Come molti di voi sapranno c’è un
alone di mistero sul sequel La ragazza che giocava
con il fuoco,la trilogia made in USA della saga
letteraria Millennium. Dopo qualche incertezza
dovuta al box office non entusiasmante e al rapporto non idilliaco
di David Fincher con Sony dopo il
primo capitolo Uomini che Odiano le Donne, ora
sembra che lo studios sia intenzionata a produrre il film e
una nuova conferma arriva oggi da Roonery Mara che
afferma decisa le sue intenzioni:
“Per quanto ne so io lo
continuerà a fare fino a quando qualcuno mi dirà il contrario.
E poi lo continuerà a fare!”
La serie dovrebbe essere una
trilogia La ragazza che giocava con il fuoco
e La regina dei castelli di carta.
Millennium Uomini che odiano le donne è
invece il primo film diretto da David Fincher e
con protagonista Daniel Craig.
Chi ha buona memoria ricorderà le
polemiche dei fan alla notizia che Rooney Mara
avrebbe interpretato Giglio Tigrato, la principessa indiana, in
Pan, di Joe Wright.
Parlando al Telegraph,
l’attrice nominata all’Oscar per Carol,
ha dichiarato di essere dalla parte dei fan:
“È stata una cosa decisamente
complicata da gestire. Ci sono state due fasi precise: la reazione
subito dopo il mio casting, e quella subito dopo l’uscita del film.
Detesto il fatto di essere da quella parte del dibattito sulla
scarsa diversificazione etnica al cinema. Davvero, non voglio che
capiti più nella mia carriera, anche perché posso capire perché la
gente si sia arrabbiata e sia frustrata.”
Nonostante le polemiche il film si è
realizzato comunque e possiamo affermare con un certo margine di
sicurezza che il flop economico e di critica del film non è
assolutamente da attribuire alla mancata diversificazione etnica
del cast. Voi che ne pensate?
Arriva dal Screen Daily la
notizia che l’attrice Rooney Mara e l’attore
David Wenham saranno gli interpreti al fianco di
Nicole Kidman e Dev Patel in
Lion, il biopic su Saroo Brierley per
The Wainstein Company.
Lion racconta la storia
di Brierley (Patel) bambino indiano di 5 anni che è stato
separato da sua madre per ritrovarla solo 25 anni
dopo.Nicole Kidman interpreta la madre
adottiva Sue. Nel cast anche molti attori famosi indiani come
Nawazuddin Siddiqui, Priyanka Bose, Tannishtha Chatterjee e Deepti
Naval.
A scrivere il film è stato Luke Davies (Candy, Life) per la
regia di Garth Davis (Top of the Lake). Attualmente il film è
in fase di lavorazioni tra India, Melbourne e Hobart.
Rooney Mara è
molto attiva e la vedremo presto in
Weightless nuovo film di Terrence
Malick. Inoltre sarà Giglio tigrato nell’atteso
blockbuster Pan di Joe
Wright.
Ecco uno spot tv italiano di
Room, il film diretto da Lenny
Abrahamson con protagonisti Brie Larson e
Jacob Tremblay, vincitore del Festival di Toronto e presentato lo
scorso otobre alla Festa del film di Roma.
Il film è candidato a quattro premi
Oscar tra cui migliore attrice e miglior film.
La pellicola è l’adattamento
cinematografico del romanzo Stanza, letto, armadio, specchio
(Room), scritto da Emma Donoghue nel 2010. La
scrittrice è presente qui come sceneggiatrice e produttrice. Il
romanzo stesso è ispirato al caso Fritzl.
Ecco il trailer ufficiale di
Room, film diretto da Lenny
Abrahamson con Brie Larson,Megan
Park e William H. Macy.
Una storia dei nostri giorni che
racconta l’amore sconfinato tra madre e figlio. Il piccolo Jack non
sa nulla del mondo ad eccezione della camera singola in cui è nato
e cresciuto.
Dopo avervi proposto la recensione di
Room, commovente pellicola diretta da
Lenny Abrahamson nonchè vincitrice della 40sima
edizione del Toronto Film Festival, vi
presentiamo ora il primo trailer ufficiale in lingua italiana ed
una featurette, resi disponibili sul canale
Youtube della Universal
Pictures.
La pellicola è l’adattamento
cinematografico del romanzo Stanza, letto, armadio, specchio
(Room), scritto da Emma Donoghue nel
2010. La scrittrice è presente qui come sceneggiatrice e
produttrice. Il romanzo stesso è ispirato al caso Fritzl.
Ecco il trailer
di Room, film diretto
da Lenny Abrahamson e presentato all’ultimo
TIFF 2015 dove ha riscosso un grandissimo successo di critica e
pubblico.
La pellicola è l’adattamento
cinematografico del romanzo Stanza, letto, armadio, specchio
(Room), scritto da Emma Donoghue nel 2010. La
scrittrice è presente qui come sceneggiatrice e produttrice. Il
romanzo stesso è ispirato al caso Fritzl.
Presentato in anteprima mondiale al
Festival di Toronto e primo frontrunner per la corsa agli Oscar,
Room di Lenny Abrahamson
racconta la storia di Joy (Brie
Larson), rapita da un maniaco e costretta a vivere in
una sola stanza, quattro pareti e pochissimo arredo, che la giovane
donna condivide con Jack (Jacob
Tremblay), il figlio di cinque anni, avuto proprio in
seguito agli abusi del suo aguzzino.
Il racconto profondamente
drammatico di Abrahamson ci accompagna nella vita solitaria,
essenziale, ma non per questo grigia di una donna che cerca di fare
di tutto per dare serenità e salute al figlio. Un bambino che
rappresenta tutto il suo mondo e a cui si aggrappa per trovare un
senso alle estenuanti giornata di prigionia. La svolta a metà della
storia segna non solo un cambiamento di tono e di prospettiva, ma
anche una rivoluzione degli orizzonti della storia che, per la
maggior parte, è raccontata attraverso gli occhi svegli e attenti
di Jack, un’anima curiosa e acuta attraverso cui scorgiamo il
turbamento e la difficoltà di una donna traumatizzata per la vita,
a cui è stato tolto il futuro.
Il film si basa su
Stanza, letto, armadio, specchio, romanzo di Emma
Donoghue, ispirato al caso Fritzl, che a metà degli anni
2000 destò molto scalpore in Austria. In questo caso la prigionia,
che nel libro e nel film dura sette anni, ne durò 24, con
l’aggravante, se così si può dire, della consanguineità tra vittima
(figlia) e carnefice (padre).
Il racconto di Abrahamson rivela
una realtà sconcertante, violenta e depravata per quanto
tratteggiata con tatto e con pochissimi momenti di violenza
mostrata. Quello che invece si sente prepotentemente nel film è la
tensione degli snodi narrativi fondamentali che, accompagnati da
una grande intensità delle interpretazioni, costituiscono i picchi
emotivi del film, regalando un ritmo ben scandito a tutta la
storia.
Room
commuove e spaventa, mette alla prova l’essere umano di fronte alla
banalità del male e alla malvagità dell’uomo, ma regala anche una
prospettiva interessante e vitale su quello che lo spirito di
sopravvivenza, la voglia di vivere, di combattere e, di nuovo, la
curiosità dello stare al mondo sono in grado di ottenere anche
nelle situazioni più buie.
Presentato in anteprima mondiale al
Festival di Toronto e da subito frontrunner per la corsa
agli Oscar, dove ha fatto vincere alla sua splendida Brie
Larson il premio alla migliore attrice,
Room di Lenny Abrahamson
racconta la storia di Joy, rapita da adolescente da un maniaco e
costretta a vivere in una sola stanza, quattro pareti e pochissimo
arredo, che la giovane donna condivide con Jack (Jacob
Tremblay), il figlio di cinque anni, avuto proprio in
seguito agli abusi del suo aguzzino.
