Già direttore della fotografia,
sceneggiatore e regista assieme al collega
Maresco, Daniele Ciprì esordisce
ora in solitaria dietro la macchina da presa con E’ stato
il figlio. Lo fa giocando in casa, portando sullo schermo
le vicende tragicomiche di una famiglia della sua Sicilia: i
Ciraulo. Povera gente, ultimi (neppure proletari, o sottoproletari,
giacché qui manca ogni coscienza di classe).
In E’ stato il
figlio Nicola Ciraulo/Toni
Servillo vive a Palermo e si arrabatta recuperando
materiali di cantiere, che rivende. Riesce a malapena a mantenere
la famiglia: la moglie Loredana/Giselda Volodi, il
figlio maggiore Tancredi/Fabrizio Falco, la
figlioletta Serenella/Alessia Zammitti, nonna
Rosa/Aurora Quattrocchi e nonno
Fonzio/Benedetto Raneli. Tancredi e Fonzio lo
aiutano, ma non quanto lui vorrebbe, specie il figlio, che vede
come un nullafacente, un’incapace. Conducono una vita modesta,
accontentandosi del poco che c’è. Finché un giorno un errore, un
evento tragico non sconvolge la loro vita: la figlia Serenella
rimane uccisa in una sparatoria davanti casa da un proiettile
vagante. Nonostante il grande dolore di tutti, Nicola si lascia
convincere dal vicino, Giovanni/Giacomo Civiletti,
a chiedere un risarcimento per la morte della figlia, vittima di
mafia. Una volta concesso il risarcimento, in attesa che arrivino i
soldi, la famiglia comincia a vivere al di sopra delle proprie
possibilità, lasciandosi prendere da una sorta di euforia.
All’arrivo del danaro, si pagano i debiti e si apre la discussione
su come spendere o investire i soldi rimasti. Nicola ha le
idee chiare e convince anche il resto della famiglia: vuole
comprare una Mercedes, per mostrare a tutto il quartiere la sua
ricchezza e ottenere così, finalmente, il rispetto di tutti. In
realtà la nuova macchina porterà solo altri guai.
Il regista è assai abile,
muovendosi in un terreno conosciuto che è quello dell’umanità della
sua Palermo (e sulla scorta del romanzo di Roberto
Alajmo da cui il film è tratto) a restituirci un’umanità
povera non solo economicamente, ma anche disillusa, rassegnata,
indolente, che si muove in un orizzonte piccolissimo, appunto
quello del proprio quartiere, se non del proprio condominio.
Un’umanità a suo modo ingenua, sognatrice, che per sfuggire al
grigiore, e in questo caso anche all’estremo dolore, della realtà
si rifugia nei racconti, nelle storie, nelle favole. Diverse se ne
raccontano nel film e una favola o un miraggio è anche quello della
ricchezza, che Nicola crede di vedere realizzato nel possesso
dell’oggetto-simbolo: la Mercedes. L’umanità di Ciprì, però, è
anche quella che vive di piccole rivincite, della costante rivalità
col vicino, capace di cattiverie piccole e grandi, cinica, a volte
spietata.
E’ stato il figlio, il
film

A rappresentarla mirabilmente,
anche grazie a un’ottima sceneggiatura e a dialoghi significativi
(in siciliano, sottotitolato solo dove serve) che ci aiutano a
indagarla non solo in superficie ma a svelarne i molteplici
aspetti, tutto il cast di attori. Una galleria di volti e tipi
umani che difficilmente si dimenticano, iperrealistici, ma
che all’interno di quel contesto non risultano affatto forzati,
anzi, efficacissimi, un po’ come accadeva in certi film di
Lina Wertmüller. Su tutti,
Toni Servillo. Straordinario il suo Nicola,
tragico e comico allo stesso tempo: a partire dall’espressività del
corpo, dagli sguardi, dalle movenze, per passare al carattere –
sfortunato, ingenuo e sognatore, ma anche indolente, vittimista,
con una vena cinica, una sua cattiveria (nei confronti del figlio
Tancredi, ad esempio, o nell’eterna gara dell’apparire coi vicini e
“amici”). Ottima anche l’interpretazione di Giselda Volodi, moglie
e madre fedele e devota, che si occupa della casa e se c’è qualche
problema si fa aiutare dal nipote Masino/Piero
Misuraca, non domandandosi, ingenuamente, come mai lui
riesca sempre a risolvere tutto. Sorridente, a volte anche
spensierata, oppure al contrario straziata dal dolore, come può
esserlo solo una madre che perde un figlio. Di grande forza anche
l’interpretazione di Aurora Quattrocchi/Nonna
Rosa, come certamente notevole è la prova di Fabrizio Falco, nel
ruolo del giovane Tancredi, che a vent’anni non sa ancora chi è e
cosa vuole fare della propria vita. Questo, almeno agli occhi del
padre, è una colpa.
Lo spettatore li guarda divertito e
rattristato assieme, così come lo sguardo del regista è in parte
indulgente verso di loro, nel fotografare una condizione
esistenziale di cui sono, almeno in parte, vittime. D’altro canto
però non rinuncia a una visione non semplicistica, ma complessa,
che li indaga nel profondo, mettendone in luce le ombre, a volte
davvero inquietanti. Tragico e comico si alternano sapientemente
anche nelle musiche (quelle originali sono composte da Carlo
Crivelli).
Altra alternanza è quella
strutturale tra presente e passato, portata avanti in maniera
perfettamente armonica durante tutta la pellicola, grazie al
personaggio di Busu/Alfredo Castro, che fa da ponte tra il passato,
in cui si sono svolte le vicende dei Ciraulo, e i giorni nostri,
raccontando oggi la loro storia a chi è seduto con lui in un
ufficio postale di Palermo. Ma il senso del suo personaggio si
comprende pienamente solo nel finale. L’alternanza temporale è
sottolineata anche dalla fotografia, opera come detto dello stesso
regista, che ha scelto un’immagine dal fondo seppia, a mo’ di
vecchia foto ingiallita, per le vicende ambientate nel passato;
mentre ha preferito un grigiore livido per la parte ambientata
oggi.
Risultato finale di E’
stato il figlio è dunque una riuscitissima tragicommedia,
che riesce a tenere insieme due registri, facendo sorridere e
riflettere allo stesso tempo su temi universali e di grande
attualità: su cosa sia davvero la miseria umana, su un’assurda
quanto incontenibile smania di apparire, in nome della quale tutto
passa in secondo piano, o sui problemi di un sud dimenticato dalle
sue istituzioni, dove non sembrano esserci altre prospettive di
sostentamento e lavoro, se non quelle offerte dalla
criminalità.
In concorso alla 69a Mostra del
Cinema di Venezia, E’ stato il figlio ha avuto una
buona accoglienza e due meritatissimi riconoscimenti. Per la
fotografia del film, Ciprì ha portato a casa il premio per il
miglior contributo tecnico (ha curato anche la sceneggiatura, con
Massimo Gaudioso). Mentre Fabrizio Falco, al suo esordio sul grande
schermo, si è guadagnato il premio Mastroianni per
l’interpretazione di Tancredi Ciraulo (ed anche, altrettanto
meritatamente, per quella di Pipino in
Bella Addormentata di Marco Bellocchio).
E’ stato il figlio
prodotto da Passione e Babe Films, in collaborazione con Rai Cinema
e Palomar, e distribuito da Fandango, sarà nelle sale dal 14
settembre.