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Tutto tutto niente niente – Poster di Cetto La Qualunque

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Arriva il primo character poster del nuovo film con Antonio Albanese Tutto tutto niente niente, per la regia ancora una volta di Giulio Manfredonia. Nel poster l’attore nei panni di Cetto La Qualunque.

Tutto sua madre recensione del film di Guillaume Gallienne

Tutto sua madre recensione del film di Guillaume Gallienne

Tutto sua madre recensione 2 La vita di Guillaume si basa su un grosso equivoco: tutti, a partire dalla sua famiglia, lo trattano da sempre come una donna. Da ragazzo, egli è convinto di esserlo, perciò imita il modello di donna a lui più vicino: sua madre. Nella ricerca della propria identità, passerà attraverso varie fasi, finché l’amore per una ragazza non lo porterà a una nuova consapevolezza di sé.

Tutto sua madre (il titolo originale, Les garçons et Guillaume a table!, I ragazzi e Guillaume a tavola!, riprende una delle frasi che più hanno condizionato l’esistenza di Guillaume, pronunciata regolarmente da sua madre, e sottolinea l’autoironia del progetto) è l’esordio autobiografico di Guillaume Gallienne – attore prima teatrale, poi anche cinematografico – dietro la macchina da presa. Il film è stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs ottenendo il riconoscimento più importante, l’Art Cinéma Award.

Tutto sua madre recensioneSuccesso meritato, dal momento che il lavoro, il cui punto di partenza (il rovesciamento del tema dell’omosessualità e della sua accettazione) è originale e interessante, non si limita però solo a questo. La sua forza maggiore risiede nella capacità del regista, sceneggiatore, protagonista di guardare alla propria storia personale con leggerezza e ironia, riuscendo a ridere e a far ridere riguardo a qualcosa che ha segnato profondamente tutta la sua esistenza ed è stato anche un dramma esistenziale, trasformandolo in una rutilante e variopinta sfilata di personaggi, in parte surreali.

La pellicola è brillante e ben recitata da Gallienne, protagonista nei panni di sé stesso, di sua madre, e di varie altre figure, soprattutto femminili: uno straordinario trasformista che ama il travestitismo e se ne va a spasso di epoca in epoca, oltre che in situazioni e paesi diversi, alternando la commedia alla farsa. L’intento dichiarato è di recuperare l’atmosfera della commedia classica alla Billy Wilder e vi si avvicina in più di un’occasione, anche grazie a tempi comici perfetti.

Notevole è poi l’accuratezza con cui il regista scruta i volti, a cominciare dal suo, registra il modificarsi degli stati d’animo in uno sguardo, osserva attentamente i gesti, il modo di parlare. Ciò gli permette di dare complessità alla figura del protagonista, di creare con pochi elementi situazioni di grande  forza comica e passare facilmente dalla commedia al dramma, dalla farsa a momenti seri e commoventi nel delineare il rapporto conflittuale di un figlio remissivo con una madre fredda e autoritaria. Le caratterizzazioni offerte dal resto del cast sono pure efficaci – il padre di Guillaume (André Marcon), la nonna (Françoise Fabian), ma anche i vari medici, psichiatri e psicologi che il protagonista incontra nel suo percorso sono spassosi.

Il lavoro nasce in teatro e l’impronta teatrale resta nel film, ma non lede le specificità del genere.

Tutto quello che c’è da sapere sulle pratiche relative ai dati di Temu, l’app per lo shopping più famosa al mondo

Ora che lo shopping digitale fa sempre più parte integrante della nostra quotidianità, è estremamente importante fare chiarezza su come le app di e-commerce gestiscono i nostri dati. Qui esaminiamo Temu, una stella nascente nel mercato online che sta spopolando in Germania, e vediamo come gestisce i dati dei propri utenti per garantire la trasparenza e mantenere la loro fiducia. Ecco come Temu tratta i tuoi dati personali.

L’approccio di Temu alla raccolta dei dati

La filosofia di Temu è semplice: raccoglie dati al solo scopo di fornire e migliorare la tua esperienza di acquisto. Temu, in realtà, raccoglie meno informazioni sugli utenti rispetto ad altre consumer app, concentrandosi solo su ciò che è necessario per elaborare e migliorare il proprio servizio. Ciò significa che, a differenza di altre app, Temu non vede i tuoi contatti o non è in grado di controllare la tua posizione.

Quali dati raccoglie Temu?

Ecco una panoramica di tutte le categorie di dati che Temu raccoglie con il relativo scopo, in base alla divulgazione dei dati sull’App Store di Apple:

  • Acquisti e informazioni finanziarie: Temu richiede queste informazioni per elaborare ed evadere gli ordini.
  • Dati sulla posizione: Temu richiede l’accesso alle autorizzazioni di posizione solo in Medio Oriente per facilitare la compilazione degli indirizzi di spedizione. Le funzionalità di localizzazione precise sono fondamentali per gli indirizzi di consegna in Medio Oriente a causa della mancanza di un sistema di indirizzi completo.
  • Informazioni di contatto: oltre che per l’evasione degli ordini, tali dati sono necessari per la creazione di un profilo. Ovvero le informazioni di contatto dell’utente, non della rubrica del telefono.
  • Contenuti dell’utente: tali dati consentono agli utenti di caricare foto, lasciare una recensione, cercare articoli con un’immagine, contattare l’assistenza al cliente, ecc. Temu utilizza il selettore di foto integrato nel sistema operativo dello smartphone per scegliere e caricare le immagini senza richiedere il permesso di accedere all’intera galleria fotografica.
  • Cronologia delle ricerche: tali dati si riferiscono alle ricerche degli utenti su Temu, che aiutano l’app a offrire un’esperienza più personalizzata consigliando prodotti o servizi che potrebbero essere interessanti per l’utente.
  • Identificatore, diagnostica e dati di utilizzo: la maggior parte, se non tutte le app, raccolgono abitualmente tali dati per identificare un profilo o un dispositivo, analizzare/individuare i problemi di arresto anomalo dell’app e migliorarne continuamente i servizi.

Temu e le autorizzazioni dell’app

In seguito all’aumento delle preoccupazioni sulla sicurezza dei dati, Temu ha condiviso pubblicamente il modo in cui gestisce le autorizzazioni delle app. L’app ha ridotto al minimo le richieste di autorizzazione. Per consentire agli utenti di visualizzare facilmente le autorizzazioni richieste, Temu ha creato informazioni ad hoc all’interno delle impostazioni nell’app o nella pagina web di divulgazione delle autorizzazioni. Le autorizzazioni delle applicazioni sono misure di sicurezza messe in atto dal sistema operativo del telefono (come Android o iOS) per controllare ciò che le app possono o non possono fare.

Funzionano come sportelli di protezione che assicurano che le app accedano solo alle funzionalità o ai dati di cui hanno assolutamente bisogno e che l’utente ne sia a conoscenza e che abbia accettato.

Ad esempio, le app potrebbero aver bisogno dell’autorizzazione per accedere alla tua posizione, utilizzare la fotocamera, ecc. L’utente potrebbe richiedere autorizzazioni specifiche quando installa o utilizza determinate funzionalità di un’app. Quindi, se l’utente fosse d’accordo, l’app può utilizzare quella funzione o quei dati. In caso l’utente rifiutasse, allora l’app non può utilizzare quella funzione o quei dati.

Temu si impegna a mantenere la trasparenza e ridurre al minimo l’uso delle autorizzazioni all’interno della propria app. Anche quando Temu utilizza le foto per lasciare una recensione, cercare articoli e così via, non otterrà direttamente le autorizzazioni di sistema. Temu, al contrario, utilizza la fotocamera integrata o il selettore di foto del dispositivo dell’utente. Ciò significa che gli utenti hanno sempre il controllo e l’applicazione non può mai accedere a foto, fotocamera o microfono del dispositivo senza un esplicito permesso da parte degli utenti. L’approccio di Temu è volto a migliorare la sicurezza dei propri utenti.

L’approccio di Temu verso i malintesi

Alcune persone hanno contestato Temu per l’adottare pratiche di dati intrusive. Tuttavia, questi allarmismi spesso derivano da incomprensioni. Ad esempio, Temu non utilizza i servizi di localizzazione del dispositivo a meno che non sia assolutamente necessario per la funzionalità, come in Medio Oriente, dove i sistemi di indirizzi sono poco strutturati.

L’informativa sulla privacy di Temu spiega chiaramente l’uso di identificatori univoci come indirizzi IMEI o MAC, che sono standard per la maggior parte dei dispositivi e delle app. Questi vengono utilizzati semplicemente per identificare il tuo dispositivo per una migliore esperienza utente.

Temu è al fianco degli utenti per quanto concerne privacy e sicurezza dei dati, aderendo agli standard del settore ma optando per un approccio più incentrato sull’utente. Raccogliendo meno dati ed evitando inutili autorizzazioni di sistema, Temu dimostra il suo impegno per la privacy e la sicurezza degli utenti.

A chi interessassero più informazioni specifiche può consultare l’informativa sulla privacy completa di Temu disponibile sul suo sito web, che offre approfondimenti sulle sue pratiche in materia di dati. Ricordiamo che scegliere consapevolmente è il fulcro della sicurezza dei dati nell’era digitale e Temu garantisce che la tua esperienza di acquisto sia sicura e personalizzata.

Tutto quello che c’è da sapere su The Resident

Tutto quello che c’è da sapere su The Resident

Il dottor Conrad Hawkins (Matt Czuchry) è uno specializzando anziano del Chastain Memorial che batte i pugni, presuntuoso e amato. Conosce le regole e sa come infrangerle… sa praticamente tutto. E per il dottor Devon Pravesh (Manish Dayal), uno dei nuovi specializzandi ottimisti e con il viso da bambino dell’ospedale, è terrificante. Mentre gli altri specializzandi sembrano essere in grado di gestire la situazione, Devon si sente come se fosse stato messo sul ring per un combattimento che non può vincere. Poi c’è il dottor Randolph Bell (Bruce Greenwood), eroe della comunità e idolo di Devon, che sembra non poter sbagliare. Ma questo potrebbe essere dovuto al fatto che c’è un po’ di insabbiamento per negligenza medica in corso…

In The Resident, dai creatori Amy Holden Jones (Mystic Pizza), Hayley Schore (Call Jane) e Roshan Sethi (Call Jane), Devon impara a sue spese com’è davvero la vita in ospedale.

Dove posso guardare The Resident?

Tutte e sei le stagioni in streaming è disponibile sulle seguenti piattaforme:

Chi fa parte del cast di The Resident Stagione 1?

Bruce Greenwood nei panni di Randolph Bell in The Resident
Immagini: Per gentile concessione di Fox
  • Manish Dayal (Rise) interpreta il dottor Devon Pravesh, specializzando in internistica al Chastain Memorial.
  • Bruce Greenwood (La caduta della casa degli Usher) nel ruolo di Randolph Bell, primario di chirurgia dell’ospedale.
  • Matt Czuchry (The Good Wife) nel ruolo del Dr. Conrad Hawkins, specializzando internista senior
  • Emily VanCamp (Revenge) nel ruolo di Nicolette Nevin, alias Nic, un’infermiera professionale
  • Tasie Lawrence (House of Anubis) nel ruolo di Priya, una giornalista e fidanzata di Devon
  • Shaunette Renée Wilson (Black Panther) nel ruolo della dottoressa Mina Okafor, specializzanda in chirurgia
  • Melina Kanakaredes (CSI: NY) nel ruolo di Lane Hunter, un’oncologa
  • Violett Beane (God Friended Me) nel ruolo di Lily Kendall, una delle pazienti di Lane
  • Malcolm-Jamal Warner (Major Crimes) nel ruolo del dottor AJ Austin, un chirurgo
  • Patrick R. Walker (Gaslit) nel ruolo di Micah Stevens, uno dei pazienti di Conrad
  • Merrin Dungey (Big Little Lies) nel ruolo di Claire Thorpe, l’amministratore delegato dell’ospedale
  • Moran Atias (Third Person) nel ruolo di Renata Morali, responsabile delle pubbliche relazioni dell’ospedale
  • Julianna Guill (Girlfriends’ Guide to Divorce) nel ruolo di Jessie Nevin, sorella di Nic
  • Denitra Isler (The Act) nel ruolo di Ellen Hundley, capo infermiera del Pronto Soccorso
  • Vince Foster (Godzilla: King of the Monsters) nel ruolo del Dr. Paul Chu, capo anestesista
  • Warren Christie (Alphas) nel ruolo del Dr. Jude Silva, un chirurgo traumatologo
  • Catherine Dyer (Stranger Things) nel ruolo di Alexis Stevens, il supervisore infermieristico
  • Michael Hogan (Chicago P.D.) nel ruolo del dottor Albert Nolan
  • Tasso Feldman (Black Box): Dr. Irving Feldman
  • Jocko Sims (New Amsterdam): Dr. Ben Wilmot
  • Steven Reddington (Dopesick): Dr. Bradley Jenkins
  • Glenn Morshower (Bloodline) nel ruolo di Marshall Winthrop, il padre di Conrad

Cosa succede in The Resident Stagione 1?

