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Alejandro Gonzalez Inarritu ed Emmanuel Lubezki per un corto VR sull’immigrazione

Dopo Birdman e Revenant Redivivo, il regista premio Oscar Alejandro Gonzalez Inarritu e il direttore della fotografia premio Oscar Emmanuel Lubezki torneranno a lavorare insieme per realizzare un cortometraggio in realtà virtuale per volere della Legendary Pictures.

La storia del corto seguirà le vicende di un gruppo di immigrati e rifugiati che attraversano il confine tra Messico e Stati Uniti. Sia per Inarritu che per Lubezki si tratta della prima esperienza professionale con la realtà virtuale. Il progetto era ormai in cantiere da circa quattro anni. ILMxLAB, divisione della Immersive Entertainment e proprietà della Lucasfilm, si occuperà della progettazione della realtà virtuale.

Revenant Redivivo, diretto da Alejandro Gonzalez Inarritu, ha visto protagonista Leonardo DiCaprio al fianco di Tom Hardy. Il film ha vinto 3 Premi Oscar su 12 candidature ottenute, incluso il premio come Miglior Attore Protagonista a DiCaprio, che con questo film ha ottenuto la sua prima vittoria agli Oscar.

Revenant Redivio – Trama: nel 1823 il cacciatore di pelli Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) si unisce alla Rocky Mountain Fur Co. per avventurarsi in un territorio inesplorato in cerca di nuove pelli. Dopo essere stato aggredito da un grizzly che lo ha quasi ucciso, l’uomo viene preso in custodia da due volontari della compagnia, il rude mercenario John Fitzgerald e il giovane Jim Bridger, futuro “Re degli Uomini delle Montagne”. Quando gli indiani assaltano il loro accampamento, Fitzgerald e Bridger abbandonano Glass al suo destino dopo averlo derubato delle armi e degli oggetti di sua proprietà. Isolato, privo di difese e furioso, Glass giura di sopravvivere per vendicarsi.

Fonte: Collider

 
 

Alejandro Gonzalez Inarritu a Roma per Revenant: “Un percorso spirituale e fisico”

Leonardo DiCaprio e Alejandro G. Inarritu
Leonardo DiCaprio e Alejandro G. Inarritu © Cinefilos.it

Questa mattina nella lussuosa location del Hotel Saint Regis a Roma Alejandro González Iñárritu ha incontrato la stampa per parlare di Revenant – Redivivo. L’ultimo film che vede come protagonista Leonardo Di Caprio e già presente nelle sale italiane, ricevendo anche 12 candidature ai Premi Oscar 2016, risultandone il film con più nomination.

Come ha lavorato alla produzione di questo film?
A.G.I.:
Il processo che richiede la realizzazione di un film è un processo complesso ed interattivo per arrivare a questa arte ci sono molti elementi diversi e molti fatti diversi. Io ho avuto il privilegio di conoscere Chivo (Emmanuel Lubezki, ndr) quando eravamo più o meno ventenni e siamo diventati subito amici abbiamo girato insieme vari corti e poi abbiamo lavorato insieme per Birdman sono stato fin dall’inizio un suo grande fan.

Revenant 02Quindi quando lo invito a partecipare a un mio progetto la prima cosa di cui parliamo sono appunto gli obiettivi che vorrei raggiungere, quindi la collaborazione parte proprio da quello che io voglio trasmettere. Poi ci sediamo a tavolino e cominciamo a parlare degli aspetti tecnici su quello che io voglio raggiungere, quello che voglio fare dal punto di vista narrativo ed emotivo. E poi ovviamente lui prova le varie macchine da presa, i vari obiettivi da utilizzare. Un processo che richiede tantissimo talento proprio per cercare di esplorare l’esecuzione, un’idea filosofica o una visione di un film che abbiamo in mente. Quindi una volta che abbiamo stabilito gli strumenti che dobbiamo realizzare allora parliamo del mondo in cui procedere e realizzarlo; noi abbiamo trovato un luogo e abbiamo giocato con i vari movimenti che dovevamo utilizzare. Ecco io cerco di progettare tutti gli aspetti che mi serviranno proprio per rappresentare la tensione drammatica. Cerco di progettare e ricreare tutto prima, ovviamente il contributo di Chivo è eccezionale, la sua conoscenza dell’uso delle luci è qualcosa di fantastico. Ogni movimento che si vede nel film è stato progettato almeno sei mesi prima. Quindi con lui non è solo una questione solo di aspetti fotografici o tecnici, ma riguarda anche l’aspetto del linguaggio che vogliamo trasmettere attraverso il film.

LEGGI ANCHE: Revenant Redivivo recensione del film con Leonardo DiCaprio

La macchina da presa è molto presente nell’iterazione con il protagonista, questo stile porta lo spettatore dentro al film

A.G.I.: Quando ho iniziato questo progetto, il mio primo obiettivo, quello che volevo fare era proprio creare la pressione, la sensazione del documentario, volevo proprio che gli animali e i paesaggi apparissero in tempo reale come se noi fossimo presenti lì, in quello specifico momento. Se avessi girato questo film 5 anni fa, prima ancora di Birdman e la tecnologia dell’epoca, sicuramente non sarei riuscito a realizzarlo come lo è ora. Il mio obiettivo è rimasto comunque quello di portare lo spettatore lì, farli entrare dentro, come se fosse una soggettiva, con un alto carico sulla fisicità. Per me era questo l’obiettivo principale, quello di unire il film ma anche un documentario, infatti ho letto recentemente su un giornale un titolo che parlava del nostro film e diceva “National LeoGraphic”.

Sembra essereci una componente Western, a quale parte dell’immaginario cinematografico ha attinto?
A.G.I.:
Quando ho realizzato questo film in realtà non avevo in mente dei Western, ho pensato piuttosto a degli altri film come quelli di Andrej Rublev, Andrei Tarkovskij, Dersu Uzala, Akira Kurosawa, Apocalypse Now di Coppola e tutti quei film che mi hanno ispirato perché questo film non è un western ma bensì un percorso spirituale e fisico in un’epoca in cui il west non esisteva ancora e quindi questi film sono molto epici, su larga scala, che rappresentano un aspetto intimo del personaggio e hanno anche una dimensione spirituale.

 
 

Alejandro G. Iñárritu sul red carpet di Venezia 79

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Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Il premio Oscar Alejandro G. Iñárritu sul red carpet della 79esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia insieme al suo cast per presentare in concorso Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades. Ecco tutte le foto della serata.

 
 

Alejandro G. Inarritu su The Revenant: “Ho messo tutto quello che avevo nel film”

Alejandro G. Inarritu, Leonardo DiCaprio e Tom Hardy sono impegnati nella promozione di The Revenant, film molto atteso da critica e pubblico che segna il ritorno di tre delle personalità più interessanti del cinema contemporaneo dopo importanti successi nel passato recente. Inarritu infatti è atteso al varco, dopo il trionfo del suo Birdman agli Oscar, mentre DiCaprio e Hardy sono reduci dalle splendide prove in The Wolf of Wall Street e Legend, rispettivamente.

In merito alla realizzazione faticosa e avventurosa del film, il regista premio Oscar ha dichiarato: “Ho messo tutto quello che avevo in questo film. Il mio cuore e la mia anima, è tutto lì dentro ed è il massimo che potevo fare”.

E se Inarritu potesse cambiare qualcosa di questo film? “No – è stata la risposta a Variety – non cambierei nulla, nemmeno una cosa” ha risposto con il suo caratteristico sorriso.

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Il film, diretto da Alejandro Gonzalez Inarritu, vede protagonista Leonardo DiCaprio al fianco di Tom Hardy.

Trama: Nel 1823 il cacciatore di pelli Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) si unisce alla Rocky Mountain Fur Co. per avventurarsi in un territorio inesplorato in cerca di nuove pelli. Dopo essere stato aggredito da un grizzly che lo ha quasi ucciso, l’uomo viene preso in custodia da due volontari della compagnia, il rude mercenario John Fitzgerald e il giovane Jim Bridger, futuro “Re degli Uomini delle Montagne”. Quando gli indiani assaltano il loro accampamento, Fitzgerald e Bridger abbandonano Glass al suo destino dopo averlo derubato delle armi e degli oggetti di sua proprietà. Isolato, privo di difese e furioso, Glass giura di sopravvivere per vendicarsi.

 
 

Alejandro G. Inarritu presenta Bardo, la sua “auto-fiction”

Alejandro G. Inarritu

In Concorso a Venezia 79, arriva anche Alejandro G. Inarritu, che presenta al Lido Bardo, Falsa crónica de unas cuantas verdades, il suo ultimo film che arriva a 7 anni da The Revenant – Redivivo.

Alejandro G. Inarritu: “Bardo è un’auto-fiction”

Lo stesso regista due volte premio Oscar ha presentato il film che, più come un racconto autobiografico, definisce una auto-fiction, e spiega: “Viviamo in un mondo molto finto e credo che pian piano ci rendiamo conto che tutte le storie sono un tentativo di dare senso alla propria vita, ma gli eventi che capitano vengono interpretati in base alle proprie esperienze e alla propria cultura. Una persona diversa da noi può interpretare quello stesso evento in maniera completamente differente, è per questo che il nostro personaggio dice che la memoria non ha verità ma solo una certezza emotiva. Non farei mai un tentativo di realizzare un film biografico, perché non conosco niente di tanto noioso come la mia vita. Questo è un tentativo di identificare momenti, ricordi, aneddoti, paure e sogni che mi hanno formato negli ultimi 20 anni. 21 anni fa in questo giorno esatto lasciavamo il Messico, è per me questo momento è un cerchio che si chiude, così come il film è circolare. È un tentativo emotivo di dare senso a cose che non ne hanno. Non c’è logica in questo film, così come i sogni non hanno logica, e questo film è proprio come un sogno. Non c’è niente di più noioso della verità, preferisco l’interpretazione.”

