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Papillon: recensione del film con Charlie Hunnam

Papillon

È arrivato nelle sale italiane Papillon, remake dello storico film del 1973 che aveva come protagonisti due grandi attori come Steve McQueen e Dustin Hoffman. Il nuovo lungometraggio, diretto dal danese Michael Noer, vede invece schierati in prima linea due volti famosi del piccolo schermo: Charlie Hunnam (Sons of Anarchy) e Rami Malek (Mr. Robot).

Papillon si basa sul libro autobiografico di Henri Charrière, soprannominato Papillon per via del tatuaggio a forma di farfalla che portava sul petto (e che era segno distintivo dei ladruncoli di strada).  Senza entrare nel merito delle spinose critiche rivolte nel corso degli anni all’opera letteraria, che ne confutavano la veridicità dei fatti, i film di Papillon – entrambi – sono un inno alla libertà, metaforizzata da quella “farfalla” che il protagonista porta incisa su di sé.  

Papillon, il film

Nella Parigi degli anni ‘20, il giovane ladruncolo Henri (Charlie Hunnam) detto Papi(llon), viene accusato ingiustamente di un omicidio mai commesso e condannato ai lavori forzati a vita nei territori della Guyana Francese (in Sudamerica). Ma nulla riuscirà a dissuadere l’uomo dal suo desiderio di evasione, della sua incessante sete di libertà che gli causerà non pochi guai. Ogni suo tentativo di fuga, puntualmente fallito, viene punito duramente con l’isolamento (e il silenzio) per anni e anni, senza tuttavia scalfire di un minimo le velleità indomite di Papillon. Nemmeno la forte amicizia che si viene a creare con Luis Dega (Remi Malek) – dapprima legame di convenienza, poi vero e proprio sentimento fraterno – cambierà quello che è stato poi di fatto il destino di quest’uomo-farfalla: vivere libero.

Noer ha una direzione molto classica: inquadrature ampie, campi lunghi, pochi effetti speciali. Scegliendo di girare le scene tra Serbia, Montenegro e Malta, il film azzecca anche la capacità comunicativa di quei luoghi, che rimandano molto i paesaggi brulli e le coste rocciose dell’America del sud. E trasmettono allo spettatore quel senso di assoluta rassegnazione, di perdita di speranze da parte di coloro che realmente venivano imprigionati e relegati in un luogo apparentemente impossibile da lasciare. I due protagonisti – Malek e Hunnam – sono ispiratissimi, e se si scansano i pericolosi paragoni con coloro che li hanno preceduti (Hoffman e McQueen), se ne possono apprezzare le doti recitative e la capacità di calarsi in dei ruoli tanto tormentati. 

Attenendosi molto al lato romanzato della storia, Papillon lascia comunque trapelare un certo intento documentaristico, una volontà di denuncia storica verso le condizioni disumane di bagni penali come quelli della Caienna francese. I titoli di coda del film infatti mostrano le foto dei luoghi originali (e quindi la fedeltà riproduttiva delle scenografie della pellicola di Noer), dei prigionieri che da Parigi si imbarcarono sulla Martinière e, infine, del vero Henrie Charrière, che in età avanzata mostra orgoglioso tutti i suoi tatuaggi, simbolo di una vita all’insegna della Speranza.

 
 

Papillon: Rami Malek nel cast del remake

rami malek

Arriva da Deadline la notizia di un nuovo ingresso nel cast di Papillon, l’annunciato remake che vedrà come protagonista Charlie Hunnam (Pacific Rim). Ebbene oggi il noto sito conferma che anche Rami Malek, noto per essere il protagonista dell’acclamato show Mr Robot, farà parte del cast del film. 

Come sappiamo Hunnam interpreterà il ruolo che fu di Steve McQueen nel film originale del 1973, mentre Malek interpreterà una versione aggiornata del personaggio interpretato da Dustin Hoffman.

Il film del 73 racconta la storia di Henri Charrière, un venticinquenne francese detto “Papillon” per via di una farfalla che porta tatuata sul torace, che viene condannato all’ergastolo per un omicidio che non ha mai commesso e rinchiuso in quello che al tempo era probabilmente il peggior sistema carcerario del mondo, ossia la Guyana Francese dell’Isola del Diavolo. Il soggetto è tratto dal romanzo autobiografico pubblicato proprio da Charrière nel 1969.

Il remake sarà prodotto da Red Granite (The Wolf of Wall Street), alla regia dovremmo trovare il regista danes Michael Noer, mentre lo script porterà la firma di Aaron Guzikowski (Prisoners). Le riprese dovrebbe partire in autunno.

Prossimamente vedremo Charlie Hunnam nell’atteso King Arthur Knights of the Roundtable di Guy Ritchie e in Lost City Of Z per la regia di James Gray con Sienna Miller e Robert Pattinson.

 
 

Papillon: le differenze tra il film e la storia vera

Papillon film

Nel 1973 il film Papillon portò al cinema le gesta di Henri Charrière, con attori del calibro di Steve McQueen e Dustin Hoffman. A distanza di più di quarant’anni, il film ha ottenuto un remake (qui la recensione) interpretato stavolta da Charlie Hunnam, celebre per la serie Sons of Anarchy, e Rami Malek, premio Oscar per il film Bohemian Rhapsody. Questa trasposizione del 2017 è diretta da Michael Noer, regista danese qui al suo primo lungometraggio in lingua inglese. La vicenda è anche in questo caso basata sull’autobiografia pubblicata nel 1969 da Charrière.

All’interno di questa si narrano le vere vicende vissute dal criminale e scrittore, il quale venne condannato all’ergastolo per un omicidio avvenuto nel 1930. A diventare oggetto d’interesse per il cinema sono stati i suoi molteplici tentativi di fuga, rimasti particolarmente celebri. L’uomo, il cui soprannome era “Papillon” per via di una farfalla tatuata sul petto ha poi ottenuto grande popolarità grazie al film che gli venne dedicato nel 1973. Con il recente remake, la sua figura ha ora modo di tornare all’attenzione del pubblico, che ha così modo di riscoprire una delle personalità più stravaganti e affascinanti del secolo scorso.

Dopo un’anteprima mondiale al Toronto International Film Festival, Papillon è infine arrivato in sala. Qui non ha però riscontrato un particolare apprezzamento da parte del pubblico, arrivando ad incassare appena 10 milioni di dollari in tutto il mondo. A pesare, nel giudizio sul film, è inevitabilmente il confronto con l’originale, giudicato di gran lunga più avvincente e coinvolgente da un punto di vista emotivo. A prescindere da ciò, il remake del 2017 è comunque un film da riscoprire anche solo per le interpretazioni dei due validi interpreti principali. Diverse sono le curiosità legate al titolo, dal cast alle piattaforme streaming dove portelo vedere. Proseguendo nella lettura sarà possibile scoprire questo e molto altro.

Papillon cast

La trama di Papillon

Protagonista del film è il venticinquenne Henri Charrière, da tutti soprannominato Papillon. Egli cresce nel duro contesto della Parigi degli anni Trenta, e qui ben presto si ritrova accusato di un omicidio che non ha mai commesso. Processato, viene infine condannato all’ergastolo, mandato a scontare la pena nella peggiore colonia carceraria possibile, collocata sull’Isola del Diavolo, nella Guyana francese. Qui si scontra con la dura vita del carcere, che riduce in condizioni pietose chi vi è costretto. La mancanza di igiene e i lavori forzati finiscono infatti con il distruggere fisicamente e mentalmente i detenuti, costretti a condizioni disumane. Papillon non riesce a tollerare quell’ambiente, continuando a sostenere di trovarsi lì per errore. Vedendo inascoltate le proprie richieste, decide allora di mettere in atto una fuga.

Nel tentare ciò, stringe alleanza con il falsario Louis Dega, il quale lo aiuterà nei suoi piani. Scappare dall’isola è però un impressa quasi impossibile e la fuga andrà studiata nel minimo dettaglio. Prima di poter riacquistare la libertà, però, Papillon dovrà veder sfumare più volte le proprie speranze, ma sarà proprio il desiderio di libertà a dargli la forza per non cedere. Il profondo legame d’amicizia che intanto cresce tra lui e Dega si rivelerà fondamentale, poiché avere un amico all’interno di un carcere può rivelarsi una risorsa più preziosa di quello che sembra. Dopo molto tempo, e numerosi tentativi di fuga falliti, i due riusciranno infine a trovare un buon piano per fuggire da lì. Portarlo a compimento, però, sarà la sfida più grande della loro vita.

Il cast del film

Il film del 1973 è celebre per le interpretazioni dei due grandi attori principali. Per il nuovo film, dunque, i produttori cercarono due attori che potessero essere in grado di risultare altrettanto convincenti. Per il ruolo di Charrière, che fu di Steve McQueen, si pensò dunque all’attore Charlie Hunnam. Questi però, quando gli fu proposta la parte, rifiutò non convinto del progetto e intimorito dal paragone con l’originale. Al suo posto venne scelto allora un altro attore. Hunnam, però, cominciava a pentirsi della sua scelta, e quando seppe che la parte era tornata vacante fece di tutto pur di ottenerla. Per poter interpretare Papillon, però, all’attore venne chiesto di perdere diversi chili di peso. Egli si sottopose così ad una dieta particolarmente stressante, che lo portò anche al digiuno per circa dieci giorni. Ciò gli permise di perdere il peso necessario in un lasso di tempo particolarmente breve.

L’attore ha poi descritto il ruolo come uno dei più complessi della sua intera carriera. Accanto a lui si ritrova poi Rami Malek, nel ruolo del falsario Louis Dega. Questo personaggio era stato interpretato da Dustin Hoffman nel film del 1973. Per non rischiare di essere influenzato da tale versione, Malek raccontò di aver ricercato una nuova chiave interpretativa del personaggio, che gli permettesse di dar vita alla propria versione di Dega. Nel film si ritrovano poi diversi attori di origine europea come Luka Peroš, noto per il ruolo di Marsiglia in La casa di carta, e qui impegnato nella parte di Santini. L’olandese Yorick van Wageningen è invece Barrot, mentre il danese Roland Møller ha dato vita a Celier.

papillon

Le differenze tra il film e la storia vera storia

Il film Papillon del 2017 ripropone dunque la storia del galeotto Henri Charrière con un’impostazione più moderna e visivamente cruda, ma prende comunque numerose libertà rispetto alla realtà dei fatti. Come nella versione precedente, la pellicola si basa sull’autobiografia Papillon pubblicata nel 1969, ma anche in questo caso il materiale di partenza è già un mix di verità e romanzato. Alcune delle fughe narrate, come quella attraverso la giungla e il periodo passato in una colonia indigena, non trovano riscontro verificabile nelle fonti storiche. L’impronta narrativa privilegia l’effetto drammatico e la tensione fisica più che la ricostruzione rigorosa.

Anche la figura di Louis Dega, interpretato nel remake da Rami Malek, resta in parte fittizia. Sebbene nel libro Dega sia un personaggio centrale, non ci sono prove concrete della sua esistenza reale: è probabile che rappresenti una figura composita ispirata a diversi prigionieri realmente incontrati da Charrière. Inoltre, la rappresentazione dell’amicizia tra i due uomini nel film del 2017 è enfatizzata, al fine di costruire una dinamica emotiva più coinvolgente per lo spettatore. In sostanza, il film si mantiene fedele allo spirito del racconto di resistenza e libertà, ma si discosta sensibilmente dai fatti storici documentati.

Il trailer di Papillon e dove vedere il film in streaming e in TV

Per gli appassionati del film, o per chi desidera vederlo per la prima volta, sarà possibile fruirne grazie alla sua presenza nel catalogo di alcune delle principali piattaforme streaming oggi disponibili. Papillon è infatti presente su Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim Vision e Amazon Prime Video. In base alla piattaforma scelta, sarà possibile noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale al catalogo. In questo modo sarà poi possibile fruire del titolo in tutta comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre in programma in televisione per venerdì 10 marzo alle ore 21:20 sul canale Rai 4.

Fonte: IMDb

 
 

Papillon: la storia vera dietro il film con Steve McQueen

Papillon storia vera
Steve McQueen in Papillon

Papillon è il film del 1973 diretto da Franklin J. Schaffner, entrato di diritto nella storia del cinema grazie alla sua potente narrazione, alla straordinaria ambientazione e alle indimenticabili interpretazioni di Steve McQueen e Dustin Hoffman. Considerato uno dei grandi classici del cinema carcerario e d’avventura, il film ha saputo unire spettacolo e introspezione in un racconto teso, drammatico e profondamente umano. Ambientato nella Guyana francese degli anni ’30, Papillon racconta la storia di un uomo ingiustamente condannato che non smette mai di lottare per la propria libertà, affrontando privazioni estreme, isolamento e soprusi con determinazione incrollabile.

Il film è tratto dall’omonimo libro autobiografico di Henri Charrière, ex galeotto francese che pubblicò nel 1969 un romanzo-memoria destinato a diventare un bestseller mondiale. Charrière, soprannominato “Papillon” per il tatuaggio a forma di farfalla sul petto, racconta nel libro i suoi anni di prigionia nel famigerato penitenziario dell’Isola del Diavolo e i numerosi tentativi di evasione. La veridicità del racconto è stata più volte messa in discussione, e alcuni studiosi ritengono che Charrière abbia unito alla propria esperienza episodi vissuti da altri detenuti. Ciò non toglie però forza alla narrazione, che resta un emblema di resilienza e speranza.

Papillon ha rappresentato un momento cruciale nella carriera dei suoi due protagonisti. Steve McQueen, nei panni del protagonista Henri, offre una delle interpretazioni più intense della sua carriera, esprimendo rabbia, fragilità e tenacia con straordinaria efficacia. Al suo fianco, Dustin Hoffman nel ruolo dell’intellettuale falsario Louis Dega, mostra una sensibilità sottile e misurata, in forte contrasto con la fisicità del compagno di cella. La coppia funziona alla perfezione, regalando al film una dinamica umana che resta impressa. Nel resto dell’articolo approfondiremo la storia vera che ha ispirato il film e il modo in cui questa è stata trasposta sul grande schermo.