Manish Dayal nel ruolo di Devon Pravesh e Matt Czuchry in quello di Conrad Hawkins in The Resident
Immagini: Per gentile concessione di Fox

La serie documenta le vite del personale medico del Chastain Park Memorial Hospital, alle prese con le crisi sul lavoro, l’equilibrio tra vita privata e vita privata e i problemi sentimentali. The Resident Stagione 1 segue l’anziano specializzando Conrad, animato da spirito di giustizia; l’apprendista di Conrad, il neo-dottore Devon, che viene rapidamente gettato in pasto ai lupi quando il Pronto Soccorso è a corto di personale; e il chirurgo veterano Dr. Bell, che tiene segreta la propria diagnosi medica, nonostante gli effetti devastanti su alcuni dei suoi pazienti.

Che tipo di medico è Conrad Hawkins in The Resident?

Conrad lavora come medico curante di medicina interna. Nella stagione 1, è al terzo anno di specializzazione al Chastain Memorial.

Quante sono le stagioni di The Resident?

Ci sono sei stagioni di The Resident. La serie ha debuttato originariamente su Fox nel 2018.

Ci sarà una stagione 7 di The Resident?

No. La serie ha trasmesso la sua sesta e ultima stagione nel 2023.

Dove si svolge The Resident?

La serie si svolge ad Atlanta.

Tutto quello che c’è da sapere su Jurassic Park III [Video]

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Tutto quello che c’è da sapere su Jurassic Park III [Video]

Mentre cresce l’attesa per l’arrivo al cinema del quarto capitolo oggi vi proponiamo un video su Jurassic Park III che ci spiega in 15 minuti tutto quello che c’è da sapere sul film con Sam Neill:

Jurassic Park III è un film del 2001 diretto da Joe Johnston, terzo capitolo della serie sui dinosauri iniziata con Jurassic Park e proseguita con Il mondo perduto – Jurassic Park, entrambi tratti dai romanzi di Michael Crichton. Il film è diretto da Joe Johnston, che sostituisce Spielberg alla regia. Johnston fu in trattative per dirigere il secondo capitolo della saga, Il mondo perduto, il quale fu poi diretto da Steven Spielberg. Nel 2000, il regista si avvicinò agli studios per dirigere il terzo episodio. Spielberg divenne produttore, lasciando il comando a Johnston che iniziò a lavorare al progetto. Le fasi di produzione si avviarono prima della fine dello script, pensato da David Koepp, il quale prevedeva una missione di salvataggio a Isla Sorna.

Alla sua uscita nelle sale il 18 luglio 2001, il film ha incassato negli Stati Uniti circa 181 milioni di dollari, mentre è arrivato alla cifra di $368,780,806 nel resto del mondo. Benché l’incasso riuscì a superare il budget di produzione, la critica lo ha giudicato superficiale e con una trama priva di spessore, e ne è stato contestato il regista Joe Johnston. Il film ha ricevuto durante l’edizione dei Razzie Awards 2001 una nomination come Peggior remake o sequel.

 

Tutto quello che Black Panther: Wakanda Forever rivela del Blip

Tutto quello che Black Panther: Wakanda Forever rivela del Blip

ATTENZIONE: Questo articolo contiene spoiler di Black Panther: Wakanda Forever.

Il nuovo film MCU ha finalmente rivelato cosa è successo a Wakanda durante il Blip. Dopo lo schiocco delle dita di Thanos in Avengers: Infinity War – l’evento che ha cancellato metà delle creature dell’universo – la maggior parte degli spettatori si aspettava un cambio di direzione per l’intero franchise. Tuttavia, Avengers: Endgame è iniziato con un salto temporale di cinque anni, bypassando completamente gli eventi del Blip. Solo successivamente la Marvel ha rivelato ciò che è successo durante il famoso salto temporale che precede Endgame.

Se il primo Black Panther sorvola su cosa è successo a Wakanda durante il Blip, Wakanda Forever pone il focus non solo sulla morte del re T’Challa, ma anche sulle conseguenze dello Snap di Thanos.

Ramonda diventa il capo del Wakanda

ramonda black panther wakanda forever

Stando a Black Panther: Wakanda Forever, dopo la tragica morte di T’Challa, Ramonda viene “reintegrata’’ come sovrano del Wakanda. Questo fatto indica implicitamente che Ramonda sia salita al trono durante il Blip. La teoria è plausibile, dato che sia T’Challa che Shuri sono rimaste vittime dello Snap di Thanos. Durante il Blip, il Wakanda ha vissuto un momento di grande confusione. Prima la sparizione T’Challa, che in teoria doveva essere l’ultima Pantera Nera. Poi la strage delle scorte dell’Erba a Foglia di Cuore Infine la perdita di Shuri, l’unica scienziata in grado di sintetizzare l’erba. In tutto ciò, Ramonda viene posta come guida del Wakanda.

Wakanda si eclissa dal resto del mondo

Black Panther Wakanda

In Black Panther, il Wakanda era nascosto dagli ologrammi. Nel secondo film, il mondo di Ramonda ritorna ad essere isolato dal resto dell’MCU. Probabilmente, dopo l’infrazione di Thanos, i sopravvissuti hanno cercato di ricreare la sicurezza del Wakanda attraverso l’isolazionismo. Sicuramente, Ramonda ha svolto un ruolo di primo piano nella restaurazione dell’equilibrio.

Rimane in dubbio quale posto sia spettato a Okoye durante il Blip. Come sappiamo da Avengers: Endgame, Okoye è rimasta in contatto con i Vendicatori, unendosi anche al consiglio olografico di Vedova Nera. Probabilmente, il Wakanda è stato tenuto fuori dagli eventi principali del Blip e Okoye ha guidato nell’ombra le forze dentro e fuori dal Wakanda.

Nakia partorisce il figlio di T’Challa

tchalla nakia

Infine, Black Panther: Wakanda Forever conferma che Nakia è sopravvissuta allo Snap di Thanos. Il film rivela che Nakia ha lasciato Wakanda poco dopo l’attacco di Thanos. Tuttavia, non è chiaro se la donna sia fuggita prima o dopo la nascita di suo figlio Toussaint. Stando alla scena tra i titoli di coda di Black Panther, T’Challa sapeva che Nakia era incinta. Per non includere il bambino nella linea di successione, i due decidono che la donna e il piccolo devono fuggire ad Haiti. Al tempo, Nakia non poteva imaginare che T’Challa sarebbe tornato dopo il Blip per poi incontrare la morte definitivamente. In Black Panther: Wakanda Forever assistiamo alla tragica e straziante storia di Nakia.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere): recensione

Gross risate nel 1972 con Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere), il film di Woody Allen con Woody Allen, John Carradine, Lou Jacobi Louise Lasser, Gene Wilder, Tony Randall, Burt Reynolds

La Trama

7 episodi diversi per tempo, ambientazione, classi sociali. Ciascuno è introdotto da una domanda a sfondo sessuale. Si parla di afrodisiaci, perversioni, orgasmi, omosessualità, ma affrontando tutto con leggerezza e comicità.

Analisi

Bastano i titoli di testa per capire che il sesso sarà l’ingrediente principale del film: titoli che insolitamente si discostano dai classici alleniani, con le scritte in bianco su sfondo nero, in favore di una distesa di conigli bianchi che simulano con il muso un movimento incessante, come quello sessuale. Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere), non è un film-scandalo, come si potrebbe pensare, per i temi trattati. Non è certo il primo esempio di film che centra l’attenzione su un argomento del genere e tra l’altro Allen lo fa senza mostrare scene di nudo o altre situazioni troppo esplicite. Ma la naturalezza e la leggerezza con la quale viene affrontato il tema e il modo in cui l’argomento sesso viene inserito nella quotidianità a tutti i livelli, è sbalorditivo. Ne viene fuori che il sesso lo fanno tutti: dai borghesi ai proletari, dai giullari alle dame di corte, ognuno lo fa con le sue particolari esigenze. Le domande che vengono proposte all’inizio di ogni episodio non trovano una risposta. Più che altro vengono approfondite, ma non c’è affatto (e ovviamente) l’esigenza “medica” né “etica” di dover fornire la risposta.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sessoIl sesso è l’ingrediente principale del film, ma è sempre trattato con sottile ironia, quell’inconfondibile stile a cui Woody Allen ci ha abituato. Tuttavia, benché ogni episodio abbia una costruzione narrativa autonoma e curata, capace pur nella sua brevità di possedere un incipit, un intreccio ed una fine, siamo ancora vicini ad un Allen che fa ridere sfruttando più la situazione comica fine a se stessa, invece di una superiorità incessante del dialogo o di un allestimento più variegato della narrazione (mancano ancora 5 anni a Io e Annie, per esempio).

Alcune gag sono davvero indimenticabili, come il rabbino che ha la perversione di essere frustato mentre la moglie mangia carne di maiale; o il corpo umano che funziona come un centro di controllo, con lo stesso Allen protagonista in qualità di spermatozoo.

Tra strizzate d’occhio dichiarate a Fellini e Antonioni (nell’episodio “italiano”) o ad altri mondi della cultura americana, ogni episodio ha la capacità di farsi ricordare per qualcosa. Forse quello con Gene Wilder che si innamora della pecora è però un gradino sopra agli altri.

Tutto quello che abbiamo scoperto su Deadpool & Wolverine, Captain America: Brave New World dal CinemaCon

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La Disney ha presentato molti progetti importanti al suo panel del CinemaCon, concludendo l’evento annuale in grande stile. Il franchise di Star Wars non ha ricevuto aggiornamenti significativi, ma per i fan del MCU c’è stato molto per cui entusiasmarsi.

Sebbene vi abbiamo presentato alcuni brevi riassunti dei filmati mostrati ieri sera, è giunto il momento di fare un recap di tutte le più importanti rivelazioni di Las Vegas. Di seguito, troverete informazioni su Deadpool & Wolverine, Captain America: Brave New World, I Fantastici Quattro e Thunderbolts*.

La missione di Deadpool

Deadpool's Mission

Dopo che Wade Wilson è stato portato alla TVA in Deadpool & Wolverine, incontra Mr. Paradox e scopre che, sì, sono stati proprio i suoi viaggi nel tempo in Deadpool 2 a metterlo nel loro radar. Tuttavia, non è per questo che si trova lì.

Il Mercenario Chiacchierone è stato scelto per uno scopo più alto: salvare la “Sacra Linea del Tempo” e vendicarla. Paradox potrebbe essere uno degli agenti della TVA che vogliono distruggere le linee temporali divergenti per ripristinare l’unica vera versione che conosciamo come Terra-616?

Qualunque sia il caso, Deadpool riesce a dare un’occhiata al suo futuro “lontano” (che vede un Thor in lacrime che piange il mercenario caduto). A questo punto, l’antieroe decide di entrare nella “più grande linea temporale di tutte” e dichiara: “Beccati questo, Fox! Vado a Disneyland!”.

Thunderbolts* Titolo misterioso

mcu thunderbolts

Quando la star di Black Widow Florence Pugh ha condiviso un video dal set di Thunderbolts, i fan più attenti hanno notato che del film è stato aggiunto un asterisco (*).

