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Il caso Spotlight e The Danish Girl per Sala Bio

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Il caso Spotlight e The Danish Girl per Sala Bio

Con l’avvicinarsi della cerimonia di premiazione degli Oscar 2016, la prossima settimana Sala Bio raddoppia e propone al pubblico milanese del Cinema Colosseo le attesissime anteprime in lingua originale e sottotitolate di due film che hanno fatto incetta di nomination.

Martedì 16 febbraio si comincia con IL CASO SPOTLIGHT, il film diretto da Tom McCarthy sulla storica inchiesta giornalistica del Boston Globe vincitrice del Premio Pulitzer che nel 2002 ha rivelato la copertura sistematica da parte della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali.

Il film, interpretato da un cast d’eccezione in cui figurano, tra gli altri, Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams e Stanley Tucci, è candidato a 6 premi OscarÒ, tra cui quelli come Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale. Il caso Spotlight sarà distribuito nelle sale italiane a partire dal 18 febbraio da Bim Distribuzione.

Mercoledì 17 febbraio invece sarà la volta dell’anteprima di THE DANISH GIRL, il nuovo film del regista premio Oscar Tom Hooper (Il Discorso del Re, Les Misérables) sulla commovente storia d’amore ispirata dalle vite degli artisti Einar e Gerda Wegener, il cui lavoro e matrimonio sono travolti dalla scelta di Einar di intraprendere la pionieristica scelta di diventare la prima transessuale al mondo, Lili Elbe.

Il film è candidato 4 premi Oscar, tra cui quello come Miglior Attore protagonista per Eddie Redmayne e quello come Miglior Attrice Protagonista per Alicia Vikander. The Danish Girl sarà distribuito nelle sale italiane a partire dal 18 febbraio da Universal Pictures.

Martedì 16 febbraio, ore 21.00

Il caso Spotlight

di Tom McCarthy

(USA / 2015 / 128’)

La storia del team di giornalisti investigativi del Boston Globe soprannominato Spotlight, che nel 2002 ha sconvolto la città con le sue rivelazioni sulla copertura sistematica da parte della Chiesa cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali, in un’inchiesta premiata col premio Pulitzer. Quando il neodirettore Marty Baron arriva da Miami per dirigere il Globe nell’estate del 2001, per prima cosa incarica il team Spotlight di indagare sulla notizia di cronaca di un prete locale accusato di aver abusato sessualmente di decine di giovani parrocchiani nel corso di trent’anni. Consapevoli dei rischi cui vanno incontro mettendosi contro un’istituzione com la Chiesa cattolica a Boston, il caporedattore del team Spotlight, Walter “Robby” Robinson, i cronisti Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll cominciano a indagare sul caso.

Uscita: 18 febbraio (Bim Distribuzione)

Mercoledì 17 febbraio, ore 21.00

THE DANISH GIRL

di Tom Hooper

(Regno Unito, Belgio, USA / 2015 / 119’)

Basato sul libro di David Ebershoof, The Danish Girl è la straordinaria storia d’amore ispirata alle vite di Lili Elbe e Gerda Wegener – interpretati dal premio Oscar Eddie Redmayne (La Teoria del Tutto) e Alicia Vikander (Ex Machina) – e diretto dal premio Oscar Tom Hooper. La carriera e la storia d’amore tra Lili e Gerda si evolve, mentre i due navigano nel rivoluzionario viaggio intrapreso da Lili per diventare pioniera dei transgender.

Uscita: 18 Febbraio (Universal Pictures)

Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione, recensione

Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione, recensione

Non c’è persona più o meno appassionata di sport a cui non sia familiare la storia di Marco Pantani, il “pirata” del ciclismo che cavalcava le curve tortuose dei circuiti (e della sua difficile vita privata) come un vero filibustiere. Specialista nella scalata – un bisogno fisico, dirà nella storica intervista con Gianni Mura, che poteva abbreviare la sua agonia interiore – Pantani guidò le prime pagine della cronaca sportiva italiana negli anni Novanta vincendo di tutto, affrontando gravi infortuni e riuscendo a compiere un’impresa condivisa con solo altri sette eletti: centrare la doppietta Giro d’Italia-Tour de France nel 1998.

Ma alla luce corrisponde sempre l’ombra, e nel rispetto delle migliori tradizioni archetipiche del viaggio dell’eroe, anche il pirata dovette affrontare l’ostacolo più difficile al culmine del successo: l’accusa di doping nel 1999, dalla quale scaturiranno l’incapacità di tornare ai livelli di una volta, il peso dell’opinione mediatica, le verità scomode, la depressione, l’abuso di droghe e, infine, la tragica morte nel 2004.

Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione, un titolo sistematico

Il titolo del film di Domenico Ciolfi (che arriva dopo la riduzione televisiva di Claudio Bonivento con Rolando Ravello nei panni del protagonista) è sistematico e mette subito in chiaro l’intenzione di leggere la scomparsa del ciclista come un assassinio impunito, e per farlo si serve delle prove scritte e delle testimonianze raccolte nel processo giudiziario come linee guida del racconto. Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione inizia infatti dallo sguardo di un avvocato (Francesco Pannofino) rivolto a pile di procure e materiale d’archivio e si allarga nel tempo a quello del Pantani uno e trino interpretato da tre diversi attori per tre momenti specifici della sua esistenza: Brenno Placido nei giorni precedenti allo scandalo; Marco Palvetti a Cesenatico, luogo metafisico di incontro con il vecchio e il nuovo sé; Fabrizio Rongione nelle ultime ore nella camera d’hotel a Rimini.

Nel mezzo ci sono i volti più o meno a fuoco che hanno avuto un ruolo determinante o marginale nella discesa verso l’abisso, sullo schermo restituita con costante disagio e toni noir, proprio per appurare la tesi di un mistero mai realmente risolto, di un mito a cui mancano pagine fondamentali e di un’icona che abbiamo imparato a conoscere grazie al punto di vista di abili, e spesso disonesti, sciacalli scribacchini. Come nello splendido I, Tonya di Craig Gillespie, anche qui è facile avvertire il fascino che certi personaggi sportivi esercitano nell’immaginario pubblico, specie se negativi o contrari al significato più universale del termine “eroe”; i media e il ciclismo avevano bisogno di Pantani, Pantani aveva bisogno di un palcoscenico su cui esistere e competere. Un rapporto di reciproca necessità, insomma. Ma cosa succede quando una delle due parti si ribella alla tossicità della relazione?

Il Caso Pantani - L’omicidio di un campione recensioneUn Marco difficile, impossibile da raggiungere

Tuttavia in Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione prevale la volontà di mettere ordine alla logica degli eventi, e in questa ricerca maniacale del dettaglio (scandita da didascalie con giorno e ora) ci si dimentica a volte del fattore umano e dell’imprevedibilità che rende fallibile anche il più vincente dei campioni. Si ha quindi la sensazione che i tre Pantani del film siano simulacri di una storia piuttosto che persone reali, e i documenti d’archivio inseriti da Ciolfi non fanno che ricordarci quanto fosse già cinematografico, eterno e terribilmente umano il Marco delle interviste, delle scalate e delle ricadute. Forse davvero impossibile da raggiungere, allora come adesso.

Il caso Minamata: trama, cast e la vera storia dietro al film con Johnny Depp

Ci sono uomini al mondo che, pur senza indossare maschere o disporre di superpoteri, riescono a compiere gesta capaci di avere una risonanza tale da poter salvare numerose vite umane. Si tratta di persone da sempre impegnate a combattere contro le ingiustizie e continuamente attente a smascherare il male perpetrato da altri. Uno di questi uomini è stato William Eugene Smith, fotografo documentarista la cui vita è raccontata nel film Il caso Minamata, diretto da Andrew Levitas, il quale si concentra sui suoi reportage fotografici realizzati nella città giapponese di Minamata, i quali hanno svelato al mondo gli effetti di una malattia letale.

Il film, basato sull’omonimo libro scritto dallo stesso Smith in collaborazione con Aileen Mioko Smith, ripercorre le vicende che hanno portato alla scoperta della malattia di Minamata. Si tratta di una sindrome neurologica causata da intossicazione acuta da mercurio, i cui sintomi includono atassia, parestesie e numerosi altri danni all’audio, alla vista e alle articolazioni. Presentato in anteprima al Festival di Berlino, il film è stato accolto in modo molto positivo dalla critica, che ne ha elogiato l’intensità drammatica e la fedeltà agli eventi reali.

Più volte rimandato a causa della pandemia di Covid-19, Il caso Minamata potrà essere finalmente visto anche in Italia, dimostrando una volta di più la capacità del cinema di ricordare eventi terribili nella speranza che non si verifichino più. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla vera storia dietro il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Il caso Minamata: la trama del film

La vicenda si apre a New York, nel 1971. Il celebre fotoreporter William Eugene Smith è ormai l’ombra di sé stesso. Alcolizzato, in polemica con il mondo dell’informazione e senza più alcun rapporto con i figli vive in solitudine e si rifiuta di lavorare. Il direttore della rivista Life Robert Hayes gli offre di recarsi nella città costiera giapponese di Minamata, devastata dall’avvelenamento da mercurio, risultato di decenni di inquinamento industriale da parte della Chisso Corporation. A pregarlo di recarsi lì, vi è anche la traduttrice giapponese Aileen, la quale desidera che il mondo sappia cosa sta accadendo.

Arrivato dunque sul luogo, Smith entra in contatto con la comunità di pescatori del villaggio e, armato della sua macchina fotografica, documenta i loro sforzi per convivere con la grave malattia, chiamata proprio “malattia di Minamata” e la loro appassionata campagna per ottenere un risarcimento da parte della Chisso, importante azienda chimica giapponese, e dal governo del Paese. Le immagini di Smith dal villaggio avvelenato danno al disastro una dimensione umana straziante e il suo incarico iniziale si trasforma in un’esperienza gli cambierà la vita.

Il caso Minamata: il cast del film

Ad interpretare il fotografo William Eugene Smith vi è il celebre attore Johnny Depp, il quale si è detto da subito attratto dalla parte, considerando Smith un vero eroe. Il suo coinvolgimento nel progetto è stato tale che ha deciso di ricoprire anche il ruolo di produttore. La sua intensa interpretazione è poi stata particolarmente lodata e indicata come una delle migliori della sua carriera. Accanto a lui, nel ruolo di Robert Hayes vi è l’attore Bill Nighy, mentre Aileen è interpretata dall’attrice giapponese Minami, qui al suo primo ruolo internazionale. Completano il cast Hiroyuki Sanada nel ruolo di Mitsuo Yamazaki, Jun Kunimura in quelli di Junichi Nojima e Katherine Jenkins nei panni di Millie.

