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Emma Watson in My Week with Marilyn

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Emma Watson in My Week with Marilyn

La saga di Harry Potter volge al termine, e persino l’unica tra i protagonisti del film che finora ha dedicato i suoi sforzi recitativi solo alla serie che gli ha regalato fama e denaro è stata costretta a guardarsi intorno.

Emma Watson ha deciso così di entrare nel cast di un film da tempo annunciato, My Week with Marilyn, basato sulle memorie di Colin Clarke, assistente di Laurence Olivier sul set de Il principe e la ballerina. Nel film, che vede confermati Michelle Williams nel ruolo della diva e Kenneth Branagh in quelli di Olivier, la Watson avrà una parte non di primissimo piano: quella di una giovane assistente costumista che lavorava sul set del film intorno a cui ruotano tutte le vicende raccontate.

Edward Norton sogna Christopher Nolan

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edword norton

Considerando i magri risultati di L’incredibile Hulk, Edward Norton ha dichiarato di non provare alcun risentimento nei riguardi della Marvel, che l’ha estromesso come interprete di Hulk in The Avengers.

Harry Potter e i doni della morte: i figli di Ron e Harry

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Harry Potter e i doni della morte: i figli di Ron e Harry

Ecco online nuove immagini dei bambini che vedremo nell’Epilogo di Harry Potter e i Doni della Morte: Parte II. Ecco i piccoli attori scelti per le scene ambientate a King’s Cross…

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

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Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare Lo Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

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Boicottamento The Hobbit, parla Peter Jackson

Dopo l’invito dell’Federazione Internazionale degli Attori verso i propri membri a boicottare The Hobbit, Peter Jackson ha rilasciato una caustica dichiarazione spontanea sulla questione – ricordiamo che l’IFA pretende che gli attori neozelandesi (che non fanno parte dell’Unione) svolgano collettivamente le trattative per i loro contratti di lavoro nello Hobbit (aderendo di fatto all’Unione).

Jackson, oltre a contestualizzare l’intera situazione, sottolinea che le richieste dell’IFA sono impossibili da soddisfare per motivi squisitamente legali, e che l’insistenza da parte dell’organizzazione potrà causare solo due cose: l’annullamento dello Hobbit o, più probabilmente, lo spostamento di riprese e produzione nei Paesi dell’Est Europeo. Uno smacco per l’industria cinematografica neozelandese, e un danno gravissimo per l’occupazione (anche australiana, vista la partecipazione diretta di molti australiani nelle produzioni neozelandesi).

Oltretutto, Jackson prefigura un incidente diplomatico tra Australia e Nuova Zelanda, sospettando una palese ingerenza del sindacato degli attori australiano (MEAA) nella piccola organizzazione di attori neozelandese NZ Equity, che si propone come interlocutore per le trattative collettive.

qui sotto alcuni passaggi della lunga e interessante lettera di Jackson, rimandandovi a www.hobbitfilm.it per la lettura completa.

L’unione dei lavoratori australiani MEEA sta strumentalizzando la nostra produzione Lo Hobbit nel tentativo di ampliare la propria base di iscritti, e il proprio potere all’interno dell’industria cinematografica Neozelandese. Come regista Neozelandese, che non ha nulla da nascondere o di cui vergognarsi, non rimarrò in silenzio a guardare continuare questo comportamento minaccioso senza discutere in maniera sensibile dei “fatti” e della “verità” dietro alle varie accuse.

Dietro alle accuse di sfruttamento degli attori chiamati a partecipare alla produzione “estranea all’Unione” dello Hobbit, e all’annuncio che numerose star di alto profilo si rifiuteranno di comparire nei film, ci sono delle strategie molto chiare in movimento. Come sempre in questi casi, sono tutte basate sul denaro e sul potere.

Lasciatemi elencare una serie di fatti:

Parlando a titolo personale, non sono affatto contro i sindacati. Sono un membro orgoglioso di ben tre unioni sindacali americane, la Directors Guild, la Producers Guild e la Writers Guild. Supporto la Screen Actors Guild (unione sindacale degli attori di Hollywood, ndt). Tutte queste organizzazioni – non sono molto sicuro di conoscere la differenza tra “Guild (sindacato)” e “unione” – fanno un grandissimo lavoro nell’interesse dei propri membri.
* jackson(…) Per Lo Hobbit la Warner Bros. ha accettato di creare un fondo separato nel quale verrà accumulata una parte dei profitti, che verrà divisa tra tutti gli attori non-SAG. Questo non è stato fatto a causa di pressioni da parte dei sindacati o dell’Unione: è stata la Warner a proporsi educatamente, e gli attori Neozelandesi e Australiani saranno quelli che otterranno il beneficio principale. I membri della SAG hanno la loro percentuale, e i non-SAG hanno la loro. E’ uno schema che abbiamo presentato agli agenti degli attori Neozelandesi, e che fa parte dei nostri contratti attuali per il cast dello Hobbit.
* Qualsiasi danno stia tentando di farci la MEAA – e ne farà, visto che è il loro obiettivo principale, colpendo Lo Hobbit – noi continueremo a trattare i nostri attori e la nostra troupe con rispetto, come abbiamo sempre fatto.
* (…) Inizia tutto con la “NZ Actors Equity”. E’ una piccola organizzazione che rappresenta una minoranza di attori Neozelandesi. Non sono una Unione sindacale, e non hanno mai avuto lo status legale di una Unione. Dai report a mia disposizione, si tratta di 100 o 200 membri.
* (…) la NZ Actors Equity rappresenta 200 attori su 2000 attori neozelandesi, cioè il 10%. (…) Recentemente sono stati finanziati dalla MEAA.
* (…) A quanto mi risulta, ora la NZ Actors Equity è confluita nella MEAA, il che significa che l’organizzazione sindacale australiana MEAA rappresenta 200 dei nostri 2000 attori Neozelandesi. Non credo rappresenti gli attori non-Equity. Parla quindi per voce di una minoranza dei nostri attori.
* (…) Sono anche sempre più adirato sapendo che questa piccola minoranza stia mettendo in pericolo un progetto cui hanno lavorato centinaia di persone negli ultimi due anni, e al quale migliaia di persone lavoreranno nei prossimi quattro anni. Le centinaia di milioni di dollari della Warner Brothers che verranno spesi nella nostra economia.
* (…) La MEAA chiede che la casa di produzione dello Hobbit (la 3foot7 Ltd, di proprietà della Warner Bros.) entri in trattative per un unico contratto, negoziato dall’Unione, che includa tutti gli attori del film.
* Scusate, ma ho un piccolo problema con le organizzazioni che rappresentano una minoranza ma cercano di prendere il controllo di tutti quanti – ma non è questo il vero prolema. La complessa rete di leggi sul lavoro in Nuova Zelanda sono la vera ragione per cui questa richiesta non verrà mai soddisfatta.
* La legge neozelandese, infatti, vieta che si tengano trattative con organizzazioni che rappresentano i performer, in quanto questi sono considerati dei contractor indipendenti. Il NZ Commerce Act sostiene che sarebbe fuorilegge mettersi a trattare con una unione australiana su questioni simili.

