All’inizio dello scorso mese, alcune
storie di Hugh Jackman su Instagram avevano
letteralmente mandato in confusione i fan. Il motivo? Secondo
alcuni, l’attore stava anticipando, in maniera velata, un possibile
ritorno di Wolverine nel MCU.
Da quando l’attore ha salutato
ufficialmente l’iconico personaggio con l’uscita di Logan
– The Wolverine di James
Mangold, sono tantissimi i fan che vorrebbero vederlo
ancora una volta nei panni del mutante con gli artigli di
adamantio, soprattutto ora che gli X-Men – grazie all’acquisizione
della Fox da parte della Disney – si preparano a fare il loro
attesissimo debutto ufficiale nell’Universo Cinematografico
Marvel.
Purtroppo, quelle storie non si
riferivano in alcun modo ad un ritorno del celebre attore nei panni
del personaggio che gli ha regalato la fama internazionale. In una
recente intervista con
ComicBook in occasione della promozione di Reminiscence, Hugh Jackman ha spiegato che non era sua
intenzione mandare in agitazione i fan postando quelle immagini
(aveva condiviso prima un fan art di Wolveine realizzata dal
celebre Boss Logic e poi una foto che lo ritraeva al fianco di
Kevin Feige), rivelando il vero motivo dietro
quelle condivisioni.
“Per quanto riguarda quella fan
art, si trattava di un repost ed è una cosa che mi piace fare. E,
ovviamente, amo i fan. Poi sono uscito a fare non ricordo cosa, e
quando sono tornato e ho controllato, mi sono reso conto di aver
sganciato una vera e propria bomba, ma non era assolutamente mia
intenzione. Ho pensato che nessuno mi avrebbe creduto. È andata
proprio così. È chiaro che i fan guardino sempre oltre. Ma li adoro
anche per questo.”
In un’altra intervista con
Jake’s Takes, invece, Jackman ha ribadito perché non tornerà
nei panni dell’iconico mutante: “Al di là di tutto i rumor,
nessuna possibilità è stata seriamente presa in considerazione,
anche perché non ho ricevuto nessuna chiamata da Kevin Feige.
Sapevo che Logan sarebbe stato il mio addio al personaggio e questo
mi ha permesso di trarre il meglio da quell’esperienza. È un
personaggio a cui voglio ancora molto bene, ma so che ho chiuso con
Wolverine. Potete dirlo a tutti. Anzi, fatemi un favore: ditelo
anche a Ryan Reynolds perché crede che io stia semplicemente
scherzando.”
Il futuro di Wolverine al cinema, oltre Hugh Jackman
Dopo l’uscita di Logan –
The Wolverine del 2017, Hugh
Jackman ha ufficialmente detto addio al
personaggio. Al momento non sappiamo ancora chi raccoglierà
l’eredità dell’attore australiano sul grande schermo, dal momento
che il mutante con gli artigli di adamantio debutterà prossimamente
nel MCU. Chiunque si
ritroverà ad interpretare il personaggio di Wolverine avrà
ovviamente l’arduo compito di doversi confrontare con un ritratto
che ancora oggi è uno dei più popolari e dei più amati per quanto
riguarda i film di supereroi.
Il 3 marzo 2017 arriva in sala
Logan, di
James Mangold, e Hugh
Jackman, interprete che si trova a vestire per
l’ultima volta i panni di Wolverine, ha celebrato sui suoi canali social l’anniversario
postando un servizio fotografico che lo vede interpretare il
mutante con gli artigli di adamantio.
“Tre anni fa, in questa
giornata, Logan usciva in sala. Grazie per molti (intendo davvero
MOLTI) anni di sudore, pollo al vapore e il ruolo di una
vita.”
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Per quanto riguarda il personaggio
di Wolverine, gli ultimi rumors
riferiscono che sarebbe Henry Cavill il prescelto ad indossare
gli artigli ereditandoli da Hugh Jackman,
comparendo in Captain Marvel 2. Ma la notizia non
ha trovato ancora conferma ufficiale.
Per quanto riguarda Logan, invece,
si tratta sicuramente del migliore adattamento dedicato al singolo
personaggio e in generale il miglior film sugli
X-Men mai visto al cinema. Il film ha debuttato al
Festival di Berlino ed è stato nominato agli Oscar per la migliore
sceneggiatura adattata, primo cinecomic a raggiungere tale livello
di riconoscimento dall’industria.
Per quello che riguarda invece
Hugh
Jackman, il personaggio di Wolverine gli ha regalato
la fama internazionale imperitura, il successo e sicuramente la
visibilità che lo ha portato ad interpretare molti dei suoi ruolo
più importanti, nel corso della sua carriera, sempre divisa tra
cinema e musical.
La prossima volta che vedremo
Wolverine al cinema, sarà sicuramente nel Marvel Cinematic Universe e sarà
sicuramente con un altro volto. Certo, sarà difficile per i fan
imparare ad accettare un altro attore nei panni del mutante
canadese, ma se un attore alto e bello è riuscito ad entrare nei
cuori degli spettatori interpretando un personaggio che dovrebbe
essere, su carta, basso brutto e sgradevole, chiunque può tentare
l’impresa di sostituire Hugh Jackman.
Sono passati 20 anni dall’uscita in
sala, negli USA, di X-Men. A celebrarlo, sui social, è
Hugh Jackman, che nel film interpreta
Logan/Wolverine, e che a quel personaggio in particolare deve la
sua fama internazionale e l’affetto di molti fan.
Se in partenza non poteva essere
più diverso dal personaggio di Len Wein del 1974,
visto che l’originale di carta e inchiostro è basso, pelosetto,
canadese e non troppo affascinante, Hugh Jackman ha saputo conquistare il suo
pubblico, diventando l’unico attore a costituire una coincidenza
perfetta tra interprete e personaggio. Nessun altro attore del
vasto franchise degli X-Men ha mani interpretato Logan, e Logan è
in quasi tutti i film del franchise, contando anche un paio di
cameo.
Il primo film della saga è
raccontato dal punto di vista di Wolverine e Rogue, entrambi in
fuga da loro stessi, che trovano una casa presso la Scuola per
giovani dotati del professor Charles Xavier, mentre il mondo
comincia a sentire la minaccia di uno scontro iminente tra uomini e
mutanti. Dalla parte dei “mutanti cattivi”, compare Magneto,
signore del magnetismo, vecchio amico di Xavier e con un passato
tragico per il quale attribuisce la colpa all’ Homo Sapiens.
Wolverine e Rogue si troveranno a fare squadra con i ragazzi di
Xavier, Ciclope, Tempesta e Jean Grey, ed entreranno così negli
X-Men, un gruppo di mutanti che invece crede nella convivenza
pacifica tra mutanti e umani.
Diretto da Bryan
Singer, il film vede trai protagonisti, accanto a Hugh Jackman, anche Patrick Stewart, Ian McKellen, Anna Paquin,
James Marsden, Halle Berry e
Famke Janssen. Il film ha aperto la strada a
quello che sarebbe divenuto, di lì a pochi anni (ed è tutt’ora), il
“genere” cinematografico più remunerativo di sempre: il
cinecomic.
Arriva un video esilarante dell’attore Hugh
Jackman che in uno show radiofonico si esibisce cantanti
il celebre brano di Les Miserables Who am I? come mai
visto prima, con il personaggio di
Wolverine.
Sembra che
Hugh Jackman sia definitivamente tornato nella parte
di Wolverine, dato che ha utilizzato proprio una gif del
personaggio (la versione animata degli anni Novanta) per augurare
ai suoi fan un felice Giorno del Ringraziamento.
Il riferimento nella didascalia è al
regime alimentare che viene sicuramente “tradito” in una
circostanza come quella del Thanksgiving, dove il cibo ha un ruolo
fondamentale! Ovviamente
Hugh Jackman tornerà a essere Wolverine in Deadpool
3.
Shawn Levy dirigerà
Deadpool
3. Rhett Reese e Paul
Wernick, che hanno già firmato i primi due film sul
Mercenario Chiacchierone, scriveranno anche Deadpool 3, basandosi sui fumetti creati da
Rob Liefeld, confermandosi nella squadra creativa
del progetto, dopo che per un breve periodo erano stati sostituiti
da Lizzie Molyneux-Loeglin e Wendy
Molyneux.
Oltre a Ryan Reynolds non ci sono nomi confermati nel
cast del film. In Deadpool 2 c’erano Josh
Brolin nel ruolo di Cable e Zazie Beetz
in quello di Domino, mentre il primo film vedeva la presenza di
Morena Baccarin come Vanessa e T.J.
Miller come Weasel. Nel cast è stato anche confermato
Hugh Jackman, che torna a rivestire i panni di
Wolverine/Logan, dopo la sua gloriosa uscita di scena nel 2017 in
Logan, di James Mangold.
Paul Wernick e
Rhett Reese hanno dichiarato sul film: “È
una meravigliosa opportunità per i pesci fuor d’acqua. Deadpool è
un pazzo al centro di un film. Far cadere un pazzo in un mondo
molto sano di mente, è oro puro. Sarà davvero divertente.”Deadpool
3 uscirà il 6 settembre 2024.
Nel bellissimo servizio, Kumail Nanjiani ha ricreato i personaggi di
alcuni dei suoi film action preferiti: tra questi c’è stato anche
Wolverine, l’iconico mutante della Marvel che sul grande schermo è
stato interpretato per quasi vent’anni proprio da Hugh Jackman, che nel 2017 ha vestito i panni
del personaggio per l’ultima volta in Logan di
James Mangold.
Adesso, è stato lo stesso Jackman a
commentare lo scatto di Nanjiani nei panni di Wolverine. In una
recente intervista con
Fox News in occasione di un evento tenutosi a New York, Jackman
ha rivelato di aver visto la foto e di esserne entusiasta:
“WOW! Sembra davvero che sia sul set di un film degli X-Men. È
davvero forte. Se hai fatto tutto quel lavoro, devi per forza
toglierti la maglietta!”