Dustin Hoffman e Steve McQueen in Papillon
Dustin Hoffman e Steve McQueen in Papillon

La trama di Papillon

Nel 1930, a Parigi, il piccolo criminale francese Henri Charrière (Steve McQueen) viene arrestato per un omicidio. Nonostante affermi disperatamente di essere stato incastrato, viene condannato all’ergastolo e ai lavori forzati e trasferito in quello che senza dubbio è il peggior sistema carcerario del tempo, ossia la brutale e disumana colonia penale sull’isola del Diavolo, lungo la costa della Guyana francese. Prima di giungere al penitenziario, durante un penoso viaggio in nave, fa la conoscenza del noto falsario Louis Dega (Dustin Hoffman).

In lui Henri trova un prezioso alleato che finanzierà, in cambio di protezione, il progetto che è deciso a mettere in atto a tutti i costi: quello di fuggire dall’inferno in cui ingiustamente è costretto a vivere. Fra i due nasce una forte intesa e insieme fanno esperienza degli orrori della prigione, sottoposti a lavori forzati massacranti ai quali difficile è sopravvivere. Fra soprusi, violenze e torture, il desiderio di libertà li accompagna sempre. Il tentativo d’evasione costerà loro anni di isolamento e punizioni terribili, ma niente impedirà a Papillon di tentare l’impossibile.

La storia vera dietro il film

Henri Charrière è stato un criminale francese diventato celebre proprio grazie al suo libro autobiografico Papillon, pubblicato nel 1969. Nato ad Ardèche nel 1906, Charrière visse una giovinezza turbolenta e venne condannato nel 1931 all’ergastolo per l’omicidio di un macellaio di nome Roland Legrand, il quale prima di morire in ospedale avrebbe pronunciato il nome “Papillon”. Charrière ha però sempre sostenuto la propria innocenza, affermando di essere stato incastrato. La sentenza lo portò poi in uno dei luoghi più temuti del sistema penitenziario francese: la colonia penale della Guyana francese, che comprendeva anche l’infame Isola del Diavolo.

Durante i suoi anni di detenzione, Charrière avrebbe tentato numerose evasioni, la prima delle quali appena un anno dopo il suo arrivo, nel 1933. Il suo spirito ribelle e la sua determinazione a riconquistare la libertà lo resero una figura leggendaria tra i prigionieri. L’episodio più noto, e su cui si concentra gran parte del film Papillon, è quello della sua fuga finale dall’Isola del Diavolo, che avvenne nel 1944, dopo tredici anni di reclusione. Secondo il racconto di Charrière, riuscì a costruire una zattera di noci di cocco e, sfruttando le correnti marine, raggiunse la costa venezuelana, da dove non poteva essere estradato e dove trovò dunque finalmente la libertà.

Dustin Hoffman e Steve McQueen nel film Papillon
Dustin Hoffman e Steve McQueen nel film Papillon

Qui intraprese una propria attività, aprendo un ristorante di buon successo. Il terremoto del 1967 però distrusse il locale, e tale evento spinse Charrière a scrivere la propria autobiografia, narrante le proprie evasioni. Quanto viene in essa raccontato è stato più volte oggetto di dibattiti circa la sua veridicità. L’autore ha però sempre insistito nel dire che ciò che narra è vero per la maggior parte. In ogni caso, il libro ebbe un successo straordinario, vendendo milioni di copie in tutto il mondo. A colpire il pubblico non fu solo il racconto di prigionia e sopravvivenza, ma la forza morale e l’incrollabile determinazione del protagonista. Tuttavia, nel corso degli anni, diversi storici e giornalisti hanno sollevato dubbi sull’autenticità del racconto.

Alcuni episodi sembrano troppo romanzati o simili ad altre testimonianze di ex detenuti. Inoltre, è stato ipotizzato che Charrière abbia arricchito la propria storia personale con elementi tratti dalle vite di altri prigionieri incontrati in Guyana, unendo quindi fatti reali ad altri appresi o reinventati. Alla fine, con il passare del tempo, le gesta di Papillon, vere o non vere che sia, sono diventate talmente celebri da essere entrate a far parte dell’immaginario comune. Il film del 1973, pur seguendo a grandi linee la narrazione del libro, si prende poi diverse libertà narrative.

Alcune delle fughe raccontate nel film – compresa quella dall’ospedale e la sequenza ambientata nel villaggio indigeno – non trovano riscontro diretto nella realtà documentata. Anche il personaggio di Louis Dega, interpretato da Hoffman, sembra essere una fusione di più figure realmente conosciute da Charrière. Inoltre, il film accentua la relazione di amicizia tra i due protagonisti per aumentare la carica emotiva e drammatica della narrazione. Nonostante queste differenze, Papillon rimane una potente rappresentazione cinematografica della lotta per la libertà, ispirata a una figura realmente esistita che, al di là delle imprecisioni storiche, ha saputo trasformare la propria esperienza in un inno indimenticabile alla resistenza umana.

 
 

Papillon: 10 cose che non sai sul film

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Papillon è un film del 2017 che cerca di far riflettere il mondo, ancora un volta, circa le condizioni di ingiustizia e di violazione dei diritti umani dei detenuti. Questo film, così come il precedente, ha saputo conquistare il pubblico con la sua grazia e con le intense interpretazioni di tutti gli attori compresi nel film. Ecco, allora, dieci cose da sapere su Papillon.

Papillon film

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1. Ci sono stati problemi con le riprese. Secondo l’attore Yorick van Wageningen, le scene della prigione, girate nel Montenegro, sono state costantemente interrotte a causa del maltempo che ha trasformato l’intero set in un gigantesco bagno di fango. Inizialmente l’attore avrebbe dovuto lavorare al progetto solo alcune settimane, ma i ritardi lo hanno costretto a rimanere per due mesi.

2. Un film con temi attuali. Stando alle dichiarazioni del regista Michael Noer, il fatto di realizzare un film del genere non risiedeva solo nell’adattamento, ma nel fatto che la privatizzazione delle carceri e le violazioni contro i detenuti sono temi ancora attuali.

Papillon streaming

3. È disponibile in streaming digitale. Chi volesse vedere per la prima volta o rivedere Papillon, è possibile farlo grazie alla sua presenza sulle diverse piattaforme di streaming digitale legale, come Chili e iTunes.

Papillon cast

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4. Charlie Hunnam è dimagrito molto. Per dare un’interpretazione realistica del suo personaggio, Hunnam ha dovuto perdere peso. Nella fattispecie, per effettuare le riprese che raffigurano l’isolamento solitario nel film, l’attore ha perso circa 18 chili.

5. Hunnam aveva inizialmente rifiutato il ruolo. Quando all’attore è stato offerto il ruolo principale del nuovo adattamento cinematografico dell’autobiografia di Henri Charrière, disse di no. Secondo le sue dichiarazioni: “Ho cercato di collaborare attivamente con Michael Noer – il regista del film – per un po’, ma non ero sicuro che la storia avesse bisogno di un altro adattamento. Tuttavia, dopo un primo incontro di 12 ore con il regista danese, l’attore è stato persuaso ad interpretare lo scassinatore parigino, incastrato per omicidio, che cerca ripetutamente di sfuggire alla condanna a vita in una colonia penale della Guyana francese.

6. Malek ha accettato di fare il film per il punto di vista registico. Come il suo collega, anche Rami Malek ha inizialmente esitato dall’accettare il ruolo solo per il pensiero di rifare un classico molto incisivo. Tuttavia, l’attore è rimasto corteggiato dalla visione del regista: “Ho pensato che valesse la pena correre dei rischi. Michael e Charlie sono artisti davvero, davvero talentuosi e premurosi, e molto impegnati. È stato davvero un privilegio essere circondato da persone che danno tanto e sono così appassionate ogni giorno. Quello era uno dei miei aspetti preferiti di questo film, sapendo che noi tre ci saremmo sostenuti l’un l’altro e che ci saremmo trovati in circostanze molto dure”.

Papillon trama

7. Una condanna ingiusta. Il film segue la vicenda di Henri “Papillon” Charrièrel uno scassinatore che appartiene alla malavita parigina e che viene incastrato per un omicidio che non ha mai commesso e, per questo, condannato alla prigionia nella colonia penale francese, situata sull’Isola del Diavolo. Papillon è deciso a voler riconquistare la propria libertà, tanto da creare un’amicizia con un altro condannato, Louis Dega, che accetta di finanziare la sua fuga in cambio di protezione.

Papillon remake

8. Il film è un remake del 1973. Papillon è il remake dell’omonimo film realizzato nei primi anni ’70. Questo film è stato diretto da Franklin Schaffner e i due protagonisti assoluti erano interpretati da Steve McQueen e Dustin Hoffman.

9. C’è un riferimento al film precedente. Quando le guardie urlano i nomi quando i prigionieri scendono dalla barca, uno di loro urla viene chiamato Hoffman. Questo è un chiaro riferimento all’attore Dustin Hoffman, che ha interpretato Louis Dega nella versione originale del 1973.

Papillon libro

10. È un adattamento cinematografico. Questo film si basa sull’omonimo libro pubblicato in Francia nel 1969 e scritto da Henri Charrière. Il romanzo è ambientato in un periodo che va dal 1931 al 1945 e che narra dell’incarcerazione di Papillon, ovvero l’autore stesso, e della sua fuga dalla colonia penale francese di Guyana in cui era stato recluso per la sua ingiusta condanna all’ergastolo.

Fonti: IMDb, Entertainment Weekly

 
 

Papicha, bloccata la distribuzione in Algeria

Papicha

Papicha, il film della regista algerina Mounia Meddour applaudito all’ultimo Festival di Cannes, rischia di non uscire in patria. Come scrive il quotidiano francese Le Monde, l’attesa anteprima della pellicola, prevista il 21 settembre, è stata cancellata senza spiegazioni ufficiali; sono poi saltate anche le due proiezioni in programma all’Institut français di Algeri e la stessa distribuzione nazionale del film, che pure è il candidato ufficiale dell’Algeria all’Oscar. Papicha, che sarà distribuito in Italia da Teodora Film, è ambientato negli anni Novanta, all’arrivo dell’ondata di fondamentalismo religioso che precipiterà l’Algeria nel caos.

A opporsi con tutte le forze al nuovo regime è la giovane Nedjima, che studia francese all’università e sogna di diventare stilista: la sua decisione di organizzare con le compagne una sfilata dei suoi abiti diventerà il simbolo di un’indomita e drammatica battaglia contro l’oscurantismo. “Il film ha un forte messaggio femminista ed è diretto da una donna e questo disturba inevitabilmente le forze conservatrici attualmente al potere in Algeria”, dichiara il coproduttore francese Xavier Gens a Screen International. “Tuttora non abbiamo una spiegazione ufficiale della cancellazione delle anteprime e dell’uscita, ma crediamo che sia dovuta alla censura governativa. Noi ovviamente non ci arrenderemo e faremo tutto il possibile affinché Papicha sia visto da più persone possibile in Algeria”.

 
 

Paperman – il cortometraggio Disney è Online!

Paperman

Paperman-foto-cortometraggioE’ online per intero il cortometraggio Paperman, candidato all’Oscar nella categoria Miglior Cortometraggio Animato. L’opera è innovativo mix di tecniche – immagini generate

 
 

Paperino: quello che non sapete di questo personaggio molto amato

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Lui è Paperino, Paolino Paperino. Casacca e berretto da marinaio, Paperino è il papero più famoso del mondo che ha divertito, educato e fatto commuovere tante generazioni e continua a farlo anche oggi.

Sfortunato, squattrinato, iroso e dedito  al dolce far niente, Paperino è uno dei personaggi più amati del mondo Disney ed è, forse, quello più umano, ricco di chiaroscuri, di profondità e di contraddizioni: è pronto ad oziare e si arrabbia subito, ma è anche generoso e simpatico (e poi si trasforma anche in Paperinik, ma non ditelo in giro!).

Ecco tutto quello che non sapevate sul grande Paperino.

Paperino e Paperina

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Paperino e Paperina: imparerai ad amarli, se già non lo fai.
I due futuri fidanzati si sono incontrati per la prima volta nel 1937 nel cortometraggio Don Paperino: tuttavia, la controparte femminile di allora, Donna Duck, era ben lontana rispetto alla caratterizzazione assunta in seguito da Daisy Duck (Paperina, appunto), in primis per il fatto di non essere stata concepita come personaggio ricorrente. Al Taliaferro decise, però di inserirla nelle proprie storie per dargli un po’ di movimento.

Sicché, il personaggio di Paperina appare per la prima volta in Paperino e l’appuntamento del 1940, con sceneggiatura del fumettista ed illustratore Carl Barks: sarà verso la fine dello stesso anno che Paperina apparirà anche nei fumetti, diventando parte del cast principale e cominciando ad assumere la caratterizzazione di fidanzata affettuosa e tutta pepe. Se Paperino, in genere, passa le sue giornate ad oziare, Paperina è quella che lavora, anche se non è ben chiaro che professione svolga di preciso: si sa che partecipa alla redazione del Papersera, quotidiano di Paperon de’ Paperoni e spesso è anche un’inviata televisiva.

Se, secondo la genealogia realizzata dal fumettista e illustratore Don Rosa, che si è basato sulle storie a fumetti di Carl Barks, Paperino è figlio di Ortensia de’ Paperoni, sorella di Paperon de’ Paperoni, e di Quackmore Duck, figlio di Nonna Papera (e ha anche una sorella gemella, Della Duck, che è la madre dei suoi birbanti nipotini Qui, Quo e Qua), Paperina è figlia di Pa Duck e Ma Duck, è nipote di Elvira Papera e ha una sorella che si chiama Matilde, la madre delle sue nipotine Emy, Ely ed Evy.