Le teorie cospirazioniste sono numerose, quindi scegliete quella che preferite: noi abbiamo fatto meglio di loro negli ultimi anni, attirando produzioni internazionali – e gli Australiani preferirebbero avere una fetta più grande della torta, iniziando dallo sfruttare Lo Hobbit per avere più controllo sulla nostra industria cinematografica. Una logica malata che vedrà la Nuova Zelanda umiliata sul piano mondiale, perdendo Lo Hobbit, il quale finirà per essere girato in Europa dell’Est. La Warner risparmierebbe soldi e avrebbe un successo finanziario, convincendo altri studios a stare lontani dalla Nuova Zelanda.

L’impressione però è che veniamo attaccati perché siamo un bell’obbiettivo, grasso e allettante. Ma non abbiamo ancora nemmeno avuto il via libera alla produzione! E’ come se i grossi cugini Austaliani ci stessero lanciando la sabbia negli occhi. O, per metterla in un altro modo, gli opportunisti rovinano il nostro film per il loro interesse politico.

Peter Jackson

(NB: Questo comunicato rappresenta l’opinione di Peter Jackson come regista Neozelandese, non l’opinione della Warner Bros. e della New Line Cinema, che non sono state ancora consultate a riguardo).

La Passione: recensione del film di Carlo Mazzacurati

La Passione: recensione del film di Carlo Mazzacurati

La Passione di Carlo Mazzacurati arriva nelle sale italiane dopo la partecipazione in Concorso alla 67° Mostra del Cinema di Venezia. Si tratta di una commedia dal buon ritmo, protagonista Silvio Orlando nei panni di Gianni Dubois: un regista di mezza età in crisi creativa, alle prese con due problemi: deve trovare in fretta un’idea per un film da girare con una giovane attrice di fiction (Cristiana Capotondi) – potrebbe rappresentare la svolta della sua carriera, mai decollata.

A ciò si aggiunge un increscioso inconveniente nella sua casa in Toscana: una perdita nel bagno danneggia un affresco del ‘500 nell’attigua chiesa del paese. Dubois è costretto quindi a lasciare Roma per recarsi in Toscana, dove il sindaco (Stefania Sandrelli) e l’assessore (Marco Messeri) minacciano di denunciarlo ai Beni Culturali, a meno che non accetti di dirigere la Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo, da organizzare in pochi giorni. Gli verrà in soccorso un ex carcerato di nome Ramiro (Giuseppe Battiston), estimatore di Dubois e con una grande passione per il teatro. Nonostante un susseguirsi di imprevisti dai risvolti comici, che li vedranno alle prese, tra l’altro, con un attore di pessima qualità ma di buona memoria (Corrado Guzzanti), cui affideranno il ruolo del Messia, la Sacra Rappresentazione andrà in scena e otterrà un buon successo. In più, qui Dubois incontrerà una giovane barista polacca (Kasia Smutniak), attorno alla quale costruirà la trama del suo nuovo film.

La Passione, il film

Dunque un nuovo inizio, una sorta di resurrezione anche per Dubois, che arriva proprio quando il destino sembrava accanirsi contro di lui e contro l’altro personaggio che vorrebbe risorgere dalle ceneri del proprio passato: Ramiro. La vita sembra infatti riportare l’ex ladro sul binario che voleva abbandonare, ma avrà il suo riscatto. Dunque, gli ingredienti paiono essere quelli che avevamo già trovato e apprezzato dieci anni fa in “La lingua del Santo” – anche lì seguivamo la tragicommedia dei due protagonisti, ladri improvvisati che la ricca società padovana aveva relegato ai margini. Tutto avrebbe potuto funzionare alla perfezione, sennonché  qui ci si muove spesso su un registro parodistico-caricaturale. L’attore Manlio Abbruscati, interpretato da Corrado Guzzanti,  ne è l’emblema: è un personaggio dai toni macchiettistici, lo stesso tipo di macchietta che Guzzanti ottimamente interpreta in teatro ma che, trasposta al cinema, non ha la stessa efficacia. Alcune situazioni appaiono forzate, ai limiti del surreale, senza però che si faccia una scelta chiara in questa direzione.