Il film si muove spesso su un sottile confine, tra il dramma e la commedia grottesca, come l’idea, che nel film è realtà, di Amazon che compra la California del Sud. Per Alejandro G. Inarritu non siamo tanto lontani dalla realtà: “Alcune idee del film che sembrano divertenti sono in realtà molto più realistiche di quanto non sembrino, ad esempio molte corporazioni e aziende, oggi, sono molto più ricche di interi Paesi. Torneremo al feudalesimo, secondo me, con le Corporation che danno lavoro a tantissime persone, prendete ad esempio Walmart che dà lavoro a talmente tante di quelle persone che potrebbero essere la popolazione di una nazione. Ho cercato di giocare con l’umorismo e di trovare un tono che spesso è ridicolo, spesso trascendiamo nella stupidità.”

“Non c’è niente di più noioso della verità, preferisco l’interpretazione.”

Ma cos’è il Bardo? “E’ la parola con cui i buddisti indicano quello che per i cattolici è un Limbo. Per me è dove questo personaggio vive, dove le idee e i ricordi muoiono, dove le cose si trasformano di continuo. Io sono un uomo senza terra, perché sono messicano per gli americani e americano per i messicani. Ed è una condizione da immigrato, è una posizione molto vulnerabile, una specie di Limbo.”

Silverio, il protagonista del film, è un uomo di grande successo, quanto c’è di auto-biografico in questo personaggio? “Per me il successo è dolce-amaro. Il successo ti mette in una posizione privilegiata, ma allo stesso tempo hai un sacco di obblighi e aspettative, e questo ti mette sotto i riflettori, dove a volte ne hai abbastanza. Io non mi sto lamentando del mio successo, sarei ridicolo, ma il successo ha un costo, ovvero paghi il prezzo del tempo che impieghi a costruire opere d’arte e il cinema è un lavoro molto faticoso. Ci vuole tempo per capire certe cose e quando sei giovane vuoi prendere il mondo a morsi, ma con il tempo capisci che le cose importanti sono altre, e, sì, c’è del rimpianto.”

Bardo ha molti echi di Birdman, che cosa hanno in Silverio, Riggan e Alejandro? “Nel 2012 ho cominciato a meditare ed è stato per me un punto di svolta, perché ho cominciato a vedere i miei pensieri in una maniera molto chiara. Ero sempre coinvolto nei miei pensieri, ma guardarli dall’esterno mi ha permesso di ridere di me stesso e delle mie certezze, condividendole con un po’ di paura ma con onestà. Forse i personaggi di Bardo e di Birdman hanno qualcosa in comune, ma Silverio non reagisce, lui risponde e osserva, a differenza di Michael Keaton che è molto reattivo. Uno accetta di essere nel Bardo, di non essere certo di niente, quando invece tutti noi cerchiamo di avere sempre ragione, cosa che ci porta una certa quantità di sofferenza. L’atteggiamento di Silverio è molto più liberatorio.”

 
 

Alejandro Amenábar presenta il thriller Regression, tra satanismo, scienza e religione

Un premio Oscar per il miglior film straniero, una filmografia che vanta piccoli film culto di genere, qualche passo falso, ma una perizia rara nel mettere in quadro e nel dare voce alla settima arte. A soli 43 anni Alejandro Amenábar è uno dei registi più apprezzati del mondo e è venuto a Roma a presentare Regression, il suo ultimo thriller psicologico con Ethan Hawke e Emma Watson.

Come è cominciata l’avventura di Regression?

“Io mi sono sempre sentito molto attirato dagli horror. Il mio primo film è stato di questo genere. Per me fare questo tipo di film è molto bello. Prima di girare Agora avevo già l’idea di fare un film sul diavolo. Ma documentandomi sul satanismo e su cose simili mi sono annoiato, anche se mi piaceva l’idea. Ci ho rinunciato per un po’, poi ho esplorato l’argomento degli abusi nei rituali satanici e ho pensato che potesse essere l’approccio giusto. È venuto fuori un film sul diavolo ma anche un thriller psicologico, che esplora i demoni interiori e il labirinto della mente. Era questo l’approccio giusto per me”.

È produttore, regista, sceneggiatore, montatore, musicista? Che ti piace di più?

“Da musicista mi sono ormai dimesso negli ultimi due film. Dove mi sento meglio e a mio agio è sul set, quello che mi piace di più è dirigere e trarre il massimo della soddisfazione dall’interazione con le persone e trarre il meglio dalle persone.. Per alcuni registi è molto stressante girare film, spesso dicono che l’esperienza li fa arrabbiare. Per me girare, dirigere riesce a tirare fuori il meglio della mia personalità”.

Nel film si dice a un certo punto che il diavolo non esiste e che ci sono soltanto cattive persone. Lei cosa crede?

“Qualche giorno fa ho letto che Guillermo Del Toro ha detto che ci sono due tipi di film che parlano del diavolo, uno in cui l’entità viene dall’esterno e l’altro in cui il maligno viene dal cuore delle persone. Questo film è più del secondo genere. Io ho fatto mia la battuta del film e sono convinto che esistano buoni e cattivi ovunque. Parlando della religione, se giri l’America e ti informi scopri che c’è molta influenza delle chiese evangeliche, ma io non volevo fare un film in cui si parla di queste realtà. Volevo mostrare in che modo due istituzioni naturalmente in opposizione, scienza e religione, collaborano per risolvere il puzzle, volevo mostrare come tutti possono commettere errori e nel film tutti i personaggi a un certo punto commettono degli errori. Semplicemente non volevo enfatizzare il ruolo della chiesa, ma indagare l’aspetto psicologico”.

regression posterIn merito alle sue ricerche sugli abusi satanici rituali, che hanno dato l’input principale per la storia, Amenabar ha dichiarato di aver raggiunto una rivelazione piuttosto interessante: “Quello che ho imparato durante le ricerche è stato scoprire quanto è fragile la nostra mente e quanto sia labile la nostra memoria. Quando torniamo indietro con la mente a qualcosa che è accaduto nel passato, abbiamo la tendenza a dare per scontato che quello che ricordiamo è effettivamente quello che è avvenuto. Se però confrontiamo i nostri ricordi con quelli da altre persone che hanno vissuto la stessa esperienza ci rendiamo conto che i ricordi sono diversi a seconda di come la nostra mente ha elaborato tutto. Crediamo che il nostro cervello sia come un piccolo computer, mala verità è che nella nostra testa ci sono come degli omini, un meccanismo che sposta i ricordi e li aggiusta secondo i nostri desideri e le nostre paure. In passato facevo molto più affidamento sui ricordi di quanto non faccia oggi. C’e un film di John Huston con Montgomery Clift chiamato Freud. Alcuni temi di quel film li tratto qui e scrivendo Regression ascoltavo la sua colonna sonora”.

Sul lavoro con le immagini e sulle rappresentazione del satanismo, Amenabar ha confessato di amare i cliché e di volerci giocare nel film in maniera esperta è consapevole: “Mi piace utilizzare i cliché. Per quello che riguarda il diavolo e il satanismo abbiamo delle immagini che ci collegano a quello. Queste cose si alimentano a vicenda, l’immaginazione trae le immagini dalla realtà e dai film che abbiamo visto, il cinema a sua volta trae riferimenti dall’immaginazione”.

Sull’atmosfera uggiosa e piovosa del film: “Per il film era importantissima la scenografia e l’atmosfera. Volevamo un posto buio e fosco. Non è stato facile perché Toronto, dove abbiamo girato, è una città dove splende il sole, come Roma, ma era davvero importante che fosse un po’ oscura”.

Regression racconta anche, forse soprattutto, della capacità, o meglio, della tendenza umana a commettere errori, dell’impossibilitá di essere sempre nel giusto. “Penso che tutti dobbiamo contemplare l’idea di fare sbagli, perché così impariamo – ha dichiarato il regista – Fanno parte della nostra natura. Quando ci rendiamo conto dell’errore ci può essere un attimo di smarrimento. È come un’equazione matematica sbagliata che rifai in continuazione ma non trovi il risultato. Basta aggiustare una piccola cosa all’inizio è tutto torna. Per quello che riguarda me, quando ho cominciato volevo che la troupe mi rispettasse e mi dovevo mostrare duro e sicuro di me, mai in errore. Ora mi comporto nella maniera opposta, preferisco lavorare con persone che mi sfidano, soprattutto con gli attori. Preferisco persone che mi mostrano che posso sbagliare e dove sbaglio, che mi sfidano e che si confrontano”.

Lo stile del film ricalca vagamente i fil anni ’70.

“Il film guarda indietro, in termini di stile, agli anni 70. I riferimenti sono stati Tutti gli uomini del presidente, Il maratoneta. Abbiamo pensato di fare qualcosa senza molto movimento, con meno musica sarebbe stato proprio un film di quegli anni, ma oggi la musica si usa di più”.

Tracciare il confine tra ciò che fa realmente paura e ciò che è nella nostra testa. In questo momento storico è importante?

“Quando ho incontrato Ethan (Hawke, il protagonista, ndr), ha detto che i film horror non gli piacciono perché non gli piCe l’idea di spaventare le persone. Io non sono d’accordo perché anche se mi spavento facilmente, soprattutto quando ero piccolo, mi piace l’idea di essere spaventato al cinema. A Ethan del film piaceva proprio che alla fine noi smantelliamo il meccanismo della paura. Penso anche che bisogna lavorare con la parte razionale e con quella fantastica, con la paura, con la parte irrazionale. Sono molto razionale ma devo anche avere una mente aperta. Mi sono reso conto che negli ultimi film quello che affronto sempre è il concetto di credere o meno a qualcosa. Un’altra cosa che mi colpisce molto non è la nostra capacità di ingannare ma la nostra volontà di credere”.

Il film si chiude con l’immagine di una prigione e si sposta poi verso il mare, con un’inquadratura a un cielo nuvoloso ma luminoso, con il sole all’orizzonte. Ecco come ha commentato il regista: “Mi piaceva l’idea che la prigione si affacciasse sul mare, l’ultima immagine che si vede è proprio quella del mare che è anche l’ultima inquadratura di Mare Dentro. Dà una sensazione di sollievo perché alla fine fuori splende il sole”.