La trama di Room
Il racconto profondamente
drammatico di Abrahamson ci accompagna nella vita solitaria,
essenziale, ma non per questo grigia di una donna che cerca di fare
di tutto per dare serenità e salute al figlio. Un bambino che
rappresenta tutto il suo mondo e a cui si aggrappa per trovare un
senso alle estenuanti giornate di prigionia. La svolta a metà della
storia segna non solo un cambiamento di tono e di prospettiva, ma
anche una rivoluzione degli orizzonti della storia che, per la
maggior parte, è raccontata attraverso gli occhi svegli e attenti
di Jack, un’anima curiosa e acuta attraverso cui scorgiamo il
turbamento e la difficoltà di una donna traumatizzata dalla
violenza, a cui è stato tolto il futuro.
Room si ispira a
Stanza, letto, armadio, specchio, romanzo di Emma
Donoghue, ispirato al caso Fritzl, che a metà degli anni
2000 destò molto scalpore in Austria. In questo caso la prigionia,
che nel libro e nel film dura sette anni, durò 24 primavere, con
l’aggravante, se così si può dire, della consanguineità tra vittima
(figlia) e carnefice (padre).
Il racconto di Abrahamson rivela
una realtà sconcertante, violenta e depravata per quanto
tratteggiata con tatto e con pochissimi momenti di violenza
mostrata. Quello che invece si sente prepotentemente nel film è la
tensione degli snodi narrativi fondamentali che, accompagnati da
una grande intensità delle interpretazioni, costituiscono i picchi
emotivi del film, regalando un ritmo ben scandito a tutta la
storia. La Larson regge con il suo volto pulito
tutta la narrazione, con una performance incredibile e allo stesso
tempo possibile solo perché supportata dalla naturale bravura del
piccolo Tremblay.
Room
commuove e spaventa, mette alla prova l’essere umano di fronte alla
banalità del male e alla malvagità dell’uomo, ma regala anche una
prospettiva interessante e vitale su quello che lo spirito di
sopravvivenza, la voglia di vivere, di combattere e, di nuovo, la
curiosità dello stare al mondo sono in grado di ottenere anche
nelle situazioni più buie.
Guarda il primo trailer diffuso
online da A24 di
Room, l’atteso film di Lenny
Abrahamson (Frank) con
Brie Larson, Jacob
Tremblay, Joan Allen e
William H. Macy, che sarà uno dei titoli
proiettati al prossimo Toronto Film Festival a settembre. Dramma
psicologico tratto dall’omonimo bestseller internazionale
di Emma Donoghue,
Room avrà un’uscita anticipata il 16
ottobre solo a New York e Los Angeles, mentre si estenderà a tutti
gli Stati Uniti il 6 novembre.
Room è la storia
straordinaria di Jack (Jacob Tremblay), 5 anni, di
sua madre (Brie Larson) e del rapporto di
profondo amore e devozione che li lega. Come tutte le madri, la
protagonista cerca di proteggere il figlio, rendendo il più
possibile gioiosa e serena la sua infanzia con giochi, scherzi e
favole. Il contesto nel quale si trovano a vivere non è però tra i
più consueti e convenzionali. Jack e sua madre sono,
infatti, rinchiusi in una stanza angusta e claustrofobica, che
per Jack rappresenta di fatto il mondo mentre per la donna è una
prigione. Quando Jack inizia a porsi delle domande su ciò che
esiste all’esterno di quelle mura, il loro destino prenderà una
traiettoria diversa.
Ecco il trailer del film:
Bisognerà aspettare le prime
recensioni da Toronto, ma sono in molti gli addetti ai lavori che
guardano con attenzione alla performance di Brie
Larson, che potrebbe candidarsi a essere una delle
protagoniste della corsa alla migliore interpretazione femminile
dell’anno.
Room (qui
la nostra recensione), il film del 2015 tratto dal romanzo di
Emma Donoghue e diretto da
LennyAbrahamson, in cui si
racconta la storia di una giovane donna, Joy Newsome (interpretata
da Brie Larson in una performance da Oscar), e di
suo figlio Jack (Jacob
Tremblay), di cinque anni. I due vivono in un
capannone fatiscente che chiamano “Stanza” da qualche parte ad
Akron, Ohio, dove sono tenuti prigionieri da un uomo conosciuto
come “Old Nick” (Sean Bridgers), che ha rapito Joy
sette anni prima degli eventi del film e divenuto padre di Jack a
seguito di uno dei suoi stupri di routine su Joy.
Si tratta quindi di un film
particolarmente struggente, che trae vantaggio dalla forte
relazione tra Larson e Tremblay e che coinvolge lo spettatore con
la terribile realtà della loro situazione, con il modo in cui Joy
protegge Jack come meglio può, con la loro fuga e con la loro lotta
per adattarsi al mondo esterno, che Jack non ha mai conosciuto.
Sebbene il film non descriva una singola storia reale e non sia
direttamente basato su una storia vera, prende spunto da vicende
simili, in particolare da quella di Elisabeth
Fritzl, come confermato dalla stessa Donoghue, anche
sceneggiatrice del film.
Room è liberamente
ispirato alla storia vera di Elisabeth Fritzl
La storia di Elisabeth
Fritzl inizia con suo padre, Josef
Fritzl, alla fine degli anni Settanta. L’uomo aveva
chiesto il permesso di costruire un complesso sotterraneo sotto la
sua casa nella città di Amstetten, in Bassa Austria. La richiesta
fu approvata dai funzionari, cosa non rara visto che si era in
piena Guerra Fredda e i bunker nucleari venivano costruiti
regolarmente. Tonnellate di terra sono quindi state spostate da
sotto la casa per ospitare la stanza di cemento, costruita con le
forniture che Josef ha avuto dalle imprese edili locali.
Inizialmente, la stanza era accessibile attraverso una pesante
porta a battente e una porta di metallo, rinforzata con cemento,
che poteva essere azionata da un telecomando.
Una volta completata la stanza,
l’unico accesso era l’apertura di otto porte. Sette erano già state
installate quando Josef chiamò sua figlia per farsi aiutare a
sollevare l’ultima porta nel suo telaio. Era l’agosto del 1984 ed
Elisabeth stava inconsapevolmente aiutando il padre a completare la
cantina di cemento, buia e senza finestre, che avrebbe chiamato
casa per i 24 anni successivi. Certo, nel film le circostanze di
Joy erano diverse nella stanza, ma non meno inquietanti. Aveva solo
17 anni quando il vecchio Nick l’aveva attirata chiedendole aiuto
per il suo cane malato e l’aveva rinchiusa nel capanno sgangherato,
con un unico lucernario, nel suo cortile.
Jacob Tremblay e Brie Larson nel film Room. Foto di Caitlin
Cronenberg
Quando invece Elisabeth si svegliò
un giorno, Josef le aveva legato le braccia e le aveva poi legate
dietro la schiena con una catena di ferro. Le catene erano
attaccate a pali di metallo dietro il letto, che le consentivano
solo mezzo metro di movimento. Dopo due giorni di prigionia, Josef
le ha attaccato la catena intorno alla vita per consentirle di
muoversi di più e l’ha rimossa del tutto tra i sei e i nove mesi
dopo, perché, come riporta il Guardian, “ostacolava la sua
attività sessuale con la figlia”. I maltrattamenti fisici, gli
abusi sessuali e gli stupri, a volte più volte al giorno, sono
iniziati dal secondo giorno, con un conteggio di almeno 3.000
stupri nel corso dei 24 anni.
Quanto è simile la vita di
Elisabeth Fritzl al film?
L’ambiente della stanza di cemento
era implacabile. Faceva freddo, era umido e d’estate era una sauna.
I topi frequentavano l’area, costringendola di tanto in tanto a
catturarli a mani nude. Un topo nella cucina di Joy con cui Jack
cerca di fare amicizia, prima che Joy intervenga, sembra essere un
cenno a questo fatto. L’acqua entrava a cascata nella stanza con un
volume tale che Elisabeth dovette usare degli asciugamani per
cercare di assorbirla. Per punizione, l’elettricità fu tolta alla
stanza per giorni interi (c’è una scena particolarmente straziante
in Room, quando Old Nick fa lo stesso).