Parlando con i partecipanti al CinemaCon, il presidente dei Marvel Studios Kevin Feige ha detto: “Sì, noterete l’asterisco su Thunderbolts. Questo è il titolo ufficiale di Thunderbolts e non ne parleremo più fino all’uscita del film“.

Il fatto che lo studio non sia disposto a parlarne fino a dopo l’uscita del film è estremamente intrigante e suggerisce che l’asterisco sia uno spoiler e che abbia un significato importante sia per questo film che per il futuro del MCU.

A proposito di quei costumi…

Deadpool & Wolverine

Deadpool ha rinunciato a essere un “supereroe” quando inizia il threequel, quindi da dove viene il suo nuovo costume colorato? È stato creato dal sarto della TVA, anche se la sequenza vede uno strano vecchio barbuto che palpeggia ripetutamente il Mercenario Chiacchierone.

La clip estesa si conclude con Deadpool & Wolverine che viaggiano insieme in auto in costume. Logan non ha la maschera, ma Wade non è esattamente un grande fan del nuovo look del mutante artigliato…

Cos’è questa tuta? Gli X-Men te la fanno indossare? Quei figli di puttana“, dice. “Gli amici non fanno uscire di casa gli amici con l’aspetto di chi combatte il crimine per i Los Angeles Rams”.

Il nuovo look del Presidente Ross

Il nuovo look del Presidente Ross

Avrete notato nei primi fotogrammi di Captain America: Brave New World che il Presidente “Thunderbolt” Ross – ora interpretato da Harrison Ford dopo la scomparsa di William Hurt – non ha più i suoi caratteristici baffi.

Ford si è comportato da diva? Onestamente, pensiamo che questo abbia a che fare con la sua trasformazione in Hulk Rosso. Si può spiegare la scomparsa dei peli sul viso in un fumetto, ma non così facilmente in un film!

Chiedendo al nuovo Capitan America di riassemblare i Vendicatori in una clip vista al CinemaCon, Ross accenna al fatto che ha rinunciato ai sigari (preferendo i lecca-lecca) e ha un nuovo look perché gli è stato detto che doveva “perdere i baffi o perdere le elezioni”.

Tutto qua: completate le riprese del film di Davide Ferrario

Tutto qua: completate le riprese del film di Davide Ferrario

Dopo circa 6 settimane di riprese si chiuderanno tra pochi giorni le riprese dell’ultimo film di Davide Ferrario, Tutto qua (titolo provvisorio) girato a Torino dal 26 ottobre scorso. Moltissime le location utilizzate in città (OGR, Officine Ferroviarie, Environment Park, Grattacielo di Intesa Sanpaolo, Campus ONU ITC-ILO, l’Hotel Double Tree by Hilton del Lingotto), insieme ad alcune località limitrofe come Pecetto, Villastellone, Pianezza e ad altre della provincia di Asti (Castelnuovo Don Bosco, Passerano Marmorito, Albugnano).

Un cast artistico di rilievo che vede protagonisti Neri Marcorè, Marco Paolini, Giovanni Storti Giorgio Tirabassi, con un’importante presenza di attori piemontesi: Paolo Giangrasso, Linda Messerklinger, Luca De Stasio, Marilina Succo, Mauro Morittu, Chiara Cardea, Toni Mazzara, Zoe Tavarelli.

Altrettanto massiccia la presenza di professionisti piemontesi nel cast tecnico, con una troupe formata per il 95% da maestranze locali: la regia di Davide Ferrario naturalmente, la fotografia di Emanuele Pasquet, le scenografie di Francesca Bocca, insieme a Ladis Zanini in qualità di organizzatore generale, Cristina Vecchio come direttore di produzione, Davide Spina come location manager, Vito Martinelli al suono e molti altri.

Tutto qua racconta la storia di un gruppo di amici adulti uniti dal legame e dalla passione per la musica, che molti anni fa li aveva fatti incontrare. The Boys, questo il nome della band, aveva avuto un grande successo con un disco negli anni Settanta. Nella loro routine, tra vicende amorose e familiari irrompe una nuova possibilità per tornare al professionismo, ma dovranno fare i conti con i sogni e le ambizioni di un tempo e il mondo di oggi.

Il film – prodotto da Lionello Cerri e Cristiana Mainardi, una produzione Lumière & Co. con Rai Cinema – è realizzato con il contributo del POR FESR Piemonte 2014-2020 – Azione III.3c.1.2 – bando “Piemonte Film TV Fund” e il sostegno di Film Commission Torino Piemonte.

In un momento segnato gravemente dalla pandemia che ha penalizzato il comparto della Cultura e in particolare quello dello spettacolo con la chiusura delle sale e dei teatri – ha sottolineato l’assessore alla Cultura, Vittoria Poggio – era importante dare un segnale di vitalità con la prosecuzione delle attività che hanno coinvolto tecnici e attori valorizzando molte professionalità piemontesi.”. “Grazie al sostegno di Film Commission, degli sponsor, di Rai Cinema e della casa di produzione Lumier & Co  – ha aggiunto Poggio – il Piemonte si conferma attrattore di progetti e fucina di idee a conferma della propria vocazione in campo culturale a 360°”.

L’attribuzione del contributo del “Piemonte Film Tv Fund” a “Tutto Qua”, è stata resa nota proprio in questi giorni, insieme ad ulteriori 4 titoli, nella graduatoria del Bando POR FESR “Piemonte Film Tv Fund”, Fondo della Regione Piemonte per il sostegno alla produzione di cinema, film tv e serie tv, con contributi a singolo progetto fino a 200 mila Euro (misura di aiuto nell’ambito dei fondi strutturali POS FESR 2014-2020).

Oltre al film di Davide Ferrario sono 2 i lungometraggi e 2 le serie TV, che prevedono la realizzazione nel 2021 su territorio piemontese: la società piemontese Indyca con il lungometraggio “The Store”; la società milanese Casa delle Visioni con il lungometraggio “Peripheric love”; IIF Italian International Film con la serie TV “Guida astrologica per cuori infranti”; Viola Film, già due volte in Piemonte con il sostegno della Regione Piemonte e di FCTP, con una nuova serie Tv tedesca dal titolo “Der Feind Meines Feindes”.

Tutto può cambiare: trailer italiano del film con Mark Ruffalo e Keira Knightley

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Ecco il trailer italiano di Tutto può cambiare (Begin Again), commedia musicale con protagonista l’inedita coppia formata da Mark Ruffalo e Keira Knightley. Il film verrà presentato al Giffoni Film Festival. Tutto può cambiare racconta la storia di Greta (Keira Knightley) che, in compagnia del fidanzato storico (Adam Levine), si trasferirà nella Grande Mela al fine di realizzare un sogno: quello di avviare una carriera nel mondo nella musica. Le cose, purtroppo, non andranno come desiderato e la ragazza si troverà sola, abbandonata dal fidanzato che, nel frattempo, riuscirà a firmare un importante contratto discografico. Le cose, tuttavia, miglioreranno quando Greta incontrerà il produttore di una casa discografica (Mark Ruffalo) che, dopo aver assistito ad un’esibizione canora della ragazza, resterà affascinato dal suo talento.

Nel cast del film, oltre i già citati Mark Ruffalo Keira Knightley, troveremo anche Adam LevineHailee SteinfeldCatherine Keener e James Corden. Tutto può cambiare è disponibile nelle sale statunitensi dal 4 luglio.

Tutto Può Cambiare: recensione del film con Mark Ruffalo

Tutto Può Cambiare: recensione del film con Mark Ruffalo

Prendete un disco folk, di quelli fatti con strumenti veri e una dolce voce che vi sussurra una storia che non per forza deve finire bene, e fatene la colonna sonora delle vostre giornate. Vedete come tutto cambia? Non vedete le cose già da una prospettiva diversa? Tutto Può Cambiare, la nuova commedia musicale di John Carney con Mark Ruffalo, Keira Knightley e Adam Levine, ci porta proprio in questa direzione, dove la musica ci cambia e ci aiuta.

In Tutto Può Cambiare Dan (Mark Ruffalo) è un discografico caduto in rovina dopo che una serie di scelte sbagliate gli ha fatto perdere lavoro, famiglia e il lusso di essere sobrio alle 8 del mattino. Una sera per caso sente Gretta (Keira Knightley) cantare in un bar e si innamora della sua voce. Deve lavorare con lei a tutti i costi. Quello che non sa è che anche Gretta è disperata a suo modo ed è pronta ad abbandonare New York. Era arrivata dall’Inghilterra insieme al suo fidanzato del college, il cantante Dave Kohl (Adam Levine), con una relazione tutta coccole e canzoni scritte insieme.

Ma il successo arriva velocemente per Dave e lo colpisce come una forte botta in testa che gli fa perdere di vista ciò che è veramente importante, ovvero Gretta. Rimasta sola con la sua chitarra in una città sconosciuta, Gretta si lascia convincere da Dan a fare un disco insieme.

Tutto Può Cambiare 2Era inevitabile che la visione di Tutto Può Cambiare venisse anticipata da una certa dose di aspettativa: bisogna ricordare che John Carney ha dato i natali a quel gioiellino di film che è Once, che con la sua Falling Slowly si è guadagnato anche un Oscar.

Tutto Può Cambiare (In inglese Begin Again, “ricominciare”) è quel genere di commedia piacevole che fa passare due belle ore al cinema. Piena di spunti e idee interessanti, personaggi ben pensati e una colonna sonora che sta in piedi da sola (a cura di Gregg Alexander, che firma anche la bellissima Lost Stars cantata in tandem da Keira Knightley e Adam Levine), la commedia punta il dito sull’odierno mercato musicale, fatto di star di plastica e etichette discografiche che plasmano l’artista fino a fargli perdere quel poco di personalità che poteva contraddistinguerlo in classifica.

Chi l’avrebbe mai detto che Keira Knightley fosse brava anche a cantare? Sono quelle cose che da una parte sorprendono e dall’altra fanno un po’ invidia, c’è da ammetterlo. Senza corsetti o grandi acconciature, l’attrice inglese sembra quasi un volto nuovo sullo schermo e la sua Gretta si avvicina molto alla vera Keira, sposata con un rocker. Debutto da cantante per lei, e da attore (quasi) per Adam Levine, frontman dei Maroon 5: non lascia il segno, ma risulta credibilissimo nella parte. Mark Ruffalo infine nella sua interpretazione di Dan, un uomo pieno di difetti ma con un’energia travolgente, ci regala alcune delle sue espressioni facciali più “stupide” e divertenti, rivelandosi perfetto.

Tutto può cambiare: nuovo trailer con Keira Knightley

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Arriva un nuovo trailer italiano di Tutto può cambiare, il nuovo film di JOHN CARNEY con KEIRA KNIGHTLEY, MARK RUFFALO e ADAM LEVINE (leader della band Maroon 5), che arriverà in Italia il 16 ottobre con Lucky Red. Lost Stars, brano interpretato Adam Levine nel trailer, è presente nel nuovo album dei Maroon 5, V, come BONUS TRACK della Deluxe Edition.

Tutto può cambiare racconta come un incontro casuale e inaspettato possa riaccendere i sogni e le speranze. Così, sulle note di una musica magica ed emozionante due vite si intrecciano e disegnano insieme il loro nuovo destino.

Trailer: http://youtu.be/pzfm6QWMV64?list=UUZ2NF3-EhyJ1LNYfQIvqJRg

In Tutto può cambiare Greta (Keira Knightley) e Dave (Adam Levine), fidanzati dai tempi del liceo ed entrambi cantautori, si trasferiscono a New York quando lui riceve un’offerta da un colosso dell’industria musicale. La celebrità, e le molte tentazioni che la accompagnano, fanno perdere la testa a Dave e incrinano il loro rapporto. Nella metropoli scintillante e piena di opportunità, Gretta incontra Dan (Mark Ruffalo), un dirigente di un’etichetta musicale che assiste per caso ad una sua esibizione nell’East Village e resta subito colpito dal suo talento naturale. Intorno a questo incontro casuale prende vita la storia di due persone che si aiutano reciprocamente a cambiare nel corso di un’estate newyorchese.

