Continua il fermento per The
Beekeeper 2, con la conferma che Jason Statham tornerà a vestire i panni del
protagonista. La produzione del film della Miramax inizierà in
autunno e il regista di Io sono
nessuno 2, Timo Tjahjanto, prenderà le
redini da David Ayer, che ha diretto il primo bizzarro
thriller cospirativo (qui
la recensione), che ha debuttato lo scorso gennaio e ha
incassato 152 milioni di dollari in tutto il mondo.
Statham aveva ventilato la
possibilità di un sequel in un’intervista rilasciata prima
dell’uscita del primo film, dicendo a Variety: “L’intero film
si intensifica in termini di azione. E va incontro a un
incredibile, grande crescendo. L’intero mondo [del film] ha una
mitologia del mondo dell’apicoltura. Se avessimo la fortuna di fare
un sequel, avremmo un intero mondo in cui immergerci”.
Tjahjanto, che attualmente sta
lavorando a Io sono
nessuno 2 per la Universal, dopo una serie di grandi
successi indonesiani (“The Shadow Strays”, “The Night
Comes for Us” e “The Big Four”) su Netflix – dirige da una sceneggiatura di Kurt
Wimmer, autore del primo film. Oltre a recitare nel film,
Statham produrrà il progetto attraverso la sua Punch Palace
Productions, insieme a Chris Long che produce per
la sua Long Shot Productions. Al momento, però, non sono state
fornite maggiori informazioni sulla trama del film né su altri
membri del cast.
Di cosa parla The Beekeeper
Nel film, Statham interpreta Adam
Clay, un assassino governativo in pensione (un ex agente
“Beekeeper” trasformato in un vero e proprio guardiano del nido
d’ape) che torna in gioco dopo che un attacco di phishing ha preso
di mira la gentile vecchietta (Phylicia Rashad) da
cui affitta un fienile, rubando milioni di dollari da
un’associazione benefica da lei gestita. Quando Clay entra in
modalità assassino nella sua ricerca di vendetta, il film si
trasforma nel tipo di action che il pubblico si aspetta da Statham,
con il suo burbero giustiziere che si lascia dietro una scia di
sangue.
THE BEE GEES: HOW CAN YOU
MEND A BROKEN HEART è il primo documentario sulla
leggendaria band autrice di oltre 1.000 canzoni e venti hit in
testa alle classifiche e con più di 220 milioni di dischi venduti.
Il film racconta l’ascesa dell’iconico gruppo, composto dai
fratelli Barry, Maurice e Robin Gibb, la loro musica e l’evoluzione
negli anni e include anche recenti interviste a Barry Gibb, Eric
Clapton, Mark Ronson, Noel Gallagher, Lulu, Nick Jonas, Chris
Martin e Justin Timberlake.
La nuova serie a fumetti di
Ryan Murphy e
Evan Peters, The Beauty,
aggiunge una star del Monsterverse. Tra le figure più influenti
della televisione contemporanea, Ryan
Murphy ha creato e prodotto numerose serie, tra cui
Nip/Tuck, Glee, American Horror Story,
American Crime Story, Pose, 9-1-1,
9-1-1:
Lone Star, Ratched, American Horror Stories
e Monster. Nel corso della sua carriera, Murphy ha
ricevuto un totale di 38 nomination agli Emmy e ne ha vinti
sei.
In televisione, la
collaborazione tra Ryan Murphy ed Evan Peters è stata
particolarmente fruttuosa, a partire da American
Horror Story di FX, con l’attore che ha interpretato più
personaggi nel corso di 10 stagioni, a volte interpretando più
personaggi in una sola stagione. Oltre ad American Horror
Story, Peters ha recitato anche nella serie FX Pose
di Murphy. La loro collaborazione più recente è avvenuta in
Monster:The Jeffrey Dahmer Story, con Peters che
ha ottenuto una nomination agli Emmy per la sua interpretazione del
serial killer protagonista. Ora Murphy e Peters si riuniscono per
un’altra serie, The Beauty.
The Beauty aggiunge una star
del Monsterverse
La nuova serie a fumetti di Ryan
Murphy e Evan Peters, The Beauty, aggiunge una star del
Monsterverse. Co-creata da Murphy e Matthew Hodgson, The
Beauty si basa sull’omonima serie Image Comics ambientata in
un mondo in cui la perfezione fisica è raggiungibile attraverso una
malattia sessualmente trasmissibile, anche se due detective
scoprono che ha un costo devastante. Mentre i dettagli ufficiali
sulla trama della prossima serie di FX non sono ancora stati resi
noti, il cast include già Evan Peters,
Ashton Kutcher, Anthony Ramos e Jeremy Pope.
Ora, la nuova serie a fumetti di
Ryan Murphy e Evan Peters ha aggiunto una star del Monsterverse.
Secondo Variety, Rebecca Hall si è unita al cast
diThe Beauty, attualmente in
produzione. L’attrice ha recitato nei film del Monsterverse,
Godzilla vs. Kong e Godzilla x Kong: New
Empire. I dettagli sui personaggi di The Beauty non
sono ancora stati resi noti.
Cosa significa l’ingaggio di
Rebecca Hall per The Beauty
Con un cast che ora include il
vincitore dell’Emmy Evan Peters, la star di That ’70s Show
Ashton Kutcher, la star di Twisters Anthony Ramos, il
candidato all’Emmy Jeremy Pope e la star del Monsterverse Rebecca
Hall, sembra che Ryan Murphy e compagnia siano chiaramente
intenzionati ad assemblare un altro ensemble impressionante per
The Beauty. Gli show di Murphy sono tipicamente ricchi di
star, con alcuni dei suoi collaboratori più frequenti come Jessica
Lange, Sarah Paulson, Emma Roberts, Kathy Bates, Angela Bassett e
Gwyneth Paltrow. The Beauty non dovrebbe
essere diverso e, a sua volta, è probabile che Rebecca Hall non
sarà l’ultima aggiunta all’ensemble.
Rebecca Hall alla prima di Los
Angeles di ‘BFG’ tenutasi all’El Capitan Theatre – Foto di
PopularImages via Depositphotos.com
The Beautiful
Game a cui si riferisce il titolo del nuovo
filmNetflix,
diretto da Thea Sharrock e disponibile dal 29
marzo, è il calcio, una vera e propria istituzione nel nostro
Paese, un credo, una devozione nazionale, che determina odi, amori
e umori dei tifosi di tutto lo Stivale. E l’Italia non è certo il
solo caso di Paese in cui questo sport eccelle per popolarità e
diffusione.
The Beautiful Game, la
trama
Partendo proprio da
questa passione, quasi tribale nelle sue manifestazioni più
viscerali, il film racconta la storia di Vinny, un
giovane e talentuoso amante del calcio che, tormentato dal suo
passato, trascorre le giornate a guardare i bambini giocare a
palla, intervenendo e ballandosi della sua superiorità. Fino a che
non viene avvicinato da un uomo che lo coinvolge nella nazionale di
calcio Inglese. Proprio così, Vinny si ritrova a gareggiare per la
sua nazione nei mondiali di calcio… della Homeless World Cup.
L’idea del film nasce
proprio da questo evento sportivo, fondato negli anni Duemila e che
coinvolge squadra composte esclusivamente da persone senza fissa
dimora. Il primo torneo fu organizzato in Austria, mentre la
finzione del film ci porta addirittura a Roma, in Italia, in un
paese in cui, come già detto, il calcio è una cosa seria. Come nel
film di Sharrock, in cui lo sport è un’ossessione per Vinny, ma
diventerà presto un’occasione di riscatto e una seconda opportunità
per molti dei personaggi secondari.
Lo sport visto come seconda
opportunità
I film sportivi sono per
definizione racconti che mettono in scena un miglioramento, una
evoluzione e sì, un riscatto per un passato che non sempre ha visto
i personaggi brillare per scelte di vita e azioni compiute. E
The Beautiful Game non fa eccezione: entrare nella
nazionale dei senzatetto, per Vinny vuol dire non solo riprendere a
giocare a calcio, anche se non ad altissimo livello, ma anche
prendere coscienza della sua situazione personale. E così, solo
accettando il fallimento del suo passato e apprezzando le seconde
opportunità che la vita gli ha concesso, può finalmente
ricominciare a vivere e a risalire la china.
Ambientato
principalmente a Roma, il film si avvale di inquadrature da
cartoline, non necessariamente ricercate ma efficaci soprattutto
per raccontare lo stupore e l’ammirazione dei giocatori del torneo
di fronte alle meraviglie della Città Eterna. Non ci sono quindi
particolari guizzi ma c’è una solida consapevolezza nel mettersi al
servizio della storia nella più classica delle maniere.
Chiedere aiuto è il primo
passo
Al di là del calcio, il
film è anche una riflessione sull’identità dei senza dimora e sulla
necessità di cambiare l’immagine stereotipata che spesso li
circonda. L’esempio di Vinny ci mette di fronte al fatto che la
povertà, l’indigenza possono colpire chiunque, e che chiedere aiuto
è un passo fondamentale verso un’inversione di marcia.
Con Bill Nighy e Valeria Golino a impreziosire il cast,
The Beautiful Game offre uno sguardo semplice e
diretto, mai pretenzioso, sulle possibilità che offre lo sport, ma
anche su vite difficili e spezzate, che qualche volta, con un
piccolo aiuto, tornano a trovare una strada da percorrere e una
direzione da seguire.
L’acclamato regista Peter
Jackson ha rilasciato le prime esclusive immagini del suo
documentario The Beatles: Get Back per i fan di
tutto il mondo. Lo speciale contenuto di 5 minuti è disponibile su
TheBeatles.com e in streaming
su Disney+.
“Volevamo fare una sorpresa per
le feste ai fan dei Beatles di tutto il mondo, così abbiamo
preparato questo speciale contenuto di cinque minuti del film
The Beatles: Get Back”, ha affermato Jackson. “Speriamo che
porti un sorriso e un po’ di gioia in questo momento difficile in
cui ce n’è molto bisogno”.
The Beatles: Get Back arriverà nelle sale
cinematografiche americane il 27 agosto 2021.
https://youtu.be/BDFRi-pozLQ
The Beatles: Get
Back
The Beatles: Get
Back dell’acclamato regista Peter Jackson è un’esperienza
cinematografica unica che porta il pubblico indietro nel tempo alle
sessioni di registrazione private dei Beatles, in un momento
cruciale della storia della musica, mostrando il calore, lo spirito
di squadra e il genio creativo che hanno definito l’eredità
dell’iconico quartetto. Girato nel gennaio del 1969 e realizzato
grazie a oltre 60 ore di filmati inediti (registrati da Michael
Lindsay-Hogg) e più di 150 ore di registrazioni audio mai
ascoltate, straordinariamente restaurate, The Beatles: Get
Back è la storia di quando John Lennon, Paul
McCartney, George Harrison e Ringo Starr
hanno pianificato la loro prima esibizione dal vivo dopo oltre due
anni e registra la scrittura e le prove di 14 nuove canzoni,
originariamente destinate a essere pubblicate in un album live di
accompagnamento. Il film include, per la prima volta in versione
integrale, l’ultima esibizione dal vivo dei Beatles come gruppo,
l’indimenticabile concerto sul tetto di Savile Row, a Londra, così
come altre canzoni e composizioni classiche incluse negli ultimi
due album della band, Abbey Road e Let It Be.