È chiaro constatare, che Paperina era stata creata davvero con l’intento di essere una controparte femminile di Paperino, diventando poi la sua fidanzata. I due, infatti, sono fidanzati da tempo, ma Paperina continua ad essere corteggiata dalla nemesi di Paperino: il fortunatissimo Gastone.

Paperino: cartoni

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Paperino nasce nel 1934 nel cortometraggio di animazione, targato Disney, intitolato La gallinella saggia. Il corto, che faceva parte della serie Sinfonie Allegre, si basava su una popolare fiaba russa dal titolo La gallinella rossa. Il successo che Paperino comincia ad assumere è rilevante e gli viene dedicata una striscia a fumetti nel tardo ’34 nelle Silly Symphony e poi nelle strisce giornaliere di Topolino.

Sarà grazie ad Al Taliaferro che Paperino potrà godere di tutto il successo che lo accompagna sin dagli anni ’30. Paperino è un personaggio che dedica la sua intera vita all’ozio e quando non lo fa è costantemente sfortunato oppure è in balia dei dispetti attuati dai suoi tre vivaci nipoti. Nel corso della sua carriera, sono stati realizzati moltissimi cartoni con Paperino protagonista, e per la maggior sono cortometraggi: in questi cartoni animati, la sua parlata non è chiara ed è proprio quella di un papero.

Questa sua caratterizzazione lo fa diventare simpatico agli occhi del mondo, soprattutto ai bambini. Come detto, Paperino compare nel 1934 e da qui non si è più fermato, continuando ad essere protagonista, o comprimario, di moltissimi cortometraggi che l’hanno fatta da padrona nei restanti anni ’30 e in tutti gli anni ’40 e ’50 (compare anche nel lungometraggio Bongo e i tre avventurieri, nel segmento di Topolino e il fagiolo magico e nel film I tre caballeros del 1944), spesso condividendo le storie con Topolino e un altro dei personaggi Disney più amati, Pippo.

Paperino, però, comincia a diradare le apparizione con il termine degli anni ’50. Nel 1959, dopo tre anni di sosta, è gran protagonista del corto Paperino nel mondo della matemagica, mentre negli anni ’60 apparirà in una manciata di corti e negli anni ’80 compare in Canto di Natale di Topolino (1983) e in Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988). In seguito, Paperino farà parte di Il principe e il povero (1990) e nel lungometraggio Fantasia 2000.

Paperino: video

I video che ritraggono Paperino sono veramente tanti e quasi non si contano. Il web è un mondo veramente pieno di video che ripropongono i cartoni con Paperino protagonista. Basta andare su il motore di ricerca preferito e inserire “Paperino video”: non potrà che esserci l’imbarazzo della scelta.

Paperino: youtube

Youtube è il luogo adatto per poter cercare i corti di Paperino. Che sia un modo per tornare bambini per un po’, o per far conoscere questo personaggio ai propri bambini, su questa piattaforma è possibile trovare davvero di tutto! Addirittura, si trovano anche dei video di oltre un’ora, in cui sono stati uniti diversi cortometraggi!

Paperino nel mondo della matemagica

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Paperino nel mondo della matemagica è un cortometraggio animato del 1959, realizzato a scopo educativo ed usato anche nelle scuole americane. Realizzato sulla falsa di riga di Alice nel paese delle meraviglie e diretto da Wolfgang Reitherman (uno dei Nine Old Man di casa Disney, animatore di Biancaneve e i sette nani, Pinocchio e regista de La bella addormentata nel bosco e, inseguito, de Gli Aristogatti e Robin Hood), il corto racconta la storia di Paperino che, armato di fucile da ciaccia, entra nella terra della Matematiga.

Il regno è fantastico, occupato dagli elementi della matematica che si materializzano sotto fora di alberi, torrenti e una matita che gioca a tris. Trovare la retta via è complicato e, novello Dante, Paperino sarà guidato dallo Spirito d’Avventura: grazie a lui, il protagonista riuscirà a intuire una probabile relazione esistente tra la musica e i numeri, venendo catapultato nell’antica Grecia e trovandosi in compagnia di Pitagora.

Dopo aver imparato dal suo spirito che Pitagora è stato uno dei primi a realizzare inizi della musica, Paperino si troverà in mano il pentagramma, esempio della sezione aurea e modello per la realizzazione degli elementi della geometria. Edifici antichi e varie sculture si basano proprio sul rettangolo aureo, così come il corpo umano. Lo spirito insegna a Paperino che la matematica è la chiave di tutto ed è l’unica via d’accesso verso il futuro, e di quanto sia importante cominciare ad apprezzarne il valore.

Paperino: Operazione papero

paperino

Nel 2000, Paperino è stato protagonista di un videogioco intitolato Paperino: Operazione Papero, destinato a diverse consolle, come Game Boy Color, Microsoft Windows e Playstation.

Inizialmente Paperino e Gastone si trovano a casa del loro amico Archimede per assistere alla diretta del primo servizio di Paperina: lei è riuscita ad entrare nel tempio dello stregone Merlock per poter scovare i propri diabolici piani, ma viene scoperta ed imprigionata.

Paperino, in gara aperta con Gastone, si mette subito alla ricerca di Paperina, usando l’ultima invenzione di Archimede, ovvero, una porta spazio-temporale che per poter trasportare Paperino ha bisogno di una certa quantità di energia. Lo scopo del gioco è riuscire a recuperare l’energia necessaria per arrivare al tempo e salvare la sua amata, affrontando i soliti nemici (come Amelia e la Banda Bassotti).

Fonti: britannica, circleofcinema

 
 

Paper Girls: recensione della serie fantascientifica su Prime Video

Paper Girls recensione serie tv prime video

Un gruppo di quattro ragazzine pedalano sulle loro biciclette nella notte di Halloween del 1988, quando all’improvviso un fenomeno che sfugge ad ogni logica le trasporta in una realtà che non è la loro, nella quale dovranno difendersi da misteriosi pericoli nel tentativo di capire come tornare a casa. Riassumendo così la vicenda alla base di Paper Girls, si potrebbe pensare di avere a che fare con una copia di Stranger Things firmata Netflix. Le somiglianze, fortunatamente, finiscono qui, perché la serie ideata da Stephany Folsom (sceneggiatrice di Toy Story 4 e di alcuni episodi dell’attesa Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere) è un prodotto che intraprende ben presto direzioni diverse, imprevedibili e accattivanti.

Adattamento dell’omonima graphic novel firmata da Brian K. Vaughan e illustrata da Cliff ChiangPaper Girls si concentra infatti sul gruppo di ragazze formato da Erin, Mac, Tiffany e KJ. Queste rimangono inconsapevolmente coinvolte in un conflitto tra due fazioni di viaggiatori del tempo: gli Anziani e i Teenager. Dal 1988 si vedono dunque trasportate nel futuro, più precisamente nel 2019, dove dovranno schierarsi con l’una o l’altra delle due fazioni. Qui avranno inoltre modo di incontrare le loro versioni del futuro e dovranno scegliere se abbracciare o rifiutare il proprio destino. Ad oggi la serie a fumetti è composta da 30 albi, il che lascia presupporre che questa prima stagione della serie non sia che l’inizio di una lunga e articolata avventura.

Benvenuti nel futuro, di nuovo!

Sulla carta l’idea alla base di Paper Girls è tutt’altro che originale. Negli ultimi anni si sono moltiplicati a dismisura i racconti incentrati sui viaggi nel tempo, affrontati attraverso generi e punti di vista sempre diversi. Questa nuova serie sembra dunque non raccontare nulla di nuovo a riguardo, presentandoci un futuro in guerra non dissimile da quello visto anche in un altro prodotto Amazon quale Future Man. Ciò che cambia sono però qui le motivazioni alla base della guerra, le quali hanno a che fare con la libertà o meno di alterare il passato e il futuro. Se gli Anziani sostengono la conservazione della linea temporale, i Teenager al contrario credono nella possibilità del suo cambiamento.

Lo scontro che ne scaturisce è dunque un elemento centrale nel racconto, ma più che le battaglie vere e proprie, ciò che risulta possedere un certo fascino sono le riflessioni etiche sollevate da questa guerra. È davvero possibile alterare il passato? Se sì, è possibile prevederne le conseguenze? E se no, è possibile accettare realmente il naturale corso degli eventi? Più che offrire elementi d’azione con cui intrattenere il proprio pubblico, Paper Girls trova maggior interesse nel riflettere su tali questioni, esplicitate dall’incontro tra le quattro protagoniste con le loro versioni adulte. Una situazione che spinge tutte loro a riflettere su ciò che erano e ciò che sono diventate.

Paper Girls Prime Video
Riley Lai Nelet e Ali Wong in una scena di Paper Girls.

Paper Girls, una serie dalle molteplici sfumature

Quella che inizialmente può sembrare una serie in cerca di una propria identità, specialmente considerando i tanti prodotti simili per genere e temi, svela a poco a poco molteplici sfumature, che diventano il suo carattere primario. Oltre ai diversi momenti malinconici, nei quali le quattro protagoniste riflettono su ciò che erano e ciò che saranno, non mancano infatti anche situazioni particolarmente comiche, che giocano in modo intelligente con l’assurda situazione vissuta dai personaggi primari. Si tratta di momenti costruiti con un certo gusto, che non risultano affatto discordanti con il tono più drammatico dato dal conflitto in corso.

C’è dunque tempo per divertirsi e tempo per preoccuparsi di ciò che, episodio dopo episodio, si scopre sul guerra temporale tra Anziani e Teenagers. In entrambi i casi, Paper Girls offre un buon intrattenimento, che suscita un crescente interesse nello spettatore. Nonostante alcuni cliché narrativi, presenti in particolare nella caratterizzazione di certi personaggi, la serie possiede dunque un buon potenziale che, seppur ancora non del tutto espresso con la prima stagione, lascia immaginare risvolti futuri sempre più accattivanti. Per un prodotto che, pur affrontando i viaggi temporali, punta così poco sugli effetti speciali (non che questo sia un male, anzi), la sua forza è da ritrovarsi nei personaggi.

Le quattro attrici protagoniste sfoggiano una buona chimica di gruppo, che rende i loro momenti insieme sempre piacevoli, arricchiti dal loro non cercare di essere eroine ma rimanendo semplici adolescenti alle prese con la paura di crescere. A guidarle, nel corso della stagione, vi è Ali Wong, celebre attrice comica che ha qui modo tanto di rubare la scena nei momenti più divertenti quanto di dar prova anche delle sue doti drammatiche con un personaggio estremamente fragile. A loro ci si affeziona episodio dopo episodio e per quanto ad ora non sembrano ancora possedere la forza dei grandi personaggi della serialità, questa sembra essere sufficiente a reggere Paper Girls, facendone un prodotto godibile e avvincente.

 
 

Papà, non mettermi in imbarazzo, la recensione della serie con Jaime Foxx

Papà, non mettermi in imbarazzo

Papà non mettermi in imbarazzo è disponibile su Netflix dal 14 Aprile. La serie, diretta da Ken Whittinngham presenta Jamie Foxx nel ritorno alla comicità seriale televisiva che ne ha lanciato la carriera attoriale con In Living Color dei fratelli Wayans e a vent’anni di distanza dal The Jaime Foxx Show .

Papà non mettermi in imbarazzo: la trama

La sitcom è ambientata ad Atlanta, dove vive l’eccentrica e stravagante famiglia Dixon. Brian (Jamie Foxx) è un imprenditore di successo, che vive una vita piuttosto agiata. Scapolo e donnaiolo, vive assieme alla sorella Chelsea (Porscha Coleman) e al padre (David Alan Grier). Improvvisamente però Brian si troverà a dover affrontare le responsabilità dell’essere padre: ad Atlanta arriverà infatti la figlia adolescente Sasha (Kyla-Drew), che si trasferisce da lui dopo la morte della madre. Brian, che non ha mai ricoperto il ruolo del genitore a tempo pieno, dovrà reinventarsi per riuscire a legare con la figlia, non senza evitare di metterla in imbarazzo, come recita il titolo della serie.

Una verve comica datata e ridondante

La sitcom ci presenta tutti gli stilemi tipici del genere: voice over, rottura della quarta parete, sketch, risate in studio. Tuttavia, quello che rimane nel complesso è una miscela non troppo omogenea di tanti punti chiave della serialità comica, che rischia di strabordare senza riuscire a definirsi in un unicum organico e ben gestito. Ogni personaggio, situazione o sketch non ha una profondità o incisività tale da poter coinvolgere appieno lo spettatore e Papà non mettermi in imbarazzo si identifica come visione d’intrattenimento per ragazzi e poco più, senza riuscire a sfruttare appieno le proprie potenzialità.

Bentley Kyle Evans tenta di riportare in auge la sit-com vecchio stampo, come fenomeno televisivo e sociale di interpretare la serialità; tuttavia, questa incursione nel passato risulta poco convincente, se non supportata da un’adesione a quello che è il prodotto seriale oggigiorno e la realtà socio-culturale che ci circonda. Inoltre non emerge nessuna possibilità di soffermarsi sulle potenzialità di trama e personaggi; I personaggi risultano bidimensionali, privi di una backstory efficace ed emotivamente deboli. Sono diversi i buchi di trama e le gag comiche non sopperiscono a questi difetti di scrittura.

Jamie Foxx interpreta anche i personaggi del reverendo Sweet Tee, Cadillac Calvin e Rusty. Sono numerosi gli sketch in cui imita Will Smith, Barack Obama e altre celebrità afroamericane. La sceneggiatura è, di base, piuttosto citazionista, rifacendosi a gran parte del background comico di Foxx; queste gag risultano il più delle volte ridondanti, privando la sitcom di una parte importante di minutaggio che avrebbe potuto essere destinata ad altro. Nel complesso, i momenti più riusciti di puro divertimento e ilarità derivano dalla bravura del cast d’insieme, che riesce ad interagire al meglio guidato da Foxx.