Il caso Minamata storia vera

Il caso Minamata: la vera storia dietro il film

Come anticipato, quella di Il caso Minamata è una drammatica storia vera che ha per protagonista il fotoreporter William Eugene Smith. Egli, con la sua attività di fotografo fu determinante nello svelare al mondo la malattia di Minamata, la quale era stata già identificata per la prima volta nel 1956. Questa era il risultato dell’inquinamento da mercurio inorganico delle acque perpetrato da una fabbrica chimica di proprietà della Chisso Corporation. Man mano che le persone e gli animali consumavano pesci, crostacei e vegetali bagnati dalle acque, iniziarono a soffrire di avvelenamento da mercurio.

La Chisso Corporation inquinava in realtà tali acque già dal 1932 e continuò a farlo fino al 1968, quando il governo riconobbe la malattia di Minamata quale causa di avvelenamento. Naturalmente la Chisso era consapevole del fatto che i propri rifiuti stavano inquinando il territorio, causando evidenti problemi. È a questo punto che entra in gioco Smith, chiamato a documentare quanto stava accadendo nella città giapponese. Agli inizi degli anni Settanta, Smith era un uomo ormai preda dell’alcol e dell’autocommiserazione, ma la sua compagnia Aileen Mioko lo spinse ad accettare l’incarico.

Il compito di Smith fu però in più occasioni ostacolato, con la Chisso che commissionò anche alcuni attacchi fisici nei suoi confronti affinché la smettesse di documentare il tutto. Il fotografo però non si fece intimorire e continuò a scattare fotografie dei malati e dei luoghi dove questi vivevano. Una volta pubblicati, i suoi scatti contribuirono a portare l’attenzione globale su ciò che stava avvenendo, aiutando anche i locali a vincere le loro cause contro la Chisso. Le pulizie della zona iniziarono poi nel 1977, ma le acque non furono considerate salve sino al 1997. Ad oggi, oltre 2.265 hanno contratto la malattia, e 1.784 di queste sono decedute.

Il caso Minamata: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Il caso Minamata si potrà vedere in prima tv su Sky Cinema Uno venerdì 17 settembre alle 21.15, mentre sarà possibile vederlo anche in streaming su NOW e on demand. Grazie alla sezione Extra i clienti Sky da più di tre anni e con Sky Cinema, potranno vedere il film prima di tutti on demand nella suddetta sezione.

Fonte: IMDb, HistoryvsHollywood

Il caso Minamata: in prima tv su Sky il film con Johnny Depp

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Il caso Minamata: in prima tv su Sky il film con Johnny Depp

Johnny Depp è il protagonista de Il caso Minamata in prima tv su Sky Cinema Uno venerdì 17 settembre alle 21.15, in streaming su NOW e disponibile on demand. Diretto da Andrew Levitas, il film racconta la storia vera del fotoreporter Eugene Smith che all’inizio degli anni 70 riuscì a documentare le conseguenze dell’avvelenamento da mercurio nel villaggio giapponese di Minamata, con uno dei reportage più riusciti della sua carriera e più famosi della storia del giornalismo. Nel cast, accanto a Johnny Depp, Hiroyuki Sanada, Jun Kunimura, Minami, Ryo Kase,Tadanobu Asano, Akiko Iwase e Bill Nighy.  

Il caso Minamata: quando esce e dove vederlo in streaming

Il caso Minamata in prima tv su Sky Cinema Uno venerdì 17 settembre alle 21.15, in streaming su NOW e disponibile on demand. E grazie a extra i clienti Sky da più di tre anni e con Sky Cinema, lo vedranno prima di tutti on demand nella sezione extra.

Il caso Minamata in prima tv su NOW e anche on demand su Sky. Iscriviti a soli 3 euro per il primo mese e guarda il film e molto altro.

Il caso Minamata streamingIl caso Minamata, la trama

Il caso Minamata – New York, 1971. Il celebre fotoreporter W. Eugene Smith (Johnny Depp) è ormai l’ombra di se stesso. Alcolizzato, in polemica con il mondo dell’informazione e senza più alcun rapporto con i figli vive in solitudine e rifiuta di lavorare. Ma un incarico da parte del direttore della rivista Life Robert Hayes (Bill Nighy) lo porta nella città costiera giapponese di Minamata, devastata dall’avvelenamento da mercurio, risultato di decenni di inquinamento industriale da parte della Chisso Corporation, un’importante azienda chimica giapponese.  Lì Smith entra in contatto con la comunità di pescatori del villaggio e, armato della sua macchina fotografica, documenta i loro sforzi per convivere con la grave malattia causata dall’avvelenamento da mercurio, chiamata proprio “malattia di Minamata”, e la loro appassionata campagna per ottenere un risarcimento da parte della Chisso e dal governo giapponese. Le immagini di Smith dal villaggio avvelenato danno al disastro una dimensione umana straziante e il suo incarico iniziale si trasforma in un’esperienza gli cambierà la vita.

Il caso Mattei: recensione del film con Gian Maria Volontè

Il caso Mattei Anno: 1972 Regia: Francesco Rosi Cast: Gian Maria Volontè

Dalla morte di Enrico Mattei, precipitato con il suo aereo nella campagna di Bascapè (Pavia) durante il ritorno da un viaggio in Sicilia, in circostanze ad oggi ancora non chiare, inizia la rievocazione del periodo da lui trascorso alla guida dell’Agip e dell’Eni. Nominato nel 1945 commissario straordinario dell’Agip, con il difficile compito di liquidarla, svenderla a privati o a grandi compagnie, l’ingegner Mattei riesce abilmente a mantenere la società in vita e, addirittura, a potenziarla e renderla più efficiente, evitando in questo modo la vendita. Nel biennio 1946-1948 nasce la rete dell’Agip, e si hanno le prime scoperte di petrolio e metano in diverse parti d’Italia.

Mattei, spregiudicato ma geniale, cerca di dimostrare che può esistere un’efficiente industria italiana degli idrocarburi e, a tale scopo, s’ingegna per offrire ai paesi arabi ed africani produttori di greggio condizioni di sfruttamento delle loro risorse più vantaggiose di quelle proposte dai rappresentanti dei trust anglo-americani del petrolio. Inimicandoseli mortalmente.

Dal connubio Francesco Rosi-GianMaria Volonté non poteva che nascere un grande film dal sapore storico-documentaristico su uno dei tanti misteri della Repubblica italiana. Non a caso, il film vinse la Palma d’oro a Cannes ex aequo con La classe operaia va in paradiso, sempre con Volonté (regia di Elio Petri).

Questa pellicola traspone la biografia di Enrico Mattei che fino in fondo difese l’Eni dai settori deviati dello Stato e dalle speculazioni dei privati, pagando però questo suo fare coscienzioso con la vita.

Partendo proprio dalla morte di Mattei, Rosi ricostruisce il modo in cui si è giunti a quel tragico epilogo, incentrando tutto il lungometraggio sulla figura dell’ingegnere senza emettere giudizi di valore sull’Italia, senza alcun tentativo di innalzarlo ad eroe, o emettendo alcuna condanna storica di parte. La figura di Mattei viene presentata esaltandone proprio il lato umano, la semplicità, la solitudine, il suo essere un Davide al cospetto dei Golia rappresentati dalle istituzioni italiane. D’altronde, con questo taglio obiettivo e genuflesso alle esigenze della cronaca, Rosi ha raccontato molti eventi nefasti del nostro Paese.

La sceneggiatura si attiene bene ai fatti, anche le varie ambientazioni – in giro per l’Italia e nel Mondo – proprio come gli spostamenti che effettuò Mattei, rispecchiano fedelmente lo stato d’animo di Enrico.

Quanto a Volonté, Il caso Mattei è solo uno dei tanti film d’impegno politico e sociale che l’attore ha interpretato. Magistralmente aggiungiamo. Il fatto che intorno a Volonté non appaiono altri attori noti o vicini al suo carisma, ne esalta ancora di più le sue doti istrioniche, la sua abilità mimica, anche quando i personaggi che interpreta sono miti in sordina.

Il caso Mattei di Francesco Rosi con Gian Maria Volontè

Il caso Mattei di Francesco Rosi con Gian Maria Volontè

Il caso Mattei è il film cult del 1972 diretto da Francesco Rosi e con protagonisti nel cast Gian Maria Volontè, Peter Baldwin, Luigi Squarzina, Edda Ferronao, Franco Graziosi.

In Il caso Mattei nella notte del 27 ottobre 1962 un piccolo aereo privato precipita nelle campagne del pavese, presso la piccola località contadina di Bascapè. A bordo di quell’aereo oltre al pilota ed aun giornalista americano, c’era Enrico Mattei, presidente dell’Eni, l’uomo, in quel momento, più potente d’Italia. Da subito le cause dell’incidente non appaiono chiare, le testimonianze oculari raccolte dagli inquirenti e dai giornalisti giunti sul luogo, portano subito a credere all’ipotesi di un attentato. Perché qualcuno avrebbe voluto la morte di Mattei? E soprattutto chi??? Da questi interrogativi parte un viaggio a ritroso volto a disegnare un ritratto del presidente dell’Eni e al contempo a capire e trovare le possibili cause di una morte tanto misteriosa.

Il caso Mattei, il film

Il caso Mattei è un film di Francesco Rosi (Cadaveri eccellenti)uscito nelle sale nel 1972, esattamente dieci anni dopo la morte del presidente dell’Eni. Un film che prende come riferimento il libro di Fulvio Bellini e Alessandro Previdi L’assassinio di Enrico Mattei, riadattato da un’ottima squadra di sceneggiatori tra cui lo stesso Rosi e Tonino Guerra.

Un film complesso Il caso Mattei, sia nella sua struttura narrativa che nei suoi contenuti, che si pone come obbiettivo di raccontare e illustrare, nel modo più compiuto possibile, la figura di un uomo unico e a suo modo straordinario che incontrò una morte prematura quanto carica di mistero. Un film che incastra fiction a interviste reali, immagini d’archivio a sequenze nelle quali lo stesso Rosi interpreta se stesso; un film che tenta un coraggioso quanto innovativo intreccio tra finzione e realtà, dove è difficile scorgere il confine tra i vari piani narrativi. Ne risulta un film estremamente dinamico e originale che coinvolge e trascina ma che, soprattutto, ci permette di comprendere in modo esaustivo le varie sfaccettature di un uomo su cui e attorno a cui ruota tutta la storia. Per un ruolo tanto complesso e delicato, per un compito tanto impegnativo, non si poteva che optare per la scelta più ovvia, per l’unico attore dell’epoca in grado di rispondere a pieno a tutto ciò: Gian Maria Volontè.