The Beatles: Get
Back, presentato da The Walt Disney Studios in
associazione con Apple Corps Ltd. e WingNut Films Productions Ltd.,
è un’entusiasmante nuova collaborazione tra i Beatles e il regista
vincitore di tre Premi Oscar Peter Jackson (la trilogia de
Il Signore degli Anelli, They Shall Not
Grow Old – Per sempre giovani). The Beatles: Get Back
è diretto da Jackson e prodotto dallo stesso Jackson, Clare Olssen
(They Shall Not Grow Old – Per sempre giovani) e Jonathan
Clyde (The Beatles: Eight Days a Week – The Touring
Years), mentre Ken Kamins (trilogia de Lo Hobbit) e Jeff Jones (The Beatles: Eight Days a
Week – The Touring Years) di Apple Corps sono i produttori
esecutivi. Jabez Olssen (Rogue
One: A Star Wars Story) è il montatore del film e le
musiche sono mixate da Giles Martin (Rocketman)
e Sam Okell (Yesterday).
Disney+ ha diffuso il trailer della
serie in tre episodi The Beatles: Get Back. La docuserie originale
Disney+, diretta da Peter
Jackson, arriverà in esclusiva sulla piattaforma streaming
in tre diversi giorni: il 25, 26 e 27 novembre 2021. Realizzata
interamente con filmati inediti restaurati, questa docuserie
fornisce lo sguardo più intimo e onesto mai documentato prima sul
processo creativo di John, Paul, George e Ringo e sul loro
rapporto.
Diretta dal regista vincitore di tre
premi Oscar® Peter Jackson (la trilogia de Il
Signore degli Anelli, They Shall Not Grow Old – Per sempre giovani),
The Beatles: Get Backporta il
pubblico indietro nel tempo alle sessioni di registrazione della
band nel gennaio del 1969, in un momento cruciale della storia
della musica. La docuserie mostra il processo creativo dei Beatles
durante la scrittura di 14 nuove canzoni in preparazione del loro
primo concerto dal vivo dopo oltre due anni. Di fronte a una
scadenza temporale quasi impossibile, i forti legami di amicizia
condivisi da John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo
Starr vengono messi alla prova. La docuserie è il risultato dello
studio di quasi 60 ore di filmati inediti, girati in 21 giorni da
Michael Lindsay-Hogg nel 1969, e di più di 150 ore di registrazioni
audio mai ascoltate, la maggior parte delle quali sono rimaste
conservate in un caveau per oltre mezzo secolo. Jackson è l’unica
persona in 50 anni ad aver avuto accesso a questo tesoro dei
Beatles, che oggi è stato magistralmente restaurato. Quello che
emerge è un ritratto incredibilmente intimo dei Beatles, che mostra
come, anche sotto pressione, potessero ancora contare sulla loro
amicizia, il buon umore e il genio creativo. Mentre i piani
cambiano e le relazioni sono messe alla prova, vengono composte ed
eseguite alcune delle canzoni più iconiche al mondo. La docuserie
presenta, per la prima volta in versione integrale, l’ultima
esibizione dal vivo dei Beatles come gruppo, l’indimenticabile
concerto sul tetto di Savile Row, a Londra, così come altre canzoni
e composizioni classiche incluse negli ultimi due album della band,
Abbey Road e Let It Be.
The Beatles: Get Back, presentato da The Walt
Disney Studios in associazione con Apple Corps Ltd. e WingNut Films
Productions Ltd., è un’entusiasmante nuova collaborazione tra i
Beatles e Jackson. The Beatles: Get Back è diretto da
Peter Jackson e prodotto da Paul McCartney, Ringo Starr, Yoko Ono
Lennon, Olivia Harrison, Peter Jackson, Clare Olssen (They
Shall Not Grow Old – Per sempre giovani) e Jonathan Clyde
(The Beatles: Eight Days a Week – The Touring Years),
mentre Jeff Jones (The Beatles: Eight Days a Week – The Touring
Years) di Apple Corps e Ken Kamins (trilogia de Lo
Hobbit) sono gli executive producer. Jabez Olssen
(Rogue One: A Star Wars
Story) è il montatore del documentario, Giles Martin
(Rocketman) è il supervisore musicale, Michael Hedges
(Le avventure di Tintin – Il segreto dell’Unicorno) e
Brent Burge (trilogia de Lo Hobbit) sono i tecnici del
suono, mentre le musiche sono mixate da Giles Martin e Sam Okell
(Yesterday).
The Walt Disney
Studios ha acquisito i diritti per la distribuzione a
livello mondiale del documentario dedicato ai Beatles
dell’acclamato regista Peter
Jackson. Il documentario mostrerà il calore, lo
spirito di squadra e l’umorismo durante la realizzazione dell’album
della leggendaria band, “Let It Be”, e il loro
ultimo concerto dal vivo: l’iconica esibizione sul tetto a Savile
Row, Londra. The Beatles: Get Back sarà
distribuito da The Walt Disney Studios negli Stati
Uniti e in Canada il 4 settembre 2020, seguiranno maggiori dettagli
sulla distribuzione a livello globale del film. L’annuncio è stato
dato oggi da Robert A. Iger, Executive Chairman,
The Walt Disney Company, al meeting annuale degli
azionisti.
“Nessuna band ha avuto lo
stesso impatto che hanno avuto i Beatles sul mondo, e The Beatles:
Get Back è un posto in prima fila sui meccanismi interni di questi
geniali creatori in un momento fondamentale della storia della
musica, con scene straordinariamente restaurate che sembrano girate
ieri” – ha commentato Iger. – “Io stesso
sono un grande fan, quindi non potrei essere più felice che Disney
possa condividere lo splendido documentario di Peter Jackson con il
pubblico mondiale a settembre”.
The Beatles: Get
Back, presentato da The Walt Disney Studios in
associazione con Apple Corps Ltd. e WingNut Films
Productions Ltd., è un’entusiasmante nuova collaborazione
tra i Beatles, la band più influente di tutti i tempi, e il regista
vincitore di tre Premi Oscar Peter
Jackson (la trilogia de Il Signore degli Anelli). Realizzato grazie a oltre 55
ore di filmati inediti, girati da Michael Lindsay-Hogg nel 1969, e
140 ore di registrazioni audio, in gran parte mai ascoltate, delle
sessioni di registrazione dell’album “Let It Be”, The
Beatles: Get Back è diretto da Jackson e
prodotto dallo stesso Jackson,Clare
Olssen (They
Shall Not Grow Old – Per sempre giovani) e
Jonathan Clyde, mentre Ken Kamins e Jeff Jones di
Apple Corps sono i produttori esecutivi.
I filmati sono stati
straordinariamente restaurati dalla Park Road Post
Production di Wellington, Nuova Zelanda, e sono stati
montati da Jabez Olssen, che ha collaborato con
Jackson per
They Shall Not Grow Old – Per sempre giovani del
2018, l’innovativo film che mostra immagini d’archivio della Prima
Guerra Mondiale restaurate e colorizzate. Le musiche del film
saranno mixate da Giles Martin e Sam Okell presso Abbey Road
Studios a Londra. Grazie a questo restauro incontaminato,
The Beatles: Get Back darà vita a
un’esperienza intensa, felice e immersiva per il pubblico.
“Lavorare a questo progetto è
stata una gioiosa scoperta” – afferma Peter Jackson. – “Ho
avuto il privilegio di essere come una mosca sul muro mentre la più
grande band di tutti i tempi lavorava, suonava e creava
capolavori. Sono entusiasta che Disney si sia fatta avanti
come nostro distributore. Non potrebbe esserci di meglio per far
vedere il nostro film al maggior numero di persone
possibile”.
“Sono davvero felice chePeter si sia immerso nei nostri archivi per realizzare un film
che mostri la verità sui Beatles quando registravano insieme”
– afferma Paul McCartney. – “Viene trasmessa l’amicizia e
l’amore tra di noi e mi ricorda dei bellissimi e folli momenti
passati insieme”.
“Sono davvero entusiasta per
questo film” – afferma Ringo Starr. – “Peter è eccezionale
ed è stato veramente fantastico guardare tutti quei filmati.
C’erano ore e ore di immagini mentre ridevamo e suonavamo. C’era
molta allegria e credo che Peter la trasmetterà. Penso che in
questa versione ci sarà molta più pace e amore, rispecchiando come
eravamo veramente”. The Beatles: Get Back è stato realizzato
anche con il supporto entusiasta di Yoko Ono Lennon e Olivia
Harrison. Anche se il film originale Let It Be – Un
giorno con i Beatles, diretto da Michael
Lindsay-Hogg, e l’album che lo ha accompagnato sono stati girati e
registrati nel gennaio del 1969, non sono stati rilasciati fino a
maggio del 1970, tre settimane dopo l’ufficiale scioglimento dei
Beatles. A quel tempo, la reazione al film da parte del pubblico e
della critica è stata fortemente associata a quell’annuncio.
Durante i 15 mesi tra le riprese e l’uscita di Let It Be – Un
giorno con i Beatles, i Beatles hanno registrato e rilasciato
il loro ultimo album in studio “Abbey Road”, uscito a settembre
1969.
Girato in 16mm e riadattato in
35mm, il film di 80 minuti Let It Be – Un giorno con i
Beatles è stato realizzato a partire da 3 settimane di
riprese, inclusa una versione editata del concerto sul tetto.
L’album vincitore del GRAMMY “Let It Be” è stato in vetta alle
classifiche negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Il nuovo documentario porta alla
luce molto di più delle sessioni di registrazione private della
band per “Let It Be” e la loro esibizione integrale di 42 minuti
sul tetto degli uffici della Apple a Savile Row, Londra. Anche se
non mancano materiali sui lunghi tour dei Beatles durante la loro
carriera, The Beatles: Get Back presenta solo
significativi filmati della band al lavoro in studio, mostrando
John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e
Ringo Starr mentre creano da zero la loro canzone
diventata ora un classico, ridendo, chiacchierando e scherzando con
la telecamera.
Tenutosi il 30 gennaio 1969, il
concerto a sorpresa dei Beatles sul tetto ha rappresentato la
quinta esibizione dal vivo della band in oltre due anni e il loro
ultimo concerto insieme dal vivo. I filmati catturano le
interazioni tra i membri della band, le reazioni dei fan e dei
lavoratori delle aziende vicine, e il comico tentativo di fermare
il concerto da parte di due giovani poliziotti londinesi, chiamati
per delle lamentele in merito al rumore. Una versione completamente
restaurata del film originale Let It Be – Un giorno con i
Beatles sarà resa disponibile successivamente.