Papà non mettermi in imbarazzo

Personaggi poco incisivi e una trama dal potenziale poco sfruttato

Papà non mettermi in imbarazzo tenta di stare al passo con movimenti sociali e culturali attuali, ad esempio il Black lives matter, senza tuttavia riuscire nel suo intento,  fermandosi alla citazione. Probabilmente il momento più alto raggiunto in questo senso è l’ottavo episodio, Forse è BAYBelline, di cui si può apprezzare l’intento narrativo, che va ad amalgamarsi alla realtà socio-politica attuale degli USA, soffermandosi su tematiche che l’opinione pubblica non dovrebbe ignorare. L’intenzione è lodevole, soprattutto se pensiamo all’impianto comedy della serie, però sostanzialmente risulta ancora una volta un plausibile fattore di potenza della serie non messo in atto.

Nelle prime due puntate la sitcom Netflix riesce nel complesso a convincere, puntando sulla verve comica di Foxx, le sue imitazioni, le canzoni improvvisate e la cifra stilistica dell’attore di overacting. Purtroppo però la dinamica tra padre e figlia non riesce mai a consolidarsi appieno; sembrano porsi delle buone basi nella prima parte della serie, soprattutto nel secondo episodio, Yoga o Chiesa, che vengono però meno nella seconda metà della sitcom, in cui prevalgono gag slapstick datate e una maggior partecipazione dei personaggi secondari, che risultano purtroppo essere poco incisivi. Si indagano tematiche del rapporto padre-figlia potenzialmente interessanti, il problema è che non vengono sviluppate a dovere, bensì semplicemente abbozzate e ridotte a mere battute dopo pochi secondi. Non c’è continuità, cambiamento o evoluzione nel rapporto tra Brian e la figlia; ad ogni nuovo capitolo avviene una sorta di reset totale, e la crescita personale dei due nel doppio ruolo di genitore e figlia non riesce mai a rivelarsi effettivamente interessante.

Papà non mettermi in imbarazzo risulta comicamente discreta grazie a qualche buona gag, battute apprezzabili e lo stile comico di Foxx, che riesce a suddividersi tra diversi personaggi; tuttavia la narrazione risulta semplicistica e ridondante, perché non vengono proposte alternative diversificate e al passo coi tempi in termini di narrazione. Viene dato più spazio nella seconda parte ai comprimari, Pops, Chelsea e l’amico di una vita Johnny, ma la chimica tra i personaggi è debole, cosi come le idee di personalità e sviluppo dei personaggi.

La serie inizia in maniera promettente, con basi interessanti per una sitcom: Jamie Foxx al ritorno dove tutto è iniziato, una storyline emozionante tra Brian e la figlia, e una buona dose di umorismo, che potenzialmente avrebbe potuto emergere ancora di più tramite gli attori secondari. Purtroppo sono spunti ravvisabili solo nella prima parte della serie tv; successivamente non ci sarà più crescita ed evoluzione nel rapporto tra i protagonisti, scene genuine e commoventi o battute memorabili. La serie finisce per perdersi nel baratro di gag datate e poco convincenti, rendendo il prodotto nel complesso poco credibile e memorabile.

 
 

Papà Scatenato con Robert De Niro in prima tv su SKY e NOW

papà scatenato

Il leggendario Premio Oscar Robert De Niro e l’acclamato comico Sebastian Maniscalco sono i protagonisti della divertentissima commedia Papà Scatenato, in prima tv lunedì 11 dicembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Comedy), in streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand anche in 4K.

Robert De Niro e Sebastian Maniscalco – che del film è anche co-sceneggiatore assieme ad Austen Earl – sono affiancati da un grande cast che comprende Leslie Bibb, Anders Holm, David Rasche e Kim Cattrall, tutti diretti da Laura Terruso. Il risultato è una storia esilarante e che scalda il cuore, fatta di un mix di differenze culturali e affetto familiare che regalerà grandi risate e farà apprezzare al pubblico le differenze tra tutti noi.

La trama di Papà Scatenato

Il film racconta la storia di Sebastian che viene incoraggiato dalla sua fidanzata a portare suo padre Salvo, immigrato e parrucchiere, a un fine settimana con la sua famiglia super-ricca ed estremamente eccentrica di lei. Il fine settimana si sviluppa in quello che può essere descritto solo come uno scontro culturale, lasciando Sebastian e Salvo a scoprire che il bello della famiglia è tutto ciò che riguarda la famiglia.

 
 

Papa Francesco in un film Ambi Pictures

Sua Santità Papa Francesco apparirà nel film per famiglie Beyond the Sun della Ambi Pictures.

Il film vedrà per la prima volta sul grande schermo la partecipazione del Capo della Chiesa Cattolica di tutto il mondo.

Tutti i profitti andranno ad organizzazioni di beneficenza a supporto dei bambini a rischio e dei giovani adulti in difficoltà.

Una “prima” assoluta nel cinema e nella storia della Chiesa Cattolica: Sua Santità Papa Francesco interpreterà se stesso nel film per famiglie Beyond the Sun di AMBI Pictures. In questo lungometraggio (che segna il debutto cinematografico in assoluto per qualsiasi Papa nella storia della Chiesa), Sua Santità Papa Francesco verrà ritratto in una storia basata sui Vangeli che, attraverso molte storie contenenti il messaggio di Gesù, permetterà ai bambini di tutto il mondo di imparare e comprendere le parabole del figlio di Dio.

L’idea del film è nata da Papa Francesco, che ha richiesto ai filmmaker di realizzare un film per i bambini che comunicasse il messaggio di Gesù. Papa Francesco si è offerto di partecipare al film per sostenere la carità, infatti tutti i profitti di Beyond the Sun saranno devoluti a due associazioni di beneficenza – El Almendro e Los Hogares de Cristo (che si trovano in Argentina) – che supportano il messaggio sociale e spirituale di Papa Francesco all’interno del film. Queste organizzazioni aiutano i bambini a rischio e i giovani adulti in difficoltà.

Beyond the Sun è una storia di avventura per famiglie, in cui i bambini provenienti da culture diverse emulano gli apostoli alla ricerca di Gesù nel mondo che li circonda. Il film sarà edificante ed è destinato ad impegnarsi spiritualmente e incoraggiare il pubblico di tutte le età a trasmettere le parole di Gesù, di comprenderle e indurre a vivere una vita migliore, facendo buone scelte e aiutando gli altri.

Graciela Rodriguez ha scritto la sceneggiatura del film basato su una propria idea.

Andrea Iervolino e Lady Monika Bacardi, co-fondatori di AMBI Pictures finanzieranno e produrranno l’intero film. Co-produttori saranno Graciela Rodriguez e Gabriel Leybu. Monsignor Eduardo Garcia sarà il consulente di Papa Francesco per Beyond the Sun.

Per il produttore Andrea Iervolino, il film rappresenta un ritorno alle origini, al punto in cui ha iniziato la sua carriera. Infatti all’età di 15 anni Iervolino ha fatto il suo primo film nella sua città natale:  Cassino. È stata la Chiesa della sua città natale ad aprirgli le porte e fargli girare questo film all’interno di essa e lanciando di fatto la sua carriera che lo ha visto produrre oltre 50 film a soli 27 anni.

Ha detto Iervolino, “Il nostro entusiasmo e la gratitudine verso Sua Santità, Papa Francesco, a partecipare a questo film va oltre le parole. Questo non è solo un film per noi, si tratta di un messaggio, e chi meglio del Papa potrebbe mai esprimere un messaggio sociale e spirituale così importante”. Iervolino ha aggiunto: “Questo film fornirà fondi per sostenere cause estremamente meritevoli e che abbiamo preso molto sul serio. Questo messaggio e la sua causa sono molto cari a tutta la famiglia “AMBI” e siamo onorati e ispirati dal livello di collaborazione da parte del Vaticano”.

Monika Bacardi ha detto: “È un grande onore per me e Andrea aver avuto l’opportunità di lavorare con Sua Santità, Papa Francesco, per diffondere la consapevolezza del suo messaggio attraverso questo film. Non solo le famiglie provenienti da tutto il mondo potranno godere di questo film e divertirsi, ma ne saranno commossi. Ci sono modi creativi per aiutare chi ha bisogno in tutto il mondo e speriamo che questo film faccia proprio questo. Apprezziamo il permesso di Papa Francesco a filmarlo e usare la sua immagine nel nostro film”.

L’inizio delle riprese è previsto nei primi mesi del 2016 in Italia. AMBI si occuperà della distribuzione in tutto il mondo per Beyond the Sun attraverso la sua divisione vendite internazionali di Los Angeles, AMBI Distribution.

 
 

Paolo Virzì: 10 cose che non sai sul regista

Il cinema italiano, dal neorealismo in poi, si è evoluto e negli ultimi trent’anni ha dato vita a una nuova generazione di autori, attori e registi di grande talento. Tra questi c’è anche Paolo Virzì, uno dei registi italiani più apprezzati in tutto il mondo.

Scopriamo insieme oggi tutto quello che c’è da sapere su Paolo Virzì e la sua folgorante carriera nel cinema.

Paolo Virzì film

10. Nato a Livorno il 4 marzo del 1964, Paolo Virzì passa tutta la sua infanzia a Torino per poi tornare nella sua città natale durante l’adolescenza. In questi anni si appassiona alla letteratura, sia italiana che straniera, e soprattutto quella inglese. Inizia a leggere i classici della letteratura con particolare attenzione ai romanzi di Charles Dickens e Mark Twain; grazie all’input di questi due grandi maestri, in quegli stessi anni si diletta a scrivere sceneggiature e testi teatrali, cimentandosi a volte anche come attore.

9. Al liceo conosce Francesco Bruni, celebre sceneggiatore e regista italiano, che diventa suo amico e collega, nonché co-sceneggiatore fidato. L’amicizia tra due sopravvive anche dopo il liceo quando Virzì si trasferisce a Pisa per frequentare la facoltà di lettere e filosofia.

8. Alla fine dei suoi studi lascia Livorno per trasferirsi a Roma e cominciare una carriera nel cinema. Qui entra al Centro Sperimentale di Cinematografia dove frequenta il corso di sceneggiatura fino al suo diploma nel 1987. Solo qualche anno più tardi, Paolo Virzì comincia a lavorare attivamente nel mondo del cinema. Nel 1989 viene arruolato da Giuliano Montaldo per lavorare alla alla sceneggiatura del film Tempo di Uccidere. Negli anni novanta, inoltre, Virzì lavora a tantissime sceneggiature per film come Turnè (1990), Condomino (1991) e Centro Storico (1992).

Paolo Virzì Filmografia

Sabrina Ferilli e Paolo Bigagli nel film La Bella Vita di Paolo Virzì
Sabrina Ferilli e Paolo Bigagli nel film La Bella Vita di Paolo Virzì

7. Soltanto nel 1994, Paolo Virzì finalmente debutta al cinema con il suo primo lungometraggio dal regista, il film La Bella Vita. Il film, sceneggiato da Paolo Virzì e Francesco Bruni, racconta la storia di una coppia di giovani sposi, Mirella (Sabrina Ferilli) e Bruno (Paolo Bigagli), alle prese con le difficoltà della vita quotidiana. Lei è una cassiera del supermercato mentre lui è un operaio metalmeccanico; i problemi cominciano quando Bruno perde il lavoro a causa della crisi economica e cade in una profonda depressione.

L’esordio di Paolo Virzì raccoglie i consensi sia del pubblico che della critica che gli assegna David di Donatello che il Nastro d’argento come miglior regista esordiente. Dopo un inizio così scoppiettante, Virzì continua la sua carriera e negli anni successiva sforna altri piccolo gioielli cinematografi come Ferie D’Agosto (1996), Intolerance [episodio Roma Ovest 143] (1996) e Ovosodo (1997).

Paolo Virzì dirige Ovosodo

Ovosodo di Paolo Virzì
Edoardo Gabbriellini e Marco Cocci in Ovosodo di Paolo Virzì

6. Uno dei film più amati di Virzì degli anni novanta è senza dubbio Ovosodo, girato nel 1997, e che probabilmente il regista ha realizzato prendendo spunto dalla sua adolescenza livornese.

Il film racconta la storia di Piero (Edoardo Gabbriellini), soprannominato Ovosodo, un ragazzo di un quartiere popolare di Livorno, costretto a crescere in un contesto sociale disagiato. La scuola è la sua oasi felice e il posto dove può trovare sostegno della professoressa Giovanna (Nicoletta Braschi) e nel suo amico Tommaso (Marco Cocci). Grazie a loro, Piero continua a studiare e a sognare un futuro migliore, lontano dalla povertà e dall’ignoranza delle sue origini. Tuttavia, quando Tommaso decide di partire per gli States, Piero si lascia andare e si arrende a una vita già prestabilita, fatta di famiglia e lavoro in fabbrica.

5. Per altri registi sarebbe difficile replicare il successo di un film come Ovosodo ma non per Virzì. Negli anni successivi il regista sforna altri piccoli capolavori per il grande schermo come Baci e Abbracci (1999), My Name is Tanino (2002), Caterina Va in Città (2003), N – Io e Napoleone (2006), Tutta La Vita Davanti (2008), La Prima Cosa Bella (2010) e Tutti i Santi Giorni (2012).

Paolo Virzì dirige Il Capitale Umano

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da Il Capitale Umano di Paolo Virzì.jpg

4. Uno dei film più importanti di Virzì e che ha consacrato la sua carriera di regista, è senza dubbio Il Capitale Umano, uscito nell’ormai lontano 2014.

