che ai David di Donatello 2023 si è
portato a casa quattro premi, fra cui quello a Miglior film, oltre
a vincere l’anno prima il Premio della giuria al Festival di
Cannes. In realtà, Le otto montagne è debitore a
Non essere cattivo di Caligari per il rapporto
d’amicizia che si è creato fra i due protagonisti. “Ho
ragionato molto su questa cosa mentre stavamo facendo il film
(Le otto montagne ndr).”, ha detto Borghi, “Lì (in Non
essere cattivo ndr), Luca ed io ci siamo uniti, siamo
diventati fratelli, e la cosa è rimasta immutata nel tempo. Però
poi è successa una cosa molto bella: su quelle montagne è come se
avessimo riscoperto la nostra capacità di essere amici. Fino a che
punto riuscivamo ad esserlo stando da soli a fare una pausa pranzo
in mezzo a un prato. Abbiamo messo a disposizione dei personaggi la
nostra amicizia e sarebbe stato stupido non farlo. Abbiamo parlato
molto del fatto che Pietro e Bruno sono come noi, lontani, se si
considera che io vivo a Roma e lui a Berlino e che, come me e Luca,
si vedono una volta l’anno e che hanno, sempre come noi, due
visioni completamente diverse della vita.”
“Queste differenze enormi ci
hanno uniti, e io non riuscirei ad immaginare più la mia vita senza
Luca, professionalmente e umanamente. L’altro giorno ho fatto
incorniciare una foto emblematica, io, Luca Marinelli e Valerio
Mastandrea seduti su un divano a Los Angeles, per promuovere Non
essere cattivo di Claudio Caligari, e quando la guardo è
incredibile come lì ci siano tre universi diversi, e come questi
tre universi riescano ad essere uno soltanto, più
grande, quando sono insieme. Ed è la bellezza dell’unione di questo
lavoro ma anche dell’amicizia nella sua essenza. Di essere liberi
di parlarsi apertamente e dirsi quando le cose vanno bene o male e
nell’applicazione del lavoro, prendere tutti quegli elementi e
poterli mischiare e mixare, per metterli a disposizione di un’altra
storia, è un grande regalo.”
Nonostante, di e con
Valerio Mastandrea, aprirà la
sezione Orizzontidell’81.
Mostra Internazionale d’Arte della Biennale
di Venezia(Lido di Venezia, 29 agosto-7
settembre)diretta da Alberto
Barbera questa sera
28 agosto in Sala
Darsena.
A proposito
diNonostante,
Valerio Mastandrea, alla sua seconda regia
dopo Ride (2018), ha dichiarato: “Aprire il festival
è aprire il film agli occhi e al cuore del pubblico. La prendo come
un’occasione per liberare una storia che è stata solo mia per tanto
tempo e che, spero, diventerà di tutti”.
Nonostante,
interpretato anche da Dolores
Fonzi, Lino
Musella, Giorgio
Montanini, Justin Alexandre
Korovkin, Barbara
Ronchi, Luca Lionello, e
con Laura Morante, sarà proiettato
in prima mondiale nel pomeriggio del
giorno di apertura della
Mostra, mercoledì28
agosto, in Sala Darsena, inaugurando
il concorso di Orizzonti.
I produttori
sono Viola
Prestieri e Valeria
Golino per HT
Film, Francesco
Tatò e Oscar
Glioti per Damocle, Moreno
Zani e Malcom
Pagani per Tenderstories con Rai
Cinema. La distribuzione italiana è BiM
Distribuzione. Musiche originali di Tóti
Gudnason.