Attore simbolo del cinema politico e di denuncia degli anni ’70, Gian Maria Volontè non delude avvalendosi, per altro, di un’incredibile somiglianza fisica con il “vero” Mattei. Un’interpretazione al solito intensa, passionale e profonda che sviscera in ogni suo aspetto una personalità non semplice e mutevole. Gian Maria Volontè ci offre un Mattei forte, risoluto e orgoglioso ma al quale non mancano momenti di debolezza e, perché no, paura, un Mattei energico e straordinario uomo d’affari ma anche fragile e umano. Francesco Rosi non vuole nascondere le ombre che accompagnarono questo personaggio per buona parte della sua vita: gli ambigui intrecci con la politica o la gestione personale di denaro pubblico. Ma, in sostanza, il film sottolinea la forza e la caparbietà di questo vulcanico e geniale uomo d’affari che osò sfidare le grandi oligarchie del petrolio mondiale. Fare dell’Italia un paese forte, indipendente e non più prono ad un servile vassallaggio verso il monolite americano, un’ Italia capace di trattare da sé con i paesi produttori di petrolio per poter crescere, con le proprie forze, al punto di poter sfidare i giganti statunitensi.

Un uomo pronto a tutto pur di raggiungere i suoi obbiettivi che però avevano poco di personale o privato; la vera ambizione, il vero sogno, era di fare del suo paese una grande potenza, perché Mattei nell’Italia credeva. Il caso Mattei è un film appassionante, mai melenso o retorico, cronicistico ed essenziale come il grande cinema d’inchiesta degli anni ’70 sapeva essere. Un film a cui è legato un misterioso fatto di cronaca nera: il sequestro e la scomparsa di Mauro De Mauro, giornalista de L’Ora, incaricato da Rosi di ricostruire gli ultimi due giorni, in Sicilia, del presidente Eni. Di De Mauro non si saprà mai più nulla.

Il Caso Kerenes di Călin Peter Netzer – recensione

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Il Caso Kerenes di Călin Peter Netzer – recensione

Cornelia (Luminita Gheorghiu), ricca esponente dell’alta società rumena, abituata a vedere esaudito (o acquistato) ogni suo desiderio, ha un grosso cruccio: il comportamento del figlio Barbu (Bogdan Dumitrache) nei suoi confronti. Il piccolino di famiglia, che ha circa trent’anni, con modi bruschi e male parole cerca infatti da tempo di fuggire dalla bolla d’influenza materna, con scarsi risultati da parte sua e molta delusione da parte dell’ingombrante genitrice. L’occasione per il riavvicinamento, però, che Cornelia attende come un ragno sulla tela, arriva, incarnandosi inaspettatamente in una tragedia, l’omicidio colposo che commette Barbu investendo un ragazzino di condizioni modeste con il suo fuoristrada.il caso kerenes

Senza nemmeno preoccuparsi delle condizioni psicologiche del figlio, la donna entra in azione, piegandosi ad ogni bassezza e intrallazzo pur di scagionare il suo unico pargolo dall’accusa di omicidio colposo. I suoi tentativi di corruzione, però, lungi dal conquistare la stima e l’affetto filiale, portano Barbu a disprezzare ancora di più la madre, interessata solo in apparenza a fare il suo bene.

Nel più ampio contesto della critica alla borghesia rumena, persa tra feste, mazzette e scambi di favori, il regista mette così a fuoco un forte centro emotivo: il conflitto tra un figlio che cerca di liberarsi dal morboso attaccamento genitoriale e una madre che, ossessionata dal benessere di quel figlio, lo castra fino a non consentirgli una vita serena.

Il Caso Kerenes , in questo senso, è un film claustrofobico: toglie il fiato nella sua apparente semplicità e porta alla luce un tipo di amore materno malato, teso a mantenere un figlio adulto nella Child’s Pose, cioè nella posizione di dipendenza totale del bambino nel ventre materno, del titolo originale. Cornelia vuole essere madre e compagna, figura cardine e artefice unica di ogni felicità ed esperienza di vita del proprio cucciolo.

La coraggiosa scelta del soggetto, però, riesce a trasformarsi in una grande opera cinematografica solo grazie all’eccezionale regia di Netzer, che trasmette allo spettatore quel senso d’impotenza, ribellione sedata e amore misto ad odio di un figlio vigliacco, e all’ottima interpretazione di Gheorghiu e Dumitrache, veri catalizzatori della vicenda.

Le inquadrature vicine, i movimenti di macchina sporchi, la fotografia livida e la pertinenza dei dialoghi, così precisi e capaci di trasmettere un indefinito senso di disagio da sembrare più autentici del reale, esasperano lo spettatore dando forza al sentimento preminente, quello del rapporto madre-figlio.

Giustamente vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino, Il Caso Kerenes uscirà nelle sale italiane il 13 giugno. Un pugno nello stomaco caldamente consigliato.

Il caso Josette: recensione della commedia di Fred Cavayé

Il caso Josette: recensione della commedia di Fred Cavayé

«Così comincia la nostra storia: un omicidio, poi un arresto e, poco dopo, un processo. Processo che nel 1644 ha quasi diviso la Francia in due». È con queste parole che il narratore dà inizio al buffo e irriverente racconto che vede protagonisti lo sfortunato avvocato Maitre Pompignac e il suo imbranato nipote Jean alle prese con un caso a dir poco incredibile. Il loro cliente? Una povera e (forse) innocente capra accusata di un tragico omicidio.

Il celebre regista francese Fred Cavayé (tanto noto quanto chiacchierato in patria per film come Radin! e Le Jeu) fa ritorno nelle sale italiane con Il caso Josette (titolo originale Les chevres!), una nuova commedia fresca, folle e divertente, che sostiene essere ispirata a fatti realmente accaduti… “o quasi”. Coprodotto da Jerico Films e Pathé Films, con la partecipazione di Netflix, Il caso Josette sarà disponibile al cinema dal 24 aprile.

Il caso Josette Trama

L’avvocato Maître Pompignac (interpretato dall’iconico Dany Boon, noto per film come Giù al nord, Supercondriaco, Ti ripresento i tuoi) non ha mai ottenuto una vittoria in tribunale e tutti i suoi clienti sono stati condannati a morte. Giunto ormai alla resa, dopo una carriera costellata di fallimenti, un giorno incontra una giovane e bella pastora (l’attrice Claire Chust), che, disperata, gli chiede di difendere Josette, un’undicenne ingiustamente accusata di aver ucciso un nobile maresciallo francese, Grégoire Hubert de Colombe.

Il caso Josette – In foto la capra Josette.

Presumendo che Josette fosse una ragazzina, Pompignac accetta il caso, vedendo in esso la grande opportunità di vincere contro l’accusa e di assicurare un futuro migliore alla sua famiglia. Con il sostegno del nipote Jean (Alexandre Desrousseaux), aspirante avvocato, Pompignac affronta con sicurezza e entusiasmo il caso, finché non si rende conto che Josette, in realtà, non è che una semplice capra.

Ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro: Pompignac si ritrova così invischiato in questo bizzarro e ridicolo caso contro il suo acerrimo nemico, il rinomato e odioso Maître Valvert (interpretato da Jérôme Commandeur), famoso in tutta Parigi per non aver mai perso neppure una causa.

Chi è più spietato di una capra?

Con una particolare attenzione all’ambientazione e ai costumi dell’epoca – e con l’aggiunta di nauseanti dettagli che frequentemente rimandano alla scarsa igiene del tempo –, Cavayé trasporta il pubblico in una bizzarra e caotica Francia del XVII secolo. Qui, sotto il regno di un dispettoso e petulante Luigi XIV e la guida dal potente cardinale Mazzarino, si sviluppa la curiosa avventura di Pompignac. Un’avventura che, tra esagerazioni, assurdità e altrettanta banalità, esplora la stupidità e l’inettitudine dell’epoca, spesso sorprendentemente simili a quelle contemporanee.

Il caso Josette – In foto (da sinistra a destra) gli attori Jérôme Commandeur e Dany Boom.

Al di là delle accese diatribe tra parigini e “savoiardi”, nobili e popolani, Pompignac e Valvert, Il caso Josette mette in scena, con un tocco teatrale e caricaturale, alcuni aspetti critici della società moderna, come la lentezza e l’ipocrisia della giustizia, il controverso potere dell’effetto mediatico e la malsana influenza dell’opinione pubblica. Il Popolo di Cavayé non è interessato tanto alla verità quanto piuttosto è rappresentato come uno spettatore avido di disastri altrui, mosso dal semplice desiderio di identificare un colpevole e una vittima. Questo ritratto non solleva interrogativi solo sulla Francia secentesca, ma riflette anche in maniera attuale sul comportamento delle persone, per esempio, sui social media, dove la ricerca della verità spesso cede il passo al bisogno di trovare un capro espiatorio o una figura da idolatrare.

Ridere della stupidità umana, passata e presente

La “commedia dell’assurdo” di Cavayé ha suscitato reazioni contrastanti nel pubblico e nella critica francese: da un lato, c’è chi l’ha trovata sfrontata, ironica, creativa e iperbolica, una satira efficace sulla società passata e presente; dall’altro, chi l’ha giudicata grottesca, prevedibile, ricca di cliché e momenti demenziali.

In realtà, Il caso Josette è tutto questo assieme e, che la si ami o si odii, resta un prodotto cinematografico che diverte e intrattiene egregiamente. Infine, pur non distinguendosi per la sua raffinatezza o originalità, il film gioca abilmente tra realtà e finzione, invitando sottilmente il pubblico a riflettere sulle assurdità, le contraddizioni e le idiosincrasie della vita moderna, non solo francese.

Il caso Alex Schwazer, la recensione della docuserie su Netflix

Il caso Alex Schwazer, la recensione della docuserie su Netflix

Ci sono storie piene di ferite, sudore, lacrime amare e sangue. Storie di persone con dei sogni, il cui futuro sembra fiorente, prima di diventare un incubo dentro al quale si rischia di soffocare. E quando si è lì, in quel tunnel buio in cui neppure un lembo di luce si intravede, si desidera solo chiudere gli occhi e sperare che tutto finisca al più presto. Fin quando qualcuno, con una forza indescrivibile, ti afferra e ti riporta in superficie dove puoi, finalmente, respirare.

Questo è quello che accade in Il caso Alex Schwazer, nuova docu-serie Netflix che sembra ricordare molto, all’inizio, il film Whiplash di Damien Chazelle. Perché il racconto costruito da Massimo Cappello, sotto un attenta scrittura di Marzia Maniscalco, è pieno di sacrifici, lotte e dolori, tutti incanalati per poter raggiungere un obiettivo: vivere della propria passione e forse, in alcuni casi, diventare la propria passione. Il più delle volte, come succede nella finzione ad Andrew e nella realtà ad Alex Schwazer, il voler essere nel firmamento dei grandi nomi, il voler diventare immortale, può spingerti oltre quel limite consentito che, alla fine, ti farà o precipitare o bruciare per sempre.