Nel frattempo, Josef e la sua
famiglia si godevano i barbecue e persino una piscina, a metri di
distanza dal luogo in cui era tenuta prigioniera. La sua scomparsa
fu facilmente spiegata da Josef, che affermò che era scappata per
unirsi a una setta. Dal momento che la ragazza era già scappata di
casa in precedenza, la bugia era più che convincente per sviare i
controlli. In Room apprendiamo poi che Joy ha
partorito cinque anni prima degli eventi del film Jack, il figlio
del suo rapitore. Anche Elisabeth ha dato alla luce dei figli,
sette in totale, tutti prodotti dello stupro incestuoso da parte di
Josef.
Jacob Tremblay in Room. Foto di George Kraychyk
Tutti i parti avvennero nella
stanza, con Josef che le fornì del disinfettante, un paio di
forbici sporche e un libro datato sul parto come unica forma di
assistenza. Un bambino, un gemello di nome Michael, morì poco dopo
la nascita nel 1996 (in una scena tagliata, Joy parla a Jack della
figlia nata morta, vedendo la tomba all’esterno della stanza dove
la polizia ha ritrovato il corpo). Questo ha messo Elisabeth in una
situazione inimmaginabilmente orribile. Odiava il fatto che fossero
nati in quell’ambiente, eppure offrivano qualcosa di cui Elisabeth
era stata privata per anni: la compagnia.
È un punto a cui si fa riferimento
nel film, quando Joy viene accusata da un giornalista di aver
tenuto Jack nel capannone per un “desiderio egoistico di non
essere sola”. Lei e tre dei suoi figli rimasero nella cella,
ma Josef trasferì gli altri tre al piano di sopra per farli
crescere dalla madre di Josef ed Elisabeth,
Rosemarie. Josef costrinse Elisabeth a scrivere
dei bigliettini alla madre in cui diceva di stare bene, ma di non
essere in grado di badare ai bambini, e successivamente li lasciò
sulla soglia di casa.
Emma Donoghue ha approfondito molti
casi reali durante la stesura di Room.
Nel corso del film, Joy escogita poi
un piano per fuggire dalla stanza facendo fingere a Jack di essere
malato, sperando che Old Nick lo porti in un ospedale dove possa
avvertire le autorità. Il piano fallisce quando Old Nick suggerisce
semplicemente che tornerà con degli antibiotici. Joy fa a quel
punto fingere a Jack di essere morto, arrotolandolo poi in un
tappeto. A Old Nick dice che è morto per la sua malattia. L’uomo si
beve la storia e porta Jack, avvolto nel tappeto, nel suo furgone.
Come suggerito dalla madre, Jack riesce poi a scappare e trovare
aiuto. Come in questo caso, un bambino malato ha portato alla
libertà di Elisabeth, anche se non si trattava di uno stratagemma
della ragazza.
Brie Larson e Jacob Tremblay in Room. Foto di George
Kraychyk
Nell’aprile 2008, la figlia di
Elisabeth, Kerstin, 19 anni, si ammalò gravemente.
Sorprendentemente, Josef la portò in ospedale, dove i medici
sospettarono che dietro il pallore di Kerstin ci fosse qualcosa di
più. Vennero lanciati appelli affinché la madre di Kerstin si
facesse avanti, appelli che Elisabeth e i suoi due figli videro
nella televisione della cantina. Lei supplicò Josef di liberarla e
alla fine, stremato dagli anni passati a mantenere due famiglie,
Josef cedette, credendo di poter spiegare la sua ricomparsa con la
fuga di Elisabeth dalla setta. Fortunatamente, non funzionò.
Josef è stato condannato
all’ergastolo nel 2009 per incesto, stupro, coercizione, falsa
detenzione, riduzione in schiavitù e per l’omicidio colposo del
giovane Michael (presumibilmente lo stesso accade al Old Nick del
film, anche se non viene menzionato). Bizzarramente, un libro di
memorie di Josef, “Die Abgründe des Josef F (Gli abissi di
Josef F)”, minimizza i suoi crimini e descrive il suo processo
come un “enorme polverone” e si augura persino di riconciliarsi con
la moglie se dovesse essere rilasciato. Dopo il processo, a
Elisabeth è stato dato un nuovo nome e la sua identità è stata
nascosta da leggi severe che ne garantiscono la protezione.
Di conseguenza, si sa molto poco del
periodo trascorso dopo la liberazione. Room,
invece, si prende il tempo necessario per mostrare le difficoltà
che Joy e Jack incontrano nei giorni successivi al loro rilascio
nel tentativo di adattarsi alla libertà e, alla fine, come trovano
la forza l’uno nell’altra per andare avanti. La storia di
Elisabeth Fritzl è stata dunque la fonte
d’ispirazione più forte per Room. Ci sono però
anche altre storie di vita reale che hanno influenzato la
narrazione, frutto delle ricerche di Donoghue sui bambini nascosti
e abusati. Si tratta di storie ricche di dolore ma – proprio come
avviene anche nel film – anche di speranza e desiderio di voltare
pagina.
Un
viaggio emozionante attraverso la prigionia e la libertà, le
meraviglie dell’infanzia, i valori della famiglia. ROOM, da
domani, sarà disponibile in Blu-ray,
DVD e Video On-Demand (VOD) con Universal Pictures Home
Entertainment Italia. Candidato a quattro Academy Awards nelle
categorie Miglior Attrice protagonista (Brie
Larson, poi vincitrice del premio), Miglior Film, Miglior
Regista (Lenny Abrahamson), Migliore Sceneggiatura
non originale (Emma Donoghue), ROOM celebra il potere trionfante
dell’amore familiare, anche nelle situazioni più estreme, e ha già
conquistato il suo posto tra i film più profondi ad aver esplorato
il legame tra genitori e figli.
ROOM racconta la straordinaria
storia di Jack (la rivelazione Jacob Tremblay), vivace bambino di 5
anni, e di sua madre Ma (Brie Larson), del rapporto di devozione
che li lega. Ma si dedica a Jack, cercando di proteggerlo e
renderlo felice con il suo amore, facendo cose comuni, come giocare
e raccontare le favole. La loro vita, però, è tutt’altro che
“comune”: sono intrappolati da anni in una stanza di 3 metri quadri
senza finestre che Ma ha eufemisticamente chiamato
“ROOM”.
Ma crea
un intero universo per Jack all’interno della stanza e non si ferma
davanti a nulla per assicurarsi che suo figlio abbia una vita piena
e soddisfacente, anche in un ambiente infido e angusto. Quando
incomincia a crescere la curiosità di Jack riguardo la loro
situazione e la resistenza di Ma tocca il fondo, i due protagonisti
mettono in atto un rischioso piano per fuggire che li porterà
faccia a faccia con ciò che potrebbe rivelarsi la cosa più
spaventosa di tutte: il mondo reale. ROOM vede tra i protagonisti
anche Joan Allen (candidata tre volte all’Oscar®) e William H. Macy
(candidato all’Oscar®).
Room (qui
la nostra recensione) è un film che ha profondamente
affascinato il pubblico per via la sua struggente storia e per le
interpretazioni strabilianti di Brie Larson e del piccolo Jacob
Tremblay. Performance cariche di emozioni e dotate di
intensità uniche, all’interno di un racconto tanto doloroso quanto
ricco di speranza e amore. Un film che merita dunque almeno una
visione per motivi diversi, dalla delicatezza dei vari temi
afforntati alle difficoltà delle riprese e delle loro qualità.
Ecco, dunque, dieci cose da
sapere su Room.