E’ impossibile sopravvalutare
l’importanza dei Beatles nella musica e cultura
pop; il quartetto di Liverpool è stato insieme per meno di un
decennio ma ha lasciato un segno indelebile nella storia della
musica.
Il documentario di Peter
JacksonThe Beatles: Get Back, disponibile su
Disney+, offre ai
fan della band uno sguardo inedito sulla carriera dei Fab Four, con
più di 60 ore di filmati rielaborati e mai visti prima, condensati
in un documentario suddiviso in tre parti. Ecco 10 cose che
quest’opera titanica ci ha insegnato!
Quando i
Beatles iniziarono l’impresa che alla fine avrebbe
portato a The Beatles: Get Back, originariamente
intendevano registrare un nuovo album e girare uno speciale
televisivo. Tuttavia, mentre le prove procedevano ai
Twickenham Studios, divenne ovvio che la band non
riusciva a mettersi d’accordo su come procedere.
Alla fine, optarono per la
produzione di un solo album e a regalare ai fan un’unica
performance dal vivo che sarebbe stata registrata. Tutti i filmati
del dietro le quinte che erano stati girati fino a quel momento
furono inizialmente rielaborati nel lungometraggio Let It
Be – Un giorno con i Beatles.
Billy Preston, musicista della
band
Il
leggendario tastierista
Billy Preston
era già affermato quando incontrò i Beatles. Preston aveva
supportato altri grandi artisti come
Ray Charles
e aveva attirato l’attenzione dei rocker britannici; essendo un
amico della band, Preston si fermò all’Apple
Studio
di Londra mentre era in città per un’apparizione
televisiva.
Per un capriccio, gli fu chiesto di unirsi alla band durante le
sessioni, per suonare la tastiera ed aggiungere un po’ di verve
alle nuove canzoni. Alla fine, la band fu talmente soddisfatta del
suo contributo che gli fu chiesto di rimanere per tutta la sessione
e lo stesso accadde per l’album
Let It Be.
Registrazioni segrete
I fan dei
Beatles sono sempre stati alla ricerca di
materiale d’archivio esclusivo della loro band del cuore. Anche se
sono stati separati per oltre 50 anni, la band ha comunque
accumulato un’enorme quantità di registrazioni audio e video che
continuano a fare impazzire i fan, compresi molti documentari.
Nonostante tutta questa esposizione, ci sono stati aspetti
privati della band che i fan hanno sempre sognato di poter
conoscere.
Nel documentario viene rivelato che
la troupe che registrava le prove riusciva anche a filmare
segretamente le conversazioni private tra i membri della band.
Anche se l’etica è discutibile, non c’è dubbio che si tratta di una
rivelazione assolutamente inedita, dato che ai fan non era mai
stato concesso di accedere a conversazioni così intime tra i membri
della band.
George Harrison se ne va
Lo scioglimento dei
Beatles è stato chiaramente un avvenimento dalla
portata monumentale nella storia della musica e, sebbene ci fossero
indizi nell’aria da anni, la notizia è stata comunque scioccante
per i fan.
Quello che il documentario rivela è
che George Harrison, stufo delle personalità
dominanti di Lennon e
McCartney, se ne andò dalle prove e dovette
essere convinto a tornare qualche giorno dopo. Anche se
McCartney e Lennon scrissero la
maggior parte delle canzoni più celebri, il contributo di
George Harrison alla band fu innegabile.
Il regista Michael
Lindsay-Hogg
Anche se Peter
Jackson collaborò per assemblare tutto il materiale video
frammentario che ha poi dato vita a Get Back, fu
in realtà Michael Lindsay-Hogg ad effettuare le
riprese originali che compongono il documentario.
Lindsay-Hogg si
era già fatto un nome come regista per i Rolling
Stones e sarebbe diventato anche un famoso regista di
video musicali. Anche se il film Let It Be di
Lindsay-Hogg del 1970 è in qualche modo messo in
ombra dal nuovo documentario Get Back, il suo contributo al progetto è
innegabile.
Dal teatro di Sabratha al concerto
sul tetto
Per tutta la durata di The Beatles: Get Back una domanda fondamentale
aleggia sullo spirito delle prove: dove si esibirà la band? Era ben
noto che i Beatles avevano smesso di esibirsi dal
vivo nel 1966 per concentrarsi sulla registrazione dell’album
Let it be, quindi il loro ritorno in scena venne
accolto con enorme entusiasmo.
Il piano è sempre stato quello di
scrivere nuove canzoni ed eseguirle dal vivo nella speranza che la
registrazione di quella performance venisse trasformata in un
album. I pareri sulla location da scegliere, però, erano discordi:
alcuni volevano addirittura che la band andasse in Libia e si
esibisse nell’antico teatro di Sabratha. Alla fine
la band si esibì semplicemente sul tetto degli Apple
Studios di Londra.
“Keeping it simple”
Dopo che i
Beatles rinunciarono ad esibirsi in tour nel 1966,
si concentrarono esclusivamente sul processo di registrazione degli
album grazie ai quali avrebbero rivoluzionato la storia della
musica. Infatti, senza l’onere e l’impegno di esibirsi dal vivo, la
band poté focalizzarsi unicamente sull’aspetto tecnico delle tracce
musicali, sperimentando accuratamente.
Tuttavia, quando tornarono a
produrre gli album che sarebbero stati al centro di Get Back, erano ormai esausti dal procedimento
troppo complesso di incisione dei brani e speravano di riuscire a
ridimensionare queste dinamiche. Cominciarono ad incidere
registrando il suono dal vivo, senza l’uso di sovra incisioni di
brani. Speravano che il ritrovarsi a suonare assieme, in gruppo, li
avrebbe riportati a sonorità più semplice e non artefatte.
L’ingegnere del suono Alan
Parsons
C’erano molte leggende
dell’industria musicale nella sfera d’influenza dei
Beatles e una di queste future icone era
Alan Parsons, che lavorò per i Fab Four come
ingegnere del suono. Anche se non ebbe niente a che fare con la
produzione effettiva degli album, Parsons avrebbe
continuato a lavorare con artisti come i Pink
Floyd.
Oltre a produrre alcune delle
aggiunte musicalmente più rilevanti dell’epoca, Parsons fu il
leader della sua band, che divenne molto conosciuta tra gli amanti
del genere rock progressivo. The Beatles: Get Back offre agli spettatori
uno sguardo sorprendente all’interno dell’industria musicale,
introducendo molte delle figure importanti dietro le quinte.
Dal tetto
Il concerto sul tetto dei
Beatles del 1969 è diventato leggenda; anche se la
performance andò incontro a svariate complicazioni, la band
dimostrò di non essere minimamente arrugginita in termini di
performance dal vivo.
Sorprendentemente, però, molte
delle canzoni che sarebbero finite su Let It Be,
il loro album finale, furono registrate dal concerto sul tetto.
Brani ormai celeberrimi come Get Back e
I’ve Got a Feeling derivano infatti dalla
performance sul tetto e sono state rimasterizzate per l’album.
Assurdità o politica?
Get Back è
probabilmente la canzone più importante che fu proposta dai
Beatles durante le sessanta ore di filmati. Non
solo è il titolo del documentario di Peter
Jackson, ma divenne l’intero punto focale delle sessioni
di registrazione. Anche se Let It Be sarebbe poi
diventata la title track del loro album finale, la traccia
Get Back si trasformò da una canzone
apparentemente banale a una dichiarazione significativa.
Il film mostra la band lavorare sui
testi che inizialmente appaiono assurdi o incomprensibili ma poi si
evolvono in vere e proprie dichiarazioni, ad esempio contro le
politiche anti-immigrazione della Gran Bretagna in quel
momento.
The Beatles: Get Back – The Rooftop Concert,
l’indimenticabile concerto dei Beatles sul tetto della sede di
Apple Corps di Savile Row avvenuto il 30 gennaio 1969, debutterà in
Italia esclusivamente nelle sale IMAX® dal 9 al 13 febbraio in una
versione di 60 minuti.
“Sono entusiasta che il pubblico
possa vivere il concerto sul tetto di The
Beatles: Get Backin IMAX, su uno schermo
enorme”, afferma il regista/produttore Peter Jackson. “È
l’ultimo concerto dei Beatles ed è il modo assolutamente perfetto
per vederlo e ascoltarlo”.
“Fin dal debutto della
bellissima e illuminante docuserie di Peter Jackson, sentivamo che
i fan avevano il desiderio di vivere in IMAX l’indimenticabile
esibizione sul tetto”, afferma Megan Colligan, presidente di
IMAX Entertainment. “Siamo davvero entusiasti di collaborare
con Disney per portare Get Back su un
palcoscenico completamente nuovo e offrire ai fan dei Beatles in
tutto il mondo l’opportunità unica di guardare e ascoltare i loro
eroi attraverso l’impareggiabile immagine e suono di
IMAX”.
Il concerto, che appare nella sua
interezza nella docuserie originale di Peter Jackson The
Beatles: Get Back disponibile su Disney+, sarà ottimizzato per gli
schermi IMAX, rimasterizzato in digitale nella qualità
dell’immagine e del suono di The IMAX Experience® con la tecnologia
proprietaria IMAX DMR® (Digital Remastering).
Dal
regista premio Oscar Ron
Howard, un film evento The Beatles
Eight Days a Week, sui quattro ragazzi di Liverpool
che hanno conquistato il mondo.
The
Beatles Eight Days a Week – Il racconto delle imprese live della
band dai primi giorni ai concerti che hanno fatto la storia della
musica, dai tempi del Cavern Club di Liverpool fino allo storico
Candlestick Park di San Francisco.La
storia di come John Lennon, Paul McCartney, George
Harrison e Ringo Starr si sono uniti diventando quel
fenomeno straordinario che tutti conosciamo come “I Beatles.” Un
racconto costituito da preziosi filmati rari e inediti,
che esplora il dietro le quinte della band, il modo in cui
prendevano le decisioni, creavano la loro musica e costruivano
insieme la loro carriera e mostra l’incredibile personalità e lo
straordinario dono musicale che caratterizzavano ciascuno di
loro.
The Beatles Eight Days
a Week Prodotto con la piena collaborazione di Paul
McCartney, Ringo Starr, Yoko Ono Lennon e Olivia
Harrison, il vincitore del Grammy Nigel
Sinclair della White Horse Pictures,
Scott Pascucci e il vincitore dell’Academy
Award e dell’Emmy Brian Grazer di Imagine
Entertainment sono i produttori del film insieme ad Howard. Jeff
Jones e Jonathan Clyde della Apple Corps Ltd. sono i produttori
esecutivi, assieme a Michael Rosenberg della Imagine e a Guy East e
a Nicholas Ferrall della White Horse.
