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Festival di Roma 2013 Wes Anderson, Roman Coppola e Jason Schwartzman presentano il cortometraggio Castello Cavalcanti

In un’atmosfera divertita e scanzonata, Wes Anderson, in compagnia del fido Jason Schwartzman e dell’amico produttore Roman Coppola, presenta, in anteprima assoluta per il Festival del Cinema di Roma 2013, il suo cortometraggio Castello Cavalcanti. Si tratta di un piccolo film, prodotto da Prada, dove un pilota (Jason Schwartzman), durante una corsa automobilistica negli anni cinquanta, rimane bloccato in un paesino italiano dopo un rovinoso incidente con la sua auto, finita contro la statua della piazza principale. Chiacchierando con gli abitanti del paese, tra un bicchierino di liquore e un piatto di spaghetti, il pilota ritrova le sue lontane origini dimenticate e nasce in lui la voglia di rimanere ancora un po’ di tempo tra quelle persone in apparenza così diverse da lui.

Anderson racconta che l’idea del corto era nella sua testa da parecchio tempo e che proviene da suggestioni avute insieme a Schwartzman dopo una visione di Amarcord di Federico Fellini, nonchè dall’ammirazione sconfinata per il vecchio cinema italiano. Questo si avverte subito dopo pochi secondi di visione ed è volutamente supportato da una selezione di brani musicali provenienti proprio da quelle pellicole. Si dichiara grande estimatore del cinema di Germi e si emoziona, quando dal pubblico gli viene fatto notare che uno di quei brani inseriti proviene proprio da un film del grande regista italiano. Afferma inoltre innamorato di Cinecittà, che aveva avuto modo di conoscere bene durante le riprese di uno dei suoi primi film.

In Castello Cavalcanti si riconosce indubbiamente la mano e la cifra stilistica di Wes Anderson, regista di capolavori come Rushmore, I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Il treno per il Darjeeling, Fantastic Mr. Fox e Moonrise Kingdom anche se siamo lontani dallo stato di grazia che aveva raggiunto con il cortometraggio Hotel Chevalier. Il film è comunque godibile e padroneggiato con istrionismo dal bravo Jason Schwartzman, ormai divenuto l’alter ego del regista sullo schermo. Anderson dice di essere molto legato al maldestro pilota protagonista, tanto da ipotizzare la voglia di realizzare altri cortometraggi che lo vedano coinvolto in gare automobilistiche e relative piccole avventure in altre città in giro per il mondo, e Schwartzman naturalmente approva, dichiarandosi subito pronto ad imbarcarsi nell’impresa.

Roman Coppola si aggiunge nella conversazione rafforzando la dichiarazione d’amore verso il vecchio cinema italiano. I tre, incalzati dal pubblico che reclama una loro considerazione sul nostro cinema più recente, nominano anche autori contemporanei come Sorrentino, Garrone, Guadagnino e Moretti.

Wes Anderson si lascia andare inoltre in qualche piccola anticipazione del suo nuovo film The Grand Budapest Hotel, la storia di un portiere di un lussuoso hotel nel cuore della vecchia europa negli anni trenta, girato in Germania e in Polonia e ricco di suggestioni musicali provenienti dai paesi dell’est, che saranno magicamente orchestrate nella colonna sonora da Alexandre Desplat, già suo collaboratore nel precedente Moonrise Kingdom.

Anderson, Schwartzman e Coppola rispondono poi a numerose domande del pubblico, spaziando dal cinema in 3D all’animazione e ai film per ragazzi, dal lavoro sullo script a quattro mani alla ipotetica quanto improbabile collaborazione con Sofia Coppola, riguardo alla quale Anderson si defila elegantemente dicendo che lei è autosufficiente e non si sognerebbe mai di chiedere collaborazione a lui.

Castello Cavalcanti è visibile sulla pagina youtube di Prada.

Gods Behaving Badley conferenza stampa del film

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Questo pomeriggio presso la Sala Petrassi dell’Auditorium del Parco della Musica, si è tenuta la conferenza stampa di Gods Behaving Badley, film Fuori concorso di Marc Turtletaub. In sala era presente il regista e il produttore Peter Saraf.

Una carriera di produttore molto consolidata, sono curiosa di sapere in questo progetto cosa ti ha incuriosito?
Marc Turtletaub: Avevo letto il libro di Marie Phillips e avevo pensato di lavorare nella regia. Avevo lavorato ad un corto metraggio qualche anno fa e mi è piaciuta moltissimo l’esperienza e cercavo una bella storia con cui esordire nel cinema. Ho letto le prime tre pagine del libro e ho detto è questo.

GODS-BEHAVING-BADLYMi interessa il modo in cui è cambiata la dinamica operativa tra voi due, dato che sono anni che lavorate insieme in qualità di produttori.
M.T.: La dinamica tra noi due è cambiata poiché in quanto regista devo ascoltare Peter un po’ di più, fa un lavoro straordinario e da molti più anni di me, in quanto regista ho potuto ascoltarlo in un modio che come co-produttore non sarebbe stato lo stesso.

Peter è un film che ha molta ambizione, ci sono state delle sfide particolari per portarlo sullo schermo?
Peter Saraf: Certamente è un film ambizioso in termini di dimensioni della storia, poiché si crea tutto un altro mondo. Quindi Mark e io dovevamo creare un mondo realistico di New York e contemporaneamente ci sono questi personaggi di dimensioni fuori misura che vivono in questa realtà e in mezzo ai mortali. E poi dovevamo creare quest’altro mondo complementare degli inferi, però penso che la sfida più grande era da gestire questo cast enorme di attori straordinari con tutte queste storie che si intrecciano. Mark come primo film si è preso un progetto molto impegnativo.

Ti ha messo un po’ paura questa storia? Infondo viene da un libro molto letto.
M.T.: L’autrice del libro ha passato del tempo sul set mentre giravamo e quando ha cominciato a vedere un po’ del girato mi ha detto “hai catturato l’essenza del libro e la storia nel senso letterale”

è stato difficile gestire questo cast stellare?
M.T.: Si è stato impegnativo in certi momenti in particolare, quando abbiamo girato per sei giorni e notti di fila in quanto molti di questi famosi attori erano impegnati solo per una piccola parte della sera, magari dovevamo vederci alle tre del mattino e chiedere a Sharon Stone di scendere sul set per un ora, oppure chiederlo a Christopher Walken. Abbiamo cercato di gestire la faccenda nel migliore dei modi possibili. Quello che ho imparato è che con ogni attore ti devi rapportare in maniera differente, devi dirigere ognuno in maniera differente. Per esempio Christopher Walken deve avere tutte le sue battute pronte con molte settimane di anticipo e nessuna variazione in maniera tale che può fare tutte le sue prove, poi quando è sul set è disposto a cambiare una parola o due. Mentre John Turturro e Rosie Perez che hanno lavorato molto insieme, immediatamente vengono sul set e cominciano ad improvvisare e se vuoi tirare il meglio da loro ti devi levare di mezzo e lasciarli fare. Con ogni attore devi trovare quella chiave.

Hades Throne3.jpgAvendo lavorato anche nella sceneggiatura avevi già in mente qualche attore?
M.T.: No non ne avevo qualcuno in particolare, quando ho finito di scrivere Peter e io e la nostra direttrice del cast ci siamo seduti e abbiamo cominciato a dire “chi sarebbero degli Dèi contemporanei?” Ovviamente le stelle del cinema ma quelle “più stelle di tutte” e quindi di una certa età, perché gli Dèi dovevano essere un pochino invecchiati, la storia lo richiedeva, quindi Zeus non poteva essere un ragazzo di 25anni, ma un signore un po’ invecchiato e da lì è nata l’idea di Christopher Walken, e poi gli altri a seguire…e tutti mi hanno detto di si.

Mi chiedevo se è stato difficile collocare delle figure mitologiche come gli Dèi a New York e nel mondo contemporaneo? E lei come si è preparato?
M.T: Nel libro vediamo che questi Dèi stanno diventando umani, per questo non li abbiamo ripresi con qualcosa di sfavillante, o con una luce particolare. Ho pensato di scriverli come persone qualsiasi, che si comportano peggio delle persone normali. In cui il morale della storia è che gli Dèi assomigliano ai mortali ed imparano la lezione dai mortali, e di cose si ha bisogno l’uni degli altri.

Attraverso questo staff si è cercato di segnare un certo tipo di Hollywood e c’è qualche critica allo star system?
M.T.: Un pensiero molto interessante, ma non era mia intenzione io volevo fare più osservazioni sulla società, sui difetti e manie, come l’avidità, l’egoismo, però esagerati e caricati. Più che una critica a Hollywood è una critica all’intera società. E questi personaggi fuori misura, potevano interpretarli solo delle icone come loro.

Festival di Roma 2013: intervista a Roman Coppola e Jason Schwartzman

Sesto giorno è anche il giorno di uno degli incontri più attesi del Festival di Roma 2013. L’ottava edizione dell’evento diretto da Marco Muller, al secondo anno al timone della kermesse capitolina ha accolto nella bellissima cornice dell’Auditorium il trio delle meraviglie composto da Roman Coppola, Jason Schwartzman e Wes Anderson. Ecco la nostra intervista sul red carpet.

Tutte le nostre Foto dal Festival:

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Segui il nostro speciale con tutte le news sul Festival di Roma 2013

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Napoleon: Rupert Sanders dirigerà il biopic dedicato all’Imperatore

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Continuano gli annunci da parte della Warner Bros che si sta dimostrando particolarmente attiva in questo periodo dell’anno. Dopo l’annuncio di un nuovo film dedicato alla fiaba di Peter Pan (qui potete trovare la notiza), è stato ufficializzato l’arrivo di Rupert Sanders (Biancaneve E Il Cacciatore) chiamato a dirigere Napoleon.