Nel caso del marciatore italiano, l’ambizione mista alla depressione che lo portò a farsi un’iniezione di eritropoietina nel 2012, fu solo l’inizio di un percorso tortuoso in cui, l’iniziale – eccessiva – fama di gloria del campione olimpico, fu sostituita da un complotto (purtroppo mai ammesso) ai suoi danni per opera di organi sportivi.

Il caso Alex Schwazer, la trama

È il 2012 quando su tutti i notiziari arriva, in diretta da Bolzano, una dichiarazione dell’atleta Alex Schwazer, in cui afferma di essersi volontariamente dopato. Una confessione che lo porta alla squalifica per ben quattro anni e che, nel frattempo, lo fa arrivare alla casa di Sandro Donati, allenatore nonché personaggio attivo nella lotta contro il doping. Dopo un periodo di dolori e depressione, Schwazer si rimette in sesto, pronto ad allenarsi più e meglio di prima, in vista delle Olimpiadi di Rio che si terranno quattro anni dopo.

Ma il 1 gennaio del 2016, un controllo (ambiguo) antidoping lo sorprende a casa e qualche mese dopo, poco prima dell’iscrizione alle gare, risulterà nuovamente positivo. Fermo nella sua innocenza, il campione medaglia d’oro delle Olimpiadi di Pechino del 2008, inizierà una battaglia con Donati, in un’indagine che colpirà sia la WADA che la Federazione internazionale di atletica leggera. Squalificato comunque fino al 2024, nel 2021 il giudice Pelino lo dichiara innocente, confermando una manomissione nelle sue urine al fine di farlo risultare dopato. Le Federazioni sportive, però, non hanno mai smesso di ritenerlo colpevole.

Un racconto che funziona

Quello che è accaduto ad Alex Schwazer è una storia che ben si adatta al linguaggio seriale, coerente con le offerte del colosso streaming e sapientemente inserita in un catalogo folto di prodotti documentaristici dalla grande fascinazione. Il caso Alex Schwazer non è da meno, in quanto presenta una struttura che oscilla fra il legal drama e il thriller. Un giallo, quello che ha avvolto il campione altoatesino, su cui si è voluto investire al fine di gettare una nuova luce su quello che è avvenuto nel 2016 e che, ad oggi, non ha trovato nessun colpevole.

In un’attenta operazione a incastro, Massimo Cappello inizia a modellare un racconto che segue due principali filoni narrativi: la storia di Schwazer e del suo periodo d’oro, a cui è seguita la caduta nel baratro, e la storia antidoping, nella quale è andata inserendosi l’indagine compiuta sulla WADA (Agenzia mondiale antidoping) e la Federazione internazionale di atletica leggera. La bellezza della docuserie, la cui attenzione proprio per questo mai oscilla, è che nonostante il suo pattern didascalico, riesce a formulare un racconto dinamico e coinvolgente, pieno di plot twist, dando quasi l’impressione di assistere a una fiction.

Seppur la storia del marciatore abbia intasato letteralmente i notiziari nostrani per anni e anni, non si può non rimanere esterrefatti per alcune scoperte inedite che si raccolgono lungo le quattro puntate, a volte ritrovandosi ad essere parte attiva della stessa narrazione. Merito di una mirata scrittura di Maniscalco, supportata da una dosata ma accattivante regia di Cappello, con un’esposizione degli eventi volta a entusiasmare il pubblico che si sente chiamato a investigare simultaneamente.

Un viaggio di dolore e rinascita

Oltre alle scioccanti rivelazioni emerse nelle quasi quattro ore di fruizione, in cui vengono distribuite interviste, stralci televisivi e ricostruzioni con alcuni brevi momenti recitativi, è dato un importante rilievo al percorso personale e psicologico affrontato da Alex Schwazer, che innesta un ponte empatico ed emotivo fra lui e il pubblico. Il caso Alex Schwazer si apre proprio con un suo piano medio, in cui l’atleta è posto di fronte alla macchina da presa, come a voler instaurare subito un contatto con lo spettatore, in una conversazione – o meglio confessione – fra lui e l’altra persona, ossia noi.

Parole a cuore aperto, che fluiscono spontanee e si incidono nelle sequenze delle Olimpiadi, dei duri allenamenti, negli attimi di sconforto e in quelli in cui il campione si è sentito talmente perso da voler porre fine alla sua vita. Sono racconti duri, cicatrici che nei suoi occhi sempre lucidi non sembrano poi così rimarginate ma anzi danno l’impressione di sanguinare ancora. Quello a cui si assiste è un viaggio dentro i suoi tumulti interiori, in cui per tutti questi anni (giustamente) si è solo potuta vedere la punta dell’iceberg, senza pensare alla restante massiccia roccia di ghiaccio tesa verso un profondo abisso pieno di mostri, a cui nessuno aveva mai avuto accesso fin’ora. Ma quello di Schwazer è anche un viaggio di crescita personale, di consapevolezze e di rinascita, un po’ come quello tipico dell’eroe descritto da Christopher Vogler.

In questo caso un affrontare due antagonisti: se stessi in primis e poi le istituzioni sportive, la vera condanna dell’atleta. Istituzioni che imponevano un’etica e delle regole, ma che poi si scoprivano i primi a non rispettarle. Un campione, Alex Schwazer, ma prima di tutto un uomo nelle mani di persone sbagliate che, arrivato a bussare alla porta del suo angelo nonché allenatore Sandro Donati, è riuscito a riemergere da quelle acque sporche che lo avevano inghiottito, seppur ancora oggi pesi su di lui una squalifica, nonostante la conferma che nel 2016 non si sia dopato di nuovo, ma anzi sia stato incastrato. Un leone lui, come dirà il suo avvocato Gerhard Brandstaetter, a cui è stato impedito di ruggire ma che, come ricorda, anche da morto sarebbe rimasto tale. Gli sciacalli, invece, rimangono sciacalli.

Il caso Alex Schwazer è un’ulteriore prova su schermo di quanto accaduto anni fa a uno degli atleti migliori che l’Italia possa vantare. Un riscatto personale di un grande marciatore, al quale è stata data l’opportunità di rilasciare una sua personalissima e intima testimonianza, trasformatasi anche in una lettera d’amore a se stesso e allo sport, nonostante tutto. Ma anche un’indagine dettagliata, decisa e puntuale, sciorinata da Cappello insieme al comparto tecnico, che la enfatizza con un preciso montaggio e una buona colonna sonora. Una dimostrazione, poi, di quanto possano esserci a volte perfino comportamenti mafiosi dietro le istituzioni sportive. Di quanto la competizione spesso non sia pulita e, se sei troppo bravo, farti fuori è l’unica missione che conta. Il regista porta a casa un lavoro complesso ma compiuto, intricato ma narrativamente fluido, e nonostante la difficoltà nell’assamble, derivante dal ricco e pesante materiale a disposizione, non c’è proprio nessuna sbavatura.

Il Cartoon WWF con le voci di Luca Argentero e Gabriella Pession dal 23 Novembre in Dvd!

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Dal sovraffollato “paradiso degli animali estinti”, una task-force guidata da un impacciato Dodo che porta la voce di Luca Argentero, scende sulla terra per salvare gli animali a rischio, ma non solo… – Uscito il 23 novembre  in dvd “Il paradiso può attendere”, il divertente cartoon sull’importanza di tutelare la natura, realizzato da WWF e Moviemax Media Group*

Il cardellino: tutto quello che c’è da sapere sul film

Il cardellino: tutto quello che c’è da sapere sul film

Pubblicato nel 2013, il romanzo Il cardellino è il terzo libro scritto da Donna Tartt, che grazie a questo suo nuovo lavoro ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa. Si tratta di un’opera che ha fatto molto parlare di sé, ottenendo da un lato pareri entusiasti e dall’altro alcune delle più severe stroncature degli ultimi decenni. Un simile caso letterario non poteva non ottenere la sua trasposizione cinematografica, che è poi arrivata nel 2019 per la regia di John Crowley, regista noto anche per i film Brooklyn e Boy A. Proprio come il romanzo, anche il film ha diviso l’opinione pubblica.

Vi è infatti chi lo ha particolarmente apprezzato e lo ritiene un lungometraggio particolarmente denso ed epico, considerando anche i suoi 150 minuti di durata, mentre numerosi sono stati anche i detrattori. In particolare, la critica ha evidenziato i difetti narrativi di questa trasposizione. Il cardellino è inoltre diventato uno dei più clamorosi insuccessi del suo anno al box office. A fronte di un budget di circa 50 milioni, il film è arrivato ad incassarne appena 10 in tutto il mondo, facendo dunque perdere una considerevole somma alla Warner Bros., lo studio di produzione occupatosi del progetto.

Per chi ha amato il romanzo, nonostante le tante differenze presenti tra le due opere, il film è comunque un titolo da riscoprire, anche solo per il cast di star che conferiscono ulteriore valore al tutto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alle differenze con il libro. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il cardellino: la trama e il cast del film

Protagonista del film è Theodore “Theo” Decker, che all’età di 13 anni perde sua madre, uccisa nello scoppio di una bomba al Metropolitan Museum of Art. Rimasto da solo, Theo viene affidato alla famiglia del suo amico Andy Barbour. Mentre cresce e si affeziona alla signora Samantha Barbour, adattandosi alla sua nuova vita, Theo custodisce gelosamente “Il cardellino“, il dipinto di Carel Fabritius a cui sua madre era molto affezionata e che lui ha rubato nel museo dopo l’attentato. Ben presto, però, la sua vita verrà sconvolta di nuovo, costringendolo a spostarsi continuamente, vivendo esperienze inaspettate e incontrando personaggi più o meno raccomandabili. Nel corso di tutto ciò, Theo dovrà inoltre accettare il doloroso lutto subito.

Come anticipato, il cast è composto da attori particolarmente noti. Il protagonista Theo è interpretato da Ansel Elgort, mentre i coniugi Barbour sono interpretati da Boyd Gaines e Nicole Kidman. Jeffrey Wright è Hobbie, proprietario di un negozio di antiquariato amico di Theo, mentre Luke Wilson interpreta Larry Decker, vero padre del protagonista. Completano il cast gli attori Sarah Paulson nei panni di Xandra, Willa Fitzgerald in quelli di Kitsey e Finn Wolfhard in quelli del giovane Boris, amico di Theo. L’attore, noto per la serie Stranger Things, ottenne il ruolo dopo aver dimostrato di poter recitare con un convincente accento russo. Aneurin Barnard interpreta invece Theo da adulto.