Secondo gli ultimi aggiornamenti, il
cinecomic includerà nel MCU gli esseri superpotenti e quasi
immortali conosciuti dai lettori come Eterni e i mostruosi
Devianti, creati da esseri cosmici conosciuti come Celestiali. Le
fonti hanno inoltre rivelato a The Hollywood Reporter che un
aspetto della storia riguarderà la storia d’amore tra Ikaris, un
uomo alimentato dall’energia cosmica, e Sersi, eroina che ama
muoversi tra gli umani.
La sceneggiatura è stata scritta
da Matthew e Ryan
Firpo, mentre l’uscita nelle sale è stata fissata al 6
novembre 2020.
Sono ore molto interessanti quelle
che seguono l’annuncio da parte di Bryan Singer di
un nuovo capitolo degli X-Men con
protagonista Apocalypse che uscirà
il 27 maggio del 2016. Dopo la notizia bomba arrivata dallo stesso
Singer, anche Simon Kinberg, sceneggiatore
eproduttore di X-Men giorni di un futuro passato ha annunciato un
contratto quinquennale ocn la Fox per cercare di costruire un
universo cinematografico simile a quello della Marvel.
Quasi come conseguenza a questi
progetti a media e lunga scadenza, arriva, durante la promozione
del BluRay di Wolverine l’Immortale, una
dichiarazione schoc di Hugh Jackman che ha
annunciato:
Non so ancora se farò o meno il
prossimo film (degli X-Men, ndt). Sono molto orgoglioso di questo
ultimo film, e sono eccitato all’idea di pensare ad un’altra
collaborazine con Jim Mangold. Per me sarebbe molto eccitante, per
vedere cosa ne viene fuori (forse relativamente all’idea di
chiudere la trilogia di Wolverine, ndr) ma sono molto esigente
riguardo al risultato, e se lo sforzo dovesse essere eccessivo e
non dovesse portare a quello che mi aspetto, non lo farò.” – “Non
c’è ancora nessuna sceneggiatura per un terzo Wolverine – ha
continuato Jackman – ma giusto ieri sera ero al telefono con
Jim e abbiamo parlato di qualche idea relativa al
progetto.”
Se la cosa può
intristire i fan accaniti della saga e del personaggio di Wolverine
incarnato sul grande schermo da Hugh Jackman ormai da più di dieci
anni, dobbiamo tenere anche presente che Hugh, pur essendo in
ottima forma, ha 45 anni, e con X-Men
Apocalypse, X-Force di
Jeff Wadlow e un possibile terzo film su
Wolverine, passerebbero altri cinque anni
per l’attore, anni in cui dovrà interpretare un personaggio
immortale e sempre giovane. Quindi la domanda è: La Fox ‘ricasterà’
Wolverine? E se dovesse farlo, il personaggio rimarrà – come è in
effetti adesso – quello principale all’interno dell’universo
cinematografico degli X-Men?Fonte:
IGN
Hugh Jackman,
l’ormai storico volto di Wolverine nella serie di film dedicati
agli X-Men ed al mutante dallo scheletro di adamantio, ha
recentemente annunciato, via instagram, che sfodererà gli artigli
per un ultima volta. In seguito all’annuncio shock gli appassionati
si sono chiesti a quale film facesse riferimento l’attore con la
sua dichiarazione, ebbene la risposta è arrivata, via twitter,
da James Mangold.
Mangold, che sarà
alla regia di Wolverine 3, atteso
per il 3 marzo 2017, ha infatti ritwittato il
post dell’attore aggiungendo:
“Non vedo l’ora di farlo HJ! Sto
soffrendo in silenzio!”
Parole, queste, che confermano sì
l’intenzione di abbandonare il celebre
personaggio Marvel, ma non in seguito
all’atesissimo X-Men Apocalypse atteso
per il 27 maggio 2016, ma solo dopo aver
portato sul grande schermo il terzo capitolo delle avventure in
solitaria di Wolverine.
Celebre interprete britannico,
HughGrant si è fatto amare
grazie ai suoi ruoli da protagonista in diverse celebri commedie
romantiche. Negli anni Grant ha saputo però rinnovarsi anche
attraverso ruoli di ben diverso genere, affermandosi presso un
pubblico sempre più ampio, e ottenendo in più occasioni importanti
riconoscimenti da parte della critica.
Hugh Grant e Charlie Hunnam in The Gentlemen. Foto di Christopher
Raphael
2. Ha preso parte a
produzioni televisive. All’inizio della propria carriera
Grant ha preso parte ad episodi di diversi film televisivi come
La bella e il bandito (1989), Fino al prossimo
incontro (1989) e Our Sons (1991). Ha inoltre preso
parte a serie come Performance (1991-1993), La
tata (1996), A Very English Scandal (2018) e The
Undoing (2020), dove è tra i protagonisti, nel ruolo di
Jonathan Sachs, accanto a Nicole Kidman. Nel 2024 recita invece in
The Regime – Il palazzo del potere, con protagonista
Kate Winslet.
Hugh Grant in Notting
Hill
3. Era la prima scelta per
il ruolo. Il regista del film Notting Hill ha
dichiarato che Grant era la prima scelta per il ruolo di William
Thacker, poiché questi era divenuto esperto nel recitare le
sceneggiature di Richard Curtis, che aveva scritto anche questo
film. Il personaggio è diventato tra i più celebri nella carriera
dell’attore, che vi sarà sempre grato e ricorderà il momento in cui
gli fu offerta la parte come uno dei punti di svolta della sua
vita.
4. È stato la prima
scelta per il ruolo. La decisione di ingaggiare Hugh
Grant per Notting Hill è
stata unanime, in quanto tra lui e lo sceneggiatore Richard
Curtis si è creato un “matrimonio scrittore/attore
fatto in cielo”. Roger Michell, regista del
film, ha dichiarato che “Hugh fa Richard meglio di chiunque
altro e Richard scrive Hugh meglio di chiunque altro” e che
Grant è “uno dei pochi attori in grado di pronunciare
perfettamente le battute di Richard”.
5. Il ruolo di Mr. Reed è
stato scritto appositamente per lui. Una volta Hugh
Grant ha dichiarato in un’intervista: “Mi sto annoiando sempre
di più ad interpretare personaggi scontati e di essere etichettato
solo con un certo tipo di ruolo”. Gli sceneggiatori e registi
di Heretic
(qui
la nostra recensione), Scott Beck e
Bryan Woods, hanno visto questa intervista e hanno
scritto il ruolo di Mr. Reed proprio con Grant come scelta
principale per il personaggio. L’attore, ritenendolo molto
affascinante, ha poi accettato di prendere parte al progetto e
cimentarsi con qualcosa di nuovo.
6. Nel film imita un
controverso personaggio. Ad un certo punto di Heretic,
Hugh Grant fa una breve ma buffa imitazione di Jar Jar Binks, uno
dei personaggi più controversi dell’universo di Star Wars.
Nonostante ciò, l’attore ha dichiarato: Uno dei miei segreti
più inconfessabili è che non ho ancora visto un film di Star
Wars. Nella mia infinita meticolosità, ho fatto delle ricerche
e ne ho guardato un po’. Penso di averlo visto [Jar Jar Binks] su
YouTube”. Ad ogni modo, l’imitazione di questo
personaggio è un momento che ben dimostra il macabro umorismo del
personaggio.
Hugh Grant in Il diario diBridget Jones
7. Ha difeso la protagonista
del film. I fan del libro hanno reagito negativamente
al casting della texana Renée Zellweger per il ruolo di Bridget Jones.
La Zellweger ha dichiarato: “Le critiche sono state offensive.
Non per il fatto che una ragazza americana interpreti questa parte.
Posso capirlo. Ma è l’estremo a cui è stata portata. Ci infilano
dentro qualcos’altro come: “Nessuno l’ha mai sentita nominare”;
“Che cosa ha mai fatto?”; “La sconosciuta comica texana”. Questo fa
male, sapete?”. Hugh Grant è poi intervenuto in difesa della
collega: “È molto divertente e ha vissuto a lungo in
Inghilterra, padroneggiando l’accento. Sarà un trionfo. So che sarà
così”. E così è poi effettivamente stato.
Julia Roberts e Hugh Grant in Notting Hill
Hugh Grant e Julia Roberts
8. Era restìo all’idea di
baciare Julia Roberts. L’attore dichiarò di essere stato
piuttosto scontento di dover baciare l’attrice Julia
Roberts, sua co-protagonista nel film Notting Hill.
Grant disse che il motivo era la bocca di lei, particolarmente
grande, che lo rendeva nervoso. Quella battuta generò un po’ di
attrito tra i due attori, ma fortunatamente in seguito
l’attrice ha perdonato Grant per il commento, dichiarandosi
disponibile a lavorare nuovamente con lui, anche se ciò non si è
mai verificato.
La moglie e i figli di Hugh Grant
9. Ha avuto cinque figli da
due donne diverse. Prima della sua attuale relazione,
Grant è stato legato sentimentalmente all’attrice Elizabeth
Hurley per tredici anni, dal 1987 al 2000. Dal 2004 al
2007 ha avuto una relazione con l’ereditiera Jemima
Khan. È poi diventato padre per la prima volta nel 2011,
quando dà alla luce una bambina avuta durante una breve relazione
con Tinglan Hong, receptionist in un ristorante
cinese. I due danno alla luce un secondo figlio nel dicembre del
2012. Con Anna Eberstein, produttrice televisiva e
attuale moglie di Grant, l’attore ha invece avuto gli altri suoi
tre figli, nati rispettivamente nel 2012, 2015 e nel 2018.
L’età e l’altezza di Hugh
Grant
10. Hugh Grant è nato a
Londra, Inghilterra, il 9 settembre 1960. L’attore è alto
complessivamente 1,80 metri.
Dopo qualche tempo di mancanza dai
set, il ritorno avvenuto ‘in voce’ per Pirates! Band of
Misfits (Pirati! Briganti da Strapazzo) e la prossima
partecipazione al fantascientifico Cloud Atlas,
per Hugh Grant appare arrivato il momento di
tornare al suo habitat naturale, quello della commedia
romantica.
