Ogni supereroe è legato al suo
simbolo, gli artigli fannopensare immediatamente a Wolverine, il
pipistrello a Batman, le ragnatele a Spider-Man. Simon
Koay, designer per “Superbets”, è un digital designer nato
a Hong Kong e che lavora in Australia e ha deciso che i supereroi
si possono chiaramente identificare anche dalle lettere del loro
nome.
Ecco l’alfabeto dei supereroi (e di
quale villain):
1 di 26
Certo, alcune scelte sono state
dolorose, come la sconfitta di Superman, per mano di
Spider-Man, per la conquista della S, oppure la stessa sorte
toccata a Wonder Woman con Wolverine per il possesso della W, ma fa
parte del gioco, e anche i supereroi sanno che qualche volta si può
anche perdere. Ovviamente c’è spazio anche per qualche villain,
come sanno bene la J e la R, scelte per rappresentare il Joker e
Riddle (da noi l’Enigmista).
Laurence Fishburne
dirigerà Idris Elba nell’adattamento
cinematografico de L’Alchimista, il
famosissimo romanzo di Paulo Coelho. A produrre
The Weinstein Company.
Il progetto vede coinvolto Fishburne
dal 2007/2008 e lo vede alle prese con uno dei libri più letti e
amati del mondo, con 65mila copie vendute e una traduzione in 56
lingue.
La storia è quella di Santiago,
un pastore dell’Andalusia che, una notte, sogna un magnifico tesoro
ai piedi delle Piramidi. Travolto da questo sogno e dall’incontro
con Melchisedek, un mago, decide di intraprendere un’avventura
straordinaria alla ricerca del proprio tesoro. Sulla strada
incontrerà ostacoli, amici e soprattutto l’amore, ma imparerà a
leggere i segni e a capire il linguaggio dell’universo, fino
all’epilogo inaspettato e magico.
Secondo quanto riporta Deadline, la
TriStar, appartenente al gruppo Sony
Pictures, sarebbe a lavoro su un adattamento
cinematografico de L’Alchimista, il più
famoso, e forse il milgiore, romanzo di Paulo
Coelho.
Laurence Fishburne, con la sua
Cinema Gypsy, intende da tempo portare al cinema il romanzo, e lo
farà, pare, con l’aiuto di Kevin Frakes della
PalmStar Media e la presidente della TriStar Hannah
Minghella. Ecco cosa ha dichiarato Fishburne in merito:
“Sono elettrizzato all’idea che questo progetto faccia ora un
passo in avanti dopo tutti questi anni“. Mentre altrettanto
entusiaste sono le dichiarazioni di Frakes: “L’Alchimista mi ha
cambiato la vita quando l’ho letto, quasi 20 anni fa. Mi ha
dato la fiducia necessaria per andare avanti e seguire i miei
sogni. Già dalle prime conversazioni con Hannah mi sono reso conto
di come anche lei avesse compreso l’impatto del romanzo, e sapevo
già da allora di voler fare questo film con la TriStar. È l’inizio
di un bel viaggio insieme.“
L’Alchimista ha venduto oltre 65
milioni di copie ed è stato tradotto in 56 lingue. La storia è
l’avventura di Santiago, un pastore dell’Andalusia che, in seguito
a un sogno, vende il suo gregge di pecore e intraprende un viaggio
avventuroso, pericoloso e di formazione per cercare il tesoro che
lui aveva sognato essere sepolto sotto le piramidi d’Egitto.
John Fusco è l’autore dello script
più recente tratto dal romanzo, ma non sappiamo se si tratta di
quello definitivo.
A distanza di sette anni
dall’ultima notizia
a riguardo, Variety informa che è in
lavorazione un adattamento del famoso romanzo di formazione di
Paolo Coelho, L’Alchimista. Legendary
Entertainment ha acquisito i diritti cinematografici, televisivi e
accessori dell’acclamato libro e guiderà lo sviluppo di un
adattamento cinematografico insieme a TriStar
Pictures e Palmstar di Sony.
Jack Thorne
scriverà il film. Lo sceneggiatore ha firmato Enola Holmes di Netflix, The Swimmers e The Aeronauts. Recentemente
ha anche sviluppato l’adattamento in serie di His Dark Materials. In teatro, è noto per aver
scritto “Harry Potter e la maledizione dell’erede” e “The
Motive and the Cue”. Ha vinto numerosi BAFTA e un Olivier e
Tony Award.
Secondo la descrizione ufficiale,
L’Alchimista racconta la storia di Santiago,
“un giovane che desidera viaggiare alla ricerca di un tesoro.
La storia dei tesori che Santiago trova lungo la strada ci insegna,
come solo poche storie sanno fare, la saggezza essenziale di
ascoltare il nostro cuore, imparare a leggere i presagi disseminati
lungo il percorso della vita e, soprattutto, seguire i nostri
sogni”.
Il libro è stato originariamente
pubblicato nel 1988 in portoghese. È diventato un bestseller
internazionale ed è il libro di un autore vivente più tradotto al
mondo. Questo non è il primo tentativo di adattare il libro per lo
schermo. Ci sono stati vari tentativi nel corso degli anni, il più
recente con i Westbrook Studios di Will Smith e
Jada Pinkett Smith in veste di produttori.
Oggi è il giorno di Michael
Fassbender, ovvero il giorno in cui gli ormoni femminili
qui al Lido si mescolando all’aria rarefatta della Laguna e
provocano reazioni inaspettate e dai risvolti inquietanti. Già
dalle prime ore del mattino si raduna attorno al red carpet, come
un sabba satanico, una moltitudine indefinita di cosciotti e
scollature di varie forme, colore e consistenze. Perché l’età mica
conta, anzi. Le più attempate sono anche le più avide, e spesso
combattono per un posto in prima fila nel tentativo di accaparrarsi
un selfie con l’oggetto del desiderio (e attenzione, non parlo di
Fassy in quanto persona, ma proprio del suo oggetto, quello esposto
in Shame) da condividere poi su facebook
e sul gruppo dell’oratorio di Whatsapp condito di divertenti
commenti tipo ‘Un faro nella notte’ o
‘Bevete con misura’.
Se provi ad avvicinarti
ringhiano, azzannano, sputano, bestemmiano, espletano gas
corporali. Qualsiasi cosa pur di non perdere il posto in fila. A
mezzogiorno, sotto un sole cocente, sono già svenute e sbavanti che
manco i barboni nel sottopasso della stazione Termini, ma si
risvegliano in serata ai primi accenni di frescura, con gli occhi
iniettati di sangue, all’ora del Red Carpet, quando le speranze di
poter annusare l’essenza di Michael rimetteranno
in moto il loro cuore e riaccenderanno il loro spirito. Di patata,
naturalmente.
Dal canto mio, ho ufficialmente
deciso che io st’anno i selfie coi Vip li sfanculo
ufficialmente. A Cannes riesci pure pure a fare il cazzone
continuando a lavorare. Il corridoio di passaggio dei blasonati
minchioni sta vicino alla sala stampa e con un anticipo di un
quarto d’ora sulla fine delle conferenze stampa due schiaffi in
faccia a Clooney riesci a darli. Qua, è risaputo: o fai i film o ti
fai i Vip (o quantomeno speri di farteli). Oppure lavori, magari,
che c’è anche quel caso.
Comunque un tentativo di pigliare
Fassy alle spalle l’ho fatto. Non al red carpet, per carità di Dio,
che non voglio guastare tutto proprio ora che finalmente ho
guadagnato un buon rapporto con il sesso femminile. All’uscita
della conferenza. Stavo lì di passaggio e, oh, magari ce cascava.
Una spruzzata d’essenza di Fassy addosso può sempre fare comodo,
aumenta la popolarità e se la voce si espande c’è anche la
possibilità che la cameriera del ristorante dove cenerò stasera
convinca lo chef a non sostituire lo spezzatino con il Whiskas come
al solito. Però niente da fare.
Quel gran cazzone (il doppiosenso è
assolutamente voluto) ha concesso tanti autografi ma niente foto.
Mo’, sinceramente, per me l’autografo se lo po’ pure tene’. Tanto a
spacciare uno scarabocchio per una firma di una star ho imparato a
farlo la prima volta che sono sbarcato qui, nel lontano 2006,
quando ancora non potevo permettermi un letto e per non dormire in
stazione dovetti raccontare al gestore dell’hotel che ero
Russell Crowe e stavo ingrassando per interpretare
Pozzetto in un biopic. It’s a long way to the top if
you wanna rock n’ roll.
Purtroppo per i maschietti presenti,
l’euforia generale ha contagiato anche Vì, che infatti, purtroppo,
per oggi resta non pervenuta. Scherzo, naturalmente. A lei de ‘ste
cazzate non glie ne frega niente e infatti mentre quelle rendono
scivoloso il tappeto rosso con la loro bava sta in sala a guardarsi
Il Cristo Cieco. Non chiedetemi cosa sia,
ma solo il titolo è entusiasmante, perché ricorda tanto ‘Il Cristo
Canaro’ di Richard Benson. Già solo per questo, la
Coppa Collammare (un celeberrimo premio collaterale indipendente
nato durante la conferenza stampa di chiusura delle scorsa
Berlinale) per la miglior interpretazione femminile, va a
lei.
Settimo film della serie de Il pianeta delle
scimmie, iniziata nel 1968, L’alba del pianeta
delle scimmie (qui la recensione) è anche il
primo di una nuova trilogia dedicata a tale universo narrativo. Si
tratta di un vero e proprio reboot, che porta gli spettatori a
scoprire le origini e le motivazioni dietro l’ascesa dei primati e
la decadenza della razza umana. Acclamata per i suoi incredibili
effetti speciali, comprendenti l’utilizzo di motion capture per le
scimmie protagoniste, la pellicola ha poi avuto due sequel,
intitolati Apes Revolution – Il
pianeta delle scimmie e The War – Il pianeta
delle scimmie.
Pur narrando le origini di tutto, ed
essendo dunque una pellicola grossomodo originale, il film trae
alcuni dei suoi elementi dal quarto titolo della saga, 1999:
conquista della terra. Regista e sceneggiatori si sono infatti
ispirati a questo per dar vita all’iniziale ribellione dei primati.
Nonostante i richiami, però, L’alba del pianeta delle
scimmie è anche il primo film della serie dove le scimmie non
vengono realizzate tramite costumi e trucco ma grazie alla tecnica
della motion capture, che negli anni era diventata sempre più
avanzata ed utilizzata.
Al momento della sua uscita in sala
il film ha generato grande interesse, affermandosi poi come un
grande successo al box office. A fronte di un budget di “soli” 93
milioni di dollari, questo è infatti stato in grado di guadagnarne
oltre 481 in tutto il mondo, giustificando così la realizzazione
dei successivi capitoli. Anche la critica ha particolarmente
apprezzato il film, giudicato come una brillante rilettura della
saga e impreziosito dall’utilizzo di superbi ed estremamente
realistici effetti speciali. Gli autori di questi sono poi anche
stati nominati al premio Oscar, senza però riportare la
vittoria.