Il cardellino libro

Il cardellino: le differenze tra il libro e il film

Adattare un romanzo di 784 è stata un impresa estremamente complicata, specialmente considerando la costruzione non lineare del racconto. Ciò ha portato a dover apportare molti tagli e modifiche, mantenendo comunque lo spirito e le parti essenziali. Innanzittuto, relativamente alla madre del protagonista e alla sua morte, la principale differenza tra la versione del film e la versione del libro è quanto meglio la donna viene raccontata in quest’ultimo. Nel film non si scopre mai il suo nome e non si vede nemmeno il suo volto. Il libro, invece, la racconta come una donna molto amata da suo figlio, il che rende tutto ancora più devastante quando muore. Nel film, invece, la maggior parte di ciò è lasciata all’immaginazione.

In entrambe le versioni, inoltre, una delle persone morte nell’attentato è un uomo di nome Welty, il quale dona a Theo un anello. Nel libro, l’anello aiuta Theo a ricordare il nome “Hobart e Blackwell”, che lo porta al negozio di antiquariato dove incontra Hobie, il suo eventuale custode. Nel film, invece, tale risvolto avviene in modo meno preciso e non direttamente conseguente. Il libro, poi, è ovviamente molto più estetso nel racconto della vita di Theo dopo che ha lasciato la casa di suo padre a Las Vegas e va a vivere con Hobie a New York. Molti degli episodi raccontati a questo punto del libro sono invece omessi dal film.

Molti cambiamenti si ritrovano poi nel personaggio dell’amico Boris. La maggior parte di questo sono solo il risultato delle possibilità del libro di contenere più dettagli. Il film esclude ad esempio la parte del libro in cui la relazione tra Theo e Boris diventa tesa perché Boris ha una nuova fidanzata. Un altro importante cambiamento arriva dopo che Theo ha aspettato Boris per settimane in un hotel di Amsterdam dopo il loro fallito tentativo di riprendersi il dipinto dai criminali locali. Nel libro, il depresso Theo alla fine decide di consegnarsi alla polizia olandese per i suoi crimini quando Boris si presenta e lo ferma. Nel film, Theo tenta invece il suicidio e Boris irrompe dalla porta dell’hotel per salvare il suo amico in overdose.

Il cardellino: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Il cardellino grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Now, Amazon Prime Video e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 8 giugno alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb, Slate

Il cardellino: Nicole Kidman e Ansel Elgort nel primo trailer

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Il cardellino: Nicole Kidman e Ansel Elgort nel primo trailer

La Warner Bros ha diffuso in rete il primo trailer originale de Il Cardellino, il film adattamento cinematografico del romanzo premio Pulitzer scritto da Donna Tartt. Nel cast troviamo Ansel Elgort, Nicole Kidman, Sarah Paulson, Jeffrey Wright, Aneurin Barnard, Finn Wolfhard e Luke Wilson. Alla regia c’è John Crowley (Brooklyn).

Ecco di seguito la trama del romanzo:

Figlio di una madre devota e di un padre inaffidabile, Theo Decker sopravvive, appena tredicenne, all’attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo a New-York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. A disagio nella sua nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dall’acuta nostalgia nei confronti della madre, Theo si aggrappa alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino singolare che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminalità internazionale. Nel frattempo, Theo cresce, diventa un uomo, si innamora e impara a scivolare con disinvoltura dai salotti più chic della città al polveroso labirinto del negozio di antichità in cui lavora. Finché, preda di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare, si troverà coinvolto in una rischiosa partita dove la posta in gioco è il suo talismano, il piccolo quadro raffigurante un cardellino che forse rappresenta l’innocenza perduta e la bellezza che, sola, può salvare il mondo.

Il Cardellino: intervista al regista John Crowley

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Il Cardellino: intervista al regista John Crowley

Ecco l’intervista a John Crowley, il regista de Il Cardellino, con Nicole Kidman e Ansel Elgort, distribuito in Italia da Warner Bros. Home Entertainment in esclusiva digitale per l’acquisto e il noleggio dal 6 dicembre sulle seguenti piattaforme: Apple TV App, Itunes, Google Play, Youtube, Infinity, Sky Primafila, Chili, Rakuten TV, TIMvision, Playstation Store e Microsoft Film&TV.

IL CARDELLINO, adattamento per il grande schermo del romanzo di Donna Tartt (vincitrice del premio Pulitzer del 2014), con Nicole Kidman, Ansel Elgort, Sarah Paulson e Finn Wolfhard, arriva in Italia dal 6 dicembre in esclusiva digitale.

Da Warner Bros. Pictures e Amazon Studios è in arrivo “Il Cardellino”, adattamento per il grande schermo del romanzo amato in tutto il mondo della scrittrice Donna Tartt, vincitrice del premio Pulitzer del 2014 nella categoria Fiction e della Medaglia Andrew Carnegie for Excellence in Fiction.

Diretto dal regista premio BAFTA John Crowley (“Brooklyn”), il film vede un cast multigenerazionale guidato da Ansel Elgort (“Baby Driver”) nel ruolo di Theo Decker e l’attrice premio Oscar® Nicole Kidman (“The Hours,” “Big Little Lies”) in quello della Sig.ra Barbour.

Il cardellino: Nicole Kidman e Ansel Elgort nel primo trailer

Theodore “Theo” Decker aveva 13 anni, quando sua madre venne uccisa dallo scoppio di una bomba al Metropolitan Museum of Art. La tragedia cambiò il corso della sua vita, conducendolo in una commovente odissea fatta di dolore e colpevolezza, di reinvenzione e redenzione, e persino di amore. Nel mezzo di tutto ciò, si aggrappa ad un tangibile oggetto di speranza, ricordo di quel giorno…il quadro di un uccellino incatenato al suo trespolo, Il Cardellino.

“Il Cardellino” è prodotto da Nina Jacobson (la trilogia di “The Hunger Games”, “American Crime Story”) e Brad Simpson (“World War Z”, “American Crime Story”).  Mari Jo Winkler-Ioffreda, Kevin McCormick, Sue Kroll e Courtenay Valenti sono i produttori esecutivi. La sceneggiatura è del candidato all’Oscar® Peter Straughan (“Tinker Tailor Soldier Spy”), tratta dal romanzo di Donna Tartt, apparso per 30 settimane di seguito sulla lista dei libri più venduti del The New York Times.

Del film fanno parte anche Oakes Fegley (“Pete’s Dragon”) nel ruolo di Theo da bambino, Aneurin Barnard (“Dunkirk”) in quello di Boris, Finn Wolfhard (“Stranger Things”, “It”) nel ruolo di Boris da bambino, con Sarah Paulson (“The Post”, “American Crime Story”) nel ruolo di Xandra, Luke Wilson (“The Royal Tenenbaums”) in quello di Larry e Jeffrey Wright (la trilogia di “The Hunger Games”) in quello di Hobie.

A completare il nutrito cast troviamo anche Ashleigh Cummings (“Miss Fisher’s Murder Mysteries”) nel ruolo di Pippa, Willa Fitzgerald (“Little Women”) in quello di Kitsey Barbour, Aimee Laurence (“Chicago P.D.”) nel ruolo di Pippa da bambina, Denis O’Hare (“American Horror Story”) nel ruolo di Lucius Reeve, e Boyd Gaines (“Driving Miss Daisy” del 2014) in quello di Mr. Barbour.

Il team creativo dietro la cinepresa comprende, il direttore della fotografia premio Oscar® Roger Deakins (“Blade Runner 2049”), lo scenografo candidato all’Oscar® K.K. Barrett (“Her”), la montatrice Kelley Dixon (“Breaking Bad”) e la costumista Kasia Walicka Maimone (“Bridge of Spies”). Le musiche sono di Trevor Gureckis (“Bloodline”).

“Il Cardellino” è una presentazione Warner Bros. Pictures, in associazione con Amazon Studios, una produzione Color Force, un film di John Crowley. Il film sarà distribuito in Italia da Warner Bros. Home Entertainment in esclusiva digitale per l’acquisto e il noleggio dal 6 dicembre sulle seguenti piattaforme: Apple TV App, Itunes, Google Play, Youtube, Infinity, Sky Primafila, Chili, Rakuten TV, TIMvision, Playstation Store e Microsoft Film&TV.

Il cardellino di Donna Tartt al cinema grazie al regista di Brooklyn

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John Crowley, acclamato regista di Brooklyn con Saoirse Ronan, si prepara a portare sul grande schermo un altro romanzo di successo. Arriva infatti da Deadline la notizia che Crowley si occuperà di dirigere l’adattamento cinematografico de Il cardellino (The Goldfinch), romanzo scritto nel 2013 dalla scrittrice statunitense Donna Tartt.

Leggi la recensione di Brooklyn

La RatPat Entertainment e la Warner Bros. si occuperanno di sviluppare il progetto. Peter Straughan, sceneggiatore de La talpa con Gary Oldman, è stato ingaggiato per curare lo script.

il cardellino

Con Il cardellino, Donna Tartt ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa del 2014. Di seguito la sinossi ufficiale del romanzo:

Theo Decker è un ragazzino di tredici anni che frequenta la terza media. Un giorno, all’improvviso, scoppia una bomba al Metropolitan Museum dove Theo si trova insieme alla madre. Theo riesce a sopravvivere all’attentato terroristico, ma la madre muore, in quello stesso istante in cui la vita di Theo, ineluttabilmente, si riduce in frantumi. Solo a New York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. Theo, però, si trova a disagio nella nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dall’acuta nostalgia nei confronti della madre.

Theo si aggrappa perciò alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino singolare (The Goldfinch, Il Cardellino, appunto) che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminalità internazionale. Nel frattempo Theo cresce, diviene uomo, si innamora e impara a scivolare con disinvoltura dai salotti più chic della città al polveroso, intricato e camaleontico labirinto del negozio di antiquariato dove lavora. Finché, preda di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare, si trova coinvolto in una rischiosa partita dove la posta in gioco è appunto il suo “talismano”, il piccolo quadro raffigurante un cardellino che, forse, sta a rappresentare l’innocenza perduta e la bellezza che, sola, può salvare il mondo.

Fonte: Indiewire

Il Capofamiglia: una clip esclusiva dall’esordio alla regia di Omar El Zohairy

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Dopo aver stregato la critica internazionale e aver vinto numerosi premi, tra cui Miglior film alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, Gran premio della Giuria al Torino Film Festival 2021, Miglior film internazionale al Calgary International Film Festival in Canada e Miglior film ai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival, il curioso lungometraggio Il Capofamiglia (titolo originale Feathers), nonché promettente esordio alla regia dell’egiziano Omar El Zohairy, arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

IL CAPOFAMIGLIA di Omar El Zohairy, in cui magia e realtà si fondono per raccontare la vita di una famiglia in Egitto oggi, è una favola nera moderna che non mancherà di colpire lo spettatore, grazie anche alla straordinaria e pluripremiata interpretazione dell’attrice esordiente Demyana Nassar. IL CAPOFAMIGLIA diretto da Omar El Zohairy arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

SINOSSI – Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Una valanga di assurde conseguenze si abbatte su tutta la famiglia: la madre, la cui vita era interamente dedicata a marito e figli, deve prendere in mano la situazione e provvedere alla famiglia. Mentre muove mari e monti per riportare il marito indietro e tenerlo al sicuro, la donna attraversa una trasformazione totale.