Tutto può cambiare: colonna sonora

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Tutto può cambiare: colonna sonora

E’ uscito al cinema la commedia sentimentale Tutto può cambiare che vede protagonisti assoluti Mark Ruffalo e Keira Knightley. Nal cast anche il cantate dei Maroon 5, Adam Levine. Nel film la musica ricopre un ruolo fondamentale ed ecco tutta la colonna sonora del film scritta da Gregg Alexander e il regista John Carney.

CLICCATE SUI TITOLI PER ASCOLTARE OGNI SINGOLA TRACCIA

Tutto puo cambiare1. Lost Stars – Adam Levine
2. Tell Me If You Wanna Go Home – Keira Knightley
3. No One Else Like You – Adam Levine
4. Horny – CeeLo Green
5. Lost Stars – Keira Knightley
6. A Higher Place – Adam Levine
7. Like A Fool – Keira Knightley
8. Did It Ever Cross Your Mind (Demo Version) – Cessyl Orchestra
9. Women Of The World (Go On Strike!) – CeeLo Green
10. Coming Up Roses – Keira Knightley
11. Into The Trance – Cessyl Orchestra
12. A Step You Can’t Take Back – Keira Knightley

Mark Ruffalo e una talentuosa cantautrice che ha le graziose fattezze di Keira Knightley che ha appena rotto con il suo fidanzato e sbarca il lunario suonando nell’East Village.

Tutto può cambiare: Adam Levine canta Lost Stars nella nuova clip

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Nuova clip di Tutto può cambiare che mette in risalto il leader dei Maroon 5 Adam Levine; infatti nel video sottostante potrete vedere e ascoltare il cantante esibirsi nell’esclusiva canzone Lost Stars, composta appositamente per il film. In Tutto può cambiare oltre a Levine troviamo Mark Ruffalo e Keira Knightley.

http://youtu.be/RhZTVijgpb8

Tutto può cambiare racconta la storia di  Greta (Knightley) e il suo fidanzato di lunga data (Levine), che, per perseguire il sogno di una carriera nel mondo della musica si trasferiscono a New York. Ma il ragazzo spezza il cuore a Greta quando lui la lascia per firmare un grosso contratto discografico. La sua vita però ha una svolta inaspettata quando incontra un produttore di una nota casa discografica (Ruffalo) che incontra durante una sua esibizione in un locale. Il produttore rimane affascinato dal suo talento.

Tutto può accadere a Broadway: vai all’anteprima gratuita con Cinefilos.it

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Cinefilos.it mette in palio nuovi biglietti per la proiezione di Tutto può accadere a Broadway, la commedia del maestro  Peter Bogdanovich, con Owen Wilson, Imogen Poots, Kathryn Hahn, Will Forte Rhys Ifans.

La proiezione offerta da Cinefilos.it si terrà lunedì 26 ottobre a Torino, presso il MASSAUA CITYPLEX  alle ore 20.30. 

Per avere la possibilità di partecipare scrivi a [email protected] indicando Nome e Cognome. L’invito è valido per 2 persone.

Saranno ammessi alla proiezione tutti coloro che riceveranno una risposta dalla redazione con la conferma dei due biglietti, in caso di mancata risposta vorrà dire che i posti a nostra disposizione sono terminati.

NB: Tutte le e-mail che non conterranno i dati richiesti saranno automaticamente scartate.

Di seguito il trailer del film e a questo link la nostra recensione:

Tutto può accadere a Broadway: vai all’anteprima gratuita con Cinefilos.it

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Cinefilos.it mette in palio nuovi biglietti per la proiezione di Tutto può accadere a Broadway, la commedia del maestro  Peter Bogdanovich, con Owen Wilson, Imogen Poots, Kathryn Hahn, Will Forte Rhys Ifans.

La proiezione offerta da Cinefilos.it si terrà lunedì 26 ottobre a ROMA, presso il GIULIO CESARE alle ore 20.30. 

Per avere la possibilità di partecipare scrivi a [email protected] indicando Città, cinema, Nome e Cognome. L’invito è valido per 2 persone.

Saranno ammessi alla proiezione tutti coloro che riceveranno una risposta dalla redazione con la conferma dei due biglietti, in caso di mancata risposta vorrà dire che i posti a nostra disposizione sono terminati.

NB: Tutte le e-mail che non conterranno i dati richiesti saranno automaticamente scartate.

Di seguito il trailer del film e a questo link la nostra recensione:

Tutto può accadere a Broadway: Trailer e poster con Owen Wilson

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Tutto può accadere a Broadway: Trailer e poster con Owen Wilson

Pubblicato il trailer e il poster italiano della commedia esilarante Tutto può accadere a Broadway, di Peter Bogdanovich, presentato lo scorso anno a Venezia e in uscita nelle sale italiane il prossimo 29 ottobre, che vede un ricco cast con Owen Wilson, Jennifer Aniston e Imogen Poots.

Ecco il poster del film.

LEGGI ANCHE: Venezia 71: She’s so funny that way recensione del film con Owen Wilson

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La trama: Izzy (Imogen Poots) è una giovane prostituta che fa la conoscenza del regista Arnold Albertson (Owen Wilson), che decide di offrirle 30.000 dollari se coltiverà il suo sogno di diventare attrice e smetterà di fare la prostituta. Quello che non sa, Arnold, è che Izzy riuscirà a ottenere subito un provino proprio per la sua piece teatrale, nella quale recita anche suo maglie (Kathryn Hahn), ignara e all’oscuro di tutto.

Il film vede alla regia Peter Bogdanovich e nel cast Imogen Poots, Owen Wilson, Jennifer Aniston, Kathryn Hahn, Will Forte e Rhys Ifans. Nelle sale italiane uscirà il 29 ottobre.

Tutto può accadere a Broadway: recensione del film

Tutto può accadere a Broadway: recensione del film

Peter Bogdanovich presenta la commedia sofisticata Tutto può accadere a Broadway con protagonisti Owen Wilson, Imogen Poots, Jennifer Aniston, Kathryn Hahn e Rhys Ifans.

Tutto può accadere a Broadway racconta la storia di Arnold Albertson, un regista teatrale e televisivo di successo, che arriva nella Grande Mela per mettere in scena la sua ultima produzione a Broadway. La protagonista dello spettacolo sarà sua moglie, accanto a lei il divo del cinema Seth Gilbert. La prima sera che Arnold si trova a New York, chiede la compagnia di una escort a un servizio apposito, che gli manda una giovane e affascinante ragazza: Isabella. Nel corso della serata Arnold le regala 30mila dollari; in cambio però Isabella dovrà lasciare il suo lavoro e cercare di realizzare il suo sogno nel cassetto: diventare un’attrice.

Ritorno in grande stile quello di Peter Bogdanovich dietro la macchina da presa dopo l’ultima regia che risale al 2007, con una sophisticated comedy che ha il sapore della vecchia scuola; al centro della vicenda ci sono tante risate e nessuno spunto volgare e offensivo. Alla base della pellicola c’è dunque il classico espediente dell’equivoco che si sussegue in una spirale infinta per mostrare allo spettatore la vera natura dei personaggi raccontati. Attraverso lo smascheramento riusciamo a cogliere la vera essenza del loro essere, fragile e volubile. Sullo sfondo invece una rappresentazione teatrale che diventa specchio stesso dei personaggio e della vita fatta di incertezze e di caos.

Tutto può accadere a Broadway

Tutto può accadere a Broadway strappa moltissime risate e anche se l’originalità non è la sua forza va se non altro apprezzato per l’intento di farci ritornare ad assaporare la  comicità sobria e genuina, oltre alla destrezza con cui il regista riesce a sorprendere lo spettatore inserendo nel film importanti ed esilaranti cameo.

Menzione speciale per il cast, perfetto sotto ogni aspetto e in ottima sintonia con i personaggi narrati; nota di merito per la talentuosa Imogen Poots che mostra ancora una volta il suo talento e con il suo sorriso e i suoi grandi occhi chiari ci regala una spumeggiante performance. La giovane attrice buca lo schermo e fa innamorare di sè tutti gli spettatori.

Tutto parla di te di Alina Marazzi – recensione

Tutto parla di te di Alina Marazzi – recensione

tutto parla di te 2 Pauline (Charlotte Rampling) torna a Torino, la sua città natale, per la prima volta dopo molti anni e riprende contatto con angela (Maria Grazia Mandruzzato) che ora dirige un centro per la maternità. Qui Pauline intraprende una ricerca sulle esperienze e i problemi delle mamma di oggi. Tra le mamme del centro c’è Emma (Elena Radonicich) giovane danzatrice in crisi profonda che non sa affrontare le responsabilità della maternità.

Tutto parla di te è il primo lungometraggio di Alina Marazzi dopo i famosi e premiati documentatri Vogliamo anche le rose e Un ora sola ti vorrei. La regista milanese ha affrontato un altro punto di vista sulla vita delle donne prendendo la maternità come spunto cruciale sia per la finzione che per la parte documentaristica. Poiché il film al suo interno è caratterizzato dal modo di lavorare di Alina Marazzi, facendo un lavoro di ricerca sulla vita di giovani donne, ha proposto una storia che rappresenta una decostruzione delle singole interviste e immagini di repertorio che nella pellicola portano un confronto tra i modelli del passato e la realtà moderna. Inoltre la fotografia d’autore e le sequenze di stop-motion aggiungono quel livello poetico e conferiscono al film quel taglio intimo che porta all’emozione. Tutti questi elementi artistici vanno a smontare la scrittura classica della sceneggiatura al fine di arricchirla con altri livelli emozionali e di vicinanza con il pubblico. Questo però molto spesso sospende la storia nelle pieghe della riflessione frenando la continuità narrativa.

Nella prima parte del film siamo immersi totalmente in questa comunità di mamme che svolgono tutte le attività pre e post-parto per entrare in comunicazione con il loro corpo e alla ricerca di determinate emozioni. Le attrici in questo film sembrano camuffarsi e confondersi con una realtà conscia e silenziosa. Charlotte Rampling passa una buona parte del film ad ascoltrare, ponendosi così come uno spettatore a sentire, leggere e vedere tutto il materiale che riguarda queste donne, finché non incrocia la storia di Emma e il loro destino intrecciato si risolverà e troverà pace in maniera conseguenziale nel finale. Elena Radonicich è spontanea nel ricreare l’apatia e la distrazione di questa mamma che vede suo figlio come un punto a sfavore, un handicap e non come un valore aggiunto alla sua vita.tutto-parla-di-te-charlotte-rampling

Il monatggio di Ilaria Fraioli è stato essenziale per la struttura del film ed è chiaro come sia stato pensato anche in fase di produzione per via dei numerosi supporti con cui la regista ha voluto tracciare questa pellicola.

Tutto parla di te è la dismostrazione che i film si possono fare con una plurità di voci, che ormai il cinema ha raggiunto la maturità necessaria per mescolare i registri di narrazione e dare una profondità e verità al vissuto, seppur sia fittizio, per lasciare così allo spettatore non solo il ricordo di una storia ma di una interpretazione della realtà. Dall’11aprile al cinema.

Tutto parla di te : Alina Marazzi presenta il suo film

Tutto parla di te : Alina Marazzi presenta il suo film

tutto-parla-di-te-charlotte-ramplingVedendo questo film si fa riferimento a Un’ora sola ti vorrei c’è un legame profondo tra quel doc-film e questo lungometraggio?
Alina Marazzi: Si c’è il legame, perché Tutto parla di te chiude un po’ il ciclo e chiude un po’ i conti con questa tematica e relazione che era stata già raccontata in Un’ora sola ti vorrei che è la relazione tra madre e figlia. Quindi entrambi i film sono esattamente legati e quest’ultimo riprende proprio là dove Un ora sola ti vorrei aveva lasciato. Qui poi c’è anche il personaggio della Rampling, donna adulta di un’altra generazione, proprio perché io volevo fare un collegamento tra presente e passato, oltre all’ambivalenza della maternità, oltre il rapporto tra Pauline ed Emma si raccontano delle cose che tra donne si conoscono bene, il personaggio della Rampling riporta anche un vissuto del passato che un tempo si chiamava “esaurimento nervoso” oggi si chiama “trauma post parto”.