L’alba del pianeta delle
scimmie: la trama del film
Tutto ha inizio con la cattura di
tre scimpanzé nella giungla del Congo. Questi vengono poi portati
all’interno dell’azienda farmaceutica Gen-Sys di San Francisco. Qui
lo scenziato Will Rodman si trova ad utilizzarli
come cavie per il virus ALZ-112, il quale si spera possa rivelarsi
una cura efficace contro l’Alzheimer, malattia di cui è affetto
anche il padre di Will. Gli effetti non sono però
quelli sperati, e per limitare i danni tutti i primati vengono
fatti eliminare dal cinico capo dell’azienda, Steven
Jacobs. Prima che ciò avvenga, però, Will riesce a
prelevare un giovane scimpanzé e a portarlo a casa propria,
sperando di poter provare l’efficacia del farmaco. Alla piccola
scimmia egli dà il nome di Cesare,
affezionandosene subito.
Allo stesso tempo anche Cesare
inizia a nutrire un legame verso Will, in cui riconosce il suo
salvatore e un vero e proprio amico. Continuando a testare sul
primate il farmaco, Will si accorge ben presto che l’intelligenza
di questi si sviluppa in modo incredibile, raggiungendo livelli
fuori dal comune. Il virus, infatti, riesce a svolgere la sua
funzione, potenziando i recettori neuronali. L’unicità di Cesare
diventa però presto nota, portando a conseguenze inaspettate.
Vedendo in lui una possibilità di arricchirsi, Jacobs lo fa
catturare e rinchiudere insieme ad altre scimmie. Questa si
rivelerà però una mossa sbagliata. Cesare, infatti, inizia a
nutrire un sempre maggiore odio verso la razza umana, e iniziando a
sodalizzare con i suoi simili progetta una rivoluzione.
L’alba del pianeta delle
scimmie: il cast del film
Protagonista assoluto del film è lo
scimpanzé Cesare, che impara qui a possedere la straordinaria
intelligenza che porterà il suo popolo a diventare la razza
dominante. A dargli vita è naturalmente il celebre Andy
Serkis, considerato un vero e proprio maestro nonché
massimo esponente della motion capture. Dopo aver interpretato con
tale tecnica personaggi come Gollum e King Kong, egli ha intrapreso
un lungo processo di studio al fine di poter rappresentare nel modo
più realistico possibile il primate. Per riuscirvi ha basato il
comportamento di Cesare su quello di un vero scimpanzé, con il
quale è stato a stretto contatto per diverso tempo, studiandone
anche la postura e le movenze.
A dar vita all’umano Will Rodman era
invece stato inizialmente contattato l’attore Tobey
Maguire. Questi, però, rifiutò la parte, che venne
allora offerta al suo collega nella trilogia di Spider-Man,
James
Franco. L’attore accettò con piacere il ruolo,
dichiarandosi un grande fan della saga di fantascienza.
Freida Pinto, divenuta celebre grazie a The
Millionarie, interpreta invece Caroline Aranha, primatologa
sentimentalmente legata a Will. L’attore John
Lithgow è invece Charles, il padre di Will affetto da
Alzheimer. Nei ruoli degli antagonisti si ritrovano invece altri
noti attori. David Oyelowo veste i panni di Steven
Jacobs, mentre Brian
Cox, quelli di John Landon, manager dell’istituto
farmaceutico. Tom
Felton, meglio noto per essere stato Draco Malfoy
nella saga di Harry Potter, è qui il crudele custode Dodge
Landon.
L’alba del pianeta delle
scimmie: il trailer e dove vedere il film in streaming
Per gli appassionati del film, o per
chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne
grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali
piattaforme streaming oggi disponibili. L’alba del
pianeta delle scimmie è infatti presente su
Rakuten TV,Chili Cinema, Google Play,
Infinity, Apple iTunes, Amazon Prime Video, e Tim
Vision. Per poter usufruire del film, sarà necessario
sottoscrivere un abbonamento generale o noleggiare il singolo film.
In questo modo sarà poi possibile vedere il titolo in tutta
comodità e al meglio della qualità video, senza limiti di tempo. Il
film è inoltre in programma in televisione per domenica
25dicembre alle
ore 21:20 sul canale Rai
4.
L’alba del pianeta delle
scimmie è un film del 2011 diretto da Rupert
Wyatt, reboot della serie cinematografica tratta dal
romanzo del 1963 Il pianeta delle scimmie, di
Pierre Boulle.
L’alba del pianeta delle scimmie, la trama
Nel 1968 uscì al cinema Il Pianeta delle Scimmie, film
fantascientifico in cui si ipotizzava una presa di potere dei
primati su tutta la Terra. Nel 2011, in piena crisi creativa
hollywoodiana, Rick Jaffa e Amanda
Silver realizzano una sceneggiatura che ci spiega le
ragioni del film di Schaffner del ’68. L’alba del pianeta
delle scimmie è infatti il prequel del famoso classico di
fantascienza e racconta i meccanismi che hanno generato
un’intelligenza umana nelle scimmie.
Il protagonista di L’alba
del pianeta delle scimmie è Will (James
Franco), uno scienziato alle prese con un farmaco che
mira a ricostruite le cellule danneggiate del cervello. Gli
esperimenti vengono fatti sulle scimmie e quello che Will ancora
non sa è che quel virus che lui ha sviluppato in laboratorio ha
effetti incredibile sui primati, permettendo loro di sviluppare una
super intelligenza, ma sugli esseri umani ha terribili
conseguenze.
L’alba del pianeta delle scimmie,
evoluzione tecnologica e drammaturgica
Un’affermazione ronza
nella testa di chi guarda L’alba del pianeta delle
scimmie, dal primo all’ultimo minuto: “E’ sbagliato”.
Inevitabile in questo caso l’avversione e la critica alla
sperimentazione sugli animali, nessuno ne conosce le conseguenze.
Ma ancora più grave è per l’uomo pensare di poter dominare una
natura selvaggia che per quanto umanizzata, resta pur sempre
soggetta agli istinti.
E’ quanto succede a Cesare,
straordinario scimpanzé protagonista, interpretato in motion
capture dall’attore che ormai ha fatto di questa tecnica una
missione personale: Andy Serkis. Incredibili gli effetti speciali,
realizzati dalla Weta, che
ormai fa sembrare obsolete le scene di massa de Il Signore degli Anelli, che tanto avevano
sorpreso il pubblico all’epoca.
L’alba del pianeta delle scimmie,
l’inizio di una nuova saga
Oltre le implicazioni morali, che
in un blockbuster sono quasi sempre secondarie, il film diretto da
Rupert Wyatt si rivela un gran bel lavoro, che
coniuga intrattenimento nella forma più banale dell’action, con la
costruzione di dinamiche intime trai personaggi che permetto
l’identificazione con le situazioni. Anche in questo film è buona
la prova di James Franco, scienziato benintenzionato che
non riesce a far valere l’etica sull’economia, e di incredibile
realtà è il suo rapporto con Cesare, che diventerà poi il capo
della ribellione.
L’alba del pianeta delle
scimmie si conclude con il preludio, l’alba di quello che
troveranno gli astronauti che vengono dichiarati persi nello
spazio, una volta riatterrato sul loro pianeta. Anche in questo
caso, come già per Harry Potter e i
Calice di Fuoco, Patrick Doyle compone
una colonna sonora di tutto rispetto, che coinvolge e sostiene il
racconto senza mai invaderlo. Nel cast di L’alba del
pianeta delle scimmie anche Tom Felton in un piccolo ruolo che però ci fa
apprezzare le sue discrete doti,
John Lithgow e Freida Pinto.
Alla fine Cesare troverà la sua
casa e Will si dovrà serenamente rassegnare a lasciar andare il suo
amico dagli occhi luminosi, ignaro che il primate sarà da li a poco
la causa di una conquista ben più grande. A chi era rimasto deluso
dal IlPianeta delle Scimmie
targato Burton diciamo: andate a vedere come tutto
ebbe inizio!
L’Alba del Pianeta delle
Scimmie, film del 2011 diretto da Rupert
Wyatt, è la pellicola che ha riaperto il franchise tratto
dal romanzo di Pierre Boulle, del 1963. Ora, grazie al sito Film
Sketch, abbiamo a disposizione un finale alternativo che il regista
aveva in mente per concludere la prima parte delle vicende relative
a Cesare. Se la conclusione proposta al cinema aveva un piccolo
lieto fine, l’idea di Wyatt era molto più apocalittica, quasi ad
anticipare quello che poi sarà Apes Revolution.
Abbiamo a disposizione alcuni
concept, creati da Brian Cunningham, in cui Cesare scala la Statua
della Libertà che sovrasta una New York in fiamme:
L’Alba del Pianeta delle
Scimmie (tit. originale The Rise of The
Planet of the Apes), è un film uscito nel 2011, che
ha riscosso successo sia di pubblico, sia di critica. Lo stesso si
può dire per il suo sequel del 2014, Apes
Revolution Il Pianeta delle Scimmie,
conAndy Serkisancora
una volta nel ruolo di Cesare.
Ecco il trailer ufficiale in italiano de L’alba del pianeta
delle Scimmie che vede trai suoi protagonisti James Franco, Freida
Pinto e il potteriano Tom Felton.
L’anno scorso, e precisamente qui, vi
raccontammo la storia surreale e shockante della giornata
Fassbender, con degradanti visioni non adatte a un
pubblico di persone sensibili sulla perdita di dignità del comparto
femminile lidense al fine di ottenere attenzioni dal noto divo
irlandese di origine tedesca.
Gente abbarbicata sul muretto
adiacente il red carpet fin dalle prime ore del mattino,
scottandosi la pelle sotto al sole cocente, rischiando il collasso,
urlando istericamente senza motivo pure quando usciva l’addetto
alla sicurezza – alle due del pomeriggio. Che cazzo te urli, che i
red carpet so’ alle 19.00? – il tutto al fine di ottenere cosa?
Piccole cose. Quello che ogni fan si aspetta dal suo beniamino. Un
selfie, un sorriso, uno sguardo, trenta centimetri di minchia.
Oggi è uguale, ma in versione
maschile. L’oggetto del desiderio è Jennifer
Lawrence, che arriva qui per presentare Mother! di
Aronofsky, di cui tra poco parliamo perché fa ride per un sacco di
motivi. Individui sudaticci delle età più svariate, sexy come uno
stronzo fuoriuscito dal vaso ed educati come un galeotto portato in
uno strip-club alla sua prima notte libera, si accalcano nelle zone
‘di probabile incontro’ – dalla terrazza dell’Excelsior alla
darsena del Casinò, ribattezzata, per questo motivo, darsena del
casino – scambiandosi ammiccamenti e battute della finezza di un
salame di cioccolato sulle modalità in cui si accoppierebbero
ripetutamente con la bionda interprete di Hunger
Games.