Il Capofamiglia: il trailer del film di Omar El Zohairy

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Il Capofamiglia: il trailer del film di Omar El Zohairy

Wanted Cinema è lieta di rilasciare il trailer italiano de Il Capofamiglia di Omar El Zohairy. Dopo aver stregato la critica internazionale e aver vinto numerosi premi, tra cui Miglior film alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, Gran premio della giuria al Torino Film Festival 2021, Miglior film internazionale al Calgary International Film Festival in Canada e Miglior film ai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival, il curioso lungometraggio IL CAPOFAMIGLIA (titolo originale Feathers), nonché promettente esordio alla regia dell’egiziano Omar El Zohairy, arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Tra toni surreali e inaspettati accadimenti, il film racconta il difficile percorso di emancipazione femminile nell’Egitto patriarcale, in cui la madre – la cui vita prima era interamente dedicata all’accudimento del marito e del figlio – diventa decisiva nel prendere in mano la situazione e provvedere da sola alla sua famiglia, combattendo contro una società che non mostra alcuna empatia nei confronti della sua situazione.

IL CAPOFAMIGLIA di Omar El Zohairy, in cui magia e realtà si fondono per raccontare la vita di una famiglia in Egitto oggi, è una favola nera moderna che non mancherà di colpire lo spettatore, grazie anche alla straordinaria e pluripremiata interpretazione dell’attrice esordiente Demyana Nassar. IL CAPOFAMIGLIA diretto da Omar El Zohairy arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

SINOSSI – Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Una valanga di assurde conseguenze si abbatte su tutta la famiglia: la madre, la cui vita era interamente dedicata a marito e figli, deve prendere in mano la situazione e provvedere alla famiglia. Mentre muove mari e monti per riportare il marito indietro e tenerlo al sicuro, la donna attraversa una trasformazione totale.

Il capofamiglia, la recensione della Metamorfosi egiziana

Il capofamiglia, la recensione della Metamorfosi egiziana

Dopo un lungo tour internazionale, arriva nei cinema italiani – dal 16 marzo, grazie a Wanted Cinema – un film capace di conquistare il Gran premio della giuria al Torino Film Festival 2021 e di esser scelto come Miglior film dalla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, dal Calgary International Film Festival e dai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival. Apprezzato dalla critica, Il capofamiglia (Feathers) dell’esordiente Omar El Zohairy si prepara a sorprendere anche il nostro pubblico, con un racconto surreale della realtà egiziana, una tragicommedia che esplode a partire da un momento magico all’interno della famiglia protagonista.

Un mix di dramma e commedia

Una innocente festa di compleanno, un mago ingaggiato per far divertire i piccoli di casa, un gioco che avrebbe dovuto rivelare tutt’altra sorpresa: questo è il contesto nel quale scopriamo – insieme alle vittime incredule, sullo schermo – l’esito di un incantesimo andato storto. Nel quale il padre autoritario di una famiglia modesta viene trasformato in un pollo.

Con buona pace delle tante promesse e del sogno di andare a vivere in una villa con piscina, quando l’uomo non può più andare a lavorare nella fabbrica vicina, tanto che i suoi fumi invadono quotidianamente la casa, tutto cambia. E ad affrontare la catena di incredibili quanto assurde conseguenze si trova, da sola, la madre, fino ad allora interamente dedita a marito e figli.

Il capofamiglia vero

Non è solo per l’incredibile metamorfosi che il regista pone come premessa del film che questa tragicommedia (soprattutto “tragi”) possa esser definita a buon diritto “kafkiana”, ma per il tono che la pervade e il contesto nel quale si svolge. Quello egiziano, ma di qualsiasi altro ambito svantaggiato e in balia di forme di civiltà e scambi commerciali meno sviluppati di quelli ai quali siamo abituati. Un contesto nel quale si è più disposti ad accettare una situazione surreale che a riconoscere i diritti fondamentali a un qualsiasi essere umano.

il capofamigliaIn questo caso una madre in ambasce, lei sì costretta a farsi carico dell’intera famiglia, compreso il fu marito, che nella sua nuova forma necessita di cure e attenzioni particolari e non è in grado di contribuire alla ben povera economia casalinga. Costretta a slalom olimpici tra loschi pretendenti alla sua virtù e rigidi kapo burocrati, è l’incredibile interpretazione dell’esordiente Demyana Nassar a trasmettere l’angoscia esistenziale dell’assurdo che affronta con un aplomb al limite del non espressivo. Controllata, e quasi senza parlare, riesce a mostrare la dignità, la forza, il coraggio di un soggetto mai vittima degli eventi, sempre in grado di rispondere agli “urti della vita” senza credere a illusorie “love story” (come sottolineato dalla colonna sonora).

Una dark comedy nella quale si fatica a ridere di tanta disperazione, ma che oppone al dramma un tale livello di inverosimile e paradossale da vincere ogni resistenza. Grazie anche all’equilibrio e la sensibilità mostrata da El Zohairy nel rappresentare l’approccio quasi rassegnato all’apparentemente inevitabile, e ingiustificabile, che qui non esistono magia o cospirazioni, ma solo priorità. Quelle della vita. Che costringe la donna e i suoi figli a un periodo di scoperta di sé e a una emancipazione nella quale vale forse la pena di leggere un suggerimento, o una allegoria, soprattutto visto il riferimento all’Egitto maschilista e patriarcale che fa lo stesso regista.

Il Capofamiglia, dal 16 marzo al cinema

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Il Capofamiglia, dal 16 marzo al cinema

Dopo aver stregato la critica internazionale e aver vinto numerosi premi, tra cui Miglior film alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, Gran premio della giuria al Torino Film Festival 2021, Miglior film internazionale al Calgary International Film Festival in Canada e Miglior film ai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival, il curioso lungometraggio Il Capofamiglia (titolo originale Feathers), nonché promettente esordio alla regia dell’egiziano Omar El Zohairy, arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Tra toni surreali e inaspettati accadimenti, il film racconta il difficile percorso di emancipazione femminile nell’Egitto patriarcale, in cui la madre – la cui vita prima era interamente dedicata all’accudimento del marito e del figlio – diventa decisiva nel prendere in mano la situazione e provvedere da sola alla sua famiglia, combattendo contro una società che non mostra alcuna empatia nei confronti della sua situazione.

Il Capofamiglia di Omar El Zohairy, in cui magia e realtà si fondono per raccontare la vita di una famiglia in Egitto oggi, è una favola nera moderna che non mancherà di colpire lo spettatore, grazie anche alla straordinaria e pluripremiata interpretazione dell’attrice esordiente Demyana Nassar. Il Capofamiglia diretto da Omar El Zohairy arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

Il Capofamiglia – la trama

Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Una valanga di assurde conseguenze si abbatte su tutta la famiglia: la madre, la cui vita era interamente dedicata a marito e figli, deve prendere in mano la situazione e provvedere alla famiglia. Mentre muove mari e monti per riportare il marito indietro e tenerlo al sicuro, la donna attraversa una trasformazione totale.

Il capo perfetto, la recensione del candidato spagnolo agli Oscar

Non ha vinto la Concha de Oro del 69º Festival Internacional de Cine de San Sebastián, ma potremmo ritrovarcelo agli Oscar a competere per il Miglior Film in Lingua Straniera. Coerentemente con il record delle venti candidature ai Premi Goya ricevute, la Spagna ha preferito proporre all’Academy Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa (I lunedì al sole, Escobar), piuttosto che il Madres paralelas di Pedro Almodóvar – film di apertura di Venezia 78 – o il Mediterráneo di Marcel Barrena, premiato dal pubblico alla Festa del Cinema di Roma.

E con ragione, senza nulla togliere ai contendenti. Quello che dal 23 dicembre BiM distribuisce nelle sale italiane italiane è a tutti gli effetti un film solido, compiuto, equilibrato e con un protagonista incredibile a dirigere un’orchestra di personaggi e un intreccio a metà tra certe pietre miliari nazionali e il film di genere statunitense. Una rappresentazione solo apparentemente grottesca, anzi molto realistica e nuda di una realtà popolare, in tutti i sensi.

Di che parla Il capo perfetto

Siamo nella provincia madrilena, nella fabbrica della storica azienda di bilancie industriali di Julio Blanco, padre padrone della piccola comunità che gira intorno alla compagnia, attento e disponibile nei confronti di ogni suo dipendente, con i quali cerca di mantenere un rapporto umano e quasi familiare. Ma nella settimana in cui dovrebbe ricevere la visita di una ispezione della commissione che dovrà assegnare un premio di eccellenza locale tutto sembra concorrere al peggio. Disposto a qualunque cosa pur risolvere i problemi dei suoi dipendenti, affinché non riducano la produttività e gli consentano di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento, Blanco inanella una serie di interventi dei quali rischia di non essere in grado di valutare o gestire le conseguenze.

Una Roulette spagnola

Presentato – e venduto – come commedia, il film non merita di esser contenuto in una definizione tanto rigida. La grande interpretazione dell’attore spagnolo ce lo mostra in continua trasformazione (anche fisica) e capace di cambiare registro alla costruzione del regista con ogni sua singola espressione. Facendo sì che dramma, farsa o denuncia si alternino in una roulette che per tutto il film attendiamo si fermi. Un crescendo nel quale vediamo aggiungersi maschere alla tragedia, a complicarsi le soluzioni previste ai problemi, dai più semplici ai più complessi. E la cui sperata quadratura del cerchio sembra sempre più difficile dal concretizzarsi.

Il capo perfetto film 2021Dall’ex dipendente, all’amico di infanzia impazzito di gelosia, sua moglie, il supposto amante, una segretaria che nasconde segreti e la giovane stagista, il teatrino scorre davanti ai nostri occhi come ineluttabile. E anche la sicurezza ostentata dall’esperto Blanco – pronto a pontificare di bilance ed equilibrio quanto a oscillare tra assolutismi e relativismo – si conferma come apparente. Soprattutto quando messa alla prova dalla vita reale, nei brevi siparietti con la moglie, completamente esterna al suo microcosmo (o campo giochi, che dir si voglia).

Una umanità che conosciamo molto bene

Viene da pensare al nostro Ettore Scola più che al realismo magico di certa tradizione di lingua ispanica, soprattutto per le piccolezze dell’essere umano che colorano la rappresentazione. E che riescono a farci ridere amaro di fronte alla ferocia di situazioni che conosciamo o riusciamo a figurarci fin troppo bene. L’assurdo è quello della realtà, in fondo, e nasce dalla mania del controllo, dal senso di disperazione e di superiorità che sempre più ci circonda.

