Tra i film in concorso alla
79ª Mostra internazionale di Venezia c’è
anche The
Son. Il lungometraggio è il secondo lavoro come
regista del drammaturgo francese Florian
Zeller (ricordiamo l’opera prima
The Father – Nulla è come sembra, meritevole di due premi
Oscar e un
premio César).
Hugh Jackman, Laura Dern e il
regista parlano di The Son
Ancora una
volta, Zeller attinge a una sua
pièce teatrale, l’ultimo capitolo di una trilogia dedicata
ai rapporti familiari, e, accompagnato da un cast impeccabile,
mette in scena un film profondo e straziante. Gli interpreti
di The Son sono nomi celebri: Hugh Jackman,
Laura Dern,
Vanessa Kirby,
Anthony Hopkins a cui si
aggiunge il giovane e talentoso Zen
Mcgrath.
Il regista Florian
Zeller e i due interpreti principali, Hugh
Jackman e Laura
Dern, rivelano qualche dettaglio sul casting fatto
via Zoom e sulla lavorazione di The Son.
Jackman e Dern, nei panni
di Peter e Kate, sono i genitori
divorziati dell’adolescente infelice
Nicholas (Zen Mcgrath) e
cercano, a loro modo, di aiutare il figlio a guarire dalla
depressione.
La scelta degli attori
Zeller evidenzia le dinamiche di casting e
cosa l’ha portato a scegliere i suoi personaggi principali. Il suo
scopo era quello di trovare attori in grado di creare connessioni
emotive sullo schermo ”non imitando o mostrando, ma
semplicemente essendo presenti davanti alla macchina da
presa”.
Gia al primo incontro via Zoom,
Zeller ha capito che con Dern
poteva fare qualcosa di speciale ”Adoro
Laura, come adoro tantissimo
David Lynch e credo che Laura
sia la sua musa.” Sull’espressività di Dern,
il regista di The Son aggiunge: ”Noi
conosciamo molto poco della storia pregressa di questi due
personaggi [Peter e Kate], di quando erano insieme.
Tuttavia, le espressioni di Laura, il suo volto,
riescono a svelarti i segreti e le cose più nascoste. Sono grato a
per la sua intelligenza emotiva, la sua grazia e la
generosità nei confronti del regista.”
Per quanto riguarda la scelta
di Jackman, Zeller dice
di aver apprezzato l’empatia dell’attore e la sua disponibilità a
immergersi appieno nell’esplorazione di sé e
delle emozioni per poi offrirle all’altro. ”La scelta di
Hugh è stata immediata. Quello che volevamo fare
non era raccontare una storia di cattivi genitori, ma mostrare un
padre che ci prova, che fa del suo meglio nei confronti del
figlio.”
Zeller ha chiesto
al cast di The Son di creare connessioni emotive senza paure. Il lavoro
sull’interiorità non è stato semplice da parte degli attori ma,
come precisa Laura Dern, il
regista li ha accompagnati durante tutto il
processo. ‘‘Florian è tutto quello che vuoi
trovare in un regista, perché si fida del comportamento umano.
Quello che lui ti chiede è di guardarti negli occhi e di trovare la
verità, essere sincera. Noi ci siamo fidati delle sue parole, lui
si è fidato di noi.”
Jackman: da
Wolverine al
padre sensibile
Dal canto
suo, Jackman precisa che, non appena ha letto
il copione, ha sentito di essere adatto alla parte di
Peters. ”Mi ci sono
subito rivisto, avevo trovato una parte in cui mettermi alla prova
ed essere me stesso.”
Inoltre, l’attore riflette
sulla nuova mascolinità, una mascolinità diversa
da quella di quando lui era adolescente. ”Quando ero ragazzo c’era l’idea che i maschi dovessero
essere trasformati, fatti diventare uomini. Questa cosa metteva
pressione e oggi viene messa in dubbio.” Attraverso
The
Son, Jackman confessa di aver
fatto un grande lavoro su se stesso e di essere cresciuto non solo
come attore, ma anche come uomo e come padre. ”Ho trovato un
collegamento a livello viscerale con questa storia e questo film:
ciò che ci ha chiesto Florian è stato esplorare la nostra
vulnerabilità. Non abbiamo praticamente fatto
prove, ogni giorno ci buttavamo in qualcosa di
nuovo.” E conclude ”Ora come uomo mi mostro più
vulnerabile, anche con i miei figli, che hanno 17 e 22 anni, e ogni
volta che lo faccio noto da parte loro c’è un profondo sollievo
quando lo faccio.”
Con The
Son Zeller ha voluto sognare
Infine, Zeller
torna a parlare della sceneggiatura e del lavoro fatto sulla pièce
teatrale. Questa volta, a differenza di The Father, il
processo è stato più lineare, scelta che si è rivelata semplice e
difficile allo stesso tempo. Il testo drammaturgico è stato
affrontato in maniera più diretta e The Son
risulta molto fedele a Il figlio. ”Con
The Son volevo consentirmi di sognare, e questo
sogno mi ha portato a New York. Volevo rappresentare qualcosa
che non avesse a che fare con me direttamente, come Parigi o Londra
che conosco molto bene. Anche perché volevo che il film fosse
qualcosa di universale e, in fondo, New York è una città che
accoglie persone da tutto il mondo. E il cinema fa questo: porta
sullo schermo temi universali.”