Il progetto, ancora senza titolo,
verrà diretto da Marc Lawrence, col quale Grant ha
già recitato in Due settimane per innamorarsi, Scrivimi una canzone
e Che fine hanno fatto i Morgan? Stavolta Grant sarà Ray Michaels,
sceneggiatore che ha conosciuto la fama e il successo, arrivando a
vincere l’Oscar; la storia ce lo mostra però a quindici anni da
quei successi, divorziato, depresso e fallito economicamente: così,
decide per rimpinguare le sue ormai scarse finanze, accetta di
insegnare scrittura presso un piccolo college, col miraggio di
avere soldi facili, e giovani fanciulle che pendono dalle sue
labbra.
Ciò che il protagonista non mette
in conto, è di innamorarsi di una sua studentessa particolare: una
madre single che ha deciso di riprendere gli studi. Oltre a Cloud
Atlas, la cui uscita è prevista nei primi mesi del 2013, Grant è
ancora dato come possibile protagonista del terzo capitolo delle
vicende di Bridget Jones, ammesso che venga
effettivamente realizzato, cosa sulla quale al momento non vi è
alcuna certezza.
Hugh Grant ha recentemente rivelato che,
nonostante dia l’impressione di essere Jar Jar Binks nel film
horror-thriller Heretic (qui
la nostra recensione), appena uscito, in realtà non ha mai
visto nessun film di Star Wars.
Grant si addentra in un territorio più oscuro con Heretic
della A24,
dove interpreta un uomo eccentrico ma sinistro di nome Mr. Reed,
con un debole per l’umorismo inquietante. Il film, scritto e
diretto da Scott Beck e Bryan Woods, segue una coppia di missionari
mormoni, interpretati da Sophia Thatcher e Chloe East, che si
ritrovano in balia dei giochi mentali sempre più terrificanti di
Mr. Reed.
In un’intervista con Entertainment Weekly, Grant ha ammesso di non aver
mai visto nessun Star
Wars film, per non parlare del primo prequel della
serie, La minaccia fantasma, dove Jar Jar Binks ha fatto il
suo controverso debutto nel 1999. Ecco cosa ha detto:
Uno dei miei segreti più
inconfessabili è che non ho ancora visto un film di Star
Wars. Nella mia infinita meticolosità, ho fatto delle ricerche
e ne ho guardato un po’. Penso di averlo visto su YouTube.
Il co-sceneggiatore e regista Scott
Beck ha aggiunto che l’imitazione di Jar Jar da parte di Grant era
un esempio del suo approccio alla recitazione improvvisata:
Quello è stato un esempio di
qualcosa che Hugh avrebbe voluto nascondere intenzionalmente finché
la telecamera non avesse iniziato a girare, per non tradirsi. E ci
sono così tanti momenti nel film in cui iniziavamo a girare una
scena e lui seguiva semplicemente il copione per poi aggiungere una
piccola parola o una punteggiatura. Era quel momento in cui era
semplicemente vero e autentico, ma anche esilarante. Anche se
appartiene a un genere più oscuro, la performance sembra realistica
ma gioca anche sull’umorismo nero.
Che cosa significa l’imitazione
di Jar Jar di Grant
Le stranezze dell’attore danno
un tocco comico e oscuro
Il monologo del signor Reed sul
terrore della religione organizzata ha utilizzato diversi
riferimenti alla cultura popolare nel discutere i due personaggi
di Heretic sulle loro convinzioni, incluso il gioco da
tavolo Monopoli. A un certo punto, parlando dell’irrazionalità
delle figure messianiche, chiede alle sorelle: “Riuscite a
immaginare che tra migliaia di anni la gente accetterà Jar Jar come
figura religiosa significativa?” E infine dà la sua imitazione
con “Scusate!”
Sebbene il signor Reed sia una
figura che inizialmente sembra innocua ma è un rapitore minaccioso,
Grant sintetizza i suoi istinti comici con un’intensità
inquietante, dando un tocco interessante al
personaggio.
L’imitazione di Jar Jar Binks da
parte di Grant è un’aggiunta sorprendente a Heretic, un film
intriso di ombre claustrofobiche e terrore esistenziale. Anche se
il signor Reed è una figura che inizialmente appare innocua ma è un
rapitore minaccioso, Grant sintetizza i suoi istinti comici con
un’intensità inquietante, conferendo un tocco interessante al
personaggio.
In un’altra interpretazione da
cattivo per Hugh Grant, l’imitazione di Jar Jar aggiunge un tocco
imprevedibile, mettendo in mostrail mix inquietante di
eccentricità e malizia del signor Reed. Come ha detto il
regista Beck, l’imitazione sottolinea la capacità di Grant di
portare momenti imprevedibili e di umorismo nero in un ruolo
profondamente radicato nella suspense e nell’orrore.
La Adler Entertainment ha diffuso il
primo poster di Hugh Grant e Marisa
Tomei nel film Professore per
forza, al cinema dal 15 gennaio 2015.
Nel 1998 lo sceneggiatore
Keith Michaels era all’apice della fama:
autore di un film di successo che gli era valso l’Oscar, una
bellissima moglie, un figlio, un grande senso dell’umorismo e un
fascino tutto British. Quindici anni dopo Keith, sulla soglia dei
50, non scrive da tempo, è divorziato, sull’orlo del lastrico.
Lontano da Hollywood, si trasferisce per tenere un corso di
sceneggiatura in un’università fuori New York, a Binghamton. L’idea
di insegnare e di lasciare la città non lo alletta per nulla, ma
l’uomo spera di tirar su un po’ di soldi e riacquistare un po’ di
autostima, magari seducendo qualche giovane studentessa. Mai e poi
mai avrebbe immaginato di incontrare una donna, madre single, che
cambierà la sua vita e, soprattutto, di appassionarsi così tanto
all’insegnamento, che si rivelerà una vera e propria seconda chance
per diventare un uomo migliore.
Professore… per forza (The Rewrite)
è il film che vede il ritorno sul grande schermo e in un ruolo da
protagonista di Hugh Grant. Diretta da Marc Lawrence – regista con
cui l’attore inglese ha lavorato per Two Weeks Notice, Scrivimi una
canzone, Che fine hanno fatto i Morgan? – Professore… per forza è
una commedia romantica dai toni sarcastici e ironici in cui brilla
l’attrice Marisa Tomei al fianco di Grant e che racconta il
percorso e la crescita di un uomo e di quanto le seconde chance
nella vita possano rivelarsi ricche di sorprese e nuovi talenti.
Nel cast anche Allison Janney, J.K. Simmons e Chris Elliott.
Professore… per forza sarà distribuito da Adler Entertainment dal
15 gennaio.
Prima di girare
Heretic, in cui Hugh Grant interpreta un ruolo ignobile e
malvagio, ha pensato a una storia elaborata ed espansiva per il
signor Reed. Il
film horror psicologico di A24 diretto da Scott Beck e Bryan Woods vede lo
sconosciuto solitario di Grant avvicinato da una coppia di
missionari mormoni, che mettono alla prova la loro fede in
un’esperienza contorta. Il
film Heretic, che ha ricevuto il
plauso della critica, vede anche Sophie Thatcher, Chloe
East e Topher Grace nei panni dei tre mormoni che
incontreranno il signor Reed durante i loro viaggi.
Con il film ora nelle sale, Grant
ha rivelato in un’intervista esclusiva a Screen Rant che ha
considerato gli attributi che guidano il suo cattivo. Prima delle
riprese, l’attore ha parlato con Beck e Woods del retroscena
di Reed, descrivendo la sua preparazione come
“ossessiva”.
Ho una storia enorme per lui e
ho tormentato i registi nel mese precedente le riprese. Più
invecchio, più divento ossessivo riguardo alla
preparazione.
Grant ha poi rivelato che questo
processo lo ha aiutato nella sua interpretazione del signor Reed,
ammettendo che gli avrebbe alleviato i nervi. Inoltre, ha
affermato che ripensare alla sua analisi e alle sue teorie lo ha
portato a sentirsi più a suo agio prima delle riprese.
Penso che mi aiuti in termini di
performance, ma sicuramente mi aiuta in termini di nervosismo. Mi
sveglio nel panico pensando: “Oh Dio, mancano sei settimane”. E se
poi faccio quattro o cinque ore di analisi intensa, mi sento
più calmo.
Ciò che Heretic rivela sul
passato del signor Reed
C’è il desiderio di esplorare
di più sul personaggio da tutte le parti
Anche se il passato del signor Reed
non è descritto in modo approfondito in Heretic, il film
accenna al suo passato. Il thriller è incentrato su una battaglia
di convinzioni e una sfida di fede, con il signor Reed che proclama
come aveva dedotto l’unica vera religione prima dell’arrivo di suor
Barnes (Thatcher) e suor Paxton (East). Con uno studio dedicato
alla sua teologia e una prigione piena di donne in gabbia, la
coppia potrebbe non essere la prima ad avvicinarsi al signor Reed e
ad affrontare le sue “teorie”.
Pertanto, anche se non è chiaro se
Grant sia sulla stessa lunghezza d’onda di Beck e Woods, c’è molto
di più nella storia del signor Reed che tutti e tre i personaggi
sono ansiosi di esplorare. Sebbene definiscano complicata la
questione di eventuali espansioni, i due hanno ammesso di avere
idee su cosa potrebbero comportare un prequel e un sequel, anche se
la morte di Reed nel finale di Heretic sembra
lasciare il mistero sul passato del signor Reed, il che potrebbe
aprire le porte a un prequel.
A24 ha
diffuso un nuovo trailer di Heretic,
il film horror con protagonista Hugh Grant in quello che la stampa estera ha
già definito il ruolo più spaventoso della sua carriera.
In Heretic di A24, due giovani missionarie sono
costrette a dimostrare la loro fede quando bussano alla porta
sbagliata e vengono accolte da un diabolico signor Reed (Hugh
Grant, Wonka),
rimanendo intrappolate nel suo mortale gioco del gatto e del topo.