La trama del
film
Un uomo
trascorre serenamente le sue giornate in ospedale senza troppe
preoccupazioni. E’ ricoverato da un po’ ma quella condizione sembra
il modo migliore per vivere la sua vita, al riparo da tutto e da
tutti, senza responsabilità e problemi di alcun genere. Si sta
davvero bene lì dentro e anche se qualche compagno di reparto si
sente intrappolato, per lui ci si può sentire anche liberi come da
nessun’altra parte. Quella preziosa routine scorre senza intoppi
fino a quando una nuova persona viene ricoverata nello stesso
reparto. E’ una compagna irrequieta, arrabbiata, non accetta nulla
di quella condizione soprattutto le regole non scritte. Non è
disposta ad aspettare, vuole lasciare quel posto migliorando o
addirittura peggiorando. Vuole vivere come si deve o morire, come
capita a chi finisce lì dentro. Lui viene travolto da quel furore,
prima cercando di difendersi e poi accogliendo qualcosa di
incomprensibile. Quell’incontro gli servirà ad accettare che se
scegli di affrontare veramente il tuo cuore e le tue emozioni, non
c’è alcun riparo possibile.
Valerio
Mastandrea
È un regista,
attore e produttore, nato a Roma nel 1972. Ha lavorato con i più
importanti registi italiani (Marco Bellocchio, Valeria Golino,
Ettore Scola, Carlo Mazzacurati) vincendo numerosi David di
Donatello. Il suo debutto alla regia Ride (2018)
è stato presentato al Torino Film Festival. L’opera gli è valsa una
nomination ai premi David di Donatello per il miglior regista
esordiente e ha vinto il Nastro d’Argento per la migliore opera
prima. Ha prodotto l’ultimo film di Claudio Caligari Non
essere cattivo (2015). Recentemente ha recitato
in C’è ancora domani di Paola Cortellesi (2023),
uno dei cinque film italiani con il maggior incasso di sempre.
Rinomato attore italiano,
Valerio Aprea si è distinto negli anni per aver
interpretato ruoli di rilievo in celebri film italiani. Con il
tempo, ha così potuto affermarsi presso un pubblico sempre più
ampio, ottenendo anche le lodi della critica.
9. Ha preso parte a
produzioni televisive. Alla carriera cinematografica Aprea
ha sempre alternato anche quella televisiva. È infatti nota la sua
partecipazione a serie come Ho sposato un calciatore
(2005), Il maresciallo Rocca (2005), Buttafuori
(2006) e Boris (2007-2010), dove ha ricoperto il ruolo di
uno degli sceneggiatori della fiction fittizia. Ha poi recitato
anche in Tutti pazzi per amore 2 (2010) e Dov’è
Mario? (2016).
8. Ha ottenuto una
nomination ad un importante premio. Per il ruolo di Mattia
Argeri, latinista ridottosi a fare il benzinaio, Aprea ottiene la
nomination come miglior attore non protagonista al premio David Di
Donatello. Pur non riportando la vittoria, ha modo di ottenere
maggior visibilità, aprendo nuove porte per la sua carriera.
Valerio Aprea è su Twitter
7. Ha un account sul social
network. L’attore è presente su Twitter, dove attualmente
possiede 8.230 follower. Qui l’attore è solito condividere
informazioni sui suoi progetti da interprete, ma anche diverse
curiosità nonché pensieri personali sulla società o sulle ultime
notizie d’attualità.
Valerio Aprea: la sua vita
privata
6. È molto
riservato. Pur disponendo di alcuni profili social,
l’attore non ha mai permesso che la sua vita privata finisse in
mostra su questi. Negli anni si è infatti dimostrato
particolarmente riservato, a tal punto che non è dato sapere se
abbia una fidanzata o una moglie.
Parte delle cose che non sai
sull’attore
Valerio Aprea in Smetto quando
voglio
5. Ha sostenuto diversi
provini. Presentatosi ai casting per il film Smetto
quandovoglio, l’attore ha inizialmente sostenuto il
provino per il ruolo di Andrea De Sanctis, e in seguito per quello
di Giorgio Sironi. Il regista desiderava infatti capire quale
attore fosse più adatto a quale ruolo, facendoli così provare per
tutti. Ad Aprea assegno infine il ruolo di Mattia Argeri.