Napoleon sarà un biopic dedicato alla figura dell’omonimo Imperatore francese, una delle più influenti figure storiche che da sempre ha attratto cinema, televisione e letteratura, recente è infatti l’annuncio della prossima realizzazione di una serie prodotta da Steven Spielberg ed ispirata al Napoleon che Stanley Kubrick desiderava realizzare (qui per ulteriori informazioni).

La sceneggiatura, ad opera di Jeremy Doner (The Killing), descriverà Napoleone  attraverso uno sguardo alla Scarface, alludendo così ad una lettura quanto mai cruda della vita dello storico Generale francese. Nessun ulteriore dettaglio, tuttavia, è stato rivelato circa l’inizio delle riprese, il casting o la data di rilascio prevista.

Restando sintonizzati in attesa di ulteriori novità vi informiamo che Rupert Sanders è attualmente impegnato alla lavorazione di 90 Church, film su di una matricola del New York Bureau of Federal Narcotics Enforcement ambientato negli anni 60, ed in The Kill List, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Frederik Forsyth.

Fonte: Deadline.com

Indipendence Day 2 rimandato di un anno

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Indipendence Day 2 rimandato di un anno

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Ancor prima di cominciare a prendere forma, per il sequel di Indipendence Day è già giunta una cattiva notizia. La 20th Century Fox ha infatti deciso di posticipare la data di rilascio del film dal 3 luglio 2015 al 1 luglio 2016.

Si tratta di un ritardo, questo, che potrebbe non stupire i ben informati in quanto la produzione del film è ancora avvolta da una nebbia di numerosi interrogativi. Se è certo che dietro la macchina da presa prenderà posto ancora una volta Roland Emmerich, già regista del primo episodio nel lontano 1996, ancora non è noto, invece, se Will Smith tornerà ad affrontare le navicelle aliene a quasi 20 anni di distanza da quando, coadiuvato da Jeff Goldblum, si lanciò all’attacco della Nave Madre.

Le uniche notizie che al momento si hanno del film ci sono giunte direttamente dalla voce di Roland Emmerich, il quale ha annunciato che la trama prenderà luogo a 20 anni di distanza dagli eventi del primo film e vedrà coinvolti in prima linea i figli dei precedenti protagonisti. Il regista si è detto poi disposto a lavorare addirittura su di un terzo episodio qualora lo voglia il pubblico. Unico nome finora accostato al film è quello di Michael B. Jordan (leggi qui la notizia).

Fonte: Collider.com

Noah: uno sneek peek del trailer

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Noah: uno sneek peek del trailer

In attesa del rilascio dei primi video ufficiali di Noah​, kolossal biblico diretto da Darren Aronofsky, in cui Russel Crow vestirà la tunica di Noé, grazie ad Entertainment Tonight ci è possibile osservare uno sneek peek del trailer ufficiale.

In Noah sarà raccontata l’impresa di Noé (Russel Crow) figura biblica chiamata dal Signore a costruire un Arca all’interno della quale gli sarà concesso di salvare da un’alluvione purificatrice, che sterminerà l’umanità, la propria famiglia ed una coppia per ogni animale al fine di ripopolare la terra.

Oltre a Russel Crow il cast prevede star internazionali di primo livello quali: Anthony HopkinsEmma WatsonJennifer ConnellyLogan Lerman Ray Winstone. Il film è previsto nelle sale americane il 28 marzo 2014.

Qui di seguito potrete osservare il video:

http://youtu.be/OPpLDCdwpKE

Tutte le foto:

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Fonte: ComicBookMovie.com

Festival di Roma 2013 : Premio alla Carriera ad Aleksej Jurevič German

HARD TO BE A GOD

Il Premio alla Carriera 2013 al Festival del Film di Roma è stato assegnato ad Aleksej Jurevič German. E’ la prima volta che nel circuito dei Festival europei viene assegnato postumo un premio del genere.

A ritirare il Premio e a rispondere alle domande della stampa sono arrivati a Roma la vedova e compagna di vita del regista russo Svetlana Karmalita , il figlio e Leone D’oro per la Miglior Regia a Venezia nel 2008 Aleksei German Jr. , l’attore protagonista Leonid Yarmolnik , il direttore della fotografia Yuri Klimenko e i produttori Viktor Izvekov e Rushan Nasibulin.

Ha dato il via nella celebrazione di German il Direttore Artistico del Festival, Marco Muller che ha affermato : “Stavamo discutendo da tanto tempo con questo gigante del cinema riguardo ad  un riconoscimento perché era da tanto che avremmo voluto celebrare il suo talento, e purtroppo non siamo riusciti a farlo in precedenza. Ma siamo orgogliosi di presentare oggi la prima mondiale di Hard To Be A God, perchè come disse in un intervista il regista e critico cinematografico francese Gilles Jacob alla domanda ‘Esiste un film ancora nascosto che potrebbe cambiare la nostra percezione del cinema?’ lui rispose proprio ‘ Hard to be a God di German’.”

Svetlana Karmalita racconta poi della lunga lavorazione del film : “I tempi erano diversi, noi ci siamo conosciuti durante l’invasione russa della Cecoslovacchia e c’era tanta censura sui suoi progetti, quindi non era libero di poter fare tutto quel che voleva.  Nel 1998 Aleksej pensava che “Chrustalev, la macchina!” sarebbe stato il suo ultimo film, invece appena finito decise di riprendere in mano l’idea di fare un film tratto dal romanzo dei Fratelli Strugackij.”Yuri Klimenko  continua “Nel Febbraio del ’99 rimettemmo mano al progetto, nel Marzo del 200 iniziammo le riprese e le finimmo solo dell’Agosto 2006. Dal 2006 in poi abbiamo lavorato sul montaggio e sul suono, e Aleksej già stava male e stava subendo diverse operazioni. Noi ci abbiamo messo l’anima in questo film, inteso in senso lato, lui invece ci ha messo il cuore anche in senso fisico.”

“Questo è stato un lavoro molto lungo, ma devo dire che è stato un lavoro felice. Per tutta la vita mi ricorderò di questo progetto, perchè dopo poco ho iniziato ad appassionarmi ad esso per tutti gli aspetti del processo. German ci ha regalato l’eternità : un film per tutti i tempi. Ogni generazione non capisce che è impossibile rifare una civiltà, è senza senso provarci. Ma proprio per questo è un tema eterno.” commenta Leonid Yarmolnik, protagonista di Hard To Be a God, un film il cui processo creativo è durato oltre i 14 anni , “Sono estremamente fiero di aver lavorato a questo film, e di aver fatto parte di questo gruppo di persone che ha lavorato con un coraggio enorme. Dimostrano che un cinema privo di compromessi può esistere.”

Alksej German Jr. da nuovo regista promettente della scena russa parla del suo legame con il film : “Non ho mai assistito alle riprese, ma ho visto soprattutto la fatica e gli sforzi che mio padre metteva in questo lavoro. Lui era totalmente immerso nell’arte. e conclude, “Hard To Be a God è una sfida al cinema, nella forma in cui esiste adesso.”

 

La nostra foto gallery del Festival:

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Festival di Roma 2013 intervista a Daniel Pennac

È stato presentato oggi al Festival Internazionale del Film di Roma 2013 il film Il Paradiso degli Orchi, diretto da Nicolas Bary. Il film è tratto dall’omonimo libro scritto da Daniel Pennac, appartenente al cosiddetto ciclo di Malaussène.

Daniel Pennac era presente alla conferenza stampa del film. A lui sono state rivolte diverse domande, la prima delle quali riguardante la trasposizione in immagini del suo romanzo e se lo scrittore si fosse sentito tradito o meno da questa operazione:

“Non ho avuto la sensazione di essere tradito, anche perché non mi aspettavo né fedeltà né tradimento. Nelle copertine dei miei libri, Malaussène è sempre rappresentato di spalle, per cui il regista aveva qui tutta la libertà per agire nel modo che preferiva. Forse il libro è più noir, il film lo è meno. Ma Bary è riuscito a rendere i rapporti familiari in modo eccellente”.

Un’altra domanda a Pennac, ha chiesto quali fossero oggi gli “orchi” con i quali dobbiamo vedercela:

“Gli orchi di oggi sono gli stessi di una volta, quelli dei miei tempi, solo che oggi hanno ancora più fame. Nella prima metà del Novecento abbiamo avuto tanti giganteschi orchi politici, i vari dittatori ad esempio. In Francia invece abbiamo avuto solo orchi minori, che mangiavano i resti. Oggi gli orchi non hanno neanche più bisogno del contesto politico, hanno una bella faccia in superficie ma poi fanno guerre sotterranee”.

Pennac ha chiuso la conferenza spiegando da quali fonti prendesse spunto per creare i personaggi dei suoi romanzi:

“Le mie fonti sono molteplici vengono da tanti mondi diversi, non solo dalla letteratura. Posso dire, per esempio, che il personaggio del capro espiatorio mi è venuto in mente grazie al filosofo René Girard”.

Old Boy: il cast analizza le differenze rispetto all’originale

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Old Boy: il cast analizza le differenze rispetto all’originale

oldboy

Anche per l’Old Boy secondo Spike Lee è stato momento di presentazione alla stampa. Si è infatti tenuta a New York, nella serata di lunedì, la premiere dell’ultimo film del regista afroamericano, remake dell’omonima pellicola del 2003 firmata Park Chan-Wook.

Al termine della proiezione, in un incontro con i presenti, regista, produttore e cast si sono dilungati circa le differenze che si evidenziano fra questo rifacimento e l’originale.

Secondo lo scrittore Mark Protosevich, le maggiori differenze sono ravvisabili nelle differenze culturali alla base delle pellicole:

“La storia di base è la stessa, ma ci sono alcuni aspetti culturali dell’originale che sentivo appartenessero molto al suo contesto culturale, ed io sono stato molto attento nel realizzare un film che avesse una prospettiva propriamente occidentale. C’erano alcuni elementi che erano molto stilizzati nell’originale e penso che abbiamo cercato di renderli più ‘reali’, o almeno era questa la mia intenzione, di renderlo più semplice. Quindi si è cercato di catturare lo spirito e la storia dell’originale cercando di renderlo il più nostro possibile”.