Urlano sguaiati e profumano come
caprini stagionati, e poi si lamentano se lei non si ferma. “Se la
tira”, dicono. E te credo, che se la tira, che se ve la tira a voi,
come minimo si deve fare lavande vaginali per sei anni. Non aiuta
l’invidia. Infatti, nel film, che abbiamo visto stamattina, fin
dall’inizio si capisce che accadranno cose inquietanti, la
più spaventosa delle quali è che Jennifer, giovane attraente e con
le puppe a pera, sta con un vecchio panzone impotente come
Javier Bardem.
Alt, fan di Javier
Bardem, che già vi vedo nervosetti e non vorrei che vi
partisse la brocca come l’altro ieri a quelli di Lapo Elkann,
che ci hanno scritto inviperiti manco gli avessimo insultato la
mamma. Non stiamo dicendo che Javier Bardem è un
vecchio panzone impotente, ma che è molto bravo a interpretare quel
ruolo. Forse perché gli calza a pennello. (Ok, stiamo dicendo che
Bardem è un vecchio panzone impotente – si chiama ironia – ma in
questo modo vi confondiamo così se siete dei cacacazzi che non
capiscono l’ironia avete già smesso di leggere e non ci romperete
le palle con le vostre proteste. Se invece siete intelligenti
continuate).
E poi niente, un incubo lucido,
gente inquietante che ti bussa alla porta, pestaggi, cannibalismo
(aridaje, dopo il giapponese di ieri), cuori strappati, corpi
bruciati, pavimenti che perdono sangue, rituali occulti, cani e
gatti che vivono insieme. Ora. Sono tutte cazzate. Ma col botto
proprio. Che a ripensarci ti scappa su da ridere. Eppure negli
incubi succede così: che lì per lì ti spaventi e poi dici, come in
un flusso di coscienza che ci permetterà di citare coltamente Joyce
e L’Ulisse:
“Oddiomachecazzodesognomesoimmaginatachevenivagenteinquietanteincasaederasempredipiùepoichiedevoaiutoamiomaritomaluieracattivononmesecacavaedavarettaastistronziepoieroincintaeceralaguerraequestisemagnavanoilbambinomachecazzodisognomacheèstatalapeperonatadeierimalimortaccisualosapevochenonladovevomagnàahahahahahahmadòchecazzatamoceridomastanottemesosvejatacollansia”.
Inoltre, mi dovete spiegare perché
il film de quella che se trasformava in cigno – in cigno, che cazzo
– spezzandosi letteralmente le ossa e spargendo tendini sul
pavimento come nel più truculento degli ‘straight to video’ Troma
anni ’90 era stato accolto come una sottile metafora sul sacrificio
nella ricerca della perfezione, mentre questo, che poi alla fin
fine non è altro che una metafora della creazione letteraria (pure
abbastanza scorreggiona, ma non meno dell’altra) non ve va bene.
Perché in sala ci sono stati parecchi ‘buuu’ e fischi. Pure qualche
applauso a dirla tutta. Siccome a me piace che Aronofsky riesca a
far passare per capolavori delle cazzate colossali e anche il
contrario, un po’ fischio, un po’ applaudo, e un po’ dico volgarità
a caso, perché trovo divertente dire volgarità a caso mentre c’è
casino e la gente non sente, un po’ come quando da ragazzino
nel coro dell’oratorio bestemmiavo. Dio mi perdonerà, rideva
pure lui.
Tornando a Jennifer – intanto
Aronofsky se la tromba e voi no, rifletteteci. Magari avrà fatto un
film di merda ma ha scoperto il sapone – sia chiara una cosa: io
pure il mio tentativo di selfie l’ho fatto, ma vista com’era la
situazione ho fatto due conti e ho pensato che quell’ora e mezza
passata ad aspettare dietro ad altre diecimila persone la potevo
investire in piscia e spesa e ho rinunciato. Un quarto d’ora, per
la figa, vale la pena spenderlo, di più no, anche perché non è che
alla fine te la dà. Anzi, spesso nemmeno il selfie riesci a fare e
ti ritrovi a consolarti con una foto abbracciato ai puzzolenti
omaccioni di cui sopra, tutti uniti nel dolore della sconfitta come
se avesse perso la squadra preferita.
Ad ogni modo, lisciare la Lawrence
non mi fa tanto male come l’altro mio grande fallimento personale
di questa Mostra. John Landis continua a non
cagarmi, sebbene mi sia fatto una corsa a perdifiato per la sua
proiezione di Thriller 3D perché avevo letto sul
programma 23.15 e invece era un’ora prima. Arrivo per il rotto
della cuffia e lui è in ritardo. Vedo il film (bellissimo, con
tanto di making of sui trucchi di Rick Baker. Altro che ste cagate
digitali che ci propinano ora) poi esco e lo aspetto fuori dalla
sala per proporre una simpatica foto insieme. Niente da fare:
“autografi sì, foto no”, dice. E mi sta bene, ma perché poi la foto
se la fa con tutti gli altri presenti qui a Venezia, tra un po’
pure co’ Brunetta, e a me no? Che t’ho fatto, Landis? Eppure, ero
in missione per conto di Dio.
Ang
Devo dire che dopo aver
letto il resoconto di oggi di Ang non me la sentirei quasi di
aggiungere nulla, un po’ perché so scoppiata a ride in sala stampa
e m’hanno bevuto (sì i post io e Ang non li scriviamo vicini
digitando a quattro mani come dei poliponi, ma ce li passamo da una
sala stampa all’altra, lui ovviamente sta in quella Vip, io in
quella dei morti di figa, per restare in tema) un po’ perché ho
visto anche io Aronofsky e credo di essere stata l’unica persona
che ha pianto, e non perché ha trovato orrendo il film. Quindi sono
un po’ provata. Ma devo dire che due parole sull’inciviltà durante
le proiezioni vanno spese.
Qua al Lido siamo costretti a
convivere con gente orrenda, sconosciuti che tu non ci staresti
vicina nemmeno in coda dal fruttarolo che invece qui ti trovi sulla
poltrona accanto, per capirci. Un’umanità così variegata che ormai
non ti chiedi più niente, cosa ha senso e cosa no, perché la
vecchia che te vede in coda deve sguscià davanti, quella seduta
accanto a te e tiene otto posti con le borse ti imbruttisce se le
chiedi a film iniziato di liberarne uno, perché, ad esempio, la
gente entra in sala a 20 minuti dalla fine. Perché so più i
vaffanculo che prendi che quelli che dai, ad esempio, come dovrebbe
essere perché sei una persona educata e il resto del mondo no.
Dopo tutto st’ambiente demmerda,
dopo le cose surreali alle quali assisti, uno invece – giustamente
– non può accettare di non cogliere immediatamente il senso di una
pellicola di un regista visionario come Aronofsky, e se sente in
dovere de fischià. Vorrei dire a queste persone che rompono il
cazzo anche appunto se in sala stampa te vibra il cellulare, o se
fumi mentre sei in coda con loro, che invece urlare ‘cretino’ o
‘vergogna’ durante la visione di un film li rende in effetti dei
veri gentiluomini, dei veri cazzutissimi esseri. E ricordare loro
che almeno Aronofsky fa i film, voi non siete in grado manco de
piscià centrando il buco, me lo ha detto la donna delle pulizie,
anzi pure per questo vergognatevi.
Intanto spero che la Lawrence sputi
sul red carpet come un lama, è quello che ve meritate.
Chiaro omaggio al film L’alba
dei morti viventi di George A. Romero,
L’alba dei morti dementi è un film del
2004 diretto dal regista Edgar Wright. Divisa tra
la parodia e l’horror, la pellicola è in breve tempo diventata un
vero e proprio cult, ricevendo un apprezzamento unanime da parte di
critica e pubblico, e affermandosi come uno dei migliori prodotti a
tema zombi degli ultimi anni.
Ecco 10 cose che non sai di
L’alba dei morti dementi.
L’alba dei morti dementi cast
1. È interpretato da
frequenti collaboratori del regista. I protagonisti del
film sono Shaun ed Ed, interpretati rispettivamente da Simon Pegg e Nick Frost, attori che hanno lavorato con Wright in più
occasioni. A loro si aggiungono anche Kate
Ashfield, nel ruolo della ragazza di Shaun, Martin Freeman, Bill Nighy, DylanMoran, Penelope Wilton e
Lucy Davis.
2. Il rapporto tra i due
protagonisti è basato su una reale amicizia. Nello
scrivere della forte amicizia tra i personaggi di Shaun ed Ed,
Simon Pegg, anche sceneggiatore del film, si è
basato sul periodo in cui ha condivido un appartamento con l’amico
Nick Frost, riportando nella storia molti elementi
della loro amicizia.
3. Wright e Pegg hanno
dovuto chiedere soldi agli amici. Il film fu inizialmente
proposto alla Film4, che dopo un iniziale interesse taglio tuttavia
il budget del film. Pur di finanziare il film, il regista accettò
numerosi altri lavori, chiedendo allo stesso tempo un prestito ai
propri amici. Riuscì infine a realizzare il suo film, che si rivelò
un successo.
4. Si pensava di realizzare
un sequel. Dato l’incredibile successo del film, Pegg e
Wright parlarono della possibilità di realizzare un sequel, con
nuovi mostri al posto degli zombi. Tuttavia, soddisfatti del
risultato già ottenuto, preferirono non darvi un sequel, ritenendo
conclusa la storia di quei personaggi.
L’alba dei morti dementi
streaming
5. È disponibile in
streaming. Il film è presente nei cataloghi di diverse
piattaforme streaming. Tra queste si annoverano Rakuten TV, Google
Play e Apple Itunes. Sottoscrivendo un abbonamento, sarà possibile
noleggiare o acquistare il film, rivedendolo a proprio
piacimento.
L’alba dei morti dementi
Netlfix
6. È presente sulla celebre
piattaforma streaming. È possibile ritrovare il film anche
nel catalogo del servizio di streaming Netflix. Se si dispone di un abbonamento sarà
possibile riguardare il film, con la possibilità di vederlo anche
in lingua originale, con o senza sottotitoli.
L’alba dei morti dementi
recensioni
7. È stato apprezzato da
importanti registi. Il film ha ricevuto pieni consensi da
importanti registi del genere horror e non. George A.