Il film vede anche la partecipazione di Sophie
Thatcher (Yellowjackets) e Chloe East
(The
Fabelmans) ed è stato scritto e diretto da Scott
Beck e Bryan Woods.
Durante un recente incontro con
Entertainment Weekly, Hugh Grant ha spiegato cosa lo ha attratto del
ruolo del malvagio signor Reed. “Ammettiamolo, nessuno vuole
più che io interpreti il protagonista romantico”, ha
iniziato, “e grazie a Dio non lo vogliono più. Penso che
[Heretic] sia coraggioso perché la religione è un’area leggermente
vietata, forse soprattutto negli Stati Uniti. In questo senso,
penso che sia audace. Ne sono orgoglioso”.
“I cattivi di solito hanno una
facciata, e questo è un ottimo esempio di come quella facciata sia
importante per il modo in cui viene raccontata la storia”, ha
continuato Grant. “Sarebbe stato ovviamente tutto sbagliato se,
dal momento in cui ho risposto alla porta di Sophie e Chloe, fossi
stato palesemente psicotico e malvagio. Una rivelazione lenta è la
chiave. E in questo caso, davvero il più lenta possibile”.
Secondo Hugh Grant ogni attore preferisce
interpretare personaggi cattivi
Alla domanda su cosa lo abbia
spinto a un numero maggiore di ruoli da cattivo negli ultimi anni,
ha detto: “Ogni attore li preferisce, davvero. Penso che
sarebbe difficile trovare un attore o un’attrice che dica: ‘Mi
piace semplicemente interpretare brave persone’. Sono duri e sono
sempre al limite della noia. Sono persone molto difficili da
interpretare, brave persone o eroi. E sembra che ci sia sempre più
succo in un personaggio malvagio.”
“È una discussione affascinante
sul perché sia così e sul perché il pubblico, fin dall’inizio dei
tempi, si sia sempre affezionato ai cattivi anche quando non si
affezionava al bravo ragazzo. Quindi è sempre allettante per un
attore”, ha concluso Hugh Grant.
È stato presentato un nuovo trailer
di Heretic.
Il film horror di A24 vede
due giovani donne mormoni, Sorella Barnes (Sophie Thatcher) e
Sorella Paxton (Chloe East), fare visita al signor Reed
(Hugh
Grant), ma il loro tentativo di convertirlo prende
rapidamente una piega oscura e contorta quando si ritrovano
intrappolate nella sua casa. Le recensioni positive e il
punteggio del 92% su Rotten Tomatoes hanno
generato una notevole attesa dopo il debutto del film al Toronto
International Film Festival 2024.
A24 ha rilasciato
il nuovo trailer che offre uno sguardo più ravvicinato e
agghiacciante su come il signor Reed terrorizza le giovani
donne mentre mette alla prova la loro fede. Il trailer
vede Suor Paxton parlare felicemente con il signor Reed prima che
lei e Suor Barnes siano costrette a scegliere tra due porte, una
intitolata “Credenza ‘ e l’altra ’Incredulità ”,
per uscire dalla casa. Il signor Reed mostra un atteggiamento
inquietantemente giocoso mentre i suoi prigionieri scendono sempre
di più nel suo gioco sadico, che lascia intendere un terrore ancora
più grande in agguato nella sua casa.
Heretic è un altro film di
A24
Il trailer di Heretic fa
sembrare il film horror di A24 ancora più ricco di suspense e
terrificante di quanto non fosse già apparso nel marketing
iniziale. Viene data ulteriore enfasi all’atteggiamento disarmante
di Grant, che fa commenti casuali e persino battute mentre Suor
Barnes e Suor Paxton lottano disperatamente per la loro libertà.
L’interpretazione di Grant ha il potenziale per essere una
delle sue migliori di sempre, con la sua sola presenza che
aggiunge una notevole tensione in tutte le sue scene.
Il senso di mistero e di terrore è accentuato anche nel nuovo
trailer, mentre Sorella Barnes e Sorella Paxton si addentrano nelle
profondità oscure della casa del signor Reed. Egli accenna a una
verità più grande che devono scoprire e, sia che la scoperta sia
letterale o figurata, viene presentata come un memorabile colpo di
scena che cambierà l’intera storia. Con un cast ridotto e
un’ambientazione fisicamente limitata,
Hereticsarà una storia
incentrata sui personaggi, con un’atmosfera
claustrofobica.
Partito dal basso, l’attore
Hugh Dancy si è negli anni affermato per i suoi
ruoli in alcune popolari commedie romantiche, conquistando tanto il
pubblico quanto la critica. Oggi è apprezzato anche in ruoli
diversi, che ne provano il talento e la poliedricità.
Ecco 10 cose che non sai di
Hugh Dancy.
Hugh Dancy carriera
1 I film. Il
debutto cinematografico dell’attore avviene nel 2001 con Black
Hawk Down, di Ridley Scott. Successivamente
prende parte ai film Piccolo dizionario amoroso (2003),
Ella Enchanted (2004), King Arthur (2004),
Shooting Dogs (2005), Basic Instinct 2 (2006),
Un amore senza tempo (2007), Il club di Jane
Austen (2007), Adam (2009), I Love Shopping
(2009), Hysteria (2011), E poi c’è
Katherine (2019).
2 Le serie TV.
L’attore ha all’attivo anche diverse partecipazioni televisive in
serie come Le nuove avventure di Robin Hood (1998),
Relic Hunter (2000), Elizabeth I (2005), The
Big C (2011), Hannibal (2013-2015), e The
Path (2016-2018).
3 Ha fatto anche
teatro. Oltre alle numerose produzioni cinematografiche e
televisive, l’attore ha partecipato anche a diversi spettacoli
teatrali, tra cui To the Green Fields Beyond (2000),
Journey’s End (2007), The Pride (2010), Venus
in Fur (2012), Apologia (2018).
Hugh Dancy Instagram
4 Non possiede un
account. Particolarmente riservato, l’attore non ha un
profilo Instagram personale. Esistono tuttavia numerose fan page
che condividono le ultime novità sull’attore, da sue foto tratte da
momenti esterni alle riprese a foto promozionali dei suoi
progetti.
Hugh Dancy vita sentimentale
5 È sposato. Nel
2007, sul set di Un amore senza tempo, conosce l’attrice
Claire Danes e i due annunciano il loro fidanzamento nel febbraio
2009. La coppia si è poi sposata nel settembre dello stesso anno in
Francia. Nel dicembre 2012 nasce il loro primo figlio, Cyrus
Michael Christopher Dancy, mentre nell’agosto 2018 nasce il
secondogenito della coppia, il cui nome non è tuttavia stato
rivelato.
Hugh Dancy premi e nomination
6 È stato nominato più volte
grazie ad Hannibal. Nella serie, dove recita accanto a
Mads Mikkelsen, l’attore interpreta Will Graham,
un profiler dell’FBI. Per
il suo ruolo l’attore è stato nominato come miglior attore ai
Critics Choice Television Award, ai Fangoria Chainsaw Awards, e
l’Academy of Science Fiction, Fantasy & Horror Films gli ha
assegnato nel 2015 il premio come miglior attore televisivo.
Hugh Dancy primi lavori
7 È stato scoperto in un
bar. Quando dopo la laurea Dancy si trasferì a Londra,
iniziò a lavorare come barista in un café. Qui, ascoltando la
conversazione di due produttori cinematografici, riuscì a farsi
mettere in contatto con Ros Hubbard, casting director di film come
La mummia e Tomb Rider. Convincendo poi Hubbard
del suo valore, riuscì a farsi assegnare i primi ruoli.
Hugh Dancy Hannibal
8 Anni prima si era
presentato per il ruolo di Hannibal. Nel 2007 viene
realizzato il film Hannibal Lecter – Le origini del male.
Dancy si presentò al provino proprio per la parte del protagonista,
ma ad ottenere il ruolo fu l’attore Gaspard Ulliel. Come per uno
scherzo del destino, solo pochi anni dopo Dancy si ritrovò ad
interpretare Will Graham, nemesi e amico di Lecter nella serie
Hannibal.
Hugh Dancy studi
9 È laureato. Dopo
aver compiuto gli studi presso il Winchester College, nel quale si
mette in mostra in alcune recite scolastiche, e aver conseguito il
diploma, l’attore si iscrive all’Università di Oxford, presso il St
Peter’s College, alla facoltà di lingua e letteratura, dove poi si
laurea.
Hugh Dancy età e altezza
10 Hugh Dancy è nato a
Stoke-on-Trent, nel Regno Unito, il 19 giugno 1975.
L’altezza complessiva dell’attore è di 178 centimetri.
Giovanissima e già popolare a
livello internazionale, HoYeon Jung si è da prima
affermata come modella e ora punta ad essere uno dei nuovi volti
della recitazione sudcoreana. Grazie alla serie Squid
Game, attualmente in vetta alle classifiche di Netflix,
la Jung è infatti diventata una star richiesta ovunque, il cui
futuro è dunque particolarmente promettente.
Ecco 10 cose che non sai su
HoYeon Jung.
HoYeon Jung: i suoi film, le serie
TV e la carriera da modella
1. Ha iniziato da
giovanissima a fare la modella. Jung ha intrapreso la
carriera da modella all’età di 16 anni, pur se inizialmente come
freelance. Con la sua partecipazione alla seconda stagione
di Korea’s Next Top Model ha poi ottenuto una maggiore
attenzione e le prime richieste da importanti agenzie. Da quel
momento ha iniziato a sfilare per marchi come Marc Jacobs, Alberta
Ferrett, Max Mara, Louis Vuitton, Gucci, Fendi e molti altri. Ad
oggi è considerata una delle più importanti modelle asiatiche di
sempre.