 
 

Alec e William Baldwin in Italia per girare due film di Minerva Pictures

Alec Baldwin Alec e William Baldwin

Al via a Roma le riprese, in contemporanea, di due nuovi film targati Minerva Pictures in collaborazione con ILBEKid Santa e Billie’s Magic Word. Le due pellicole, che saranno girate in “live action”, tecnica che unisce attori reali e personaggi animati, saranno interpretate dalle due star hollywoodiane Alec e William Baldwin che, a parte il documentario My Promise to P.J. firmato dal fratello Daniel, si ritrovano per la prima volta a condividere un set. Poco più di due settimane di riprese romane, in cui la capitale farà da sfondo a tutte le scene action dei due film. Entrambi, seppur in modo diverso, si inseriscono nel genere di film dedicati alla famiglia e alla programmazione natalizia. Dietro la macchina da presa, Francesco Cinquemani, che torna a dirigere Alec Baldwin dopo Andròn: The Black Labyrinth. Nel cast anche Elva Trill, che sarà protagonista al cinema a giugno con Jurassic World Dominion, nuovo capitolo della celebre saga di Jurassic Park.

 
 

Alec Baldwin: 10 cose che non sai sull’attore

Alec Baldwin Alec e William Baldwin

Attore celebre anche per la sua vita al di fuori del set, Alec Baldwin si è fatto notare sin da giovane con ruoli di rilievo in film, arrivando ad ottenere anche importanti riconoscimenti. Negli anni l’attore ha saputo rinnovarsi, arrivando a lavorare con successo tanto al cinema quanto in televisione.

Ecco 10 cose che non sai di Alec Baldwin.

Alec Baldwin: film

1. Ha recitato in film di successo. Il debutto cinematografico dell’attore avviene nel 1987 con il film Forever Lulu. Successivamente ottiene una prima fama recitando in Un amore rinnovato (1988) e BeetleJuice – Spiritello Porcello (1988). Negli anni successivi l’attore recita nei film Una donna in carriera (1988), Talk Radio (1988), Caccia a Ottobre Rosso (1990), Alice (1990), Americani (1993), Il giurato (1996), The Confession (1999), e consacrando la propria celebrità con titoli come Pearl Harbor (2001), The Cooler (2003), … e alla fine arriva Polly (2004), Patto col diavolo (2004), The Aviator (2004), Dick & Jane – Operazione furto (2005), The Departed (2006), È complicato (2009), To Rome With Love (2012), Blue Jasmine (2013), Still Alice (2014), Zona d’ombra (2015), BlackKklansman (2018) e Motherless Brooklyn – I segreti di una città (2019), dove recita accanto a Edward Norton.

2. È celebre anche per i ruoli televisivi. L’attore si è fatto notare recitando anche in episodi di serie come California (1985), Friends (2002), Nip/Tuck (2004), Las Vegas (2003-2004), Will & Grace (2005-2017), ed è stato particolarmente apprezzato per il ruolo di Jack Donaghy nella serie TV 30 Rock (2006-2013).

3. Ha lavorato come doppiatore. Negli anni Baldwin si è fatto apprezzare anche come doppiatore, prestando la sua voce a film come Un giorno da ricordare (1995),  Come cani e gatti (2001), SpongeBob – Il film (2004), Madagascar 2 (2008), Le 5 leggende (2012) e Baby Boss (2017).

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Alec Baldwin e Kim Basinger

4. È stato sposato con la famosa attrice. Dal 1993 al 2002 l’attore è stato sposato con Kim Basinger, conosciuta sul set del film Bella, bionda… e dice sempre sì. Nel 1995 la coppia ha avuto una figlia. In seguito alla separazione, Baldwin ha affrontato una lunga battaglia legale per ottenere di poter continuare a vedere la figlia.

Alec Baldwin ha una moglie e dei figli

5. Si è sposato una seconda volta. Nel 2012 l’attore sposa la sua insegnante di ginnastica, Hilaria Lynn Thomas. Nel 2013 i due diventano genitori della prima figlia. Avranno poi un secondo figlio nel 2015, un terzo nel 2016 e un quarto nel 2018. Baldwin ha un totale di cinque figli con due differenti mogli.

Alec Baldwin e Trump

6. È celebre per la sua imitazione del presidente. Nel 2016, durante la campagna per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti, Baldwin propone una riuscita imitazione di Donald Trump all’interno del famoso programma Saturday Night Live. L’imitazione viene così apprezzata che Baldwin la riprenderà più volte nel corso degli anni successivi.

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Alec Baldwin in Beetlejuice

7. Non è soddisfatto della sua performance. Successivamente al rilascio del film, tra i primi diretti dal regista Tim Burton, Baldwin ha confessato di non essere soddisfatto della sua interpretazione, e di non aver gradito in generale il film.

8. Ha recitato accanto a celebri attori. Il film è tra le prime esperienze cinematografiche dell’attore, che si è nell’occasione trovato a lavorare insieme ad attori già celebri come Michael Keaton e Winona Ryder.

Alec Baldwin e i suoi fratelli

9. Proviene da una famiglia di attori. Baldwin è il primo di quattro figli maschi. I suoi fratelli sono Daniel, William e Stephen Baldwin, ed essendo tutti attori i quattro sono conosciuti nel settore come “i fratelli Baldwin”.

Alec Baldwin: età e altezza

10. Alec Baldwin è nato a Massapequa, New York, Stati Uniti, il 3 aprile 1958. L’altezza complessiva dell’attore è di 183 centimetri.

Fonte: IMDb

 

 
 

Alec Baldwin, le prime parole: “Shock e tristezza”

Alec Baldwin Alec e William Baldwin

L’attore Alec Baldwin ha rilasciato le prime parole dopo il tragico evento che l’ha visto protagonista sul set di SUN. Come molti di voi sapranno l’attore durante le riprese ha sparato dei colpi sul set uccidendo Halyna Hutchins e ferendo il regista del film. Il regista Joel Souza è fuori pericolo e ha lasciato già l’ospedale. Ecco quello che ha detto attraverso un post pubblicato su Twitter:

Non ci sono parole per trasmettere il mio shock e la mia tristezza riguardo al tragico incidente che ha tolto la vita ad Halyna Hutchins, una moglie, una madre e una nostra collega ammiratissima. Sto cooperando pienamente con le indagini della polizia per scoprire come sia potuta avvenire questa tragedia. Sono anche in contatto con suo marito, offrendo il mio sostegno a lui e alla sua famiglia. Il mio cuore è spezzato per suo marito, per loro figlio e per tutti quelli che conoscevano e amavano Halyna.

L’incidente

L’incidente è avvenuto sul set di Rust, un film indipendente che l’attore stava girando al Bonanza Creek Ranch, un popolare luogo di produzione a sud di Santa Fe. Hutchins, 42 anni, è stata trasportata in elicottero all’ospedale dell’Università del New Mexico ad Albuquerque, dove è morta. Souza, 48 anni, è stato portato in ambulanza al Christus St. Vincent Regional Medical Center di Santa Fe, dove è in cura per le ferite riportate, secondo l’ufficio dello sceriffo della contea di Santa Fe.

La morte di Hutchins è stata confermata dall’ufficio dello sceriffo e dall’International Cinematographers Guild, Local 600. “Abbiamo ricevuto la notizia devastante questa sera, che uno dei nostri membri, Halyna Hutchins, il direttore della fotografia di una produzione chiamata Rust nel New Mexico, è morto per le ferite riportate sul set”, hanno detto John Lindley, il presidente della gilda, e Rebecca Rhine, il direttore esecutivo, in una dichiarazione. “I dettagli non sono chiari in questo momento, ma stiamo lavorando per saperne di più e supportiamo un’indagine completa su questo tragico evento. Questa è una perdita terribile e piangiamo la scomparsa di un membro della famiglia della nostra Gilda”.

 
 

Alec Baldwin si cancella dai Social e si prende una pausa

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Inseguito alla pubblicazione di commenti omofobici e violenti su Twitter, Alec Baldwin ha cancellato immediatamente il suo account e ora ha annunciato che non tornerà mai più sui social media:

Sono andato al funerale di Jimmy Gandolfini, e quando ero lì mi sono reso conto che Jimmy non ha mai avuto Twitter, egli era così amato come persona e come attore, e lui non lo ha mai usato.”

Nel frattempo, Alec Baldwin ha dichiarato a Vanity Fair che il suo sogno è di allontanarsi un po’ dalla scena. Egli vuole che sua figlia in futuro non lo veda troppo come una celebrità. E alla domanda se ha intenzione di smettere di recitare, Baldwin ha risposto: “Mi piacerebbe se potessi,  sarebbe la cosa più bella del mondo“.

Non è chiaro il motivo poiché non può smettere di recitare. E  probabilmente è solo un’altra dichiarazione priva di senso, simile a quando ha detto che avrebbe lasciato l’America se George W. Bush sarebbe stato rieletto; di fatti il presidente è stato rieletto ma Baldwin non ha mai lasciato la nazione.

Fonte: worstpreviews

 
 

Alec Baldwin nuovamente accusato di omicidio colposo per la tragedia sul set di Rust

Alec Baldwin Alec e William Baldwin

Alec Baldwin è stato nuovamente accusato di omicidio colposo per il suo presunto ruolo in una sparatoria avvenuta sul set del film western Rust. Nel gennaio 2023, Baldwin era stato inizialmente accusato del caso in corso, ma le accuse erano state ritirate nel corso dello stesso anno dopo che il team di Alec Baldwin aveva affermato che la pistola di Baldwin non funzionava correttamente quando aveva sparato. Ora, tuttavia, i pubblici ministeri stanno nuovamente cercando di ritenere Baldwin parzialmente responsabile di un incidente sul set che ha causato la morte del direttore della fotografia Halyna Hutchins.