Al contrario, ai toni da parodia in La Passione si mescola la mimesi realistica, generando nello spettatore un senso di straniamento. I meccanismi comici, poi, sono spesso reiterati e ciò li rende poco incisivi. In questa chiave parodistica, l’analisi sociale è più suggerita che approfondita. Bersaglio di Mazzacurati sono i mali italiani: le istituzioni, che per prime utilizzano la logica del favore e del ricatto, i servizi al cittadino che non funzionano, e soprattutto, il mondo del cinema, che appare imbrigliato in logiche commerciali, senza spazio per la creatività; un cinema che vuole competere col successo di massa delle fiction televisive e non lo fa mantenendo la sua specificità, ma conformandosi al modello proposto dalla TV. Il risultato è, però, meno efficace che in “La lingua del Santo”, in cui ironia e leggerezza accompagnavano, senza banalizzarla né sovrastarla, una riflessione sulla dimensione sociale ed esistenziale, conferendo levitas alla materia trattata. Il regista sceglie qui un registro più spiccatamente comico, a tratti farsesco, nel quale però non sembra trovarsi molto a suo agio.

Ricco il cast di La Passione: accanto a Silvio Orlando, già scelto da  Mazzacurati nel ’92 per “Un’altra vita”, Giuseppe Battiston, che ben interpreta il personaggio forse più complesso del film, confermandosi come una sicurezza del nostro cinema. E poi Stefania Sandrelli, di nuovo in coppia con Marco Messeri, dopo La prima cosa bella di Virzì. Produzione affidata a Domenico Procacci e Fandango, in collaborazione con Rai Cinema.

Guillermo del Toro e DreamWorks Animation

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Del_Toro

Guillermo del Toro collaborerà con la DreamWorks Animation per i prossimi mesi: il regista ha messo mano a Megamind, e sta sviluppando Trollhunters, che realizzerà in animazione!

Box Office ITA 27/09/2010

Inception debutta al primo posto al box office italiano, con un risultato non particolarmente esaltante, al contrario di quanto avvenuto nelle scorse settimane nel resto del mondo. Buon esordio per L’ultimo dominatore dell’aria al secondo posto, mentre La passione non riesce a imporsi su Mordimi.

Finalmente, dopo lunghe settimane di attese, Inception è arrivato in Italia e, come prevedibile, ha immediatamente guadagnato la prima posizione al botteghino; i 2,6 milioni di euro incassati tuttavia non rappresentano un risultato eccezionale, considerando le 600 sale in cui è stato lanciato il film, e le attese dei fan di Nolan. Bisogna anche riconoscere che lo spettatore medio del nostro Paese non è spesso attirato da pellicole cerebrali e impegnative a livello intellettuale, anche quando si parla del film dell’anno, come nel caso di Inception, in grado di incassare oltre 750 milioni di dollari worldwide. Ma indubbiamente il film dell’acclamato Christopher Nolan, che ha presenziato a una conferenza stampa a Roma nei giorni scorsi, potrà beneficiare del passaparola positivo.

L’ultimo dominatore dell’aria esordisce al secondo posto con 2,1 milioni, un buon risultato benché affatto brillante: nel totale occorre considerare la somma di 1,7 milioni ottenuta con le copie in 3D, anche se in questo caso si parla del 3D più massacrato dell’anno.

Mordimi regge in terza posizione ottenendo altri 987.000 euro e arrivando a quota 3,4 milioni; la commedia parodistica sta dimostrando un’ottima performance in Italia, considerando il genere.
Segue l’altra new entry, La passione: il film italiano presentato all’ultima Mostra di Venezia ha raccolto 810.000 euro.

Mangia, prega, ama scende in quinta posizione con altri 779.000 euro arrivando a 2,6 milioni complessivi; anche in Italia il film con Julia Roberts non sta affatto riscuotendo il successo vagheggiato in partenza.

Sesto posto per Sharm el Sheikh – Un’estate indimenticabile, giunto a 2,4 milioni con altri 723.000 euro; segue La solitudine dei numeri primi, che sfiora i 3 milioni totali con i 338.000 euro raccolti nel suo terzo weekend.

Shrek e vissero felici e contenti scende all’ottava posizione, con oltre 16,5 milioni totali e 316.000 euro incassati negli ultimi tre giorni. Cani e gatti: La vendetta di Kitty 3D ottiene altri 304.000 euro e supera il milione totale, confermandosi un flop.
Chiude la top10 Resident Evil Afterlife 3D, che con altri 302.000 euro arriva a 3,8 milioni complessivi.

L’Illusionista: recensione del film di Sylvain Chomet

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L’Illusionista: recensione del film di Sylvain Chomet

A pochi registi capita di vedere realizzato un proprio lavoro post mortem. E’ questo quello che è capitato con una sceneggiatura sepolta di Jacques Tati, L’Illusionista, disegnata e portata sullo schermo da Sylvain Chomet il regista nominato agli Oscar per Appuntamento a Belville.

L’Illusionista, il film

La storia è quella di un vecchio Illusionista che asta perdendo il suo pubblico a causa delle nuove generazioni che scoprono il rock e perdono la fascinazione per i trucchi di magia In un mondo in cui anche i bambini vogliono che il trucco sia svelato, l’illusionista incontra Alice, una ragazzina che lo seguirà e che crederà sempre, fino alla fine, che la sua magia è vera. Si tratta di un cartone animato old-fashion per una generazione abituato alla perfezione dell’animazione digitalizzata e ai colori sgargianti, ma il regista vuole dare esattamente l’effetto di animazione anni ’60, imperfetta e imprecisa ma per questo poetica.

Tuttavia il film scivola nella banalità e per quanto le premesse fossero nobili (si tratta infatti di una sceneggiatura che Tati scrisse pensando al difficile rapporto con la figlia) la storia non decolla, trasmettendo solo una profonda tristezza per le sorti del vecchio illusionista e un astio non troppo velato verso la ragazza che si dimostra ingrata e stupida. Unica cifra distintiva in un film noioso sono i personaggi di contorno, nostalgici clown reduci da un mondo che ha smesso di esistere.

L’Illusionista uscirà nei cinema italiani il 29 ottobre distribuito dalla Sacher Distribution.