Peter Schlessel, produttore del film, ha definito così il lavoro svolto:

“Pensiamo che sia qualcosa di veramente diverso ed unico, ciò che cerchiamo sempre di fare alla FilmDistrict. Penso che Spike lo abbia portato (il film ndr) verso una nuova direzione, non è un semplice remake in serie, ma ci ha aggiunto il proprio marchio di ‘Spikeness'”.

Samuel L. Jackson, che nel film interpreta Chaney, ha sostenuto di essere grato a Spike Lee per avergli lasciato la libertà di poter caratterizzare il personaggio secondo la propria chiave di lettura, permettendogli di utilizzare il proprio background di attore senza limitarlo.

Nel finale, Protosevich ha svelato un retroscena, sostenendo che deve la sua partecipazione al film unicamente a Will Smith con cui aveva collaborato in Io Sono Leggenda e che inizialmente avrebbe dovuto prendere parte alla pellicola. Fu lo stesso Smith, infatti, a contattare lo scrittore per convincerlo a lavorare allo script di Old Boy.

Il film, seguendo le linee guida dell’originale, presenta come protagonista Joe Ducett (Josh Brolin), un pubblicitario che, dopo essere stato inspiegabilmente rapito e tenuto segregato per oltre 20 anni, viene rilasciato senza alcun motivo, così come la sua prigionia era iniziata. A seguito di questo avvenimento Ducett avrà un solo scopo, trovare il motivo e la persona che ha deciso di giocare in quel modo con la sua vita.

Il film è in attesa nelle sale per il 27 novembre. Nel cast Josh BrolinElizabeth Olsen, Sharlto Copley, Samuel L. Jackson e James Ransone.

Fonte: HollywoodReporter

I Corpi Estranei: recensione del film con Filippo Timi

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I Corpi Estranei: recensione del film con Filippo Timi

Dall’Umbria a Milano per cercare di salvare la vita a suo figlio. Questa è la storia comune eppure straordinaria di Antonio in I Corpi Estranei, che da un paesino nella regione del Centro Italia viaggia in macchina con suo figlio fino a Milano, dove spera di trovare una cura per la forma di tumore da cui è affetto il bambino. Il reparto di oncoematologia pediatrica in cui Antonio si trasferirà provvisoriamente per essere vicino al suo piccolo che deve subire una grave operazione si trasforma in un microcosmo, in cui genitori e famiglie terrorizzati cercano di farsi reciprocamente coraggio per affrontare una prova durissima. Con Antonio ci sono molti altri genitori, anche di origina araba, che il nostro protagonista guarda con occhio diffidente e poco favorevole. Questi “corpi estranei” pregano rumorosamente, accendono incensi, tutte cose che lo stesso Antonio non comprende e che non gli appartengono. Tuttavia osservare quella cultura così strana per lui lo fa in qualche modo avvicinare alle sue tradizioni, e così comincia a frequentare la cappella dell’ospedale e a provare a ricordare le parole delle preghiere che gli hanno insegnato da piccolo. La sua ritrosia troverà uno scoglio molto duro da affrontare in un giovane che  si trova in ospedale per assistere il suo fratellino malato.

I Corpi Estranei, il film

Mirko Locatelli con I Corpi Estranei ci racconta una storia di dolori condivisi tra persone che sembrano non avere nulla in comune; lo fa con tatto e discrezione, con pudore, appoggiandosi su uno straordinario Filippo Timi che cerca sempre in tutti i suoi ruoli, dettagli e interpretazioni che possano mettere alla prova la sua arte. Pur offrendo una buona prova in un ruolo molto difficile, Timi non basta a fare del film un buon lavoro. I Corpi Estranei sembra più una rappresentazione della staticità, in cui c’è pochissimo spazio per i rapporti interpersonali che ci aspettiamo più fitti in un microcosmo in cui coabitano persone che condividono dolori e fragilità così profonde.

La regia sta addosso al nostro protagonista, ripreso nei momenti lenti e noiosi, tutti uguali, che compongono le sue giornate in ospedale. Inquadrature mosse che pedinano il personaggio e cercano di renderci partecipi della sua situazione: ma il tentativo resta vano e I Corpi Estranei, pur avendo un nobile proposito, non riesce a chiarificarlo sullo schermo con chiarezza. Il film è stato presentato in Concorso all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.

 

Festival di Roma 2013: Video commento dei film del sesto giorno

Festival di Roma 2013: Video commento dei film del sesto giorno

Festival di Roma

Nel sesto giorno del Festival del Cinema di Roma sono stati presentati nella categoria In Concorso Blue Sky Bones di Cui Jian con Zhao Youliang, Ni Hongjie, Yin Fang, Huang Xuan, Huang Huan, Guo Jinglin, Lei Han e Tao Ye. E Seventh Code di Kiyoshi Kurosawa con Atsuko Maeda, Ryohei Suzuki, Aissy, Hiroshi Yamamoto. Mentre nella categoria Fuori Concorso Il paradiso degli orchi di Nicolas Bary con Raphaël Personnaz, Bérénice Bejo, Émir Kusturica, Guillame De Tonquédec, Thierry Neuvic e con la straordinaria partecipazione di Isabelle Huppert.

Di seguito il video commento dei film:

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Nella nostra gallery tutte le immagini dell’ottava edizione del Festival:

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50 Sfumature Di Grigio: slitta la data di uscita

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Non sembra trovar pace l’adattamento cinematografico del celebre bestsellers 50 Sfumature Di Grigio, numerosi sono infatti gli imprevisti che stanno rendendo sempre più difficoltosa la produzione del film tanto atteso dai fan della trilogia.

 

Dopo le notizie circa lo slittamento delle riprese da inizio novembre ai primi di dicembre (qui le news) per permettere allo sceneggiatore Mark Bomback di rimaneggiare uno script non del tutto convincente, è di giornata l’annuncio della Universal Picture con cui è stato annunciato un ritardo nella pubblicazione della pellicola. Previsto inizialmente nelle sale per il 1 agosto 2014, 50 Sfumature Di Grigio approderà nelle sale solo il 13 febbraio 2015. Secondo quanto evidenziato sulle pagine di Entertainment Weekly, dietro questa decisione si nasconde la volontà della produzione di inserirlo un periodo ritenuto commercialmente più favorevole, San Valentino, per un film il cui target è prevalentemente femminile.

Qui di seguito le parole di Donna Langley, presidente della Universal: “Noi vediamo questo film come un evento globale, la forza di questo libro è mondiale, dunque vogliamo fare profitto anche da quelle donne che in Europa nel mese di agosto saranno in vacanza con le loro famiglie”.

Dunque una strategia abbastanza evidente quella dietro la scelta della Universal che, semplicemente ritardando di qualche mese l’uscita del film, ha in mente di amplificare il bacino di utenza che in estate si sarebbe dimostrato inevitabilmente più ristretto.

Ricordiamo che 50 Sfumature Di Grigio sarà diretto da Sam Taylor-Johnson e vedrà impegnati nei ruoli di Anastasia Steele e Christian Grey rispettivamente Dakota Johnson Jamie Dornan.

Fonte: EntertainmentWeekly

Quod Erat Demonstrandum recensione del film di Andrei Gruzsniczki

Quod Erat Demonstrandum recensione 2Il regista Andrei Gruzsniczki,dopo il suo esordio alla regia Cealalta Irina, premiatissimo nei festival di mezzo mondo, arriva in Concorso al Festival di Roma 2013 con Quod Erat Demonstrandum, una storia che, ambientata negli anni ’80 in Romania, si muove in bilico tra pubblico e privato, tra Grande Storia e intimità domestica, creando un ritratto composito e contraddittori del Regime di quegli anni nell’Est dell’Europa.

Il protagonista, un matematico accademico, decide di pubblicare un articolo su una rivista scientifica statunitense, evento che ovviamente non viene visto di buon occhio dal Partito. Eppure le intenzioni del matematico erano quelle di rimanere fuori dalla vita politica del paese, cercando un lavoro che gli consentisse di approfondire i suoi studi, che lui vive con estrema e coinvolgente passione. Alla sua storia si intreccia quella di Elena, una assistente all’Università in cui insegna Sorin (il matematico), e sua grande amica dai tempi della scuola. La pubblicazione di Sorin scatenerà conseguenze inimmaginabili, cambiando per sempre il destino e le vite dei suoi amici.

Gruzsniczki si addentra in una storia complessa che ci mette davanti i dilemmi fondativi della società umana, a partire dalla convivenza sociale dell’animale uomo, fino all’amore e ai legami di amicizia che legano questa società e la tengono insieme.

Il film, caratterizzato da una regia molto classica ed elegante e da una fotografia in bianco e nero con morbidi grigi e poche ombre, è quindi un viaggio all’interno della società che viveva sotto il comunismo e che cercava di farsi andar bene lo stato delle cose, ma allo stesso tempo è un film che racconta la vita di un uomo controcorrente, che si trova a fare i conti con scelte individuali importanti e con il tradimento di ideali ai quali deve aderire ma che non sente suoi.

L’ambientazione sovietica del film sembra essere però quasi un pretesto, in quanto sembra che l’intenzione non sia quella critica, ma quella di mettere in determinate condizioni di difficoltà e urgenza i personaggi, che di conseguenza agiscono costretti dalle situazioni.

Quod Erat Demonstrandum è un film che ai molti pregi accosta anche un rallentamento del ritmo dovuto alla lunghezza forse eccessiva. Buonissima prova danno gli attori (Ofelia Popii, Sorin Leoveanu, Florin Piersic Jr., Virgil Ogășanu, Tora Vasilescu trai protagonisti) che riescono a farci interessare ad una vicenda con un sapore antico che potrebbe scoraggiare lo spettatore medio.

Quod Erat Demonstrandum recensione

Il paradiso degli orchi recensione del film tratto da Pennac

Il paradiso degli orchi recensione del film tratto da Pennac

il paradiso degli orchi recensione

Il Paradiso degli orchi di Nicolas Bary è stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2013 nella categoria “fuori concorso”.