Non vediamo l’ora di arrivare in tribunale“, hanno dichiarato gli avvocati di Baldwin, Luke Nikas e Alex Spiro, in un comunicato di venerdì (via Variety).

Nell’ottobre del 2021, la troupe del film si stava preparando a girare una scena con Alec Baldwin nei pressi di Santa Fe, in New Mexico, quando una pistola di scena controllata in modo improprio ha sparato, uccidendo Hutchins e ferendo il regista Joel Souza.

Alec Baldwin sostiene di non aver mai sparato con la pistola che è esplosa

Il punto cruciale della difesa di Alec Baldwin è la sua negazione di aver mai premuto il grilletto della pistola, insistendo sul fatto che è esplosa quando l’ha estratta dalla fondina. I procuratori Kari Morrissey e Jason Lewis hanno inviato la pistola per ulteriori test forensi la scorsa estate e, dopo averla ricostruita, sono giunti alla conclusione che l’arma doveva essere stata sparata dal grilletto.

Questo incidente mortale è stato la conseguenza dell’arretramento manuale del cane nella sua posizione completamente armata, seguito, a un certo punto, dalla pressione o dalla depressione all’indietro del grilletto“, ha concluso il rapporto (via Variety). “Sebbene Alec Baldwin abbia ripetutamente negato di aver premuto il grilletto, alla luce dei test, delle scoperte e delle osservazioni qui riportate, il grilletto doveva essere premuto o premuto a sufficienza per rilasciare il cane completamente armato o retratto del revolver delle prove“.

Alla fine dello scorso anno, entrambi i procuratori hanno dichiarato che erano emersi “fatti aggiuntivi” che avrebbero indicato Alec Baldwin come parzialmente colpevole della vicenda, il che ha portato a questa nuova incriminazione.

Oltre a Alec Baldwin, Hannah Gutierrez-Reed, l’ex armaiolo di Rust, sarà processata il mese prossimo con l’accusa di omicidio colposo e manomissione delle prove. Gutierrez-Reed avrebbe caricato impropriamente la pistola di scena sul set con proiettili veri. Il vedovo della Hutchins, Matthew, ha dichiarato di non incolpare Baldwin per l’accaduto, ma di sostenere le accuse iniziali contro di lui per la sua ricerca di giustizia nella vicenda.

 
 

Alec Baldwin in Torrente 5

Alec BalwdinAlec Baldwin prenderà  parte a Torrente 5, film  spagnolo di Santiago  Segura, prodotto da Sony  Pictures SpagnaTelefonica StudiosTorrente 5 sarà l’ultimo  capitolo della saga comica di  maggior successo in Spagna. Il budget stanziato per il film sarà di 8.500.000 euro, in un momento in cui la produzione spagnola è priva di certezze su come i sussidi governativi allo spettacolo possano essere pagati in futuro. Baldwin interpreterà il cattivo della commedia, mentre Segura stesso sarà ancora una volta il protagonista, rivestendo il ruolo dell’ex poliziotto Torrente: i due dovranno evadere da un penitenziario per pianificare una rapina al casinò. Il film sarà una sorta di parodia di Ocean’s Eleven, in cui Torrente coinvolgerà per la sua rapina i migliori specialisti del settore. Nel cast figurano, in un cameo, il torero Jesulin De Ubrique e l’allenatore dell’Atletico Madrid Diego Simeone. Da quando uscì il primo, Torrente, nel 1998, la saga di Segura ha incassato 70.600.00 euro in Spagna, per essere poi distribuita a livello internazionale dalla FilmSharks.
L’ironia e la satira delle commedie di Segura sono molto apprezzate in Spagna, ma all’estero ancora fanno fatica ad ottenere un riconoscimento dello stesso livello. Nei film di Segura, tuttavia, hanno fatto apparizioni anche Oliver Stone e Guillermo del Toro, e anche Thomas Langmann, produttore di The Artist, da tempo pensa ad un remake dei film di Segura.

 
 

Alec Baldwin ha sparato con una pistola di scena che ha ucciso la DOP Halyna Hutchins e ferito il regista

Alec Baldwin Alec e William Baldwin

Alec Baldwin ha sparato con una pistola durante le riprese di una scena di un film in cui è protagonista, causando la morte del direttore della fotografia Halyna Hutchins e il ferimento del regista Joel Souza.

L’incidente è avvenuto sul set di Rust, un film indipendente che l’attore stava girando al Bonanza Creek Ranch, un popolare luogo di produzione a sud di Santa Fe. Hutchins, 42 anni, è stata trasportata in elicottero all’ospedale dell’Università del New Mexico ad Albuquerque, dove è morta. Souza, 48 anni, è stato portato in ambulanza al Christus St. Vincent Regional Medical Center di Santa Fe, dove è in cura per le ferite riportate, secondo l’ufficio dello sceriffo della contea di Santa Fe.

L’ufficio dello sceriffo ha dichiarato che Hutchins e Souza “sono stati uccisi quando un’arma da fuoco è stata scaricata da Alec Baldwin, 68 anni, produttore e attore”. Il Santa Fe New Mexican ha riferito che Baldwin è stato interrogato dagli investigatori ed era in lacrime. Al momento, nessuno è stato arrestato nell’incidente e nessuna accusa è stata depositata, ha detto l’ufficio. Gli investigatori stavano interrogando i testimoni e l’incidente rimane oggetto di un’indagine “aperta e attiva”, secondo l’ufficio dello sceriffo.

La morte di Hutchins è stata confermata dall’ufficio dello sceriffo e dall’International Cinematographers Guild, Local 600. “Abbiamo ricevuto la notizia devastante questa sera, che uno dei nostri membri, Halyna Hutchins, il direttore della fotografia di una produzione chiamata Rust nel New Mexico, è morto per le ferite riportate sul set”, hanno detto John Lindley, il presidente della gilda, e Rebecca Rhine, il direttore esecutivo, in una dichiarazione. “I dettagli non sono chiari in questo momento, ma stiamo lavorando per saperne di più e supportiamo un’indagine completa su questo tragico evento. Questa è una perdita terribile e piangiamo la scomparsa di un membro della famiglia della nostra Gilda”.

Rust Movie Productions LLC, la produzione dietro il film, ha rilasciato una dichiarazione giovedì sera, affermando che il cast e la troupe sono “devastati” e che la società sta collaborando pienamente con le indagini.

“L’intero cast e la troupe sono stati devastati dalla tragedia di oggi e inviamo le nostre più sentite condoglianze alla famiglia di Halyna e ai suoi cari”, ha detto la compagnia. “Abbiamo interrotto la produzione del film per un periodo di tempo indeterminato e stiamo collaborando pienamente con le indagini del dipartimento di polizia di Santa Fe. Forniremo servizi di consulenza a tutti coloro che sono collegati al film mentre lavoriamo per elaborare questo terribile evento”.

L’ufficio dello sceriffo ha ricevuto una chiamata al 911 che segnalava l’incidente alle 13:50. ABC News ha trasmesso l’audio dello scanner, in cui si sente qualcuno che dice: “Abbiamo una persona a cui hanno sparato accidentalmente”.

La società di produzione ha rilasciato la sua dichiarazione iniziale giovedì pomeriggio, dicendo: “C’è stato un incidente oggi sul set di Rust in New Mexico che ha coinvolto la mancata accensione di una pistola di scena a salve”. Tuttavia, l’ufficio dello sceriffo ha indicato che era troppo presto per dire che tipo di problema fosse insorto. L’ufficio, inoltre, non ha usato la parola “incidente”, lasciando quella determinazione agli inquirenti.

“L’ufficio dello sceriffo si riferisce a questo incidente come a un’indagine su una sparatoria”, ha detto il portavoce dello sceriffo Juan Rios. “Quel dettaglio sarà affrontato dagli investigatori mentre lavorano al loro caso.” L’ufficio dello sceriffo ha affermato che la sparatoria è avvenuta “durante le riprese di una scena”. “Secondo gli investigatori sembra che la scena filmata abbia comportato l’uso di un’arma da fuoco quando è stata scaricata”, ha detto l’ufficio. “Gli investigatori stanno indagando su come e quale tipo di proiettile è stato scaricato”.

Hutchins si è laureato all’American Film Institute nel 2015 e ha lavorato a diversi cortometraggi prima di girare Archenemy, un lungometraggio del 2020 con Joe Manganiello. È stata nominata “stella nascente” da American Cinematographer nel 2019. “È una persona meravigliosa, positiva e creativa che era così entusiasta di sfondare e fare film”, ha detto Michael Pessah, un direttore della fotografia amico di Hutchins. Lesli Linka Glatter, presidente della Directors Guild of America, ha espresso le sue condoglianze a nome della gilda.

“La DGA è incredibilmente rattristata nell’apprendere della tragica scomparsa della direttrice della fotografia Halyna Hutchins e delle gravi ferite riportate dal regista della DGA Joel Souza in un incidente sul set nel New Mexico oggi”, ha detto. “Attendiamo ulteriori dettagli e un’indagine completa. I nostri cuori sono con la famiglia di Halyna, Joel e tutti coloro che sono stati colpiti”.

Fonte: Variety

 
 

Alec Baldwin ha rifiutato un film Marvel!

Alec Baldwin Alec e William Baldwin

Alec Baldwin ha detto di no ad un ruolo per un film targato Marvel. Detta così potrebbe sembrare una scelta del tutto scellerata, ma Baldwin ha le sue buone ragioni che non si è preoccupato di spiegare nello stravagante Howard Stern Show.

“Non ero disponibile per via della gravidanza di mia moglie e per questo motivo ho dovuto rinunciare a due film che avrei voluto girare questa estate”. Baldwin non ha svelato quale fosse il ruolo specifico che gli era stato proposto, ma ha parlato di una parte da “cattivo” per un film Marvel.