2.Squid
Game è il suo primo lavoro da attrice. Oltre
all’attività da modella, la Jung ha sempre manifestato il desiderio
di imparare anche a recitare. Ha così iniziato a prendere lezioni a
riguardo, anche in lingua inglese, così da poter ricercare qualche
ruolo con cui intraprendere una carriera da attrice. L’occasione è
arrivata grazie alla popolarissima serie televisiva Squid Game,
presente sulla piattaforma di streaming Netflix.
Grazie al successo ottenuto, la Jung è ora una vera e propria star
ed è stata annunciata tra i protagonisti del film The Governesses, con
Lily-Rose Depp,
e anche nella serie thriller di Apple
TV+Disclaimer , con Cate Blanchett
e Sacha Baron
Cohen.
3. Ha recitato anche in
alcuni cortometraggi. Prima di recitare in Squid
Game, la Jung ha avuto modo di cimentarsi come attrice
anche in alcuni video musicali e cortometraggi. Tra questi si
annoverano Lee Hyori: Going Crazy (2013), Kim Yeon Woo
feat Kyung Park: Move (2014), The Chanel Pharrel
Collection (2019), con il cantante Pharrell
Williams, e Hot Potato: Taste of Acid. Nel 2022
ha invece recitato nel videoclip The Weeknd: Out of Time,
del cantante TheWeeknd.
HoYeon Jung: la famiglia e i
fratelli
4. È molto legata alla sua
famiglia. Cresciuta nel quartiere Myeonmok-dong di Seul,
l’attrice si è sempre dichiarata molto legata ai suoi genitori e ai
suoi due fratelli. Pur viaggiando spesso per lavoro non manca di
tornare ogni volta che può dai propri cari, che l’hanno sempre
sostenuta in ogni sua attività. Proprio i genitori, infatti,
l’hanno supportata nel desiderio di laurearsi in modellazione alla
Dongduk Women’s University parallelamente ai suoi lavori da
modella.
HoYeon Jung: fidanzato o
marito?
5. È molto riservata sulla
sua vita privata. Ora che è diventata una celebrità di
livello internazionale, la Jung si è guardata bene dal condividere
troppi dettagli di sé. Tra le ricerche più frequenti fatte nei suoi
confronti ci sono quelle relative al suo status sentimentale. In
molti si sono infatti domandati se l’attrice avesse o meno un
marito. La Jung, in realtà, non è sposata, ma dal 2016 ha una
relazione con l’attore sudcoreano Lee Dong-hwi,
celebre per film come The Handmaiden, Confidential
Assignment, New Trial e Extreme Job.
HoYeon Jung è su
Instagram
6. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un profilo verificato e attualmente seguito da 20,7
milioni di persone. All’interno di questo la Jung è solita
condividere fotografie riguardanti il suo lavoro da modella, ma non
mancano anche post relativi a momenti di svago, con amici o luoghi
visitati. Si possono poi ritrovare anche diverse immagini relative
alla popolare serie Squid Game. Seguendola
sul social, dunque si potrà rimanere sempre aggiornati sulle sue
attività.
HoYeon Jung in Squid
Game
7. È diventata la beniamina
dei fan della serie. Come anticipato, la Jung fatto il suo
debutto come attrice nel 2021 con la serie NetflixSquid Game. In questa interpreta
Kang Sae-byeok, un disertrice e borseggiatrice nordcoreana che ha
bisogno di soldi per sostenere suo fratello minore e rintracciare
sua madre in Corea del Nord. Proprio il personaggio di Sae-byeok,
nella serie anche identificato con il codice 067, è diventato uno
dei preferiti dai fan e Jung è stata indicata dalla critica come la
vera star della serie.
8. Ha sostenuto il primo
provino tramite video. Interessatasi al ruolo nella serie,
la Jung si è vista consegnare tre scene dalla sceneggiatura dello
show, con la richiesta di fare un provino per il ruolo tramite
video mentre si trovava a New York per la New York Fashion Week.
Già da questo primo approccio i produttori rimasero particolarmente
colpiti da lei e il regista Hwang Dong-hyuk le ha
poi chiesto di fare nuovamente l’audizione di persona in Corea del
Sud, dove a quel punto le è stata immediatamente affidata la
parte.
9. Ha studiato molto per
prepararsi al personaggio. Per il ruolo di Sae-byeok la
Jung ha dovuto fare molta pratica con il dialetto Hamgyŏng,
parlando con veri disertori nordcoreani e guardando documentari sui
di loro. L’attrice si è poi allenata al fine di imparare le
principali arti marziali. Ha poi anche attinto ai suoi sentimenti
di solitudine dopo aver lasciato la Corea del Sud per costruire lo
stato d’animo del personaggio e ha scritto un diario quotidiano
proprio dal punto di vista del suo personaggio.
HoYeon Jung: età e altezza
dell’attrice
10. HoYeon Jung è nata a
Seul, in Corea del Sud, il 23 giugno1994. L’attrice è alta
complessivamente 177 centimetri.
Dal 22 al 29 giugno a Milano,
presso il teatro Strehler, è in corso il XXIV Festival Mix Milano
di cinema gaylesbico e queer culture. Venerdi 27 giugno è in
programma la proiezione del lungometraggio – Howl – L’Urlo, diretto
da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, produzione Telling Pictures e
Werc Werk Works e distribuito in Italia da Fandango. Quella di
venerdì sarà un’anteprima nazionale in quanto nelle sale italiane
il film sarà proiettato solo dal 27 agosto 2010.
Per l’occasione abbiamo incontrato
uno dei due co-registi della pellicola, Jeffrey Friedman; cordiale
e di grande disponibilità ha dato a noi modo di saperne qualcosa in
più su come il film è stato ideato e partorito oltre che
confezionato dopo solo 14 giorni di ripresa ed un budget molto
limitato. Howl-, presentato al Sundance Film Festival oltre che al
60mo Festival di Berlino, è il titolo di una famosa quanto discussa
e rivoluzionaria poesia di Allen Ginsberg uno dei più noti
esponenti della cultura beat americana. La narrazione del film
oltre che riprendere e analizzare in vari modi i contenuti ed il
valore letterario del poema stesso, ripercorre le tappe processuali
che videro coinvolto Lawrence Ferlinghetti reo di aver pubblicato,
nel 1957, quest’ opera letteraria tacciata di volgare
immoralità.
Pochi mesi orsono fu proprio la Allen Ginsberg Estate, ossia
l’associazione dedicata al grande poeta, che contattò Friedman ed
Epstein, ci racconta lo stesso regista, chiedendo la disponibilità
a lavorare su questo progetto.
Friedman ci confida di aver accettato quasi immediatamente
l’incarico in quanto, dopo aver riletto “Howl”, conosciuta la prima
ed unica volta ai tempi del liceo, ne ha potuto apprezzare
istintivamente la forte carica espressiva, la sconcertante
attualità oltre che lo stupore, ammette, nel constatare come ancora
oggi la sua lettura crei un certo scandalo.
L’intento principale del film, afferma Friedman, è quello di
esaltare i contenuti ed il valore della poesia di Ginsberg e per
farlo hanno utilizzato tre canali paralleli: il processo,
ricostruito fedelmente in base agli atti processuali recuperati;
l’intervista a Ginsberg, che trae spunto da un’ intervista concessa
a Times durante i giorni del dibattimento ma mai pubblicata; e la
terza e più originale componente ossia la lettura del poema
accompagnata dalle immagini di animazione. Per questa parte
Friedman rivela di aver preso spunto da disegni eseguiti da un
amico di Ginsberg che per realizzarli si ispirò proprio dalla
lettura di “Howl” oltre che di altre opere del poeta; per
affrontare questa parte animata, Friedman, ammette di aver
osservato e tratto consiglio anche dalla visione di “The Wall” dei
Pink Floyd oltre che di un altro film quale “American
Splender”.
Gli si chiede perchè abbiano pensato all’ottimo James Franco quale
interprete di Ginsberg; Friedman motiva questa scelta spiegando che
Franco è stato inizialmente proposto dal produttore Gus Van Sant il
quale riteneva l’attore particolarmente adatto a quel ruolo. I due
co-registi hanno da subito potuto avvalorare questa valutazione in
quanto di Franco hanno immediatamente colto il talento eclettico
oltre che una certa affinità culturale ed intellettuale con il
mondo beat. Franco, ci confida Friedman, è attore appassionato di
letteratura e arte, lui stesso dedito alla scrittura ed essendo del
nord della California, molto sensibile e vicino alla tradizione
beatnik. Durante le riprese di – Howl – due protagonisti della
stagione beat oltre che figure fondamentali nella vita di Ginsberg,
Ferlinghetti e Peter Orlowsky ( che del poeta fu per molti anni
compagno di vita ) sono stati contattati, ci rileva Friedman,
contribuendo in modo positivo e attivo grazie alle loro memorie di
vita vissuta accanto a Ginsberg. Purtroppo Orlovsky è scomparso da
pochi mesi mentre Ferlinghetti, ormai molto anziano, ha più volte
declinato i vari inviti alla visione del film.
Una delle ultime domande rivolte a Jeffrey Friedman non poteva che
toccare il tema dell’omosessualità, essendo il film
presentato all’interno della rassegna Festival Mix Milano. Friedman
ci spiega che il loro intento è stato quello di esaltare i momenti
di forza espressiva e dirompente sensualità che si possono cogliere
in un paio di sequenze del film in cui Ginsberg si abbandona ai
propri sensi con Neal Cassady prima e Peter Orlovsky poi ed
effettivamente questi risultano come due dei momenti più intensi di
–Howl-. Dopo questo lavoro ci sono già progetti in cantiere per il
simpatico regista americano? – Ho alcuni lavori in fase
embrionale…ma è ancora troppo presto per poterne parlare –ci
risponde. A noi non resta che attendere.
La City lights Books di Lawrence
Ferlinghetti (Andrew Rogers) pubblica il poema di
un giovane e sconosciuto autore newyorkese; un poema destinato a
irrompere come un ciclone nello stagnante conformismo intellettuale
e letterario dell’America di quel periodo. Quel poema è
Howl – L’urlo e quell’autore si chiama Allen
Ginsberg (James
Franco).