La trama di Room
Il film racconta la storia di
Jack, un vivace bambino di 5 anni, e della sua
amorevole madre Joy. La loro vita, però, è
tutt’altro che tipica: sono infatti intrappolati, confinati in uno
spazio senza finestre di 3 metri per 3 che Ma ha chiamato
eufemisticamente “Stanza”. Ma’ ha creato per Jack un intero
universo all’interno della Stanza e non si fermerà davanti a nulla
per far sì che, anche in questo ambiente infido, Jack possa vivere
una vita completa e appagante. Ma mentre la curiosità di Jack per
la loro situazione cresce e la resistenza di Ma raggiunge il punto
di rottura, i due mettono in atto un piano rischioso per fuggire,
che alla fine li porterà a confrontarsi con ciò che potrebbe
rivelarsi la cosa più spaventosa: il mondo reale.
Curiosità sulla realizzazione del
film Room
1. È stato girato
cronologicamente. Per far sì che
Jacob Tremblay riuscisse ad esibirsi mentre il suo
personaggio evolveva passo passo, si è preferito girare
Room con sequenze in maniera cronologica. Ciò ha
reso più semplice al giovane attore capire cosa stesse succedendo e
come potersi esprimere.
2. Il primo mese di riprese
è stato complicato. Il primo mese di riprese è stato
girato su un minuscolo set di 11′ x 11′, con il regista
Lenny Abrahamson e la sua troupe che hanno
lavorato interamente entro i confini dello spazio limitato. In
linea con il tema claustrofobico, le pareti non sono mai state
rimosse per facilitare le riprese, il che significa che le riprese
intorno alla cucina, alla vasca da bagno e ad altri elementi della
stanza hanno richiesto molta creatività. Abrahamson stesso ha
trascorso molto tempo nella vasca da bagno perché era l’unico posto
in cui poteva sdraiarsi e non essere visibile durante una ripresa
complessa.
Brie Larson e Jacob Tremblay in Room. Foto di George
Kraychyk
3. Sono stati coinvolti i
genitori di Tremblay. Affinché tra Brie Larson e il piccolo Jacob si instaurasse
un legame intenso, i genitori dell’attore hanno deciso di invitare
la Larson a casa loro prima delle riprese di Room.
In questi momenti i due hanno avuto l’occasione di conoscersi bene,
giocando ad uno dei giocattoli preferiti di Jacob, i LEGO (con cui
gioca anche nel film).
4. Il regista voleva dare un
tono più cupo al film. Inizialmente Lenny
Abrahamson voleva aggiungere una scena di stupro ai danni
di Joy per rendere la storia più cupa e grintosa. La sceneggiatrice
e scrittrice del romanzo di partenza, Emma
Donoghue, si oppose però a questa idea e gli disse che la
scena dell’aggressione di Old Nick – il sequestratore – a Joy era
già abbastanza violenta.
Il cast di Room, da Brie Larson a
Jacob Tremblay
5. Brie Larson si è chiusa
in casa un mese. Per poter capire cosa stavano passando Ma
e Jack, Brie Larson ha deciso di isolarsi per un mese
nella sua casa, senza utilizzo del telefono o di Internet e
seguendo una dieta rigorosaa. Considerandosi una persona
introversa, l’attrice pensava che chiudersi in casa potesse essere
per lei quasi una vacanza, salvo ricredersi. Nelle ultime
settimane, infatti, era diventata molto depressa e piangeva tutto
il giorno.
Jacob Tremblay in Room. Foto di George Kraychyk
6. Jacob Tremblay non
riusciva a gridare in faccia a Brie Larson. Il giovane
Jacob Tremblay, che aveva già avuto qualche esperienza
attoriale, durante le riprese non riusciva a urlare a Brie Larson nella scena in cui era arrabbiato
per la sua torta di compleanno senza candeline. Alla fine, il
regista Lenny Abrahamson ha fatto in modo che
l’intero cast e la troupe inziassero a saltare su e giù, urlando a
più non posso, fino a quando il bambino non fosse stato in grado di
farlo da solo.
7. Brie Larson ha vinto
l’Oscar. Per la sua struggente e intensa interpretazione
di Joy nel film, Larson – alla sua prima candidatura – ha vinto il
prestigioso premio Oscar come Miglior attrice protagonista. Erano
nominate con lei nella stessa categoria le attrici Cate Blanchett per Carol, Jennifer Lawrence per Joy, Charlotte Rampling per 45 anni e Saoirse Ronan per Brooklyn. Alla fine, però, è stata a punto la Larson a
spuntarla e ottenere il premio.
Room è tratto da un libro, non da una storia
vera
8. Il film non si basa su
una storia vera, ma su un libro. Come ha più volte
dichiarato Emma Donoghue, l’autrice della
sceneggiatura del film e anche scrittrice del libro su cui il film
si basa, Stanza, letto, armadio, specchio (2010), non ci
sono riferimenti su fatti realmente accaduti. Tuttavia, purtroppo
ci sono diversi casi simili a quelli narrati nel film realmente
avvenuti, i quali sono a loro modo stati utilizzati come spunto e
ispirazione per il racconto.
Joan Allen e Brie Larson in Room. Foto di George
Kraychyk
Il finale di Room
e il suo significato
9. Il finale ha avuto un
tocco… di neve. Lo scenografo del film, Ethan
Tobman, voleva che la scena finale includesse la neve,
elemento di candore. Ma l’uso di neve finta avrebbe comportato uno
sforamento del budget, quindi l’idea è stata scartata. Tuttavia, la
fortuna volle che quando arrivò il momento di girare la scena,
iniziò a nevicare davvero e fu dunque possibile realizzare il
finale così come era stato concepito e come lo si vede nel
film.
10. Il ritorno nella stanza
per riprendere la propria vita. Nella scena finale di
Room, è possibile notare come i due protagonisti ritornino
alla stanza-bunker che li aveva tenuti segregati per molti anni.
Sebbene la sopravvivenza nel bunker sia stata una prigionia atroce,
i due protagonisti hanno necessità di tornare anche per poter
riprendere in mano i propri spazi, per prendere confidenza con il
mondo esterno in cui ora possono vivere e che, un tempo, era
l’insolito, riuscendo a prendere consapevolezza di loro stessi per
poter andare oltre.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
È possibile fruire di
Room grazie alla sua presenza su alcune delle più
popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple
iTunes, Mediaset Infinity e
Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 11
gennaio alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Room 237
diretto da Rodney Ascher nel 2012 è il
documentario analizza
Shining di Stanley Kubrick, il capolavoro dell’Horror del
maestro Newyorkese, londinese d’adozione. Ecco di seguito un
incredibile estratto per un’imperdibile avventura dentro i meandri
di
Shining.
In Rookie Blue
5×09, Agli ufficiali della 15 Divisione viene assegnato un
compito ingrato: “aiutare” gli inquilini che
si devono trasferire da un complesso residenziale dell’edilizia
sociale a un edificio vicino. Durante il
controllo su un’unità vuota, Andy e Chloe trovano un uomo che è
stato torturato e picchiato fino a
svenire, che porta alla scoperta di una
operazione criminale spietata. Nel
frattempo, Nick e Gail arrestano una coppia di fratelli adolescenti
con alcuni segreti, costringendo Nick a
divulgare alcune delle verità più oscure del
suo passato.
In Rookie Blue
5×05, Dopo averrintracciato una pistola
trovata in una rissa in una confraternita, la Divisione 15 decide
di andare sotto copertura presso il bar
della club che sta fornendo le pistole illegali. Durante
l’operazione sotto copertura, Dov non può fare a meno di notare il
comportamentonervoso di Chris e quando Chris
si spinge a limiti estremi per garantire a
un rivenditorespecifico di droga di
allontanarsi senza accuse, Dov è lasciato a chiedersi che cosa
esattamente sta succedendo con il suo amico.
Nel frattempo, Andy è devastata quando viene a sapere
delle accuse fatte dal suo nuovo rookie,
Duncan. Andy si offre di aiutare Sam con il caso di persona
scomparsa, che poi prende una
piega oscura e infelice.