Considerando che la moglie di Baldwin dovrebbe essere attualmente intorno al sesto mese di gravidanza, il cerchio dei possibili film Marvel dove l’attore avrebbe potuto ricoprire un ruolo si stringe intorno a: The Amazing Spider-Man 2; Captain America: The Winter Soldier; X-Men: Giorni di un futuro passato; I Guardiani della Galassia. 

 

Fonte: Comicbookmovie

 

 
 

Alec Baldwin e l’armaiolo di Rust accusati di omicidio colposo, il SAG-AFTRA si oppone

Alec Baldwin Alec e William Baldwin

Alec Baldwin e l’armaiolo del set di Rust saranno accusati di omicidio colposo per la morte della direttrice della fotografia Halyna Hutchins nell’ottobre 2021. Baldwin ha sparato il colpo che ha ucciso Hutchins mentre si preparava a filmare una scena nell’edificio della chiesa del Bonanza Creek Ranch vicino a Santa Fe, NM. L’armaiolo, Hannah Gutierrez Reed, ha caricato l’arma.

Mary Carmack-Altwies, il primo procuratore distrettuale giudiziario di Santa Fe, ha annunciato le accuse in una dichiarazione giovedì. Baldwin e Gutierrez Reed affrontano ciascuno due capi di imputazione per omicidio colposo, ciascuno dei quali comporta una pena massima di 18 mesi di carcere. Saranno inoltre accusati di un potenziamento per l’uso di un’arma da fuoco che comporta una pena minima obbligatoria di cinque anni.

Il sindacato degli attori SAG-AFTRA ha rilasciato una dichiarazione con parole forti rimproverando la decisione di accusare Alec Baldwin di omicidio colposo nella morte del direttore della fotografia di Rust Halyna Hutchins, definendo la mossa “sbagliata e disinformata”.

“La morte di Halyna Hutchins è una tragedia, tanto più per la sua natura prevenibile”, afferma la dichiarazione, che è stata rilasciata giovedì. “Non è un fallimento del dovere o un atto criminale da parte di qualsiasi artista.”

Nell’ottobre 2021, Alec Baldwin ha sparato il colpo che ha ucciso Hutchins mentre la troupe di Rust si trovava all’interno di una chiesa nel Bonanza Creek Ranch vicino a Santa Fe, N.M. Il primo assistente alla regia del film, David Halls – che ha consegnato l’arma a Baldwin sul set – ha accettato di dichiararsi colpevole di un’accusa di uso negligente di un’arma mortale.

 
 

Alec Baldwin e Demi Moore di nuovo insieme per Blind

Alec Baldwin e Demi Moore saranno i protagonisti di Blind, film indipendente che vedrà Michael Mailer alla regia. Produttori del progetto, assieme allo stesso regista, anche Baldwin e Mallory Schwartz. Il film, che verrà girato a New York, racconta la storia di uno scrittore (Baldwin) che perde la vista in un incidente d’auto nel quale gli muore la moglie. Diversi anni dopo, riscopre la passione per la vita e per la scrittura quando si imbarca in una relazione con la moglie trascurata (Moore) di un uomo d’affari incriminato. Alla sceneggiatura del progetto, Diane Fisher e John Buffalo Mailer.

ilgiuratoBaldwin e la Moore ritornano a lavorare insieme dopo Il giurato di Brian Gibson del 1996. L’attrice apparirà a breve sul grande schermo assieme a Jessica Lange e Billy Connolly in Wild Oats di Andy Tennant. Vedremo presto al cinema anche Baldwin, che ha ben tre film in prossima uscita: Mission: Impossible – Rogue Nation di Christopher McQuarrie, Sotto il cielo delle Hawaii di Cameron Crowe e Concussion di Peter Landesman.

Fonte: Deadline

 
 

Alec Baldwin e Danny Glover nel cast di Andròn

Alec Baldwin e Danny Glover andronAlec Baldwin e Danny Glover entrano a far parte del cast di Andròn The Black Labyrinth, action sci-fi prodotto dall’AMBI Pictures Group. A capo del progetto in qualità di finanziatori, produttori e distributori ci sono Andrea Iervolino e Lady Monika Bacardi.

Dopo The Humbling, AMBI Pictures di Andrea Iervolino e Monika Bacardi presenta Andron, una co-produzione europea per la regia di Francesco Cinquemani. Nel cast accanto a Danny Glover, Alec Baldwin, ci saranno anche Gale Harlod e Clara Pasieka, protagonista dell’ultimo film di Cronenberg, astri nascenti come Leo Howard e Michelle Ryan, ma anche star prese in prestito dalla musica, come Skin e dalla moda, come l’indossatore Jon Kortajarena, visto in A single man.

Andron è un film di genere che si avvale di tecniche ed effetti speciali mai usati prima in un film italiano: la supervisione degli Effetti Speciali Visivi è affidata a Michael Kowalski, uno dei più grandi talenti di Hollywood, l’uomo che ha dato vita a The Amazing Spiderman, The Twilight Saga, Wolverine e The Incredible Hulk.

Di seguito la trama del film: Non ricordano come ci sono arrivati. Non ricordano nemmeno come si chiamano. Sono un gruppo di sconosciuti prigionieri di un labirinto misterioso e letale. Dovranno trovare le risposte, decifrare i segnali, capire i codici e affrontare un viaggio irto di pericoli per scoprire il segreto di Andron.

 
 

Alec Baldwin ancora con Woody

Woody Allen sembra aver gradito il lavoro compiuto con Alec Baldwin in occasione del suo ultimo film tanto da volerlo anche nel suo prossimo film. Il progetto, ancora senza nome, segnerà il ritorno di Allen alle ambientazioni americane, dopo il suo lungo peregrinare per l’Europa; le riprese sono previste per l’estate, tra San Francisco e New York. Al film dovrebbe partecipare, tra gli altri, Sally Hawkins, mentre sia Cate Blanchett che Bradley Cooper starebbero seriamente valutando la propria partecipazione.

Fonte: Empire

 
 

Alec Baldwin a Roma per Andròn The black labyrinth

alec-baldwinAlec Baldwin è atterrato ieri notte nella Capitale, e inizierà oggi le riprese, in una location ancora top secret, del thriller fantascientifico Andròn The black labyrinth diretto da Francesco Cinquemani e prodotto dalla Ambi Pictures di Andrea Iervolino e Monika Bacardi.

Nel cast internazionale ci sono anche Danny Glover, Gale Morgan Harold III, Clara Pasieka (interprete dell’ultimo film di David Cronenberg, Maps to the Stars) gli emergenti Leo Howard e Michelle Ryan, ma anche una star presa in prestito dalla musica, come Skin e dalla moda, come l’indossatore Jon Kortajarena, visto in A single man. Il film racconta la storia di un gruppo di prigionieri sconosciuti intrappolati in un misterioso e letale labirinto. Dovranno trovare le risposte, decifrare i segnali, capire i codici e affrontare un viaggio pericoloso per scoprire il segreto di Andròn. Il thriller ”si avvale di tecniche ed effetti speciali mai usati prima in un film italiano” si spiega in una nota.

La supervisione degli Effetti Speciali Visivi è affidata a Michael Kowalski (The Amazing Spiderman, The Twilight Saga, Wolverine e The Incredible Hulk).

 
 

Alè: il trailer del documentario di Soul Film

Il canale Youtube di Infinity Tv ha messo in rete il trailer di Alè, documentario disponibile sulla piattaforma a partire da agosto e realizzato dalla casa di produzione indipendente Soul Film.

Alè è la parola più usata nel mondo dell’arrampicata in Italia (ma anche in Europa), deriva dal francese “Allez”: è un incitamento giocoso, un grido corale, una preghiera auto-motivazionale in situazioni difficili.

Alé nasce dall’esperienza diretta degli ideatori: Giada pratica arrampicata da due anni, e, con Marco, è entrata in contatto con diverse realtà romane (e non). Da giovani addetti ai lavori, dopo aver conosciuto il mondo dei climbers, hanno divorato le produzioni che l’hanno raccontato: “Valley Uprising”, “Mountain” ma anche “A line across the Sky”.

Quello che sembrava interessante era il racconto del mondo degli arrampicatori non professionisti – coloro che non ne hanno fatto l’unica ragione di vita; ma che ne affrontano i rischi e ne colgono le meraviglie esattamente come i grandi sportivi.

Dietro al film c’è una piccola casa di produzione, la Soul Film. Abbiamo uno studio a Roma e siamo in quattro: Marco e Federico, rispettivamente regista e direttore della fotografia, nonché fondatori della realtà che presenta il progetto. Quello che, al liceo, sembrava un salto nel vuoto (se ritrovate il nostro primo logo coglierete tutta la consapevolezza del rischio) è diventata un’attività concreta. Si è unita Roberta centro della parte produttiva di ogni progetto. Giada, dèdita alla scrittura.

Confidiamo nel cinema, prima ancora che come mezzo d’espressione, come veicolo di pensiero. Crediamo nella volontà di fare gruppo, nella solidarietà tra realtà piccole. Non lasciamo indietro nessuno. E seppure obbligati a correre, crediamo nella lentezza di fare le cose: the slower you go, the more you see.

La sfida ai propri limiti nella consapevolezza della caduta, la pratica costante nel tentativo del miglioramento, lega il progetto Soul Film al mondo dell’arrampicata e lì dove riusciremo ad andare oltre il solo concetto di sport, potremo dire di aver raggiunto il nostro obiettivo.

 
 

Aldo, Giovanni e Giacomo sul set del nuovo film Il più bel giorno della nostra vita

Il più bel giorno della nostra vita
Gentile concessione di Medusa FIlm - Foto di Aliocha Merker ©

Dopo il successo di Odio l’Estate Aldo, Giovanni e Giacomo tornano al cinema con una nuova commedia corale, in uscita a Natale prossimo, con Il più bel giorno della nostra vita per la regia di Massimo Venier.

Nel cast del film Il più bel giorno della nostra vita, troviamo anche Antonella Attili, Elena Lietti, Lucia Mascino, Margherita Mannino, Giovanni Anzaldo, Pietro Ragusa e Roberto Citran.