Romero, omaggiato nel titolo, ha dichiarato che il film è
estremamente avvincente. Quentin Tarantino lo ha
invece indicato come il miglior film dell’anno e uno dei migliori
film dagli anni novanta in poi. Anche Peter
Jackson ha lodato il film, affermando che è in grado di
portare nuova linfa al genere “zombi”.
8. Ha un punteggio molto
alto su Rotten Tomatoes. Con un totale di 205 recensioni
di critici cinematografiche, il film ha raggiunto il 92% del
gradimento sul celebre sito Rotten Tomatoes. Altrettanto alto è il
gradimento del pubblico, che ha fatto raggiungere al film il
punteggio di 93%.
L’alba dei morti viventi IMDb
9. Ha scheda ricca di
informazioni. Sulla pagina IMDb del film è possibile
trovare numerose informazioni su questo. Oltre ad una lista
completa del cast, vi sono riportate anche numerose curiosità,
spoiler e fotografie tratte dal film.
L’alba dei morti viventi trailer
italiano
10. Ha un ottimo trailer di
presentazione. Parte del successo del film è dovuta anche
al trailer di presentazione, che è stato realizzato per non
rivelare troppo sul progetto e allo stesso tempo diffondere
soltanto un accenno di quella che è la sua atmosfera generale. Il
pubblico, attratto da quanto brevemente visto, ha poi premiato il
film andando a vederlo in sala.
L’Associazione in Italia di giovani
produttori indipendenti (AGPCI) ha firmato un innovativo accordo di
distribuzione digitale con Rai Cinema che fornirà
uno sbocco per le film indipendenti sul portale Rai Cinema
Channel e sulle altre piattaforme digitali, tra cui iTunes
e Google Play , con la quale la RAI Cinema ha giù chiuso una
partnership di distribuzione.
“E ‘ un accordo molto
flessibile “, ha detto il presidente di AGPCI Martha Capello .
“Possiamo decidere su quali territori e quali piattaforme
utilizzare per ogni titolo, Rai Cinema è ora il nostro veicolo di
distribuzione nell’arena Web”.
Questa è una delle tante iniziative della AGPCI, che si aggiunge
alla partnership con il Venice Film Market che ospiterà
sessioni di pitching dei loro progetti. Pare inoltre che
preso ci sarà anche una partnership con la Producers Guild of
America negli Stati Uniti.
Arrivato al 28° anno di attività il
NOIR IN FESTIVAL è ormai format consolidato di una manifestazione
fortemente cross mediale e di oggettivo risalto critico e mediatico
tra Italia ed Europa; quest’anno l’evento si svolgerà dal 3 al 9
dicembre a Milano e Como, secondo un modello originale che abbina
l’idea di festival come luogo di formazione (nel campus
universitario di IULM Milano) e spazio di glamour e qualità
d’autore (sul lago di Como che, tra Alfred
Hitchcock e George Clooney è ormai un punto di riferimento
internazionale).
Da sempre attento alle relazioni
tra cinema, letteratura e new media e polo d’attrazione per il
genere più diffuso nel mondo (il mystery in tutte le sue forme) il
Festival apre un nuovo capitolo della sua attività proponendosi
come motore di idee produttive nel campo dei generi.
L’AGICI – Associazione Generale Industrie
Cine-Audiovisive Indipendenti, in sinergia con il Noir in Festival,
organizza due giornate di lavoro, nelle mattinate di venerdì 7 e
sabato 8 dicembre, a Como, nelle quali approfondire importanza,
scenari, prospettive e modalità di produzione di genere nonché il
tema dell’internazionalizzazione del prodotto italiano.
Si inizia venerdì 7, dalle ore 10.30 alle ore 12.30, con
l’incontro SVIZZERA: UN PARTNER DA SCOPRIRE in
cui, alla luce del rinnovato accordo di coproduzione tra i due
paesi e ricordando il successo di pellicole come Veloce come il
vento, Lo chiamavano Jeeg Robot, fino al recente Il
mangiatore di pietre, si valuteranno progetti e tecnicalità di
un modello sostenibile per la coproduzione europea a vantaggio di
un’industria culturale indipendente e aperta alle nuove sfide
dell’internazionalizzazione.
Si continua sabato 8, dalle ore 09.00 alle ore 12.30, con il
workshop PRODURRE GENERE IN ITALIA in cui si
analizzeranno potenzialità e modalità di un’industria audiovisiva
capace di offrire contenuti e modelli sulla scena internazionale.
Il “genere”, difatti, risulta sempre un argomento delicato in cui
la nostra cinematografia sembrerebbe esitare rispetto a modelli e
formule che in passato hanno fatto la gloria della nostra
cinematografia all’estero: il giallo, il thriller, il poliziesco,
il western, il fantasy.
Le due giornate di lavoro si inseriscono nel cuore della
prossima edizione del Noir in festival che a Como propone un
programma ricco di anteprime di qualità e di incontri con grandi
protagonisti della scena noir (da Carlo Lucarelli a Jo Nesbø) fino
a un programma speciale dedicato al cineturismo e alle potenzialità
del territorio come set ideale per opportunità produttive anche
molto diverse tra loro, tra acqua, montagna, ville storiche, il
confine e la civiltà del lago.
“Il tempo dei festival come semplice luogo della visione e
della scoperta”, dice Giorgio Gosetti, “sta
inevitabilmente esaurendosi. Sempre di più il festival deve sapersi
connettere al territorio per valorizzarlo e offrirsi come
piattaforma creativa per l’industria culturale proponendo una
propria identità specifica in questo senso. È la nuova scommessa
che, grazie ad AGICI e con il contributo di Istituto Luce –
Cinecittà e SIAE, ci siamo proposti a partire da
quest’edizione”.
Lo avevamo lasciato
mentre, in occasione della premiere di
Maleficent a Los Angeles, la polizia lo
portava via ammanettato, dopo aver compiuto l’ennesima aggressione
ai danni di star del cinema (in quel caso Brad
Pitt). Adesso Vitalii Sediuk, l’ormai
celebre ‘disturbatore’ di Hollywood, ha ricevuto una punizione per
le sue scorribande.
L’ex giornalista di 25 anni avrà
l’obbligo, da ora in poi, di stare ad una distanza minima di 500
yards (circa 460 metri) da qualsiasi evento legato allo star system
e al mondo del cinema e dello spettacolo hollywoodiano, comprese
premiazioni, red carpet, eventi di qualsiasi genere che prevedono
la partecipazione di star.
All’uomo sarà anche proibito di
possedere armi pericolose e sarà anche costretto a frequentare, una
volta a settimana, uno psicologo. Dovrà svolgere dei lavori
socialmente utili e pagare una multa.
“Siamo onesti, ci sono sono solo
due eventi importanti al Nokia Theatre L.A. Live: i Grammy e gli
Emmy. Penso di poter sopravvivere senza partecipare a questi
eventi. C’è così tanto altro che accade a Los Angeles.”queste
furono le parole di Sediuk quando fu bandito da qualsiasi evento si
tenesse al Nokia Theatre L.A. Live. Chissà adesso cosa avrà da dire
in merito alla sentenza.
Medusa Film ha diffuso
il trailer ufficiale di L’agenzia
dei Bugiardi di Volfango De Biasi la nuova
commedia che arriverà al cinema dal 17 gennaio. Protagonisti del
film Ciampaolo Morelli, Massimo Ghini, Alessandra Mastronardi,
Paolo Ruffini, Herbert Ballerina, Diana Del Bufalo, Carla Signoris, Paolo
Calabresi, Raiz, Nicolas Vaporidis e con Antonello
Fassari.
L’agenzia dei Bugiardi, la trama
Nel film il seducente Fred
(Giampaolo Morelli), l’esperto di tecnologia Diego (Herbert
Ballerina) e l’apprendista narcolettico Paolo (Paolo Ruffini)
sono i componenti di una diabolica e geniale agenzia che fornisce
alibi ai propri clienti e il cui motto è “Meglio una bella bugia
che una brutta verità.” Fred si innamora di Clio (Alessandra
Mastronardi), paladina della sincerità a tutti i costi, alla quale
quindi non può svelare qual è il suo vero lavoro.
La situazione si complica quando
Fred scopre che il padre di Clio, Alberto (Massimo Ghini) è un suo
cliente, che si è rivolto all’agenzia per nascondere alla moglie
Irene (Carla Signoris) una scappatella con la sua giovane amante
Cinzia (Diana Del Bufalo). Accidentalmente, per una
distrazione di Alberto, si ritroveranno in vacanza tutti insieme:
Irene, Clio, Alberto e Cinzia in una situazione esplosiva.
Cosa si inventeranno questa volta Fred e i suoi per creare
l’alibi perfetto e sfuggire ancora una volta alla verità?
Ogni anno in Italia vengono
realizzati film incentrati su personaggi diversi da quelli che si è
abiutati a vedere nelle opere più blasonate. Giovani smarriti,
adulti ancora in cerca della propria identità, stranieri impegnati
nel difficile processo di immigrazione. I film loro dedicati
raccontano una parte di popolazione italiana troppo spesso
dimenticata ma che esiste ed è parte integrante della colorata
varietà che caratterizza questo paese. Tra i titoli più recenti si
possono citare Una sterminata domenica,
Giulia e Princess. Tra questi rientra anche L’afide
e la formica, opera prima di Mario
Vitale.
Come spesso accade a questi titoli,
anche L’afide e la formica è passato grossomodo in sordina
nelle sale italiane, schiacciato da titoli più grossi e
pubblicizzati. Si tratta però di un toccante racconto incentrato su
due diversità che si incontrano per riconoscersi come simili nel
dolore e nella voglia di riscattarsi. L’afide e la formica
è dunque un esordio da non perdere, pluripremiato e da molti
indicato come la migliore opera prima del suo anno, per la capacità
di affrontare il tema dell’integrazione e della collaborazione tra
culture diverse con grande sensibilità.
Grazie ora al suo passaggio
televisivo, è dunque un film da non perdere, che oltre a raccontare
una bella storia offre uno sguardo su realta che, come già detto,
non sempre trovano spazio a sufficienza sul grande schermo. Prima
di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e al significato del
film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
La trama di L’afide e la formica
Protagonista del film è
Fatima, una ragazza di 16 anni nata in Calabria da
genitori mussulmani e dunque costretta ad indossare il velo
previsto dalla sua cultura. Ora che è in piena adolescenza, Fatima
vive però tutti i conflitti e le emozioni tipiche della sua età,
sentendosi tuttavia fuori posto rispetto ai suoi coetanei. Questo
finché un giorno l’insegnante di educazione fisica, Michele
Scimone, propone ai suoi studenti di iscriversi alla
maratona di Sant’Antonio. Agli occhi di Fatima è la prima vera
opportunità da cogliere, ma per l’insegnante, tormentato da un
passato irrisolto, il velo che Fatima indossa è motivo di
pregiudizio. Il loro sarà l’inizio di un rapporto che li cambierà,
con la corsa che riuscirà a renderli entrambi liberi.