Ci sono voluti quattro o cinque anni per raccogliere tutti i materiali del film, ha creato problemi nella produzione?
A.M:
Questo tipo di film, che si propone per un linguaggio diverso, è complesso sia da mettere a fuoco a fuoco come progetto a livello artistico sia come produzione. Però questo tempo di lavorazione è servito anche per decidere come raccontare questo argomento, sono partita da un metodo documentaristico e poi si è imposto il film di finzione. Quindi c’è stato nella fase di sviluppo e scrittura, che ha preso molto tempo, un tentativo di mettere su carta e in una sceneggiatura queste idee. Mescolare una trama di finzione con apporti di documentari, di cinema di realtà, altri apporti come l’animazione, la fotografia d’autore e altri elementi che mi piace mescolare insieme; in un film di montaggio come, Vogliamo anche le rose, era stato più semplice; qui dovendo inventare e scrivere un film ha preso del tempo.

Elena, a che punto sei entrata in questo progetto?
Elena Radonicich:
Sono entrata in questo film in maniera molto classica, facendo un provino e poi un altro, conoscendo Alina ed entrando piano piano in questa realtà che mi era completamente sconosciuta, (l’attrice non ha figli n.d.a) nel senso che ci avevo pensato ma non avevo mai ragionato sulle conseguenze che poteva avere nella vita di una donna, perciò è stato un ingresso lento e morbido. Anche perché da quando abbiamo cominciato a lavorarci a quando abbiamo girato e poi concluso, l’arco di tempo è stato piuttosto lungo perciò c’è stato il modo di creare questa realtà e poi provare ad esplicitarla.

Elena, che idea ti sei fatta sulla maternità che il film propone, come opzione di vita e sensazioni.
E.R:
Prima di affrontare questo film le mie idee erano molto favolistiche, “un giorno amerò qualcuno farò un figlio e sarò felice” più o meno si sintetizzavano così. Fare questo film mi ha messo in relazione all’idea che la maternità è uno di quegli eventi nella vita di una persona che in qualche modo ci riduce in uno stato di umanità molto profonda e in qualche modo archetipico, come il dolore e la morte, rappresentano qualcosa di assoluto con cui fare i conti e io con questa idea non mi ero affatto confrontata. Perciò il mio personaggio si riduce in uno stato di dolore indescrivibile, perché la sua sofferenza non è speciale perché può riguardare tutte. Affrontare quest’idea con l’immaginazione, avendo solo questa oltre che documentandomi, in qualche modo mi è passata la paura e ho pensato e realizzato che come spesso accade affrontando i tabù questi si possono sgretolare nel momento in cui ci si ragiona e si capisce che sono solo all’interno di un determinato periodo. Poi io avevo un imbarazzo incredibile nei confronti del bambino. Nelle scene in cui sono con il bambino, un po’ tremo io e un po’ trema Emma, perché è una creatura che ti mette di fronte a qualcosa di profondissimo di te stesso. Io ho osato e Alina mi ha ben guidata in questa attitudine.

Alina, come è andata con la Rampling?
A.M:
Con la Rampling terrore, molta paura! Ma anche molta trepidazione, la Rampling è nota ai più per questo aspetto un po’ ieratico con questo sguardo intenso, forte, apparentemente freddo quello che a me comunica era quello che cercavo per il personaggio di Pauline che ho trovato e che trovo lei abbia è un misto di forza e fragilità, di fermezza e irrequietezza, nel suo sguardo e volto vero di donna matura lei esprime tutta questa complessità. È una persona estremamente generosa, sia nella relazione sia con me che con Elena. E nel momento in cui ha sposato il progetto, che l’aveva coinvolta sia per la tematica ma anche forse per l’approccio, lei c’è stata al cento per cento senza porre condizioni ed è una persona anche molto divertente. Come attrice, e lo dice anche lei, è molto istintiva, benché sia una persona molto intelligente e riflette molto sulle cose quello che aveva lo porta in maniera animalesca. Quindi è stata una bella lezione, una bella esperienza non solo un bellissimo incontro umano personale.

Alina, per la Rampling è stato anche un ritorno al cinema Italiano.
A.M: Si c’era anche questo fatto, lei con l’Italia ha avuto un rapporto importante avendo girato film che poi l’hanno resa famosa. E questa volta di recitare in Italiano, quindi l’ha presa anche come un aspetto importate, da straniera portare una fragilità nel parlato. Ha dedicato del tempo per imparare l’italiano, lingua che conosceva e conosce quindi con una certa facilità, l’ha imparato per il film e mentre si preparava per il film a Parigi, lei ascoltava molto la musica italiana proprio per entrare nella musicalità della lingua ascoltava molto la musica di Franco Battiato che ha incontrato a Novembre a Roma (Festival del Cinema di Roma n.d.a)

Elena come è stato il rapporto con la Rampling?
E.R:
Il rapporto è stato che non ho parlato per un mese più o meno perché avevo difficoltà a dire qualcosa di sensato, quindi l’ho osservata molto e lei ha avuto la grazia di farsi guardare e mi ha lasciato lo spazio per trovare la calma necessaria a far sì che io mi relazionassi con lei e io ho riconosciuto in questo suo comportamento una generosità forte nel saper rispettare questo mio problema momentaneo! Lei aveva uno sguardo di grande comprensione sia come donna che come attrice che a un certo punto io al di fuori dal set non mi sono comportata in maniera diversa dal mio personaggio. Lei era molto spontanea, conteneva dentro di sé già tutto e poi lo lasciava uscire e io ascoltando lei ho cercato di fare la stessa cosa. Quindi il nostro rapporto è stato molto delicato e io tutte le volte che ero in difficoltà la guardavo e lei in qualche modo mi calmava, mi rassicurava e  sembrava che mi seguiva come faceva Pauline, ci siamo fatte tutte un gran bel viaggio, è stato un rapporto molto bello e privilegiato in questa bolla che era il film tra noi tre si è creato questo rapporto esemplare nelle relazione femminili, un esempio proprio bello.

Alina in questo film ci sono molti archetipi che nel cinema rischiano di diventare dei luoghi comuni, Alina come ha arginato questo rischio.
A.M: Da un lato servono gli stereotipi al cinema per rappresentare metodi di discussioni, nel caso della rappresentazione della maternità non è semplice ma è un po’ quello che a me profondamente interessava. C’è un discorso che riporta anche gli altri film miei che è la questione dei modelli, in che cosa noi donne ci rispecchiamo quali sono le immagini che ci si parano davanti tanto più le immagini di maternità. Quando si diventa madri ci si rende conto quanto interiorizzato questo immaginario della maternità un po’ favolistico, assoluto e di compimento; e quanto invece magari la nostra esperienza sia lontano da quello, allora tutti questi specchi che abbiamo davanti ci rimandano delle immagini di noi falsate e noi dobbiamo interrogarci sul perché viene prodotto un immaginario della maternità che va solo in una certa direzione. Nel film vengono usate le fotografie e altri apporti visivi per creare un cortocircuito e mettere in discussione queste rappresentazioni e far riflettere sul chi si è e quali sono le immagini di noi con cui ci dobbiamo confrontare.

Alina, nel film, credo volutamente, c’è poca presenza maschile, perché?
A.M: Nella sceneggiatura c’era un po’ di più del compagno di Emma, ma poi nel montaggio è stato ridotto, dando la precedenza alle relazioni tra donne, quindi il rapporto Pauline-Emma e questo luogo in un quartiere che la casa maternità a Torino, in questa dimensione di gruppo, e soprattuto quello che il film non fa è rappresentare la coppia e la famiglia. Perché penso che non sia più così centrale la coppia e la famiglia, se ci guardiamo intorno, le coppie fanno molta fatica a stare insieme quando nasce un bambino ancora di più, quindi la battuta di Binasco che dice “Una coppia è in due loro sono in tre quindi non sono più una coppia” è abbastanza un equazione esatta. Un bambino mette in crisi la coppia, oggi noi viviamo la nostra vita con questa dimensione della famiglia diversa, le nostre famiglie sono forse le relazioni che noi instauriamo con i nostri amici, i compagni di lavoro. E a volte penso che nel momento di fragilità come quello della maternità in cui si fa fatica e si vorrebbe parlare con qualcuno sarebbe più salutare parlare con qualcuno al di fuori della famiglia perché nelle famiglie ci sono dinamiche faticose, complesse e bloccate.

Vedendo i film di Alina Marazzi si ha l’impressione di assistere a “un epica della normalità” ti ritieni una regista donna?  O il film ha solo una femminilità di sguardo?
A.M: Si mi sento una regista donna, le antieroine dei miei film sono persone normali che confidano i loro sentimenti nelle pagine di diario, del vissuto quotidiano e oggettivo che riporto sempre nei miei film. Si voglio raccontare questa epica della normalità, anche l’aver scelto di incentrare il film “sull’ordinaria depressione” e non “il caso estremo” non voglio mettere al centro la tragedia e il caso di cui abbiamo bisogno perché dobbiamo confrontarci, il film vuole dire tutte queste cose su come raccontare le storie, si non voglio essere una regista, ma voglio essere una donna!

Tutto parla di voi è un progetto in rete sulla maternità, ispirato al film di Alina Marazzi Tutto parla di te nato per sviluppare in rete i temi affrontati nel film, che è insieme di esperimento di narrazione collettiva e raccolta di testimonianze da parte delle mamme (così come dei papà) per costruire un nuovo punto di vista sulla maternità. www.tuttoparladivoi.com

Il film sarà nelle sale l’11 Aprile con 30 copie.

Tutto in un’estate: recensione del film di Louise Courvoisier

Tutto in un’estate: recensione del film di Louise Courvoisier

L’estate è la stagione più calda, ma anche più bella dell’anno. È il tempo del divertimento, delle danze fino a farsi venire i crampi ai piedi, dei lunghi bagni al mare. Ma per chi è giovane, è anche il momento in cui qualcosa cambia: si cresce, si scopre, si inizia a fare i conti con se stessi. È proprio questo il cuore di Tutto in un’estate, opera prima di Louise Courvoisier. Il film, che ci trascina nei paesaggi rurali e vibranti della provincia francese, segna anche l’esordio sul grande schermo del giovanissimo Clément Faveau, protagonista quasi assoluto di una storia che oscilla tra primi amori, nuove responsabilità e una corsa – a tratti folle – verso la rivalsa. Tutto in un’estate (Vingt Dieux in originale) è stato presentato nella sezione Un Certain Regard della 77ª edizione del Festival di Cannes e arriva nelle sale italiane dal 26 giugno.

La trama di Tutto in un’estate

Totone è un diciottenne un po’ ribelle e impulsivo, che trascorre le sue giornate nel Giura tra amici, feste e qualche guaio di troppo. Ma tutto cambia di colpo quando suo padre muore in un incidente stradale: Totone deve farsi infatti carico di Claire, la sorellina, e rimettere in discussione ogni cosa. Trova un impiego in un caseificio, ma viene subito licenziato dopo una rissa. Da lì, decide di provare a riscattarsi – e magari guadagnare qualcosa – cercando di vincere il concorso per il miglior formaggio Comté della regione, con in palio 30.000 euro. Per riuscirci, ruba – con l’aiuto dei suoi amici – il latte pregiato della giovane casara Marie-Lise, con cui inizia anche una relazione. Tra tentativi falliti, notti a rubare latte e una mucca che partorisce, il ragazzo si muove sul filo sottile tra ambizione e affetti, fino a perdere tutto: amici, amore, illusioni. Ma forse è proprio da lì che comincia davvero a crescere.

Tutto in un'estate film

Un coming of age che colpisce

Tutto in un’estate è un racconto di formazione vivido e stratificato, sospeso tra dolcezza e realtà cruda. Una favola realista, che trova poesia anche nei momenti più duri. Courvoisier incornicia la storia nelle atmosfere assolate dei villaggi francesi, dando luce a un percorso di crescita sincero, pieno di sfumature emotive e segreti quasi innocui. Il fulcro è proprio lui, Totone, un ragazzo che fino a quel momento non aveva mai conosciuto il peso delle scelte, e che invece ora è costretto a farsi carico della propria vita e di quella di sua sorella. Totone diventa l’emblema di un’intera generazione di giovani adulti che si affaccia alla vita reale senza bussola, spesso senza nemmeno l’urgenza di trovarne una. Una generazione che però è chiamata a guardarsi dentro con più lucidità, senza per questo dover rinunciare alla leggerezza, alla confusione, al caos emotivo che ogni fase di passaggio porta con sé.