La Premiere Mondiale
dell’attesissimo film evento ‘autorizzato’ del regista premio OSCAR
Ron Howard si terrà a Londra, a Leicester Square,
il 15 settembre del 2016.
È stato pubblicato online il nuovo
trailer del film evento The Beatles Eight Days a
Week, sui quattro ragazzi di Liverpool che hanno
conquistato il mondo. Il film sarà diretto dal regista premio
Oscar Ron Howard.
The Beatles Eight Days a Week – Il
racconto delle imprese live della band dai primi giorni ai concerti
che hanno fatto la storia della musica, dai tempi del Cavern Club
di Liverpool fino allo storico Candlestick Park di San
Francisco.La storia di come John
Lennon, Paul McCartney, George Harrison e
Ringo Starr si sono uniti diventando quel fenomeno
straordinario che tutti conosciamo come “I Beatles.” Un racconto
costituito da preziosi filmati rari e inediti, che esplora il
dietro le quinte della band, il modo in cui prendevano le
decisioni, creavano la loro musica e costruivano insieme la loro
carriera e mostra l’incredibile personalità e lo straordinario dono
musicale che caratterizzavano ciascuno di loro.
The Beatles Eight Days
a Week Prodotto con la piena collaborazione diPaul
McCartney, Ringo Starr, Yoko Ono Lennon eOlivia
Harrison, il vincitore delGrammy Nigel
Sinclair dellaWhite Horse Pictures,
Scott Pascucci e il vincitore dell’Academy
Award e dell’Emmy Brian Grazer di Imagine
Entertainment sono i produttori del film insieme ad Howard. Jeff
Jones e Jonathan Clyde della Apple Corps Ltd. sono i produttori
esecutivi, assieme a Michael Rosenberg della Imagine e a Guy East e
a Nicholas Ferrall della White Horse.
La
Premiere Mondiale dell’attesissimo film evento ‘autorizzato’ del
regista premio OSCARRon Howard si terrà a Londra,
a Leicester Square, il 15 settembre del 2016.
Il primo episodio è già
disponibile su Disney+, mentre bisognerà aspettare il
26 e 27 novembre per vedere la completa
docu-serieThe Beatles – Get Back, la titanica
impresa di Peter
Jackson che, a partire da 60 ore di video e 150 di
audio ha riassunto e raccontato in un flusso narrativo coerente la
sessione di registrazione di Let it be negli studi di
Twickenham che i Fab Four hanno fatto nel 1969. Video e audio già
trasformati in un film, Let It Be – Un giorno con i
Beatles, ma che adesso trovano nuova vita e vengono
completamente alla luce, dopo 50 anni chiusi in un cassetto. E chi
meglio di Peter
Jackson poteva dar forma a questa mole di materiale?
Lui che del lavoro a trilogie lunghissime e impegnative ne ha fatto
una vera e propria carriera? Dopo 4 anni di lavoro, il risultato è
un documento emozionante, un vero e proprio regalo per i fan della
band.
150 ore di audio e 60 ore di
video
A due anni dal loro
ultimo live, John, Paul, George e Ringo si
riuniscono per realizzare Let It Be in quella che,
secondo le cronache dell’epoca, non era proprio un atmosfera
rilassata. Ed in effetti fa impressione vedere Harrison che lascia
le prove, le discussioni, i problemi che vengono fuori e i nervi a
fior di pelle anche a causa dei tempi stretti (un intero album in
poco più di 20 giorni). Una pressione che sembra sparire quando,
apparentemente dal nulla, si mettono insieme gli accordi di questa
o di quella canzone, come quando Paul improvvisa il nucleo di
quella he diventerà Get Back, di fronte agli
altri.
E tutto è stato
registrato meticolosamente all’epoca da Michael
Lindsay-Hogg al quale è stato dato campo libero durante le
prove, ma che per fortuna ha disatteso gli “ordini” di non
riprendere questo o quel momento. Proprio per questo la quantità di
audio è così superiore a quella del video, perché Lindsay-Hogg ha
spesso lasciato accesi i registratori spegnendo le camere e
permettendo a stralci di conversazioni, anche molto personali, di
arrivare fino a noi. E tutto questo materiale è stato restaurato,
ricostruito, ripulito da Peter Jackson che è
riuscito a rendere quella documentazione informe e confusa un
racconto ordinato, ma anche potente, emotivo,
emozionante.
The Beatles – Get
Back è una ri-narrazione del mito
Dicevamo delle liti, ma
quello che emerge dal film, prima di ogni cosa, è la magia,
l’incredibile talento di queste quattro rockstar che, messi gli uni
di fronte agli altri, con i loro strumenti tra le mani, non erano
molto diversi dai ragazzini che suonavano insieme e si facevano
chiamare con un altro nome. Il racconto dei Beatles che esce fuori
da The Beatles – Get Back è di un’autenticità
insperata, ci mette di fronte alla ri-narrazione del mito e lo fa
attraverso l’occhio di Jackson: paziente, meticoloso, preciso e
evidentemente appassionato del materiale che ha maneggiato e
montato insieme a Jabez Olssen.
Un regalo ai fan dei Beatles
Le infinite ore di prove,
gli accordi, le discussioni, ma anche i litri di tè, la birra, Yoko
e Maureen, Billy Preston, momenti di pausa che
aiutavano a distendere e a concentrarsi, John in ritardo, le
risate. The Beatles – Get Back è un documento
prezioso, un regalo dei Beatles e di Peter
Jackson ai fan, ma forse anche alla band stessa che,
stando alle testimonianze, si è rivista e riconsiderata, come ha
affermato lo stesso Paul McCartney, che ha
dichiarato “è un ritratto molto accurato di come eravamo allora”,
e in questa dichiarazione risiede la vittoria di Jackson e
l’autenticità del regalo che viene fatto al pubblico di fan che
dopo 50 anni continuano ad emozionarsi sulle note dei quattro
ragazzi di Liverpool.
Dopo i film
Special Delivery,
Fuga da Mogadiscio e Blind War, il ciclo Orient Express,
dedicato al miglior cinema asiatico contemporaneo, giunge al
termine con The Beast, film thriller d’azione
diretto da Lee Jung-ho, regista
qui al suo lungometraggio d’esordio. Si tratta di una rivisitazione
in chiave dark del polar 36 Quai des Orfèvres, il
film francese del 2004 interpretato da Daniel
Auteuil e Gérard Depardieu, il cui titolo
è dato dall’indirizzo della sede storica del comando della polizia
giudiziaria a Parigi e trae spunto da fatti realmente accaduti
intorno alla metà degli anni ’80.
Diretto da Olivier
Marchal, un ex ufficiale di polizia che ha trascorso 12
anni nella polizia francese, questo si basa infatti sulla celebre
Gang des postiches, squadra di rapinatori che ha operato a Parigi
tra il 1981 e il 1986, rapinando una trentina di banche. Il film
The Beast, ambientato in una Seoul buia e piovosa,
pur basandosi sul lungometraggio francese, offre una coppia di
poliziotti in competizione feroce tra loro alle prese con un
pericoloso e sadico serial killer miete vittime. L’atmosfera è
dunque molto più cupa e feroce dell’originale francese.
Per gli appassionati del genere si
tratta dunque di un film da non perdere, che per atmosfere e
dinamiche ricorda un altro classico coreano di questo genere quale
Memories of a Murder di Bong
Joon-ho. In questo articolo, approfondiamo dunque
alcune delle principali curiosità relative a The
Beast. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti
possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama e al cast di attori.
Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di The Beast
Protagonisti di The
Beast sono due detective in conflitto tra loro che devono
fare squadra per risolvere un macabro omicidio. Dopo il
ritrovamento del corpo mutilato di una ragazza scomparsa sulle rive
di Incheon, Han-soo e Min-tae,
rivali da anni, sono ora incaricati di trovare il colpevole. Il
caso sembra destinato a risolversi rapidamente con un sospetto in
custodia, ma le cose prendono una piega oscura quando Han-soo
incontra un informatore che insiste nel dire di sapere chi è
l’assassino. Mentre si susseguono insabbiamenti e accordi segreti,
le tensioni tra i due detective aumentano quando la pressione per
la risoluzione del crimine, che sta scuotendo la penisola coreana,
arriva al culmine.
Il cast del film
Ad interpretare il detective Han-soo
vi è l’attore Lee Sung-Min, noto soprattutto per i
suoi ruoli di supporto in televisione e al cinema, in particolare
per le sue apprezzate interpretazioni in Golden Time
(2012), Broken (2014), Misaeng: Incomplete Life
(2014) e Reborn Rich (2022). YooJae-Myung, invece, interpreta il detective Mn-tae.
Egli è invece noto per i suoi ruoli nelle serie Reply 1988
(2015), Stranger (2017), Life (2018), Itaewon
Class (2020) e Voice of Silence (2020). Recitano poi
nel film gli attori Jeon Hye-Jin nel ruolo di
Choon-bae, Choi Daniel in quello del
detective Jong-chan e Kim Ho-jung in quello
di Madame Oh.
Il trailer di The
Beast e dove vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente The
Beast non è presente su nessuna delle piattaforme
streaming attualmente attive in Italia. È però presente nel
palinsesto televisivo di lunedì 29 aprile alle ore
21:20 sul canale Rai 4. Di
conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche
sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si
potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda.
Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per
trovare il film e far partire la visione.
Un presentimento oscuro attanaglia i
protagonisti del film The Beast di Bertrand Bonello,
presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia
2023. Una bestia pronta a scatenarsi, un’esitazione che
provocherà una catastrofe: Léa
Seydoux e George MacKay incarnano due anime unite da più
passati, che cercano un modo di comunicare nel presente per potersi
aprire al futuro in uno dei film più interessanti di Venezia
80.
La trama di The Beast: ripulendo le emozioni
del passato
Nella Parigi del 2044, dove
l’intelligenza artificiale ha sostituito gli esseri umani in
pressoché ogni campo, Gabrielle e
Louis (Léa
Seydoux e George MacKay), che sentono di conoscersi
senza essersi mai visti, si sottopongono a un procedimento per
“ripulire” il loro DNA dalle emozioni superflue, rivivendo le loro
vite precedenti da amanti sfortunati: nel 1910, come membri
dell’alta società parigina della Belle Époque all’alba della
storica alluvione della Senna, e nella Los Angeles del 2014, dove
lei è un’attrice in erba e lui un misogino che ne diventa
ossessionato.
Léa Seydoux in The Beast. Cortesia di I Wonder
Pictures
Le emozioni del futuro
Nel futuro descritto da Bonello, il
67% della popolazione è disoccupata: per dedicarsi a percorsi
professionali di un certo livello, infatti, bisogna disfarsi di
ogni emozione, estrarre ogni trauma e paura che ci hanno segnati
nel passato dal nostro DNA. I personaggi di The
Beast vivono in un mondo ormai completamente
automatizzato, eppure, non fanno altro che parlare di emozioni: si
dicono che l’ansia rende vive, si confrontano con la paura che
l’amore porta con se, vivono scenari in cui devono affrontare
lutti, si cercano e non si trovano, o incidenti spiacevoli.