Benjamin Malaussène (Raphael Personnaz) di professione fa il capro espiatorio. Lavora ai grandi magazzini e si prende tutti i rimproveri dall’ufficio reclami, con la speranza che il cliente, dopo un acquisto non andato a buon fine, si impietosisca e non sporga denuncia. Vive con una bizzarra famiglia di fratellastri e sorellastre a cui deve badare. Una donna dai capelli rossi, zia Julia (Bérénice Bejo) e una serie di incidenti…esplosivi sul luogo di lavoro, lo porteranno ad essere l’indiziato numero 1 di una serie di omicidi, tanto per aggiungere un tocco in più ad una vita già abbastanza complicata.

Tratto dall’omonimo libro appartenente al cosiddetto ciclo di Malaussène, scritto da Daniel PennacIl Paradiso degli orchi si impegna a conservare le atmosfere del romanzo e lo fa parlare con le immagini. Pur con le dovute modifiche d’adattamento, specie nel numero dei personaggi, l’intenzione di voler rimanere fedeli all’alone generale che circonda il libro di Pennac è chiara.

È difficile non amare il personaggio di Malaussène. Un capro espiatorio sul lavoro e anche, non volendo, nella vita: per quanto possa impegnarsi, è sempre colpa sua. Il montaggio del film è frenetico, instancabile, come a sottolineare che per  il protagonista non c’è mai pace. Tranne in alcuni momenti, attimi di tregua dove tutto diventa diverso. I racconti inventati che offre ai suoi fratellastri ne sono un esempio, evasione dalla realtà per toccare le vette della fantasia. E in questi momenti si può essere qualunque cosa, dall’eroe senza macchia e senza paura, all’inventore di storie, fino ad arrivare a interloquire con una giraffa che prende vita.

Una commedia divertente e umoristica, tra dialoghi frizzanti e un ritmo rapidissimo. Il tutto rinchiuso in una cornice che avvolge uno scenario vivace e colorato. C’è un odore di leggerezza che permane durante tutto il film, appena un gradino sotto il confine tra realtà e fantasia.

Menzione speciale per il personaggio di Stojil, interpretato da Emir Kusturica. Esce domani 14 Novembre nelle sale italiane.

La nostra foto gallery del Festival:
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Lone Survivor: le dichiarazioni di Mark Walbergh alla premiere

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Lone Survivor: le dichiarazioni di Mark Walbergh alla premiere

Nel corso dell’ American Film Institute Festival ha avuto luogo la premiere di Lone Survivor, film diretto da Peter Berg che vede come protagonista Mark Wahlberg. Al termine della presentazione è stato lo stesso attore a prendere la parola, ma non ha voluto fare alcun commento al film o al ruolo da lui interpretato, queste le sue parole:

“Non sono in una buona posizione per poter parlare di qualsiasi cosa. Per noi attori sarebbe così falso parlare di cosa abbiamo passato su quella montagna considerando cosa hanno fatto e cosa hanno vissuto questi ragazzi (i Navy SEAL ndr)”.

L’attore, incalzato poi circa la sua esperienza nel film da Jacqueline Lyanga (direttrice del festival), in una stato di visibile alterazione ed emozione ha sostenuto l’inutilità di stare lì a parlare circa la fatica sostenuta durante il lavoro di preparazione al ruolo o nel corso delle riprese poiché ciò che ha fatto non è nemmeno paragonabile a quanto hanno patito realmente i Navy SEAL trai i monti dell’Hindu Kush.

Wahlberg ha poi aggiunto di essere fiero del suo ruolo nel film, seppure alla base dello stesso ci sia molto di più di quanto egli abbia fatto, facendo un ovvio riferimento alla tragedia a cui la pellicola si ispira.

In chiusura, l’attore ha dichiarato di non voler rispondere ad ulteriori domande, scusandosi con i presenti per aver perso le staffe.

Lone Survivor arriverà nelle sale americane il 27 dicembre per una prima distribuzione limitata, successivamente sarà distribuito in tutto il territorio a partire dal 10 gennaio. Nel film oltre Mark Whalberg compaiono anche Eric BanaTaylor KitschEmile Hirsch, Ben Foster ed Alexander Ludwig.

Fonte: HollywoodReporter

Maleficent trailer italiano con Angelina Jolie

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maleficent trailer italianoEcco il primo trailer italiano di Maleficent, l’ultimo adattamento Disney della fiaba de La Bella Addormentata nel Bosco, in cui Angelina Jolie interpreta la strega nemica della principessa Aurora (Elle Fanning).

Ecco il trailer:

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Tutte le foto:

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Disney presenta Maleficent, la storia mai raccontata di una delle più amate cattive delle favole Disney, tratta dal classico del 1959 La bella addormentata nel bosco.
Malefica, una bella e giovane donna dal cuore puro, vive una vita idilliaca immersa nella pace della foresta del regno, fino a quando, un giorno, un esercito di invasori minaccia l’armonia di quei luoghi. Malefica diventa la più fiera protettrice delle sue terre, ma rimane vittima di uno spietato tradimento ed è a questo punto che il suo cuore puro comincia a tramutarsi in pietra. Decisa a vendicarsi, Malefica affronta una battaglia epica contro il successore del re invasore e, alla fine, lancia una maledizione contro la piccola Aurora. Quando la bambina cresce, Malefica capisce che Aurora rappresenta la chiave per riportare la pace nel regno e, forse, per far trovare anche a lei la vera felicità.

La Walt Disney ha svelato in esclusiva la nuova sinossi ufficiale di Maleficent, la nuova pellicola fantasy che segnerà il ritorno sul grande schermo del premio Oscar Angelina Jolie. Eccola, di seguito:

Maleficent racconterà la storia di una delle villain più amate dell’universo Disney, antagonista della favola La bella addormentata nel bosco del 1959. Affascinante donna dal cuore gentile, la bellissima Maleficent ha vissuto a lungo in un bosco incantato circondata da pace e armonia, fino a quando un squadra di invasori non ha messo a repentaglio la tranquillità del suo regno. Maleficent si trasforma così nella più cattiva guardiana del suo universo, subendo un terribile tradimento che tramuterà il suo cuore benevolo in un cuore di pietra. Accecata dalla sete di vendetta, Meleficent inizierà una leggendaria battaglia contro il successore del re invasore, gettando una maledizione sulla figlia Aurora. Col passare del tempo, la strega di renderà conto che la giovane custodisce la chiave per la salvezza del suo regno e forse anche quella per ritrovare l’ormai perduta serenità.

Diretto dallo scenografo due volte premio Oscar Robert StrombergMaleficent, prodotto da Joe Roth, annovera nel cast anche Elle Fanning, Sharlto Copley, Sam Riley, Imelda Staunton, Juno TemplePalak Patel e Miranda Richardson. La release è prevista per il 14 marzo 2014.

50 Sfumature di Grigio prime foto di Christian Grey e Anastasia Steele

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Entertainment Weekly ha pubblicato le prime foto di 50 Sfumature di Grigio. Si tratta di scatti promozionali in cui Jamie Dornan e Dakota Johnson posano nei panni dei rispettivi personaggi, Christian Grey e Anastasia Steele.

50 sfumature di grigio è un romanzo, caratterizzato dalla descrizione di scene di esplicito erotismo e da elementi di pratiche sessuali BDSM, ha in breve tempo raggiunto una vasta popolarità e un grande successo di vendite negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. L’intera serie ha venduto oltre 70 milioni di copie in tutto il mondo e i diritti sono stati venduti in 37 paesi.

Il film è stato scritto da Kelly Marcele, mentre a dirigere sarà Sam Taylor-Johnson (moglie dell’attore Aaron Taylor-Johnson). A produrre il film, invece, ci saranno Michael De Luca, Dana Brunetti e  l’autrice del romanzo E.L. James, per un’uscita fissata per il 14 Agosto 2014

Tutte le immagini clikka qui.

Fonte: EW

 

Questione di tempo: la colonna sonora del film di Richard Curtis

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Questione di tempo: la colonna sonora del film di Richard Curtis

Lo scorso 7 novenbre è uscito nei cinema italiani Questione di tempo, la commedia romantica di Richard Curtis di cui oggi vi proponiamo la colonna sonora ufficiale.

Il regista Richard Curtis ha scelto personalmente tutti i brani realizzando una poliedrica compilation, passando dal melodico datato all’attuale ritmo, per arrivare alla romanticissima How Long Will I Love You, mentre i pezzi originali del film sono del londinese Nick Laird-Clowes.

Questione di tempo la colonna sonora

1. The Luckiest (Ben Folds)
2. How Long Will I Love You (Jon Boden, Sam Sweeney, Ben Coleman)
3. Mid Air (Paul Bucchanan)
4. At The River (Groove Armada)
5. Friday I’m In Love (The Cure)
6. Back To Black (Amy Winehouse)
7. Gold In Them Hills (Ron Sexsmith)
8. The About Time Theme (Nick Laird-Clowes)
9. Into My Arms (Nick Cave & The Bad Seeds)
10. Il Mondo (Jimmy Fontana)
11. Golborne Road (Nick Laird-Clowes)
12. Push The Button (Sugababes)
13. All The Things She Said (t.A.T.u)
14. When I Fall In Love (Barbar Gough, Sagat Guirey, Andy Hamill, Tim Herniman)
15. Spiegel im Spiegel (Arvo Part, Sebastien Klinger, Jurgen Kruse)
16. How Long Will I Love You (Ellie Goulding)

Il cast del film è composto da Rachel McAdams, Domhall Gleeson e Bill Nighy.