Per catturarne l’anima, la regia si fa discreta fino a scomparire: sembra quasi di spiare la realtà da una finestra socchiusa. Con una delicatezza che accarezza e al tempo stesso scava, Tutto in un’estate racconta una storia autentica, in cui anche la fragilità diventa forza. Clément Faveau è bravo nella sua naturalezza, così come lo sono i personaggi che lo circondano. Nessuna sbavatura, nessuna posa: tutto sembra accadere davvero. E forse è proprio questo che rende Tutto in un’estate così potente nella sua semplicità.

Tutto in un giorno: la storia vera dietro al film con Penelope Cruz

L’attore Juan Diego Botto, al suo esordio alla regia, porta sul grande schermo Tutto in un giorno (candidato a cinque premi Goya) che affronta un tema molto sentito in Spagna: quello degli sfratti. L’idea del film nasce da un confronto sulla situazione spagnola tra il regista e Penélope Cruz, qui in veste di produttrice e protagonista. L’attrice gli aveva chiesto di scrivere qualcosa su una coppia con un problema di gelosia e che sta affrontando uno sfratto. Il progetto ha però assunto una forma divesa quando la moglie del regista e co-sceneggiatrice del film Olga Rodriguez, ha messo il marito in contatto con assistenti sociali, assemblee condominiali, avvocati, persone emarginate.

Dal dialogo con queste realtà è dunque scritto qualcosa di diverso, che ha incontrato l’entusiasmo della Cruz, che lo ha definito un lavoro ricco di verità. Rispetto alla vicenda originale, si pone dunque maggiore attenzione sul dramma della precarietà, dei diritti negati e dell’esclusione sociale, trasmettendo questa sensazione di inquietudine e agitazione anche attraverso precise scelte di regia. Nessuno dei personaggi è al sicuro e nell’arco di un giorno si troveranno a vedere sconvolta la propria vita.

Per gli appassionati di un cinema impegnato, che intrattiene ma che solleva importanti tematiche sociali, è dunque questo un film da non perdere e da riscoprire in tutta la sua drammaticità. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Tutto in un giorno. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla storia vera a cui si ispira. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Luis Tosar, Claudia Melo e Christian Checa in Tutto in un giorno
Luis Tosar, Claudia Melo e Christian Checa in Tutto in un giorno. Cortesia di BiM Distribuzione

La trama e il cast di Tutto in un giorno

Il film racconta 24 ore della vita di tre personaggi in lotta per la sopravvivenza, che hanno in comune il tema drammatico dello sfratto. Azucena è una madre di famiglia, coraggiosa ma disperata perché rischia di perdere la casa. La sua vita è una lotta quotidiana fatta di ristrettezze economiche visto che il marito è un operaio che guadagna una miseria. La banca ha deciso di toglierle la casa e lei ha 24 ore per risolvere questo dramma. Poi c’è Teodora.

Una donna alle prese con le scelte di vita sbagliate e i fallimenti di suo figlio. Lei lo cerca per aiutarlo ma lui si nega affranto dai suoi problemi. E infine troviamo Rafa, un avvocato che ha come missione di aiutare realmente chi è in difficoltà senza trarne alcun vantaggio personale. Deciderà anzi di sacrificare tempo e energie dedicate alla propria famiglia per una causa sociale in cui crede profondamente. Si trova alle prese con un caso di custodia, una ragazza araba rischia di vedersi togliere la figlia e lui farà di tutto per impedirlo.

Ad interpretare Azucena vi è l’attrice Penélope Cruz, mentre accanto a lei ritroviamo nel ruolo di Teodora l’attrice Adelfa Calvo, mentre Rafa è interpretato da Luis Tosar. Quest’ultimo aveva già lavorato con il regista in un episodio di Tales of the Lockdown (2020), una serie di cinque racconti sviluppati durante la pandemia. Completano il cast Christian Checa nel ruolo di Raúl, Juan Diego Botto in quello di Manuel, Aixa Villagrán in quello di Helena, Font García in quello di Germán e María Isabel Díaz Lago in quello di Paty.

Adelfa Calvo in Tutto in un giorno
Adelfa Calvo in Tutto in un giorno. Cortesia di BiM Distribuzione

La storia vera dietro il film

Il film racconta un problema sociale molto pesante per la società spagnola ma che tende a rimanere nascosto. In Spagna infatti, si registrano circa 41.000 sfratti ogni anno, più di 100 al giorno. In particolare, si fa riferimento alla Piattaforma delle Vittime dei Mutui (Plataforma de Afectados por la Hipoteca o PAH), un’associazione e movimento sociale per il diritto all’abitazione sorto a febbraio 2009 a Barcellona e presente in tutto il territorio spagnolo. La Piattaforma nacque durante la crisi immobiliare spagnola del 2008-2013 che fu scatenata dalla bolla immobiliare e dalle posteriori proteste in Spagna del 2011.

La PAH raggruppa persone con difficoltà per pagare l’Ipoteca, che si trovano in un processo di sfratto e persone solidali con questa problematica sociale. La Piattaforma realizza poi azioni di disobbedienza civile e di resistenza passiva per impedire le esecuzioni e le notificazioni di sfratti, convocando concentrazioni sulla porta di casa delle vittime ed impedendo il passo agli ufficiali giudiziari. Questa campagna iniziò nel novembre del 2010 e nel febbraio del 2017 aveva già fermato 2045 sfratti su tutto il territorio spagnolo, secondo la propria organizzazione.

Il trailer del film e dove vederlo in streaming e in TV

È possibile fruire di Tutto in un giorno grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 27 settembre alle ore 21:20 sul canale Rai 3.

Tutto in un giorno, la recensione del film di Juan Diego Botto

Tutto in un giorno, la recensione del film di Juan Diego Botto

Il cinema non si accontenta solo di spettacolarizzare un racconto. In una società ormai caratterizzata da una informazione che viaggia attraverso numerosi canali, esso si pone come strumento mediatico essenziale per la conoscenza della realtà circostante, poiché capace sempre di raggiungere un pubblico vasto e colto. Così Juan Diego Botto decide di sfruttarlo, con la sua opera prima Tutto in un giorno, per dare voce alle classi sociali spagnole vittime degli sfratti e della recessione.

Una scelta mirata, quella del regista, che innalza il racconto a dramma sociale, con l’obiettivo di portare all’attenzione di tutti la precarietà e la speculazione immobiliare che trascina ogni giorno il Paese nel baratro. La pellicola è stata presentata in anteprima mondiale nella sezione Orizzonti della 79esima Mostra del Cinema di Venezia, e sarà nelle sale cinematografiche dal 2 marzo.

Tutto in un giorno, la trama

Azucena (Penélope Cruz) è una madre di famiglia che lotta contro la banca affinché non le tolga la casa. La sua vita è piena di ristrettezze economiche a causa del suo lavoro e di quello del marito, entrambi con un salario molto basso. Poi c’è Teodora (Adelfa Calvo), alle prese con le scelte di vita sbagliate e i fallimenti di suo figlio. Lei lo cerca per aiutarlo ma lui si nega affranto dai suoi problemi.

E infine troviamo Rafa (Luis Tosar), un avvocato che ha come missione aiutare realmente chi è in difficoltà senza trarne alcun vantaggio personale. Si trova alle prese con un caso di custodia, una ragazza araba rischia di vedersi togliere la figlia e lui farà di tutto per impedirlo. Storie di persone coraggiose che lottano duramente nonostante le difficoltà e le ingiustizie sociali. Tutto, però, in ventiquattro ore.

Vivere lottando per la giustizia

In Spagna ci sono circa 40 mila sfratti all’anno, più di 100 al giorno”. L’epilogo del film, che ne costituisce il fulcro, dà dei numeri spaventosi. Ma come si può descrivere l’angoscia di uno sfratto? Partendo dal concetto di casa. Una parola semplice ma pregna di significato. L’abitazione, intesa come spazio personale e unico, raffigura uno dei simboli principali della nostra società. Legato in senso stretto al concetto di famiglia, rappresenta per un individuo uno degli obiettivi primari nel suo percorso di realizzazione. Dentro le mura della propria casa ognuno si sente al sicuro, avvolto quasi in un abbraccio caldo, consapevole che lì il mondo esterno non avrà accesso. Eppure, nonostante sia la fetta di spazio ritagliatasi con sacrifici e sudore, può essere sottratto. E nessuno chiede il permesso. In molti casi funziona così. Botto parte da questo concetto tanto intimo quanto universale per introdurre tre storie apparentemente diverse, ma in realtà molto simili. Ognuna con il suo pesante fardello e ognuna con la sua lotta interiore e sociale.

Sin dalle prime inquadrature Tutto in un giorno ci regala i tre punti di vista attraverso cui gli eventi andranno snocciolandosi nel giro di 24 ore: Azucena, Teodora e Rafa. Ad ognuno di loro Botto affida una missione, alla cui base sta la paura di fallire, e una scadenza, scandita da un orologio invisibile che ne detta il ritmo. Un ritmo furioso e serrato, dentro al quale i personaggi si muovono frenetici, incalzati da un tempo che scorre inesorabile e non permette loro di fermarsi e riprendere fiato. Azucena, interpretata da una coinvolgente Penelope Cruz, è il volto in cui si riflette meglio la condizione di precarietà e disagio.

La macchina da presa indugia spesso su di lei, sullo sguardo perso nel vuoto e sulla voglia di combattere nonostante l’instabile situazione socio-economica. Un desiderio di vincere, il suo, che si mescola ad una rabbia repressa mentre percorre una Madrid che si staglia silenziosa e immobile sullo sfondo. Pronta però a raccogliere le sue lacrime e incassare i suoi strazianti sfoghi. Immagini disturbate e sporche seguono lei e i suoi comprimari, enfatizzandone la frustrazione ma anche l’orgoglio, che cerca di sovrastare un senso di mortificazione sempre più invadente.

Una storia di famiglia e solidarietà

Se in un primo momento Tutto in un giorno mette a fuoco una solitudine che sfocia quasi in alienazione, con il progredire della storia questa cede il passo alla collettività. Si ramifica così una sub-trama in cui Botto, con approccio antropologico, fotografa l’evoluzione dei rapporti umani messi davanti a situazioni complesse. Lo fa con delicatezza, cogliendone dettagli ed espressioni cruciali, senza mai essere retorico. È un discorso che affida in particolare a Rafa, un uomo al servizio dei cittadini in crisi, che se all’inizio si trova ad affrontare una relazione incrinata – o forse mai nata – con il figliastro Raul, alla fine scopre essere l’unico in grado di capirlo. A differenza della moglie che, lontana dalla sua quotidianità, non comprende fino in fondo le sue scelte, limitandosi invece a segnarne gli errori.

Ma è solo imparando ad affrontare insieme la durezza della vita, come accade a Rafa e Raul, che si può trovare un punto di incontro. Un incontro che si riverbera anche su Tamara e il figlio German, che smette di negarsi alla madre quando trova il coraggio di accettare i fallimenti e scrollarsi via la vergogna. Tutto in un giorno mostra perciò la sua doppia natura: è una storia di denuncia verso le privatizzazioni e il sistema bancario, ma anche un racconto umano, semplice e pieno d’amore, in cui la solidarietà diventa il perno a cui aggrapparsi per superare le difficoltà. Proprio come ci dimostra il fermo immagine nella punch line: Azucena raccoglie le ultime forze per protestare con gli attivisti sociali, prima che la polizia la privi della casa per sempre.

Tutto il mio folle amore: trama, cast e finale del film di Gabriele Salvatores

Dopo la parentesi fantasy di Il ragazzo invisibile e Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, il regista premio Oscar Gabriele Salvatores è tornato al cinema con un film incentrato sull’umanità dei personaggi, sui legami tra di loro e sulle passioni che rendono vivi nonostante tutto. Si tratta di Tutto il mio folle amore, uscito in sala nel 2019 e liberamente ispirato al romanzo Se ti abbraccio non aver paura, di Fulvio Ervas. In particolare, al centro di questo racconto, vi è uno struggente rapporto tra padre e figlio, su ciò che l’uno può insegnare all’altro e su come ci si possa ancora sorprendere della vita.