In ogni immersione purificante, il
pattern di vita dei protagonisti è dunque sempre lo stesso, con
dettagli che si adattano però alle diverse realtà temporali. Si
corteggiano, si allontanano, cercano di incontrarsi per scacciare
questo infasto presentimento che passa di rimbalzo dall’uno
all’altro. Ogni volta, però, sembra di dover ricominciare da capo,
di non arrivare mai davvero alla soluzione del loro malessere e di
quei sentimenti che non si riescono proprio a mettere a tacere.
Tra melodramma e fantascienza
Con The Beast,
Bonello riadatta dunque la fantascienza al melodramma, in un
gioco di specchi, possibilità mancate e senso di allerta, in cui
una singola esitazione potrebbe pregiudicare l’intero corso della
storia. Una visione che non incontrerà il favore di tutti, che è
facile confondere con una complessità egoriferita. D’altronde, come
la Bestia del titolo, il film di Bonello mette il pubblico di
fronte alla stessa scelta dei suoi protagonisti, che oppone le
emozioni alla performance, in un incontro tra passato, presente e
futuro repentino quanto i suoi cambi stilistici.
George MacKay e Léa Seydoux in The Beast. Foto di Carole Bethuel,
cortesia di I Wonder Pictures
Lea
Seydoux si presta a un’interpretazione che riecheggia
quella di Scarlett Johansson in Under the Skin di Jonathan Glazer,
adattandosi a ogni cambio di registro che l’alternanza temporale
porta con se. Si passa dall’atmosfera bohémien del 1914, che
ricorda l’House of Tolerance di Bonello, a una parte
ambientata in una Los Angeles del 2014 – molto The Neon Demon – per tornare al futuro prossimo nel
2044, qualcosa di non molto distante a ciò a cui ci ha abituati
Black Mirror.George MacKay, che ha sostituito Gaspard Ulliel dopo la morte del giovane
attore, si mette alla prova con un ruolo insidioso, dimostrando non
solo di saper reggere il confronto con una veterana come la
Seydoux, ma anche di accompagnare l’arco della sua
amata coerentemente, sfuggevole, inquietante, innamorato o
angosciato a seconda delle circostanze.
Volutamente imponente nella
dimensione estetica e strutturale, The Beast
racconta un’idea di cinema estremamente personale, che attrae e
respinge in ugual misura, confondendoci e disseminando la trama di
indizi nella sua parte iniziale per poi esplodere in un terzo atto
da amare od odiare. Bertrand Bonello ne è
consapevole, non ha mai forzatamente cercato di arrivare al cuore
degli spettatori con i suoi film. Tuttavia, aggiungendo un certo
livello di emotività alla vicenda di Gabrielle e
Louis, confeziona il suo film più maturo, che
vuole essere ricordato, sopravvivere all’annientamento tecnologico
e diventare memoria.
Dopo essere stato presentato in
Concorso alla 80esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia,
è ora nei cinema italiani The Beast(La
Bête), nuova attesa opera del maestro Bertrand Bonello
con protagonisti Léa
Seydouxe George MacKay in un romance distopico
liberamente ispirato al racconto La bestia nella giungla di
Henry James del 1903. Tra gli appuntamenti da non perdere l’evento
speciale organizzato mercoledì 27 novembre alle ore 21:00 presso il
Cinema Beltrade di Milano. Dopo la proiezione si terrà un Q&A
che vedrà protagonista il regista Bertrand Bonello in collegamento
video. L’incontro sarà moderato da Matteo Marelli e verrà trasmesso
in diretta anche al Cinema Farnese di Roma dopo la proiezione del
film.
In un futuro prossimo in cui domina
l’intelligenza artificiale e le emozioni sono considerate nocive,
Gabrielle (Léa Seydoux, La vita di Adele, Spectre,
Dune) deve purificare il suo subconscio mettendo
ordine in tutte le sue vite passate e spera, così facendo, di
eliminare anche il dolore causato dalle storie d’amore vissute in
cui si innamora continuamente di diverse incarnazioni di Louis
(George MacKay, 1917), il suo grande
amore.Rincorrendosi tra epoche e luoghi differenti – dalla Belle
Époque parigina, passando per l’odierna Los Angeles – Gabrielle
riuscirà a connettersi finalmente con Louis o i due saranno
condannati a rivivere il beffardo destino delle loro precedenti
incarnazioni? THE BEAST(La Bête) di
Bertrand Bonello è nei cinema italiani con I Wonder
Pictures e Unipol Biografilm Collection.
La trama di The Beast
In un futuro prossimo in cui
l’intelligenza artificiale regna suprema, le emozioni umane sono
bandite. Per liberarsene e purificare il proprio DNA, Gabrielle
accetta di sottoporsi a una procedura che la porta a rivivere le
sue vite passate. Tutte sono accomunate da due costanti: l’incontro
con Louis, l’amore della sua vita, e una sorta di premonizione, il
timore continuo di un’imminente catastrofe, una minaccia che
attende di colpire come una bestia in agguato nella giungla. Il
maestro Bertrand Bonello rilegge Henry James in un’opera
visionaria, potente e contemporanea, una storia d’amore che
trascende passato, presente e futuro con Léa
Seydoux e George MacKay.
Disney+ ha diffuso il trailer
della seconda stagione di The
Bear, la serie di successo targata FX pluripremiata e
acclamata dalla critica, che tornerà il 16 agosto in esclusiva
sulla piattaforma streaming in Italia. Tutti i 10 episodi saranno
disponibili al lancio.
La seconda stagione segue Carmen
“Carmy” Berzatto (Jeremy Allen White), Sydney Adamu (Ayo Edebiri) e
Richard “Richie” Jerimovich (Ebon Moss-Bachrach) mentre lavorano
per trasformare la loro malmessa paninoteca in un locale di livello
superiore. Nel dare nuova luce al ristorante, la squadra
intraprende un viaggio di trasformazione e ognuno di loro è
costretto a confrontarsi con il passato e a fare i conti con chi
vuole essere in futuro.
Naturalmente, si scopre che l’unica
cosa più difficile della gestione di un ristorante è aprirne uno
nuovo e la squadra deve destreggiarsi tra la folle burocrazia
dei permessi e degli appaltatori e la bellezza, e allo stesso tempo
la difficoltà creativa, della pianificazione del menu. Questo
cambiamento porta anche una nuova attenzione all’ospitalità. Mentre
i membri dello staff sono costretti a lavorare insieme in modi
nuovi, sfidando i limiti delle loro capacità e relazioni, il team
impara anche cosa significa essere al servizio, sia dei clienti che
l’uno dell’altro.
Oltre a White, Edebiri e
Moss-Bachrach, la serie vede nel cast anche Abby Elliott, Lionel
Boyce, Liza Colón-Zayas e Matty Matheson, con Edwin Lee Gibson,
Oliver Platt e la nuova arrivata Molly Gordon in ruoli ricorrenti.
La serie, acclamata dalla critica, ha fatto incetta di premi
durante la sua prima stagione, tra cui l’AFI TV Program of the
Year, il WGA Award, il PGA Award, il Film Independent Spirit Award,
l’American Cinema Editors Award e l’ACE Eddie Award. Jeremy Allen
White ha anche vinto il premio come miglior attore comedy ai Golden
Globes, ai SAG Awards e ai Critics Choice Awards.
The
Bear di FX è stata creata da Christopher Storer
(Ramy, Eighth Grade – Terza media), che è
produttore esecutivo insieme a Joanna Calo (BoJack
Horseman, Undone), Hiro Murai (Atlanta,
Station Eleven) di Super Frog, Josh Senior e Matty
Matheson, mentre Tyson Bidner (Ramy) è produttore. La
serie è prodotta da FX Productions.
È arrivata la conferma ufficiale
che The
Bear (qui la recensione della prima
stagione), la popolare serie con protagonista Jeremy Allen White, è stata
rinnovata per una terza stagione. In Italia, questa è disponibile
sulla piattaforma Disney+, dove nell’agosto di
quest’anno è stata distribuita l’apprezzatissima seconda stagione. “The
Bear, che ha entusiasmato il pubblico nella
prima stagione per poi raggiungere livelli ancora più alti nella
seconda, è diventato un fenomeno culturale“, ha dichiarato
Nick Grad, Presidente di FX
Entertainment.
“Siamo molto orgogliosi di
collaborare con Christopher Storer, Joanna Calo, Josh Senior e il
resto del team creativo, nonché con il brillante cast guidato da
Jeremy Allen White, Ayo Edebiri e Ebon Moss-Bachrach. Quello che
hanno fatto loro e la troupe è davvero notevole e noi e i nostri
partner di Hulu e Disney+ ci uniamo ai fan nell’attesa
del prossimo capitolo della storia di The
Bear“. Ancora non è stata fornita una possibile
data di uscita, che dipenderà anche da quanto ancora durerà lo
sciopero SAG-AFTRA. Il rinnovo di The
Bearè però una notizia che farà
certamente contenti tutti i fan della serie.
La seconda stagione di The
Bearha visto Carmen “Carmy”
Berzatto (Jeremy Allen White), Sydney Adamu
(Ayo Edebiri) e Richard “Richie” Jerimovich
(Ebon Moss-Bachrach) mentre lavorano per
trasformare la loro malmessa paninoteca in un locale di livello
superiore. Nel dare nuova luce al ristorante, non mancheranno però
gli imprevisti e la squadra si troverà ad intraprende un viaggio di
trasformazione, dove ognuno sarà costretto a confrontarsi con il
proprio passato e a fare i conti con chi vuole essere in futuro,
rapportandosi ovviamente anche con un contesto quantomai caotico e
stressante.
Vi siete mai chiesti se esista
davvero una cucina
come quella di Hell’s Kitchen? O se i piatti
lanciati da Carlo
Cracco a Masterchef siano solo
un’imitazione grottesca di quello che accade nelle cucine stellate?
Bene, The Bear prende la volgarità e
l’aggressività dei più celebri programmi di cucina (da quello di
Gordon Ramsey a Cucine da
Incubo) e ci costruisce attorno una storia. Lo show
Disney+creato
da Christopher
Storer e firmato FX è un
racconto satirico e graffiante, ricco di tutto ciò che serve in
cucina: è tagliente, amaro, colorato e… invitante!