4. È entusiasta del
progetto. Nel leggere la sceneggiatura del film, l’attore
ha dichiarato di essere rimasto particolarmente sorpreso. Stando
alle sue parole, è raro trovare progetti così innovativi e ben
pensati oggi giorno, ed è per questo che ha fatto di tutto pur di
riuscire a prendervi parte.
Valerio Aprea in La profezia
dell’armadillo
3. È la voce dell’animale
del titolo. Nel film ispirato all’omonima graphic novel,
l’attore dà voce al personaggio dell’Armadillo, che si rivela
essere la coscienza del giovane protagonista. Questi lo supporta
nei momenti più difficili, ma non manca di rivelare anche un
carattere indolente e menefreghista, distaccandosi dalla classica
figura del mentore.
Valerio Aprea e Ad Alta voce
2. Fa parte dell’iniziativa
Rai. Sul sito di Rai Play Radio, l’attore è presente tra
gli attori che hanno prestato la propria voce per leggere alcuni
racconti o libri, ascoltabili gratuitamente online. Ciò rientra nel
programma Ad alta voce, dove Aprea ha letto alcuni
racconti di Alberto Moravia o Guida galattica per gli
autostoppisti.
Valerio Aprea: età e altezza
1. Valerio Aprea è nato a
Roma, Italia, l’11 aprile 1968. L’attore è alto
complessivamente 172 centimetri.
La regista francese
Valérie Donzelli ha presentato alla stampa
festivaliera il suo terzo film, che gareggia nel Concorso ufficiale
della settima edizione del Festival internazionale del film di
Roma, Main dans la Main. Con lei in
conferenza stampa erano presenti i protagonisti del film:
Geremie Elkaum e Valérie
Lemercier.
In attesa del panel di
Valerian e la città dei mille
pianeti, in programma stasera nella
Hall H al San Diego Comic-Con,
EuropaCorp rilascia una nuova immagine di Dane
DeHaan, protagonista insieme a Cara Delevingne dello
sci-fi di Luc Besson, tratto dalla graphic
novel francese del 1967 di Pierre Christin
e Jean-Claude Mézière.
[nggallery id=2624]
Valerian e la Città dei
Mille Pianeti: primo video dal
set
È conto alla rovescia per i fan
accorsi a San Diego che potranno conoscere nuovi dettagli,
indiscrezioni e magari anche un trailer dell’atteso
film. Valerian e la città dei
mille pianeti, che uscirà il 21 luglio
2017, conta nel cast anche John Goodman,
Ethan Hawke, Clive Owen,
Rutger
Hauer e Rihanna.
Dane
DeHaan e Cara Delevingne
interpretanoValérian e Laureline, due agenti
speciali del governo operativo nei territori umani nel
28esimo secolo, chiamati a mantenere l’ordine nell’universo e a
partecipare a un’impegnativa missione sul pianeta intergalattico
Alpha.
Sebbene il debutto del trailer
di Valerian e la Città dei Mille
Pianeti sia atteso per fine mese, in baso a
quanto dichiarato da Luc Besson, il regista
ha voluto regalare al pubblico un piccolo teaser che anticipa
quanto dovremo aspettarci dall’adattamento cinematografico
dell’omonima graphic novel.
Un post condiviso da @lucbesson in data: 18 Mar 2017 alle ore 00:40
PDT
Nel 2012, è stata annunciata
l’intenzione di Besson di realizzare un
adattamento cinematografico della serie a fumetti francese
Valérian and Laureline, pubblicata per la prima
volta nel 1967 e tradotta il 21 lingue. A maggio 2015
Besson, attraverso un tweet, ha annunciato che
Dane DeHaan e Cara Delevingne
come protagonisti del film. Questo film segna il ritorno del
regista al genere space opera, venti anni dopo Il quinto
elemento.
Con un budget di circa 170 milioni
di dollari è diventato il film più costoso della storia del cinema
francese, record in precedenza detenuto da Asterix alle
Olimpiadi.