Il cast di L’afide e la formica e le location del
film
Ad interpretare Fatima vi è
l’attrice Cristina Parku, qui al suo primo ruolo
in un film ma vista poi anche nelle serie Petra e Sei
donne: Il mistero di Leila. Accanto a lei, nel ruolo
dell’insegnante Michele Scimone vi è invece l’attore
Giuseppe Fiorello, volto noto del piccolo schermo
che nel 2023 ha debuttato anche come regista del film Stranizza d’amuri. Ad interpretare la sua ex moglie
Anna, nel film, vi è invece l’attrice Valentina Lodovini, vista nei film 10
giorni senza mamma e Cambio tutto!. L’attore Alessio
Praticò di Il
mio nome è Vendetta, interpreta Nicola, mentre
Anna Maria De Luca è Concetta.
Per quanto riguarda i luoghi dove è
stato girato il film, essi sono da ritrovarsi tutti nella città
calabrese Lamezia Terme, in provincia di
Catanzaro. Il regista, nato proprio in questo
comune, ha raccontato di averlo scelto per poter raccontare una
storia legata alla sua terra diversa rispetto alla narrazione
stereotipata a cui si è abituati, allargando inoltre il discorso ai
nuovi cittadini italiani, ovvero gli immigrati di seconda
generazione. Per L’afide e la formica, Lamezia Terme
è dunque stato il luogo giusto dove ambientare le vicende di Fatima
e dar voce al suo senso di smarrimento, come anche alla sua ricerca
del proprio posto nel mondo.
L’afide e laformica: il significato del
titolo e del film
L’afide e la formica può
sembrare un titolo piuttostro strano da dare ad un racconto di
formazione, di redenzione e in generale incentrato sui legami
umani. Si tratta però di un titolo estremamente appropriato a ciò
che vuole raccontare il film. Quello tra le formiche e gli afidi è
infatti un rapporto particolarmente importante, che permette alle
prime di ottenere grazie ai secondi il fabbisogno di zuccheri grazie alla
melata, mentre gli afidi traggono vantaggio dalle formiche perché
queste li difendono dai predatori e parassiti. È poi
il film stesso a fornire una spiegazione a questo titolo.
I due protagonisti, parlando proprio
dell’afide e la formica, prendono l’esempio di simbiosi in natura
di questi due insetti per descrivere il loro rapporto. Il film
racconta infatti di due personaggi che si scambiano emozioni, che
entrano in contatto l’uno con l’altro aiutandosi vicendevolmente.
Pur se inizialmente concentrati solo sulle rispettive differenze,
Fatima e Michele impareranno a superare insieme gli ostacoli che la
vita presenta loro, trovando forza l’uno nell’altro per difendersi
e reagire, raggiungendo così i rispettivi obiettivi di vita.
Il trailer di L’afide e la
formica e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
L’afide e la formica grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Chili Cinema, Prime Video e Rai Play.
Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento,
basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento
generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al
meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel
palinsesto televisivo di martedì 2 gennaio alle
ore 21:20 sul canale Rai 3.
Subito dopo le classifiche dei
dieci migliori film del 2016 rilasciate da alcuni
importanti gruppi mediatici quali National Board of
Review, Critics Choise
e Los Angeles Film Critics Association
finalmente anche l’American Film Institute
(AFI) ha reso nota la propria top
ten ufficiale per l’anno in corso. Di seguito riportiamo
l’elenco:
Arrival
Fences (Barriere)
Hacksaw Ridge
Hell or High Water
La La Land
Manchester by the Sea
Moonlight
Silence
Sully
Zootropolis
Non stupisce affatto trovare
all’interno della top ten
dell’AFI una pellicola come La La
Land, musical diretto da Damien
Chazelle già favorito alla corsa agli
imminenti Accademy Awards, perfettamente in
linea con altri grossi progetti quali lo
sci-fi Arrival di Denis
Villeneuve piuttosto
che l’attesissimo Silence
di Martin Scorse e il
pacifista Hacksaw
Ridge di Mel Gibson. In lista
anche il piccolo-grande capolavoro di Clint
EstwoodSully così come il campione
d’incassi animato Zootropolis, preferito al
più recente Oceania.
Il drammatico Manchester by
the Sea diretto da Kenneth
Lonergan e interpretato dalla coppia Michelle
Williams-Casey Affleck sembra anch’esso pronto a far
parlare di se, allo stesso modo in cui il neo-western di
frontiera Hell or High
Water con Chris Pine e un
redivivo Jeff Bridges è quanto di più fresco
e sorprendete si sia visto sul grande schermo di
recente. Fances segna poi la terza prova
di regia di Dezel
Washington dopo Antwone Fisher
(2002) e The Grat Debaters
(2007), annunciandosi come un prodotto quantomeno in linea
con la poetica di un attore che ha dimostrato di saper fare il suo
mestiere sia davanti che dietro la macchina da presa.
Moonlight di Berry
Jenkins si porta invece sullo scottante tema
dell’omosessualità allineano di un ambiente di emarginati sociali e
in cui la tossicodipendenza domina su ogni cosa. La classifica
stilata dall’AFI appare per il 2016 decisamente
più coerente rispetto a quella degli scorsi anni, tornando a
favorire un’eterogeneo gruppo di opere di indubbia qualità che
abbia già avuto modo di apprezzare o che presto vedremo sul grande
schermo.
Il divorzio è un argomento
quantomai delicato, che porta quanti ne sono coinvolti a vivere
sentimenti contrastanti, spesso stranianti. Allo stesso tempo, è un
evento che permette di far uscire aspetti dell’animo umano spesso
taciuti o altrimenti difficili da raccontare. Proprio per questo il
divorzio è spesso stato al centro di grandi storie per il cinema.
Dal classico Kramer contro Kramer al più recente Storia di unmatrimonio, passando per l’iraniano Una separazione. Tra
questi si colloca anche l’acclamato L’affido – Una
storia di violenza, diretto nel 2017 dall’esordiente
Xavier Legrand, da quel momento affermatosi come
nuovo nome da tenere d’occhio del cinema francese.
Il suo film è la tesa ed essenziale
cronaca di una separazione, che affronta in un magistrale crescendo
di suspense la violenza domestica attraverso differenti generi
cinematografici. Nell’idearlo, infatti, il regista non si è
ispirato solo al citato Kramer contro Kramer, ma anche a
film più cupi come La morte corre sul fiume e
Shining. Legrand porta così il pubblico ad acquisire
maggiore consapevolezza su tale tema, giocando con le invenzioni di
messa in scena che il cinema offre. Accolto con entusiasmo dalla
critica internazionale, il film è stato premiato con il Leone
d’argento per la migliore regia e il Leone del Futuro come migliore
opera prima alla Mostra di Venezia.
L’affido ha poi vinto
anche come miglior film, miglior attrice e miglior sceneggiatura
originale ai prestigiosi Premi Cesar, considerati gli Oscar
francesi. Si tratta dunque di un film particolarmente importante,
che punta a rivelare la violenza sotterranea, le paure taciute, le
minacce sommesse vissute ogni giorno da migliaia di donne, in tutto
il mondo. Prima di intraprendere una visione del film, sarà qui
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
L’affido: la trama del film
Protagonista del film è
Miriam Besson, la quale si trova nel pieno del
divorzio dal marito Antoine Besson. Questi è il
responsabile della sicurezza presso un ospedale, dove è considerato
da tutti un brav’uomo e una persona premurosa. Nonostante tale
descrizione, Miriam richiede l’affido esclusivo dei figli
Joséphine, di diciotto anni, e
Julien, di undici anni. Durante il processo,
infatti, la donna fa emergere un ritratto del marito come di una
persona tutt’altro che equilibrata, accusandolo di atti di violenza
e atteggiamenti intimidatori nei confronti tanto di lei quanto dei
figli. La sua battaglia legale, tuttavia, è costretta ad
infrangersi contro un giudice sordo alla richiesta di aiuto di
Miriam.
Nonostante le argomentazioni di lei
e una lettera di Julien, il giudice responsabile della causa
concede infatti l’affidamento condiviso e costringe il bambino a
trascorrere i fine settimana con suo padre. L’essersi visto
accusato in quel modo, inoltre, porta Antoine a diventare
effettivamente più violento e minaccioso. L’uomo, infatti, sembra
del tutto incapace di lasciare l’ormai ex moglie alla sua nuova
vita, desiderando esercitare ancora tutto il suo potere su di lei.
Per Miriam ha così inizio la più dura delle battaglie, durante la
quale dovrà riuscire a dimostrare la pericolosità dell’uomo prima
che possa essere troppo tardi.
L’affido: il cast
Per dar vita al film, il regista si
è affidato grossomodo ad un cast di attori poco noti, tra cui si
annoverano SaadiaBentaieb nei
panni del giudice, Emilie Incerti-Formentini in
quelli dell’avvocato Ghenen e Sophie Pincemaille
in quelli dell’avvocato Davigny. Martine
Vandeville e Jean-Marie Winling sono
invece presenti nei panni di Madeleine Besson e Joel Besson, i
genitori di Antoine. Florence Janas è invece
l’interprete di Sylvia, la sorella di Miriam. Di particolare
importanza sono invece gli attori esordienti nei panni dei figli
della coppia in fase di divorzio. Mathilde
Auneveux è l’attrice presente nel ruolo di Joséphine, la
figlia diciottenne di Antoine e Miriam.
Thomas Gioria
interpreta invece l’undicenne Julien Besson. Il giovane attore ha
ricevuto numerose lodi proprio per la sua struggente e intensa
interpretazione. Infine, nei panni di Antoine Besson vi è l’attore
Denis Ménochet, noto a livello internazionale per
aver interpretato Perrier LaPadite in Bastardi senza
gloria, di Quentin
Tarantino. Per Ménochet non è stato facile
interpretare Antoine, dovendo in tutti i modi cercare di non
giudicare i suoi comportamenti. Nei panni di Miriam Besson vi è
invece l’attrice Léa Drucker, recentemente
divenuta nota anche grazie al film Due. Anche per lei il
ruolo di Miriam si è rivelato complesso, dovendo far emergere tutte
le sue fragilità ma anche la sua forza indissolubile.
L’affido: il trailer e dove vedere
il film in streaming e in TV
Prima di vedere tali sequel, è
possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete.
Dragonheart è infatti disponibile nei cataloghi di
Rakuten TV, Apple iTunes, Amazon Prime Video e Now. Per vederlo,
una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare
il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà
così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un
dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di martedì 27
aprile alle ore 21:15 sul canale
La 5.
Esce al cinema il prossimo 21
giugno, distribuito da Nomad Film e P.F.A.