The Bear: ascesa,
caduta e risalita di un grande chef
Carmen
Berzatto (Jeremy White) è un giovane e
talentoso chef: parlano di lui le più importanti riviste di cucina
e ha addirittura lavorato al Noma, il celebre
ristorante stellato danese. In seguito alla morte del fratello
Michael, Carmen abbandona la sua carriera per
sostituirlo al The Original Beef of Chicagoland, la tavola
calda di famiglia. Lo chef piomba in una cucina lurida e
sgangherata, in cui manca l’organizzazione e i dipendenti sono
svogliati e arroganti. Nonostante ciò, Carmen prova a
migliorare il metodo di lavoro. Per prima cosa, assume
Sydney (Ayo Edebiri), una giovane chef
brava almeno tanto quanto lui. Inizia così una lunga guerra civile
a The Original Beef: gli innovatori
ambiziosi Carmen e Sydney si scontrano
costantemente con una brigata conservatrice, guidata dal gestore (e
cugino di Carmen) Richie (Ebon
Moss-Bachrach).
Il lato gangster
di The Bear
The Bear è
una serie che parla di cucina: ricette, ingredienti, preparazioni,
passione, talento. Tuttavia, nello show c’è anche un importante
lato grottesco e gangster.
Per prima cosa, l’ambientazione: siamo in un quartiere di Chicago,
periferico e malfamato. The Chicago Beef non è un posto
tanto più accogliente: slot machine che attirano nerd e ludopatici,
cucina sudicia, macchinari decadenti. C’è un lato
sporco nella serie che contamina gli ambienti e i
personaggi. I quartieri e le location sono squallidi
e nessun personaggio è totalmente buono, anzi: tutti parlano
in modo scurrile, agiscono con rabbia e arroganza.
Il cast di The
Bear
Come in un gangster movie
che si rispetti, anche in The Bear non
può mancare il richiamo allo scontro tra immigrati e… il rimando
alla malavita. Il protagonista e il cugino hanno origini italiane
e, come sappiamo bene, nell’immaginario stereotipato l’Italia si
lega perfettamente tanto alla cucina quanto alla mafia. Anche
gli altri personaggi, in particolare i membri della brigata, sono
emblematici: provengono tutti da paesi diversi e, nell’insieme,
danno allo show caoticità e colore. La serie cita quindi
inevitabilmente alcuni cult movie e attinge a piene mani all’immaginario
generato da questi, ma usa brutalità, scurrilità e crudezza in un
contesto diverso: la cucina. Il tutto è condito da
una buona dose di satira. Dal rabbioso cugino
Richie alla sudamericana Tina, i tratti dei
personaggi sono portati all’estremo, diventando allo stesso tempo
metafora e parodia di una ben specifica categoria.
Una nota di merito va a Ayo
Edebiri, l’interprete di Sydney: l’attrice si
cala nei panni di una chef giovane, ambiziosa e testarda, pronta ad
affermarsi in cucina seppur ancora titubante e inesperta nel mondo
degli affari. Il suo personaggio è speculare a quello del
protagonista Jeremy White: i due condividono una
storia molto simile e si alternano nel guidare l’azione.
Sydney e Carmen, come d’altronde il resto del
cast, sono molto testardi e funzionano bene solo quando vanno
d’accordo. Con un rosa di personaggi simile, The
Bear è uno show fatto principalmente di contrasti e
lotte, scontri che superano divisioni sociali o cariche lavorative.
Un’avvincente guerriglia tra pari.
Caoticità ai fornelli (e in
regia)
Tutta la caoticità
di The Bear è resa perfettamente dalla
fotografia e dal montaggio. Immagini parziali, sghembe e iper
saturate, unite in sequenze rapide formano collage variopinti e
avvincenti. The Bear prende il dietro le quinte, i
tempi che precedono e seguono l’apertura del locale e li porta al
centro dell’azione: smonta e rimonta la catena di montaggio di una
cucina, ne mostra gli ingranaggi, i problemi produttivi e,
soprattutto, il lato umano.
In conclusione, The
Bear è una serie originale e appassionante, che si serve
del tema della cucina per parlare di lavoro, famiglia, soldi,
morte. Affronta temi visti e rivisti, ma le modalità narrative e
rappresentative sono tutt’altro che ordinarie.
Disney+ ha annunciato che la
prima stagione dell’acclamata serie originale The
Bear creata da Christopher Storer
(Ramy, Eighth Grade – Terza media), che è
anche executive producer insieme a Joanna Calo (BoJack
Horseman, Undone), Hiro Murai
(Atlanta, Station Eleven) e Nate Matteson
(Station Eleven, The Choe Show) di Super
Frog e Josh Senior, mentre Tyson Bidner (Ramy) è il
produttore e Matty Matheson è il co-produttore. La serie è
prodotta da FX Productions ed è stata rinnovata per una seconda
stagione.
The Bear: quando esce e dove vederla in streaming
The
Bear debutterà sulla piattaforma streaming il prossimo
5 ottobre in Italia, con tutti gli otto episodi disponibili.
La serie si aggiunge a una lista di titoli in arrivo in
streaming in autunno su Disney+, tra cui Andor (21
settembre), la seconda stagione di The Kardashians (22
settembre), The Old
Man (28 settembre) e Candy
(12 ottobre).
The Bear: trama e
cast
The
Bear ha come protagonista Carmen “Carmy” Berzatto
(Jeremy Allen White), un giovane chef proveniente dal mondo della
ristorazione, che torna a casa a Chicago per gestire la paninoteca
di famiglia, The Original Beef of Chicagoland, dopo uno straziante
lutto in famiglia. In un mondo lontano da quello a cui era
abituato, Carmy deve affrontare la dura realtà della gestione di
una piccola impresa, il suo personale di cucina ostinato e
riluttante, oltre ai suoi tesi rapporti familiari, il tutto
affrontando le conseguenze del suicidio del fratello.
The Bear parla di
cibo, di famiglia, della follia della routine, della bellezza
del Senso di Urgenza e dei ripidi e scivolosi
inconvenienti. Mentre Carmy lotta per trasformare sia The Original
Beef of Chicagoland che se stesso, lavora al fianco di una squadra
di cucina un po’ sopra le righe che alla fine si rivela essere la
famiglia che ha scelto.
Oltre a White, questa serie comedy con episodi dalla durata di
mezz’ora vede nel cast la presenza di Ebon Moss-Bachrach (“Richard
‘Richie’ Jerimovich”), Ayo Edebiri (“Sydney Adamu”), Abby Elliott
(“Natalie ‘Sugar’ Berzatto”), Lionel Boyce (“Marcus”), Liza
Colón-Zayas (“Tina”), Edwin Lee Gibson (“Ebraheim”) e Matty
Matheson (“Neil Fak”).
L’entusiasmante serie di 2025 show
di Disney+ è stata presentata con un
recente
video che mostra molte serie amate dai fan che
debutteranno o torneranno nel corso del prossimo anno. Tra queste
c’è il ritorno del beniamino dei premi, The
Bear, con il viaggio cupamente comico
di Christopher Storer attraverso il mondo del business culinario,
affamato di successo, che tornerà per la sua quarta
stagione.
Nel teaser, che dura solo una
decina di secondi, i fan possono vedere per la prima volta
personaggi come Carmy (Jeremy
Allen White), Sydney (Ayo
Edebiri), Ted (Ricky Staffieri)
e, di nuovo in giacca e cravatta nera, il cugino preferito di
tutti, Richie (Ebon Moss-Bachrach).
La clip si conclude con il più
grande indizio su cosa aspettarsi dalla quarta stagione:
Jamie Lee Curtis(Donna), la madre di Carmy, offre
un consiglio toccante a Sydney: “A volte la tua famiglia di lavoro
è più vicina a te della tua famiglia”. Questo fa seguito al
desiderio di Sydney di lasciare l’Orso nella terza
stagione, con l’episodio
finale che lasciava intendere cosa sarebbe successo in
seguito senza mai dare una risposta definitiva.
Questa clip suggerisce certamente che sia rimasta o che stia almeno
ricevendo consigli da Donna per tornare potenzialmente in cucina e
riunirsi con la squadra che le ha dato una casa, seppur
disfunzionale.
https://youtu.be/gnwpxgR3STE
La quarta stagione di The Bear
richiederà un arco narrativo più intenso per Carmy
Il viaggio di Carmy nelle prime tre
stagioni di The Bear è stato indulgente, in quanto
la sua attenzione ai dettagli e la sua assordante volontà
di successo si sono scontrate in modo intelligente con il dolore e
il senso di colpa per la perdita del fratello. La terza
stagione ha esplorato questo aspetto in modo più intricato rispetto
al passato, anche se alcuni hanno sostenuto che verso la fine la
storia di Carmy sia passata in secondo piano a favore di altre
storie.
In effetti, alcuni si sono sentiti
frustrati dall’atteggiamento di Carmy nella terza stagione, che
cercava di distruggere tutto ciò che aveva di più caro
nella sua vita alla ricerca della perfezione del
ristorante. Nella prossima stagione
4, Carmy avrà bisogno di una brusca inversione di
rotta: il suo personaggio un po’ cattivo della
stagione 3 dovrà tornare a essere il Carmy che abbiamo
conosciuto e amato nelle prime due stagioni.
Carmy e compagnia sono tornati nel
primo trailer della terza stagione di The Bear.
Mentre lo chef prodigio, interpretato da Jeremy Allen White, apre il nuovo ristorante
insieme a Sydney (Ayo
Edebiri) e Richie (Ebon
Moss-Bachrach), i tre si ritrovano ancora una volta a
litigare. “Questa è una cucina disfunzionale”, dice
Sydney, a cui Carmy e Richie rispondono all’unisono:
“Mostratemene una funzionale!”.
Cosa sappiamo della terza stagione
di The Bear?
The
Bear è prodotto da Christopher Storer, Joanna
Calo, Hiro Murai, Nate Matteson e Josh Senior. La commedia
drammatica è interpretata da
Jeremy Allen White, Edebiri, Moss-Bachrach, Abby Elliott,
Lionel Boyce, Liza Colón-Zayas, Edwin Lee Gibson e Matty
Matheson. La seconda stagione ha inoltre introdotto nuovi
personaggi interpretati da una schiera di ospiti all-star, tra cui
Jamie Lee Curtis,
Sarah Paulson,
Will Poulter,
Olivia Colman, John Mulaney, Molly Gordon e Bob
Odenkirk.
“L’ultima stagione ha seguito
Carmen ‘Carmy’ Berzatto, Sydney Adamu e Richard ‘Richie’ Jerimovich
mentre lavoravano per trasformare il loro lugubre locale di panini
in un posto di livello superiore“, si legge nella logline.
“Mentre riducono il ristorante all’osso, la squadra intraprende
un viaggio di trasformazione, ognuno costretto a confrontarsi con
il passato e a fare i conti con chi vuole essere in
futuro“.