All’età di 21 anni, Tim Lake (Gleeson) scopre di essere in grado di viaggiare nel tempo … Dopo l’ennesima, deludente festa di Capodanno, il padre di Tim (Nighy) rivela a suo figlio che gli uomini della loro famiglia hanno sempre avuto il potere di viaggiare attraverso il tempo. Tim non può cambiare la storia ma può cambiare quel che accade e che è accaduto nella sua vita, perciò decide di rendere il suo mondo migliore … trovandosi una fidanzata. Sfortunatamente questa impresa non sarà facile come potrebbe sembrare.
Giunto a Londra dalla Cornovaglia per diventare avvocato, Tim incontra la bella ma insicura Mary (McAdams). I due si innamorano, ma per colpa di un fatale viaggio nel tempo, si allontanano per sempre. Ma si incontrano di nuovo, come se fosse la prima volta, e continuano ad incontrarsi ancora … fino a quando, giocando d’astuzia contro il tempo, Tim riuscirà finalmente a conquistare il suo cuore.
Il giovane a quel punto usa il suo potere per dichiararsi romanticamente nel modo migliore, per tutelare il suo matrimonio dal peggiore discorso mai fatto da un testimone di nozze, per salvare il suo migliore amico da un disastro professionale e per riuscire ad arrivare in tempo in ospedale per far partorire sua moglie, nonostante un terribile ingorgo di traffico ad Abbey Road.
Tuttavia, nel corso della sua insolita vita, Tim si rende conto che il suo dono straordinario non può preservarlo dalle sofferenze, e dagli alti e bassi che tutte le famiglie, ovunque, sperimentano. Sono grandi i limiti di ciò che un viaggio nel tempo può ottenere, senza contare che può rivelarsi alquanto pericoloso. Questione di Tempo è una commedia che parla dell’amore e del potere dei viaggi temporali e che insegna che in fondo, per vivere una vita piena e soddisfacente, non c’è bisogno di viaggiare nel tempo.

Festival di Roma 2013 Alexandre Rockwell presenta Little Feet in CinemaXXI

little feet festival di roma 2013Lana ha sette anni e si occupa di suo fratello Nico che ne ha quattro. Il loro passatempo preferito è guardare i loro pesciolini rossi nuotare nell’acquario. Una mattina, mentre si preparano per la scuola, Nico scopre uno che dei pesci galleggia a pancia in sù. Dopo averlo seppellito, perde lo scuolabus. Tornando a casa incontrano un ragazzo, Nene, nascosto in una scatola. Nene si è appena trasferito nell’appartamento accanto. I due bambini lo invitano a conoscere Curly, il pesce rosso superstite. Commosso, Nene convince Lana e Nico a intraprendere un viaggio alla ricerca di un amico per il pesciolino rimasto solo.

Una storia semplicissima che fa partire un road movie. Alexandre Rockwell ritorna ad un (quasi) lungometraggio mettendo in scena la sua famiglia e chi le sta intorno. Protagonisti assoluti i figli, Lana e Nico di una storia scritta a quattro mani, come recitano i titoli di coda scritti sull’asfalto dalla bambina, da “Lana e papà”. Echi di Jarmusch degli esordi, e anche in questo caso gli eroi lottano per una causa essenziale che poi passa in secondo piano mano mano che la storia si evolve. Tutti modi per espiare però un lutto, far finta che ci sia sempre un domani o un mondo parallelo in cui continua a vivere e vederci chi ci abbandona fisicamente da questo mondo.

festival di roma 2013 Alexandre RockwellIl perchè un regista che è presente ai festival dal 1992, e che è stato vincitore di un Sundance Film Festival, nel 1994 con In the soup, faccia un film così semplice, è lui stesso a spiegarlo: “cercare soldi e finanziatori mi stava togliendo la passione di fare il cinema. Volevo tornare a fare qualcosa di semplice, autofinanziato, con persone che amavo. Allora ho seguito le storie dei miei figli, che sono in quel periodo della vita in cui tutto è poetico”.

Dalla semplicità all’arte il passo è breve, basta sapere come fare, insomma.

Ad introdurre il film, un’altra opera di un regista esperto di lungometraggi che per la prima volta si è cimentato con un film di breve durata. Il regista cinese Yonfan Yonfan ha deciso di raccontare una storia che ha le sue radici nella mitologia classica cinese in Lu, cortometraggio che si svolge in un teatro durante una rappresentazione.

Ciò che resta, della messa in scena teatrale sono gli elementi essenziali anche in questo caso: la gestualità, i movimenti, i colori ed i costumi.

Festival di Roma 2013 Filippo Timi presenta I Corpi Estranei in concorso

i corpi estranei recensione“Siamo partiti da un’immagine che mia moglie, la sceneggiatrice del film (Giuditta Tarantelli, ndr), aveva nella testa – così Mirko Locatelli ha introdotto la genesi del suo film, I Corpi Estranei, presentata in Concorso all’ottava edizione del Festival di Roma – Si tratta di una immagine che risale a vent’anni fa: un uomo solo con in braccio un bambino in un reparto di oncologia. Quest’uomo solo, con il suo bambino, era solo un’immagine. Siamo partiti da lì cercando di immaginare una storia intorno a quest’uomo, perchè spostava l’attenzione, rispetto al tema della fragilità, dal bambino all’adulto. Così, nelle nostre ricerche, abbiamo scoperto che nei casi in cui un bambino ha qualcosa di molto grave, i veri malati sono i genitori, che non vengono accompagnati per davvero in questo processo doloroso.”

Giuditta Tarantelli prende la parola chiarendo il concetto: “Tutte le cure sono riservate ai bambini, e l’aspetto psicologico di chi sta intorno al bambino viene trascurato. I genitori sono così chiamati i malati invisibili che hanno lo stesso trauma di chi ha subito una catastrofe”.

Mirko Locatelli: “Abbiamo voluto fare non un film sul dolore, ma sulla fragilità. Il dolore può diventare patetico. Mentre noi abbiamo spostato l’attenzione e abbiamo utilizzato la malattia come pretesto. Per parlare del dolore ci vuole del pudore. Quindi spostando con pudore il tema sulla fragilità, servendoci anche del personaggio secondario, con il quale il protagonista si approccerà e cambierà la sua prospettiva”.

festival-di-roma-2013-filippo timiInfatti il protagonista è un uomo molto fragile. Come si è approcciato Filippo Timi a questo personaggio?

Filippo Timi: “A sei anni i miei genitori mi portano a Pisa, perché zoppicavo, per un controllo. Poi ho scoperto che il controllo era dovuto alla paura che avessi un tumore alle ossa, ma i miei mi regalarono la prima scatolina di Lego, ed io ero felicissimo. Per fortuna poi stavo bene, ma i miei genitori erano preoccupatissimi perché un bambino con il tumore alle ossa a sei anni, non arriva ai 14.” “Entrando in questo progetto – continua Timi – e leggendo la sceneggiatura mi sono trovato dall’altra parte. In quella occasione ho capito che è impossibile recitare un dolore di un padre il cui figlio sta così male. Ho provato solo a chiudere la porta di quel dolore. Poi non ho potuto recitare molto, perché ho dovuto avere a che fare con il bambino, con il quale non puoi recitare, ma devi solo provare ad entrarci in contatto”.

Jaouher Brahim, co-protagonista con Timi, racconta la sua prima esperienza sul set, e soprattutto la sua scoperta del mondo dietro alla malattia, un mondo fatta di famiglie che soffrono.

Tutte le foto del festival nella nostra gallery:

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Glaucocamaleo recensione del film di Luca Trevisani

Glaucocamaleo recensione del film di Luca Trevisani

Glaucocamaleo recensione 2Il progetto Glaucocamaleo prende il via da un famoso libro di Kurt Vonnegut del 1961, “Ghiaccio 9”, in cui, tra le altre cose, si narra la storia di uno scienziato, inventore del “ghiaccio-nove”: una microparticella in grado di cristallizzare e congelare istantaneamente l’acqua (portandone il punto di fusione a 114 °F) e potenzialmente in grado, con una reazione a catena, di propagare questa proprietà a tutta l’acqua del pianeta, rendendola solida, per contatto, con conseguenze catastrofiche per la vita.

Il disastro innescato nel libro è il blocco del ciclo dell’acqua, il passaggio di stato, la mobilità delle particelle. Ed è da qui che Glaucocamaleo inizia. L’uomo nasce, si sviluppa e muore in continua relazione con la natura. Da essa trae, in un continuo lavorio, risorse volte a soddisfare le proprie esigenze.

Nel film di Luca Trevisani però, qualcosa si è rotto. Una trasformazione inaspettata e repentina ha ghiacciato il mondo. In uno scenario così inospitale, la sola soluzione è un cambio di prospettiva. Abbandonando una visione antropocentrica e geocentrica della realtà, degli uomini realizzano che la risposta al disastro è da cercare altrove, nel sole, nella sua energia. Utilizzandone i raggi, l’uomo sblocca lo stallo in cui ha messo il mondo, condannandosi a negoziare un nuovo, instabile, equilibrio.

Glaucocamaleo recensione

Glaucocamaleo è un progetto molto ambizioso. All’interno della sezione a lui più adatta “CineMaxxi” dedicato al cinema innovativo e sperimentale che dialoga e soprattutto fa riferimento alle altre arti, le immagini ad alta definizione del ghiaccio, il fuoco, gli elementi che danno la vita e la morte, sono uno spettacolo a sé stante, dove la parola è di fatto superflua, ed infatti non c’è se non nel primo quarto d’ora, in cui la questione della sparizione umana viene discussa da due camerieri molto più colti di quanto il camice e il conseguente stereotipo farebbero pensare. Poi lo spazio è lasciato ad immagini e sensazioni, a panoramiche che fanno pensare agli spazi rappresentati da Godfrey Reggio nella trilogia iniziata con Koyanisqatsi e alcune sono estranianti via musica, suoni e interruzione della finzione, nel momento in cui entrano in campo i drone di cui il regista ha fatto ampio uso nella realizzazione del film, diventando un personaggio alieno che prende possesso della scena, sia con le sue soggettive che con i suoi suoni.