La storia narrata nel romanzo è quella vera di Franco e Andrea Antonello, di un padre che decide di partire con il figlio autistico per un viaggio in moto, permettendo al ragazzo di aprirsi e scoprire l’affetto e l’amore. Tutto il mio folle amore è inoltre anche un film sulla diversità, sul suo essere complicata ma necessaria da comprendere. Salvatores dà dunque vita ad un racconto on the road per portare i suoi personaggi e lo spettatore a confrontarsi con realtà e sentimenti nuovi. Il titolo del film, infine, è un riferimento al brano Cosa sono le nuvole, scritto da Pier Paolo Pasolini e interpretato da Domenico Modugno. 

Apprezzato da critica e pubblico, è uno dei più belli film recenti realizzati da Salvatores, da sempre maestro nel raccontare i piccoli ma grandi sentimenti presenti in ognuno di noi. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e al finale del film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Tutto il mio folle amore: la trama del film

Protagonista del film è il giovane Vincent Manzato, ragazzo affetto da autismo cresciuto in un mondo tutto suo mentre la madre Elena e il compagno Mario, che lo ha adottato, cercano di aiutarlo ad aprirsi alla realtà. Il vero padre di Vincent è Willy, chiamato il Modugno della Dalmazia. Sempre in giro tra concerti e serate interminabili, egli trova infine il coraggio di andare a conoscere quel figlio mai incontrato, apprendendo con un’iniziale difficoltà della sua diversità. Pur venendo cacciato in malo modo da Elena, Willy non immagina che quel piccolo gesto di responsabilità è solo l’inizio di una grande avventura.

Affascinato da quel padre misterioso, Vincent decide infatti di scappare e nascondersi nel pick-up di Willy. Da qui ha per i due inizio un viaggio lungo le strade dei Balcani che li porterà a conoscersi e scoprirsi a vincenda, in modo imprevedibili e assolutamente istintivi. Spaventati da quello che potrebbe succedere al ragazzo, anche Elena e Mario si mettono in viaggio, all’ inseguimento del figlio nel tentativo di riportarlo a casa. Con le tre persone più importanti per lui intente a stargli vicino, Vincent imparerà a scoprire nuove emozioni, aprendosi ed esternando tutta la sua vitalità.

Tutto il mio folle amore: il cast del film

Ad interpretare il giovane Vincent, protagonista del film, vi è Giulio Pranno, qui al suo debutto cinematografico. Classe 1998 egli ha esordito da giovane come attore teatrale, per poi presentarsi ai provini per Tutto il mio folle amore, ottenendo la parte desiderata. Accanto a lui, nel ruolo della madre Elena vi è l’attrice Valeria Golino, mentre Diego Abatantuono, storico collaboratore di Salvatores, è Mario il compagno di lei. Claudio Santamaria, in ultimo, è Willy, il vero padre di Vincent. Un ruolo per cui l’attore si è preparato sia a livello canoro sia attraverso la ricerca di piccole sfumature di umanità con cui arricchire il suo personaggio.

Tutto il mio folle amore finale

Tutto il mio folle amore: il finale e le differenze con il libro

Sul finale del film, dopo il lungo viaggio compiuto da Willy e Vincent, padre e figlio non sono ancora riusciti a recuperare tutto il tempo perso, ma hanno intrapreso un percorso di riconciliazione che permetterà loro di riavvicinarsi e scoprirsi sempre di più. Al momento di tornare a casa, anche Elena comprende molte cose di sé, lasciando probabilmente interdetto lo spettatore. La donna, infatti, fino a quel momento piuttosto rigida nei confronti della tutela del figlio, decide di lasciarsi andare, comprendendo che forse per avvicinarsi davvero a Vincent e riprendere in mano la sua vita deve seguire l’insegnamento di Willy. Dopo il viaggio con il padre, dunque, il ragazzo sembra intraprendere uno con la madre verso mete da scoprire.

Per quanto riguarda il rapporto con il romanzo di Ervas, Se ti abbraccio non aver paura, Salvatores prende questo solo come spunto di partenza, costruendo poi una storia pressoché originale. Nel libro, infatti, il ragazzo autistico si chiama Andrea e suo padre non è mai stato assente dalla sua vita. A differenza di Willy, questo ha sempre vissuto con lui, aiutandolo in tutte le terapie possibili per farlo stare meglio. Come nel film, però, per cercare di conoscersi meglio padre e figlio intraprenderanno un lungo viaggio in moto in giro per gli Stati Uniti e l’America del Sud, attraverso confinini, territori diversi e riscoprendosi come umani.

Tutto il mio folle amore: la colonna sonora, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Per quanto riguarda la colonna sonora, nel film sono presenti numerose canzoni dell’amato cantautore Domenico Modugno. Il personaggio di Willy, che viene chiamato il Modugno della Dalmazia, si esibisce infatti spesso in suoi brani. Si possono dunque ascoltare Tu si’ na cosa grande, Nel blu dipinto di blu, Resta cu’mme e Cosa sono le nuvole, il brano dove è contenuta la frase che dà il titolo al film. Gli ulteriori brani presenti nella colonna sonora sono invece stati composti da Mauro Pagani, celebre polistrumentista noto per essere stato il flautista, violinista e cantante della Premiata Forneria Marconi. Egli aveva già curato precedenti colonne sonore dei film di Salvatores.

È possibile fruire di Tutto il mio folle amore grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Infinity, Apple iTunes, Netflix, Amazon Prime Video e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 7 giugno alle ore 21:10 sul canale Rai Movie.

Fonte: IMDb

Tutto il mio folle amore, il nuovo film di Gabriele Salvatores

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Tutto il mio folle amore è il nuovo titolo del film di Gabriele Salvatores liberamente tratto dal romanzo Se ti Abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas edito da Marcos y Marcos.

«Uno dei protagonisti del film, il padre naturale del ragazzo, è un cantante. Canta le canzoni di Domenico Modugno nei matrimoni e nelle feste in giro per la Dalmazia. Il testo di una di queste canzoni, “Cosa sono le nuvole”, è stato scritto da Pier Paolo Pasolini. Una frase di quel testo mi ha colpito particolarmente: “E tutto il mio folle amore lo soffia il vento, così.” Ho sempre pensato al nostro ragazzo protagonista come a un “fool” di Shakespeare, uno di quei folli buffoni che riescono a tirarsi dietro re e regine costringendoli a fare i conti con se stessi. E, nel nostro caso, a far ricorso a tutto l’amore che hanno ancora a disposizione. “Folle” e “Amore”. Ecco il titolo del film. “Tutto il mio folle amore”». Gabriele Salvatores.

Tutto il mio folle amore è una produzione Indiana Production con Rai Cinema in co-produzione con EDI Effetti Digitali Italiani, distribuito da 01 Distribution.

Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores su Sky

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Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores su Sky

Presentato fuori concorso all’ultima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, l’ultimo lavoro del Premio Oscar Gabriele Salvatores, il road movie Tutto il mio folle amore, arriva in prima visione tv su Sky Cinema lunedì 3 agosto alle 21.15 su Sky Cinema Uno, disponibile anche on demand su Sky e in streaming su NOW TV.

Tutto il mio folle amore – che vede nel cast la presenza di Claudio SantamariaValeria Golino, Diego Abatantuono e il giovane Giulio Pranno al suo debutto sul grande schermo – è liberamente tratto dal romanzo di Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non aver paura” e racconta la storia diVincent (G. Pranno), un ragazzo di 16 anni con un grave disturbo della personalità, che la madre Elena (V. Golino) e il suo nuovo marito Mario (D. Abatantuono) hanno imparato a gestire. L’equilibrio si rompe quando ricompare Willi (C. Santamaria), il padre naturale del ragazzo che li aveva abbandonati alla notizia della gravidanza. In cerca di libertà, Vincent si intrufolerà nel furgone del padre, cantante diretto verso una tournée nei Balcani.

«Il viaggio, la musica, le strade senza nome dove emozioni e sentimenti trovano lo spazio per volare. Insomma rock and roll! Di nuovo in strada, dove a volte ho bisogno di tornare», queste le parole dello stesso Gabriele Salvatores per presentare il suo ultimo film. «Come il Pifferaio Magico o un “fool” shakespeariano, un ragazzo di 16 anni si trascina dietro, per strade deserte, i tre adulti più importanti della sua vita. E li costringe a fare i conti con sé stessi e con l’amore che ognuno di loro è riuscito a conservare dentro di sé. Visto da vicino, nessuno è normale. E si può scoprire che è possibile riuscire ad amare anche chi è diverso da noi. A patto di non aver paura di questa diversità».

Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores

Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores

Arriva al cinema Tutto il mio folle amore, il nuovo film di Gabriele Salvatores con protagonisti nel cast Claudio Santamaria, Valeria Golino, Diego Abatantuono e per a prima volta sullo schermo Giulio Pranno.

Tutto il mio folle amore arriverà uscito al cinema dal 24 ottobre distribuito da 01 Distribution. Il film è prodotto da Rai Cinema e Indiana Production in co-produzione con EDI Effetti Digitali Italiani. Liberamente tratto dal romanzo di Fulvio Ervas “Se ti abbraccio non aver paura” edito da Marcos Y Marcos.

“Il viaggio, la musica, le strade senza nome dove emozioni e sentimenti trovano lo spazio per volare. Insomma rock and roll!” – ha dichiarato Gabriele Salvatores “Di nuovo in strada, dove a volte ho bisogno di tornare. Come il Pifferaio Magico o un “fool” shakespeariano, un ragazzo di 16 anni si trascina dietro, per strade deserte, i tre adulti più importanti della sua vita. E li costringe a fare i conti con sé stessi e con l’amore che ognuno di loro è riuscito a conservare dentro di sé. Visto da vicino, nessuno è normale. E si può scoprire che è possibile riuscire ad amare anche chi è diverso da noi.  A patto di non aver paura di questa diversità.”

Tutto il mio folle amore: trailer ufficiale

Tutto il mio folle amore: la trama

Tutto il mio folle amore Claudio Santamaria

Sono passati sedici anni dal giorno in cui Vincent è nato e non sono stati sedici anni facili per nessuno. Né per Vincent, immerso in un mondo tutto suo, né per sua madre Elena e per il suo compagno Mario, che lo ha adottato.

Willi, che voleva fare il cantante, senza orario e senza bandiera, è il padre naturale del ragazzo e una sera qualsiasi trova finalmente il coraggio di andare a conoscere quel figlio che non ha mai visto e scopre che non è proprio come se lo immaginava. Non sa, non può sapere, che quel piccolo gesto di responsabilità è solo l’inizio di una grande avventura, che porterà padre e figlio ad avvicinarsi, conoscersi, volersi bene durante un viaggio lungo le strade deserte dei Balcani in cui avranno modo di scoprirsi a vicenda, fuori dagli schemi, in maniera istintiva. E anche Elena e Mario, che si sono messi all’ inseguimento del figlio, riusciranno a dirsi quello che, forse, non si erano mai detti.

“Ora capisco cosa cercavi di dirmi e quanto soffrivi sapendo di avere ragione. Ma avrei potuto dirti, Vincent, che questo mondo non è adatto a uno così bello come te”.

Tutto davanti a questi occhi di Walter Veltroni nella Giornata della Memoria

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In occasione della Giornata della Memoria, nell’80° anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia su Sky debutta Tutto davanti a questi occhi, il film di Walter Veltroni sill’orrore dell’Olocausto nella testimonianza di Sami Modiano, sopravvissuto di Birkenau – Una produzione Sky e Palomar e realizzato e diretto da Walter Veltroni.

Guardare in faccia l’orrore dell’Olocausto, sopravvivere alla morte e provare a dare un senso al dolore, attraverso la testimonianza. In occasione della Giornata della Memoria, Sky propone “Tutto davanti a questi occhi”, il film realizzato e diretto da Walter Veltroni, in onda il 27 gennaio 2018 alle 21 su Sky TG24 HD e Sky Cinema Hits HD.