Films, L’affido – Una Storia di Violenza,
diretto da Xavier Legrand e presentato a
Venezia 74, dove ha vinto il Leone d’Argento alla
migliore regia e il Leone del Futuro.
Il film è la tesa ed essenziale
cronaca di una separazione, che affronta in un magistrale crescendo
di suspense la violenza domestica attraverso differenti generi
cinematografici.
“Tre film mi hanno guidato in
fase di scrittura: Kramer contro Kramer, La morte corre sul fiume e
Shining. Ho voluto far crescere la consapevolezza del pubblico su
questo tema usando il potere del cinema che mi ha sempre
affascinato. In particolare quello di Hitchcock, Haneke o Chabrol,
il tipo di cinema che coinvolge lo spettatore giocando con la sua
intelligenza e i suoi nervi”, afferma il regista
Xavier Legrand.
SINOSSI: Dopo il divorzio da
Antoine, Myriam cerca di ottenere l’affido esclusivo di Julien, il
figlio undicenne. Il giudice assegnato al caso decide però per
l’affido congiunto. Ostaggio di un padre geloso e irascibile,
Julien vorrebbe proteggere la madre dalla violenza fisica e
psicologia dell’ex coniuge. Ma l’ossessione di Antoine è pronta a
trasformarsi in furia cieca.
Accolto con entusiasmo dalla critica
internazionale, premiato con il Leone d’argento per la migliore
regia e il Leone del Futuro come migliore opera prima all’ultima
Mostra di Venezia, L’affido è un film che – come spiega il regista
– “rivela la violenza sotterranea, le paure taciute, le minacce
sommesse” vissute ogni giorno da migliaia di donne, in tutto il
mondo.
Mentre cresce l’attesa per l’arrivo
del primo trailer di Star Wars Il Risveglio della
Forza di J.J. Abrams oggi in rete arriva un
divertente video che ci mostra un aeroporto decisamente diverso dal
normale, e guardate un po’ che tipo di veicoli arrivano e
partono:
Vi ricordiamo che
Star
Wars il Risveglio della Forza uscirà sul
grande schermo il 18 dicembre 2015 con un cast che include gli
interpreti storici Mark
Hamill, Harrison
Ford, Carrie
Fisher, Anthony
Daniels, Peter
Mayhew e Kenny Panettiere con
le nuove aggiunte John
Boyega, Daisy
Ridley, Adam
pilota, Oscar
Isaac, Andy
Serkis, Domhnall
Gleeson, Lupita
Nyong’o, Gwendoline
Christie e Max von
Sydow.
Come c’era da aspettarsi, l’addio di Josh
Trank al progetto del secondo spin off di
Star
Wars, definita dal regista una decisione
personale, sta facendo discutere e sorgono, di conseguenza, le
prime congetture in merito. Dopo le motivazioni che coinvolgono il
produttore Kingberg, che vi abbiamo già raccontato qui, arrivano adesso altri
elementi che vorrebBERO Trank un regista isolato e poco
collaborativo, senza una chiara direzione dei lavori e spesso non
disposto a dare spiegazioni alla troupe sul da farsi. Un rapporto
dice inoltre che i cagnolini del regista, lasciati soli in un
appartamento in affitto a New Orleans, avrebbero causato milioni di
dollari di danno, che la Fox ha dovuto rimborsare.
Questo elemento bizzarro, unito ai
problemi di produzione di Fantastici 4, di cui la Fox si dichiara
comunque molto soddisfatta, dovrebbero aver causato la rottura tra
Trank e la Disney.
Ovviamente si tratta di supposizioni
e per le motivazioni ufficiali continuiamo a fare affidamento sulla
dichiarazione pubblica
rilasciata dal regista sul sito di Star
Wars.
Con L’acqua l’insegna
la sete – Storia di classe, Valerio
Jalongo torna al documentario dopo Il senso della bellezza e riprende il
tema della scuola, affrontato nel 2010 con il film di finzione
La scuola è finita. Il nuovo lavoro è
stato svolto nell’arco di 15 anni, con 5 anni di riprese,
attraverso cui il regista romano, ticinese d’adozione, racconta la
scuola senza falsa retorica, ma con autentica sensibilità ed
emozione.
I protagonisti di L’acqua,
l’insegna la sete – Storia di classe
2020. Il professore in pensione
Gianclaudio Lopez parte da una poesia di Emily
Dickinson per iniziare a parlare dei suoi alunni. Quella 1 E
dell’Istituto Superiore “Roberto Rossellini” di Roma che nel
settembre 2004 cominciò a raccontarsi in una sorta di video-diario.
Scorre i loro temi e poi li riporta agli autori, oggi trentenni,
per parlare con loro di quegli anni, della loro esperienza a
scuola, ma anche delle loro vite di oggi. Si sono realizzati o
stanno ancora cercando la propria strada? Hanno avuto dalla scuola
ciò che pensavano? Cosa hanno dato alla scuola? Così si raccontano
Lorenzo Albrizio, che ha tenacemente creduto nei
suoi sogni e oggi è mago, giocoliere, animatore, con una sua
azienda e venti dipendenti; Jessica Carnovale,
piena di energia e sempre positiva, che lavora in un ospizio per
anziani e cerca in ogni modo di farli sentire amati.
Gianluca Diana, che ama la natura e si prende cura
degli alberi, Corinna Jacobini, che gestisce una
pensione casalinga per cani; ha un carattere timido e chiuso e
ancora non ha trovato la propria strada. Alessio
Schippa, che ha messo da parte il sogno di diventare un
calciatore, fa lavori saltuari e appena può si dedica alla sua
passione: è un pokerista. Yari Venturini, che oggi
è cuoco e animatore di discoteche e si dedica a crescere sua
figlia, dopo essersi lasciato alle spalle un’adolescenza a dir poco
travagliata. Poi c’è il professor Lopez, che anche
in pensione continua a pensare ai suoi ragazzi e vuole dare loro
ancora un’altra possibilità.
L’acqua, l’insegna la sete –
Storia di classe, la scuola tra vitalità e malinconia
Con L’acqua l’insegna
la seteValerio Jalongo, regista, ma
anche autore del soggetto e della sceneggiatura, quest’ultima
insieme a Linda Ferri, dà la sua visione di
scuola come un luogo pieno di vita, ma il film è percorso anche da
una malinconia dolce-amara. Già il titolo porta in sé questa doppia
valenza: l’idea, che emerge dalla poesia di Dickinson, che per
capire veramente qualcosa, bisogna privarsene. Nel caso dei ragazzi
della I E e del professor Lopez, si potrebbe dire che per
apprezzare davvero il valore di quegli anni di scuola, occorra
rivederli da adulti, o da pensionati, quando sono ormai conclusi.
Nel titolo c’è anche l’idea di come i ragazzi, non solo i
protagonisti di questo bel doc, abbiano bisogno, sete di scuola
come luogo di incontro, in cui essere accolti, visti, capiti,
incentivati a sviluppare le loro potenzialità e talenti. Certo,
colpisce e rattrista che molti non abbiano ancora espresso fino in
fondo il loro talento, che siano ancora alla ricerca di sé e della
propria strada. Allora, ci si può domandare: è colpa della scuola?
L’acqua, la insegna la sete è dunque la
fotografia di una scuola in crisi, che ha fallito come istituzione,
se qualcuno rimane indietro, se non si riesce a recuperare tutti,
se qualcuno si perde?
Il film, però, mette in campo anche
altre riflessioni, se è vero che alcuni dei ragazzi hanno finito
gli studi e iniziato a lavorare nel mondo dello spettacolo, del
cinema, sui set – l’Istituto Rossellini è dedicato proprio ai
mestieri del cinema e della tv – ma hanno abbandonato quel mondo,
che descrivono come arido e privo di umanità, di attenzione
all’altro. Una concezione peraltro oggi invalsa in moltissimi
rapporti di lavoro, spesso solo orientati al risultato e privi di
empatia e umanità. Così come si solleva anche un’altra grande
questione. Se infatti la scuola dà fiducia, fornisce strumenti per
coltivare i propri talenti e costruirsi un futuro, sta pur sempre
all’individuo credere in sé, non scoraggiarsi di fronte alle
delusioni e continuare a perseverare per realizzare sé stesso.
Il difficile lavoro del professore
e dell’alunno
Il documentario di
Jalongo è tra i pochi lavori – viene in mente
La scuola di Daniele
Luchetti, tratto da due illuminanti libri di
Domenico Starnone – che mostrano cos’è veramente
la scuola, il lavoro del professore, la fatica per coinvolgere i
ragazzi, anche quando, dice Lopez, “vogliono andare al bagno in
massa”, o quando: “sono talmente presi dalla loro noia che
trovano noioso tutto. Dovresti essere un prestigiatore per farli
stupire, per farli restare a bocca aperta e dire: ma veramente a
scuola si può scoprire questo?”. Vedere come Lopez abbia fatto
– e ancora, da pensionato, faccia – il suo lavoro con passione, un
grande lavoro, è davvero coinvolgente ed emozionante. E sebbene non
tutti siano come lui, non tutti riescano a coinvolgere così tanto i
ragazzi, ad ascoltarli, a stabilire con loro un rapporto così
autentico, è pur vero che molti sanno fare bene il loro lavoro. Il
film mostra anche il lato sorprendente dei ragazzi, quei gesti
inaspettati che ripagano di tutta la fatica, come il raccontarsi in
modo spassionato in un tema. Fa toccare con mano allo spettatore,
qualora non lo sappia o non lo ricordi per esperienza personale,
quanto siano importanti per i ragazzi quegli anni. I protagonisti
del lavoro, peraltro spesso con storie non facili alle spalle,
ricordano bene il professor Lopez e le sue lezioni, come lui
ricorda di loro. Ha conservato i loro temi e quando insieme a loro
li rilegge la commozione è autentica, da entrambe le parti.
L’acqua l’insegna la
sete è un racconto sentito ed emozionante. Il regista
fa una scelta oculata in mezzo al mare magnum del materiale girato
in cinque anni, riuscendo in 76 agili minuti a dare uno spaccato
intenso e significativo delle vite dei protagonisti, anche al di là
della scuola. Il film risulta essere un potente inno alla vita,
come la scuola stessa è, con tutto il suo spettro di esperienze ed
emozioni, positive e negative. Emblematica in tal senso
l’inquadratura dei banchi dall’alto, colmi di scritte, vissuti. La
scuola è proprio questo: un concentrato di vita, racchiusa in un
tempo relativamente breve e in poco spazio. Questo film come pochi
sa raccontarla.
Dove vederlo
L’acqua, l’insegna la
sete – Storia di classe è in sala solo il 22, 23 e 24
novembre, distribuito da Desir in 15 città
italiane, in 18 sale. Prodotto da Aura Film,
Rsi,Radiotelevisione Svizzera,
Ameuropa International, con Rai
Cinema, è una coproduzione svizzero-italiana.