In Rookie
Blue 5×04, Andy si preoccupa che il suo rookie, Duncan,
non può avere quello che serve per
avere successo sul lavoro. Ma i suoi
timori vengono messi da parte quando scoprono un uomo
trovato ucciso in una scala in un
palazzo che porta alla scoperta di un capobanda assassinato in un
appartamento vicino. Ora, tutti alla
Divisione 15 sono impegnati nel fermare
unapotenziale guerra tra bande. Andy e Duncan
si trovano solo con il testimone che può legare gli assassini al
delitto, e in un momento di vita o di morte con
un testimone di 12 anni, Andy rimpiange
di averle dato della rookie in così
tante occasioni. Nel frattempo, Gail segue
un’altra vittima della sparatoria caseggiato, una donna che ha
preso un proiettile vagante nella
lavanderia, solo per fare una scoperta sconvolgente che scuoterà
Gail dal profondo.
In Rookie
Blue 5×03 il progetto Accountability,
un’operazione in tutta la città volta a sequestrare tutti i
proventi dei reati. Gli ufficiali della 15
divisione sono assegnati a raccogliere gli oggetti acquistati con i
soldi guadagnati illegalmente un compito
di cui nessuno è entusiasta. Andy e Nick vengono inviati a una casa
di gioco d’azzardo illegaleche risulta essere
ancora in funzione e
doverosamente arrestano il proprietario
della casa. Ma dopo una confessione che sembra troppo bella per
essere vera, Andy recluta Sam per aiutarla ad andare a fondo di ciò
che sta realmente accadendo.
Netflix ha presentato il trailer di
Ronja the Robber’s
Daughter,
basata sul racconto fantasy di fama mondiale di Astrid
Lindgre. La serie è scritta da Hans Rosenfeldt e verrà
lanciata in streaming su Netflix
il 28 marzo.
Quest’anno ritorna l’amata storia
fantasy svedese Ronja. Lo sceneggiatore Hans
Rosenfeldt, la regista Lisa James Larsson e i
produttori Bonnie Skoog Feeney e Mattias Arehn
hanno trasformato la storia di Ronja tratta dal romanzo di
Astrid Lindgren. La serie uscirà in due parti, con la prima
disponibile il 28 marzo 2024, seguita dalla seconda più tardi nello
stesso anno.
Lisa
James Larsson, regista:“Molti
di noi sono cresciuti conla figlia
di Ronja il ladroe
siamo incredibilmente orgogliosi e grati per l’enorme impegno e
sforzo che tutti hanno profuso in questo progetto. Abbiamo fatto
audizioni a più di 4000 attori per trovare la Ronja giusta e
abbiamo viaggiato nei luoghi più incredibili che la Svezia ha da
offrire, dai castelli del Bohuslän alle profonde foreste di Dalarna
fino alle magnifiche cascate dello Jämtland per trovare le location
perfette per le riprese. La nostra serie riflette il forte impegno
e la passione creativa della nostra troupe cinematografica e del
cast di oltre 200 persone, e siamo così entusiasti che venga presto
lanciata su Netflix”.
La trama di Ronja
the Robber’s Daughter
Ronja segue le avventure di una
ragazza impavida e ribelle nata in una banda di rapinatori in un
castello medievale scandinavo. Crescendo, Ronja scopre la foresta,
magica e pericolosa. Nonostante le creature bizzarre e misteriose
che la popolano, Ronja si sente più a casa nella foresta che dietro
le mura dell’enorme castello. L’incontro con il giovane Birk di una
banda rivale segna l’inizio di una tragica faida familiare e di
un’amicizia proibita, mentre un famigerato sceriffo arriva per fare
piazza pulita di rapinatori dalla foresta una volta per tutte.
La
serie Ronja the Robber’s Daughter uscirà in due
parti ed è prodotta da Filmlance International – una parte di
Banijay, in coproduzione con Viaplay, Film i Väst, Ahil, ARD Degeto
e con il sostegno dell’Unione Europea e di Europa
Creativa.
La
prima parte di Ronja the Robber’s
Daughterverrà
lanciata nei paesi nordici, CEE, Regno Unito, Francia, Spagna e
Paesi Bassi il 28 marzo, seguita dalla parte 2 più avanti nel
2024.
Protagonisti
di Ronja the Robber’s Daughter sono Kerstin
Linden (Ronja), Jack Bergenholtz-Henriksson (Birk), Christopher
Wagelin (Mattis), Krista Kosonen (Lovis), Sverrir Gudnason (Borka),
Maria Nohra (Undis), Pernilla August (Valdir), Vera Vitali (Cappa )
e Johan Ulveson (Skully-Per)Scrittore:Hans
Rosenfeldt (basato su una storia di Astrid Lindgren)Regia:Lisa
James LarssonProduttori:Bonnie
Skoog Feeney e Mattias ArehnGenere:Famiglia,
fantasy, avventura Episodi:6 (Parte
1)
Il primo trailer
di Avengers: Endgame ha finalmente
confermato una delle teorie più gettonate sul film, ovvero quella
riguardante la “trasformazione” di Occhio di
Falco in Ronin. L’eroe,
grande assente di Infinity War, tornerà in
azione nei panni di un samurai spietato e verrà presumibilmente
richiamato al quartier generale dei Vendicatori da Vedova Nera (che
nel trailer vediamo alle spalle di Clint Barton, forse in
Giappone).
Ecco di seguito tutto quello che c’è da sapere sul
personaggio:
Il costume
Essere Ronin
significa indossare un costume molto più cool e accessoriato di
quello di Occhio di Falco, il cui completo nero con finiture gialle
dona all’eroe un aspetto più sobrio ed elegante.
L’abito di Ronin riflette inoltre la
mentalità e i cambiamenti di Barton dall’ultima volta che l’abbiamo
visto, dotato di una maschera che nasconde le espressioni del viso
e crea ulteriore mistero intorno alla figura del personaggio.
La trasformazione
Una cosa è certa: la timeline della
trasformazione di Clint Barton in Ronin sembra
rispettare il corso dei fumetti, perché come la sua controparte
originale, anche la versione cinematografica sceglie la nuova
identità dopo la guerra civile. Le circostanze saranno
probabilmente diverse, ma gli eventi sono narrati nello stesso
ordine.
Inoltre le voci sulla trama di
Secret Invasion e la sequenza degli
eventi rispecchiano quando accaduto nei fumetti, e potrebbero
essere un’indicazione della struttura delle storie future dopo
Avengers: Endgame.
Il collegamento con Moon Knight
Come altri eroi nel corso dei
fumetti Marvel, anche Moon
Knight ha trascorso del tempo sotto la maschera di
Ronin, ma le modalità di Marc Spector sono state molto diverse dai
colleghi. Nell’universo Ultimate Comics, Ronin è solo una delle
personalità di Marc e lavora per il Kingpin,
tradendolo e organizzando delle trappole per farlo arrestare.
Moon Knight potrebbe quindi
indossare il costume quando Clint avrà raggiunto i suoi obiettivi?
Kevin Feige ha suggerito che l’eroe rientra nei
piani futuri del MCU, quindi tutto è possibile…
Potenzialità
Finora Clint Barton
ha mostrato solo una piccola parte della sua grande abilità fisica,
non solo in combattimento, ma anche in fase di preparazione, con le
sue celebri acrobazie che il MCU ha sottovalutato.
Nei fumetti, lo sfondo è il circo,
dove ha avuto inizio il suo addestramento come spia e dove ha
affinato le sue abilità. Sappiamo poi che come
Ronin, Barton potrà usare molte più armi che
richiedono un combattimento ravvicinato, e potrebbe essere
un’ottima occasione per introdurre le sue nuove
skills.
Il legame con Guardiano Rosso
Nei fumetti, il terzo eroe che
indossa il mantello di Ronin è Guardiano
Rosso, in passato legato anche al personaggio di
Vedova Nera. Dunque i presupposti per un suo
ingresso nel MCU ci sono tutti.
Il suo vero nome è Alexei
Shoskatov, ex marito di Natasha Romanoff, e elemento del
suo misterioso passato. Forse lo vedremo in azione nel film solista
di Vedova Nera su cui stanno lavorando i Marvel Studios, o forse si racconterà di come
Clint abbia ricevuto da lui il costume in segno di amicizia.