Inception: recensione del film con Leonardo DiCaprio

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Inception: recensione del film con Leonardo DiCaprio

Arriva al cinema l’attesissimo nuovo film di Christopher Nolan, Inception, che vede protagonista Leonardo DiCaprio alla prima collaborazione con l’autore inglese.

Il sogno è reale. Questa è l’unica certezza che accompagna lo spettatore in sala, oltre alla grandissima curiosità e all’eccitazione palpabile nell’aria. I trailer non sono mai stati così lungi, poi, a premiare l’attesa, arriva il logo grigio della WB, che ci introduce nel mondo di Inception.

Ancora una volta, com’è successo per i suoi film precedenti, Nolan non realizza un film da vedere, organizza una vera e propria esperienza per i suoi fidelizzati spettatori, ancora una volta, tutto quello che c’è da vedere, da capire e da scoprire sembra troppo per due soli occhi e orecchie. Tutto intorno a questo film è stato mistero, sin dall’inizio, persino la trama che anche adesso si esita a rivelare, primo per non togliere il gusto agli spettatori, secondo perché, anche chi il film l’ha visto non può costringersi a ridurlo ad una semplice storia. Capotimoniere di questa avventura è Cobb, un Leonardo DiCaprio ancora una volta in stato di grazia, che ci conduce attraversando i sogni degli altri, nella sua mente, fino a farci scoprire i suoi. Il ladro di idee più bravo al mondo, l’estrattore di sogni più abile del pianeta dovrà, nell’ultima sua commissione, praticare un innesto (Inception), per trovare la sua libertà.

Accanto a Cobb/Di Caprio, tutta una schiera di attori famosi e bravissimi, a partire dalla giovane quanto convincente Ellen Page, l’architetto Arianna dal nome sibillino (Arianna è colei che con il suo filo ha permesso a Teseo di uscire dal Labirinto una volta ucciso il Minotauro), unica depositaria del vero segreto di Cobb, e abilissima nel costruire i mondi che insieme ai personaggi percorreremo anche noi in sala. La stella in ascesa, Joseph Gordon-Levitt, è Arthur, fedele complice di Cobb, che ha il compito di tenere sotto osservazione i sognatori.

Josep Gordon-Levitt si distingue per la sua recitazione composta, quasi monocorde che risulta sempre efficace, dal piccolo gioiello 500 Giorni Insieme, fino al colossal Inception, portando sullo schermo quel suo viso che (non senza provocare brividi) ricorda tanto quello di Heath Ledger. Per falsificare un’idea e immetterla nel subconscio di un uomo la cosa indispensabile è un falsario, e Cobb si rivolge al più bravo, Eames, a cui da volto e corpo Tom Hardy, già visto in Rocknrolla e Marie Antoinette, elemento sdrammatizzante del cast, che mette in condizioni il gruppo di scende ‘ai livelli inferiori’ e porta con sé una simpatica, quanto solo accennata, rivalità con Arthur.

Ma un colpo che si rispetti ha un mandante e una vittima, entrambi vecchi amici di Nolan dai tempi di Batman Begins, si tratta della superstar giapponese Ken Watanabe, sempre bravissimo, già finto Ra’s Al Ghul e qui interprete di Saito, figura chiave che finirà per chiudere il cerchio con Cobb e tirare le somme della storia nel finale; e ancora un bravissimo Cillian Murphy (Spaventapasseri/Dottor Craine nel due Batman Begins di Nolan), ignara vittima di un crimine architettato alla perfezione.

Ma il grande motore del film è Mal, moglie di Cobb, perduta ma forse non morta e sempre presente, come ricordo malevolo, nei sogni di Cobb, a darle volto una bellissima quanto ambigua Marion Cotillard, che per coloro che erano ancora scettici, conferma il suo immenso talento, dando una forma e una dimensione dolente e eterea al suo personaggio. Di contorno restano il fedelissimo nolaniano Michael Caine, Cobb Senior, e (si intuisce) istruttore del figlio nei viaggi onirici, e Dileel Rao, interprete di grossi film quali Drag me to Hell e Avatar, e qui nei panni di Yusuf, medico/pozionista/sciamano.

Inception recensione

Inception si regge sul cast, e non perché la sua architettura sia fallace, ma perché è mutevole magmatica e mai la stessa, paradossale quanto basta da non essere surreale. Nessuna realtà onirica alla maniera di Buñuel, qui è rappresentata una finzione assai più vera e pericolosa della realtà, un sogno fisico e doloroso, scientificamente coerente con la visione ‘teslaniana’ alla quale Nolan ci ha abituati.

Una visione poderosa che lascia semplicemente bloccati lì, sulla poltrona, incapaci a staccare gli occhi dallo schermo, completamente frastornati da una musica che alla wagneriana maniera stordisce lo spettatore in una maniera tanto cerebrale quanto emotiva, merito di uno Zimmer che rimanendo al servizio della sceneggiatura sfoga la sua vena tedesca senza cedere al sentimentalismo che talvolta prende il sopravvento come è successo ne Il Gladiatore. Un viaggio nell’architettura della mente, una consapevole discesa laddove si nascondono le paure di un uomo intimamente tormentato da un senso di colpa che allo spettatore non è dato conoscere fino alla fine. Un vero e proprio trip che Nolan organizza, nella sua maniera così personale quanto ormai universalmente condivisa; un percorso all’interno di un labirinto strutturato alla maniera di scatole cinesi, nella mente dell’uomo.

Nessuno come Nolan e Cobb si era mai spinto così oltre, nessuno come Nolan, attraverso Cobb, avrebbe potuto mai farlo. Concedendo allo spettatore un regalo prezioso in forma di speranza o di dannazione: un dubbio. Nel dubbio Christopher Nolan risolve il suo film più personale, quello più complicato da realizzare e da guardare. Il sogno è reale, è vero, ma solo nel momento in cui scegliamo di crederci, e questo Cobb (come Nolan) lo sa benissimo, alla fine sceglierà(nno) e lo spettatore potrà a sua volta scegliere. Non si può dire di Inception che sia un film ‘solo’ bello, c’è bisogno di più; ci vuole una spiegazione, una discussione a riguardo, o semplicemente basta vederlo per immergersi nella testa di Nolan, per rimanere abbagliati, frastornati, trasformati.