L’acqua l’insegna la sete – Storia di
classe di Valerio Jalongo è
disponibile dal 22 dicembre in Prima Visione On
Demand, a noleggio e in acquisto digitale, su CG Digital e
sulle principali piattaforme (Amazon, Apple Tv, iTunes, Google Play
e Chili). Dopo il successo de “Il senso della bellezza”, Valerio
Jalongo torna con un nuovo documentario, 15 anni nella vita di una
classe, alla scoperta dell’emozione e della libertà di crescere. I
loro sogni, le loro speranze, la loro rivelazione.
Scritto da Linda
Ferri e Valerio Jalongo in collaborazione
con Gianclaudio Lopez, “L’acqua
l’insegna la sete – Storia di
classe” è una coproduzione
svizzera-italiana AURA Film, RSI Radiotelevisione svizzera,
AMEUROPA International con RAI Cinema; distribuito nelle sale
italiane dal 22 novembre “L’acqua
l’insegna la sete – Storia di classe” approda ora in
Prima Visione On Demand sulle principali piattaforme digitali
grazie a CG Entertainment.
Il film è stato presentato in
concorso al 50° Festival Visions du Réel, al
42° Cinemed di Montpellier, al 18° Berlin
Festival Zeichen der Nacht, al 18° Guangzhou
Documentary Film Festival, ha ricevuto la nomination come
miglior film al 56° Solothurner Filmtage, ed è
stato premiato come Miglior film Giuria giovani a
Visioni dal Mondo, Miglior Film e Miglior
Sceneggiatura alla 22esima edizione di Inventa un
Film.
La trama
Lopez, un professore in
pensione, ritrova in un vecchio giornale di classe “L’acqua,
l’insegna la sete”, una struggente poesia di Emily Dickinson che in
pochi versi rivela come la vita ci insegni il valore delle cose. Il
prof. Lopez ha conservato tutto di quella classe: compiti, temi,
perfino un videodiario girato insieme ai ragazzi quindici anni
prima. Sull’onda di quella poesia e dei suoi ricordi, il prof.
Lopez sente il bisogno di sapere cosa è rimasto di quegli anni
passati insieme; parte così alla ricerca dei suoi alunni, che oggi
sono ormai dei “vecchi” trentenni. Porta in dono i loro vecchi
temi: rileggendoli insieme, riaffiorano confessioni, storie,
momenti di scuola che quasi magicamente riprendono vita davanti ai
nostri occhi: nelle immagini del videodiario, eccoli adolescenti
pieni di slancio, ingenuità, entusiasmo per la vita… Ma dopo tutti
questi anni anche gli alunni, diventati dei giovani adulti, hanno
in serbo molte sorprese e doni per il loro vecchio prof.
Dopo essersi dedicato alla regia di
commedie come Sono dappertutto e Quasi nemici – L’importante è avere ragione, nel 2021
il regista e attori Yvan Attal ha deciso
di portare sul grande schermo un film di genere totalmente diverso.
Si è infatti rivolto al libro Les Choses
humaines, pubblicato nel 2019 dalla scrittrice
Karein Tuil, per
realizzare L’accusa (qui
la recensione) un adattamento cinematografico della sua storia
ricca di dolore, paure e menzone che vengono scoperte. Il racconto
ruota infatti ad un accusa di aggressione sessuale, con i coinvolti
e le rispettive famiglie che si vedono gettati in un vortice dal
quale sembra non esserci via di uscita.
Presentato fuori concorso alla
Mostra del Cinema di Venezia, il film è dunque incentrato sul
processo mosso da una ragazza ad un ragazzo, accusato di essere il
suo violentatore. Un racconto profondamente drammatico, da cui
Attal punta a far emergere la verità e l’umanità di questi
personaggi, mantenendo fino alla fine un senso di ambiguità che
impedisce di formulare un giudizio certo. Tra inganni, menzogne e
verità scoperte con la forza, lo spettatore si trova dunque a dover
seguire questi personaggi fino alla fine, nel tentativo di capire
da che parte possa risiedere la verità e se è questa qualcosa che
si è pronti ad accettare.
Il passaggio televisivo di
L’accusa è dunque un’ottima occasione per riscoprire un
film francese che propone un racconto certamente non facile da
digerire ma che offre molto su cui riflettere, data la triste
frequenza con cui si verificano vicende simili. Prima di
intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile
approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso.
Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare
ulteriori dettagli relativi alla trama, al
cast di attori e alla vera storia dietro
il film. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il titolo nel
proprio catalogo.
La trama e il cast di L’accusa
Il film ha per protagonisti
Jean Farel, influente opinionista parigino, e sua
moglie Claire, una scrittrice femminista. La vita
dei due viene sconvolta dall’arresto del figlio
Alexandre, studente modello all’università di
Stanford, con l’accusa di stupro nei confronti di una ragazza
conosciuta una sera a una festa, cosa che lui nega con veemenza.
L’apparato mediatico-giudiziario entra a quel punto in moto, dando
vita ad un processo molto complicato. Quella rivolta ad Alexandre è
un’accusa reale o solo un misterioso desiderio di vendetta, come
sostiene l’imputato? L’accusa di violenza porterà in ogni caso alla
luce verità opposte tra le famiglie dei due ragazzi, mettendo gli
uni contro gli altri e portando l’equilibrio familiare dei Farel a
incrinarsi a sua volta.
Ad interpretare Alexandre Farel vi è
l’attore Ben Attal, divenuto noto proprio grazie a
questo film. Nel ruolo dei suoi genitori Jean e Claire vi sono gli
attori Pierre Arditi e Charlotte
Gainsbourg. Quest’ultima è una delle attrici francesi più
note a livello internazionale, celebre per la sua collaborazione
con il regista Lars von Trier per film quali
Melancholia,
Antichrist e Nimphomaniac. Gainsbourg, inoltre, è
anche la madre nella realtà di Ben Attal, figlio avuto dal compagno
attore Yval, regista di questo film. Recita poi nel film anche
l’attore e regista Mathieu Kassovitz, noto per
aver diretto L’odio, qui impegnato nel ruolo di Adam
Wizman. Ad interpretare Mila Wizman, la ragazza che accusa
Alexandre vi è Suzanne Jouannet, mentre
Audrey Dana è Valérie Berdah.
L’accusa: il libro e la vera storia a cui si
ispira
Come anticipato, il film è un
adattamento del libro dal titolo Les Choses
humaines, scritto da Jarine Tuil e
uscito nel 2019. Quell’anno ha vinto il Premio Interallié e il Prix
Goncourt des Lycéens. Il libro stesso, come dichiarato dalla
scrittrice, è ispirato alla storia dello stupro di Stanford,
avvenuto nel 2015-2016. Questo ha per protagonista Brock
Turner, studente della prestigiosa università americana,
che ha violentato Chanel Miller, di 23 anni,
mentre era priva di sensi il 18 gennaio 2015. Arrestato, Turner
rischiava fino a 7 anni di carcere, ma è stato condannato solo a
sei mesi perché secondo il giudice, Aaron Persky,
una pena detentiva avrebbe avuto un impatto troppo forte sullo
studente. Turner è poi stato scagionato dopo 3 mesi per buona
condotta.
È però stato obbligato a registrarsi
come criminale sessuale a vita e a completare un programma di
riabilitazione per criminali di questo tipo. Il caso ha tuttavia
influenzato la legislatura californiana, spingendo nel richiedere
pene detentive per gli stupratori le cui vittime siano prive di
sensi e a includere la penetrazione digitale nella definizione di
stupro. Il 9 agosto 2019, Miller ha deciso di rendere pubblico il
suo nome e la sua identità, fino a quel momento rimasta celata. La
giovane ha descritto la sua storia e le conseguenze dell’anonimato
e ha raccontato di aver incontrato e ringraziato i due studenti che
hanno fermato Turner quella notte. Ha poi scritto un libro di
memorie, intitolato Know My Name: A Memoir, nella speranza
che possa essere d’aiuto a vittime di violenze come lei.
Una lettera del padre di Brock
Turner alla corte, una petizione contro il giudice e il testo
pubblicato online da BuzzFeed della dichiarazione d’impatto della
vittima hanno poi attirato l’attenzione dei media nazionali e
internazionali. Karine Tuil afferma di aver discusso il caso con
degli avvocati, prima di assistere ai processi per stupro presso la
cour d’assises di Parigi. Queste esperienze sarebbero servite a
Tuil come “laboratorio” di ricerca per le fondamenta del suo
romanzo, da cui poi è stato tratto il film. C’è dunque una storia
vera dietro questo racconto, anche se la scrittrice si è assicurata
di cambiarla quel tanto che basta da non ledere le vere personalità
coinvolte.
Il trailer di L’accusa e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di
L’accusa grazie alla sua presenza su
alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in
rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten
TV, Apple TV e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il
film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
giovedì 11 gennaio alle ore 21:20
sul canale Rai 3.
In uscita nelle sale italiane il 24
febbraio 2022, L’accusa è un film del regista
francese Yvan Attal, presentato per la prima volta
fuori concorso a Venezia 78. Tratto dall’omonimo
romanzo di successo della scrittrice Karine Tuil,
il film è interpretato, tra gli altri, da Ben Attal,
Suzanne Jouannet,
Charlotte Gainsbourg, Pierre Arditi, Mathieu Kassovitz,
Benjamin Lavernhe, Audrey Dana e Judith
Chemla.
L’accusa: un solido dramma personale e sociale
Dopo le svariate incursioni di Attal
nella commedia francese, tra cui ricordiamo il suo ultimo film di
successo, Mon Chien Stupide (2019), il regista
abbandona la sua comfort zone per la sua settima fatica autoriale,
intraprendendo un’esperienza totalmente opposta: il dramma
procedurale vecchio stile (che gli permette di rendere omaggio a
Sydney Lumet) con un soggetto tanto delicato
quanto furiosamente attuale.
I Farel sono una
super-coppia: Jean è un importante opinionista
francese e sua moglie Claire una
saggista, nota per il suo femminismo radicale. Hanno un figlio
modello, Alexandre, che frequenta una prestigiosa
università americana. Durante una breve visita a Parigi,
Alexandre conosce Mila, figlia dell’amante della
madre, e la invita a una festa. Il giorno dopo, Mila sporge
denuncia contro Alexandre con l’accusa di stupro, distruggendo
l’armonia familiare e mettendo in moto un’inestricabile macchina
mediatico-giudiziaria che presenterà verità opposte.