L’anno scorso White ha parlato a
Variety della preparazione della
terza stagione, affermando: “So che a gennaio passerò una
discreta quantità di tempo a riunirmi con alcuni chef. Credo che
verrà stabilito un menu per il ristorante della terza stagione. So
che inizierò a mettere insieme quel menu con diversi chef e a
cucinare, cercando di prepararmi a fare più cose davanti alla
telecamera. Ci siamo preparati molto prima della prima stagione. Ho
frequentato la scuola di cucina e ho trascorso molto tempo nei
ristoranti e altro. Poi, nella seconda stagione, si trattava di
mettere insieme il ristorante, quindi non si cucinava molto. Ma
ora, nella terza stagione, credo che torneremo all’atmosfera di
cucina funzionante che avevamo nella prima”.
Hulu ha annunciato che la seconda
stagione di The
Bear sarà disponibile dal 22
giugno. Interpretato da Jeremy Allen White
nei panni di Carmen “Carmy” Berzatto, The
Bear segue un giovane chef di formazione classica
che torna a casa a Chicago per gestire il ristorante italiano di
carne della sua famiglia dopo che suo fratello è morto suicida. La
serie è interpretata anche da Ayo Edebiri, Ebon
Moss-Bachrach, Lionel Boyce, Liza Colón-Zayas, Edwin Lee Gibson,
Abby Elliott, Corey Hendrix, Matty Matheson, Richard
Esteras e Jose M. Cervantes.
Ad aprile, Variety ha rivelato in esclusiva
che Bob Odenkirk si unirà alla serie come guest
star. Anche Molly Gordon è entrata a far parte
della serie in un ruolo chiave ricorrente. In un teaser trailer per
la seconda stagione, pubblicato durante la 95a edizione degli
Academy Awards, lo staff della cucina fa le valigie mentre chiude
il ristorante per prepararsi a rilanciarlo come The Bear.
FX ha sottotitolato il teaser sui social media: “Non è una
riapertura, è una rinascita”.
Creata da Christopher
Storer, la seconda stagione di The
Bear sarà composta da 10 episodi, due in più
rispetto alla prima, e si concentrerà sull’apertura del nuovo
ristorante. Storer è produttore esecutivo insieme a Joanna Calo,
Josh Senior, Hiro Murai e Nate Matteson.
Dopo il suo debutto, The Bear è diventata la serie di mezz’ora più
seguita di FX e ha vinto i trofei degli Screen Actors, Writers and
Producers Guild Awards. Inoltre, White ha vinto il Golden Globe
come miglior attore in una serie TV, musical o commedia. La
stagione 1 di The
Bear è disponibile per lo streaming su Disney+, dove arriverà anche la
seconda, in Italia.
Disney+ ha diffuso il trailer
ufficiale della seconda stagione di The
Bear, la serie di successo targata FX pluripremiata e
acclamata dalla critica, che tornerà il 16 agosto in esclusiva
sulla piattaforma streaming in Italia. Tutti i 10 episodi saranno
disponibili al lancio.
La seconda stagione segue Carmen
“Carmy” Berzatto (Jeremy Allen White), Sydney
Adamu (Ayo Edebiri) e Richard “Richie” Jerimovich
(Ebon Moss-Bachrach) mentre lavorano per
trasformare la loro malmessa paninoteca in un locale di livello
superiore. Nel dare nuova luce al ristorante, la squadra
intraprende un viaggio di trasformazione e ognuno di loro è
costretto a confrontarsi con il passato e a fare i conti con chi
vuole essere in futuro.
Disney+ ha diffuso il trailer ufficiale della
terza stagione di The
Bear, la serie comedy FX di successo, acclamata dalla
critica e premiata agli
Emmy® Award, che arriverà il 14
agosto sulla piattaforma streaming in Italia, con tutti gli episodi
disponibili al lancio.
https://www.youtube.com/watch?v=VhmjLJCoOIU
The
Bear è prodotto da Christopher Storer, Joanna
Calo, Hiro Murai, Nate Matteson e Josh Senior. La commedia
drammatica è interpretata da
Jeremy Allen White, Edebiri, Moss-Bachrach, Abby Elliott,
Lionel Boyce, Liza Colón-Zayas, Edwin Lee Gibson e Matty
Matheson. La seconda stagione ha inoltre introdotto nuovi
personaggi interpretati da una schiera di ospiti all-star, tra cui
Jamie Lee Curtis,
Sarah Paulson,
Will Poulter,
Olivia Colman, John Mulaney, Molly Gordon e Bob
Odenkirk.
“L’ultima stagione ha seguito
Carmen ‘Carmy’ Berzatto, Sydney Adamu e Richard ‘Richie’ Jerimovich
mentre lavoravano per trasformare il loro lugubre locale di panini
in un posto di livello superiore“, si legge nella logline.
“Mentre riducono il ristorante all’osso, la squadra intraprende
un viaggio di trasformazione, ognuno costretto a confrontarsi con
il passato e a fare i conti con chi vuole essere in
futuro“.
The Bear – terza stagione, la trama
La ricerca dell’eccellenza culinaria
spingerà la squadra a raggiungere nuovi livelli e metterà in
evidenza i legami che tengono unito il ristorante. Man mano che il
team si allarga, ognuno di loro si sforzerà per migliorarsi nel
proprio ruolo. Il settore della ristorazione non è mai un
terreno solido e con questo panorama in continua evoluzione
arriveranno nuove sfide e opportunità. I nostri chef hanno imparato
che ogni secondo è importante, ma in questa stagione il pubblico
scoprirà se hanno la stoffa per arrivare al giorno successivo.
Sappiate immediatamente
che queste parole potrebbero non bastare. Oppure paradossalmente
potrebbero, per necessità critica, tentare di spiegare quello che
invece The Bear preferisce invece soltanto
mostrare, soprattutto in questa
seconda stagione. Sono le emozioni che contano nello show
creato da Christopher Storer, non capire cosa le
ha generate.
The Bear 2 arricchisce i personaggi della prima stagione
Le dieci nuove puntate
ampliano certamente il mondo dei personaggi in scena, inserendoli
in un contesto capace di renderli maggiormente corposi e
sfaccettati, talvolta al contrario sradicandoli dal loro ambiente
di appartenenza per costringerli a prendere piena coscienza dei
propri limiti. La motivazione principale di tutto questo non sembra
però mai quella di fornire allo spettatore una giustificazione ai
problemi emotivi e psicologici di Carmy e degli altri.
In mezzo a tante,
tantissime scene strillate e frenetiche, The Bear
mostra la sua vera intensità nei momenti di silenzio, oppure quando
due personaggi si aprono l’un l’altro attraverso sincerità e
gentilezza. Anche perché, per loro come per noi, questi sono in fin
dei conti i momenti maggiormente difficili, quelli in cui il
confronto con il prossimo diventa qualcosa di necessario quanto
temuto, non traslato o filtrato dalla tecnologia. The
Bear sotto questo punto di vista si fa microcosmo preciso
e fortemente metaforico di una società contemporanea sempre più
disconnessa, non soltanto nel tessuto sociale ma anche all’interno
dell’individuo stesso, vittima di una scissione violenta tra ciò che è e quello che la
società stessa vuole che sia.
Il percorso di Marcus e Richie
I nuovi episodi di
The Bear ottengono dunque esattamente il risultato
a cui ogni
seconda stagione dovrebbe puntare: espandono l’universo dello
show senza snaturarne i temi e le problematiche: in particolar modo
i personaggi di Marcus e Richie intraprendono, per ragioni
diametralmente opposte, percorsi narrativi ed esistenziali che li
porteranno a un bivio e a delle scelte fondamentali, in quelli che
sono probabilmente i due episodi migliori della stagione.
Gli altri invece
rimangono come bloccati tra le mura del nuovo ristorante che stanno
tentando con tutte le forze di aprire, come se fossero costretti in
quelle mura da cui si sentono in fondo anche protetti. L’unica via
d’uscita, in realtà del tutto fittizia, è una sesta puntata
“espansa” a un’opa piena che mostra – forse con un minimo di
retorica di troppo – la brutale verità di un ambiente familiare
umanissimo, toccante quanto disfunzionale. La presenza di un numero
quasi incredibile di guest star in questa puntata dimostra in pieno
quanto The Bear sia a tutti gli effetti un vero e
proprio caso televisivo, amato non soltanto dal pubblico quanto
anche dagli artisti e professionisti del settore. ci sono due
attori in particolare – non vi sveleremo quali, sarebbe inutile –
che non compaiono in questa puntata ma in altre due ai quali va il
nostro ammirato applauso, poichè con pochissimi minuti di presenza
e con uno stile di recitazione trattenuto e prezioso, elevano il
tono emotivo della serie innalzandosi a livelli di eccellenza.
Un cast in stato di grazia
E passiamo dunque a
parlare del cast di The Bear, il quale conferma in
toto un’alchimia che altre serie non posseggono neppure
lontanamente. Grazie al lavoro sempre incredibilmente accurato
degli sceneggiatori, capaci di sussurrare la verità delle emozioni
dietro le urla che invece per paura vorrebbero nasconderla, ognuno
degli attori che compongono la crew del ristorante riesce a
tratteggiare una figura che merita di essere abbracciata nella sua
sommessa fragilità. Sotto questo punto di vista la new entry Claire
(una Molly Gordon magnetica) si propone come
contraltare perfetto per Carmy, una psicologia che Jeremy
Allen White continua a sviluppare con un’adesione fisica e
psicologica impressionanti. In questa seconda stagione però la
scelta se la prende, e con merito pieno, il Richie di un
Ebon Moss-Bachrach il quale lavora sull’arco
narrativo del personaggio con una finezza e una compostezza da
applausi. Se di “eroi” si può scrivere a proposito di The Bear, è
senz’altro lui quello di queste nuove puntate.
Se siete arrivati fino a
questo punto del nostro discorso sullo show, ebbene il nostro è
quello di dimenticare tutto quanto letto in precedenza – o altrove
– e il più in
fretta possibile. Fate di
The Bear Season 2 un’esperienza personale, magari
anche dolorosa, senz’altro intima. È il miglior modo per vivere
questa serie.
Mentre The
Bear (qui
la recensione della seconda stagione) è attualmente in
produzione per la terza stagione, alcune fonti hanno confermato a
Variety che FX sta già
preparando la quarta stagione, che sarà girata
subito dopo la terza. Per quest’ultima si punta ad una première
a giugno di quest’anno su Hulu, e nelle ultime
settimane sono trapelate diverse foto del cast intento a girare a
Chicago. Al momento non è chiaro se tale rinnovo può stare a
significare che la quarta stagione di The Bear
sarà anche l’ultima.
In ogni caso, la terza stagione di
The
Bear è pronta a cavalcare lo slancio della trionfale
stagione dei premi, che ha visto
Jeremy Allen
White,
Ayo
Edebiri e Ebon
Moss-Bachrach trionfare ai Primetime Emmy, dove il
creatore Christopher Storer ha vinto anche il
premio per la Migliore serie comedy, oltre che per la regia e la
scrittura. White e Edebiri hanno vinto anche i Golden Globes e i
SAG Awards, tra gli altri riconoscimenti ottenuti per la seconda
stagione. C’è dunque molta attesa per la nuova stagione e i fan
saranno certamente felici di sapere che c’è già altro all’orizzonte
per questi personaggi.