Il cambio di personalità
Tradizionalmente,
Ronin è un samurai senza padrone o un guerriero
solitario e questa descrizione potrebbe avere pesanti implicazioni
sulla mentalità di Clint Barton in Avengers:
Endgame. Ciò implicherebbe che l’eroe si trovi da solo,
forse a causa della probabile scomparsa della sua famiglia dopo lo
schiocco di Thanos.
Inoltre il fatto che Ronin usi armi
diverse indicherebebbe anche una svolta più violenta per l’arciere:
Barton potrebbe trovarsi in uno stato disperato e aggressivo, in
cerca di vendetta o di risposte riguardanti la morte dei suoi cari;
anzi, potrebbe addirittura incolpare i Vendicatori per aver fermato
Thanos e prendere le distanze dagli ex amici e colleghi.
Il collegamento con Echo
Sebbene Avengers:
Endgame segnerà – molto probabilmente – la prima
apparizione di Ronin nel MCU, la storia dei fumetti ci
insegna che Clint Barton non è stato il primo personaggio ad
assumerne l’identità. Questo onore appartiene infatti ad un’eroina
dell’universo Marvel chiamata
Echo.
Sulle pagine si racconta di quando
Clint voleva tornare ad essere Occhio di Falco, offrendo persino il
mantello di Ronin a Echo. Pur apprezzando il gesto, la donna
rifiuta perché come il collega sentiva che i suoi giorni da
guerriera erano finiti.
Secret Invasion
Tra le storie più interessanti e
attese dai fan che potrebbero essere adattate sul grande schermo
c’è sicuramente quella relativa a Secret Invasion,
arco narrativo in cui vediamo la razza aliena di mutaforma
conosciuta come gli Skrull infiltrarsi e
destabilizzare il team di supereroi sulla Terra, danneggiando
dall’interno tutte le infrastrutture umane.
D’altronde abbiamo già avuto
un’anticipazione degli Skrull dal trailer di Captain Marvel, e anche in
Guardiani della Galassia, e
secondo i fumetti Clint Barton sta operando nei panni di Ronin
quando si verifica l’invasione segreta…Che il suo passaggio di
costume sia un altro suggerimento per la realizzazione di questa
storyline nel MCU?
Il legame con Blade
Far passare Clint Barton nel costume
di Ronin potrebbe aprire ad una serie di
possibilità su costume e all’ingresso nel MCU di un altro personaggio dei
fumetti già sbarcato al cinema: il vampiro Blade.
Ma perché?
Durante il periodo di permanenza di
Luke Cage come leader dei Potenti Vendicatori,
qualcuno si unisce al suo team in modo anonimo. Inizialmente lo fa
indossando un costume di Spider-Man acquistato in
un negozio di Halloween, poi quello di Ronin, che trova nel
deposito di Clint. Operando infatti come il guerriero giapponese,
Eric Brooks aka Blade lavora con la squadra
segretamente.
Armi
Per Clint Barton, uno dei vantaggi
della trasformazione in Ronin saranno le armi in
più a disposizione a cui unirà la solita e impeccabile precisione;
ma oltre ad usare arco e frecce, l’eroe potrà mettere in mostra la
sua attitudine – finora inedita nel MCU – per oggetti diversi.
Clint è un combattente corpo a corpo
estremamente talentuoso, in possesso della padronanza di tutti i
tipi di equipaggiamento. È infatti in grado di scontrarsi
fisicamente con qualsiasi avversario, come quando ha sfidato Black
Panther in Captain America: Civil
War, ma anche di amrmeggiare lame, nunchaku, bastoni e
pugnali.
Ci sono, purtroppo, alcuni registi
che, pur avendo innumerevoli classici nel loro curriculum,
rimangono in gran parte sconosciuti al pubblico dei non cinefili.
Il grande regista John Frankheimer
rientra certamente in questa descrizione. Sebbene molti dei suoi
film siano considerati dei classici, il nome di Frankheimer non è
sempre associato al successo del commovente dramma biografico
L’uomo di Alcatraz, dell’innovativo thriller politico
Va’ e uccidi, del classico film di guerra Il
treno o dell’iconico dramma automobilistico Grand
Prix. Sul finire della sua carriera, ha però realizzato
Ronin, titolo per cui è oggi probabilmente più
ricordato.
Nonostante un breve periodo di
insuccesso commerciale, Frankenheimer si è infatti assicurato un
importante ritorno grazie al successo di questo suo thriller
spionistico ricco di azione, interpretato dal premio Oscar
Robert De Niro. Il film è ricordato non solo per la
regia di Frankenheimer e l’interpretazione di De Niro, ma anche per
il suo finale ambiguo e sorprendente, che risolve in modo
imprevedibile la vicenda narrata. Pur essendo indubbiamente uno dei
suoi film più belli, Frankenheimer aveva però in mente un finale
più cupo per Ronin, che fu però tagliato prima
dell’uscita nelle sale.
La trama di
Ronin
Basato su una sceneggiatura del
leggendario drammaturgo David Mamet, Ronin è un
thriller di spionaggio ricco di azione che racconta l’intersezione
tra le forze di operazioni speciali di diverse nazioni.
Robert De Niro interpreta il mercenario americano
Sam, incaricato dalla CIA di rubare una valigetta
altamente protetta dal contenuto misterioso. Dopo aver incontrato
l’agente dell’IRA Deirdre (Natascha
McElhone), Sam inizia a lavorare insieme all’agente
americano Larry (Skipp Sudduth),
al pistolero francese Vincent (Jean
Reno), allo specialista informatico tedesco
Gregor (Stellan
Skarsgard) e all’assassino inglese
Spence (Sean
Bean) per svaligiare il camion pesantemente protetto
contenente la valigetta.
Pur essendo un film che si basa
sull’azione, Ronin crea una tensione emotiva sviluppando una
relazione romantica tra Sam e Deirdre. Dopo aver ricevuto una nuova
serie di ordini dal suo responsabile, l’agente dell’IRA
Seamus O’Roarke (Jonathan Pryce),
Deirdre inizia ad aprirsi con Sam mentre lavorano insieme a un
appostamento. Mentre tra i due scocca la scintilla emotiva, Sam è
messo sotto pressione perché lavora sotto copertura e non può
rivelare la sua identità. Le mutevoli lealtà delle varie spie che
si intrecciano nel complotto per ottenere la valigetta danno vita a
una serie di scambi tesi in cui Sam deve interrogarsi su dove
riporre la sua lealtà.
La spiegazione del finale del film
Nonostante la natura concentrata
della narrazione, Ronin si conclude con una nota un po’ ambigua sul
destino dei suoi personaggi. Sam e Vincent riescono a fuggire e a
sventare i suoi piani. Sam si presenta poi a sorpresa a Deidre e le
confessa che lavora per la CIA, invitandola a scappare: la donna
segue il consiglio. Sam e Vincent scovano poi il terrorista
irlandese che, rimasto a piedi, sta fuggendo con la valigetta in
mano. Una serie di colpi di pistola vengono sparati: questa volta è
Vincent, benché ferito, a salvare la vita a Sam, immobilizzato a
terra e ferito dallo stesso Seamus, che, mentre sta per finire Sam,
viene colpito da Vincent e muore.
Sam riesce così a recuperare la
valigetta e nella sequenza finale si ritrova qualche giorno dopo
con Vincent nello stesso bar dove tutti erano stati inizialmente
reclutati, con la speranza che Deirdre ritorni, il che però non
accade. Nel locale dove i due si stanno salutando, le parole di un
giornalista della TV riguardo al processo di pace in Irlanda del
Nord offrono un vago suggerimento riguardo alla natura della
valigetta e al motivo per cui Seamus O’Rourke fosse così
determinato ad impossessarsene. I due amici si lasciano con la
promessa di tenersi in contatto e di rincontrarsi un giorno. Viene
però lasciato all’oscuro del destino di Deidre, così come lo sono
gli spettatori.