Ispirato all’omonimo romanzo di Stephen Amidon, il film racconta la storia di due famiglie della provincia brianzola i cui destini si incrociano per caso il giorno della vigilia di Natale. Un ciclista viene, infatti, travolto da un SUV su di una strada provinciale e la Polizia comincia le indagini accumulando prove che porteranno i membri delle due famiglie a scagliarsi gli uni contro gli altri. Il film è un triste spaccato della società italiana raccontata dagli occhi di tutti i suoi personaggi che forniscono un punto di vista sempre diverso della vicenda.

Il Capitale Umano di Virzì fa strage di consensi tra pubblico e critica e quello stesso anno porta a casa 6 David di Donatello, 7 Nastri d’Argento, 4 Ciak d’Oro, un Globo d’Oro e viene scelto per concorrere agli Oscar di 2015 per la categoria Miglior Film Straniero. Nonostante i consensi ottenuti, però, il film di Paolo Virzì non riesce ad arrivare nella rosa finale.

Helen Mirren e Donald Sutherland in Ella e John - The Leisure Seeker di Paolo Virzì
Helen Mirren e Donald Sutherland in Ella e John – The Leisure Seeker di Paolo Virzì

3. Dopo il successo ottenuto con il suo Capitale Umano, il regista livornese torna all’attacco con La Pazza Gioia (2016), Ella e John – The Leisure Seeker (2017) – presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia – e Notti Magiche (2018), ultimo film di Paolo Virzì. Tra il 2019 e il 2020, infatti, Virzì mette da parte la sedia del regista e si dedica alla sua attività di sceneggiatore curando lo script dei film Vivere di Francesca Archibugi e Tolo Tolo di Luca Medici.

Paolo Virzì vita privata

2. Virzì è sempre stato un uomo molto riservato anche se negli anni la sua vita sentimentale ha fatto molto discutere sui tabloid. Sappiamo, infatti, che il primo amore di Paolo Virzì è stato Paola Tiziana Cruciani, conosciuta dal regista durante il suo corso di studi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. I due sono stati insieme per anni e hanno avuto anche una figlia, Ottavia Virzì, prima di separarsi definitivamente.

Paolo Virzì e Micaela Ramazzotti

1. Tra tanti flirt o presunti tali nella vita di Vìrzi, ce n’è uno che si è ben presto trasformato in una bellissima storia d’amore. Nel 2008 il regista, impegnato sul set di Tutta La Vita Davanti, s’innamora perdutamente di una delle sue protagoniste, Micaela Ramazzotti. Il colpo di fulmine, ricambiato dall’attrice, porta la coppia dritta dritta all’altare. Solo un anno più tardi, nel 2009, Paolo sposa la sua Micaela. Durante il loro matrimonio, Paolo Virzì e Micaela Ramazzotti hanno avuto due figli, Jacopo e Anna Virzì.

Fonte: IMDB, WikiInstagram

 
 

Paolo Virzì e il cast presentano Il capitale umano

Paolo Virzì torna a dirigere virando dalla commedia all’italiana, con Il capitale umano, tra dramma, commedia dallo humour nero e thriller, ambientato nella provincia brianzola. Un cast di fuoriclasse – Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Gifuni,  Valeria Bruni Tedeschi, Luigi Lo Cascio, Valeria Golino – per fotografare in modo impietoso l’Italia del nostro tempo, adattando brillantemente il romanzo omonimo dello scrittore americano Stephen Amidon, che parla di un lavoro “notevole” fatto dagli sceneggiatori – Francesco Bruni, Francesco Piccolo e Virzì – nel “risolvere con precisione le complessità del romanzo”. Francesco Bruni lo definisce “il lavoro più impegnativo e appassionante che ho fatto in vent’anni di carriera, un gioco di scomposizione non fine a sé stesso”. All’incontro stampa al cinema Adriano di Roma era presente gran parte del cast.

Come nasce l’idea del film?

Paolo Virzì:C’interessava far emergere questioni che riguardano il nostro tempo, il nostro paese, il mondo benestante, ma senza moralismo, attraverso il racconto. Attraverso una struttura “da puzzle” si entra nella vita, nei sogni, nelle aspettative di quelle persone. Ne emergono considerazioni su cosa abbiano significato la speranza di facili arricchimenti attraverso i giochi finanziari, l’accanimento agonistico nei rapporti umani, specie coi più giovani”. Ma se si parla di messaggio: “Non chiedete mai a un regista qual è il messaggio del suo film: se vi dice che ce n’è uno, vi sta imbrogliando, i temi vengono da soli, naturalmente, dalla storia”.

Il film è un nuovo inizio, visto che ci sono uno stile e dei temi diversi dai suoi precedenti lavori? A quale tipo di cinematografia ha pensato?

P. V.: “Ero alla ricerca di un tono diverso dal solito. Ho guardato altrove: non solo al mondo americano, da cui provengono libro e autore. Volevo esplorare qualcosa di nuovo rispetto alla commedia all’italiana e l’ho trovato nell’intreccio: poteva creare questo tono da allarme nello spettatore, che forse è anche un allarme sul nostro tempo. Ho pensato allo humour nero di certi cineasti ebreo-americani, ma anche al cinema francese di Chabrol”.

Cos’è per lei la Brianza? Perché l’ha scelta?

P. V.: “Per me che non avevo mai girato lì, è un paesaggio esotico, come il Connecticut (dove è ambientato il romanzo, ndr), un luogo affascinante, ricco e spaventoso”. 

Che rapporto avete coi vostri personaggi?

Valeria Bruni Tedeschi: “Carla mi ha toccato per la sua grande solitudine, per i suoi sogni, sui quali aveva messo un coperchio, ed anche per la sua crudeltà, perché siamo crudeli quando sentiamo di annegare. Ho esplorato gli aspetti che generano in lei una guerra interiore”.

Fabrizio Bentivoglio: “Dino non ha letto Il capitale umano, quindi non sa di essere un mostro, è “smisuratamente normale”. Abbiamo pensato che se c’è un capitale umano, ce n’è anche uno disumano. E la facilità con cui si supera questo confine in gente come Dino è quasi naturale, lo fa senza rendersene conto. Chiamarlo mostro, serve ad allontanarlo da noi, a non voler capire quanto invece questa capacità di superare il confine tra umano e disumano sia un po’ di tutti e come la naturalezza nel superare questo limite vada sorvegliata.

Fabrizio Gifuni: “Questa è tra le più eccitanti esperienze cinematografiche che ho fatto. Finora, infatti, raramente mi è stato chiesto di mettere in campo la parte più livida, scura. Ci ho messo un pizzico di violenza in più, che scaturisce dalla disperazione di un uomo sempre molto controllato”.

Uscita massiccia in almeno 350 copie, nelle sale dal 9 gennaio 2014.

 
 

Paolo Virzì è fuori dalla corsa agli Oscar 2011

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La prima cosa bella di Paolo Virzì è fuori dalla competizione per il miglior film straniero all’83esima edizione degli AcademyAwards. Il candidato italiano non rientra nella short list dei nove film che proseguono la corsa per la statuetta al miglior film straniero che si disputerà nella notte del 27 Febbraio 2011.

 
 

Paolo Villaggio: 10 cose che non sai sull’attore

Paolo Villaggio film

Vera e propria icona del cinema italiano, Paolo Villaggio è divenuto noto per il personaggio di Fantozzi, ma si è affermato anche alle sue innumerevoli altre attività, legate o meno al mondo del cinema. Oggi è ricordato come intellettuale a tutto tondo, personalità che come pochi ha saputo raccontare il suo tempo utilizzando un registro popolare, fruibile da tutti e in cui tutti potevano riconoscersi. Ecco 10 cose che non sai di Paolo Villaggio.

2Parte delle cose che non sai sull’attore

Paolo Villaggio patrimonio

Paolo Villaggio è Fantozzi

5. È l’inventore del personaggio. La figura di Fantozzi, divenuta nel tempo una delle più celebri del cinema italiano, è nata da un’idea dello stesso Villaggio. Questi pubblicò infatti due romanzi nel 1971 e nel 1974 dedicati al personaggio, che divennero in breve tempo best seller. Fu a quel punto che all’attore fu proposto di dar vita ad una trasposizione del personaggio, adattando alcuni dei racconti contenuti nei due libri.

4. Si pensava che non avrebbe interpretato il personaggio. Al momento della produzione del film non era chiaro se Villaggio avrebbe o meno ricoperto il ruolo del ragionier Fantozzi. Si era infatti diffusa la voce che il ruolo era stato proposto ad altri attori, come Ugo Tognazzi e Renato Pozzetto, poiché Villaggio era ancora poco noto come interprete. Anni dopo fu però lo stesso attore a smentire tale diceria, affermando che si trattava soltanto di pubblicità per attirare attenzione sul progetto.

Paolo Villaggio in Grandi magazzini

3. Ha interpretato un robot. Per il film Grandi magazzini, classico della commedia italiana, Villaggio ricopre il ruolo di un truffatore che, con un suo complice, cercano di vendere al direttore dei grandi magazzini un nuovo prototipo di robot. Ad interpretare quest’ultimo è lo stesso Villaggio, il quale rimase colpito nel vedere in televisione David Zed, l’uomo robot. A curare i movimenti dell’attore per la sua parte nel film fu poi lo stesso Zed.

Paolo Villaggio: il suo patrimonio

2. Possedeva un buon patrimonio. Grazie alle sue numerose partecipazioni cinematografiche, ai tanti ruoli di successo ricoperti, e grazie anche alla sua attività come scrittore e intellettuale, Villaggio riuscì negli anni a raggiungere un patrimonio di circa 5 milioni di dollari. Per il suo tempo è infatti stato uno dei più ricchi uomini di spettacolo, complice il grande successo presso un ampio pubblico.

Paolo Villaggio: età e altezza

1. Paolo Villaggio è nato a Genova, il 30 dicembre 1932 e si è spento a Roma, il 3 luglio del 2017. L’attore era alto complessivamente 165 centimetri.

Fonte: IMDb

 

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Paolo Villaggio: “Siamo tutti dei Fantozzi in questo momento di merda”

“Adesso la middle-class è in declino e ha paura. Hanno ragione, anche se Renzi ci dice che non pagheremo più le tasse non è una cosa che si può fare”. Sentenze, massime di vita e di saggezza, senza peli sulla lingua nè finti giri di parole. Un Paolo Villaggio provato nel corpo ma non nello spirito si presenta con grande grinta intellettuale all’incontro con il pubblico e la stampa della Festa di Roma, che quest’anno celebra i 40 anni del ragioniere più famoso e sfortunato d’Italia. 

“Fantozzi è attuale, perché non ha il coraggio di ribellarsi. L’italiano medio quando parla dell’Italia dice che son tutti ladri, ma il suo non è vero disprezzo, perché loro vorrebbero essere davvero tutti ladri sul serio, ma non lo sono” ha continuato Villaggio, vero mattatore dell’incontro nonostante il fatto che con lui ci fossero anche Anna Mazzamauro, aka la Signorina Silvani, e Plinio Fernando, aka Mariangela.

Ma quando si girarono le prime scene del primo film, si immaginava che Fantozzi potesse avere quel successo?

Villaggio: “La vera emozione, la paura, era su come sarebbe andato il film, la paura vera era che il film non fosse all’altezza del libro, che aveva venduto un milione di copie. Non avevo timori, avevo la paura che non si replicasse il successo. Le donne all’inizio dicevano sempre che il personaggio non gli piaceva, perché era triste, ora delle belle ragazze mi chiedono di darmi un bacio, perché grazie a Fantozzi hanno capito la nostra cultura decadente”.

Paolo Villaggio and friendsSulla comicità del personaggio: “All’inizio non faceva ridere, anzi non lo capiva quasi nessuno. Adesso non è che fa ridere, ma è rassicurante perché ci fa capire che siamo tutti incapaci di essere felici. Siamo tutti dei Fantozzi in questo momento di merda”.

Sulla scelta di Mazzamauro e Fernando per i rispettivi ruoli: “Cercavamo una bimba brutta e le mamme ci volevano presentare le loro bellissime bambine, allora noi dicevamo di no, che non andavano bene. Poi abbiamo trovato un vero mostro. E lo stesso per la Silvani/Mazzamauro a cui dico sempre che è un vero cesso”.

Ma non è solo tagliente, questo Villaggio invecchiato, si mostra anche sentimentale quanto basta, senza mai perdere il sarcasmo: “Sono diventato un abilissimo commemoratore, se c’è una commemorazione da fare io sono bravissimo ormai e improvviso alla grande. Ad esempio per Anna Mazzamauro direi che è senza dubbio una delle attrici più comiche che abbiamo mai avuto in Italia. Lei essendo un’attrice di teatro ha capito subito l’atteggiamento della Silvani”.

Eppure il posto fisso di Fantozzi adesso è diventato un mito: “L’Italia è diventato un paese povero. Il posto fisso è noioso, quindi i Fantozzi di adesso non sono felici, parlano solo di calcio o di fica. Abbiamo i timbratori di cartellino, gli impiegatucci di oggi sono tristi. Si facevano 300 film, ora solo 4 di quelli che vanno a Cannes ma non sono vendibili. La logica di oggi è quella relativa agli incassi. La gente non esce più la sera, dopo i 40 anni restano davanti alla TV. Le donne di adesso sono sempre schiave, perché lavorano è vero, ma devono anche crescere i figli, cucinare, scopare”.

Sulla sua carriera e sui suoi ruoli meno noti: “Ho fatto anche film nobili, con Fellini ad esempio, ma sono molto rallegrato dal fatto che questa sera ci sia questo omaggio, una specie di pre-funerale, ho sempre avuto la curiosità di vedere il mio funerale, questa mi sembra una buona prova. Io vado pazzo per le commemorazioni”.