Ed è un peccato che nella traduzione del titolo si perda la varietà linguistica del riferimento originale. Non solo, e non tanto all’aspetto padronale e gerarchico reso dal più generico “capo” forse per pudore nell’utilizzare termini poco consoni alla moderna sensibilità sindacale. Quanto alla presentazione del nostro protagonista come “difensore” e “modello” per i suoi sottoposti, quasi “un santo” (patrono, appunto) cui rivolgersi con le proprie preghiere o desiderata. Tutti significati che aumentano lo spaesamento nel seguire questo soggetto gattopardesco, tanto magnetico e ipnotico quanto ridicolo e inquietante nel suo attraversare relazioni, sentimenti e principi sui quali lui stesso sembra credere sinceramente di aver basato la propria esistenza e successo.

Il capo perfetto, il trailer del film con Javier Bardem

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Il capo perfetto, il trailer del film con Javier Bardem

Ecco il trailer Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa con Javier Bardem, il film che rappresenterà la Spagna agli Oscar 2022. Dal 23 dicembre al cinema. Il capo perfetto è un film scritto e diretto da Fernando León de Aranoa e arriverà al cinema distribuito da Bim Distribution.

Il capo perfetto, la trama

Blanco (Javier Bardem), proprietario di una storica azienda spagnola di bilance industriali, amato e stimato dai dipendenti per la sua grande umanità, è in gara con la sua impresa per un premio di eccellenza locale. Considerato da tutti e da se stesso un capo magnanimo, è disposto a qualunque cosa pur risolvere i problemi dei suoi dipendenti affinché non riducano la produttività e gli consentano di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento. E mentre la tensione sale per la visita di ispezione della commissione del premio, Blanco inizia a collezionare una serie di errori e comici disastri che lo porteranno a dover dimostrare di essere davvero un capo perfetto…

Il capo perfetto con Javier Bardem al cinema dal 23 dicembre

Il capo perfetto con Javier Bardem al cinema dal 23 dicembre

Dal 23 dicembre al cinema Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa con Javier Bardem, il film che rappresenterà la Spagna agli Oscar 2022.  Il capo perfetto è un film scritto e diretto da Fernando León de Aranoa e arriverà al cinema distribuito da Bim Distribution. 

La trama

Ne Il capo perfetto Blanco (Javier Bardem), proprietario di una storica azienda spagnola di bilance industriali, amato e stimato dai dipendenti per la sua grande umanità, è in gara con la sua impresa per un premio di eccellenza locale. Considerato da tutti e da se stesso un capo magnanimo, è disposto a qualunque cosa pur risolvere i problemi dei suoi dipendenti affinché non riducano la produttività e gli consentano di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento. E mentre la tensione sale per la visita di ispezione della commissione del premio, Blanco inizia a collezionare una serie di errori e comici disastri che lo porteranno a dover dimostrare di essere davvero un capo perfetto…

Il Capo dei Capi, serie tv: trama, cast e dove vederla in streaming

La storia italiana, soprattutto quella contemporanea, è una delle più ricche e antiche al mondo. È quindi quasi scontato che registi e autori attingano dal nostro passato per la realizzazione di nuovi prodotti televisivi. Negli ultimi anni, infatti, sempre più di frequente il palinsesto televisivo si riempie di film e/o serie tv ispirate a fatti di cronaca relativi agli anni della cosiddetta Prima Repubblica. Quest’espressione per lopiù giornalistica, si riferisce al periodo di storia politica italiana che va dal 1948 al 1994. In questo contesto storico, politico e sociale si inserisce la serie Il Capo dei Capi, diretta da Enzo Monteleone e Alexis Sweet, e con Claudio Gioè e Daniele Liotti.

Andata in onda nel 2007, la serie prodotta dalla Taodue – divisa in sei puntate da circa un’ora e mezza ciascuna -, è ispirata all’omonimo libro dei giornalisti Giuseppe D’Avanzo e Attilio Bolzoni. Il Capo dei Capi racconta la storia dell’ormai noto boss malavitoso Salvatore Riina, detto Totò Riina.

Nato e cresciuto nella Sicilia più rurale e dimenticata, Riina era un semplice contadino, rosso e poco istruito ma per nulla ingenuo. Ossessionato dai soldi ma soprattutto dal potere, Totò inizia la sua scalata facendosi strada verso la vetta un delitto alla volta. Divenuto in breve tempo uno dei personaggi più temuti di Corleone, Riina comincia a reclutare il suo piccolo esercito per poter sferrare il suo attacco finale allo Stato.

Il Capo dei Capi cast trama: tra realtà e finzione

Negli anni ottanta la Sicilia e in particolare la città di Palermo era sotto assedio. La mafia controllava ogni cosa, dalle amministrazioni locali all’illecito traffico di stupefacenti e i clan si contendevano le piazze dello spaccio. In particolare la fazione dei Corleonesi, guidata da Totò Riina era in lotta per il controllo sul territorio con una seconda fazione della quale faceva parte anche il famoso boss Tommaso Buscetta.

In quel periodo a Palermo vennero commessi circa 600 omicidi da entrambi i clan, situazione che spinse le istituzioni a creare una vera e propria commissione antimafia. Tra i giudici e i magistrati nominati c’erano anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le indagini del pool antimafia portano all’arresto di 460 persone e all’inizio del Maxiprocesso di Palermo (1986), ovvero il più grande e lungo processo della storia.

Mentre i pesci piccoli delle due fazioni di Cosa Nostra finivano in carcere a vita, i boss della malavita siciliana continuavano a prosperare. Grazie ad attentati e omicidi, negli anni novanta Riina è a capo di Cosa Nostra e comanda indisturbato su Palermo e gran parte della Sicilia. Le sue attività illecite continuano fino al 1992, anno in cui la mafia decide di uccidere i due magistrati Falcone e Borsellino.

Il primo a cadere è Falcone, il 23 maggio del 1992, vittima di un’esplosione sull’autostrada A29, evento che viene tutt’oggi ricordato come la Strage di Capaci. Qualche mese più tardi, il 19 luglio del 1992, tocca a Borsellino ucciso invece nell’attentato terroristico di stampo mafioso ricordato come la Strage di Via D’Amelio.

Il Capo dei Capi cast

Dal 1982 fino a quel momento, Totò Riina era rimasto nell’ombra al comando di Cosa Nostra, usando i suoi scagnozzi per compiere i suoi atroci delitti. Il potere e la latitanza lo facevano sentire invincibile, quasi intoccabile. Con l’uccisione di Falcone e Borsellino, tuttavia, le autorità fecere di tutto pur di smascherare e catturare il terribile boss della malavita siciliana. Dopo quasi venticinque anni di latitanza, grazie a una soffiata di un pentito mafioso, il 15 gennaio del 1993 i Carabinieri arrestano Riina. Il boss era rimasto nascosto fino a quel momento in una casa segreta al centro di Palermo.

Il Capo dei Capi, parte proprio dall’arresto di Totò Riina e ripercorre a ritroso tutta la sua vita. Finito ormai dietro le sbarre, Riina (Claudio Gioè) riceve in carcere la visita di un uomo, Biagio Schirò (Daniele Liotti), un suo vecchio amico d’infanzia. Grazie a questa visita inaspettata, Riina comincia a ricordare il suo passato, dall’adolescenza fino alla militanza in Cosa Nostra.

Rimasto orfano di padre nel 1943, a soli tredici anni Totò comincia a prendersi cura della famiglia. Ben presto però si rende conto che lavorare nei campi non basta per vivere una vita dignitosa. E’ così che, insieme agli amici Bernardo Provenzano (Salvatore Lazzaro), Calogero Bagarella (Marco Leonardi) e Biagio Schirò (Daniele Liotti), comincia a lavorare come ‘picciotto’ per un boss locale. In quel preciso istante comincia la sua ascesa nella malavita organizzata.

In ogni puntata la serie copre un arco temporale di una quindicina d’anni, raccontandoci degli episodi più importanti della sua vita. Scopriamo quali sono i suoi più fedeli collaboratori, i suoi nemici e tutti i crimini compiuti nel nome di Cosa Nostra. La storia finisce così com’era iniziata, in carcere, con il boss finalmente dietro le sbarre.

Il Capo dei Capi film: L’ultimo dei Corleonesi

Girata tra Ragusa e Catania, la serie Il Capo dei Capi ha avuto un successo incredibile, riproponendo in chiave moderna un pezzo importante della storia politica italiana della Prima Repubblica. Tuttavia, la serie non è la prima ad aver trattato temi di interesse storico-politico come quello della nascita e della caduta del boss Totò Riina.

Nel 2007, infatti, anche la RAI produce un film dal titolo L’ultimo dei Corleonesi, che racconta dello stesso periodo storico dal punto di vista di un vecchio amico di Riina, Bernardo Provenzano.

Il film comincia a Palermo, nel 1992 con la Strage di Capaci e il successivo arresto di Bernardo Provenzano (David Coco). Nel momento in cui il boss viene arrestato, il film con un flashback, ci riporta indietro nel tempo, nella Corleone nel 1948. A quei tempi, Provenzano, insieme all’amico Totò Riina (Marcello Mazzarella), viene arruolato dal killer Luciano Liggio (Stefano Dionisi), ai comandi del boss Michele Navarra (Emilio Bonucci). I ragazzi cominciano quindi a seguire Liggio nelle sue missioni, partecipando a omicidi ed esecuzioni, entrando nelle grazie del boss del paese.

Leggi anche: Un Passo Dal Cielo, fiction tv: cast, trama e anticipazioni

Gli anni passano e Liggio, Riina e Provenzano ormai sono diventati inseparabili, membri a vita del clan dei Corleonesi di Cosa Nostra. Quando nel 1974 Liggio viene arrestato per omicidio e molti altri capi d’accusa, Riina e Provenzano diventa i soli e unici capi del clan, scatenando una guerra contro la fazione rivale.

Per anni la coppia di amici governa indisturbata su Palermo e su tutta la Sicilia. A seguito delle uccisioni di Falcone e Borsellino però, le autorità stringono Cosa Nostra in una morsa e nel 1993 anche Riina finisce dietro le sbarre. Rimasto solo a governare la mafia siciliana, Provenzano si dà alla macchia e sparisce dai radar della polizia. Solo nei primi anni duemila, seguendo le tracce lasciate dai vari tirapiedi del boss, i servizi segreti italiani rintracciano Provenzano.  Il film, diretto da Alberto Negrin, si chiuse così, con la fine di questo gigantesco flashback e con la cattura del pericoloso killer malavitoso, Bernardo Provenzano.