Perché John
Frankenheimer ha cambiato il finale originale di
Ronin
Anche se non è necessariamente un
cliffhanger, il finale permette al pubblico di determinare da solo
cosa sia successo a Deirdre dopo la morte di Seamus. Tuttavia,
Frankenheimer girò due finali alternativi per
Ronin che offrivano una prova più definitiva di
dove si trovi Deirdre in seguito agli eventi del film. In un
finale, Deirdre tenta di entrare nel ristorante per raggiungere Sam
e Vincent, ma poi si ferma e decide di non farlo, in seguito viene
rapita da agenti dell’IRA e prontamente uccisa. Un altro finale
prevedeva che Deirdre andasse verso la sua auto dopo che Sam e
Vincent avevano lasciato il ristorante, lasciando un finale aperto
nel caso in cui si fosse voluto realizzare un sequel.
Sebbene Frankenheimer ritenesse che
il finale più cupo “funzionasse davvero”, il pubblico di prova
rispose negativamente alla prospettiva di vedere Deirdre morta.
Sebbene fosse già stato suggerito che non sarebbe stata in grado di
avere una vita felice con Sam, vederla morire in modo così brutale
si rivelò troppo per gli spettatori che avevano investito nel
personaggio. Frankenheimer ha rivelato di aver dovuto “ascoltare il
pubblico”, poiché la MGM aveva investito troppo sulle prospettive
finanziarie del film per scegliere una conclusione più sovversiva.
Purtroppo Frankenheimer non ha mai realizzato una director’s cut
del film e quindi il suo finale originale rimane indisponibile per
i fan del film.
Sebbene fosse convinto a non
includere quello che sarebbe stato un finale molto deprimente,
Frankenheimer rifiutò la conclusione più ottimistica che confermava
la sopravvivenza di Deirdre. Lamentandosi del fatto che la scena in
cui Deirdre si avvicinava al ristorante fosse “troppo
hollywoodiana”, Frankenheimer ritenne che una conclusione così
salutare avrebbe sminuito il tono intenso e realistico del film. Si
giunse quindi a un compromesso per la versione definitiva, che
evita di dare indicazioni in merito e mantiene il finale
focalizzato sulla prospettiva di Sam.
Il finale più cupo di
Ronin sarebbe stato migliore
Sebbene il concetto originale di
Frankenheimer possa aver ispirato reazioni negative da parte degli
spettatori, il finale alternativo e cupo di Ronin
si adatta meglio al tono del film. Esso presenta una
rappresentazione cruda della fragilità della politica
internazionale e mostra la facilità con cui le agenzie di
spionaggio sono disposte a sacrificare i loro agenti per portare
avanti i loro obiettivi; nonostante la sua importanza all’interno
della storia, Deirdre è in definitiva solo una pedina nei piani
dell’IRA. La rivelazione del suo destino getterebbe anche la
conversazione esistenziale tra Sam e Vincent sotto una luce
diversa, ed esplorerebbe la futilità dei loro sforzi eroici.
Sebbene sia stato accolto da
recensioni positive e sia diventato un successo commerciale,
Ronin purtroppo non ha portato alla rinascita di
Frankenheimer a fine carriera. A questo film seguì il disastroso
thriller d’azione Trappola criminale, con Ben Affleck e Charlize Theron, citato come uno dei peggiori
film del 2000. Tuttavia, Ronin ha certamente
influenzato il modo in cui le sequenze di inseguimento in auto sono
state sviluppate nel decennio successivo del cinema d’azione. È
difficile immaginare che classici dell’inseguimento in auto come
Baby Driver o Drive
potessero esistere senza Ronin.
Il primo trailer di Avengers:
Endgame ha finalmente confermato una delle teorie più
gettonata sul film, ovvero quella riguardante la “trasformazione”
di Occhio di Falco
in Ronin. L’eroe, grande assente di
Infinity War, tornerà in azione nei panni di un
samurai spietato e verrà presumibilmente richiamato al quartier
generale dei Vendicatori da Vedova Nera (che nel trailer vediamo
alle spalle di Clint Barton, forse in Giappone).
In sottofondo sentiamo la voce di
Steve Rogers spiegare che tutti loro hanno perso qualcosa, amici e
famiglia: a quanto pare anche la famiglia di Occhio di Falco è
rimasta vittima dello schiocco di Thanos, dunque dovremmo
aspettarci un Clint ancora più vendicativo. Ma cosa sappiamo
davvero del personaggio?
Questa “versione” fu introdotta sui
fumetti nel 2005 in New Avengers # 11, creata da Brian
Michael Bendis e Joe Quesada e sulla sua identità si scatenarono
diverse ipotesi: chi c’era sotto la maschera? Daredevil? O
Maya Lopez, nota come Echo? I nuovi Vendicatori
fanno la sua conoscenza in Giappone quando si mettono alla
ricerca del Silver Samurai, aka Ronin; più avanti
nella storia Maya Lopez torna in Giappone per spiare Electra
Natchios, ora nuovo leader della Mano, e rimane uccisa. Risorge e
viene sottoposta al lavaggio del cervello dopo la conclusione della
Guerra Civile, mentre i Vendicatori accolgono nel team un ospite a
sorpresa: Ronin. In pratica è Clint Barton a
rivelarsi sotto la maschera e ad assumere il costume del samurai
per liberare Maya Lopez dal controllo della Mano.
Sul suo “debutto” nel
MCU e sulle modalità della
sua introduzione non sappiamo molto, ma è evidente dal trailer che
la storyline di Clint ruoterà attorno alla scomparsa di moglie e
figli e al suo senso di giustizia privata. Per vendicarsi dovrà
unirsi ai suoi ex colleghi Avengers o deciderà di agire da
solo?
La nuova fan art di Occhio di Falco
in Avengers: Endgame riproduce il suo
alter ego “vendicativo” Ronin prendendo ispirazione da un recente
poster per il remake in live action targato Disney di Mulan.
Interpretato da Jeremy Renner, il personaggio di
Clint Barton, alias Occhio di Falco, ha fatto il suo breve debutto
nel MCU in Thor del
2011 prima di diventare un elemento chiave dell’MCU in The Avengers,
Avengers:
Age of Ultron, Captain America: Civil
War e Avengers:
Endgame dell’anno scorso. Renner dovrebbe anche
riprendere il ruolo nella serie tv per Disney+Hawkeye che debutterà nel 2021.
Dato che non ha superpoteri, il
personaggio è stato oggetto di battute da parte dei fan del
Marvel Cinematic Universe in
passato. Tuttavia, quando Barton ha assunto l’identità di Ronin in
Avengers:
Endgame dopo che la sua famiglia è stata cancellata
dall’esistenza da Thanos (Josh Brolin), il
personaggio è stato riscattato agli occhi di molti. Nuovo look e
nuovo approccio hanno reso il personaggio sicuramente più cool e,
immaginiamo, Renner più soddisfatto dell’accoglienza.
Ora, l’utente di Reddit
T_Hawkeye007 ha condiviso un fan poster che mostra entrambi i
lati della personalità di Barton. Il poster è stato ispirato dal
poster del personaggio di Mulan, che mostrava il suo alter ego da
soldato riflesso nella sua spada. L’artwork fa la stessa cosa con
Barton, che immerge Occhio di Falco nella luce viola e mostra Ronin
in costume riflesso nella sua spada. Eccolo:
Ronda
Rousey vuole a tutti i costi un ruolo di spicco nel
mondo del cinema. Dopo le brevi apparizioni in Fast and
Furious 7 e ne I Mercenari
3, l’atleta di arti marziali miste, judoka e attrice
statunitense insegue il ruolo da protagonista.
Dopo essersi più volte proposta per
interpretare Captain Marvel,
adesso Ronda vuole essere Samus Aran in un eventuale film sulla
serie di videogame Metroid. La Nintendo si è da poco aperta a una
più vasta possibilità di trasportare i suoi marchi al cinema, e
così per la Rousey è sembrato il momento adatto per esternare il
suo desiderio:
“Ha sempre voluto essere Samus,
ho sempre pensato fosse una tosta. Mi piace quando le persone
scoprono solo dopo che dentro l’armatura c’è una bella ragazza. E
per la maggior parte del tempo sei in un costume così puoi sempre
andare in giro e mangiare donuts e sei in un film di Metroid. Spero
che faranno un film.”