In Howl – L’urlo
Ginsberg è un giovane poeta che la critica avvicina immediatamente
al nascente movimento beatnik, un movimento letterario che si
oppone ai canoni e alle convenzioni socio-culturali dominanti
negli Stati Uniti del secondo dopoguerra. Il clima censorio che
prevale su qualsiasi tentativo di avanguardia artistico-letteraria
è inasprito dalla politica poliziesca ispirata dal senatore
McCarthy ed è in questo clima di chiusura che il poema di Ginsberg
trova una resistenza tanto strenua da degenerare in un’aula di
tribunale.
Howl – L’urlo, il film
Ferlinghetti viene messo sotto
processo per aver fatto pubblicare un componimento considerato
tanto immorale quanto di scarsissima rilevanza letteraria pertanto
l’accusa condotta dal pubblico ministero Ralph Mcintosh
(David Strathairn) ne chiede l’immediato ritiro.
L’avvocato della difesa, Jake Ehrlich (Jon
Hamm), tenterà di salvaguardare il diritto di
espressione e la libertà intellettuale di Ginsberg. Il processo si
trasformerà in questo modo in un dibattutissimo caso giudiziario in
cui non è in gioco solo il destino di una poesia, scritta da un
giovane poeta ebreo, ma la libertà individuale di ogni singolo
cittadino americano.
Howl – L’urlo,
girato da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, e
prodotto da Gus Van Sant, è in realtà un poetico
ed appassionato tributo alla celebre poesia di Allen
Ginsberg, di cui il film si pone l’obbiettivo e l’intento
di esaltarne e rianalizzarne i contenuti, la potenza espressiva
oltre che il valore letterario. Il processo è solo una delle tre
componenti parallele di cui il film è strutturato, tre componenti
che si alternano di continuo dirigendosi ognuna verso lo stesso
fine: riportare alla luce e analizzare nel suo profondo una delle
più rivoluzionarie ed apprezzate poesie del XX secolo.
Quindi oltre al dibattimento
giuridico, che diventa ulteriore occasione di analisi e riflessione
sul poema stesso, il film propone la ricostruzione di un intervista
che il Times ottenne da Ginsberg durante i giorni del processo. Qui
l’autore da a noi modo di approfondire i temi di Howl –
L’urlo oltre che i molteplici e controversi aspetti della
sua vita e della sua combattuta sessualità. La terza e più
originale componente della narrazione è la parte animata:
utilizzando una tecnica già vista in altri film come The
Wall dei Pink Floyd, anche qui la parola
diventa immagine, disegni animati che seguono il corso frenetico e
allucinato del poema, i versi tradotti visivamente e accompagnati
da una musica coinvolgente. Parole e immagini che ci immergono nel
visionario mondo interiore in cui Ginsberg lascia libero il suo
istinto spesso condotto e guidato dalle droghe che assumeva
sovente; ma in questo poema c’è tutto ciò che lo tormentava e che
lo spinse ad “urlarlo” con una rabbia che improvvisamente
diventa tenera riflessione malinconica.
Il rifiuto delle convenzioni sociali
e intellettuali, le battaglie politiche e antimilitariste,
l’alienazione a cui conduce la società capitalistica, l’ossessione
di una omosessualità cui vorrebbe dare libero sfogo e i ricordi
della madre e di Carl Solomon, vittime e martiri degli elettroschok
subiti negli ospedali psichiatrici. La poesia è la grande
protagonista di Howl – L’urlo, la poesia
estrapolata ed analizzata nelle più varie sfaccettature, il suo
autore presentato come un uomo dalla grande potenzialità
espressiva. Howl – L’urlo vuole, tramite il caso
giudiziario qui narrato, ricordare al mondo di oggi che la libertà
espressiva ed intellettuale è un bene che gli uomini, anche nella
società contemporanea, non devono dimenticare mai di difendere con
le unghie e con i denti.
Quando si pronuncia il nome di
Howard
Ashman non sono molte le persone che sanno chi sia.
Persino tra gli appassionati della Disney e dei suoi classici
d’animazione, il nome di Ashman è quasi sconosciuto. Anche allo
scopo di colmare questa lacuna, Disney+ rende disponibile dal 7 agosto
Howard: la vita, le parole, un documentario sulla
vita e il lavoro di Ashman che, con le sue idee e intuizioni, ha
contribuito a rivoluzionare per sempre la grammatica del cartone
animato musicale e del musical in generale.
Da sempre amante del teatro, della
musica e dello spettacolo dal vivo, Howard comincia la sua carriera
come paroliere per le canzoni dei musical. Per tutti gli anni ’70
lavora a New York come sceneggiatore, ma fu alla fine di questo
decennio, nel ’79, che avvenne l’incontro che cambiò per sempre la
sua vita. Lavorò al musical God Bless You, Mr.
Roosvelt insieme ad Alan Menken. Con lui,
Ashman instaurò un’amicizia e una collaborazione proficua e
duratura che andò avanti fino alla sua prematura morte per AIDS,
nel 1991.
Nel 1982, dopo la realizzazione del
musical La piccola bottega degli orrori, basato
sull’omonimo film di Roger Corman, Ashman e Menken
vennero notati dalla Disney che li scelse per lavorare ai suoi
prossimi progetti, fino a che non arrivò il momento in cui entrambi
furono coinvolti nella realizzazione de La
Sirenetta. Si trattava della prima volta che Disney
realizzava un film basato su una fiaba, a 30 anni dal flop
economico che rappresentò La bella addormentata nel bosco. Il
coinvolgimento di Howard Ashman cambiò per sempre
volto alla Disney e lui fu trai principali artefici del
Rinascimento Disney degli anni ’90.
La coppia scrisse tutte le canzoni
de La Sirenetta, de La Bella e la Bestia e tre
canzoni di Aladdin. Tutti questi brani sono
diventati celebri, premiati con Oscar e numerosi riconoscimenti in
tutto il mondo, ma non solo. L’apporto innovativo di Ashman cambiò
la produzione del lungometraggio Disney; fu lui infatti a inventare
la “I want song” ovvero un pezzo musicale cantato dal
protagonista, in cui ci vengono presentati i suoi sogni, le sue
aspettative. Scelse doppiatori che venivano dal teatro, mescolò il
momento musicale con lo sviluppo della storia, tutti elementi
diventati poi fondativi del canone d’animazione Disney.
L’eredità di Howard Ashman
La sua eredità si raccoglie ancora
oggi, nei remake in live action di
Aladdin e de La Bella e la Bestia (quello de La
Sirenetta arriverà a breve) ma anche nella realizzazione
vera e propria dei nuovi film d’animazione. Per fare un esempio
concreto e alla portata di tutti, senza queste innovazioni e
intuizioni non avremmo mai avuto All’alba sorgerò
e la celebre sequenza di Frozen in cui Elsa libera il suo potere.
Howard: la vita, le
parole racconta proprio questo grande talento, ma lo fa di
pari passo con la sua vicenda umana che, involontariamente, divenne
megafono di una condizione per la quale ancora oggi si lotta e si
protesta. Ashaman era omosessuale e contrasse l’AIDS, faceva parte
quindi di quella fetta di popolazione che divenne capro espiatorio
perfetto in un momento in cui questa malattia era ancora
profondamente sconosciuta, e a causa della quale gli omosessuali
venivano demonizzati. E Ashaman usò proprio gli spazi artistici che
gli venivano concessi per sfogare la sua frustrazione, puntare il
dito contro una società aggressiva e spaventata, ma anche attaccare
quella malattia che a poco a poco gli tolse tutto.
La malattia e l’opera
Senza mai naufragare nel manifesto
politico, Ashman tradusse in note i suoi sentimenti e lo fece
proprio nei film Disney. Due sono gli esempi più importanti di
questa esperienza: il primo è la Canzone della folla de
La Bella e la Bestia in cui il popolo spaventato
dalla Bestia diventa violento e vuole annientarla, come simbolo di
ogni suo male. Allo stesso modo, in quanto malato di AIDS e
omosessuale, Howard Ashman si sentiva additato da
una società che alla base era semplicemente spaventata e
ignorante.
Il secondo e forse più doloroso
momento in cui Ashman ha infuso il suo personale nel lavoro alla
Disney, è stato quando ha scritto il testo di Humiliate the
boy, la canzone che Jafar canta in Aladdin quando smaschera il
protagonista di fronte a Jasmine e al Sultano. All’epoca Howard era
apertamente malato, l’Aids stava cominciando a togliergli il senso
del tatto, la vista, pian piano tutto il resto, e così nelle sue
parole (della canzone che poi non fu inserita nel film), come Jafar
spogliava Aladdin degli abiti, delle certezze e delle ricchezze,
così la malattia faceva con lui, togliendogli pezzi della sua
esistenza.
Un secondo addio ad Howard
A dirigere Howard:
la vita, le parole c’è Don Hahn,
produttore di lungo corso alla Disney che con Ashman ha lavorato a
La bella e la bestia. Il film mostra tanti filmati
d’epoca e immagini inedite della lavorazione e del dietro le quinte
dei film Disney, e presenta anche tanti interventi degli attori che
hanno lavorato con lui, dei colleghi, della sorella che ne ricorda
il talento creativo prorompente già da bambino e del compagno,
Bill Lauch, che forse più di tutti fa
continuamente i conti con la sua prematura scomparsa.
Proprio per questa natura
celebrativa e commemorativa, il documentario non indaga troppo
nella vita dell’artista, ma la racconta come una carezza di
conforto e diventa quasi un secondo addio per tutti coloro che lo
hanno conosciuto in vita e una finestra su un personaggio
interessantissimo per chi invece non aveva mai sentito parlare di
Howard Ashman.