Inception e L’ultimo dominatore dell’aria: Dite la vostra!

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Forse il più interessante week della nuova stagione italiana volge al termine, con due titoli certamente che molti di voi aspettavano da lungo tempo: l’attesissimo Inception e il kolossal di M. Night Shyamalan L’Ultimo Dominatore dell’Aria. Li avete visti? Diteci cosa ne pensate!

Jason Reitman, Diablo Clody e Charlize Theron

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diablocody1

Il regista Jason Reitman si riunisce a Diablo Cody dirigere Young Adult: alla protagonista Charlize Theron si uniscono ora Patrick Wilson e Patton Oswalt…

 

Super 8: prime foto dal set!!

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abrams

Sono iniziate a Weirton le riprese di Super 8: ecco alcune nuove immagini dal set del misterioso nuovo film di J.J. Abrams sviluppato assieme a Steven Spielberg. E al cast si aggiunge AJ Michalka!

I montatori raccontano

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I montatori raccontano

Lo_spazio_bianco

Il 21, 22 e 23 Settembre scorsi, presso la Libreria del cinema, a Roma, si sono tenuti gli incontri con i montatori candidati (e uno vincitore) agli ultimi Nastri d’Argento.

 

Ufficiale: Kate Beckinsale in Underworld 4

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KateBackinsale

 

E’ ufficiale: Kate Beckinsale tornerà nei panni di Selene nel quarto capitolo della saga di Underworld, ideata e avviata da suo marito Len Wiseman, che di questo capitolo (così come fu del terzo) sarà producer.

Chris Nolan cerca un regista per Superman

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Chris Nolan cerca un regista per Superman

Christopher Nolan e Emma Thomas, in qualità di producer, hanno iniziato i colloqui per trovare un regista che porti di nuovo davanti alla macchina da presa Superman.

Tra i papabili il Duncan Jones di Moon, il Jonathan Liebesman di Non aprite quella porta : L’inizio, il Matt Reeves di Cloverfield e, tanto per non farsi mancar nulla, due grandi nomi: Tony Scott e Zack Snyder.

La produzione mirerebbe a rispettare un’uscita per il marzo del 2012, quindi la decisione andrà presa al più presto.

Fonte:comingsoon

Captain America: prime foto di Chris Evans

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cap america

Finalmente direttamente dal set di Captain America: The First Avenger, diamo  una prima occhiata alla star del film, Chris Evans, nei panni di Steve Rogers!

Fear and Desire: ritrovato il negativo del primo film di Kubrick

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stanley

Il primo film di Stanley Kubrick vive di una sorta di mistero, considerato il fatto che ne esistono al mondo pochissime copie rovinate.

Nuovi rumor su Spider-Man

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spiderman 4

Novità su Spider-Man 4che Marc Webb girerà a partire dalla fine dell’anno: Emma Stone e Mia Wasikowska sarebbero il lizza per i ruoli di Mary Jane Watson e Gwen Stacy.

Uscite al cinema del 24 Settembre 2010

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Inception: Dom Cobb è fondamentalmente un ladro, ha la capacità di rubare i segreti più profondi di un essere umano entrando nel suo subconscio durante la fase di sonno REM. Proprio per questa sua capacità è diventato famoso nel mondo dello spionaggio ma proprio per questo è la persona più ricercata…

The Social Network, il film

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socialnetwork

Oggi, in anteprima mondiale, sarà presentato al New York Film Festival: The Social Network, l’ attesissimo film su Facebook diretto da David Fincher.

Chloe Moretz in Emily The Strange

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emilythestrange

Sarà la giovane attrice Chloe Moretz a interpretare Emily The Strange, la ragazzina emo nata da una linea di abbigliamento e adesivi e, protagonista di fumetti e merchandising  di culto.

Brave : il logo ufficiale

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Brave : il logo ufficiale

BraveDisneyBrave sarà la prima fiaba della Pixar, in uscita nel 2012 e, la Disney ufficializza il logo attraverso Facebook.

Kate Winslet e Jodie Foster per Roman Polanski

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roman

Kate Winslet e Jodie Foster saranno le protagoniste del  nuovo film del regista premio Oscar Roman Polanski.

 

Buried – Sepolto: recensione del film con Ryan Reynolds

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Buried – Sepolto: recensione del film con Ryan Reynolds

Arriva al cinema anche in Italia, il “caso” Buried – Sepolto, il thriller che sta facendo discutere la critica di mezzo mondo e con protagonista l’attore Ryan Reynolds.

In Buried – Sepolto Paul (Ryan Reynolds) si ritrova rinchiuso in una cassa di legno tre metri sottoterra con in tasca un cellulare, una matita e un accendino Zippo. Grazie a questi tre elementi, deve capire come è finito in quella cassa, per quale motivo e come fare a guidare i soccorritori fino a lui per poterlo liberare. Mentre i 90 minuti di aria a disposizione scorrono, mantenere la calma è sempre più difficile…

Questo è Buried – Sepolto, un film ansiogeno, angosciante, pieno di terrore, sofferenza e speranza che riesce per ben 94 minuti a tenere alta l’attenzione dello spettatore nonostante sia interamente girato dentro una cassa da morto con un solo attore….Beh sicuramente non è stato semplice per il regista Rodrigo Cortés girare il film in quelle condizioni, per le luci, per il posizionamento delle telecamere, ecc… ma di sicuro è stato molto più difficile per l’attore Ryan Reynolds che ha affermato che non si lamenterà più di un set dopo aver girato Buried….e c’è da crederci!!! Diciassette giorni di riprese, 25 scene al giorno chiuso in una bara sono cose che lasciano il segno!