La trama del film
L’accusa naviga sostanzialmente attorno al campo
semantico del dubbio e ai danni collaterali che esso implica (anche
se ci rendiamo presto conto che nei fatti non ve n’è nessuno),
tanto in una storia solidamente strutturata (con intricati giochi
verbali, soprattutto nell’ultimo atto), quanto in una coreografia
di interpretazioni veramente grandiose (citando tanto il team di
avvocati Judith Chemla/Benjamin Lavernhe, quanto
la nuova arrivata Suzanne Jouannet).
Il nuovo lungometraggio di Yvan
Attal trova i suoi punti di forza nella rappresentazione del furore
giudiziario e mediatico dell’epoca post MeToo, soffermandosi sul
modo in cui la società percepisce e giudica un simile caso di
cronaca, nell’ottica imperante di pregiudizi collettivi che
conducono a giudizi soggettivi, spesso fuorvianti. Diviso in tre
capitoli distinti – il punto di vista di Alexandre, quello di Mila
e quello del processo – il film, che non è così lontano dal recente
ed eccellente La ragazza con il braccialetto di
Stéphane Demoustier, è tanto una sincera apertura
al dibattito su questioni sociali cruciali, quanto una messa in
discussione frontale della responsabilità dei genitori
nell’educazione e delle ripercussioni del loro comportamento sulla
loro prole.
L’accusa: processo alle intenzioni in un tribunale
collettivo
E se questa storia apparentemente
chiara fosse in realtà molto più complessa di quanto appare? E se
sollevasse molte domande essenziali su certi stili di vita e
comportamenti?
Con il suo processo a tre gironi, Attal solleva – come nel romanzo
di Tuil – la questione del consenso, del posizionamento sociale
nelle relazioni umane, della comunicazione, dell’appropriazione del
corpo altrui, del tribunale di Twitter, della giustizia in senso
lato. Questioni quanto mai umane, lungi dal ricercare risposte
univoche, sono al centro di un film come L’accusa,
che descrive un caso in modo esaustivo, senza esprimere alcun
giudizio, proponendosi di scrutare gli aspetti più nefasti e
talvolta anche inquietanti di un sistema estremamente fallace, che
trascina tutti i suoi protagonisti allo stesso tempo in un
meccanismo terribilmente distruttivo e spazzando tutte queste
prospettive attraverso l’insieme dei riferimenti.
Fotogrammi – quasi assimilabili a
spettrogrammi – selezionati per esprimere al meglio le
argomentazioni di entrambe le parti rimodellano l’andamento ritmico
della pellicola, con un’ellissi di 30 mesi tra le prime due che
permette finalmente di affrontare il processo, lasciando da parte
il sensazionalismo per tentare di penetrare il fattuale. Si dà
quindi ampio respiro all’indecenza dell’esposizione di fantasie e
pulsioni, al ruolo del caso, alla facoltà di dissentire
all’influenza degli eventi passati, al potenziale di vendetta o di
manipolazione, alla capacità di chiedere perdono o di perdonare,
tematiche che vengono messe in discussione nel dettaglio.
L’accusa è
un’immersione realistica e senza filtri nel bozzolo lussuoso ed
egocentrico della borghesia parigina e, più direttamente, nella
sfera dei media; il film è un’opera tragica e meticolosa sui mali
della società contemporanea (la violenza sulle donne spesso
impunita, la tossicità dello sguardo monolitico maschile, l’abuso
di potere da parte dei privilegiati, l’eredità post #MeToo, la
sessualità oggi, l’eccessiva giurisdizione pubblica dei social
network…). Uno studio sociale catturato attraverso il prisma di un
ritratto familiare gradualmente terrificante, dove una prole
viziata e detestabile – come il suo progenitore – ha una nozione
profondamente dubbia di consenso, frutto di una
convivenza/educazione di un padre il cui comportamento
profondamente tossico con le donne non è mai stato veramente messo
in discussione da nessuno – meno che mai da lui stesso.
Un nuovo video di
Spider-Man celebra il 20° anniversario del
film originale di Sam Raimi. Uscito nel 2002,
lo Spider-Man di Sam Raimi
introduceva al pubblico alla versione di Tobey Maguire di Peter Parker e raccontava il
viaggio del personaggio per diventare Spider-Man. Il film rimase
uno dei film di supereroi più formativi e influenti di tutti i
tempi ed è stato un grande successo al botteghino, guadagnando
oltre 825 milioni di dollari in tutto il mondo.
Da allora Sam
Raimi e Tobey Maguire avrebbero poi continuato a
collaborare per altri due film, l’amato Spider-Man 2 nel 2004 e il
controverso Spider-Man
3 nel 2007. Oltre a Peter di
Maguire, Spider-Man
ha presentato al pubblico MJ di Kirsten Dunst, Harry Osborn di James Franco e Willem Dafoe nei panni del Green
Goblin, il cattivo del film. Sia Maguire che Dafoe sono
tornati di recente nei rispettivi ruoli in Spider-Man:
No Way Home lo scorso dicembre. I ritorni
di entrambi i personaggi sono stati molto elogiati dai fan, con
molti che considerano ancora Maguire il miglior Spider-Man e
Green Goblin di Dafoe uno dei migliori cattivi del franchise.
Oggi per celebrare questo anniversario, il profilo ufficiale di No
Way Home ha diffuso un bellissimo video:
Celebrate the
#Spidey20th Anniversary with these classic moments and
more.
Le innumerevoli opere scritte dal
celebre Stephen King sono da sempre fonte di
grande ispirazione per il cinema e moltissime di queste hanno poi
trovato il loro adattamento sul grande schermo. Dal celebre
Stand by Me a Le ali dellalibertà, da Carrie – Lo sguardo di Satana
fino alla più recente serie televisiva The Stand. Quello
realizzato dallo scrittore del brivido è un bacino di storie senza
eguali, contenenti tutti i sentimenti e i temi più ricorrenti
nell’esistenza umana. Uno dei film più affascinanti, e di cui forse
si parla meno, tratti da una sua opera è
L’acchiappasogni, scritto e diretto dal
celebre Lawrence Kasdan.
Thriller dai risvolti paranormali,
il cui titolo originale è Dreamcatcher, questo è stato
pubblicato per la prima volta nel 2001. Si è trattato di un romanzo
particolarmente complesso per King, essendo stato il primo da lui
completato dopo il terribile incidente che lo coinvolse nel 1999.
Nelle pagine di questo, dunque, lo scrittore ha riversato tutta una
serie di incubi e allucinazioni, che non hanno mancato di
emozionare ed entusiasmare i suoi fan. Dato il successo, non ci è
voluto molto prima che le vicende qui raccontate prendessero vita
anche sul grande schermo. Con un budget di quasi 70 milioni, si è
trattato di uno degli adattamenti fino a quel momento più ambiziosi
di un’opera di King.
Ancora oggi,
L’acchiappasogni rimane uno dei più enigmatici film di
questo genere, sollevando numerosi interrogativi e misteri. Pur con
i suoi difetti, questo continua a possedere un fascino non
indifferente, tutto da scoprire. Prima di intraprendere una visione
del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle
principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di
attori e al suo significato generale.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
L’acchiappasogni: la trama
del film
Da ragazzini
Jonesy, Henry,
Pete e Beaver salvano un bambino
con sindrome di Down di nome Duddits
dall’aggressione di alcuni bulli. Questi era dotato di un grande
potere paranormale che, in segno di gratitudine, trasmise in minima
parte anche ai suoi quattro nuovi amici. Il gruppo non si stupisce
di quello che è capace di fare Duddits avendo già intuito dal loro
primo incontro che egli è in qualche modo speciale. Ora che i
quattro sono cresciuti, ogni anno si ritrovano per la tradizionale
caccia al cervo e ricordano sempre quell’episodio che ha cambiato
le loro vite per sempre. Ma durante la loro reunion annuale, i
quattro scoprono che qualcosa di sinistro si sta aggirando nei
boschi e solo loro sono in grado di fermare quella che sembra
essere una minaccia aliena.
L’acchiappasogni: il cast del film
Protagonisti del film sono alcuni
noti attori del panorama statunitense. Damian
Lewis, celebre per la serie Homeland, interpreta
il personaggio di Gary “Jonesy” Jones. Thomas
Jane, recentemente visto nella serie The Expanse,
è Henry Devlin, mentre Jason Lee, protagonista di
My Name Is Earl, è Joe “Beaver” Clarendon”. Infine,
Timothy
Olyphant, celebre per le serie Justified, è
Pete Moore. L’attore Donnie Wahlberg interpreta
invece il personaggio di Duddits. Fu grazie a questo che ottenne la
popolarità che lo porterà poi a recitare nei panni del detective
Eric Matthews nella saga cinematografica di Saw. Nel film
vi è anche il premio Oscar Morgan Freeman,
nei panni del colonnello Abraham Curtis. Nonostante questi sia
stato indicato come uno dei protagonisti, fa in realtà la sua
comparsa soltanto dopo 40 minuti dall’inizio del film.
L’acchiappasogni: il
significato del film
Come quasi tutta l’opera di King,
anche L’acchiappasogni si concentra su una serie di
elementi ricorrenti, qui ovviamente riproposti in chiave a suo modo
unica. Ancora una volta, infatti, i protagonisti sono un gruppo di
antieroi, amici sin da bambini. Ad opporsi a loro, come sempre, vi
è una forza nemica che assume qui connotati paranormali. Il gruppo
deve infatti scontrarsi con una minaccia aliena alla ricerca della
conquista del mondo. Ciò che conta davvero, come sempre in King,
non è tanto ciò che si narra quanto ciò che avviene nell’animo dei
protagonisti. Il viaggio emotivo è ancora una volta ciò che
permette di individuare il cuore delle storie dell’acclamato
autore. In particolare, egli va qui ad esplorare il sacrificio che
si sceglie di compiere anche per chi sembrerebbe non meritarlo.
Estremamene indicativo a riguardo è
il personaggio di Duddits. Outsider per eccellenza, questi
è sin da subito presentato come l’emarginato di turno a causa di
quelli che erroneamente vengono indicati come difetti. Egli riesce
però a trovare amici sinceri nei quattro protagonisti, comprendendo
come vi sia sempre del bene in ogni essere umano. Sarà proprio in
nome di questo bene che egli si porrà come principale incaricato di
sventare la minaccia, difendendo quel mondo che lo ha sia respinto
che accolto. Con lui, King pone dunque nuovamente sul piedistallo
gli indifesi, personalità in grado di essere gli unici a fare
davvero la differenza. Osservando il film, l’importante non sarà
dunque tanto lo scontro con l’estraneo, quanto il legame che si
genera e unisce i protagonisti.
L’acchiappasogni: il
trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Per potersi immergere in tutto ciò,
è possibile fruire di L’acchiappasogni
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei
cataloghi di Rakuten TV,Chili Cinema,
Google Play, Apple iTunes e Tim Vision. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
lunedì 14 marzo alle ore 21:20
sul canale Rai 4.