Ecco un nuovo spot televisivo per
Valerian e la Città dei Mille Pianeti in cui
vediamo dispiegato un larghissimo uso di effetti visivi. Il film è
diretto da Luc Besson e vede protagonisti
Dean DeHaan e Cara Delevingne.
Valerian e la città dei
mille pianeti, che uscirà il 21 luglio 2017, conta nel
cast anche John Goodman, Ethan
Hawke, Clive Owen, Rutger
Hauer e Rihanna.
Dane
DeHaan e Cara Delevingne
interpretanoValérian e Laureline, due agenti
speciali del governo operativo nei territori umani nel
28esimo secolo, chiamati a mantenere l’ordine nell’universo e a
partecipare a un’impegnativa missione sul pianeta intergalattico
Alpha.
Nell’anno 2740, Valerian e
Laureline sono Corpi Speciali incaricati dal governo di mantenere
l’ordine in tutto l’universo. Seguendo gli ordini del loro
comandante, Valerian e Laureline si imbarcano per una missione
nella città intergalattica di Alpha, metropoli in continua
espansione e dimora di migliaia di specie diverse provenienti da
ogni angolo della Galassia. Questa importante e storica città, è
sotto l’attacco di un nemico sconosciuto. Valerian e Laureline
dovranno combattere contro il tempo per trovare l’origine di questa
forza maligna e fermarla prima che distrugga il nostro
universo.
Nel 2012, è stata annunciata
l’intenzione di Besson di realizzare un
adattamento cinematografico della serie a fumetti francese
Valérian and Laureline, pubblicata per la prima
volta nel 1967 e tradotta il 21 lingue. A maggio 2015
Besson, attraverso un tweet, ha annunciato che
Dane DeHaan e Cara Delevingne
come protagonisti del film. Questo film segna il ritorno del
regista al genere space opera, venti anni dopo Il quinto
elemento.
Con un budget di circa 170 milioni
di dollari è diventato il film più costoso della storia del cinema
francese, record in precedenza detenuto da Asterix alle
Olimpiadi.
Ecco un nuovo poster
per Valerian e la Città dei Mille Pianeti,
diretto da Luc Besson, in cui compaiono i due
protagonisti Cara Delevingne
e Dane DeHaan.
Il primo trailer di
Valerian e la città dei mille pianeti
Valerian e la città dei
mille pianeti, che uscirà il 21 luglio 2017, conta nel
cast anche John Goodman, Ethan
Hawke, Clive Owen, Rutger
Hauer e Rihanna.
Dane
DeHaan e Cara Delevingne
interpretanoValérian e Laureline, due agenti
speciali del governo operativo nei territori umani nel
28esimo secolo, chiamati a mantenere l’ordine nell’universo e a
partecipare a un’impegnativa missione sul pianeta intergalattico
Alpha.
Nel 2012, è stata annunciata
l’intenzione di Besson di realizzare un
adattamento cinematografico della serie a fumetti francese
Valérian and Laureline, pubblicata per la prima
volta nel 1967 e tradotta il 21 lingue. A maggio 2015
Besson, attraverso un tweet, ha annunciato che
Dane DeHaan e Cara Delevingne
come protagonisti del film. Questo film segna il ritorno del
regista al genere space opera, venti anni dopo Il quinto
elemento.
Con un budget di circa 170 milioni
di dollari è diventato il film più costoso della storia del cinema
francese, record in precedenza detenuto da Asterix alle
Olimpiadi.
Ecco la prima foto ufficiale di
Valerian, prossimo sci-fi diretto da
Luc Besson con protagonisti Dane DeHaan e Cara
Delevingne. Di seguito l’immagine con i due attori
ritratti insieme al regista.
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Nel cast del film ci sono
Dane DeHaan, Cara Delevingne, Clive Owen, Ethan Hawke, John
Goodman e Rihanna.
Le riprese cominceranno in Francia
il prossimo gennaio e il film uscirà il 21 luglio 2017.