Partendo dal presupposto che la grandezza di una storia non dipende dalla vastità di un paesaggio, dal numero di personaggi o dai production values, Cortés è riuscito a creare una storia davvero incredibile dove il senso di claustrofobia, la paura e l’ansia del protagonista vengono sin da subito mostrate e sentite. I primi cinque minuti di buio completo dove si sente solamente il respiro affannato di Paul danno inizio ad un crescendo di sensazioni che fino alla fine portano lo spettatore ad identificarsi totalmente con il protagonista….proprio per questo lo sconsiglierei a chi soffre di claustrofobia!!

La fotografia e il montaggio di Buried – Sepolto sono eccezionali, per non parlare della sceneggiatura scritta da Chris Sparling che, nonostante a volte tenda un po’ a dilungarsi in alcune telefonate, sicuramente farà del film un cult.

Ovviamente principale è l’attore Ryan Reynolds che, dopo aver recitato accanto alla bella Sandra Bullock in Ricatto d’Amore e in X-Men Le origini: Wolverine, ha raggiunto il suo massimo livello di espressività e bravura. In ogni singola scena riesce ad esprimere con impressionante realismo le emozioni che può provare un uomo sotterrato vivo. I movimenti della torcia, la voce modellata perfettamente, ogni movimento è stato ben studiato e Reynolds è riuscito nell’impresa.

Tutte le sue espressioni facciali, i suoi scatti d’ira e di paura, quell’ansia che nasce e cresce ad ogni telefonata e dalle varie sorprese disseminate lungo il film, il suo respiro sempre più pesante segnale della mancanza d’aria sono tutte ottimamente rappresentate da Reynolds.
Insomma un film che tiene svegli, sicuramente da vedere ma non da persone troppo sensibili né troppo ansiose. Tutto questo grazie al regista Cortés che con un budget praticamente pari a zero e con una sola location è riuscito a costruire un film che molti affermano sarà un cult, ma sopratutto grazie al fantastico Reynolds che riesce a coinvolgere lo spettatore per 94 minuti completamente solo dentro una cassa di legno!

Max Giusti incontra la stampa per Cattivissimo Me

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Giusti

Voce italiana di Gru, super cattivo protagonista di Cattivissimo Me, Max Giusti ha incontrato la stampa di settore questa mattina nella bella cornice dell’Hotel Eden. Dopo essersi sottoposto alle foto di rito con i suoi tirapiedi (nel film), i gialli minions, l’attore e presentatore televisivo e radiofonico ha risposto con garbo e simpatia alle domande dei giornalisti.

L’Ultimo Dominatore dell’Aria: recensione del film

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L’Ultimo Dominatore dell’Aria: recensione del film

Avatar – L’ultimo dominatore dell’Aria: La leggenda di Aang, questo è il titolo completo dell’anime dal quale è tratto l’ultimo film di M. Night Shyamalan. Si tratta di un anime curiosamente ideato da due occidentali, Brian Konietzko-Michael Dante DiMartino, che racconta la storia di Aang, giovane appartenente alla tribù dell’Aria e dominatore del proprio elemento naturale, che scopre di essere l’Avatar, un prescelto che ha la capacità di dominare tutti e quattro gli elementi e di portare la pace nel cuore degli uomini.

Il film di Shyamalan parte da questo punto: due ragazzi, Katara (dominatrice dell’Acqua) e il fratello Sokka, abitanti del paese dell’Acqua del Sud, scoprono in una bolla d’aria nell’acqua glaciale il fuggiasco Aang. Il giovane tornato al mondo dovrà decidere se abbracciare o no il suo destino di Avatar, riportando la pace e contrastando la nazione del fuoco. L’ultimo dominatore dell’Aria è un’anomalia nella filmografia del regista, prima di tutto perché l’autore non si è trovato a lavorare su una sceneggiatura originale, e infatti si nota in questo caso qualche pecca che altrove nel suo lavoro era assente; in secondo luogo la tecnica usata, la riconversione in 3D, era estranea ad oggi al suo lavoro, anche se si tratta appunto di riconversione per cui il lavoro materiale non è cambiato affatto.

Tuttavia questo è forse il primo punto debole del film, un 3D superfluo che si evidenzia solo nei titoli di testa e coda, senza aggiungere nulla durante tutta la visione del film se non un grosso fastidio agli occhi. Per quanto anche il tema possa sembrare distante dalla poetica di Shyamalan, in realtà ci sono molti più punti in comune di quelli che si possano immaginare, soprattutto con il capolavoro Unbreakable – Il Prescelto, dove un super eroe (Bruce Willis) deve prendere coscienza delle sue doti straordinarie e decidere se schierarsi o meno per rendere il mondo un posto migliore; inoltre si ricorda che il misticismo che pervade il film, e che tanto aveva penalizzato a torto lo Shyamalan di Lady in the Water, è qui un filo rosso che si tende tra i vari personaggi e contribuisce a dare coesione alla trama, costituendo a prescindere un elemento tematico che Shyamalan predilige.

L'Ultimo Dominatore dell'aria

Il giovane cast del film si dimostra all’altezza della prova, tanto più difficile quanto associata in post produzione da una massiccia dose di effetti digitali che rendono la recitazione forse più complicata, per non parlare po degli sforzi fisici che i giovani hanno sostenuto, dopo molte sedute di allenamento precedenti alle riprese. Su tutti ha convinto Dev Patel, lo The Millionaire di Danny Boyle, al quale è affidato forse il ruolo più interessante e che probabilmente rappresenta la nemesi di Aang, interpretato discretamente da Noah Ringer.