Un film studiato a tavolino e schematicamente, la voce narrante, Kary Mullis, scienziato premio Nobel per la chimica nel 1993 è stato scelto per le sue caratteristiche controverse. Lo scienziato infatti, che è anche un surfista senza tregua, ha più volte sostenuto che le sue scoperte sono state agevolate da un ampio uso di LSD, ha espresso grande scetticismo riguardo all’esistenza del riscaldamento globale così come ha affermato di essere stato rapito da esseri alieni.

La scelta di Kary Mullis, così come di ogni location e materiale impiegato nel film, è fondamentale. La sua figura è stata di fondamentale ispirazione e consequenziale ai significati generati dal film stesso: l’immagine di uno scienziato da sempre in grado di assecondare la propria curiosità e le proprie ossessioni, un prometeo contemporaneo che mette in discussione le gerarchie e i valori. Il film è stato introdotto da un cortometraggio dal titolo Thing, che indaga a suo modo un panorama simile: un mondo inesistente, in wireframe, a cui siamo arrivati non si sa con quale delle molte spinte distruttive. Anche il corto di Anouk DeClerq cerca un’entità aliena e molte delle immagini, desaturazioni di lunghe panoramiche urbane, sembrano paesaggi spaziali o alieni.

Gods Behaving Badley: recensione del film di Marc Turtletaub

Gods Behaving Badley: recensione del film di Marc Turtletaub

Presentato nella sezione Fuori Concorso, Gods Behaving Badley di Marc Turtletaub, è tratto dall’omonimo romanzo scritto da Marie Phillips. La sceneggiatura adattata dalla stesso regista e Josh Goldfaden fa leva sulla popolarità che gli Urban Fantasy stanno acquisendo sempre più nel contemporaneo panorama cinematografico. Seppur venga naturale il collegamento con Percy Jackson; la storia in realtà si distacca molto dalla saga di Rick Riordan, infatti il percorso di scrittura procede in maniera opposta, declinando le relazioni e le dinamiche degli Dèi nella società del XXI secolo.

In Gods Behaving Badley la relazione tra Kate e Neil è ostacolata da una causa soprannaturale: l’imperitura ostilità che divide ancora gli antichi dei greci. Ritiratisi a vivere in esilio a Manhattan gli dei dell’Olimpo si nascondono allo sguardo dell’umanità in una villetta, trascorrendo il tempo fra schermaglie e liti. Quando Apollo s’innamora perdutamente di Kate, Neil deve riconquistarla e salvare anche la razza umana dalla minaccia dell’estinzione.

Gods Behaving Badley, il film

La trama di Gods Behaving Badley prende come spunto solo alcune delle caratteristiche e degli attriti degli Déi per poi sviluppare una storia del tutto personale senza risaltare leggende o miti. Proprio per questa caratteristica, la sceneggiatura risulta essere abbastanza lineare e di facile lettura fino alla sua conclusione, mostrando i celebri capricci di alcuni Dèi, contornati e caricati di un ironica contemporaneità. Infatti, questi sono ormai “umanizzati” per via dei loro esili poteri e quindi ridotti ad essere schiavi di egoistici capricci, difatti, uno dei punti nevralgici della storia ruota proprio sulla mancanza di “fede” e i loro poteri che li ha portati a rintanarsi e dimenticarsi del loro mondo. In questo scenario, il loro torpore viene svegliato dal coinvolgimento di Kate e Neil che attraverso le loro disavventure e i loro sentimenti umani riusciranno a ricordare agli Dèi la loro figura e l’importanza che ricoprono.

Gods Behaving Badley riesce a distinguersi con piccole novità che notiamo sin dai titoli di testa e nell’incipit, ma spicca soprattutto per il divertente e brillante cast da cui è composto, su cui spiccano tra tutti Ebon Moss-Bachrach, Edie Falco, Oliver Platt, Nelsan Ellis e il meraviglioso duo Zeus-Ade, Christopher Walken e John Turturro. Difatti saranno proprio loro che con i loro meravigliosi tempi comici sosterranno l’intera linea narrativa del film, suscitando la maggior parte delle volte la risata.

Gods Behaving Badley, come già suggerisce il titolo, gioca e diverte con le figure classiche della mitologia greca, usando soprattutto rimandi e nuovi percorsi narrativi che riescono a intrattenere la sala e a divertire il pubblico senza aggiungere nulla di nuovo al genere Urban Fantasy ma rinvigorendolo con un’altra storia.

Buon Compleanno Gerard Butler

Buon Compleanno Gerard Butler

Scozzese, classe 1969, Gerard Butler debutta a teatro a soli 12 anni, ma, sebbene sia bravino, finisce che si mette a studiare legge. Dopo il praticantato di routine, e a una settimana dal diventare ufficialmente avvocato, Gerard viene licenziato dallo studio per cui lavora, a causa del discutibile stile di vita che ha mantenuto in un momento per lui molto difficile.

Così si trasferisce a Londra, e qui il richiamo del palco è talmente forte (o forse è solo per la smania di diventare famoso, come ammette lui stesso) che il giovane Butler prende seriamente in considerazione la carriera d’attore. Alla solita gavetta teatrale segue il debutto al cinema nel 1997 con La mia regina di John Madden, un discreto successo che gli apre le porte di Hollywood. Nel 2002 Gerard è infatti al fianco di Angelina Jolie in Tomb Raider – La culla della vita, per poi prendere parte all’adattamento per il grande schermo di uno dei musical più celebri del mitico Andrew Lloyd Webber, Il fantasma dell’Opera, dove Gerard rivela insospettabili doti canore. La fama conclamata, però, gliela regala il ruolo di Leonida in 300, dal graphic novel di Frank Miller: al grido di “QUESTA È SPARTAAAAA!!!” – e con l’ausilio di un addome a tartaruga entrato negli annali – Butler si ritaglia un posto fra i sex symbol del nuovo millennio. Dello stesso anno, il 2007, è anche il lacrimevole P.S. I love you, dove l’amata in questione è Hilary Swank; seguono un ruolo da macho-col-cuore-tenero in La dura verità (con Katherine Heigl) e uno da macho-e-basta (ma un po’ trash) in Giustizia privata, prima di fare Il cacciatore di ex (= Jennifer Aniston) e di raccontarci quello che sa sull’amore insieme a Gabriele Muccino.

Di recente è tornato a fare il macho-che-non-deve-chiedere-mai in Attacco al potere – Olympus has fallen, ennesimo action movie in cui un manipolo di spietati terroristi assalta la Casa Bianca e prende in ostaggio il povero Presidente USA. Noi, invece, usiamo le buone maniere per invitarlo a spegnere le candeline (lo spumante è meglio evitarlo). HAPPY BIRTHDAY GERARD!

Nadja Swarovski: intervista alla produttrice di Romeo e Giulietta

Nadja SwarovskiLa redazione di Cinefilos ha avuto il piacere di incontrare la signora Nadja Swarovski , presidente e produttore esecutivo della Swarovski Entertainment , in occasione della presentazione di Romeo e Giulietta al Festival del Film di Roma. La Swarovski Entertainment ,  fondata nel 2010 , si occupa  di finanziare e produrre film originali e artisticamente compiuti e Romeo  Giulietta di Carlo Carlei è stato il loro primo progetto.

Come mai avete deciso di diventare produttori per questo film e di non partecipare solo con il product placement , come in genere fanno i brand?

Avevamo già preso la decisione di creare la Swarovski Entertainment ed eravamo in cerca di un copione. Julian Fellowes che è un amico di famiglia e del quale ammiriamo il  lavoro è venuto da noi e ci ha proposto Romeo e Giulietta. Ci è piaciuta da subito la storia che è una bellissima storia d’amore: il mondo Swarovskvi è fatto di doni che nascono da pensieri d’amore, quindi questo era il progetto giusto. Con la nostra produzione vorremmo arricchire culturalmente lo spettatore attraverso un messaggio educativo e un classico di Shakespeare era perfetto in questo senso, in particolare per le generazioni più giovani.

 Lei ha detto che Julian Fellowes è un amico di famiglia, anche lei è una fan di Dowtown Abbey?

Certo, chi non lo è! Lui ti fa diventare dipendete da quello show!

 Questo per voi è stato il primo progetto, cosa ci possiamo aspettare in futuro dalla Swarovski Entertainment?

E’ sicuramente solo l’inizio per noi e nei progetti futuri la Swarovski sarà molto coinvolta ad esempio con l’industria della moda, l’architettura e gioielleria ma si tratta soprattutto di rimanere fedeli ai valori in cui noi crediamo e magari scegliere storie con delle morali forti. Alla fine tutti i progetti della Swarovski saranno indirizzati verso l’arricchimento culturale delle persone,nel riuscire ad educarle attraverso i film.

 State già producendo qualcosa di nuovo?

Si abbiamo una storia pronta, non posso rivelarvi troppi dettagli ma sarà sul mondo della moda. Uno sguardo nel dietro le quinte di questo mondo, dove le persone che non ne sono coinvolte non possono e non riescono a capire bene come funzioni. Quindi rimane sempre un progetto educativo ma allo stesso tempo piacevole.

 Riguardo la moda, in Romeo e Giulietta i costumi sono una parte fondamentale e possono essere ammirati per la loro grandiosità e cura nei minimi dettagli – per cui sono stati usati anche cristalli Swarovski. Lei ha partecipato al processo di design suggerendo qualcosa che rispecchiasse il suo gusto?

No per niente. Una scelta importante è stata quella di decidere con quale costumista lavorare e devo ammettere che Carlo Poggioli è stato davvero fantastico. Aveva come consulente Milena Canonero e hanno avuto la possibilità di scegliere i cristalli da utilizzare, ma noi non abbiamo mai interferito con le loro scelte creative. Anche la possibilità di lavorare con le sarte italiane è stato incredibile.Sapete questa arte è nel loro DNA e gli viene naturale. La manodopera e i dettagli sono stupendi,ad esempio nelle giacche ricamate o i vestiti in velluto, assolutamente bellissimi.