Il film è l’adattamento di una
graphic novel di Pierre Christin e
Jean-Claude Mezieres che è ambientata nel 28esimo
secolo, quando l’umanità scopre i viaggi nel tempo.
Al prossimo San Diego
Comic-Con tornerà l’EuropaCorp di Luc
Besson. Ma il panel dedicato
a Valerian e la città dei mille
pianeti, l’atteso sci-fi con Dane
DeHaan e Cara Delevingne, saprà
offrire più emozioni rispetto alle scarne
anticipazioni della scorsa edizione. Saranno mostrate delle
immagini esclusive del film nella prestigiosa Hall H,
quella destinata alle produzioni maggiori e più attese.
Il panel di
Valerian e l’incontro con i fan si
svolgeranno il 21 luglio, giorno di apertura dell’edizione 2016
del San Diego Comic-Con. Il progetto fantascientifico di
Luc Besson, basato sulla graphic novel francese
del 1967 di Pierre Christin
e Jean-Claude Mézière, sarà pronto a sbarcare
nelle sale in 3D esattamente un anno dopo: il 21 luglio 2017.
Dane
DeHaan e Cara Delevingne
interpretanoValérian e Laureline, due agenti
spazio-temporali della Terra nel 28esimo secolo chiamati a
mantenere l’ordine nell’universo. Nel cast ci sono
anche Clive Owen, Ethan
Hawke e Rihanna.
Peter Jackson ha
dato la sua benedizione a Valerian e a Luc Besson. Il
regista de Il Signore degli anelli ha espresso il
suo apprezzamento per il lavoro del collega francese in maniera
inequivocabile. Ecco il suo tweet:
Valerian e la città
dei mille pianeti conta nel cast
anche John Goodman, Ethan
Hawke, Clive
Owen, Rutger
Hauer e Rihanna.
Dane
DeHaan e Cara
Delevingne interpretanoValérian
e Laureline, due agenti speciali del governo operativo nei
territori umani nel 28esimo secolo, chiamati a mantenere
l’ordine nell’universo e a partecipare a un’impegnativa missione
sul pianeta intergalattico Alpha.
Nell’anno 2740, Valerian e
Laureline sono Corpi Speciali incaricati dal governo di mantenere
l’ordine in tutto l’universo. Seguendo gli ordini del loro
comandante, Valerian e Laureline si imbarcano per una missione
nella città intergalattica di Alpha, metropoli in continua
espansione e dimora di migliaia di specie diverse provenienti da
ogni angolo della Galassia. Questa importante e storica città, è
sotto l’attacco di un nemico sconosciuto. Valerian e Laureline
dovranno combattere contro il tempo per trovare l’origine di questa
forza maligna e fermarla prima che distrugga il nostro
universo.
Nel 2012, è stata annunciata
l’intenzione di Besson di realizzare un
adattamento cinematografico della serie a fumetti
francese Valérian and Laureline, pubblicata
per la prima volta nel 1967 e tradotta il 21 lingue. A maggio
2015 Besson, attraverso un tweet, ha
annunciato che Dane
DeHaan e Cara
Delevingne come protagonisti del film. Questo film
segna il ritorno del regista al genere space opera, venti anni
dopo Il quinto elemento.
Con un budget di circa 170 milioni
di dollari è diventato il film più costoso della storia del cinema
francese, record in precedenza detenuto da Asterix
alle Olimpiadi.
Una boccata d’aria fresca, così
Dane DeHaan definisce Valerian e la
Città dei Mille Pianeti per il genere sci-fi. Ci riferiamo
al film in cui l’attore fa coppia con Cara
Delevingne diretto da Luc Besson.
Durante la promozione de La
Cura del Benessere, di Gore Verbinski,
l’attore ha dichiarato: “Dunque, Valerian. Penso che sarà
pazzesco e davvero folle. Un film da franchise che rappresenterà
una boccata d’aria fresca in termini della sua voce. È il film
più divertente che io abbia mai fatto, quindi spero che sarà
divertente anche per le persone che lo guarderanno.”