Il limite di questo film, che è il primo episodio di una trilogia, è quello di dover dare una serie di informazioni di servizio che risultano nel loro contesto fantastico credibili e coerenti, ma che appesantiscono un po’ la narrazione. Come al solito il lavoro di Shyamalan si distingue per due cifre stilistiche predominanti: la regia inattaccabile, farcita di quegli espedienti tipici del suo cinema come i piani sequenza, le messe a fuoco esasperate ad evitare il campo-controcampo, i movimenti fluidi e immersivi, e la colonna sonora, ancora una volta affidata a James Newton Howard e ancora una volta un capolavoro, che accompagna il film con enfasi e discrezione a seconda dei casi, aiutando sempre lo spettatore a immergersi nell’atmosfera.

Con un finale epico e poetico Shyamalan riesce a sbalordire e affascinare i suoi spettatori, gli effetti speciali della Industrial Light & Magic (Avatar) sono spettacolari e sicuramente attrarranno al cinema molti fan del genere, oltre che gli appassionati della serie animata e i fedelissimi del regista. L’Ultimo Dominatore dell’Aria è un buon film, che forse non rientra nel catalogo dei migliori di Shyamalan, ma che serve a confermare come un grande autore riesca a modellare sulla sua poetica anche storie che apparentemente ne sono lontane. Peccato per il 3D, una mossa commerciale che speriamo premierà la produzione, ma che sicuramente non aggiunge nulla.

Dettagli sul nuovo film dei Wachowski

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Il Vulture Blog del New York Magazine ha pubblicato alcuni dettagli sul nuovo film dei fratelli Wachowski, Andy e Lana, intitolato per il momento Cobalt Neural 9 e ambientato in gran parte in Iraq.

Nuovo film per Rob Zombie

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La Haunted Films, proprietà del team di Paranormal Activity formato da Jason Blum, Steven Schneider e Oren Peli, ha ingaggiato Rob Zombie per dirigere The Lords of Salem.

Il titolo è ripreso da una canzone del rocker contenuta nell’album Educated Horses. Nelle intenzioni di Rob c’era anche la creazione di una band musicale con lo stesso nome e soprattutto un comic book in collaborazione con Steve Niles.

Alien: recensione del film cult di Ridley Scott

Alien: recensione del film cult di Ridley Scott

Alien è il film cult del 1979 di Ridley Scott, nonché uno dei migliori film di fantascienza e che ha lanciato l’attrice Sigourney Weaver.

Ci sono alcuni film che ci restano dentro fin da piccoli, siamo lì, magari in cucina a vedere cosa c’è di buono in pentola, e nello zapping generale dei nostri genitori, si finisce magari a guardare incuriositi scene che rimarranno come ricordo indelebile fino ai giorni dell’età adulta, difficilmente infatti si possono dimenticare le svariate scene cult di questa pellicola, ma andiamo con ordine.

Alien filmIl primo Alien è un’opera di straordinaria capacità di sintesi, andando a ridefinire gli standard fanta-horror dell’epoca grazie ad una scenografia tecnicamente eccezionale che si distacca dalle ambientazioni spaziali tipicamente bianche di film come “2001 Odissea nello spazio“.

Il computer di bordo inoltre, tale “Mother” non può non ricordare Hal 9000, ed il rapporto con i membri della nave stranamente non sarà per niente idilliaco.

Il racconto originale proviene da un soggetto di Dan O’Bannon e Ronald Shusett, ancora oggi però la paternità della storia è divisa con lo scrittore tedesco A. E. Van Vogt che scrisse prima della realizzazione della pellicola due romanzi analoghi: “Discord in Scarlet” del 1939 e “Voyage of the Space Beagle” del 1950, inoltre non accreditato partecipò ad una prima stesura anche il talentuoso regista Walter Hill che doveva inizialmente dirigere Alien.

Alien, il film cult del 1979 di Ridley Scott

A parziale discolpa di  Ridley Scott si può aggiungere che film analoghi erano già usciti tempo addietro:  L’invasione degli Ultracorpi di Don Siegel ad esempio mostrava già alieni parassiti degli esseri umani. La notevole produzione fantascientifica degli anni 50 americana inoltre, aveva già ampiamente trattato storie similari, certo non con tutto il simbolismo ed il terrore strisciante di cui è pregna l’opera di Scott. Sotto questo punto di vista l’incipit è esemplare: quattro – cinque minuti di silenzi interrotti sporadicamente da rumori di bordo con la camera che va ad esplorare i lunghi e angoscianti corridoi della labirintica astronave “Nostromo” omaggiando nello stile “l’odissea spaziale” di kubrikiana memoria.

La sensazione che trasmettono queste scene è quella di una profonda solitudine ma anche quella di una imminente minaccia, un ambiente un po’ alieno quindi, con cui Scott giocherà per tutta la durata del film molte volte prendendo un pò in giro lo spettatore, come quando lo (scapestrato) gatto Jones se ne va in giro nascondendosi nei posti più impensati dispensando attimi di terrore nell’equipaggio già impaurito.

La storia è presto detta: in un futuro non precisamente delineato, la nave spaziale “Nostromo” addetta principalmente ad attività commerciali, riceve sui propri strumenti di bordo un segnale cifrato da un’entità sconosciuta. “Mother” il computer che gestisce la nave, sveglia dal loro lungo sonno nelle capsule criogeniche l’equipaggio per permettergli di scoprire l’origine del messaggio che si ripete ogni dodici secondi nello stesso modo.

Giunti sul pianeta da dove giunge il segnale, scoprono un relitto alieno semidistrutto dove al posto di guida trovano uno strano essere umanoide col torace fracassato da qualcosa di esploso al suo interno. Nelle vicinanze, i tre dell’equipaggio che sono andati in esplorazione scoprono quelle che presumibilmente sono le uova dell’essere deceduto, una di queste si schiude proprio davanti al responsabile esecutivo Kane (John Hurt), un parassita a metà strada tra un ragno e un granchio gli si attacca al viso mandandolo in stato vegetativo.