 
 

Paolo Sorrentino: il prossimo film sarà sul mito di Partenope

Paolo Sorrentino
Foto di Luigi de Pompeis © Cinefilos.it

Arriva da il Mattino l’annuncio che Paolo Sorrentino è al lavoro per dirigere un film sulla sirena Partenope. La pellicola ha già il protagonista: sarà il napoletano Giampiero De Concilio, classe 1999. L’attore ha esordito al cinema nel 2018, recitando sul set della pellicola “Un giorno all’improvviso” di Ciro D’Emilio. Il film sarà un nuovo omaggio alle sue origini e alla sua città, Napoli.

Negli ultimi tempi il capoluogo campano è diventato la location preferita di tante produzioni, sia italiane sia europee che hollywoodiane. A riprova del successo di questa città come scenario di pellicole e prodotti televisivi c’è il recente film Napoli magica di Marco D’Amore, così come le serie televisive Uonderbois su Disney Plus o Equalizer 3 con protagonista Denzel Washington.

Il mito di Partenope dovrebbe raccontare la leggenda che ha dato origine alla stessa Napoli (e per questo l’aggettivo partenopeo si riferisce a questa città). “Il progetto, compreso il titolo, è un work in progress, ma la macchina produttiva ormai è avviata. Le riprese potrebbero partire entro l’estate dell’anno prossimo in città, tra il lungomare, Castel dell’Ovo, borgo Marinari, centro storico, l’università, il Duomo”, si legge su il Mattino. Secondo quanto riferisce il giornale, Giampiero De Concilio è l’attore partenopeo ventenne che si ritroverà a interpretare un quarantenne, motivo per cui dovrà probabilmente essere invecchiato ad arte dai truccatori. Sarà lui quello che avrà a che fare con la sirena Partenope, il mitico personaggio attorno a cui ruoterà tutta la storia.

 
 

Paolo Sorrentino: annullato, per ora, il film su Berlusconi

Paolo Sorrentino

Ospite al Torino Film Festival per ricevere il premio Langhe-Roero Monferrato promosso dal Museo del Cinema e dalla Regione Piemonte, Paolo Sorrentino ha parlato dei suoi progetti futuri e in particolare ha spiegato che il suo progetto su un film che avesse come figura centrale Silvio Berlusconi è stato posticipato a data da destinarsi: “Per adesso non ho un progetto preciso per un film da girare il prossimo anno. Ho pensato di scrivere una sceneggiatura per un lavoro su Berlusconi, ma è una storia complessa, non sempre si riescono a fare i film che si vorrebbe. Nel frattempo sto scrivendo la seconda serie di The Young Pope perché amo le serie televisive.”

Paolo Sorrentino posticipa il suo film su Berlusconi

“Devo dire che mi ha stupito e reso molto felice vedere come molti giovani sia siano appassionati a questa serie sul Papa – ha continuato il regista premio OscarOggi la tv è centrale nella produzione e nella fruizione di cinema, è inutile contrastare questa verità con forme di nostalgie inutili. E neppure concordo con tutte le cose negative che vengono dette da molti sulla qualità dell’offerta di cinema di oggi e dello stesso pubblico. Al contrario sono ottimista, oggi il pubblico è molto capace di operare le sue scelte.”

The Young Pope per Sky con Jude Law è stato l’ultimo grandissimo successo di Paolo Sorrentino.

Fonte: cinecittà news

 
 

Paolo Sorrentino: a fine giugno al via le riprese del nuovo film!

Paolo Sorrentino
Foto di Luigi de Pompeis © Cinefilos.it

Partiranno a fine giugno le riprese del nuovo film del regista premio Oscar Paolo Sorrentino. Le riprese si svolgeranno tra Napoli e Capri. Nel cast, in ordine alfabetico, Celeste Dalla Porta, Silvia Degrandi, Isabella Ferrari, Lorenzo Gleijeses, Peppe Lanzetta, Silvio Orlando, Luisa Ranieri, Stefania Sandrelli e Alfonso Santagata. 

Il film Parthenope è scritto e diretto da Paolo Sorrentino. Un film Fremantle prodotto da Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, una società del gruppo Fremantle, Anthony Vaccarello per Saint Laurent, Paolo Sorrentino per Numero 10 e Ardavan Safaee per Pathé. Le vendite internazionali saranno gestite da UTA e Fremantle.

La trama del film Parthenope

La vita di Partenope, che si chiama come la sua città, ma non è né una sirena, né un mito. Dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Dentro di lei, tutto il lunghissimo repertorio dell’esistenza: la spensieratezza e il suo svenimento, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e quelli impossibili, i flirt stantii e le vertigini dei colpi di fulmine, i baci nelle notti di Capri, i lampi di felicità e i dolori persistenti, i padri veri e quelli inventati, la fine delle cose, i nuovi inizi. Gli altri, vissuti, osservati, amati, uomini e donne, le loro derive malinconiche, gli occhi un po’ avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sempre in compagnia dello scorrere del tempo, questo fidanzato fedelissimo. E di Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male.

 
 

Paolo Sorrentino: “Altri quattro film e smetto”

Paolo Sorrentino è il regista del momento di ritorno da Cannes senza premi nonostante un’ottimo film come Youth, lodato da molti e oggi intervenuto a Staisereno su Rai 2 ha rivelato il suo futuro, o almeno le sue intenzioni sul prosieguo di carriera:

LEGGI ANCHE: Youth – La Giovinezza recensione del film di Paolo Sorrentino

« Ci sono eccezioni lodevoli però è vero che spesso i registi invecchiando peggiorano, è un lavoro molto logorante, io avrei intenzione di farne altri quattro. Ce li ho in testa tutti e 4. Però non sono molto affidabile, il quarto mi è venuto in mente pochi giorni fa, prima erano tre»»

Sul nuovo film commenta: «I presupposti erano pericolosi ma la gente dimostra di essere molto più intelligente di quello che uno crede»

LEGGI ANCHE: Cannes 2015: “Raccontare il futuro è un’occasione di libertà” Paolo Sorrentino presenta Youth – La Giovinezza

 
 

Paolo Sorrentino presenta Loro, con Toni Servillo e Elena Sofia Ricci

Al cinema dal 10 maggio, Loro 2 completa il dittico biografico su Silvio Berlusconi realizzato da Paolo Sorrentino, con Toni Servillo nei panni dell’imprenditore e politico mentre Elena Sofia Ricci interpreta Veronica Lario, ex moglie di Berlusconi.

Regista e interpreti hanno presentato il film alla stampa durante un incontro svoltosi a Roma, durante il quale Sorrentino ha spiegato le sue intenzioni, le sue ragioni, soprattutto la curiosità nei confronti del personaggio e la volontà di raccontare qualcosa che non era stato ancora mai detto sull’uomo che è stato trai protagonisti per 20 anni del panorama politico italiano.

Loro non è un film schierato

“Non è un film schierato e ideologico, non era mia intenzione. Non volevo parlare di berlusconismo e anti-berlusconismo, sono questioni che sono state ampiamente sviscerate e dibattute ed è assolutamente fuori tempo massimo. Quello che mi sembrava che non fosse stato puntualizzato era la dimensione dei sentimenti che stavano dietro l’uomo politico e dietro a certi personaggi che vengono raccontati nel film. Non è un film schierato, non è un attacco né tanto meno una difesa. Il fatto che ci sia una controparte che nel film viene interpretata da Elena Sofia Ricci/Veronica e che forse incarna una serie di domande che molti detrattori avrebbero voluto fargli, non significa che io sia d’accordo con lei o con lui. Non era questo il senso, ma volevo indagare i sentimenti dietro ai personaggi, e le paure dietro a questi sentimenti. Ci sono tante forme di paura, che riguardano i giovani, le persone di mezza età e che riguardano Berlusconi. Sarò ripetitivo, ma chiaramente la paura della morte è una paura che c’è in lui e aleggia su tutti, anche nei ragazzi di 20 anni che si vedono nel film. E in questo sta la dimensione di attualità, non nei fatti, perché quelli sono storici. Quello che spero possa essere attuale sono i sentimenti delle persone, che rimangono i medesimi nei secoli e che si sviluppano in maniera diversa.”

Un film biografico su un personaggio pubblico implica la presenza, nel film stesso, di personaggi reali, cosa che Sorrentino fa con Loro, in cui racconta di persone vere, ma anche di personaggi inventati che, ci tiene a spiegare, non hanno referenti reali: “Nel film ci sono i personaggi reali con i loro nomi e gli altri, se non hanno dei nomi reali precisi è perché non esistono. Quindi il personaggio di Fabrizio (Bentivoglio) non è, come ho letto, Bondi (…) Così come il personaggio di Kasia (Smutniak) non è Sabina Began. Ci tengo a dirlo perché non si scherza con il fatto che le persone vengano chiamate in causa quando io non voglio farlo. Se ho dato dei nomi fittizi è perché volevo essere libero di inventare dei personaggi. Quando invece sono stati dati dei nomi veri è perché aveva senso seguire le vicende di personaggi reali.”

Meglio una storia sul papa o su Berlusconi?

Reduce dal grande successo internazionale di The Young Pope, Paolo Sorrentino ha spiegato la differenza tra il racconto di un politico come Berlusconi e quello di un papa immaginario come Lenny Belardo“Tra il papa e Berlusconi, è più difficile fare un film su Berlusconi, anche se questo film non è solo ed esclusivamente su di lui. Quando si ha a che fare con i personaggi reali, tutto diventa più complicato, quella che è la libertà creativa che siamo soliti prenderci è inevitabilmente contenuta per tante ragioni. La serie tv sul papa era una serie completamente inventata su un personaggio che non esisterà mai, e quindi stando dentro una cornice inventata di verosimiglianza di quel mondo, l’inventiva era assoluta. Qui l’invenzione deve essere contenuta, per tante ragioni.”

A interpretare Veronica Lario, ex moglie di Berlusconi, c’è Elena Sofia Ricci, che, oltre a basarsi sulla biografia del personaggio, ha rintracciato nel copione i dolori comuni a tutte le donne: “Faccio un po’ fatica a parlare di un personaggio reale che ho cercato di interpretare. Ho letto la biografia e ho potuto apprendere qualcosa di lei in particolare, ma quando ho letto la sceneggiatura che Paolo aveva scritto, ci ho trovato cose che riguardano tutte le donne, il tema del disincanto, il tema della fine, il senso di malinconia e di dolore, del vedersi sfiorire è una cosa che riguarda tutte noi donne che non abbiamo più 20 anni. Non so se erano queste le intenzioni di Paolo, io mi sono fatta guidare come una danzatrice di tango, ma io ci ho messo il sentimento di una donna e di tutto ciò che può aver vissuto. Alcuni sentimenti mi sembravano universali e, quando ho visto il film, dopo un po’ non vedevo né me stessa né Veronica, ma vedevo noi donne che abbiamo vissuto quel tipo di sentimento. Con questo spirito mi sono approcciata al personaggio, mi sono lasciata guidare da Paolo.”

Toni Servillo è Silvio Berlusconi

Toni Servillo, interprete di Silvio Berlusconi, ha paragonato questa esperienza a quella avuta sul set de Il Divo, altra sua collaborazione con Sorrentino in cui interpreta un personaggio reale: “Ho avuto la fortuna di lavorare ne Il Divo, ho avuto la possibilità di mettere a confronto l’uno con l’altro, il personaggio reale e quello politico. Il divo era un personaggio che si attribuiva questa qualifica imperiale, un personaggio di potere, con una introversione che alimentava il mistero. Questo personaggio è invece un divo estroverso che si pone al centro della scena politica con un atteggiamento che ne fa un personaggio da cinema. È qualcuno che occupa in maniera possessiva l’interiorità di chi tenta di imitarne il modello. Quando una sceneggiatura ti offre una scena come lo sdoppiamento (scena con cui si apre Loro 2, ndr) o quando ho letto la scena della telefonata (all’inizio di Loro 2, ndr), ho capito che Paolo ci portava lontano dalla cronaca e ci accompagnava nel linguaggio del cinema. La cosa più interessante per me era il privato, distante dagli spazi della politica e il modo in cui Paolo lo affronta.”

Chiude Paolo Sorrentino“Il mio sguardo sta nel tono, ovvero la tenerezza, non avevo voglia di puntare il dito, sarebbe stato pretenzioso e presuntuoso. Un libro, un film, a dispetto della cronaca sempre più emotiva e nervosa, sono gli ultimi avamposti della comprensione di qualcosa. Non solo capire, ma essere comprensivi e spesso, essere comprensivi ti espone a giudizi non proprio gradevoli, ma è un rischio che penso vada corso.”

Loro 1, recensione del film di Paolo Sorrentino

loro 1 recensione

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Paolo Sorrentino oggi a Cannes per La Grande Bellezza

Arriva oggi il giorno di Paolo Sorrentino al Festival di Cannes. Il regista italiano, amatissimo all’estero a partire dal 2008 con il suo Il Divo, arriva sulla croisette se non da favorito, almeno da soggetto particolarmente interessante. E mentre si susseguono le voci direttamente dalla proiezione stampa di ieri sera riguardo al fatto che i giornalisti internazionali hanno applaudito per ben tre volte sui titoli di coda de La grande bellezza, noi aspettiamo prima di giudicare e soprattutto vi invitiamo a leggere la nostra recensione, on line a breve.

La grande bellezzaChe Sorrentino ambisca alla Palma d’Oro non è un segreto, il regista originario di Napoli è noto per il suo temperamento ambizioso e forse un po’ scortese, ma senza dubbio ha dalla sua un’arma vincente: uno stile intelligente e raffinato, anche se a volte troppo autoreferenziale.

Dopo la delusione di Un chateau en Italie di Valeria Bruni Tedeschi, si aspetta una rivincita italiana sulla Croisette, e speriamo che Sorrentino sia all’altezza.

Oggi è anche il giorno di un film già chiacchieratissimo prima di arrivare a Cannes: quel Behind the Candelabra di Steven Soderbergh che vedrà protagonisti Michael Douglas e Matt Damon. Questi martedì 21 maggio si prospetta decisamente una giornata interessante in quel di Cannes.

