Sarà Davide contro Golia, uno
scontro impari ed epico. Il Dolby Theatre di Los Angeles aspetta
soltanto la magica notte degli Oscar 2016 per sancire il vincitore,
e quale momento è più atteso dell’assegnazione della statuetta
dorata al Miglior Film del 2016?
Quest’anno l’Academy ha
reso eleggibili ben otto film, otto esempi di come il cinema possa
raccontare storie diverse e appassionanti, delicate e tragiche,
fantascientifiche e tremendamente reali, orribili, coraggiose,
misteriose, violentissime e pragmatiche.
Tra favoriti e non, gli otto film
in questione rappresentano un ventaglio mai tanto vasto di
possibilità e di opzioni, per tutti i gusti e i palati
cinematografici. Se infatti i “pesi piuma” come
Brooklyn e Room
possono assecondare i gusti dei cinefili più radical chic,
Sopravvissuto – The Martian segna il
grande ritorno di Ridley Scott con un tono quasi inedito
e una storia sci-fi dal sapore di commedia che sorprende e cattura.
Il parterre di possibili vincitori si tinge di rosso, il
colore della terra della Fury Road, con
l’avventura rock di George Miller che porta trai
nominati non solo un remake/sequel, ma anche un film di genere, tra
il fantasy e lo sci-fi, un’esperienza cinematografica totalizzante.
Il Caso Spotlight e La Grande
Scommessa si dividono invece il pubblico a cui piace
toccare con mano la realtà al cinema, raccontando due grandi storie
degli anni 2000 con incalzante ritmo, ottime interpretazioni e
quell’autenticità schietta e cruda che solo le storie vere riescono
a restituire. Ma se è la Storia ad appassionare, c’è Il
Ponte delle Spie, l’epopea del singolo contro il
sistema, l’elogio della buona retorica, il tutto affidato a una
coppia che più hollywoodiana non si può: Steven Spielberg e Tom
Hanks. Nell’ambito invece del più convenzionale film
“da premio”, nella sua espressione esteticamente più perfetta, c’è
Revenant Redivivo, film dalla confezione
impeccabile e, in più, ispirato a una storia vera.
L’Academy ha quindi fatto le cose
per bene, dal momento che, pur mantenendosi nel criticato cerchio
di film diretti da uomini caucasici (con buona pace delle
“minoranze” di colore e di gender), ha spaziato nella scelta di
temi, generi e toni. Il dramma strappalacrime “da premio” per
eccellenza ha ceduto il passo alla “commedia” nel senso più ampio
del termine, ma anche ai film di genere che così poco
spazio hanno avuto sul podio del Miglior Film nel corso della
storia del premio.
Tutti i film in categoria
concorrono per più premi e tutti, o quasi, sono favoriti almeno per
una statuetta importante. La grande
scommessa e Il Caso
Spotlight si contenderanno nelle rispettive
categorie, le migliori sceneggiature,
Room consegnerà quasi certamente il
premio alla migliore protagonista,
Il Ponte delle Spie potrebbe a buon
diritto insidiare, nella categoria Migliore attore non
protagonista, Sylvester Stallone e il suo
premio “alla carriera” per il ritorno di Rocky Balboa in
Creed. Mad Max Fury
Road farà probabilmente incetta di premi tecnici e
Sopravvissuto The Martian potrebbe a un
premio per il sonoro. Ai due estremi del tavolo delle premiazioni
troviamo Brooklyn e Revenant
Redivivo: il primo, film minuscolo dall’enorme cuore
e principalmente costruito intorno all’intensa e delicata
interpretazione di Saoirse Ronan, è il titolo che
andrà via dal Dolby a mani vuote, concorrendo in sole tre categorie
e avendo davanti dei giganti; il secondo invece è proprio uno di
quei giganti. L’opera monumentale di Alejandro González
Iñárritu è in pole position non solo per premi
importanti quali la migliore interpretazione
maschile (a Leonardo DiCarpio), la migliore fotografia (terzo
premio consecutivo a Emmanuel Lubezki) e migliore regia (secondo premio
consecutivo a Iñárritu, con buona pace del genio
di Miller) ma è anche il favorito nella categoria
in questione. Dopo un autunno tutto a favore de Il Caso
Spotlight, il dramma umano di Hugh Glass ha
sbaragliato tutta la concorrenza, divenendo il preferito dal box
office, dai bookmaker e anche dalla stampa (ultima in
ordine di tempo quella francese), tutti osannano un capolavoro che
non manca di destare però malcontento. Si tratta delle stesse voci
stonate che accusavano Birdman e il suo
regista di eccessivo formalismo e che qui si scagliano contro il
film e i suoi artefici.
L’ultima parola spetta però
all’Academy al completo che voterà congiuntamente per quelle che
dovrebbero essere le migliori performance cinematografiche
dell’anno. Il premio al film è in qualche modo onnicomprensivo, è
difficile immaginare un miglior film che non abbia anche un’ottima
regia, una buona fotografia, interpretazioni di alto livello e una
solida storia. Tuttavia nell’insita natura discriminatoria e
parziale dei premi, la statuetta andrà al film che raccoglierà più
simpatie e preferenze e che dovrebbe essere il migliore,
appunto.
Addentrarci negli oscuri meandri
della definizione di cinema, di bellezza nella settima arte, di
valore artistico di ogni singolo prodotto, sarebbe dispersivo,
lungo e infinitamente ozioso. Ci basti dunque pensare che,
considerato il giusto peso di un premio prestigiosissimo ma allo
stesso tempo sempre un po’ politico come l’Oscar, ognuno,
indipendentemente dal vincitore coronato durante la notte del 28
febbraio, avrà già scelto i suoi vincitori personali, che saranno
validi e belli quanto qualunque altro dei film che verranno
premiati o meno. Perché in fin dei conti l’arte non si può
quantificare a peso di statuetta e il prestigio di un premio vinto
non toglie nulla al valore esistenziale, emozionale, universale di
un bel film.