Da agosto è disponibile su Disney+ il documentario Howard:
la vita, le parole (qui
la nostra recensione), dedicato, appunto, alla vita e alle
parole di Howard Ashman. Il nome non dirà molto ai
più ma se pensate a Part of your
world o a Be my
Guest, canzoni memorabili della storia dell’animazione
Disney, ecco che una lampadina si accende. Ebbene sì, Ashman è
l’autore delle parole di alcune delle canzoni più belle dei
classici Walt Disney. Insieme ad Alan Menken ha scritto la storia del genere
musicale, del genere animato, ha cambiato la storia e la struttura
dei classici Disney e, come apprendiamo grazie a questo
documentario, ha denunciato la sua condizione di omosessuale malato
di AIDS, che lo ha portato via ai suoi cari troppo giovane e con
ancora tanto da dare al mondo dell’arte.
A raccontarne la storia è
Don Hahn, regista in forze alla Casa di Topolino
che a lungo lavorò con Ashman. Come mai proprio adesso Don
ha sentito il bisogno di raccontare la storia del suo amico e
collega? Cosa gli ha fatto desiderare di raccontare finalmente la
storia di Howard?
Avevo un po’ paura che si
sarebbe persa la sua memoria. Sua sorella gestisce un blog, in cui
parla di lui, ma non esiste una biografia ufficiale, né in forma di
libro né in forma di film. Volevo approfondirne la storia,
conoscevo lui e le persone che hanno fatto parte della sua vita. Ho
iniziato a mettere insieme gli elementi per vedere se riuscivo a
mettere in piedi un film. E alla fine, eccolo, ed è stato più
avvincente di quanto pensassi. È la stessa cosa quando pensi di
conoscere le persone con cui lavori, ma non è così fino a che non
scavi nelle loro vite e vedi le loro lotte.
Il documentario si apre su
un dietro le quinte de La bella e la bestia. Come mai questa
scelta?
Abbiamo provato molte cose
diverse, incluso Howard che raccontava storie alla sua sorellina.
Abbiamo ricreato la fantasia che avrebbe potuto essere nella sua
mente, ma non era abbastanza avvincente. Il vero titolo della
storia di Howard è una vita brillante troppo breve. Quindi
quell’apertura era un modo per mostrare, in breve, “Ecco un ragazzo
all’apice della sua carriera all’opera su alcuni dei suoi lavori
migliori – e il segreto nascosto che nessuno conosceva tranne
Howard”. Dopo quella ripresa, non sarebbe stato in giro per ancora
molto tempo. Questa è la triste verità sulla storia, e
quell’introduzione sembrava il gancio giusto nel resto del
racconto. (Ashman morì di AIDS tre giorni prima della prima de
La bella e la bestia, nel 1991, ndt).
Howard: la vita, le
parole – intervista al regista Don Hahn
Howard: la vita, le
parole non è pieno di tutti i suoi successi, hai parlato più
della sua famiglia e della storia di questo bambino che cresce.
Come hai affrontato la narrazione?
Il soggetto che stavo
raccontando era Howard, e lui era così interessante e intelligente,
dovevo lasciare che lui conducesse la storia e che lui la
raccontasse in qualche modo, quindi niente narratore e niente teste
parlanti. Nemmeno io volevo partecipare, non volevo inserire un
gruppo di vecchietti che stavano lì a dire quanto fosse bravo. È
stato più interessante conoscere l’uomo e la sua arte. È l’uomo che
ci ha dato Part of your
world o a Be my Guest, ma
qui raccontiamo anche cosa è accaduto alla persona. E sono convinto
che sarebbe felice di sapere che le sue lotte sono diventate parte
della storia che ho raccontato.
Quali sono stati alcuni dei
momenti più difficili da lasciare fuori dal montaggio
finale?
Mi sono imbattuto in un nastro
di Howard e Tina Turner; vorrei che tutti lo potessero sentire.
Dura due ore e Tina prepara il pranzo a Howard mentre lui le chiede
della sua vita. In quel periodo stava scrivendo una sceneggiatura
sulla sua vita. Ma non era fondamentale per la sua carriera perché
non è mai stato realizzato. Il suo caro amico Kyle Rennick aveva
alcune registrazioni di quando Howard era malato, parlando della
sua vita a teatro. Probabilmente dovrei fare un podcast su questi
audio, ma dovevo attenermi ai momenti chiave e a ciò che è
essenziale per la storia e ciò che non lo è. Ma quelli erano alcuni
dei momenti affascinanti.
Come ha reagito la sua
famiglia al documentario quando glielo hai mostrato?
Ero terrorizzato. Ma invece di
avere una reazione a film completo, ho inviato loro parti del
documentario mentre lo realizzavo. Ho finito il primo atto e l’ho
mandato. Sono stati di supporto, ma sedersi per intervistarli è
stato difficile, specialmente quando ho dovuto sedermi con Bill, il
compagno di Howard. Ho dovuto chiedergli di come è stato essere un
compagno di vita ma anche un assistente e infermiere. Aveva
dedicato molti anni della sua vita a prendersi cura di quest’uomo.
Volevo che parlasse di una relazione gay in un momento in cui era
difficile. E lui è stato incredibilmente onesto.
Howard: la vita, le
parole è disponibile su Disney+.
Il mito che ormai da
generazioni aleggia attorno al personaggio letterario
di H.P. Lovecraft è ovviamente
innegabile, tanto che l’eredità perturbante e ancestrale lasciata
da questo personaggio non ha mancato di dare vita a numerosi
adattamenti per il grande e piccolo schermo, molti dei quali tratti
proprio dalle sue celebri narrazioni che parlano di un mondo
mostruoso e dominato da forze oscure che hanno origine fin dalla
notte dei tempi. Ma ciò che più sembra interessare i contemporanei
è proprio la vita di questo solitario scrittore, le cui memorie
sono state oggetto di una serie di tre fumetti scritti
da Bruce Brown e
Dwight L. MacPherson e di cui il primo volume
– HowardLovecraftand
the Frozen Kingdom – è stato
adattato nel 2016 in un film d’animazione. Ora, secondo una recente
indiscrezione pubblicata da Deadline, pare
che anche il secondo libro,
intitolato HowardLovecraft and
the Undersea Kingdom, sarà presto portato sul grande
schermo, con addirittura la presenza di Mark
Hamill in qualità di voce del dottor Henry
Armitage.
Dopo la recente perfomance
live-action nei panni di Luke Skywaler
in Star
Wars Il Risveglio della forza – e nei
suoi due seguiti, Star Wars Episodio
VIII e Star Wars Episodio IX
– Mark Hamill ha già prestato la sua voce,
fin dagli anni ’90, al celebre personaggio
di Joker nella nota serie televisiva animata
dedicata a Batman, e ora si appresta a unirsi
al cast vocale
di HowardLovecraft and the
Undersea Kingdomaccanto
a Christopher Plummer e
Doug Bradly, già presenti dal precedente capitolo
animato. New entry sarà anche Jeffrey Combs, già avvezzo
all’universo di H.P.
Lovecraftper il fatto di aver
recitato in moltissimi film tratti dalle sue storie, tra vale la
pena ricordare il celebre ruolo del professor Herbert
West di Re-Animator
di Stuart Gordon.
HowardLovecraft and the Undersea
Kingdom e gli altri due volumi della raccolta narrano
le avventure semi-biografiche di un giovane H.P.
Lovecraftmescolate con riferimenti
ad alcune delle sue storie più o meno note e con racconti del tutto
originali.
HowardLovecraft and the Undersea
Kingdom e il
precedente HowardLovecraftand
the Frozen
Kingdomsono attualmente in fase di
produzione e saranno diretti e sceneggiati
da Sean Patrick
O’Reilly, pronti per un rilascio in
simultanea per fine 2017 grazie
a Shout!
Factory.
Lea Thompson è in
procinto di incontrare i vertici Marvel Studios per mettere in tavola
una conversazione che potrebbe portare al cinema un nuovo film su
Howard il Papero.
Vera e propria icona pop degli anni
’80, il personaggio è apparso come una succulenta easter egg nella
scena post credits di Guardiani della Galassia, e
da allora James
Gunn ha sempre osannato il papero spaziale, pur
dichiarando con schiettezza che il film è effettivamente
brutto.
La Thompson ha
interpretato Beverly Switzler nel film del
1986 e parlando con Inquisitrha dichiarato: “A
dire la verità, sto per andare a aincontrare la Marvel per un nuovo film su Howard
il Papero (…) Tra circa tre settimane. Voglio dirigere il remake
(ride)! Perché non sognare in grande?”
La battuta sulla volontà di dirigere
è chiara, ma l’incontro per realizzare un nuovo film sul
personaggio non giunge completamente nuova e a questa notizia
potrebbe essere legato anche Gunn.
Howard il papero (Howard the
Duck) è un personaggio dei fumetti creato da Steve Gerber e Val
Mayerik per la Marvel Comics. Ha fatto il suo esordio nel
dicembre 1973 sul numero 19 della serie Adventure into Fear. Negli
anni settanta sugli albi pubblicati dall’Editoriale Corno venne
presentato con il nome di Orestolo il papero.
Le storie di cui è protagonista
sono incentrate sulle disavventure di un papero antropomorfo
scorbutico intrappolato in un mondo dominato dagli umani. Le
avventure di Howard sono generalmente parodie di storie
fantascientifiche e fantasy, scritte in uno stile ironico e
combinate con una certa coscienza delle limitazioni del mezzo
(metafinzione); è infatti spesso molto sperimentale per essere un
fumetto non-underground. Il personaggio ha spesso interagito con
altri supereroi della Marvel in più di un’occasione, e
nel 1986 uscì anche un film dal vivo ispirato al personaggio
intitolato Howard e il destino del mondo.
La scena post credits di
Guardiani della Galassia ci
ha regalato l’ingresso di Howard il Papero nel
MCU. James
Gunn adora il personaggio, nonostante non abbia
grande stima per il film che lo vede protagonista, e ha anticipato
quello che potrebbe essere il futuro dello stesso nell’Universo
Condiviso della Marvel.
“Sapete, la cosa divertente di
Howard è che può comparire dove meno te lo aspetti, quindi chissà
dove potrebbe apparire la prossima volta?”.
SEGUONO SPOILER
In Guardiani della Galassia Vol.