Il più bel giorno della nostra vita, la trama

In una grande villa sul lago di Como tutto è pronto per celebrare il matrimonio di Elio e Caterina. Sarà il giorno più bello della loro vita e anche di quella dei loro genitori, soprattutto dei rispettivi padri, Giacomo e Giovanni. I due si conoscono dai tempi della scuola e hanno condiviso tutto: l’azienda di famiglia – la Segrate Arredi – gli affetti, le vacanze… Il matrimonio dei figli rappresenta il suggello più emozionante alla loro fraterna, indissolubile amicizia. Per questo non hanno badato a spese: tre giorni di festeggiamenti, un Cardinale a celebrare le nozze, vini di pregio, chef stellati… E a dirigere il tutto, un costosissimo maître che si fa chiamare “il Riccardo Muti del catering”.

Peccato che insieme a Margherita, l’ex moglie di Giovanni nonché madre della sposa, arrivi al matrimonio anche Aldo, il suo nuovo compagno. Simpatico, espansivo e soprattutto casinista in sommo grado, il nuovo arrivato si abbatte sul matrimonio come un tornado, infilando una serie di gaffes e incidenti esilaranti ma soprattutto costosissimi. Giacomo e Giovanni provano ad arginarlo in tutti i modi, ma sotto i colpi di Aldo si aprono delle crepe da cui affiora un malessere nascosto, destinato a mettere in discussione l’amicizia tra Giovanni e Giacomo, i loro matrimoni e non solo. E che costringerà tutti a fare i conti con i propri dubbi e con il coraggio che ci vuole per concedersi la felicità.

Soggetto e sceneggiatura DAVIDE LANTIERI, MICHELE PELLEGRINI, MASSIMO VENIER, ALDO GIOVANNI e GIACOMO, una produzione AGIDI DUE in associazione con MEDUSA FILM realizzata da AGIDI DUE , distribuzione MEDUSA FILM.

 
 

Aldo Giovanni e Giacomo sorpassano “Natale in Sud Africa”

La notizia di certo renderà giustizia almeno in parte ad un certo cinema di “qualità” o per lo meno non volgare, diseducativo e offensivo verso quella settima arte che ha dominato il secolo scorso e che si proietta come l’arte guida del nuovo secolo.

Come previsto da molti esperti del box office e dopo un serrato testa a testa, “La Banda dei Babbi Natale” ha sorpassato ieri “Natale in Sudafrica” realizzando 828.879 euro contro i 686.066 pur con una quarantina di copie in meno. Differenza resa tangibile anche dall’incasso medio per copia, 1.603 contro 1.232. A oggi il film con Aldo, Giovanni e Giacomo ha incassato 9 milioni 720 mila euro, “Natale in Sudafrica” 11 milioni 670 mila. Molto probabilmente questo risultato non permetterà ai tre comici di superare complessivamente il cinepanettone però di certo testimonia che per il loro film ci sia stato un generale passaparola che gli ha permesso, nonostante un minor numero di copie di superare giornalmente il film di De sica. Sintomo questo di un maggior apprezzamente da parte del pubblico.

Trailer del film: La banda dei babbi natale

Scheda del film con tutte le info: La banda dei babbi natale

 
 

Aldo Giovanni e Giacomo commessi per un giorno [video]

Aldo Giovanni e GiacomoPer un giorno il trio comico più famoso d’Italia veste i panni inusuali di tre commessi di supermercato. Nel video di QMI le reazioni della gente: c’è chi non li riconosce e si limita ad ordinare, chi capisce subito che si tratta di un gioco. Ma la reazione più stupefacente è quella di chi li riconosce ma pensa che i tre abbiano dovuto lasciare il mondo del cinema e abbiano cambiato lavoro. Per fortuna i tre riescono nelle diverse situazioni ad uscirne improvvisando con la loro contagiosa simpatia.

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Il video è stato realizzato da QMI in occasione dell’uscita del film Il ricco, il povero e il maggiordomo, prodotto da Agidi e distribuito da Medusa nelle sale dall’11 dicembre.

 
 

Aldo Braibanti: la vera storia dietro al film Il Signore delle Formiche

Aldo Braibanti storia vera

Dopo l’anteprima al Festival di Venezia, è arrivato in sala il nuovo film del regista Gianni Amelio, dal titolo Il Signore delle Formiche (qui la recensione). Interpretato da Luigi Lo Cascio ed Elio Germano, il film ripercorre il cosiddetto “Caso Braibanti“, ovvero il processo svoltosi a Roma sul finire degli anni Sessanta nel quale il poeta e mirmecofilo (ovvero uno studioso delle formiche) Aldo Braibanti venne accusato di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne.

L’uscita ha dunque riportato alla luce un episodio della storia italiana poco noto, ma ricco di retroscena politici, sociali e culturali, nonché legati ad una precisa volontà di punire la relazione omosessuale esistente tra Braibanti e il giovane studente, di nome Giovanni Sanfratello (nel film chiamato invece Ettore Tagliaferri). Il film, tuttavia, non è stato concepito per essere una riproposizione del tutto storicamente accurata degli eventi, prendendosi alcune libertà e soprattutto ricostruendo la vicenda in ordine non cronologico e attraverso l’intervento di più punti di vista.

Aldo Braibanti: la vera storia dietro al film Il Signore delle Formiche

Aldo Braibanti nasce a Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza, il 17 settembre 1922. Sin da giovanissimo si appassiona allo studio della natura e in particolare degli insetti sociali, tra cui le formiche, ma nutre un forte interesse anche per la poesia. Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci, Giovannni Pascoli e Gabriele D’Annunzio sono i suoi miti letterari. Oltre all’impegno culturale, però, Aldo crescendo inizia ad abbracciare sempre più una politica antifascista, ereditata dai suoi genitori. Negli anni del liceo, infatti, contribuisce a diffondere manifesti che invitano ad andare contro la dittatura fascista.

Finita la guerra, nel 1947, egli recide però ogni rapporto con la politica, concentrandosi unicamente sull’attività di letterato. Nei decenni successivi egli si occupa infatti non solo di dar vita alle sue prime opere come poeta ma anche di dar vita ad un laboratorio culturale divenuto celebre come quello di Castell’Arquato. Spostatosi poi a Roma negli anni Sessanta, inizia qui a lavorare anche in ambito teatrale insieme ad un altro celebre uomo di cultura quale Carmelo Bene. A Roma, però, Braibanti si avvale anche della collaborazione di Giovanni Sanfratello, un ragazzo appena ventenne affascinato dalla cultura del poeta e che si offre di aiutarlo nei suoi progetti.

Conosciutisi durante il laboratorio artistico di Castell’Arquato, i due decidono insieme di spostarsi a Roma, nonostante la contrarietà della famiglia di Giovanni, di natura profondamente conservatrice e fascista. Non sopportando la ribellione del figlio, il padre Ippolito il 12 ottobre 1964 presenta denuncia alla procura di Roma contro Braibanti con l’accusa di plagio. In pratica, Aldo Braibanti veniva accusato da Sanfratello di aver influenzato suo figlio e di avergli imposto le proprie visioni e i propri principi. In realtà, secondo gli storici, s’intendeva perseguire la relazione omosessuale dei due.

Il processo ad Aldo Braibanti

La denuncia nei confronti di Aldo Braibanti si riferiva in particolare all’articolo 603 del codice penale, il quale punisce con una reclusione da 5 ai 15 anni chiunque sottone un’altra persona al proprio volore in modo da ridurla in totale stato di soggezione. Mentre Braibanti veniva dunque portato in tribunale, Giovanni veniva invece letteralmente sequestrato dai suoi famigliari e trasferito per 15 mesi in un manicomio a Verona, dove subirà numerosi elettroshock. Nonostante ciò, quando sarà chiamato a testimoniare in tribunale, Giovanni difenderà il poeta, senza però ottenere risultati.

Ben più peso venne dato alle dichiarazioni di Piercarlo Toscani, un elettricista con cui Braibanti aveva avuto una relazione nei primi anni Sessanta. L’uomo accusò il poeta di averlo indottrinato politicamente e di avergli inculcato idee dannose. Il processo si concluse dopo quattro anni, nel 1968. Braibanti venne condannato a nove anni di reclusione, divenuti poi quattro. Di questi, due gli verranno però condonati in quanto Braibanti era stato partigiano della Resistenza.

Trentacinque anni dopo, in Emergenze, Aldo Braibanti dirà del processo: “quel processo, a cui mi sono sentito moralmente estraneo, mi è costato due nuovi anni di prigione, che però non sono serviti a ottenere quello che gli accusatori volevano, cioè distruggere completamente la presenza di un uomo della Resistenza, e libero pensatore, ma tanto disinserito dal mondo sociale da essere l’utile idiota adatto a una repressione emblematica. Purtroppo la colpevole superficialità di gran parte dei media ha cercato da allora di etichettarmi in modo talmente odioso che per reazione ho finito col chiudermi sempre più in un isolamento di protesta, fuori da ogni mercato culturale”

Aldo Braibanti Il Signore delle Formiche

Aldo Braibanti, dopo il processo

La condanna suscitò accese polemiche a livello internazionale. Dalla parte di Braibanti si schierarono i principali uomini di cultura, da Alberto Moravia a Pier Paolo Pasolini, e si evidenziò in particolare la profonda anomalia del reato contestato e della sua gestione da parte del sistema processuale italiano. Dal canto suo, Braibanti continuò la sua attività di poeta anche in prigione, componendo una raccolta dal titolo Le prigioni di stato. Uscito poi di prigione, egli riprende a suo modo attività culturali di vario tipo, mantenendo appunto sempre un profilo basso, tentende all’isolamento e lontano dalle logiche di mercato.