 
 

Paolo Sorrentino incontra il pubblico alla Festa di Roma 2015

Alla decima edizione della festa del cinema di Roma, arriva Paolo Sorrentino nello spazio dedicato agli incontri ravvicinati con il pubblico.

Come gli ospiti che l’hanno preceduto, ci parla del cinema che ama, mostrando le sequenze dei film nella sua personale Top 5. Il primo è The Ice Storm (1997) di Ang Lee, un film incentrato sul tema familiare che Sorrentino dichiara prediligere quando si tratta del suo essere spettatore. Una pellicola che – dice – gli ha insegnato tanto sulla sceneggiatura per compostezza e solidità, che è capace di coniugare il bello con il vero senza rinunciare per questo all’estetica, un concetto che oggi è per molti quasi un sacrilegio.

Paolo Sorrentino 3Il secondo è La Notte (1961) di Michelangelo Antonioni. Sorrentino è un grande ammiratore del cinema di Antonioni, Fellini e Bertolucci e li ritiene i migliori nel mondo per la capacità di mettere in scene qualsiasi cosa in maniera eccelsa e, in particolare il film di Antonioni «perché racconta in maniera tragica come è disagevole stare al mondo».

Al numero 3 della classifica c’è Road to Perdition (2002) di Sam Mendes, nel dettaglio la scena della sparatoria che è per Sorrentino è una lezione di cinema vera è propria, per come è scritta, com’è recitata, com’è illuminata, per l’uso che si fa del suono e per la capacità di essere verosimile pur nel massimo dell’artefatto.

Una  sequenza di A Straight Story (1999) di David Lynch è il quarto film scelto da Sorrentino, che si sofferma sull’immensa capacità di Lynch di usare gli stessi elementi in diversi film e creare, di volta in volta, sensazioni completamente diverse. In questo caso è una scena con elementi che di per sé possono essere inquietanti: la notte, il fuoco, un’adolescente in difficoltà e un personaggio eccentrico. Cose che tuttavia lui trasforma, creando qualcosa che infonde serenità, sicurezza.
Mars Attacks (1996) di Tim Burton è il quinto e ultimo film citato da Sorrentino, che lo ama particolarmente per la sua artificiosità e, in particolare nella scena che viene presa in analisi, per il grande erotismo.

Prima di salutare il pubblico, il regista viene omaggiato con una bellissima sequenza tratta da Il Divo (2008), in cui Andreotti (Servillo) passeggia per Via del Corso nelle prime ore del mattino, con la sua scorta. Una scena che il regista stesso rivela non essere veritiera, ma verosimile, poiché dosando bene gli elementi della realtà si può ricreare il vero e renderlo mostruosamente credibile, ed è in questo che sta la forza del cinema.

A chiudere l’incontro, la proiezione dell’episodio Rio I love You (2014), girato nell’ambito del progetto Cities Of Love con altri cineasti di fama internazionale che hanno contribuito con piccoli episodi. Un cortometraggio con un’amara e ben miscelata ironia, che si rivela una chiusura perfetta, per un incontro ricco di contenuto.

 

 
 

Paolo Sorrentino e la rinascita del cinema italiano

Paolo Sorrentino
Foto di Leonardo Rossano © Cinefilos.it

Sono passati poco più di dieci anni dall’esordio dietro la macchina da presa di Paolo Sorrentino e sono stati sufficienti per imporlo nel panorama del cinema italiano ed internazionale come una delle voci, o meglio degli sguardi contemporanei più acuti e originali. Assieme a Matteo Garrone è stato ed è uno dei protagonisti della rinascita del cinema italiano, che da anni si attendeva. Di rinascita infatti si è parlato quando il suo Il Divo e Gomorra di Garrone conquistarono Cannes nel 2008. Ma già nel 2004 l’ottima accoglienza riservata oltralpe a Le conseguenze dell’amore aveva portato a valutare con più attenzione e apprezzare l’opera di questo giovane regista napoletano anche nell’Italia esterofila.

A caratterizzarlo è uno stile meticoloso, attento ai dettagli, ma anche imprevedibile e spiazzante, che crea meccanismi visivi perfetti e intriganti, svela punti di vista inattesi e prospettive insolite. I suoi protagonisti sono antieroi, perdenti da sempre o meglio ancora, vincenti divenuti perdenti, dimenticati, vittime di sé stessi e dei propri errori, più che del caso o di un prossimo senza scrupoli. Non sono certo stinchi di santo: quasi tutti rappresentanti di un’umanità mediocre, ad accostarli si ottiene un discreto caleidoscopio dei vizi umani, mentre scarse sono le virtù.

In tutti, però, c’è qualcosa che li rende estremamente umani: se non qualche lato positivo, qualche commovente debolezza che li avvicina allo spettatore e lo spinge a empatizzare. È uno sguardo mai compiaciuto o condiscendente, ma sempre complesso e a tutto tondo, affascinato dalle parabole discendenti e dagli improvvisi scatti d’orgoglio, dalle sterzate inaspettate verso il meglio o il peggio, dai piccoli eventi che scatenano grandi conseguenze. Uno sguardo che sa essere universale, senza porsi confini di spazio, tempo e genere; che ama spaziare, unendo realtà e fantasia, visionarietà e concretezza in una formula personalissima e sempre suggestiva.

Paolo Sorrentino, biografia

Paolo Sorrentino nasce a Napoli nel 1970 da padre bancario e madre casalinga; perde entrambi a 17 anni. Forse per questo, ha dichiarato in un’intervista, non è diventato un bancario come suo padre. Da metà anni ’90 si dedica invece al cinema, per cui scopre di avere passione e talento. Si cimenta nella direzione di corti e nella sceneggiatura. È il 1998 quando si fa notare scegliendo di collaborare con il regista Antonio Capuano, assieme al quale scrive Polvere di Napoli. La pellicola riscuote un buon successo a Locarno. Nello stesso anno dirige il corto L’amore non ha confini, premiato al Roma Independent Film Festival. Con questo lavoro Sorrentino intraprende anche la collaborazione con la Indigo Film, che lo accompagnerà negli anni a venire attraverso molti successi. Il lavoro di sceneggiatura lo avvicina anche alla tv, dove si occupa di alcuni episodi della serie La Squadra.

L’esordio nel lungometraggio arriva nel 2001 con L’uomo in più. Protagonisti due uomini legati da casuali quanto precise affinità: stesso nome, Antonio Pisapia, stessa data di nascita, 15 agosto, stessa parabola esistenziale, seppur in ambiti diversi – musica e calcio – stelle nei primi anni ’80, poi il declino. Dalla gloria al dimenticatoio, l’uno vittima di scelte sbagliate e di una vita di eccessi, l’altro di un incidente che gli stronca la carriera. Per tratteggiare le due figure, Sorrentino s’ispira a Franco Califano e ad Agostino Di Bartolomei, mentre per le interpretazioni dei due Pisapia sceglie rispettivamente Toni Servillo e Andrea Renzi. Le loro vicende scorrono parallele per poi intrecciarsi brevemente. Solo uno dei due riuscirà a reagire. L’ambientazione è napoletana, ma si tratta di una Napoli nascosta, insolita, come le vite dei protagonisti, dimenticati da tutti tranne che dal regista, che li osserva e ce li  fa conoscere, coadiuvato dalle ottime interpretazioni dei protagonisti. Sorrentino ottiene così, oltre al  Ciack d’Oro alla sceneggiatura – sempre opera sua – il Nastro d’Argento per il miglior esordio, segno che la critica ripone in lui grandi speranze.

Le conseguenze dell’amore

Speranze soddisfatte nel 2004, quando alla difficile prova del secondo film, Paolo Sorrentino partenopeo crea quel gioiellino di culto che è Le conseguenze dell’amore. Contando ancora sulle doti attoriali di Servillo, con cui ha intrapreso una collaborazione destinata a tramutarlo nel suo attore “feticcio”, Sorrentino si sofferma su un altro perdente: Titta Di Girolamo. E’ un esperto di borsa e transazioni finanziarie, che si è fatto abbagliare dai guadagni facili, si è messo in affari con la mafia, ha commesso un grave errore e lo sta pagando. Lo paga vivendo da solo in un lussuoso albergo svizzero. Lontano da moglie, figli e relazioni sociali. Dalle sue mani transitano valige piene di soldi sporchi che lui provvede diligentemente a riciclare presso le banche per conto della criminalità. La sua vita è come un orologio svizzero, scandita  da ritmi precisi; lui appare freddo e impassibile, così come l’ambiente in cui si muove.

Poi entra in gioco un fattore che scompagina questo delicato e precisissimo equilibrio: l’amore per una ragazza, barista dell’hotel dove Titta alloggia. Le sue conseguenze saranno imprevedibili ma nefaste per entrambi, dando però a Titta l’occasione per mostrare il suo lato più umano, per riscattarsi in un certo modo, mostrando generosità, e coraggio, orgoglio e dignità. Una visione comunque estremamente pessimistica quella sorrentiniana: l’amore, alla fine resta un miraggio, una fugace apparizione, irrealizzabile, e anche l’amicizia è concepita in maniera singolare, quasi asettica, seppure portatrice di senso positivo, in quanto travalica distanze e confini per restare indissolubile. Stilisticamente il film è costruito in consonanza  con l’estrema precisione e meticolosità del suo protagonista: il bianco, i colori freddi, gli specchi, le superfici metalliche, le scocche di automobili rendono la freddezza del personaggio e degli ambienti in cui si muove; i piani sequenza, le azioni ripetute, i rumori ricorrenti, come il fruscio delle banconote, o il rumore della corda della valigia che si tende (presaga di un trolley che verrà) sottolineano la ripetitività della vita di Titta, fatta di procedimenti sempre uguali a sé stessi, inquietanti e rassicuranti al tempo stesso.

Il film scorre lento, parco di parole, che sono però sempre meticolosamente pensate e mai casuali, e restano come epigrafi nella memoria degli spettatori. Con questo lavoro presentato a Cannes, Paolo Sorrentino si affaccia nel panorama internazionale e sulla scorta della buona accoglienza, il film fa incetta di premi in Italia: David al film, alla regia, alla sceneggiatura dello stesso Sorrentino, alla fotografia di Luca Bigazzi; Nastro d’Argento a Toni Servillo. È una vera svolta nella carriera del regista partenopeo, che accresce enormemente la sua popolarità tra il pubblico.

Il 2006 è l’anno de L’amico di famiglia, favola nera di grottesco squallore e di orrori umani senza fine, da ogni parte, senza distinzioni o preferenze. Non è solo cioè, il laido e ripugnante protagonista Geremia de’Geremei/Giacomo Rizzo a suscitare col suo aspetto e con il suo sporco mestiere d’usuraio, con le sue maniere melliflue e ciniche, la nostra riprovazione. Così accade anche per i personaggi all’apparenza “buoni”, o “normali”, come la bella e giovane Rosalba/Laura Chiatti, che da vessata si trasforma in vessatrice, o l’amico, socio, poi traditore, Gino/Fabrizio Bentivoglio, che finiscono per rivelare una crudeltà e un cinismo quanto meno pari a quello del protagonista. Un ritratto impietoso della società tutta, insomma. La visione pessimistica è qui ancor più radicalizzata che nella pellicola precedente. Le fanno in un certo senso da contraltare, i giochi virtuosi della macchina da presa, o le incursioni di strambi oggetti di scena. Sorrentino si mostra ancora una volta abile nel padroneggiare il mezzo espressivo. Tuttavia, sarà per l’estetica respingente di luoghi e personaggio, per la bassezza e aridità che tutto comunica, per l’angosciante assenza della benché minima speranza, per una certa ridondanza visiva, il film può risultare meno coinvolgente dei precedenti. Serve però a confermare le indubbie doti di Paolo Sorrentino, anche qui sceneggiatore, e a guadagnare ancora una volta il passaggio a Cannes.

il divoIl 2008 è l’anno della vera e propria consacrazione internazionale con Il Divo, in cui si rinnova la collaborazione con Toni Sevillo, capace di dare magistralmente corpo alla figura di Giulio Andreotti, reinterpretata dalla caleidoscopica immaginazione sorrentiniana. Uno sguardo sorprendente e inaspettato, come sempre è quello del regista partenopeo. Una delle figure che hanno segnato profondamente la politica italiana del ‘900 viene qui presentata sotto una luce completamente nuova. Non può non dirsi un film anche politico, ma la visione è molto più ampia. Si fa luce, al solito, su un sistema complesso e complessivo che è la politica italiana, ma anche sulla società italiana, che quella politica rappresenta. Inoltre, si va a guardare, a scoprire, a immaginare l’Andreotti sconosciuto, privato, con i suoi vizi, manie, ossessioni, potenti emicranie, tratteggiandolo con una vivace e ironica vena grottesca e surreale.

Di questa figura controversa Sorrentino fa una maschera imperturbabile, immersa in un sistema melmoso, che tuttavia sembra non scalfirlo. Impenetrabile, come una cassaforte che custodisce inconfessabili segreti, ma anche come assente, attonito, forse dimentico di sé per sopravvivenza. Una trasformazione anche fisica cui Servillo si presta ottimamente, grazie alla sua capacità di rendere l’intensità del personaggio grazie anche al solo sguardo. La pellicola riesce poi ad essere anche divertente e godibile, grazie ad uno stile eclettico e visionario che mescola immagini stravaganti, luci, colori e musica in un mix quasi esplosivo. La realtà risulta così più viva e pregnante, proprio perché “corretta” dalla lente della fantasia. Presentato a Cannes, conquista il Premio della giuria, ed è poi largamente apprezzato dalla stampa estera, come in patria da critica e pubblico. Guadagna il Nastro d’Argento per la Miglior regia, sceneggiatura e produzione, oltre che per l’interpretazione di Toni Sevillo.  Inoltre, ottiene sei David di Donatello.