 Quali sono le qualità che cercate nei progetti da finanziare e produrre?

Sicuramente l’arricchimento culturale è la qualità numero uno. L’aspirazione al bello, belle scenografie e costumi sono altre.  Ma anche semplicemente la proposta di un copione ben adattato che abbia certe informazioni che lo spettatore può apprendere una volta che è finito il film, sono qualità importanti.  Vogliamo dare un contributo positivo all’industria, perché ci sono talmente tanti film in giro che siamo molto fermi nel voler fare un prodotto informativo che aggiunga valore.

Je Fais Le Mort: recensione del film di Jean-Paul Salomè

Je Fais Le Mort: recensione del film di Jean-Paul Salomè

JE FAIS LE MORT recensione

Presentato Fuori Concorso al Festival del Film di Roma Je Fais Le Mort , commedia poliziesca del regista Jean-Paul Salomè.

Jean Renault (Francois Damiens) è un attore fallito che viene deriso anche dai propri figli e dalla ex moglie. La sua agente , disperata quanto lui perché viene licenziato dalle varie produzioni in quanto troppo preciso e quindi rompiscatole , gli propone una parte particolare : quella del morto! Così per pochi soldi Jean parte alla volta di Mauve , un paesino in mezzo alle montagne , colpito dalla tragedia di un triplice omicidio. Lì lui dovrà aiutare la rigida magistrato donna ( Gèraldine Nakache ) e il capo della polizia del luogo il Tenente Lamy ( Lucien Jean-Baptiste ) , a ricostruire le azioni dell’assassino sulla scena del delitto per concludere le indagine giudiziarie, facendo la parte del morto. La sua eccessiva ossessione per i dettagli e esperienza recitativa lo porterà a dubitare e a far dubitare del ragazzo preso come colpevole, che risulta già dal primo sguardo poco credibile. Tra gag divertenti e antipatie che si trasformeranno in qualcos’altro , l’inesperto attore aiuterà la polizia a risolvere il caso in un modo inaspettato.

Pochi semplici ingredienti rendono la storia intrigante e leggera, e Jean-Paul Salomè manovra un cast di bravi attori che non coprono la trama con il loro protagonismo ma accompagnano bene l’allegro andare dell’indagine. L’idea è abbastanza innovativa per un film, ma non molto per la televisione. Ricorda ad esempio The Mentalist o Castle , dove un personaggio esterno e spesso eccentrico, riesce con un intuito più umano e derivante dall’esperienza in un altro campo a vedere degli indizi anche dove al momento non sono ben visibili a polizia e magistrati. Ma non è un punto a sfavore, anzi.

JE FAIS LE MORT recensione

Con il classico humor francese e un Francois Damiens che potrebbe pure non parlare, dalle efficacissime espressioni facciali quasi da film muto, Je Fais Le Mort è un divertente parentesi di tranquillità.

 

 

 

 

 

 

La nostra foto gallery del Festival:

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Festival di Roma 2013: Video commento dei film del quinto giorno

Festival di Roma 2013: Video commento dei film del quinto giorno

Festival di Roma 2013

Nel quinto giorno del Festival di Roma è stato presentato come film in concorso Out of the Furnace di Scott Cooper con Christian Bale, Casey Affleck, Woody Harrelson, Forest Whitaker, Zoë Saldaña, Sam Shepard e Willem Dafoe. Nella sezione Fuori Concorso la commedia francese Je fais le mort di Jean-Paul Salomé con François Damiens, Géraldine Nakache e Lucien Jean-Baptiste ed infine La Santa di Cosimo Alemà con Massimiliano Gallo, Francesco Siciliano, Gianluca Di Gennaro, Michael Schermi, Marianna Di Martino e Lidia Vitale.
Di seguito il video commento dei film:

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Tutte le foto del festival nella nostra gallery:

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Avengers: Age of Ultron, Elizabeth Olsen su Scarlet Witch

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Avengers: Age of Ultron, Elizabeth Olsen su Scarlet Witch

Arrivata l’ufficialità circa la presenza di Elizabeth Olsen in Avengers: Age of Ultron, in cui l’attrice indosserà il costume di Scarlet Witch, sono giunte, nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’Old Boy di Spike Lee, alcune sue dichiarazioni circa il personaggio che andrà ad interpretare.

L’attrice si è detta “eccitata” all’idea di prendere parte ad un’importante produzione quale The Avengers, dichiarando di essere, al momento, immersa nella lettura di numerosi fumetti per comprendere meglio il personaggio, anche se ha aggiunto che la maggior parte di quanto abbia letto non risulterà utile ai fini del film. Riguardo il costume che indosserà ha sostenuto di non conoscere dettagli particolari al momento, ma di sapere più o meno come sarà realizzato e che, molto probabilmente, sarà differente da ciò che i fan si aspettano. Circa, invece, scene che la vedranno impegnato al fianco di Samuel L. Jackson, ha detto di non sapere ancora se i due condivideranno lo schermo nel corso del film.

Elizabeth Olsen ha poi espresso cosa l’ha colpita del proprio personaggio: “La cosa divertente è come lei sia un “collegamento”, come lei sia l’unica di questo universo capace di comunicare con le cose paranormali, il passato, il futuro e gli altri universi, è una cosa incredibile! Mi piace pensare quanto sia fantastico poter semplicemente toccare degli oggetti per poter sapere dove essi siano stati, è una cosa pazzesca!”

Avengers: Age of Ultron, il film

Ricordiamo che nel cast di Avengers: Age of Ultron sono presenti anche Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Mark Ruffalo, Chris Evans, Chris Hemsworth, Aaron Taylor-Johnson, Jeremy Renner, Anthony Mackie, Elizabeth Olsen, Samuel L. Jackson, Stellan Skarsgård, Cobie Smulders, Andy Serkis, Idris Elba, James Spader, Hayley Atwell, Paul Bettany, Don Cheadle, Thomas Kretschmann.

La trama ufficiale del film diretto da Joss Whedon è la seguente: Quando Tony Stark cerca di avviare un programma di pace, le cose degenerano e i più grandi eroi della Terra, tra cui Iron Man, Captain America, Thor, l’Incredibile Hulk, Vedova Nera e Occhio di Falco, saranno messi alla prova, mentre il destino del pianeta è a rischio. Il villain Ultron emerge, e spetterà agli Avengers impedirgli di attuare i suoi terribili piani, e presto scomode alleanze e situazioni inaspettate apriranno la strada a un’avventura originale, su scala globale. La squadra deve riunirsi per sconfiggere James Spader nei panni di Ultron, un terrificante megacattivo deciso ad annientare il genere umano. Sulla strada, gli eroi affronteranno due misteriosi nuovi arrivati, Wanda Maximoff, interpretata da Elizabeth Olsen, e Pietro Maximoff, interpretato da Aaron Taylor-Johnson, incontrando anche un vecchio amico in vesti nuove, quando Paul Bettany diventerà Visione.

Avengers: Age of Ultron uscirà – nei formati 2D, 3D e IMAX 3D – il primo maggio 2015 negli Stati Uniti mentre per quanto concerne le sale cinematografiche italiane l’uscita è prevista qualche giorno prima, il 22 aprile 2015.

Fonte: Comicbookmovie.com

Border conferenza stampa del film

Border conferenza stampa del film

Questo pomeriggio presso lo spazio BNL si è tenuta la conferenza stampa del film fuori concorso Border, di Alessio Cremonini. A presentare il film oltre al regista erano presenti gli attori Sara El Debuch, Dana Keilani, Sami Haddad, Jamal El Zohbi, la co-sceeneggiatrice Susan Dabbous e prodotto da Francesco Melzi d’Eril.

Border-DebuchPerché hai voluto raccontare una storia del genere?
Alessio Cremonini: Perché sono italiano e mi riguarda molto, nel senso che la Siria ha molte cose in comune con noi, almeno storicamente, come alcune città dell’impero romano. C’è stata una foto sul Corriere della Sera bellissima, che forse mi ha spinto a fare il film,  in cui si vedeva una famiglia siriana rifugiata in una tomba dell’impero romano. E li ho pensato, se ci fosse la guerra in Italia questo potrebbe accadere anche alla mia famiglia, rifugiarsi in un posto che una volta era un tomba romana. Inseguito anche perché Damasco è a poche ore di volo da qui, qualche papa del medioevo era siriano, un signore che si chiama  San Paolo si è convertito sulla via di damasco e poi siamo tutti quanti  nel mediterraneo e forse noi italiani siamo i più mediterranei o comunque i  più vicini geograficamente all’altra sponda del mediterraneo. Quindi chi meglio di noi italiani, può comprendere e magari raccontare agli altri europei cosa sta accadendo dall’altra parte del mediterraneo. Ed in aggiunta, mi ha spinto l’indignazione per quello che accadeva, questo non è un film politico e non vuole assolutamente esserlo, anche perché è una storia vera, però è un film da indignato, come lo sono probabilmente tutte le persone che hanno partecipato e lo hanno fatto, cioè la sceneggiatrice Susan Dabbous , gli attori protagonisti, il terzo protagonista non è qui oggi perché in questo momento, grazie ad alcune leggi italiane, non faccio i nomi dei politici, è dovuto andare via dall’Italia dove risiedeva da dieci anni e il protagonista maschile Wasim Abo Azan è ora rifugiato, richiedente asilo politico in Svezia, che è l’unico paese che accoglie i siriani. Quindi questo film è uno spaccato della Siria di oggi.

