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In occasione dell’ultima giornata della 75.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nello Spazio FEdS della Fondazione Ente dello Spettacolo (Sala Tropicana 1 dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia) si è svolta la consegna dei premi Collaterali Venezia 75. Ha presentato Federico Pontiggia, giornalista della Rivista del Cinematografo.
Oltre alle menzioni speciali, durante la cerimonia sono stati assegnati i seguenti riconoscimenti:
- Premio SIGNIS, Organizzazione internazionale cattolica per le comunicazioni
- Premio INTERFILM, Associazione Internazionale Protestante Cinema
- Premio FEDIC, Federazione Italiana dei Cineclub
- Premio LANTERNA MAGICA, C.G.S. – Circoli Giovanili Socioculturali
Ecco nel dettaglio i premiati.
Il Premio SIGNIS è assegnato a Roma di Alfonso Cuarón. Di seguito le motivazioni: “Con uno stile allo stesso tempo classico e innovativo e un uso sapiente del bianco e nero, il regista Cuarón costruisce un suggestivo e poetico racconto sul Messico degli anni Settanta. Se a livello generale, l’opera coglie le fratture di una società che va incontro a profondi cambiamenti, dal punto di vista familiare delinea la forza del ruolo della donna, capace reagire con coraggio e solidarietà alle continue difficoltà. Roma è una bellissima conferma sulle doti artistiche di Cuarón, regista dalla forte carica autoriale e dalla grande capacità divulgativa”.
Menzione Speciale a 22 July di Paul Greengrass. La motivazione: “Raccontando il massacro di tanti giovani in Norvegia nel 2011, Greengrass non si limita solo a un’efficace ricostruzione dei fatti, ma affida al racconto un potente e intenso messaggio di speranza. È un monito per le giovani generazioni e per la comunità tutta a non lasciarsi influenzare dalla paura dell’altro, da idee estreme e violente, ma a saper trovare la via del dialogo e dell’inclusione”.
La Giuria del Premio INTERFILM per la Promozione del Dialogo Interreligioso ha conferito il riconoscimento a Tel Aviv on Fire, di Sameh Zoabi poiché: “Questa commedia brillante, provocatoria e dissacrante, offre uno sguardo originale su uno dei più dolorosi conflitti del nostro tempo. Uno sceneggiatore palestinese instaura un’inattesa collaborazione con un ufficiale israeliano che lo aiuta a sviluppare la trama della serie televisiva sentimentale Tel Aviv on Fire. Il film ribalta il confine tra cruda realtà e visioni romantiche, lavorando sulle identità dei personaggi e aprendo uno spazio creativo per il dialogo”.
Il film Sulla mia pelle di Alessio Cremonini (Sezione Venezia-Orizzonti) si aggiudica il Premio FEDIC, destinato “all’opera che meglio riflette l’autonomia creativa e la libertà espressiva dell’autore”. Per la Giuria ha riconosciuto “La toccante e oggettiva ricostruzione, senza strumentalizzazioni o concessioni a facili effetti, degli ultimi spaventosi sette giorni di vita di Stefano Cucchi. Un film che si può definire di servizio verso il pubblico”.
Il Premio CGS “Lanterna Magica” 2018 va al film Amanda di Mikhael Hers con la seguente motivazione: “Per aver delineato il percorso di accettazione del lutto e di crescita di una bambina e di un giovane adulto senza cadute nella retorica, ponendo soprattutto in luce i momenti nei quali alla progressiva guarigione dell’uno è necessario l’apporto dell’altra. La sceneggiatura accompagna abilmente la dinamica di interazione e scontro tra i due personaggi fino alla costituzione di un nuovo nucleo familiare, visto come nodo di relazioni basilari e preziosa conquista per la contemporaneità del nostro Occidente frammentato. Il linguaggio cinematografico rifugge da facili manipolazioni emotive, privilegiando un raffinato ed efficace lavoro di montaggio, che riesce a comunicare allo spettatore la gravità dei drammi affrontati. Ottima la prova attoriale della giovanissima co-protagonista Isaure Multrier, molto credibile nella sua espressività, che coinvolge ed interroga”.
La Giuria FEDIC ha inoltre assegnato due Menzioni Speciali.
La prima al film Ricordi? di Valerio Mieli (Le Giornate degli Autori), La motivazione recita: “Quando il cinema diventa poesia. Ricerca dell’amore fra felicità e sofferenze, ricordi, emozioni, colori che simboleggiano gioia ma anche mal di vivere, nostalgia di momenti vissuti e speranze, in un incontro fra giovani che si innamorano, si lasciano e …….”.
La Menzione FEDIC – Il Giornale del Cibo destinata “all’opera che propone la scena più significativa legata al cibo e alla alimentazione” va al film I Villani di Daniele De Michele (Le Giornate degli Autori), in quanto: ” Senza l’uomo la terra non c’è più “dice la canzone di chiusura di questo documentario che, dalla Sicilia al Trentino, con la voce di alcuni agricoltori, pastori e pescatori, descrive il loro duro lavoro, rivolto anche a conservare la tradizione della cucina italiana, che è un patrimonio ma anche un atto d’amore, come testimonia il pranzo fra i protagonisti, fra sudore, gioia e senso di gratificazione.






Tuttavia, nonostante questa coerenza di fondo e il grande interesse per i propri protagonisti, Ozark 2, la seconda stagione si rivela essere, con il procedere degli episodi, decisamente sottotono. Complice una ridotta presenza di eventi significativi e un’eccessiva dilatazione del tempo, diventa sempre più difficile venire coinvolti attivamente nella narrazione, che già di per sé intricata non facilita la visione. La conseguenza è una quasi totale mancanza di ritmo che pervade la stagione, fatta eccezione per alcuni specifici momenti che rivelano un maggior fascino.
Reygadas ci concentra moltissimo sull’ambiente naturale, immergendo lo spettatore nella campagna messicana e dando a tutto il film dei tempi e il tono di un western, indugiando lungamente su campi lunghi in cui la luce del sole dirige lo sguardo dello spettatore. Un affresco magniloquente di una natura selvaggia e ingestibile, rappresentata alla perfezione dal toro che si scaglia furiosamente contro un mulo e lo squarta. La stessa potenza della natura che viene messa in rapporto alla debolezza dell’uomo, una scelta semplicistica, come accennato, che affievolisce la potenza visiva del film stesso.
Ma nonostante questo Killing rimane un’esibizione di stile e capacità tecniche, che poco aggiungono alle istanze espressive scaturite in passato dalla mente di Tsukamoto, come quel manifesto della nuova carne che teorizzava ibridazioni tra organico e tecnologico. Un corpo-macchina affine alle tematiche di Cronenberg, che il regista giapponese considera suo padre spirituale. Il film procede veloce e vivace, tra duelli, stupri, mutilazioni, masturbazioni, schermaglie amorose sado-masochistiche e sangue a fiumi, dipanando una trama esile e ormai abusata, dove l’unico elemento di riflessione è l’incapacità del protagonista nel riuscire a uccidere. Ed è paradossale che le situazioni similari viste nel film di Jennifer Kent, seppure con un’istanza narrativa completamente differente, vengano qui esaltate e fomentate, con sentito apprezzamento e scrosci di applausi.
Dove la storia viene mantenuta in forma estremamente essenziale, sono le immagini a raccontare più di ogni altra cosa. Lo spettatore deve infatti, come specificato anche dallo stesso autore, arrendersi ad esse e lasciare che infondano in lui l’atmosfera e le sensazioni ricercate, per ottenere così un maggior coinvolgimento emotivo.