Samus Aran (アラン サムス Aran Samusu?) è
un personaggio immaginario della serie di videogiochi Metroid.
Apparsa per la prima volta nel 1986 nel videogioco a piattaforme
Metroid per Nintendo Entertainment System, Samus Aran è una delle
prime protagoniste femminili apparse nel mondo videoludico.
Metroid (メトロイド Metoroido?) è una
famosa serie di videogiochi a tema fantascientifico, concepita da
Makoto Kanoh e Hiroji Kiyotake e prodotta da Nintendo a partire dal
1986. La serie è nota, oltre che per lo stile di gioco non lineare,
per essere stata una delle prime ad avere una protagonista
femminile: Samus Aran, cacciatrice di taglie spaziale. Metroid è
una delle saghe di maggiore successo per Nintendo, sia per pubblico
che per critica.
La campionessa di MMA nonché
attrice sulla cresta dell’onda Ronda
Rousey vuole il ruolo di Captain Marvel ed è determinata a prenderselo:
e si può osare dire di no ad una lottatrice professionista del
suo calibro? In un’intervista per ET Online la Rousey ha
parlato dei suoi ultimi progetti ed ha accennato (di nuovo) alla
sua volontà di interpretare il noto personaggio della Marvel: “Sono molto
ansiosa di interpretare il mio primo ruolo principale con
Mark Wahlberg in Mile 22. Spero che serva a
darmi le capacità e la fiducia necessarie perché mi sia affidato il
ruolo di Captain Marvel.”
La campionessa di UFC Ronda
Rousey, che Sabato in Brasile ha riportato l’ennesima
vittoria in un incontro dominato dopo soli 34 secondi per
k.o., ha svelato un nuovo progetto cinematografico che la vedrà
presto protagonista: la lottatrice di Ultimate Fighting vestirà
prossimamente i panni di…se stessa. È infatti in cantiere un film
autobiografico, basato sul suo bestseller del New York Times uscito
in primavera, che si chiamerà My Fight/Your
Fight e racconterà la sua storia ed i suoi successi,
e tutti i sacrifici fatti per arrivare in alto.
I diritti del film sono stati
acquisiti dalla Paramount Pictures, mentre Mary
Parent (Godzilla, Pacific
Rim) e la stessa Ronda Rousey saranno i
produttori.
Per ora la data di uscita non
sembra vicina, dipenderà tutto da quanto tempo il produttore
esecutivo Mark
Bomback (L’Alba del Pianeta delle
Scimmie, The
Wolverine) impiegherà per la riscrittura in
chiave cinematografica del libro, senza contare che la Rousey
stessa sarà presto impegnata su
altri set, Mile 22
di Pete Berg e The Athena
Project della Warner Bros.
Non succede molto spesso che un
personaggio famoso interpreti se stesso, ma Ronda Rousey è uno di
quei rari casi in cui transitare dal ring al set non sembra creare
problemi a nessuna delle due carriere. È infatti ormai da tempo che
l’atleta ha intrapreso una brillante carriera cinematografica, da
film come The Expendables 3
a Furious 7 al più
recente Entourage, senza per questo
intralciare gli allenamenti né risentire di cali
di rendimento.
L’Hollywood Reporter ci informa che
sarà Nick Cassavetes (regista de Le
pagine della nostra vita e Alpha
Dog) a dirigere l’agguerrita campionessa di UFC
Ronda Rousey (nota per essere stata più volte
associata nell’arco delle ultime settimane all’atteso
Captain Marvel) nel remake di
Road House, l’action del 1989 diretto da
Rowdy Herrington e con protagonista Patrick Swayze (uscito in Italia col
titolo Il duro del Road House).
Nel film, la Rousey interpreterà la
versione femminile del personaggio interpretato da Swayze
nell’originale. La produzione del film dovrebbe iniziare il
prossimo anno.
Di seguito la trama de
Il duro del Road House: Nella cittadina
statunitense di Jasper, il proprietario del “Double Deuce”,
Tilghman, non riesce più a lavorare tranquillamente, a causa delle
continue risse e delle pessime frequentazioni del locale, diventato
il covo di spacciatori, ubriaconi molesti e prostitute. Per
riportare un po’ di tranquillità al proprio locale, l’uomo assume
il già famoso Dalton come capo dei suoi buttafuori e direttore. I
modi di Dalton risollevano presto le sorti del locale, ma la cosa
non è vista di buon occhio dal mafioso Brad Wesley, che cercherà di
corrompere il protagonista. Al rifiuto di questi, creerà molti
problemi sia a Dalton che agli imprenditori che lo appoggiano, fino
ad arrivare ad un sanguinoso regolamento di conti.
Si è seriamente proposta per il
ruolo di Captain Marvel e adesso Ronda
Rousey mostra tutta la sua forma smagliante e, in qualche
modo, anche gli attributi necessari per il ruolo, in questo nuovo
servizio fotografico su Self:
Si è spento a 74 anni a causa
delle complicazioni di una polmonite l’attore Ronald Lee
Ermey, noto per aver interpretato il sergente Hartman in
Full Metal Jacket. La sua interpretazione nel film
gli valse una nomination al Golden Globe come Miglior attore non
protagonista ma anche altri ruoli di personaggi autoritari,
ottenuti probabilmente grazie all’interpretazione sopra le righe
del soldato nel capolavoro di Stanley
Kubrick.
Tra i ruoli più famosi, è stato il
sindaco Tilman nel film Mississippi Burning – Le Radici
dell’Odio del 1988, il capitano di polizia in
Seven del 1995, il capo ufficio Frank Martin in
Willard il paranoico del 2003, il sadico sceriffo
Hoyt nel remake di Non aprite quella porta diretto
da Marcus Nispel e ha prestato la sua voce al
Sergente, il comandante dei soldatini verdi di plastica nella saga
di Toy Story.
Ronald Lee Ermey
lascia la moglie e quattro figli.
Non c’è pace per Ron
Perlman e per il suo Hellboy.
L’attore, che già due volte ha incarnato su grande schermo il
diavolo rosso ha raccontato a Empire perché è così
importante che la trilogia diretta da Guillermo Del
Toro venga completata. Ecco cosa ha dichiarato
l’attore:
“Mi sento di essere in pace con
il personaggio, non ho un desiderio bruciante di rimettermi addosso
tutta quella roba, ma Guillermo mi ha detto quale sarà il finale
della trilogia ed è un’idea così brillante a livello
cinematografico che trovo essenziale completarla. Eravamo partiti
con una trilogia, con un inizio, uno svolgimento e una conclusione.
Abbiamo fatto solo i due terzi del cammino e quindi sarebbe una
vergogna non completarlo”.
Sulla grande idea di Del Toro, ha
aggiunto: “Lui è la bestia dell’Apocalisse. Deve distruggere la
civiltà, deve. Non è negoziabile. È il fondamento della storia
e questo è il motivo per cui penso che sia una vergogna non
finirlo”.
Alla fine di Hellboy
II, il personaggio di Selma Blair è incinta di due gemelli. Ecco
come ha commentato Perlman: “I due gemelli: uno sarà come la
madre e l’altro come il padre. Uno sarà completamente corrotto e
l’altro un angelo, quale dei due sarà? Solo Guillermo farebbe una
cosa del genere, e sarebbe tutto da aggiungere alla saga”.
Sono passati già sei anni
dall’uscita di The Golden Army, ma per
Jurassic World abbiamo aspettato 14 anni,
per cui tutto può ancora accadere.
Scritti e diretti da
Guillermo Del Toro, i primi due capitoli vedevano
protagonisti Ron Perlman, John Hurt,
Selma Blair, Rupert Evans, Karel Roden, Jeffrey Tambor
e Doug Jones.