2 vediamo Howard comparire effettivamente in un posto
a caso, e la sua presenza riesce sempre a strappare un sorriso.
Chissà dove lo piazzerà la prossima volta Gunn.
Leggi la recensione di
Guardiani della Galassia Vol. 2
In Guardiani
della Galassia vol 2, che arriverà al cinema nel 2017,
torneranno Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave
Bautista e in veste di doppiatori Vin
Diesel e Bradley Cooper.
Confermati anche Yondu
(Michael Rooker) e Nebula (Karen
Gillan). Tra le new entry Pom
Klementieff, Kurt Russell,
Elizabeth Debicki,Tommy
Flanagan e Chris
Sullivan.
Al ritmo di una nuova, fantastica
raccolta di brani musicali (Awesome Mixtape #2), Guardiani
della Galassia Vol 2, racconta le nuove avventure dei
Guardiani, stavolta alle prese con il mistero che avvolge le vere
origini di Peter Quill. Vecchi amici e nuovi alleati, oltre ai
personaggi preferiti dai fan verranno in aiuto ai nostri eroi
mentre l’Universo Cinematografico Marvel continua ad espandersi.
Ci sarà anche Alec Baldwin nel cast del
prossimo biopic sul miliardario Howard
Hughes (purtroppo ancora senza titolo), diretto da
Warren Beatty. A quanto sembra,
Baldwin interpreterà Robert
Maheu, un confidente strettissimo di
Hughes, che sembra abbia avuto anche dei dissidi
con lo stesso Hughes in numerose situazioni.
Questo biopic è già
particolare di per sè: Warren Beatty, infatti,
sarà allo stesso tempo produttore, regista e attore che
interpreterà proprio l’eccentrico miliardario. Il film sarà
finanziato da Ron Burkle, Steve
Bing, Arnon Milchan, James
Packer e anche dalla Worldview
Entertainment.
Il cast è già
composto da altre stele del cinema, come Martin
Sheen, Matthew Broderick e
Annette Bening.
The Film Stage ha diffuso il
nuovo trailer di How to Talk to Girls at
Partiesil film diretto da John
Cameron Mitchell che vede protagoniste Elle
Fanning e Nicole Kidman, prodotto da A24. Il film è stato
presentato Fuori Concorso al Festival
di Cannes 2017.
La trama di How to talk to
girls at parties
Enn è un’adolescente che vive a
Londra alla fine degli Anni Settanta. Vorrebbe diventare un punk e
godersi la vita al massimo; così, quando viene a conoscenza di una
festa alla quale parteciperanno tante ragazze, decide di andarci
per fare nuove conoscenze. Da subito nota Zan, una ragazza
misteriosa. Tra i due scatta la passione ma Enn scoprirà che Zan fa
parte di un gruppo di ragazze aliene inviate sulla terra per
preparare un rito di passaggio. Il film è tratto dall’omonimo
racconto di Neil Gaiman pubblicato nella raccolta
“Fragile Things”.
Nicole Kidman nelle immagini di How to Talk to Girls
at Parties
Elle Fanning
ha condiviso il primo trailer di How to Talk to Girls
at Parties, film che sarà presentato Fuori Concorso
al Festival
di Cannes 2017 e che è stato diretto da John Cameron
Mitchell. Nel film anche Nicole
Kidman, alla sua seconda collaborazione con il regista,
Alex Sharp, Ruth Wilson e Matt Lucas.
Enn è un’adolescente che vive a
Londra alla fine degli Anni Settanta. Vorrebbe diventare un punk e
godersi la vita al massimo; così, quando viene a conoscenza di una
festa alla quale parteciperanno tante ragazze, decide di andarci
per fare nuove conoscenze. Da subito nota Zan, una ragazza
misteriosa. Tra i due scatta la passione ma Enn scoprirà che Zan fa
parte di un gruppo di ragazze aliene inviate sulla terra per
preparare un rito di passaggio. Il film è tratto dall’omonimo
racconto di Neil Gaiman pubblicato nella raccolta “Fragile
Things”.
Arriva online la prima immagine
tratta da How to Make Love Like an
Englishman, la nuova commedia romantica che vede
protagonista Pierce Brosnan al fianco di
Salma Hayek e Jessica Alba. Nel
film Brosnan interpreta un professore donnaiolo dell’Università di
Cambridge le cui idee, convinzioni e, soprattutto, lo stile di vita
edonistico, saranno stravolti dall’incontro con il personaggio
interpretato dalla bellissima Salma Hayek. La pellicola è diretta
da Tom Vaughn(Notte brava a Las
Vegas). Al momento il film è in cerca di una
distribuzione al Festival
di Cannes 2014; non sappiamo, dunque, quando farà il
suo esordio nelle sale cinematografiche.
La regista ventinovenne Molly Manning Walker ha trionfato
nella sezione Un Certain Regard al Festival
di Cannes di quest’anno con How to Have
Sex, il suo debutto come sceneggiatrice e regista,
selezionato poi per il concorso di Alice nella città,
nell’ambito della Festa del Cinema di Roma
2023. Si è formata come direttrice della fotografia
(ha girato Scrapper, passato al Sundance, con
Harris Dickinson protagonista) e, alla sua prima
prova registica, trasforma quella che poteva essere una storia
piuttosto banale di amicizia femminile e dei pericoli dei predatori
maschili in qualcosa di molto più interessante. Una vacanza estiva
in cui i nightclub diventano prigioni di persone, sudore e
dissolutezza, in cui il lenzuolo è un muro di sfida e il concetto
di solitudine va molto oltre il semplice sentirsi soli.
La trama: la vacanza “migliore di
sempre”
Il film si apre con tre adolescenti
britanniche – Tara (Mia
McKenna-Bruce, di
Persuasione), Em (l’esordiente
Enva Lewis) e Skye (Lara
Peake, di Brave New World) – che si preparano a
trascorrere la “migliore vacanza di sempre” in una città costiera.
Presto scopriremo che, per loro, questo significa fare festa il più
possibile, bere a tutte le ore del giorno e incontrare ragazzi con
cui sperano di andare a letto. “Se non fai sesso in questa
vacanza, non lo farai mai“, dice una delle ragazze a Tara,
l’unica di loro che non ha ancora perso la verginità. E, ben
presto, Tara incontra un ragazzo. Si fa chiamare
Badger (Shaun Thomas, di Ali
& Ava) e le invita nella sua stanza, che condivide con il suo
amico Paddy (Samuel Bottomley, di
Tutti
parlano di Jaimie) e altri amici. “Cosa diremo?
Abbiamo tipo 18 anni, giusto?“, concordano le ragazze
minorenni prima di uscire.
Presto iniziano a fare festa tutti
insieme e le dinamiche tra i due gruppi cambiano immediatamente. Da
un lato, c’è l’eccesso che deriva dal comportarsi esattamente nel
modo in cui ci si aspetta che ci si comporti in questo tipo di
feste, ubriacandosi e partecipando a tutti i tipi di giochi
“divertenti” che coinvolgono il sesso e di cui il giorno dopo si
dimenticheranno completamente. Dall’altro lato, ci sono i segreti
che si nascondono l’uno con l’altro, nel timore che, se rivelano
che non stanno trascorrendo la “migliore vacanza di
sempre“, non si sentano più a loro agio.
How to have Sex: un manuale di crescita?
C’è anche la pressione esercitata
sulle ragazze affinché si vestano e si comportino in un certo modo
per poter fare l’unica esperienza che le farebbe apparire “cool” e
confermerebbe che sono “normali”: fare sesso con un ragazzo. E poi
c’è l’aspettativa di quanto la prima volta debba essere incredibile
e piena di vita, il che significa che non puoi assolutamente dire
alle tue migliori amiche che in realtà non lo è stato e che non
solo non ti ha fatto sentire amata e appagata, ma che ne hai odiato
ogni secondo e, se ci pensi bene, non volevi nemmeno che
accadesse.
E poi c’è la gelosia di quelle
stesse amiche che vi amano, ma che per il loro bisogno di essere
“migliori” e più esperte di voi dicono e fanno cose orribili che
nascondono come scherzi. Dopotutto, è naturale che le ragazze
debbano competere l’una con l’altra, poiché la società ci dice che
l’unico modo per una ragazza di inserirsi e realizzarsi è essere
desiderata da un ragazzo. Così, questo strano paradosso diventa la
norma: ti diverti come non mai, circondata dai tuoi migliori amici,
ma allo stesso tempo ti senti più sola che mai, incapace di parlare
delle esperienze estremamente traumatiche e segnanti che stai
vivendo per paura di essere giudicata. Si beve per anestetizzare il
dolore, isolandosi ancora di più e lasciando che il ciclo continui,
diventando improvvisamente “adulti” nel modo peggiore
possibile.
L’attimo prima del futuro
Nonostante le ripetute
dichiarazioni da ubriachi, del tipo “ti amerò per sempre“,
il trio centrale non può sfuggire alla strisciante sensazione che
la loro amicizia sia appesa a un filo, mentre l’ombra dei risultati
del GCSE e dei diversi futuri che hanno scelto incombe su di loro.
Si tratta di uno sguardo senza mezzi termini sulla realtà della
pubertà, dell’alcol e delle idee confuse sul consenso sessuale.
Walker affronta abilmente le complessità
dell’amicizia tra adolescenti, il desiderio di conformismo e la
paura sempre presente, forse più che mai in una vacanza alcolica,
che tutti gli altri si stiano divertendo più di te.
How to Have
Sex non reinventa la formula del coming-of-age, ma
grazie a Walker e McKenna-Bruce,
e al forte lavoro di supporto dell’intero cast, non ne ha bisogno.
Non si tratta di “come fare sesso“, riprendendo il titolo,
ma di come il sesso – e soprattutto il consenso “da ubriachi e
pentiti” – possa danneggiare in modi apparentemente
invisibili. Così, la “migliore vacanza di sempre” può
diventare una vacanza che si vorrebbe dimenticare. Ma forse non si
può.