Dove vedere Il Capo dei Capi in streaming

La famosa miniserie Il Capo dei Capi, prodotta della Taodue e diretta da Enzo Monteleone e Alexis Sweet, è disponibile in streaming in abbonamento su Infinity Tv.

Fonte: Wiki

Il Capitale Umano: una nuova clip

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Il Capitale Umano: una nuova clip

In attesa che il prossimo 9 gennaio giunga nei cinema italiani Il capitale umano, nuova fatica del regista livornese Paolo Virzì, la 01 Distribution ha pubblicato attraverso il proprio canale youtube la seguente clip ufficiale del film:

Ad accompagnare la clip, inoltre, è stata pubblicata la sinossi ufficiale de Il capitale umano: Le velleità di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo Virzì stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.

Vi ricordiamo che faranno parte del cast Fabrizio BentivoglioFabrizio GifuniValeria Bruni TedeschiValeria GolinoLuigi Lo CascioMatilde Gioli e Giovanni Anzaldo. Per ulteriori informazioni vi invitiamo a leggere la nostra recensione de Il Capitalo Umano.

Il Capitale Umano: una clip dal film di Virzì

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Il Capitale Umano: una clip dal film di Virzì

In attesa che il prossimo 9 gennaio giunga nei cinema italiani Il capitale umano, nuova fatica del regista livornese Paolo Virzì, la 01 Distribution ha pubblicato attraverso il proprio canale youtube la seguente clip ufficiale del film:

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Ad accompagnare la clip, inoltre, è stata pubblicata la sinossi ufficiale de Il Capitale Umano:

Le velleità di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo Virzì stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.

Vi ricordiamo che faranno parte del cast Fabrizio BentivoglioFabrizio GifuniValeria Bruni TedeschiValeria GolinoLuigi Lo CascioMatilde Gioli e Giovanni Anzaldo.

Per ulteriori informazioni vi invitiamo a leggere la nostra recensione de Il Capitalo Umano.

Fonte: 01

Il Capitale Umano: recensione film di Paolo Virzì

Il Capitale Umano: recensione film di Paolo Virzì

Era dai tempi di Tutta la vita davanti che Paolo Virzì non metteva una vena così feroce, un ghigno così beffardo nel descrivere la nostra società e i suoi mali. Lo fa qui in Il Capitale Umano, lasciando la commedia all’italiana per il noir, per un dramma tinto di humour nero, in cui il riso non distoglie dalla desolazione dell’insieme. Siamo in Brianza, nel mondo lussuoso di ville da fiaba, se non fosse che i personaggi che lo abitano ci riportano a una realtà ben poco edificante. Sulla scorta del romanzo dell’americano Stephen Amidon – che trova una seconda vita nel contesto nord italico, grazie all’adattamento di Francesco Bruni, Francesco Piccolo e Virzì stesso – Virzì si diverte a svelare le storture, le miserie, l’ordinaria meschinità che si nascondono dietro a questo mondo da sogno. Fotografia impietosa di una società che sembra aver perso il suo “capitale umano”.

In Il Capitale Umano Dino Ossola (Bentivoglio) è un immobiliarista in crisi disposto a tutto pur di risollevarsi. Giovanni Bernaschi (Gifuni) è un mago della speculazione in borsa e non aspetta che uomini come Dino per fare affari. Quando i loro figli si fidanzano, tutto si mette in moto. Attorno a questi giochi pericolosi, si muovono Carla Bernaschi (Bruni Tedeschi), ricca moglie dalle ambizioni frustrate, Roberta (Golino), la compagna di Dino, psicologa accogliente e “aspirante madre”, e i due giovani: Serena (Matilde Gioli) e Massimiliano (Guglielmo Pinelli), su cui le rispettive famiglie riversano ansie e aspettative troppo alte. Nel momento più critico, a complicare tutto interviene un incidente.

Resta un vasto campionario di bassezze: arrivismo cieco, padri che si servono dei figli per i propri scopi, che li vogliono sempre vincenti, uomini incapaci di amare, donne velleitarie, che disprezzano ciò di cui non possono fare a meno e non sanno coltivare ciò che dicono di amare, adolescenti insicuri, ma anche aggressivi e sgradevoli. A rappresentarlo, attori straordinariamente in forma che, coadiuvati dal lavoro di sceneggiatura, danno l’opportuna complessità ai personaggi: Bentivoglio e Gifuni, incarnazioni diverse della “naturalezza del male”, uno con la sua furbesca piccineria, l’altro con la sua disinvolta ostentazione di potere; Valeria Bruni Tedeschi perfetta nell’alternare strategica ingenuità e opportunismo cinico; Valeria Golino, unica adulta che può essere punto di riferimento. Buone prove anche dai giovani (gli esordienti Gioli e Pinelli, come Giovanni Anzaldo, già visto in Razzabastarda), a cui viene affidata una traccia di speranza.

Interessante la struttura di Il Capitale Umano: si mostra  l’intera vicenda da tre punti di vista diversi, traendo poi le conclusioni. Ripetizione non noiosa che, anzi, aggiunge elementi, facendo scoprire pian piano chi sono davvero i personaggi e cosa sia realmente accaduto, mantenendo abbastanza la suspense.

Il capitale umano: incontro con Virzì e Gifuni per l’uscita in Home Video

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Giovedì 26 giugno ore 18:30 il regista Paolo Virzì e l’attore Fabrizio Gifuni, in occasione dell’uscita home-video del film Il capitale umano, incontreranno il pubblico alla Libreria-videoteca Discoteca Laziale (via Mamiani, 62/a – Roma). Oltre all’uscita in home video del film, si festeggerà anche il successo del film, vincitore di 7 David di Donatello fra cui quello per il miglior film, di 4 Ciak d’Oro tra cui miglior regia e miglior sceneggiatura e del Globo d’oro per il miglior film. Modererà l’incontro Piera Detassis, direttrice del mensile di cinema Ciak.

Il capitale umano è disponibile in vendita dal 19 giugno in Blu-ray disc e DVD distribuito da 01 DISTRIBUTION. La vicenda comincia una notte, sulla provinciale di una città brianzola, alla vigilia di Natale, con un ciclista investito da un SUV. Questo incidente diviene l’espediente grazie al quale narrare la vita di diversi personaggi appartenenti a due famiglie: quella Bernaschi composta da Giovanni, Carla sua moglie e loro figlio, appartenenti all’opulenza di un mondo legato alla speculazione finanziaria e quella Ossola, in cui Dino, compagno di Roberta, psicologa, rappresenta un ambizioso e spregiudicato immobiliarista sull’orlo del fallimento. Completa la famiglia Serena, una ragazza legata sentimentalmente al figlio dei Bernaschi.

Il capitale umano: al via il remake made in USA

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Il capitale umano: al via il remake made in USA

Dagli Stati Uniti arriva la notizia che è stato messo in lavorazione il remake de Il capitale umano, il film di Paolo Virzì vincitore del David di Donatello. Diretto da Virzì nel 2014 e scritto da Francesco Piccolo, Paolo Virzì, Francesco Bruni e Stephen Amidon, il film ha vinto sette Oscar italiani, compreso quello a miglior film “battendo” La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino ed è stato uno dei maggiori successi della stagione.

Indiana Production, che con Rai Cinema aveva prodotto il film, fa parte della squadra di produzione per questo “nuovo” progetto, insieme a Trudie Styler Celine Rattray di Maven Pictures, Oren Moverman di Sight Unseen Pictures e Liev Schreiber Matthew Stillman di Illuminated Content.

Il cast è stato già annunciato e presenta molti volti noti nel panorama internazionale: Liev Schreiber (Ray Donovan, Spotlight), Marisa Tomei (The Wrestler), Alex Wolff (Hereditary, Jumanji), Peter Sarsgaard (Garden State, An Education), Maya Hawke (Stranger Things), Paul Sparks (House of Cards, The Crown) e Betty Gabriel (The Purge, Get Out). Le riprese si svolgeranno a New York.

A dirigere il film è stato chiamato Marc Meyers, che adatterà una sceneggiatura di Oren Moverman. Il commento di Fabrizio Donvito, per Indiana Production: “Solo la magia di questo mestiere può portare un romanzo americano ad essere un film italiano per poi essere un remake americano. Io e i miei soci amiamo il film di Virzì e siamo certi che la squadra che sta realizzando la versione Usa è all’altezza”.

Il Capitale Umano – la recensione

Fonte

Il capitale umano Trailer del film di Paolo Virzì

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Il capitale umano Trailer del film di Paolo Virzì

Guarda il trailer ufficiale del nuovo film di Paolo VirzìIl capitale umano, con protagonisti Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Vincent Nemeth, Luigi Lo Cascio. La pellicola arriverà nelle sale italiane a partire dal 09 Gennaio 2014.

Libero adattamento del romanzo Il capitale umano di Stephen Amidon, il film è stato scritto da Francesco Bruni, Francesco Piccolo e Paolo Virzì.

Le velleità di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo Virzì stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.

Il capitale Umano rappresenterà l’Italia nella corsa all’Oscar 2015

E’ Il capitale umano di Paolo Virzì il film preselto per rappresentare l’Italia alla corsa agli Oscar 2015. Il film è stato infatti scelto dalla cerchia di sette film per poter concorrere all’ambita cinquina di nominati che gareggeranno poi per la statuetta che lo scorso anno si è portato a casa Paolo Sorrentino con La Grande Bellezza.

Ricordiamo che Il capitale umano arrivati in ‘finale’ erano: Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek, Anime Nere di Francesco Munzi, Il Capitale Umano di Paolo Virzì, In grazie di Dio di Edoardo Winspeare, Le Meraviglie di Alice Rohrwacher, Song’e Napule dei Manetti Bros e Sotto Una Buona Stella di Carlo Verdone.

Senza dubbio alcuno il film di Virzì è quanto di meglio quest’anno potevamo offrire alla prestigiosa competizione mondiale.

Il Capitale Umano come finiscono le storie del film?

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Il Capitale Umano come finiscono le storie del film?

Questa settimana, sulla pagina Facebook del film Il capitale umano, saranno svelati i seguiti delle storie dei protagonisti del film immaginati da Paolo Virzì. Prima della pubblicazione, gli utenti saranno invitati a immaginare come è proseguita la storia di ogni personaggio, utilizzando l’hashtag #ILTUOFINALE su Twitter. Il film è basato sul romanzo omonimo di Stephen Amidon, da cui è liberamente tratto.

Ecco la trama del film: Le velleità di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo Virzì stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.

Leggi la nostra recensione de Il Capitale Umano

Fanno parte del cast di Il capitale umano Fabrizio BentivoglioFabrizio GifuniValeria Bruni TedeschiValeria GolinoLuigi Lo CascioMatilde Gioli e Giovanni Anzaldo.