Nonostante le rimostranze di Ellen Ripley (Sigourney Weaver) che ricorda agli altri quanto sia pericoloso far entrare un organismo sconosciuto senza una quarantena di almeno ventiquattro ore, i tre riescono a rientrare sulla navicella con l’aiuto del subdolo medico di bordo Ash (Ian Holm).

Una volta ripartiti alla volta della terra, l’essere alieno si stacca dalla testa di Kane che, apparentemente sano, festeggia pranzando con i compagni. La felicità però dura poco e nel mezzo del pasto, Kane si sente male e dal suo addome fuoriesce perforandoglielo un mostriciattolo, il celeberrimo Alien, una creatura pressoché invincibile che si riproduce usando il corpo di altri esseri come un parassita. Comincia così una caccia senza esclusione di colpi. Della scenografia ho già parlato quindi mi soffermo sugli altri elementi che rendono questa pellicola immortale. La protagonista era un esordiente quasi assoluta, la Weaver aveva solo fatto una comparsata con Woody Allen ed anzi, la prima bozza della sceneggiatura non prevedeva lei come personaggio principale bensì il capitano Dallas alias Tom Skerritt.

La scelta coraggiosa si rivela felice, visto che la Weaver tiene alta la tensione anche quando si ritroverà sola ed in alcuni momenti come nel finale potremo quasi apprezzarla come mamma l’ha fatta. E’ interessante poi venire a conoscenza che tra le parti eliminate dal montaggio finale vi è  una scena d’amore tra la Ripley e Dallas, decisione presa probabilmente per donare un ulteriore aspetto di mascolinità alla protagonista.

Altre scene tagliate riguardano uccisioni considerate troppo violente o disturbanti come quella della giovane Lambert o quella in cui l’alieno appare a Brett appeso a della catene come Cristo, fortunatamente queste scene sono  recuperabili nella versione Director’s Cut pubblicata qualche anno fa.

Per tutto il film viene instaurato un difficile rapporto tra il mondo femminile e quello maschile; decisamente a sfavore di quest’ultimo, i maschi uno dopo l’altro si dimostrano impotenti, l’unico che  subdolamente riesce a imporre una sua decisione si scoprirà essere un androide, lo stesso computer di bordo che quasi farà secca Ripley è chiamata Mother ed ha una voce di una donna sui 50-60 anni,  come a voler essere la madre di molti sull’equipaggio.

Lo stesso alieno che negli anni è diventato un’icona del merchandising nasconde qualche riferimento sessuale, la doppia bocca nella lingua retrattile dell’alieno o l’apertura delle uova che ricordano una vagina. Probabilmente una contrapposizione “femminile” alla ostentata mascolinità della Ripley/Weaver.

L’alieno che feconda forzatamente Kane, fuoriesce dalla sua pancia, a voler sottolineare quasi una maternità al contrario e l’inutilità del sesso maschile, usato come mezzo e non come strumento attivo. A salvarsi sarà quindi la sola Ripley, l’unica che ha dimostrato un minimo di saggezza e astuzia, l’unica che ha tentato di decifrare più volte il messaggio alieno e che scopre la sua pericolosità, il fatto poi che sia lei a salvarsi, affrontando faccia a faccia l’alieno invincibile è una specie di selezione naturale. Solo i più astuti si salveranno, un messaggio destinato all’umanità per prepararsi ad uno scontro contro l’ignoto a cui difficilmente si può sfuggire con la sola paura.

E’ uno Ridley Scott che inaugura il suo trittico fantascientifico (con Blade Runner e Legend) in modo pessimistico, contro l’avarizia ed il consumismo americano, non è un caso che alcuni membri dell’equipaggio pensino fin troppo alla ricompensa e si muovano per scovare l’entità del messaggio alieno solo perché costretti da una clausola sul contratto. Il resto del cast è di alto livello, comprendendo attori di rango come Ian Holm nei panni del medico di bordo Ash e John Hurt in quelli dello sfortunato Kane.

altDetto ciò, il film non è esente da alcune piccole ingenuità, mi riferisco a tutte le scene mediche in cui manca un bel po’ di buon senso, come fare l’autopsia al parassita (che aveva già manifestato la sua pericolosità ed era assolutamente sconosciuto) a mani nude senza alcuna mascherina oppure quando Parker e Brett se ne vanno a caccia dell’alieno con una specie di rete da pesca.

Alla sua uscita Alien incassò la bellezza di 103 milioni di dollari e ne costò 11 consacrandolo come pietra miliare della cinematografia sci-fi, vinse inoltre 5 Oscar tra cui quello per gli effetti speciali che per l’epoca erano veramente qualcosa di mai visto.

Notevole anche la colonna sonora composta da Jerry Goldsmith, di stampo moderno e avveniristico, un’artista spesso legato al mondo sci-fi come “Il pianeta delle scimmie” e “Star trek – Il film” che consente ad Alien di essere un punto di riferimento anche sotto il profilo musicale.

Il successo del film non si fermerà nemmeno negli anni successivi visto che verranno realizzati tre sequel e due prequel, più tutta una serie di opere per lo più di serie b che hanno pescato a piene mani dal film di Scott. L’influenza però non si ferma solo al mondo cinematografico; un intero filone videoludico è nato  grazie alle atmosfere di Alien, serie di videogiochi come Doom e Quake hanno costruito la loro fortuna su corridoi labirintici claustrofobici, alieni xenoformi ed ogni sorta di arma per farli fuori.

Alien è infine un punto di riferimento assoluto sia per il cinema horror che per quello fantascientifico, capace di unire i due genere raggiungendo un climax perfetto con una Weaver in stato di grazia, fortunatamente Scott ci abituerà fin troppo bene, pochi anni dopo infatti giungerà nelle sale un certo “Blade Runner“.

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