Ormai amato in Francia e acclamato protagonista della nuova cinematografia italiana, il regista potrebbe dirsi soddisfatto. Ma c’è un altro desiderio che vuole realizzare: dirigere Sean Penn. E la cosa comincia a sembrargli non così peregrina, sia perché il suo cinema sta rivelando progressivamente una vocazione sempre più internazionale, sia perché lo stesso Penn, presidente di giuria a Cannes, ha apprezzato moltissimo Il Divo.

Intanto però, Sorrentino si dedica alla scrittura. Oltre agli script dei suoi film, decide infatti di porre mano al suo primo romanzo: Hanno tutti ragione, che vede la luce, edito da Feltrinelli, nel 2010. Il personaggio di Tony Pagoda, cantante neomelodico napoletano sul viale del tramonto, va ad aggiungersi alla galleria di perdenti sorrentiniani, capaci di raccontarci con ironico disincanto le miserie umane, di cui sono insieme sottili analisti ed evidenti incarnazioni. Diventa un caso editoriale ed è  candidato al premio Strega. Sarà seguìto nel 2012 da Tony Pagoda e i suoi amici.

This Must Be the PlaceTornando invece al cinema, ecco che nel 2011 si concretizzano il progetto americano e la collaborazione con Sean Penn in This Must Be the Place. Stavolta siamo alle prese col lato meno noto, nascosto della  vita e della personalità di una rockstar cinquantenne piuttosto in disarmo. Cheyenne/Sean Penn ha smesso infatti di suonare da quando due ragazzi che ascoltavano la sua musica si sono uccisi, è depresso, o, come dice la moglie Jane/Frances McDormand, semplicemente annoiato. Esteticamente, è rimasto fermo agli anni ’80 – il look è evidentemente ispirato a quello di Robert Smith dei Cure – ha l’andatura incerta e malferma e la voce cantilenante di un bambino lamentoso, come chi chieda continuamente scusa di esistere. Come propagine di sé ha un carrello della spesa prima e poi un trolley nero, da cui è inseparabile. La morte del padre che non vedeva da trent’anni, diventa per lui l’occasione di un lungo viaggio attraverso l’America, alla ricerca di un criminale nazista che aveva umiliato il genitore in un campo di concentramento. Ma più correttamente, alla ricerca di una possibilità per chiudere i conti col proprio passato e iniziare un nuovo percorso. Una crescita, un’evoluzione che sa di ottimismo, una luce che finisce per rischiarare non solo l’orizzonte del protagonista, ma anche quello delle vite spesso desolate di chi gli sta intorno, o di quanti incontra sul suo cammino. Qui, tra gli spazi aperti delle highways americane, accompagnato dalle musiche dei Talking Heads (David Byrne compare anche in un cameo), il regista ritrova una visione positiva, che lo riconcilia con la vita, con gli uomini e col mondo. Il film ottiene un grande successo al botteghino ed è apprezzato dalla critica. È premiato col David per la migliore sceneggiatura, scritta a quattro mani con Umberto Contarello.

Dopo aver mostrato di trovarsi ampiamente a suo agio anche oltreoceano, e di non essere preda di nessun tipo di complesso d’inferiorità nei confronti del cinema americano, Paolo Sorrentino torna però all’Italia, raccontandoci col consueto disincanto la sua capitale, sintesi di feroci opposti come la bellezza della sua arte, l’eleganza della sua millenaria storia e il cattivo gusto, l’ipocrisia, la falsità, la cattiveria di una società ritratta nelle ultime fasi della sua inesorabile decadenza. Questi i territori in cui si muove l’ultima fatica del regista, La grande bellezza, che conta ancora sulla presenza del suo alter ego cinematografico Toni Servillo, ma si arricchisce di un nutrito cast: Carlo Verdone e Sabrina Ferilli innanzitutto, ma anche Roberto Herlitzka, Carlo Buccirosso, Isabella Ferrari, Galatea Ranzi, Pamela Villoresi, Iaia Forte, Massimo Popolizio, Giorgio Pasotti. Della sceneggiatura si occupa lo stesso Sorrentino, ancora assieme a Umberto Contarello. La fotografia è di Luca Bigazzi, mentre al montaggio c’è Cristiano Travaglioli. Il film è l’unico italiano in concorso al Festival di Cannes nella sezione principale. L’uscita nelle sale è prevista per il 21 maggio prossimo.

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Paolo Sorrentino e Carlo Verdone incontrano il pubblico

FRANCE-FILM-FESTIVAL-CANNESMercoledì 29 Maggio alle ore 18.00, Paolo Sorrentino e Carlo Verdone incontrano il pubblico di Roma, alla libreria Feltrinelli di Via Appia Nuova 427. La grande bellezza, accolto trionfalmente dalla platea del Festival di Cannes (9 minuti di applausi) con commenti entusiastici della stampa di tutto il mondo, in Italia sta avendo un successo straordinario al botteghino, conquistando già il secondo posto del box office.

In contemporanea con il film, sono usciti anche la sceneggiatura di Paolo Sorrentino e Umberto Contarello “La grande bellezza”, edito da Skira, e un libro fotografico “La grande bellezza – diario del film”, di Sorrentino, foto di Gianni Fiorito, edito da Feltrinelli e la colonna sonora del film edita dalla Emi, che saranno presentati con l’occasione.

Modera l’incontro il critico Marco Spagnoli.

 
 

Paolo Sorrentino dirigerà un film su Silvio Berlusconi

Paolo Sorrentino

Arriva da Variety la notizia esclusiva che il regista premio Oscar Paolo Sorrentino (La Grande Bellezza, Youth), di recente protagonista di Venezia 73 dove ha presentato l’attesa serie tv The Young Pope, dirigerà un film dedicato a Silvio Berlusconi.

Secondo le prime indiscrezioni, la pellicola si focalizzerà sull’ormai noto “cerchio magico” e dovrebbe intitolarsi Loro. La sceneggiatura porterà la firma dello stesso Sorrentino. L’inizio delle riprese è previsto per l’estate del 2017.

Secondo la fonte il film su Berlusconi racconterà la vita e il mondo dell’ex primo ministro senza limitarsi esclusivamente a criticarlo. La Indigo Films si occuperà della produzione.

paolo sorrentino

The Young Pope, la serie Sky di Paolo Sorrentino

Ricordiamo che il film dedicato a Silvio Berlusconi sarà la seconda pellicola di Paolo Sorrentino ad essere incentrata sulla storia di un politico italiano.

Nel 2008 infatti era uscito Il Divo, film interpretato da Tony Servillo sulla vita senatore Giulio Andreotti fino agli anni novanta.

Fonte: Variety

 
 

Paolo Sorrentino dirigerà Michael Caine

Atteso negli Stati Uniti con La grande bellezza, candidato agli Oscar come miglior film straniero, il regista napoletano Paolo Sorrentino torna a parlare del suo prossimo progetto In the future, annunciato da Medusa ed atteso per il 2015. Dopo le dichiarazioni di Michael Caine, che tempo fa aveva accennato ad una sua collaborazione con Sorrentino, sono state proprio le parole del regista a confermare il sodalizio italo-anglosassone: “Sì, è vero, girerò un film con Michael Caine e si intitolerà ‘In The Future’.”

Poche le parole espresse, nessun dettaglio circa l’idea alla base di un film che, dopo l’esperienza a fianco di Sean Penn con lo splendido This Must Be The Place, porterà Sorrentino a girare nuovamente oltre i confini italiani, specificamente tra il belpaese e gli Stati Uniti. Ma ora è tempo per Paolo Sorrentino di dedicarsi a La Grande Bellezza, atteso al debutto americano per il 22 novembre, sperando che possa portare gloria ad un cinema italiano che, mai come in questo caso, è meritevole di un importante riconoscimento qual è l’Academy Award.

 
 

Paolo Sorrentino dirigerà È Stata la Mano di Dio per conto di Netflix

Paolo Sorrentino
Foto di Luigi De Pompeis © Cinefilos.it

Arriva da Variety la notizia che Paolo Sorrentino dirigerà per conto di Netflix un nuovo film originale dal titolo È stata la mano di Dio. Il film verrà girato a Napoli, città natale del regista premio Oscar per La grande bellezza.

In una nota ufficiale Sorrentino, che si occuperà di produrre la pellicola insieme a Lorenzo Mieli di The Apartment Pictures, ha dichiarato: “Sono emozionato all’idea di tornare a girare a Napoli, esattamente a vent’anni dal mio primo film. È stata la mano di Dio rappresenta, per la prima volta nella mia carriera, un film intimo e personale, un romanzo di formazione allegro e doloroso.”

“La sintonia con Teresa Moneo, David Kosse e Scott Stuber di Netflix, sul significato di questo film, è stata immediata e folgorante. Mi hanno fatto sentire a casa, una condizione ideale, perché questo film, per me, significa esattamente questo: tornare a casa.”, ha continuato il regista.

Paolo Sorrentino torna alla sua Napoli grazie a Netflix

Al momento sulla trama non sono stati svelati dettagli. Lorenzo Mieli di The Apartment Pictures ha dichiarato: “Lavorare con Paolo è sempre un immenso piacere. E questa volta, produrre un film con lui mi rende ancora più felice ed emozionato. Quando affrontiamo un nuovo progetto insieme, ogni volta succede che Paolo mi sorprende per la capacità che ha di sparigliare le carte e di approcciarsi alle cose in maniera sempre diversa. Una capacità di guardare ostinatamente avanti che ci ha fatto trovare in Netflix – protagonista assoluto dell’innovazione – il partner ideale per affrontare insieme questo nuovo, emozionante, viaggio.” 

 
 

Paolo Sorrentino dirige Toni Servillo nel biopic su Berlusconi

Il nuovo progetto di Paolo Sorrentino, regista e sceneggiatore premio Oscar ® per La Grande Bellezza, che avrà come protagonista l’attore Toni Servillo nei panni di Silvio Berlusconi, è stato acquisito da Focus Features e verrà distribuito da Universal Pictures Italy per il mercato italiano. Ne ha dato oggi notizia Robert Walak, Presidente di Focus.

Quest’estate inizieranno le riprese, girate in lingua italiana, di Loro prodotto da Indigo Film. Il co-produttore francese Pathé si occuperà anche delle vendite per i mercati internazionali.

Scritto da Paolo Sorrentino e Umberto Contarello e diretto da Sorrentino, Loro sarà incentrato sulla figura di Silvio Berlusconi e la sua corte.

Si rinnova la collaborazione di Sorrentino e Servillo che tornano a lavorare insieme per il nuovo progetto Loro, rinnovando una collaborazione che ha al suo attivo, tra gli altri, La Grande Bellezza, vincitore del premio Oscar ® quale Miglior Film Straniero, e Il Divo, in cui Servillo vestiva i panni di un altro Presidente del Consiglio italiano, Giulio Andreotti.

Loro: il biopic su Silvio Berlusconi di Paolo Sorrentino con Toni Servillo

Il Presidente di Focus, Walak, ha dichiarato: “In considerazione dell’impegno di Focus a collaborare con cineasti internazionali nei loro Paesi di origine, siamo orgogliosi di lavorare con Paolo in occasione di questo suo nuovo straordinario progetto. Egli è capace di unire humor e umana comprensione, come nessun altro sa fare. Loro rappresenta la sua particolare visione di come uno degli uomini più accattivanti del mondo sia riuscito a ridefinire il concetto di potere in un’epoca dominata dai media, come la nostra”.

Sorrentino, che ha concluso la settimana scorsa la sua esperienza come giurato al Festival Internazionale del Cinema di Cannes, ha recentemente firmato la regia di tutti gli episodi della serie televisiva “The Young Pope”, di cui è anche co-autore. Tra i suoi altri film quale autore/regista possiamo ricordare Youth-La giovinezza, candidato all’Oscar ® e a due Golden Globe ®. Sorrentino ha al suo attivo anche un romanzo e due raccolte di racconti brevi. I produttori del film Loro sono Nicola Giuliano, Francesca Cima e Carlotta Calori.

Focus Features (www.focusfeatures.com) acquista e produce film d’eccezione per il mercato globale, oltre a detenere i diritti di film iconici realizzati da cineasti temerari. Le nuove uscite americane di Focus includono una storia vera di eroismo narrata in The Zookeeper’s Wife, diretto da Niki Caro con Jessica Chastain; The Book of Henry, di Colin Trevorrow con Naomi Watts, Jaeden Lieberher e Jacob Tremblay; L’inganno, di Sofia Coppola, la cui premiere si è tenuta al Festival Internazionale del Cinema di Cannes nello scorso mese di maggio; l’action thriller al cardiopalma Atomica Bionda, diretto da David Leitch e con Charlize Theron e James McAvoy; Vittoria e Abdul, diretto da Stephen Frears con Judi Dench nei panni della Regina Vittoria; Darkest Hour, diretto da Joe Wright con Gary Oldman che interpreta Winston Churchill,  il nuovo progetto Entebbe, ancora senza titolo, un thriller politico ad alta tensione diretto da Josè Padilha con Rosamund Pike e Daniel Brühl; la nuova commedia di Jason Reitman, Tully, con Charlize Theron e scritto da Diablo Cody ed infine il nuovo film ancora senza titolo di Paul Thomas Anderson con Daniel Day-Lewis.

Focus Features e Universal Pictures sono parte di NBC Universal, una delle principali aziende leader nel mondo dei media e dell’intrattenimento per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione ed il marketing dello spettacolo, delle notizie e dell’informazione per un pubblico globale. NBC Universal detiene e gestisce un pregevole portfolio di canali votati all’informazione e all’intrattenimento, una casa cinematografica, importanti attività di produzione televisiva, il principale gruppo di emittenti televisive, e parchi a tema di fama mondiale.