Prodotto da Sky in collaborazione con Palomar, il film racconta l’orrore della persecuzione razziale e dello sterminio degli ebrei, esclusivamente attraverso la testimonianza sconvolgente di Sami Modiano, uno dei pochi sopravvissuti al campo di sterminio di Birkenau.

In ragione del valore e del significato civile di questa testimonianza, Sky, Rai, Mediaset e LA7 hanno concordato che “Tutto davanti a questi occhi” – presentato in anteprima ieri sera all’Auditorium di Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica – venga trasmesso il 27 gennaio oltre che da Sky anche da Rai 3, Iris e LA7. È la prima volta che questo accade. Modiano fu deportato da Rodi, insieme al padre e alla sorella, quando aveva solo tredici anni. I suoi furono uccisi e lui restò solo. Il film è il racconto della sua deportazione, del suo viaggio prima in nave e poi in treno, dell’arrivo alla “rampa della morte”, della separazione da sua sorella Lucia e del suo successivo incontro, attraverso il filo spinato, con lei.

Sami narra anche la decisione del padre di lasciarsi morire e descrive come lui, ragazzo ormai ridotto pelle ed ossa, riuscì a sopravvivere alla marcia della morte. Modiano, oggi ultraottantenne, si interroga anche sul perché lui, proprio lui, sia sopravvissuto all’orrore, e rivela come proprio il testimoniare, specie ai ragazzi, sia la risposta alla domanda che angoscia la sua vita dal 1945.

Tutto davanti a questi occhi

“Un sopravvissuto –  racconta Modiano nel film – non è una persona normale come tutti gli altri, ha una piaga che non si chiude. Ha dei silenzi, delle depressioni, degli incubi. Tutto questo fa parte di un sopravvissuto, non ha una spugna magica per cancellare quello che ha visto. Però io vivo e sono felice. In questi ultimi undici anni sono felicissimo, perché sono contento di quello che sto facendo. Se non avessi avuto un riscontro positivo mi sarei fermato, ma i ragazzi hanno bisogno, devono sapere. So che quando non ci sarò ci saranno loro, e faranno in modo che questo non succeda mai più”.

“Tutto davanti a questi occhi” si inserisce all’interno di una serie di progetti che Sky dedicherà alla Giornata della Memoria ai quali faranno seguito altre iniziative, che proseguiranno durante tutto l’anno, per ricordare e far ricordare nell’80° anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia.

Sabato 27 gennaio alle 21.15 su Sky TG24 HD e Sky Cinema Hits HD. Il film verrà trasmesso anche da Rai3, Iris e La7

Tutto ciò che Hollywood indovina e sbaglia su pericoli informatici e hacking

Si parla sempre più di pericoli informatici e hacking; pertanto, ciò che preoccupa la società viene immediatamente ripreso da Hollywood, rimescolato e poi rigurgitato fuori in un pacchetto conveniente per l’intrattenimento quotidiano. Durante questo processo, però, molte cose potrebbero andare storte e, alla fine, ci si ritrova con un film, una serie TV o un qualsiasi contenuto multimediale che mostra aspetti credibili o totalmente privi di logica.

L’importante, d’altronde, è raccontare una buona storia e riuscire a catturare l’attenzione del pubblico, no? In realtà, per un esperto del settore, questo può essere un vero problema dal momento che si interrompe la sospensione dell’incredulità, rendendo più difficile godersi un film con qualche strafalcione tecnologico.

Quando e come Hollywood ci ha preso sui pericoli informatici e l’hacking, e quando invece ha sbagliato completamente il suo approccio? È proprio quello che vedremo in questo articolo, con alcuni esempi più o meno famosi.

I film della serie The Matrix

Tutta la produzione delle sorelle Wachowski dedicata all’universo di The Matrix è entrata di diritto nella pop culture e non c’è singolo individuo che non conosca i film in questione. The Matrix mette sul piano tanti elementi legati al progresso tecnologico, con enfasi anche sull’hacking e sulla realtà virtuale o simulata che sia. Per quanto si tratti di film sopra le righe e con elementi molto fantastici, nella scena d’apertura di The Matrix Reloaded possiamo vedere Trinity effettuare l’hacking della rete elettrica e, per farlo, usa metodi reali e convincenti, così come confermato da un esperto del settore. The Matrix è dunque promosso, almeno parzialmente.

NCIS

Chi non conosce la serie TV che mostra l’unità anticrimine statunitense NCIS alle prese con i malfattori più disparati? Sicuramente un telefilm in grado di intrattenere; tuttavia, in questo caso ci troviamo di fronte ad una rappresentazione completamente sbagliata dell’hacking, dei pericoli informatici e dell’uso delle tecnologie. L’elemento più assurdo che è possibile vedere in una scena, però, è un attacco hacker portato ai danni dell’esperta di tecnologia della squadra, Abby, che per fronteggiare questa intrusione inizia a premere freneticamente tutti i pulsanti sulla tastiera. In questa attività si unisce poi un agente di polizia che non ha alcuna preparazione informatica, rendendo la scena surreale e da sbellicarsi dalle risate. La rappresentazione dell’hacking più ridicola in assoluto: NCIS è completamente bocciato!

War Games

Un film datato, che probabilmente molti lettori non hanno nemmeno visto. Si tratta di una produzione dei primi anni ’80, un tentativo di mettere in cattiva luce la tecnologia e di mostrare come questa possa essere pericolosa. Nel film si vede il protagonista giocare a quello che crede sia un videogioco quando in realtà si tratta di un supercomputer militare in grado di prevedere una guerra termonucleare globale. Potrebbe sembrare a tratti quasi ingenuo, tuttavia secondo gli esperti presenta una gran quantità di elementi veritieri, come ad esempio il supercomputer per la gestione di dati, il phone phreaking (ovvero un metodo per effettuare chiamate gratuite), il furto di ID per penetrare all’interno di edifici ad accesso limitato e così via. Sebbene sia la rappresentazione di altri tempi, War Games si basa su elementi reali della tecnologia e della sicurezza informatica dei primi anni ’80. Un classico davvero imperdibile.

Mr. Robot

Serie TV statunitense molto recente incentrata su Elliot, un giovane ingegnere informatico che rivela la sua natura di hacker. Un thriller girato con estrema cura e comprensione, tanto da rivelarsi oggigiorno una delle rappresentazioni più veritiere dei pericoli informatici. Ecco alcune delle cose che nel telefilm funzionano perché realistiche: la necessità da parte degli hacker di strumenti specifici, sia hardware che software, per eseguire i propri hack (tra cui penne USB, phishing e così via); avere tempo a disposizione per portare a termine il processo di infiltrazione; non c’è alcuna ragione di premere pulsanti in maniera frenetica sulla tastiera; infine, illustra chiaramente che spesso effettuare un hacking è un’operazione noiosa!

Mr. Robot è, pertanto, la migliore rappresentazione odierna del mondo dei crimini informatici e dell’hacking. Se non avete mai avuto modo di vederla consigliamo assolutamente di recuperarla: promossa a pieni voti!

I pericoli degli attacchi informatici

A prescindere da quello che i film mostrano, reale o meno che sia, gli attacchi hacker e i pericoli informatici sono concreti e avvengono a cadenza quotidiana, non solo nei confronti di grandi e piccole aziende ma anche di privati. Queste tematiche devono essere prese sul serio e affrontate con la giusta maturità, prendendo tutte le precauzioni necessarie per proteggere i propri terminali e i dati sensibili. Un attacco hacker può costare molto caro a un’azienda, che potrebbe essere vittima di un furto di dati e costretta quindi a pagare un oneroso riscatto, ma anche i privati non sono al sicuro. Immaginate per esempio di essere vittima di un furto di dati sensibili, come coordinate bancarie, indirizzi e dettagli personali sulla vostra famiglia: siete pronti a correre un rischio del genere?

Uno dei metodi migliori per prendere l’iniziativa in modo corretto consiste nell’utilizzo di una VPN gratuita o a pagamento. Cos’è una VPN? Si tratta di una rete privata virtuale, in grado di modificare l’indirizzo IP assegnato dal gestore telefonico, spostandolo in un punto qualsiasi del mondo. In questo modo l’utente che ne fa uso e naviga su Internet diventa molto più difficile da rintracciare. In alcuni casi, le reti VPN garantiscono anche protezioni aggiuntive contro crimini informatici, evitando l’accesso a siti di phishing, schermando il terminale da malware e tanti altri pericoli di cui la rete è letteralmente piena.

Per iniziare a migliorare le proprie difese non c’è bisogno di seguire alcun corso di sicurezza informatica (anche se questi possono indubbiamente aiutare, soprattutto per chi gestisce grandi aziende) o diventare dei veri e propri hacker: basta un abbonamento a uno dei servizi VPN, ormai davvero economici e alla portata di tutti. La VPN da sola non può naturalmente fungere da protezione globale, ma stronca sul nascere la maggior parte degli attacchi, rendendo la vostra identificazione su Internet più complessa e offrendo così la giusta privacy quand

Tutto chiede salvezza: trailer della seconda stagione in arrivo su Netflix

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La seconda stagione di Tutto chiede salvezza, prodotta da Picomedia e diretta da Francesco Bruni, si mostra nelle prime immagini video, in attesa di debuttare su Netflix il prossimo 26 settembre. I personaggi incontrati, conosciuti e amati nella prima stagione stanno per tornare; a loro si aggiungono nuovi compagni di viaggio e di vita dentro e fuori le mura della clinica Villa San Francesco.

Nei 5 episodi della seconda stagione, un cammino lungo 5 settimane in cui i protagonisti si troveranno a dover affrontare nuove sfide, ad intrecciare nuove relazioni,  a fare i conti con il proprio passato, a vivere al meglio il presente e a prepararsi per il futuro.

 

I primi due episodi saranno proiettati in anteprima a Milano a Fuoricinema 2024 l’8 settembre. La proiezione sarà preceduta da un talk con il regista e autore Francesco Bruni, l’autore Daniele Mencarelli, e i protagonisti Federico Cesari, Fotinì Peluso e Drusilla Foer.

Scritta da Francesco Bruni, Daniele Mencarelli e Daniela Gambaro, la seconda stagione vede grandi new entry nel cast come Drusilla Foer (Matilde), Valentina Romani (Angelica), Vittorio Viviani (Armando), Samuel Di Napoli (Rachid) e Marco Todisco (Paolo). Torna l’amato cast della prima stagione con Federico Cesari (Daniele), Fotinì Peluso (Nina), Andrea Pennacchi (Mario), Vincenzo Crea(Gianluca), Lorenzo Renzi (Giorgio), Vincenzo Nemolato (Madonnina) e Alessandro Pacioni (Alessandro), che nella prima stagione condividevano la stanza nel reparto di psichiatria insieme a Daniele. Ricky Memphis (Pino), Bianca Nappi (Rossana) e Flaure BB Kabore(Alessia) tornano nei ruoli dell’infermiere e delle infermiere del reparto, mentre Filippo Nigro (Dott. Mancino) e Raffaella Lebboroni(Dott.ssa Cimaroli) in quelli dei medici della clinica. Lorenza Indovina (Anna), Michele La Ginestra (Angelo), Arianna Mattioli (Antonella), Giacomo Mattia (Giovanni), madre, padre, sorella e fratello di Daniele. Carolina Crescentini (Giorgia) è la mamma di Nina.

La trama della seconda stagione di Tutto chiede salvezza

Sono trascorsi due anni da quando abbiamo lasciato Daniele e la nave dei pazzi. Molte cose sono cambiate: Daniele e Nina sono diventati i genitori della piccola Maria e poco dopo la sua nascita si sono allontanati. Li ritroviamo che si contendono l’affidamento della bambina con il supporto delle rispettive e diversissime famiglie. Daniele, dopo l’intensa esperienza vissuta durante la settimana di TSO, ha scelto di diventare infermiere e, grazie all’intervento della dottoressa Cimaroli, sta per entrare come tirocinante nell’ospedale in cui era stato ricoverato. Ha cinque settimane per dimostrare al giudice che quello può diventare un impiego stabile, accreditandosi come un genitore affidabile. In questa nuova veste, Daniele conosce i nuovi pazienti della camerata, che lo costringono a riflettere sul suo eccesso di empatia verso il dolore degli altri e che rischiano di farlo deragliare di nuovo.