Gli ultimi anni di vita Aldo Braibanti li passa in miseria, con la sua storica casa romana che gli viene anche sfrattata. Egli tornerà dunque a Castell’Arquato, dove continuerà a vivere in ristrettezze economiche mentre cerca di portare a termine le sue ultime opere. Il 6 aprile del 2014, infine, all’età di 91 Braibanti muore. Il poeta aveva comunque avuto la soddisfazione di sopravvivere all’articolo che lo aveva condannato alla reclusione. Questo era infatti stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 96/1981.

 
 

Alden Ehrenreich: 10 cose che non sai sull’attore

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Scoperto dal regista Steven Spielberg all’età di 14 anni durante un bat mitzavah, Alden Ehrenreich si è in seguito costruito una filmografia di tutto rispetto, recitando per importanti autori del cinema. Formatosi come comico ma in seguito distintosi prevalentemente in ruoli drammatici, Ehrenreich è dunque divenuto un attore particolarmente richiesto, schivo ma attento alle proprie scelte, dalle numerose doti, molte delle quali ancora da scoprire.

Ecco 10 cose che non sai di Alden Ehrenreich.

Alden Ehrenreich: i suoi film e le serie TV

1. Ha recitato in celebri film. Il debutto cinematografico avviene per l’attore nel 2009, con il film Segreti di famiglia, diretto da Francis Ford Coppola, che tornerà a dirigerlo anche per Twixt (2011), con Val Kilmer. Successivamente recita in Beautiful Cretures (2013), Stoker (2013), con Mia Wasikowska, Blue Jasmine (2013), con Cate Blanchett e in Ave, Cesare (2016), con George Clooney. Prende poi parte a L’eccezione alla regola (2016), Il destino di un soldato (2017) ed è infine protagonista di Solo: A Star Wars Story (2018). Torna poi al cinema nel 2023 con i film Cacainorso, di Elizabeth Banks, e Oppenheimer, di Christopher Nolan.

2. Ha recitato anche in alcune serie TV. Oltre al cinema, Ehrenreich ha avuto modo di recitare anche per la televisione, specialmente all’inizio della sua carriera. Ha infatti inizialmente preso parte ad un episodio di Supernatural (2005) e ad uno di CSI: Crime Scene Investigation (2006). Tornerà sul piccolo schermo solo nel 2020, interpretando John il Selvaggio nella miniserie da 9 episodio Brave New World. Nel 2023 comparirà invece in Ironheart.

Alden Ehrenreich è Han Solo

3. È stato il primo attore a sostenere il provino per il ruolo. Per il ruolo di Han Solo nel film Solo: A Star Wars Story, Alden Ehrenreich è stato il primo attore a fare un provino per i registi Phil Lord e Christopher Miller. I due hanno poi dichiarato che, nonostante gli piacessero anche molti altri attori con cui leggevano la parte, sempre più spesso si trovavano a dirsi che il primo candidato rimaneva il migliore. Alla fine Ehrenreich ha dunque ottenuto il ruolo per cui è divenuto celebre.

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4. È un grande fan del personaggio. Ehrenreich non ha mai nascosto di essere un grandissimo fan del personaggio di Han Solo, rivelando di possedere anche una collezione di giocattoli vintage a lui dedicati. Molto devoto al personaggio e intenzionato ad essere credibile in tali panni, Ehrenreich ha raccontato di aver studiato approfonditamente la console di guida del Millennium Falcon, così da sapere perfettamente a cosa corrispondesse ogni comando e avere perfetta padronanza dell’astronave.

Alden Ehrenreich in Supernatural

5. Ha recitato in un episodio della serie. Il debutto come attore di Ehrenreich si ha grazie alla serie Supernatural, dove recita nel secondo episodio della prima stagione, intitolato Wendigo, dove interpreta Ben Collins, fratello dello scomparso Tommy, rapito da un Wendigo, una creatura mostruosa che per vivere si ciba di carne umana. Nel corso dell’episodio, dunque, Ben aiuterà i fratelli Dean e Sam, protagonisti della serie, a individuare e sconfiggere l’orripilante creatura.

Alden Ehrenreich in Ironheart

6. Reciterà nell’attesa serie Marvel. Nel corso del 2023 verrà rilasciata su Disney+ la serie Ironheart, basata sull’omonimo personaggio interpretato da Dominique Thorne e già comparso in Black Panther: Wakanda Forever. Accanto alla Thorne, tra gli altri, comparirà anche Ehrenreich, in un ruolo però ancora non svelato. L’attore ha infatti dichiarato di non poter rivelare nulla a riguardo e che il suo personaggio dovrà rimanere segreto il più a lungo possibile per preservare l’effetto sorpresa.

7. Ha amato il set della serie. Ehrenreich non si è sbilanciato circa l’identità del proprio personaggio, ma ha potuto raccontare qualcosa riguardo il set della serie, descrivendolo come particolarmente entusiasmante. L’attore ha infatti descritto il tutto come grande ma anche personale, affermando che proprio tale aspetto ha reso il tutto più divertente, facendogli provare gioia nell’essere parte di un progetto simile.

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Alden Ehrenreich non è su Instagram

8. Non è presente sul social network. L’attore ha scelto di non essere presente con un proprio profilo sul social network Instagram, così da tenersi alla larga dalle insidie che questo può portare con sé. Ehrenreich ha infatti affermato di non gradire la sovraesposizione mediatica né alcune dinamiche basilari del social. I suoi fan, tuttavia, possono ritrovare sulla piattaforma diverse fan page a lui dedicate, così da rimanere sempre aggiornati riguardo le novità relative all’attore.

Alden Ehrenreich: chi è la sua fidanzata?

9. È molto riservato. Come testimonia la sua volontà di restare lontano da piattaforme come Instagram, Ehrenreich è molto restio a condividere dettagli sulla propria vita personale. Ad esempio, non è noto se egli sia attualmente impegnato o meno in una relazione. Sembra essere certo il suo non essere sposato, ma stando ad alcuni rumor sarebbe invece impegnato in una relazione di lunga data con l’attrice Kelsey McNamee. I due non hanno però mai confermato tale relazione e non sono mai apparsi insieme in eventi pubblici.

Alden Ehrenreich: età e altezza

10. Alden Ehrenreich è nato il 22 novembre del 1989 a Los Angeles, in California, Stati Uniti. L’attore è alto complessivamente 1,78 metri.

Fonte: IMDb

 
 

Alden Ehrenreich si unisce al cast dell’horror Weapons

Alden Ehrenreich (Fair Play) è la nuova aggiunta al cast di Weapons, il thriller horror prodotto da New Line dello sceneggiatore-regista Zach Cregger.

Mentre i dettagli sulla trama del film e sul ruolo di Alden Ehrenreich sono per ora nascosti, l’attore si unisce a un cast che comprende anche Julia Garner e Josh Brolin.

I dettagli della trama non sono stati al momento resi noti, ma Weapons è descritto come un’epopea horror a più livelli interconnessa e ricorda dal punto di vista dei toni Magnolia del regista Paul Thomas Anderson. I dettagli del personaggio per Pascal non sono stati rivelati. Le riprese dovrebbero iniziare in autunno.

Weapons è stato oggetto di un’intensa guerra di offerte a gennaio, quando gli studi e gli streamer di Hollywood hanno combattuto per avere la possibilità di lavorare con Cregger, il cui Barbarian, prodotto per soli 4,5 milioni di dollari, è diventato un successo non solo di pubblico e di critica ma anche all’interno della stessa industria. La New Line ha vinto l’asta che si è venuta a creare concludendo un accordo che includeva, tra le altre clausole, un via libera garantito e un’uscita nelle sale garantita.

Alden Ehrenreich è reduce dall’acclamato dramma romantico di Chloe Domont Fair Play, che Netflix ha acquistato dopo il suo debutto al Sundance, e da Oppenheimer di Christopher Nolan, vincitore del miglior film agli Oscar. Sempre nel 2023, l’attore ha recitato in Cocainorso di Elizabeth Banks per la Universal, al fianco di Keri Russell e del compianto Ray Liotta.

 
 

Alden Ehrenreich potrebbe riprendere il ruolo di Han Solo nel film di Star Wars di Dave Filoni

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Alla Star Wars Celebration, abbiamo appreso che lo showrunner di Ahsoka, Dave Filoni, dirigerà il suo film di Star Wars ambientato nello stesso periodo post-Ritorno dello Jedi delle serie TV Disney+ come The Mandalorian e Skeleton Crew. Tale film, ancora senza titolo, dovrebbe servire come culmine delle storie attualmente raccontate nelle varie serie, anche se potrebbe non essere necessariamente una conclusione definitiva, considerando che per The Mandalorian è ad esempio già stata annunciata una quarta stagione.

Una serie di altri indizi hanno spinto poi a credere che questo film sarà un libero adattamento della trilogia “Heir to the Empire” di Timothy Zahn. Chi ha letto quei romanzi saprà che in essi si racconta di Luke Skywalker, Han Solo e la Principessa Leia che si scontrano l’ingegno e la malvagità del Grandammiraglio Thrawn, uno squilibrato Jedi Oscuro, che sembra sarà il villain proprio del film di Filoni. Ulteriore conferma di questa ipotesi arriva ora da SFFGazette.com, dove si afferma che Alden Ehrenreich potrebbe riprendere il suo ruolo di Han Solo per il film.

L’attore aveva indossato i panni del celebre bracconiere (interpretato da Harrison Ford nella trilogia originale e in quella sequel) per il film spin-off Solo: A Star Wars Story, del 2017. Si dice inoltre che una nuova attrice potrebbe essere scelta per interpretare la Principessa Leia, mentre non vi sono notizie riguardo ad una possibile presenza di Luke Skywalker e su chi, eventualmente, lo interpreterà. Si tratta al momento di rumor assolutamente non confermati, ma è certo che se anche solamente Han Solo dovesse comparire, ciò renderebbe il film ancor più vicino all’essere un adattamento di “Heir to the Empire”.