“L’ultima stagione ha seguito
Carmen ‘Carmy’ Berzatto, Sydney Adamu e Richard ‘Richie’ Jerimovich
mentre lavoravano per trasformare il loro lugubre locale di panini
in un posto di livello superiore“, si legge nella logline.
“Mentre riducono il ristorante all’osso, la squadra intraprende
un viaggio di trasformazione, ognuno costretto a confrontarsi con
il passato e a fare i conti con chi vuole essere in
futuro“.
La produzione della
terza stagione di The Bear di FX/Hulu inizierà
tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 2024. Deadline ha incontrato Jeremy Allen White, protagonista
dello show nei panni del giovane chef Carmen “Carmy” Berzatto.
L’ultima volta che abbiamo visto
Carmy in
The Bear, era chiuso in una cella frigorifera durante la serata
“Amici e Famiglia” del ristorante, un interludio da cui Allen ci
dice che “spera” che il personaggio scappi nella terza stagione.
FX/Hulu ha recentemente annunciato una stagione 3 della serie
nominata a 13 Emmy.
Anche se Allen deve ancora vedere i
copioni, spera in una stagione 3 piena di guest star, sul modello
dell’episodi 6 della seconda stagione, lo splendido
Pesci, che ha visto un sacco di famose star della
TV e del cinema interpretare i membri della famiglia Berzatto, tra
loro Jon Bernthal (nel ruolo di Mikey, il fratello
morto di Carmy), Bob Odenkirk nel ruolo di zio
Lee, Sarah Paulson nel ruolo della cugina
Michelle, John Mulaney nel ruolo del partner della
cugina Michelle, Stevie, Gillian Jacobs nel ruolo
dell’allora moglie di Richie, Tiffany, e Jamie Lee
Curtis nel ruolo di Donna Berzatto, la madre alcolizzata
di Mikey, Carmy e Natalie ‘Sugar’ Berzatto (Abby
Elliott).
White vorrebbe vedere un episodio
della terza stagione in cui “possiamo convincere quante più
(guest star) a tornare per un giorno” come in
Pesci. Allen ci dice che gli piacerebbe vedere il
ritorno dello chef Terry di Olivia Coleman, che è
apparsa unicamente nella scena conclusiva di Forchette, l’episodio
che ha visto protagonista Richie (Ebon
Moss-Bacharach). Allen ha detto che gli sarebbe piaciuto
anche vedere il ritorno di Curtis nei panni di Momma Donna. Le
guest star da sogno di Allen includono il premio Oscar Sam
Rockwell e il vincitore dell’Emmy John
Turturro.
The Bear è stato
creato da Christopher Storer e vede nel cast anche
Ayo Edebiri, Lionel Boyce e
Liza Colón-Zayas,Matty
Matheson.
I fan di The Bear
non dovranno aspettare a lungo per la terza stagione: FX ha infatti
confermato la data di uscita di The Bear 3, la
terza stagione di The
Bear.
Durante una recente presentazione
al press tour invernale 2023 della Television Critics Association
(via Variety), il presidente John Landgraf ha
confermato che la terza stagione di The
Bear tornerà nel giugno 2024, il che significa
che i fan non dovranno aspettare a lungo per tornare nella cucina
del dramma di successo di Hulu.
La notizia di un’uscita a giugno
non è troppo sorprendente, considerando che sia la
prima che la seconda stagione di The
Bear hanno debuttato rispettivamente a fine giugno del
2022 e del 2023. Tuttavia, a causa degli scioperi della WGA e della
SAG-AFTRA, molti fan credevano che ci sarebbe stato una sorta di
ritardo, ma sembra che non sia così.
Chi è coinvolto in The Bear?
The
Bear è prodotto da Christopher Storer, Joanna
Calo, Hiro Murai, Nate Matteson e Josh Senior. La commedia
drammatica è interpretata da
Jeremy Allen White, Edebiri, Moss-Bachrach, Abby Elliott,
Lionel Boyce, Liza Colón-Zayas, Edwin Lee Gibson e Matty
Matheson. La seconda stagione ha inoltre introdotto nuovi
personaggi interpretati da una schiera di ospiti all-star, tra cui
Jamie Lee Curtis,
Sarah Paulson,
Will Poulter,
Olivia Colman, John Mulaney, Molly Gordon e Bob
Odenkirk.
“L’ultima stagione ha seguito
Carmen ‘Carmy’ Berzatto, Sydney Adamu e Richard ‘Richie’ Jerimovich
mentre lavoravano per trasformare il loro lugubre locale di panini
in un posto di livello superiore“, si legge nella logline.
“Mentre riducono il ristorante all’osso, la squadra intraprende
un viaggio di trasformazione, ognuno costretto a confrontarsi con
il passato e a fare i conti con chi vuole essere in
futuro“.
Nella serata inaugurale
del The Bear, Carmy rimane chiuso nella cella
frigorifero del suo ristorante, e a seguito di una crisi di panico,
comincia a sputare veleno su chiunque, dall’altro lato della spessa
porta metallica, provi a tranquillizzarlo: Neil, Ritchie e
soprattutto Claire, che lo chef lascia lì, su due piedi. Così si
era concluso il secondo ciclo della serie prodotta da Hulu e
disponibile in Italia dal 14 agosto su Disney+ anche con la
terza stagione ideata anch’essa da
Christopher Storer. La
recensione di The Bear 3 proverà a raccontare
quello che ci aspetta nei prossimi dieci episodi della serie
(attenzione, potrebbero seguire spoiler).
La terza
stagione di The Bear riparte più o meno da quel momento
drammatico. Sembrano passati pochi giorni e Carmy (Jeremy
Allen White) fa quello che sa fare meglio: nascondersi
nel lavoro e spingere sull’acceleratore, scappando dai confronti e
dai problemi, non riuscendo a trovare la forza di confrontarsi con
Claire e riuscendo solo a sputare odio addosso a Ritchie (Ebon
Moss-Bachrach), che lo ricambia con la stessa moneta.
Sydney (Ayo
Edebiri), dal canto suo, cerca di portare avanti con
fatica la sua ambizione e la sua volontà all’interno del
ristorante, ma troverà complicato avere a che fare con un socio che
vuole l’obbedienza e non il confronto.
E mentre le relazioni
trai personaggi sembrano cadere a pezzi, con Natalie (Abby
Elliott) che è prossima al parto e DD (Jamie
Lee Curtis) che desidera far parte della vita dei
figli, sembra che nessuno abbia ancora davvero elaborato la morte
di Mickey (John Bertram). Intanto, i finanziamenti
per l’ambizioso progetto del ristorante cominciano a scarseggiare.
Quando però arriva la notizia che Chef Terry (Olivia Colman)
vuole appendere il mestolo al chiodo e chiudere il suo ristorante,
qualcosa sembra smuoversi dentro i protagonisti.
Una delle serie più raffinate degli ultimi anni
Christopher
Storer è certamente uno che ha ottenuto la sua stella
Michelin, in forma di premi, trofei e riconoscimenti, grazie a uno
dei prodotti televisivi più raffinati e interessanti degli ultimi
anni, che si avvale di una scrittura che sguazza nel dramma umano
condendolo di ironia (la serie compete nella categoria Commedia per
i premi dedicati alla Tv, pur lasciandoci sempre tutti i lacrime di
dolore), di un cast costantemente sfidato dal testo e sfidante nei
confronti del pubblico, che resta incantato dalla performance
collettiva, di un linguaggio raffinato, e da scelte musicali
imprevedibili e ricercate.
The Bear 3 rimugina su se stessa
Assodato tutto questo,
The Bear 3 è decisamente il ciclo più debole
dell’intera serie fino a questo momento. Con eccezione di momenti
in cui gli archi narrativi vengono sviluppati e approfonditi, la
stagione si rivela un lungo rimuginare su ciò che era già stato
detto e raccontato, in maniera eccellente, nella prima stagione.
Nel suo nucleo, The Bear 3 è una lunghissima
attesa di una elaborazione del lutto che sembra
non cominciare mai. Ognuno dei personaggi soffre una perdita, che
non per forza è quella della morte di un caro, ma è uno strappo
nella propria vita, un’ambizione disattesa, un legame lasciato
andare, un chiarimento non affrontato, tutti sono alle prese con la
loro inadeguatezza personale che si riflette nella lotta contro
corrente che Carmy e Syd affrontano per ottenere la Stella Michelin
che tanto desiderano per The Bear (il ristorante,
non la serie).
Sull’orlo della
crisi di nervi
In questo terzo ciclo,
Storer si guarda intorno e rielabora quanto
realizzato fino a questo momento, sfrutta l’ormai classico ritmo
frenetico di scambi, botta e risposta violenti, tagli rapidi, tutto
ovviamente “sull’orlo della crisi di nervi”, dà spazio ai
personaggi secondari che diventano protagonisti di vere e proprie
parentesi nonsense che sembrano avere soltanto lo scopo di
“riempire” il minutaglia della puntata, inventandosi di episodio in
episodio un tema e uno stile accattivante che si riduce purtroppo a
un esercizio piuttosto che diventare un veicolo di senso e
approfondimento. Ci si dimentica dei drive narrativi importanti e a
questi si preferisce un meditabondo movimento avanti e indietro nel
tempo, alla ricerca di storie e traumi che non raccontano niente di
nuovo rispetto a quanto ci era già stato illustrato, con molta più
efficacia, nelle due stagioni precedenti.
Intendiamoci, si parla
comunque di televisione di altissimo livello,
tuttavia sembra che una volta impostato il racconto nella prima
stagione, e dopo averlo in qualche modo tradito nella seconda (la
paninoteca di famiglia trasformata in un ristorante stellato?), per
tutto il blocco di puntate centrali, The Bear 3 è
in una fase di stallo che solo nell’ultimo splendido episodio
sembra decidersi a far procedere non solo gli stati emotivi dei
personaggi, ma anche la trama vera e propria. Forse questo momento
di stallo e di autocompiacimento era il prezzo da pagare per il
successo che la serie ha riscosso e per arrivare quindi a una
quarta (forse ultima) stagione.
Il caos senza
controllo
Quello che non è mai cambiato, dal
primo al terzo ciclo, è quel piacere misto a insofferenza e
fastidio che si prova ogni volta che si entra nella cucina del
Chicago Beef prima e di The Bear
adesso: quella sensazione di caos per nulla controllato nonostante
gli sforzi di tutti, quell’atmosfera di famiglia irrisolta in cui
la forza dei vaffanculo è pari solo all’amore che lega
ognuno dei personaggi a tutti gli altri, dove non esistono le
parole per capirsi ma solo le urla, la frenesia, l’ansia di fare
sempre meglio, al ritmo scandito di quel “sì, chef!” che mille
significati può racchiudere.