Border-AzanIl film inizia con delle immagini di repertorio e poi parla dei rapporti umani, questa scelta dell’intreccio del passaggio di testimone all’interno del film c’è stato sin dall’inizio e si è evoluto in seguito? 
A.C.: Io ho cominciato a cercare qualche storia, tramite amici e via dicendo, ed infine mi sono imbattuto in questa storia, quindi sostanzialmente io e Susan abbiamo cercato di renderla cinematografica, quindi abbiamo cercato di riportare quella storia che io avevo incontrato piano piano, facendomi accogliere dalla comunità siriana. Loro sono stati accolti nel mio paese e io sono sono stato accolto nel mio paese da loro, è stato uno scambio e c’è stata anche un arricchimento personale enorme, quindi in realtà queste entrate uscite purtroppo sono tendenzialmente della vicenda umana di quelle persone che poi si è salvata, piccole cose le abbiamo dovute aggiustare. Tutti gli stop and go di cui tu parli esistevano e dato che volevamo fare un film che fosse vero, che fosse il più puro possibile abbiamo cercato di intervenire il meno possibile sulla storia.
Susan Dabbous: Ciò che mi preme dire da giornalista che questa storia da questa parte del mediterraneo si ha il privilegio di vedere come spettatori è una storia di tante storie che io ho raccolto sul campo e che sono tremende ecco. Sono molto contenta di aver portato questo contributo perché rende questo film reale, aldilà che sia una storia vera, siamo abituati al cinema a vedere riprodotte storie vere in modo completamente artefatto. questo è un film che il direttore del Toronto Film Festival è stato trasmesso in anteprima mondiale e definito “sensibile e disadorno” ed è stato un modo di rappresentare questa realtà e lo abbiamo fatto senza giudizio, questo è importante. Il film racconta la storia da una parte ma fa vedere anche l’altra ed è questa la complessità di ciò che sta succedendo nello scenario. Non vogliamo dare dei giudizi vogliamo raccontare delle storie che purtroppo accadono realmente.

Credi che essendo un film del tutto italiano, non ti saresti potuto permettere in un altro contesto?
A.C.: Tanto cinema in Siria non si fa, per esempio una cosa che a me e Susan ha spinto inizialmente e che noi italiani abbiamo del cinema che racconta noi stessi anche per le generazioni future i siriani in questo caso no. E quindi se non hanno fatto prima cinema non credo che lo faranno adesso, dove le strutture produttive non lo permettono facilmente.
S.D.: è un film che molti scambiano per documentario, non è un documentario ma ha un valore documentaristico sicuramente importante.

Sara e Dana come vivete questo rapporto molto stretto di Italiane e damascane?
Dana Keilani: Io devo dire la verità, molte cose le ho approfondite dopo lo scoppio della guerra, molte cose non se ne parlavano in casa, non si parlava di questo. è vero che io ho sempre vissuto qui per un periodo con i miei genitori, inseguito loro sono ritornati a Damasco e sono rientrati da poco. Non avevamo le idee chiare dal punto di vista politico in Siria, è una specie di delusione, vedere il nostro paese ridotto in queste condizioni proprio da quelle persone che non pensavamo potessero fare questo.
Sara El Debuch: Lo stesso vale per me, ho 18 anni, andavo in Siria ogni anno e di politica non se ne parlava e quindi molte cose come Dana ha precisato sono dovuta andare a rivederle a sapere perché certe cose non si sapevano a meno che tu non avessi subito qualcosa nell’ambito politico. Inseguito ho conosciuto Alessio, che fortunatamente ha fatto questo film e siamo riusciti a raccontare la storia di queste due ragazze che mostra a tutti gli italiani cosa accade in Siria e cosa si sta vivendo, in piccola misura, perché non si può mostrare in un film la sofferenza di un popolo che va avanti da circa tre anni.

Border-KeilaniCome sono state scelte le attrici?
A.C.: Questo è un film molto fortunato, è miracoloso a fare un film del genere, non ho dovuto fare tanto casting perché ho avuto tanti angeli custodi che mi hanno accompagnato, la prima persona che mi ha aperto le porte della comunità siriana è stata Susan, da lei ho conosciuto molte persone tra cui Sami Haddad Abdul Ahmed e Sara El Debuch e inseguito lei mi ha portato a conoscere Dana, da entrambe ho conosciuto Wasim che inseguito mi ha fatto conoscere Jamal! Ovviamente ho conosciuto molte altre persone però anche gli attori hanno fatto il casting.
S.D.: Nel casting l’oggetto discriminate è che dovevano essere siriani e quindi parlare siriano e non arabo, non valeva un egiziano o un tunisino, questo era l’importante.

Come è nato il rapporto con la comunità siriana? Non c’era la paura che questa vicenda fosse strumentalizzata?
A.C.: Loro si sono presi il rischio di chi non ha voce, loro hanno poca voce, hanno creduto ad una persona che umilmente ha provato a dargli voce, non sono Fellini, Antonioni o Rosi ma ci provo. Non so se loro sono intelligenti o stupidi ma si sono fidati…
D.K.: …è stata una grandissima occasione, l’abbiamo sfruttata subito, di poter portare questa tragedia qui che ciocca in prima persona, la nostra famiglia è lì. Poi non solo, parliamo di storia, architettura, vite umane che dovevamo parlarne in qualche modo e questa è stata un occasione perfetta.

Nymphomaniac: Lars Von Trier assente al final cut

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Nymphomaniac: Lars Von Trier assente al final cut

Continua la lavorazione di Nymphomaniac, ultima fatica del regista svedese Lars Von Trier, film atteso per la prima mondiale il 25 dicembre a Copenhagen. Secondo quanto evidenziato all’interno del contenuto di un articolo in uscita il 13/11 sulle pagine del magazine danese Filmmagasinet Ekko e riportato da Hollywoodreporter, sembra che per la prima volta in carriera Von Trier non si occuperà del final cut della sua nuova creatura.

Secondo quanto annunciato dal produttore Peter Aalbaek Jenser, il regista avrebbe consegnato un montato di circa 5 ore e mezza, una durata ritenuta eccessiva che ha visto ridursi nel risultato finale di 4 ore. Il film, tuttavia, sarà distribuito nelle sale in due parti da due ore ciascuna. Riguardo i tagli Jenser si è espresso così: “La versione breve va contro la volontà di Lars, ma la accetta perché consapevole dei meccanismi di mercato. Non si può durare un film del valore di 60 milioni di corone così a lungo. Cinque ore e mezza è una durata così estrema che ne ridurrebbe il valore commerciale in maniera estrema”.

Dunque, motivo di tale riduzione, non sembrerebbero essere questioni puramente di censura legate all’esplicito materiale sessuale presente nella pellicola, ma a più semplici esigenze commerciali, tuttavia è prevista in uscita una doppia versione dell’opera, una censurata ed una integrale, in modo da permettere alle sale di decidere liberamente quale delle due proiettare. Ekko, inoltre, riporta che il regista non avrebbe, tuttora, neppure visto il montato finale.

Nymphomaniac, la trama

“Nymphomaniac è la storia poetica e selvaggia del viaggio erotico di una donna dalla sua nascita fino all’età di cinquant’anni, raccontata dalla protagonista, la ninfomane Joe. Una fredda sera d’inverno l’anziano scapolo Seligman trova Joe in un vicolo, è stata picchiata. La porta a casa sua, e cerca di curarla, chiedendole nel frattempo informazioni sulla sua vita. Ascolta così il racconto in otto capitoli la storia della sua complicata e lussuriosa vita, ricca di coincidenze fortuite e collegamenti.”

Vi ricordiamo che in Nymphomaniac protagonista è Charlotte Gainsbourg, che interpreterà il ruolo di una ninfomane. Con lei sul set anche, Stellan Skarsgård, Shia LaBeouf, Christian Slater, Willem Dafoe,  Uma Thurman e Connie Nielsen.

Fonte: Hollywoodreporter.com

Festival di Roma 2013 The Green Inferno conferenza stampa del film

The green inferno conferenza stampa

Al Festival Internazionale del Film di Roma 2013 è stato presentato oggi The Green Inferno di Eli Roth; potete leggere qui la nostra recensione. A seguire si è svolta la conferenza stampa, che ha visto partecipare lo stesso regista e l’attrice protagonista Lorenza Izzo.

La prima domanda ha interessato proprio Roth, cui è stato sottolineato come il suo film nasca per omaggiare il cinema “cannibalico” italiano, anche se poi segue una strada diversa, più moderna. Roth ha argomentato molto: “Io adoro il cinema di genere italiano. Film come quelli di Dario Argento, Mario Bava, Lucio Fulci…Nessuno è bravo a far vedere la violenza come gli italiani ed è qualcosa che ha radici storiche, che riguarda anche Rossellini e Pasolini. Poi è arrivato Cannibal Holocaust, per me un must assoluto e lì ho capito che il regista del film Ruggero Deodato aveva creato qualcosa di importante, perché era riuscito a mescolare l’horror al neorealismo degli anni prima”.

Il regista ha poi continuato parlando dell’esperienza durante le riprese di The Green Inferno: “Abbiamo girato in mezzo a persone che non avevano mai visto una telecamera, anzi non avevano mai visto un film. Ho fatto vedere a tutti Cannibal Holocaust. Per ora quello è il loro modello di cinema”

All’attrice Lorenza Izzo è stato chiesto se conoscesse anche lei registi e film italiani citati da Roth e come fosse stato trovarsi “nuda” in mezzo ai cannibali: “Non sapevo molto di questi film in realtà, li ho conosciuti con Eli. L’esperienza delle riprese è stata unica e anche il luogo era unico. Un posto dove non c’è internet, non prendono i cellulari, completamente fuori dalla tecnologia. Eppure loro vivono una vita molto piena; semplice, ma piena”. 

Anche il pubblico ha avuto il suo spazio e al regista è stato chiesto se dopo questa esperienza si fosse sensibilizzato riguardo ai temi sull’Amazzonia: “In realtà il villaggio dove abbiamo girato, che si trova in Perù, è protetto dal governo. Il problema è che il Perù è un paese davvero molto povero”. Infine, Roth ha chiuso la conferenza con ulteriori considerazioni sul film appena presentato: “Con The Green Inferno non volevo ricreare i film “cannibal” degli anni ’70 e ’80. Diciamo che è un omaggio a quei film, ma volevo creare la mia atmosfera, fare la mia storia. Volevo dare una sensazione al contempo caotica e realistica.

La nostra foto gallery del Festival:
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