Star Wars, quello che sappiamo sul film di Dave Filoni

Filoni, si potrebbe sostenere, ha negli ultimi anni lavorato quasi quanto il creatore del franchising George Lucas nel plasmare il nuovo l’universo di Star Wars. Egli è il produttore e regista dietro il grande successo The Mandalorian e delle serie animate The Clone Wars, Star Wars: Rebels e Star Wars: The Bad Batch. Il suo progetto di lungometraggio si concentrerà ora sulla Nuova Repubblica e “chiuderà” le storie interconnesse che vengono raccontate in queste serie, ma anche in The Book of Boba Fett e Ahsoka. Un progetto dunque particolarmente ambizioso, nel quale confluiranno più storie per un epico gran finale. Molto probabile dunque che tra i protagonisti ritroveremo anche il Mandaloriano Din Djarin di Pedro Pascal e il tenero Grogu.

Filoni ha poi confermato che sarà coinvolto nel processo di scrittura, anche se non può dire quando inizieranno le riprese. Molte delle storie proposte nel corso degli anni da Filoni troveranno dunque compimento con questo annunciato film, attualmente ancora senza titolo. L’ambientazione, però, sembra essere confermata per quel periodo di tempo che va da Il ritorno dello Jedi a Il risveglio della forza, circa trent’anni poco esplorati durante i quali la Nuova Repubblica ha ristabilito la pace nella galassia, con le forze del male pronte però a riprendere il potere con quello che poi si rivelerà essere il Primo Ordine.

 
 

Alcune immagini del Trailer di Cowboys & Aliens

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E’ spettacolare il TRAILER di Cowboys & Aliens l’attesissimo film del regista di Iron Man Jon Favreau con protagonisti Daniel Craig, Harrison Ford e la bella Olivia Wilde.

 
 

Alcatraz in dvd dal 15 Maggio 2013

Alcatraz-dvdArriva in edizione DVD grazie a Warner Home Video la serie completa di Alcatraz, una delle serie tv più amate degli ultimi anni. Un mix di azione e mistero per uno show mozzafiato che vanta il genio di J.J. Abrams (Fringe, Lost) come produttore esecutivo.  L’Edizione Home Video, in vendita dal 15 maggio, comprende tutti i 13 episodi della serie completa e in più un affascinante approfondimento sulla celebre prigione con filmati e foto d’archivio, oltre ad interviste ai membri del cast, ai creatori della serie, a ex-guardie e detenuti.

Inoltre, tra gli imperdibili extra, le scene inedite e le gag.  

alcatraz_dvsTRAMA:

Nel 1963 tutti i detenuti del Penitenziario federale dell’isola di Alcatraz vennero trasferiti. O almeno questa è la versione ufficiale. Ora i peggiori criminali d’America – noti come i 63 – hanno fatto ritorno nelle strade di San Francisco per replicare i loro crimini orrendi. Toccherà ad una fuoriclasse come la detective Rebecca Madsen e all’esperto di Alcatraz Diego “Doc” Soto collaborare con l’agente dell’FBI Emerson Hauser e con la dottoressa Lucy Banerjee per scoprire perché i 63 sono tornati e per portare alla luce una minaccia molto più spaventosa.

INFORMAZIONI SUL PRODOTTO DVD

TITOLO ALCATRAZ – LA PRIMA STAGIONE COMPLETA
CAST Sarah Jones,  Sam Neill, Jorge Garcia,  Parminder Nagra, Jonny Coyne, Jason Butler Harner, Robert Forster
GENERE Sci-Fi, Crime
ANNO 2012
DURATA 540 minuti ca.
FILM Video: 16×9 FF

Audio: Italiano 2.0, Tedesco 2.0 (2.0 Dolby Digital), Inglese (5.1 Dolby Digital)

Sottotitoli: Portoghese, Turco, Italiano per non udenti, Tedesco per non udenti,

Inglese per non udenti.CONTENUTI SPECIALI++– Alcatraz: l’isola degli intrighi – Un affascinante approfondimento sulla celebre prigione che comprende filmati e foto d’archivio, oltre ad interviste ai membri del cast, ai creatori della serie e ad ex-guardie e detenuti.

– Scene inedite

– Le gag

** Audio e Sottotitoli vari.

 
 

Alcarràs – L’ultimo raccolto, recensione del film di Carla Simón

Esce oggi nelle sale italiane Alcarràs, film della regista Carla Simòn con Jordi Pujol Dolcet e Anna Otin protagonisti. Vincitore dell’Orso d’oro alla  72esima edizione della Berlinale, la pellicola è distribuita da I Wonder Pictures.

L’estate dell’ultimo raccolto

Campi estesi e piantagioni, questa è la cornice che muove la trama di Alcarràs. Tre bambini si divertono all’interno di un’auto abbandonata, immaginando una nuova avventura, ma il disperato mondo degli adulti interrompe il gioco: i membri della famiglia Solé si rendono conto che non potranno più coltivare il terreno dei Pinyol, e i frutteti di pesco di cui si occupano da generazioni. Senza documenti che legalizzino la presunta cessione del terreno fatta dal nonno, l’erede Pinyol ha deciso di vendere il terreno a un’azienda energetica per installarvi sopra pannelli solari, redditizi e sostenibili. Quest’estate è dunque l’estate dell’ultimo raccolto per i Solé.

Un approccio introduttivo in tre sequenze risolve rapidamente la trama principale del film. Il resto dei 120 minuti di Alcarràs sono il cammino estivo verso quella fine annunciata troppo presto, che sembra inevitabile ma che nessuno vuole accettare. Il secondo lungometraggio di Carla Simón (Verano 1993) si avvicina alla famiglia Solé durante questi mesi di agonia. La possibilità della caduta in un abisso rovinoso si apre per ciascuno di loro, che vuole dare un senso a questo crepuscolo a partire dalla propria esperienza e dal proprio ruolo all’interno di quello che si configura come un vero e proprio clan: c’è chi si sottrae per scelta o perché non riesce a capire, chi si arrabbia e chi rimane calmo, chi cerca vie d’uscita e chi mantiene una cieca fedeltà, chi si preoccupa e chi si rammarica.

Un film che pianta un seme collettivo

Carla Simón traduce in immagini ciò che molti cineasti neorealisti – e i loro magnifici eredi, dall’Ermanno Olmi de L’albero degli zoccoli all’Alice Rohrwacher de Il paese delle meraviglie – hanno incessantemente perseguito: la verità, questa volta di uno spazio e di un tempo di cambiamento, che riguarda e si rivolge alla collettività, senza tuttavia lasciare mai incolto il seme dell’individuo. La macchina da presa, sembra suggerirci Simòn, è sempre in grado di scrutare qualcosa che l’occhio umano non riesce a percepire e, in questo modo, riesce a raggiungere anche una certa essenza della vita, un momento sacro che esplode come un’epifania. Epifania che ha incontrato il gusto e il cuore di M. Night Shyamalan, presidente di giuria a Berlino 72, che ha premiato Alcarràsper le sue straordinarie interpretazioni, da attori bambini ad attori ottantenni, per la sua capacità di mostrare la tenerezza e la comicità della famiglia e della sua lotta, e per il ritratto della nostra connessione e dipendenza dalla terra che ci circonda“.

Il testo di Alcarràs può essere letto da molti punti di vista: come rivendicazione dell’identità di un mestiere, quello del contadino tradizionale, che si identifica con la terra e i suoi frutti; come ritratto organico e vivace, scevro da manicheismi, della crisi di una famiglia provocata da un dilemma morale; come riflessione sul progresso che cancella le tracce della Storia; in sostanza, su uno spaccato di vita che pulsa e respira attraverso i volti di attori non professionisti, protagonisti del documentario di un’estate che riserva loro un futuro incerto.

La famiglia come spazio per ricostruire il futuro

Il film riunisce tutte queste prospettive individuali e le lega al filo invisibile del nucleo familiare, ultima barriera di fronte a un sistema economico che ne divora i membri perché li considera già perduti. È in questo spazio ridotto, scoraggiante ma pulsante di calore, perché condiviso con i propri cari, che Alcarràs coinvolge irrimediabilmente. Non per costruire un muro di semplice resistenza, quasi di reazione, ma per piantare un seme sul cui futuro, e raccolto, vogliamo e dobbiamo costruire insieme, per renderlo meno minaccioso. Alcarràs ci avvicina, dal territoriale e con i suoi attori non professionisti, a quello spazio in cui il cinema sembra toccare la vita e le sue crepe che, per quanto spaventose appaiano, siamo chiamati a ricostruire insieme come pubblico.

Per quanta sofferenza possa causare la perdita di un terreno perché il proprietario vuole installarvi dei pannelli solari, c’è comunque il piacere del lavoro comunitario, delle riunioni di famiglia con le lumache alla griglia come piatto forte, dei giochi dei bambini negli orti dei vicini. Ognuno in famiglia ha le sue ragioni, sembra dirci Simòn e, in ogni discussione, c’è un’emozione diversa, che questo film generoso condivide con lo spettatore senza chiedere nulla in cambio. Ogni membro della famiglia necessita, in questo senso, di riprese cucite su misura, di un aspetto e una voce ben distinguibili, senza gerarchia alcuna, sempre disposti nel quadro con luminosa chiarezza.

Sebbene abbia molti punti in comune con Verano 1993 – nel suo meraviglioso approccio alla psicologia infantile, ad esempio – Alcarràs è più ambizioso e lascia respirare ampiamente il soggetto narrativo, mai incastonandolo nel limite della prospettiva unica. Piuttosto, riprende le fila del cortometraggio Correspondencia, che Simòn ha firmato a due mani con Dominga Sotomayor, dove c’è già l’idea che le nostre vite, i nostri progetti, sono in qualche modo attraversati dal contesto socio-economico e, in ultima analisi, sempre politico in cui viviamo. Nella cornice di Alcarràs, sostenuta dagli echi della sua personalissima storia, Carla Simón si libra nelle sue virtù registiche: gira con precisione e passione, paziente nel raccogliere la verosimiglianza dei simboli di un’estate, per testimoniare l’ingiustizia di un sistema che cerca solo la redditività economica.