Il primo trailer di
Valerian e la città dei mille pianeti
Valerian e la
città dei mille pianeti, che uscirà il 21 luglio
2017, conta nel cast anche John Goodman,
Ethan Hawke, Clive Owen,
Rutger
Hauer e Rihanna.
Dane DeHaan e Cara
Delevingne interpretanoValérian e
Laureline, due agenti speciali del governo operativo nei
territori umani nel 28esimo secolo, chiamati a mantenere
l’ordine nell’universo e a partecipare a un’impegnativa missione
sul pianeta intergalattico Alpha.
Nel 2012, è stata annunciata
l’intenzione di Besson di realizzare un
adattamento cinematografico della serie a fumetti francese
Valérian and Laureline, pubblicata per la prima
volta nel 1967 e tradotta il 21 lingue. A maggio 2015
Besson, attraverso un tweet, ha annunciato che
Dane DeHaan e Cara Delevingne
come protagonisti del film. Questo film segna il ritorno del
regista al genere space opera, venti anni dopo Il quinto
elemento.
Con un budget di circa 170 milioni
di dollari è diventato il film più costoso della storia del cinema
francese, record in precedenza detenuto da Asterix alle
Olimpiadi.
Sono state diffuse da Yahoo!
Movies nuove immagini dal prossimo film di Luc
Besson, lo sci-fi Valerian e la città dei
mille pianeti, con protagonista femminile Cara
Delevingne. [nggallery id=2624]
Valerian e la città dei
mille pianeti, che uscirà il 21 luglio 2017, conta nel
cast anche John Goodman, Ethan
Hawke, Clive Owen, Rutger
Hauer e Rihanna.
Dane
DeHaan e Cara Delevingne
interpretanoValérian e Laureline, due agenti
speciali del governo operativo nei territori umani nel
28esimo secolo, chiamati a mantenere l’ordine nell’universo e a
partecipare a un’impegnativa missione sul pianeta intergalattico
Alpha.
Nell’anno 2740, Valerian e
Laureline sono Corpi Speciali incaricati dal governo di mantenere
l’ordine in tutto l’universo. Seguendo gli ordini del loro
comandante, Valerian e Laureline si imbarcano per una missione
nella città intergalattica di Alpha, metropoli in continua
espansione e dimora di migliaia di specie diverse provenienti da
ogni angolo della Galassia. Questa importante e storica città, è
sotto l’attacco di un nemico sconosciuto. Valerian e Laureline
dovranno combattere contro il tempo per trovare l’origine di questa
forza maligna e fermarla prima che distrugga il nostro
universo.
Nel 2012, è stata annunciata
l’intenzione di Besson di realizzare un
adattamento cinematografico della serie a fumetti francese
Valérian and Laureline, pubblicata per la prima
volta nel 1967 e tradotta il 21 lingue. A maggio 2015
Besson, attraverso un tweet, ha annunciato che
Dane DeHaan e Cara Delevingne
come protagonisti del film. Questo film segna il ritorno del
regista al genere space opera, venti anni dopo Il quinto
elemento.
Con un budget di circa 170 milioni
di dollari è diventato il film più costoso della storia del cinema
francese, record in precedenza detenuto da Asterix alle
Olimpiadi.
Ecco nuove immagini ufficiali di
Valerian, prossimo sci-fi diretto da
Luc Besson con protagonisti Dane DeHaan e Cara
Delevingne. Nelle foto, pubblicate da Entertainment
Weekly, a seguire potete vedere i due giovani protagonisti in
azione.
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Nel cast del film ci sono
Dane DeHaan, Cara Delevingne, Clive Owen, Ethan Hawke, John
Goodman e Rihanna. Le riprese sono
cominciate in Francia il prossimo gennaio e il film uscirà il 21
luglio 2017.
Il film è l’adattamento di una
graphic novel di Pierre Christin e
Jean-Claude Mezieres che è ambientata nel 28esimo
secolo, quando l’umanità scopre i viaggi nel tempo.Fonte: EW